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LIGHT AND SHADOWS ON THE EVALUATION SCHEDULE FROM THE MINISTERIAL DECREE 209/05
LUCI ED OMBRE DELLA TABELLA MINISTERIALE DELLE MENOMAZIONI 10-100%, ART. 138 D.LGS. 209/05
Prof. Domenico Vasapollo*, Dr. Luca Pieraccini**
ABSTRACT
The authors analyze the Italian schedule for the evaluation of the biological damage. In particular they focus on several aspects they don’t agree with. One of these aspects is that the payment allowed for the same percentage of damage falls with the increasing of the age of the damaged person; moreover, if an impairment causes particular difficulties in a damaged person in his social or recreational life, he can have his evaluation increased, but not as a higher percentage of damage, these difficulties can only be described by the evaluating doctor. It will be the judge that will evaluate these particular aspects described by the doctor increasing the compensation due to the damaged person (but there is anyway a limit for what the judge can state).
Key words: personalization of the damage, evaluation schedule, biological damage.
Riteniamo che il punto di partenza per la discussione di alcuni aspetti medico- legali possa essere rappresentato da alcune frasi riportate negli atti dei Convegni di
* Scuola di specializzazione in Medicina legale, Università di Bologna
** Scuola di Specializzazione in Medicina Legale, Università degli Studi di Bologna
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2 Traumatologia della strada che si sono tenuti a Bologna negli anni 2004 e 2005.1,2 Nel corso delle tavole rotonde sulle micro e macroinvalidità è stato, infatti, affermato quanto segue: “…cosa valuta la tabella del danno permanente: stima il danno fisiologico, il danno biologico o il danno alla salute? …una tabella come quella delle microinvalidità non può che valutare il danno fisiologico, che poi diventa danno biologico con una prima personalizzazione, non ancora rivolta alla persona, ma all’individuo macchina- uomo (e non certamente macchina-lavoro), mentre solo con la seconda personalizzazione si passa al danno alla salute…credo che un attento C.T.U. debba focalizzare la sua attenzione, più che sui numeri, sulle note introduttive e soprattutto sui criteri applicativi che apportano una serie di indicazioni…”. Inoltre si è precisato che
“dipende poi da chi applica le tabelle, da come vengono interpretate e dal significato che esse debbono avere… tutto ciò per dire che siamo ontologicamente contrari alla incasellatura del danno all’interno delle tabelle, perché così facendo cadremmo in contraddizione ed anzi rinnegheremmo l’opera ed il pensiero dei nostri Maestri e l’impegno dei dibattiti che stiamo facendo…”.
1 Atti del 1° Congresso Internazionale Italo-Luso-Ispanico: “Traumatologia della Strada. L’incidente stradale dalla dinamica dell’impatto alla prevenzione, Bologna 7-9 ottobre 2004 (Editore Aspasia, 2007).
2 Atti del 2° Congresso Internazionale Italo-Luso-Ispanico: “Traumatologia della Strada. L’incidente stradale dalla dinamica dell’impatto alla prevenzione, Bologna 20-21 ottobre 2005 (Editore Aspasia, 2008).
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3 Richiamiamo anche che in una recente monografia3 di uno di noi è stato segnalato, tra l’altro, l’imperfezione dello strumento tabellare a cominciare dai refusi di stampa e dagli errori di valutazione. Riportiamo, infatti, che, ad esempio, il Decreto ministeriale 3 luglio 2003 (G.U. n. 211 del 11 settembre 2003) prevede per gli esiti di frattura del I e del V metatarso una stima inferiore/pari al 3% e per gli esiti di frattura del II o III o IV metatarso una valutazione pari/inferiore al 2%; palese appare il refuso di stampa. Inoltre il predetto D.m. per la flessione del ginocchio possibile fino a 90° (da 180° a 90°) concede un valore minore/uguale al 9%. Si segnala tuttavia che prevedendosi per tale voce un arco di movimento da 180° a 90°, l’estensore è incorso in un palese errore assegnando un range di valori “fino al 9%” piuttosto che un numero fisso. Viceversa, qualora l’intenzione fosse stata quella di valutare il deficit di tale arco di movimento, avrebbe dovuto concedere sicuramente un punteggio superiore al 9%, così contravvenendo al limite normativo. Per contro si sarebbe dovuto attribuire il valore “fino al 9%” per un deficit articolare compreso tra 90° e 50°. Per quanto attiene alla voce
“esiti di documentata lussazione di spalla con sfumate ripercussioni funzionali” (</= 4 d. - </= 3 n.d.) la dicitura è del tutto generica, in quanto non si specifica ad esempio il tipo di lussazione (anteriore o posteriore). Emergono ancora molteplici difformità
3 Vasapollo D., Guida pratica alla valutazione del danno biologico, Decreto ministeriale 3 luglio 2003.
Tabella delle menomazioni all’integrità psicofisica comprese tra 1 e 9 punti di invalidità, Bononia University Press, Bologna.
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4 valutative tra la tabella risarcitoria e quella indennitaria, tra cui ad esempio l’anchilosi rettilinea del mignolo (7% R.C.A., 5% I.N.A.I.L.) e gli esiti di lussazione sterno-claveare (=/<3% R.C.A., fino 4% I.N.A.I.L.). Ad ogni modo per informazioni dettagliate sulle voci di danno, sugli errori, sull’incompletezza di alcune voci e sulle difformità valutative dei diversi barèmes si rinvia a quanto riportato nella già segnalata monografia.4
Aspetti preminenti, tuttavia, riguardano la metodologia di valutazione del danno biologico permanente e i criteri applicativi. Per quanto attiene alla prima tematica ricordiamo, per inciso, la modalità che impiega valori numerici percentuali (a punti), la quale attribuisce un valore arbitrario ad una persona ritenuta normale in quanto a stato di salute, assegnando convenzionalmente il valore 0 all’assenza di disturbi, menomazioni o problemi a carico delle funzioni e delle strutture corporee. Tuttavia, potrebbe essere applicata anche una modalità che utilizza un sistema descrittivo delle menomazioni.
L’adozione del parametro “danno biologico” ha reso più complesso il processo valutativo ed il ricorso inevitabile alla tabellazione non si è accompagnato ad una chiarificazione dei criteri addottati per l’attribuzione alle diverse ipotesi menomative dei valori numerici del correlato danno alla salute.
4 Loc. cit. sub. 3.
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5 La valutazione mediante punti percentuali richiederebbe che, oltre ad attribuire arbitrariamente il valore numerico zero alla complessiva condizione di piena efficienza psico-fisica, si attribuisse a ciascun sistema od apparato un punteggio che esprima la quota da attribuirgli rispetto al valore della totale inefficienza psico-fisica, tenendo conto delle interrelazioni funzionali con gli altri sistemi od apparati.
Tale sistema valutativo attribuisce il valore della compromissione partendo dalla lesione e non considera che il principio di uguaglianza del valore funzionale dei sistemi, apparati o organi si riferisce alle situazioni di normalità. Il valore di un arto normale è uguale per tutti, ma non è detto che una menomazione dell’arto abbia identici valori nei diversi individui. Per tali motivi, il modello della tabellazione delle menomazioni è una metodologia da accettare ma non condivisibile sul piano concettuale. L’idea di pervenire ad una valutazione percentuale partendo dalla lesione che riduce l’efficienza della persona, consente di fatto di uniformare i giudizi, tuttavia a scapito delle caratteristiche individuali della persona danneggiata. Viceversa il sistema descrittivo consentirebbe di valutare il livello di compromissione dell’efficienza psico-fisica globale (nessuno, modesto, medio, grave, totale) attraverso l’analitica descrizione delle singole compromissioni, dei danni oggettivi e delle attività che il danno compromette. In questo caso una corretta quantificazione del danno presupporrebbe tuttavia che siano determinati i valori da assegnare alle funzioni compromesse o turbate attribuendo valori
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6 crescenti a partire dalle compromissioni funzionali meno significative che non disturbano l’autonomia del soggetto.
Al contrario, le recenti disposizioni di legge (a cominciare dalla legge 38/2000) non si sono accompagnate ad un’adeguata esposizione dei criteri applicativi delle nuove discipline. Basti qui ricordare che i criteri con i quali sono stabiliti i valori del danno indennizzabile per le menomazioni tabellate non risultano chiaramente esplicitati o appaiono del tutto inadeguati. Inoltre nel divieto della somma delle singole menomazioni dei danni compositi si è ignorata la possibilità che due distinte menomazioni possano realizzare un pregiudizio effettivo di entità superiore alla somma aritmetica dei valori delle distinte menomazioni (sinergismo). Nessun preciso riferimento, poi, riguarda la quota di danno che dovrebbe derivare dalla presa in considerazione degli aspetti dinamici del danno medesimo. Ne è un esempio la voce 220 (della legge 38/2000) relativa alla perdita degli arti superiori in cui da una parte si assegna un valore pari all’85% e dall’altra si precisa che “il valore massimo dell’85% va riservato ai casi di amputazione di entrambi gli arti superiori con eventuale sofferenza dolorosa del moncone”.
Nelle premesse relative alla tabella delle menomazioni previste all’art. 138 del D.Lgs 209/05 si afferma che l’uso della tabella deve essere riservato prioritariamente a
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7 medici specialisti in Medicina Legale o, eventualmente, a medici con comprovata esperienza medico-legale nella valutazione del danno alla persona, essendo la motivazione elemento essenziale e qualificante del giudizio valutativo, al di là della mera indicazione numerica. Il valore ed il significato della tabella di valutazione, infatti, è indubbiamente quello di perseguire la massima omogeneità scientifica e riproducibilità del giudizio valutativo a parità di diagnosi delle infermità e menomazioni conseguenti, fermo restando il valore indicativo della tabella medesima, essendo il danno biologico, anche nella sua componente percentualizzabile, contrassegnato da una variabilità misurata sulle caratteristiche individuali della persona lesa, quali ad esempio lo stato anteriore, l’eventuale incidenza biologica dell’età e/o della differenza di sesso sulla tipologia della menomazione da valutare.
Dunque, abbiamo un danno biologico percentualizzabile ed un danno biologico non percentualizzabile che è riferito a specifici aspetti dinamico-relazionali personali valutabili attraverso un equo e motivato apprezzamento (da parte dello specialista medico-legale) delle condizioni soggettive del danneggiato. A fronte dunque della dichiarata unicità del danno alla salute, si sostanzia tuttavia una componente biologica oggettiva valutabile mediante la tabella di legge ed una componente biologica relegata all’equo e motivato apprezzamento, mediante descrizione, delle sue conseguenze.
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8 Se è da condividere il richiamo alle condizioni soggettive del danneggiato, avere distinto nello stesso contesto di danno una quota valutabile in percentuale ed una descrittivamente significa rendere impraticabile il processo di unificazione del giudizio valutativo ma anche, e soprattutto, negare l’unicità del danno alla salute, dando sostanza alla componente biologica oggettivabile e relegando le componenti biologiche della menomazione nell’ambito della soggettività dell’esaminatore. L’affermazione che le lesioni debbano incidere in maniera rilevante sulla vita del danneggiato pare piuttosto oscura nella sua portata, soprattutto se si considera che per le lesioni di lieve entità è pure possibile procedere alla personalizzazione del danno.
Nella premessa della tabella delle menomazioni prevista dal D.Lgs 209/05 non è fatto alcun cenno agli elementi costitutivi del danno biologico anche se si specifica che i
“valori tabellati si riferiscono alla incidenza delle varie condizioni considerate sulle attività quotidiane, intese come aspetti dinamico-relazionali comuni a tutti”, pur avendo precisato che “il danno biologico, anche nella sua componente percentualizzabile è contrassegnato da una variabilità misurata sulle caratteristiche individuali della persona lesa, quali ad esempio lo stato anteriore, l’eventuale incidenza biologica dell’età e/o della differenza di sesso sulla tipologia della menomazione da valutare”.
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9 All’art. 138 si stabilisce la predisposizione di una specifica tabella unica delle menomazioni all’integrità psico-fisica. Ancora una volta si è ignorata l’esigenza di rapportare l’entità del pregiudizio psico-fisico non alla tipologia della menomazione ma alla tipologia delle conseguenze. Gli aspetti di una stessa menomazione possono avere conseguenze differenti su diversi individui anche in ragione di situazioni personali fisiologiche (l’amputazione di un arto in un bimbo non è causa di pregiudizi analoghi a quelli di un adulto). Il principio di equivalenza del danno per la stessa menomazione è un principio da rifiutare e da respingere in quanto il risarcimento del danno è commisurato alla natura e all’entità del danno effettivamente prodotto dall’evento.
Sempre l’art. 138, comma 2, indica i principi ed i criteri per la redazione della tabella unica nazionale. Si specifica, tuttavia, che nessun riferimento è fatto alla salute ad eccezione della precisazione che la lesione all’integrità psicofisica esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane. In definitiva i principi ed i criteri si rifanno a parametri che ignorano la realtà individuale e “tutti appiattiscono nella quotidianità”.
Non è facile capire le ragioni per le quali non si sia tenuto conto del fatto che il crescere dell’età della persona menomata può comportare (e di solito lo determina) un aumento dei disagi indotti dalla menomazione e con l’aumentare dei disagi, anche l’incremento dell’incidenza negativa sulla capacità di svolgere le attività quotidiane e mantenere quelle relazioni sociali che sole possono assicurare un accettabile livello di vita. Il
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10 decremento del valore del punto con l’incremento dell’età è misura che non corrisponde a criteri di equità sia nella previsione dell’art. 138 sia di quella dell’art. 139.
Si deve riconoscere, come detto, che il legislatore non ha dimenticato gli aspetti dinamico-relazionali del danno biologico al comma 2 punto c dell’art. 138. Lo ha fatto però stabilendo che il valore economico del punto è funzione crescente della percentuale d’invalidità mentre in realtà l’incidenza della menomazione sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato cresce in modo più che proporzionale rispetto all’aumento percentuale dei postumi assegnati. Ne deriva che il risarcimento del danno dinamico-relazionale è subordinato alla stima del valore assegnato ai postumi.
Dal momento che il risarcimento del danno biologico trova soluzione attraverso una doppia stima, quella percentuale fondata sulla menomazione ed una meramente descrittiva, per la quale l’ammontare del danno è determinato – per incidenza rilevante della menomazione su specifici aspetti dinamico-relazionali – dal giudice, aumentando sino al 30% l’ammontare del danno ai sensi della tabella unica nazionale, anche in questo caso il principio della stima del danno non avviene secondo equità. Equità che manca ancora sia perché la riparazione integrale del danno non può tollerare limitazioni prestabilite alla personalizzazione del risarcimento, sia perché si tratta di una soglia irrazionale e contro ogni buona logica, soprattutto se il margine per la personalizzazione del danno è soltanto un 10% in più rispetto alle lesioni lievi, laddove
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11 questa indicazione abbraccia una fascia di menomazioni che va dal 10 al 100%. È, dunque, questa un’altra novità di tutto rilievo, cioè fissare una doppia soglia di personalizzazione del danno biologico.
In estrema sintesi, la nuova disciplina del danno biologico (prevista agli articoli 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni) presenta un cospicuo numero di vizi e profili non condivisibili così sinteticamente individuabili:
- discriminazione delle vittime in base all’incidente subito;
- limitato potere discrezionale del giudice;
- limitazione della personalizzazione del danno biologico;
- modificazione “a sorpresa” della definizione di danno biologico;
- frammentazione in tre sottosistemi della disciplina del danno biologico: in R.C.A., in ambito I.N.A.I.L. e nel diritto comune.
- tabelle medico-legali disgiunte tra le due fasce di invalidità con un netto solco tra le lesioni sotto il 9% e quelle sopra detta soglia.
In buona sostanza si tratta di una vera e propria sottovalutazione del valore Uomo, in quanto è stato trasformato di fatto, autoritativamente, il risarcimento in un indennizzo con valori immotivati ed inadeguati.
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12 Valga per tutti un esempio. La prima voce tabellata dal D.M. 3.7.2003 relativa al capo prevede un’evenienza assai frequente in traumatologia della strada e a tutti nota, rappresentata dai “postumi soggettivi di trauma cranico commotivo eventualmente con frattura cranica semplice” (2-4%). Non vogliamo entrare nel merito dei complessi problemi (terminologici e di approccio metodologico) se non per ricordare che solo da noi in Italia la perdita di coscienza è comunemente chiamata “commozione” a differenza della letteratura internazionale ove si ritrova generalmente il termine “concussione” che sta ad indicare una transitoria interruzione del funzionamento cerebrale. Ovviamente se la durata della perdita di coscienza è protratta (ad esempio superiore a 30 minuti) e si è avuto un punteggio al G.C.S. attorno a 12-13, ma soprattutto se il quadro clinico esitale risulta rilevante, appare del tutto evidente che tale previsione è ampiamente superata per cui, a nostro parere, si dovrebbe valutare il danno cerebrale sulla base di un’altra voce prevista nella bozza tabellare (relativa al D.Lgs. 7.9.2005), che riporta
“postumi soggettivi di trauma cranico in esiti di trauma con lesioni encefaliche accertate”
(5-15%); tuttavia la dicitura “lesioni encefaliche accertate” pone non poche questioni interpretative. Nel precedente decreto sulle microinvalidità viene spesso adoperato il termine “documentato”, “strumentalmente accertato”, “radiologicamente rilevato”
secondo cui, di volta in volta, sembra prevalere il criterio clinico oppure quello strumentale. Qui si ripropone il problema irrisolto dell’accertamento di dette lesioni
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13 encefaliche. Sembra di interpretare la voce nel senso che se vi è stato un prolungato periodo di perdita di coscienza, un’amnesia post-traumatica significativa o una qualsivoglia alterazione dello stato mentale al momento del trauma, cui è conseguito un rilevante quadro clinico esitale non si possa ugualmente, in assenza di “lesioni encefaliche accertate”, concedere il valore tabellare compreso nel range tra 5 e 15 procenti. Riteniamo, tuttavia, non giustificabile sul piano scientifico la precedente affermazione in quanto è a tutti nota la frequente carenza delle evidenze neuroradiologiche (a sostegno della lesione cerebrale conseguente al trauma cranico), affermando sostanzialmente la possibilità che anche in assenza di danni encefalici strumentalmente dimostrabili, si possano comunque determinare disabilità o disturbi significativi meritevoli di siffatta valutazione. Valga per tutti l’esempio del Danno Assonale Diffuso (D.A.D.). Tranne nei soggetti in cui si realizzano complicanze di natura vascolare, che peraltro sono meno del 10% dei casi, la maggior parte di questi pazienti non presentano evidenze neuroradiologiche positive. Eppure tali traumatizzati possono presentare modificazioni funzionali di diversa gravità, rappresentati da deficit della memoria e delle funzioni esecutive, oltre ad un rallentamento globale delle funzioni cognitive. Non è stato descritto alcun profilo psichiatrico tipico del D.A.D., stante soprattutto le diverse aree interessate, l’entità dei disturbi e la loro diffusione, in grado di contribuire in modo significativo, non solo all’espressività clinica dei deficit residui, ma
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14 anche alla gravità e all’evoluzione degli stessi, in virtù di un effetto “cumulativo” di diverse lesioni cerebrali traumatiche. Tutto ciò, comunque, non vuol dire che, per i motivi richiamati, in assenza di riscontri strumentali alle indagini neuroradiologiche (TC e RMN dell’encefalo) l’esperto non possa riconoscere un tasso compreso nel range della voce tabellata (5-15%), ed anzi – come al contrario riteniamo – si debba assegnare un valore superiore al massimo di legge, in quel D.A.D. il cui quadro clinico residuale possa definirsi grave o severo.
In conclusione, non vi è sicuramente esperto più idoneo del medico legale per valutare il danno alla persona e per stimare correttamente tali importanti pregiudizi, se non si vuole confinare il compito del Consulente alla mera stima del grado di menomazione in sé considerata, seguendo pedissequamente la tabella di legge. I principi ed i criteri per la redazione della tabella unica nazionale delle menomazioni dell’integrità psico-fisica restano del tutto legati alla rilevazione delle fattispecie menomative, senza alcuna indicazione relativa alle loro conseguenze e, soprattutto, senza alcun criterio di personalizzazione del danno, fatta eccezione per l’ingiustificata riduzione dell’aumentare del valore economico con il crescere dell’età e con l’aumentare dei bisogni personali. In aggiunta penso che i principi e i criteri e le modalità di valutazione del danno biologico sono ancora da scrivere compiutamente e ritengo che per la Medicina Legale sia giunto il momento di farlo. Chi ha idee ha il
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15 dovere di proporle alla valutazione critica, ed agli esperti la responsabilità di accettare o rifiutare quanto proposto; in ogni caso, i medici legali hanno il dovere di fare qualcosa.
Riteniamo che sia giunto il momento per dare una risposta seria e motivata a ciò che il titolo di questo interessante ed importante Convegno propone.