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Le impugnazioni dello stato passivo: la riforma del 2006 – 2007 al vaglio della giurisprudenza - Judicium

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DANTE GROSSI

Le Impugnazioni Dello Stato Passivo: La Riforma Del 2006 – 2007 Al Vaglio Della Giurisprudenza1

.

SOMMARIO:A)Le impugnazioni ex art. 98 legge fallim.: le prime indicazioni della giurisprudenza. a) Le fonti - b) La coesistenza dei diversi riti - c) Il rito uniforme. B. L’oggetto e la funzione delle impugnazioni ex art. 98 legge fallim. - 1. L’opposizione allo stato passivo; l’impugnazione dei crediti ammessi; la revocazione: legittimazione, oggetto e funzione. - 2. Il ruolo del fallito nelle impugnazioni. - 3. Il procedimento di correzione degli errori materiali. C. Il procedimento uniforme-1.La struttura e la funzione. - 2. I termini per impugnare. - 3. Il giudice competente. - 4.

La fase introduttiva: il ricorso; la fissazione dell’udienza in camera di consiglio; la costituzione del resistente e degli intervenienti. - 5. L’istruzione probatoria. - 6. La fase decisoria; i provvedimenti conclusivi; i rimedi.

A. Le impugnazioni ex art 98 l.fallim.:le prime indicazioni della giurisprudenza.

La riforma introdotta nel 2006 dal d.lgs. n. 5, emendato nel 2007 con il d.lgs. n. 163, ha profondamente inciso sulle impugnazioni dello stato passivo e di essa si è ampiamente scritto2 senza

1 Il presente articolo è pubblicato in“Il diritto fallimentare e delle società commerciali”,Padova,2011, pagg. 463- 497, ed è dedicato ad Elio Fazzalari.

2Senza alcuna pretesa di completezza:Aa.Vv.,Il d.lgs. 5/06 di riforma della legge fallimentare, in Foro it. 2006, V, 173 ss.; - Aa. Vv., La legge fallimentare, a cura di Ferro, Padova 2008;- Aa. Vv., Il diritto fallimentare riformato, a cura di Schiavo di Pepe, Padova 2008; - Aa.Vv., Trattato di diritto fallimentare, diretto da Buonocore e Bassi, coordinato da Capo, De Santis, Meoli, Padova, 2011;- Aa. Vv., Le riforme della legge fallimentare, a cura di Didone, Torino 2009; Aa.

Vv., Le procedure concorsuali, a cura di Caiafa, coordinato da De Matteis, Scarafoni, I, Padova, 2010; - Aa. Vv., Trattato delle procedure concorsuali, a cura di Ghia, Piccininni, Severini, Vol. III, Torino, 2010; -APRILE E GHEDINI, Accertamenti del passivo e dei diritti reali dei terzi, in La riforma del diritto fallimentare, suppl. a Italia Oggi 2006, 106;-ASPRELLA, sub artt. 98 e 99, in Santangeli (a cura di), Il nuovo fallimento, Milano 2006, 461 ss;BALENA,BOVE, Le riforme più recenti del processo civile, Bari 2006; BELLOMI, Eccezioni riconvenzionali in appello e nuova disciplina delle impugnazioni del decreto di esecutività dello stato passivo, in Fallimento 2008, 5, 549; BOZZA, Il procedimento di accertamento del passivo, in Fallimento 2007, 1053; CAIAFA, Nuovo diritto delle procedure concorsuali, Padova 2006;

CANALE, La formazione dello stato passivo ed il sistema delle impugnazioni, in Ambrosani (a cura di ) La riforma delle legge fallimentare, Bologna 2006, 198 s; CARRATTA, Profili processuali della riforma della legge fallimentare, in Dir.

fallim. 2007, 1; A. CASTAGNOLA, La nuova riforma delle procedure concorsuali: una prima lettura, in Riv. dir. proc.

2008, 1, 153;COSTANTINO, Considerazioni impolitiche sulla giustizia civile, in Questione Giustizia 2005, 6, 1167 ss.;

COSTANTINO, sub artt. 98 e 99 legge fallim., La riforma della legge fallimentare, a cura di Nigro e Sandulli, Torino 2006;COSTANTINO, L’ accertamento del passivo nel fallimento, p. 9 e 10 e in Atti , Conv. del 26- 27 Ottobre 2007, in Napoli, dell’ Associazione Italiana tra gli studiosi del processo civile; DE SANTIS, Sulla c.d “ degiurisdizionalizzazione del concorso collettivo e sui limiti dei giudicati endofallimentari”, in Riv. dir. proc. 2008, 367; DONVITO, Prime decisioni sulle prove nel giudizio di opposizione allo stato passivo, in Giur. it. 2009, 1; FABIANI, Il decreto correttivo della riforma fallimentare, in Foro it. 2007, V, 225 ss.; FABIANI, Accertamento del passivo fallimentare e riforme processuali,in Foro it., 2010, I; FARINA, Preclusioni e decadenze in sede di impugnazioni allo stato passivo, in Fallimento 2008, 6, 666 ss; FERRARO, sub art. 101, in Nigro – Sandulli – Santoro (a cura di), La legge fallimentare dopo la riforma. Il fallimento, II, Torino, 2010; - FERRI, La formazione dello stato passivo nel fallimento: procedimento di primo grado e impugnazioni, in Riv. dir. proc. 2007, 1253 ss; GABOARDI, sub art. 98, in C. Cavallini (a cura di),

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il conforto dell’interpretazione giurisprudenziale che si va ora formando. La novità più significativa della nuova disciplina è costituita dal procedimento uniforme che riguarda le impugnazioni dello stato passivo. Dopo quattro anni, la giurisprudenza offre importanti, anche se incomplete, indicazioni sull’art. 99 legge fallim. Si conoscono i primi orientamenti dei giudici di merito e, soprattutto, le decisioni del giudice di legittimità che a partire dal 2009 si è occupato della natura degli strumenti di impugnazione; della loro qualificazione come mezzi accertamento o di gravame;

della ammissibilità delle domande introdotte per la prima volta nel giudizio di opposizione allo stato passivo, non proposte nella fase di accertamento precedente; della produzione, in questa fase, di nuovi documenti e della loro ammissibilità in riferimento ai limiti fissati dall’art. 345 cod. proc. civ.;

della posizione del fallito nel procedimento ex art. 99 cod. proc. civ.; dei termini perentori per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza al curatore e della loro decorrenza;

dell’applicabilità del principio dispositivo nel nuovo rito, in riferimento agli artt. 210 e 213 cod.

proc. civ.

Gli elementi che si ricavano da queste prime decisioni sono particolarmente utili per leggere la riforma del 2006-2007 misurando gli spunti interpretativi offerti dalla dottrina alla luce della giurisprudenza in formazione.

Mi riferirò alle pronunce dei giudici di merito e di legittimità, di volta in volta, analizzando il quadro normativo.

a) Le fonti.

Quando il legislatore ha stabilito, con la legge n. 80 del 2005 (artt. 6 e 10), i contenuti della delega per l’attuazione della riforma del procedimento fallimentare in relazione all’accertamento del passivo non ne ha tracciato i lineamenti specifici, ma si è premurato di fissare due criteri: la semplificazione e l’abbreviazione dei tempi di definizione e conclusione della procedura.

Il procedimento di accertamento del passivo come disciplinato dalla legge fallimentare del 1942, già in più punti intaccato dalle sentenze interpretative ed additive della Corte Costituzionale3, ha così subito profonde modifiche. Se, nel complesso, con la riforma della procedura fallimentare si realizza un mutamento di prospettiva - dalla tutela del credito in un’ottica liquidatoria e ripartitoria alla conservazione dei mezzi dell’impresa4 - con quella dell’accertamento del passivo si determina

Commentario alla legge fallimentare, II, Milano, 2010; GIORGETTI, Profili processuali della nuova opposizione allo stato passivo, in Fallimento 2008, 5, 581; GROSSI, La riforma della legge fallimentare, Milano 2008; LAMANNA, Il nuovo procedimento di accertamento del passivo fallimentare, Milano, 2006;- LO CASCIO, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Milano 2007; - MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2009;- G.

MINUTOLI, Il nuovo procedimento di accertamento del passivo fallimentare, in Riv. dir. proc. 2007, 68;- I. PAGNI, L’accertamento del passivo nella riforma della legge fallimentare, in Foro it. 2006, V,188; G.B. NARDECCHIA, Opposizione allo stato passivo (con le riforme), in M. Ferro (a cura di), Le insinuazioni al passivo, II ed., III, Padova, 2010; L. PANZANI, Il decreto correttivo della riforma delle procedure concorsuali, www.ilfallimentoonline.it; D.

PARROTTA, Procedimento camerale per le impugnazioni, in Guida al Diritto 2006, V, 53;- A.PROTO PISANI, Verso la residualità del processo a cognizione piena, in Foro it. 2006, V, 53; - G. RIPA, Commentario sistematico al fallimento, Treviso, 2011; A.SALETTI, La tutela giurisdizionale nella legge fallimentare novellata, in Riv. dir. proc. 2006, 1001; B.

SASSANI E R. TISCINI, L’accertamento del passivo, Judicium 2006; TISCINI, I provvedimenti decisori senza accertamento, Torino 2009, 206 ss.; VITALONE, CHIMETI, RIEDI,Il diritto processuale del fallimento, Torino 2008; V.

ZANICHELLI, La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali dopo il d. lgs. 12 settembre 2007, n.

169, Torino 2008; A. ZORZI, Difetto di motivazione del provvedimento di esclusioni del credito e riflessi sul giudizio di opposizione allo stato passivo, in Fallimento 2009, 5, 609.

3Su cui PICARDI, La dichiarazione di fallimento dal procedimento al processo, Milano, 1974. L’Autore descrive i primi interventi della Corte Costituzionale diretti a garantire la piena attuazione del diritto di difesa nel procedimento fallimentare di cui al r.d. 16 marzo 1942 n. 267. Più di recente si segnalano Corte cost. 27 novembre 1980, n.152; Corte cost. 22 aprile 1986, n.102; Corte cost. 30 aprile 1986 n.120; Corte cost. 14 dicembre 1990, n. 538.

4 Così si esprime la relazione introduttiva al d.lgs. n 5 del 2006.

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un più stretto collegamento tra la fase di individuazione del passivo fallimentare e quella, eventuale, impugnatoria, che è stata unificata, sia in relazione ai mezzi di contestazione dello stato passivo (che conservano la loro autonomia in riferimento all’oggetto) sia nel rito.

Il d.lgs n. 5 del 2006, in vigore dal 16 luglio 2006, ha fissato i contenuti della riforma, ma le prime valutazioni, piuttosto critiche5, degli interpreti e dei pratici, hanno aperto la strada all’adozione di misure correttive ed integrative - autorizzate dal d.l. 12 maggio 2006, n.173, conv.

con la l. 12 luglio 2006 n. 228 - che sono state introdotte dal d.lgs n. 163 del 2007.

L’avvicendamento delle norme ha prodotto tre diversi, paralleli, regimi.

Le previsioni del r.d. n. 267 del 1942 continuano ad applicarsi a tutti i fallimenti dichiarati precedentemente al 16 luglio 2006

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. L’art. 22 del d.lgs. n. 167 del 2007 indica poi che le disposizioni del decreto“si applicano ai procedimenti per la dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore, nonché alle procedure concorsuali e di concordato fallimentare aperte successivamente alla sua entrata in vigore”, fissata per l’1 gennaio 2008.

La riforma, inoltre, estende, con l’art. 209 dell’ultimo decreto correttivo, la nuova disciplina dell’accertamento del passivo alle procedure di liquidazione coatta amministrativa7, ma non incide sulla disciplina di questo accertamento nella liquidazione coatta delle banche (v. art. 86 ss. del d.lgs 1 settembre 1993 n. 385) né sul testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (v. art. 254 d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267). La riforma si collega, altresì, a quella di cui agli artt. 32 e 39 ss. Reg.

CE 1346/2000.

E’ possibile (anche se in modo non semplice) coordinare le disposizioni della riforma con le norme che disciplinano l’amministrazione straordinaria della grandi imprese in crisi; mentre è piuttosto problematico il collegamento con le disposizioni delle liquidazioni coatte delle imprese assicuratrici8.

b) La coesistenza dei diversi riti.

La coesistenza di tre diverse discipline rende ancor più complessa una materia gravida di problemi applicativi, spesso legati alla organizzazione degli uffici giudiziari.

Mi riferirò nel testo alla disciplina in vigore a partire dal 1° gennaio 2008, dando conto, di volta in volta, delle differenze con gli altri regimi, indicando, in caso di dubbio, la soluzione che consente l’applicazione più vicina tra le norme dei procedimenti del 2006 e del 2007.

Sul piano generale, se la differente ispirazione della disciplina del 1942 rispetto a quelle del 2006 e del 2007 appare evidente nelle diverse soluzioni processuali, non altrettanto giustificabile è la distanza che si percepisce in non poche, né secondarie, disposizioni dei decreti legislativi n. 5 e n.

163 relative al nuovo procedimento unificato ex art. 99 legge fallim. Come noto la riforma introdotta dal d.lgs. n. 5 del 2006 mantiene più espliciti riferimenti al rito camerale ed al modello inquisitorio (più dettagliata è la fase di trattazione del giudizio; il giudice può assumere informazioni ed autorizzare le parti alla produzione di ulteriori documenti; la controversia si decide in camera di consiglio). Invece, la riforma del 2007 fissa in modo più rigoroso i contenuti ed i limiti

5 Su cui per tutti, MINUTOLI, Il nuovo procedimento di accertamento del passivo fallimentare, in Riv. dir. proc. 2007, 68 ss., spec. 70.

6 Per una prima applicazione della disciplina transitoria ora ricordata v. Trib. Piacenza 22 gennaio 2007, in www.il caso.it/giurisprudenza/archivio/476.htm. V. anche LO CASCIO, Il nuovo fallimento:riflessioni sugli aspetti processuali e sulla disciplina transitoria, in Fallim. 2006, 751 ss.

7 Su cui BONFATTI,CENSONI,Le disposizioni correttive ed integrative della riforma della legge fallimentare, Padova 2008, 117 s.; FABIANI, in Jorio, FABIANI, Il decreto correttivo della riforma fallimentare, suppl. a Aa. Vv., Il nuovo diritto fallimentare, diretto da Jorio, cit. Bologna 2008, 59 ss.; PLATANIA, in Aa. Vv., Codice Commentato del fallimento, diretto da LO CASCIO, Milano 2008, sub art. 209, 1725 ss.

8 Sui vari problemi di collegamento e di coordinamento tra le diverse discipline di settore, v. COSTANTINO, L’accertamento del passivo nelle procedure concorsuali, Bologna, 2008, p. 42-44 e 78-81.

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del contraddittorio, sottraendo margini alla discrezionalità del giudice; fissa l’onere di formulare, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio. La fase istruttoria del procedimento è precisamente disegnata sia in relazione al thema decidendum che al thema probandum. Non è invece più disciplinata specificamente la fase di trattazione.

c) Il rito uniforme.

Pur se trattate unitariamente negli art. 98 e 99 legge fallim., le impugnazioni non si sovrappongono. E’ stato conservato, per la gran parte, l’impianto precedente: restano identici i soggetti, l’oggetto e stessa è la funzione, già ricavabile dagli abrogati artt. 98, 100 e 102 legge fallim. Inoltre è agevole riconoscere nella omogeneità dei mezzi processuali che contestano il provvedimento di approvazione dello stato passivo e ne sostituiscono, se del caso, le determinazioni, un unico genus. L’unificazione delle impugnazioni nel nuovo art. 98 legge fallim. è palesemente dettata dall’esigenza della semplificazione della disciplina. Le poche novità del nuovo art. 98 consentono di rinviare alla elaborazione dottrinale ed alla esperienza giurisprudenziale maturata sub Julio.

Al criterio direttivo di abbreviazione dei tempi della procedura fallimentare, è invece ispirato il procedimento uniforme disciplinato dall’art. 99 legge fallim. L’esigenza della accelerazione dei tempi, si è realizzata costruendo uno schema che guarda, più che al rito camerale, ai processi speciali a cognizione piena e segue, per la fase introduttiva, il collaudato modello del processo del lavoro9.

Il procedimento uniforme segue inoltre l’impostazione adottata nella riforma della esecuzione singolare introdotta dalla l. n. 80 del 2005, secondo cui la verifica dei crediti ha una efficacia endoprocedimentale, perché circoscrive gli effetti dell’accertamento compiuto al procedimento nel quale i provvedimenti adottati si riferiscono10. Il rito speciale che si delinea con l’art. 96, co. 6°, legge fallim. e si completa con il sistema delle impugnazioni di cui agli art. 98 e 99 legge fallim.

tende infatti all’accertamento del diritto di credito e della sua consistenza, nonché della sua

9 Il sistema precedente, come noto, adottava, per le tre impugnazioni contro lo stato passivo fallimentare, le forme del processo ordinario di cognizione, eccetto che per la fase introduttiva, nella quale, dopo la presentazione del ricorso, veniva fissata l’udienza di comparizione dei soggetti legittimati davanti al giudice delegato. Tutte le impugnazioni si concludevano con una sentenza del collegio che decideva sulle opposizioni proposte. Era, poi, previsto contro questo provvedimento l’appello ed il ricorso per cassazione. Il giudizio di opposizione allo stato passivo, l’impugnazione dei crediti ammessi, l’insinuazione tardiva dei crediti, il giudizio di revocazione erano pacificamente considerati giudizi a cognizione piena, in quanto tali disciplinati dal secondo libro del codice di rito ponendo questioni di coordinamento con le norme ordinarie. Sull’applicazione dei principi generali previsti dal codice di rito v. Cass. 16 giugno 1990, n. 6090, in Fallim. 1991, 31; Cass. 4 dicembre 1990, n. 11609, ivi, 1991, 566. In particolare, sulla possibilità di applicare la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, Trib. Roma 14 giugno 1999, in Fallim. 1999, 1277 (ma contra, con riferimento a rapporti riconducibili all’art. 409 cod. proc. civ., Cass. 1° febbraio 2000, n. 1091, in Fallim. 2000, 1272). Sull’applicazione analogica dell’art. 327 cod. proc. civ., Trib. Catania, 13 giugno 1998, in Dir. Fallim., 1998, II, 817. Ancora, sulla possibilità di applicazione dell’art. 186 quater cod. proc. civ. si confronti Trib. Roma 9 novembre 1998, in Fallim. 1999, 456 ss. (ma sull’inapplicabilità dell’art. 186 bis cod. proc. civ., Trib. Salerno 25 febbraio 2000, in Dir. fallim. 2000, II, 427). In particolare qualche difficoltà era sorta per il coordinamento tra il vecchio art. 99 legge fallim. e l’art. 180 cod. proc. civ. vecchia formulazione e le preclusioni poste al convenuto dall’art. 166 cod. proc. civ..

Secondo alcune sentenze di merito non opererebbero le preclusioni alla proposizione delle riconvenzionali e nella stessa udienza non dovrebbero essere sollevate necessariamente le eccezioni proprie: così Trib. Monza 28 gennaio 2003, in Fallim. 2003, 1223; Trib. Milano 21 febbraio 2002, in Fallim. 2002, 790.

10 Per TISCINI, I provvedimenti decisori senza accertamento, Torino 2009, 212, “viene a mancare in sede concorsuale la decisione sul diritto di credito, spostandosi l’attenzione sul diritto “processuale” al concorso”. Si distinguerebbe, pertanto, l’art. 96 legge fallim. dai c.d. provvedimenti decisori senza accertamento nei quali vi è la decisione sui diritti ma si abdica al giudicato. L’Autore riprende l’impostazione di GARBAGNATI, Fallimento e azioni dei creditori, in Riv.

Trim. Dir. e Proc. Civ., 1960, 368 e di SEGNI, Osservazioni sul giudizio di verificazione dei crediti nel fallimento, in Scritti giuridici, II, Torino, 1965, 1095.

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collocazione nel concorso dei diversi crediti nel fallimento, escludendo l’efficacia e la stabilità di cui all’art. 2909 c.c.11

Il legislatore ha quindi risolto, con una precisa scelta di campo, la questione, ampiamente dibattuta12, riguardante la estinzione e vincolatività dell’accertamento dei crediti in ambito concorsuale.

Ma la riforma pone delle nuove questioni. Infatti, dopo avere stabilito che le domande riguardanti la natura del credito, la sua consistenza e i suoi caratteri, rilevano nella misura in cui il relativo diritto viene considerato ed inserito al passivo di una procedura concorsuale si fissa il principio che, pur dopo il vaglio dei giudizi che chiudono il procedimento di cui al novellato art. 99 legge fallim., il diritto di credito mantiene la sua autonomia e l’efficacia obbligatoria ed esecutiva con riferimento ad altri ambiti.

Questa chiara indicazione probabilmente risolve il problema del rispetto delle garanzie costituzionali in materia di diritti soggettivi e di status, perché la portata endoprocessuale delle decisioni che concludono i giudizi di opposizione, dell’impugnazione e delle revocazioni, consente di far valere il diritto soggettivo oggetto della verificazione del passivo in un successivo giudizio di cognizione. Si è, tuttavia, contestata la correttezza della soluzione, che non risolverebbe, sopra tutto, la questione degli effetti di un eventuale giudicato riguardante il diritto di credito o reale fatto valere, che dovrebbe travolgere gli effetti prodotti dall’accertamento del passivo13.

Il comma primo del nuovo art. 114 legge fallim., che stabilisce che “i pagamenti effettuati in esecuzione dei piani di riparto non possono essere ripetuti, salvo il caso dell’accoglimento delle domande di revocazione” 14, sembra tuttavia inficiare l’assunto.

La scelta legislativa deve, io penso, essere letta in questo senso: la tutela costituzionale dei diritti del singolo, che si manifesta nel principio di effettività della tutela giurisdizionale ex artt. 3, 24 e 42 Cost., presuppone un bilanciamento di interessi, che in questa circostanza è stato definito dal legislatore dando prevalenza alle esigenze liquidatorie ed esecutive ed alla conseguente strumentalità della cognizione della situazione soggettiva coinvolta in sede fallimentare, rispetto

11 Così, seguendo la tradizione – cfr., ex multis, RICCI, Formazione del passivo fallimentare e decisione sul credito, Milano 1979, 71 ss. Escludere l’efficacia extraconcorsuale significa mantenere intatti i diritti del fallito che, una volta tornato in bonis, riacquista il pieno esercizio dei suoi diritti. V. in proposito ZANICHELLI, La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali dopo il d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, Torino, 2008, 245.

12 Sul puntoBOZZA, Commento agli artt. 96-97, in particolare sub art. 96 legge fallim., in Il nuovo diritto fallimentare, Commentario diretto daJORIO, coordinato daFABIANI, Tomo I, in particolare pag. 1477 ss. L’Autore ricorda che la precedente disciplina legislativa era assolutamente silente sul punto e che l’unica norma di qualche interesse era quella contenuta nell’art. 102 legge fallim., in particolare nella parte in cui stabiliva che il giudizio di revocazione dei crediti ammessi continua davanti al tribunale se il fallimento si chiude senza che la contestazione sia stata decisa. Sul punto con riferimenti ulteriori cfr. anche PANZANI, La riforma delle procedure concorsuali. Il secondo atto, in Fallim. online, www.ipsoa.it, 25 ss. TISCINI, I provvedimenti decisori senza accertamento, Torino 2009, 209-210.

13 CosìCARRATTA: Profili processuali della riforma della legge fallimentare, relazione al Convegno del 26/27 ottobre 2007 in Napoli della Associazione tra gli studiosi del processo civile. L’Autore, per superare il problema di coordinamento tra l’art. 99 e l’art. 114 legge fallim., suggerisce che “attraverso la proposizione del rimedio dell’opposizione, dell’impugnazione e della revocazione, le parti del procedimento di accertamento passivo hanno la possibilità, ove lo vogliano, di trasformare questo procedimento da sommario in procedimento a cognizione piena ed esauriente” (p. 21). La prospettiva delineata tuttavia presuppone che la verifica del passivo, contrariamente a quanto chiaramente indicato dall’art. 96 legge fallim. (che stabilisce che le decisioni sullo stato passivo producono effetti soltanto ai fini del concorso) abbia ad oggetto l’esistenza del diritto di credito.

14 Riassume le diverse posizioni interpretative della nuova disciplina DE SANTIS, Sulla c.d. “degiurisdizionalizzazione”

del concorso collettivo e sui limiti dei giudicati endofallimentari dopo la riforma, in Riv. dir. proc. 2008, 383-385, il quale ritiene che le controversie che possono sorgere all’interno del giudizio di accertamento del passivo (e delle eventuali impugnazioni ) hanno come parti il solo curatore ed i creditori istanti (ma non il fallito in relazione al quale non sarebbe stata trasferita integralmente al curatore la legittimazione processuale); cosicché solo ad essi può essere limitata l’efficacia di giudicato del procedimento che decide le eventuali impugnazioni.

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alla tutela dichiarativa ex art. 2909 c.c., il cui valore erga omnes non può intaccare - in base al chiaro dettato normativo - l’assetto dei diritti definito con l’accertamento del passivo15.

Le esigenze, di carattere generale, che sono sottese ad ogni situazione di concorso di crediti e diritti, individuate nell’art. 51 legge fallim., si impongono se il titolare del diritto di credito, personale o reale, intende aggredire il patrimonio del fallito (art. 52 legge fallim.). La tutela parallela o successiva del diritto soggettivo, ammessa dalla disciplina, che vieta le azioni individuali sui beni del fallito, non pregiudica l’assetto sostanziale determinato con la chiusura dell’accertamento del passivo (anche all’esito delle impugnazioni di cui all’art. 99 legge fallim.)16.

Il problema che pone con la riforma allora non riguarda allora le posizioni del debitore tornato in bonis e dei terzi che abbiano contestato in altre sedi il credito ammesso, che non sono intaccate dalle decisioni adottate in sede fallimentare, ma è (così mi pare) di verificare se la disciplina dell’accertamento del passivo introdotta rispetti i diritti di eguaglianza, di difesa e quelli patrimoniali coinvolti nella vicenda fallimentare, assicurando una tutela compatibile con gli articoli 3, 24, 41 Cost.

B. L’OGGETTO E LA FUNZIONE DEL PROCEDIMENTO DI CUI ALLART.98LEGGE FALLIM. Si è detto che l’art. 98 della legge fallim. concentra le impugnazioni dello stato passivo, prima disciplinate dagli art. 98-102, in un’unica previsione che si coordina con il procedimento disciplinato dall’art. 99 legge fallim., mantenendo la autonomia dei mezzi processuali, distinti per l’oggetto ed i soggetti coinvolti in senso attivo e passivo. Le tre impugnazioni, tuttavia, svolgono una funzione correlata solo indirettamente alla verifica dei crediti e degli altri diritti17 valutati nel procedimento di ammissione allo stato passivo, poiché sono rivolte a sindacare la legittimità del provvedimento di approvazione dello stato passivo proprio in riferimento alle singole posizioni giuridiche azionate ed alla “graduatoria” che ne è risultata. L’indagine che il giudice

15 Sul tema MENCHINI: Nuove forme di tutela e nuovi modi di risoluzione delle controversie: verso il superamento della necessità dell’accertamento con autorità di giudizi, in Atti dell’incontro di studio sulla Riforma del processo civile che si è tenuto in Ravenna 15.05.2006 Borromia University Press, Bologna 2007, 25, 58 e 62.

L’impostazione di MENCHINI, qui condivisa, è criticata da CARRATTA, nel suo intervento svolto nello stesso incontro di Ravenna, sempre in Atti, cit. 152 e ss..

16 Ritengo, in definitiva, che questa possibilità di “frazionamento” della tutela, in due fasi e con giudizi diversi, non contrasti con la necessità di garantire, con la adeguata stabilità, la tutela dei diritti. La stabilità “endoprocedimentale”

riguarda infatti, le situazioni definite, che assumono, con riferimento alle posizioni coinvolte nel fallimento, ai fini del riparto, i caratteri della irretrattabilità ed intoccabilità di cui all’art. 324 cod. proc. civ.. In questo senso anche CECCHELLA, Il diritto fallimentare riformato, Milano 2007, 100, secondo cui il decreto ex art. 97 legge fallim. in difetto di opposizione - impugnazione nei termini, è idoneo ad acquisire la stabilità del giudicato, pur consentendola nell’ambito endoconcorsuale. In tema F. DE SANTIS, Sulla c.d. “degiurisdizionalizzazione” del concorso collettivo e sui limiti dei giudicati endofallimentari dopo la riforma, in Riv. dir. proc. 2008, 367 ss.

17 La cognizione dei diritti non è quindi principale ma incidentale, perché, come chiarisce MENCHINI (op. cit. 59) “non si ha alcuna efficacia preclusiva o conformativa, idonea a rendere incontestabile l’esistenza del credito o della ragione di prelazione ai sensi dell’art. 2909 c.c.”.questa considerazione è però letta da CARRATTA, Atti, cit. p. 153, come indice del fatto che “l’accertamento con efficacia di giudicato ottenuto all’esito di un successivo giudizio di cognizione sul medesimo diritto possa portare a risultati opposti a quelli conseguiti in sede di distribuzione del ricavato o di accertamento del passivo”, con la conseguenza che, secondo l’Autore dovrebbero essere travolti gli effetti già prodotti, consentendo al fallito in bonis di esperire la condictio indebiti, per ripetere dal creditore quanto ottenuto. Conseguenza, questa, che è però espressamente esclusa dall’art. 114 legge fallim., di cui si deve vagliare la costituzionalità tenendo presente che le decisioni assunte nell’ambito del procedimento di verificazione dei crediti (dal giudice delegato o dal Tribunale) si limitano a stabilire il diritto a partecipare o meno al concorso fallimentare. Non si pone quindi il problema di distinguere in relazione all’attività giudiziale, l’accertamento del diritto al concorso e quello dell’accertamento dell’esistenza del diritto sostanziale presupposto (come ipotizza CARRATTA, Atti, cit. 155) perché la cognizione del giudice, nell’ambito dell’accertamento del passivo fallimentare, non risponde ai parametri fissati dell’art. 2909 cc perché la statuizione (nel provvedimento) richiesta esplica la sua efficacia esclusivamente sul piano esecutivo / concorsuale, come diritto al riparto. Sull’art. 114 legge fallim. v. DE SANTIS,Sulla c.d.“degiurisdizionalizzazione” del concorso collettivo e sui limiti dei giudicati endofallimentari dopo la riforma, in Riv. dir. proc. 2008, 383-386.

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dell’impugnazione svolge è quindi delimitata, con l’art. 99 legge fallim., dalle preclusioni e dagli oneri stabiliti dal nuovo rito.

1. L’opposizione allo stato passivo; l’impugnazione dei crediti ammessi; la revocazione:

legittimazione, oggetto e funzione.

1.1 L’opposizione allo stato passivo è volta a contestare il rigetto, integrale o parziale, della

domanda: a) di insinuazione di un credito o della sussistenza del diritto di prelazione; b) del soggetto del quale non sia stato riconosciuto il diritto reale o personale. Sono legittimati a proporla il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili18 e si rivolge al curatore, che rappresenta gli interessi della procedura.

L’unica novità della riforma è che i creditori ammessi con riserva non sono più autorizzati a proporre l’opposizione19. L’avverarsi dell’evento cui la riserva era legata determina la possibilità di una impugnazione che incide sul riparto o sul rendiconto del curatore20.

Il diritto del curatore di partecipare al processo, previsto al secondo comma dell’art. 98 legge fallim., si spiega agevolmente perché il risultato al quale tende l’opposizione è di modificare il provvedimento di approvazione dello stato passivo di cui egli è promotore e redattore21. Qualora, il giudice competente per l’opposizione22 rilevasse che il curatore non è stato evocato dovrà ordinare l’integrazione del contraddittorio.

18 Secondo Trib. Aosta 18/11/2008 e Trib. Firenze 2/9/2010 in www.ilcaso.it, il curatore che non abbia proposto osservazioni allo stato passivo non potrebbe proporre l’opposizione perché si realizzerebbe una acquiescenza alle conclusioni del curatore. Di diverso e condivisibile avviso sono Trib. Udine 21/5/2010 e Trib. Treviso 4/2/2009 in www.ilcaso.it, che, invece, ritengono che l’opposizione sia comunque ammissibile, non avendo la legge attribuito il valore di acquiescenza alla mancata presentazione di osservazioni al progetto di stato passivo.

19 La giurisprudenza e la dottrina che si sono formate sul vecchio testo dell’art. 98 legge fallim. distinguevano tra i creditori c.d. condizionali ed i creditori ammessi con riserva di produzione dei documenti giustificativi (ex art. 95, secondo comma, legge fallim, vecchia formulazione). Mentre per questi ultimi si riteneva che dovessero opporsi ai sensi dell’art. 98 legge fallim. per conservare l’efficacia dell’ammissione in mancanza di scioglimento della verifica nel corso del relativo procedimento e prima della dichiarazione di esecutività dello stato passivo, per gli altri, alcuni affermavano la necessità dell’opposizione allo stato passivo, altri l’utilizzabilità di strumenti diversi, quali il procedimento previsto per le insinuazioni tardive o un decreto del giudice delegato. In argomento, con richiami, cfr.NARDECCHIA, in Aa.Vv., Le insinuazioni al passivo, a cura diFERRO, Padova 2005, sub voce Opposizione allo stato passivo.

20 CECCHELLA, op. cit., 126 – 127.

21 Per Trib. Vicenza 11/8/2009, in www.ilcaso.it, il curatore può sollevare tutte le eccezioni per dimostrare l’infondatezza dell’impugnazione.

22 Non è più il giudice delegato ma il collegio, al quale il giudice delegato non può partecipare.

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In riferimento all’oggetto dell’opposizione la sua immutabilità, che dipende dal carattere impugnatorio del procedimento, può essere infranta nel caso di intervento degli altri creditori ex art.

96, comma sesto. legge fallim. che facciano valere ragioni diverse da quelle dedotte da chi ha proposto l’impugnativa. Il rispetto del principio del contraddittorio presuppone, in questo caso, che anche l’impugnante possa modificare la propria richiesta introdotta con il ricorso in opposizione in relazione a quelle formulate dall’interveniente23.

1.2 L’impugnazione, prima disciplinata dall’art. 100, è proposta dal curatore, dal creditore, dal titolare di diritti sui beni mobili o immobili che “contestano che la domanda di un creditore o di altro concorrente sia stata accolta; l’impugnazione è rivolta nei confronti del creditore concorrente la cui domanda è stata accolta. Al procedimento partecipa anche il curatore”.

Rispetto al procedimento disegnato nel precedente articolo 100 legge fallim., la novità è costituita dal fatto che l’impugnazione può essere instaurata anche dal curatore24, di cui la riforma ha sensibilmente ampliato il ruolo. Sul piano funzionale egli non è più un mero ausiliario del giudice delegato, con il compito precipuo di disporre lo stato passivo25, ma è parte del giudizio di verifica; infatti concorre alla formazione dello stato passivo al pari dei creditori, con un diverso interesse26. I nuovi compiti assegnati costituiscono il curatore parte necessaria del procedimento27.

Ricordo che prima della riforma, l’art. 100 legge fallim. non prevedeva la legittimazione attiva del curatore. Nondimeno si riteneva che la partecipazione del curatore al giudizio fosse necessaria per tutelare il diritto di difesa della massa e del fallito: della massa in rappresentanza degli interessi generali dei creditori e di quelli “pubblici” legati alla conservazione e distribuzione del patrimonio del fallito; del fallito perchè il curatore ne rappresentava gli interessi residui, essendo, il primo - divenuto “estraneo” alla sorte del proprio patrimonio - non autorizzato a contrastare le pretese dei creditori insinuati28. Questa funzione della curatela, di rappresentanza e tutela, si somma ora a quella attiva, nel procedimento di formazione dello stato passivo29 da cui deriva la legittimazione del curatore ad impugnare il decreto di esecutività.

1.3 Lo strumento della revocazione ha assunto una fisionomia più precisa. La disciplina dettata dal precedente art. 102 legge fallim., rendeva incerta la collocazione tra i mezzi straordinari o quelli

23 CECCHELLA, op. cit., 126 - 127.

24 Da ricordare il contrasto giurisprudenziale, ante novella, sulla posizione del curatore nella fase di impugnazione: un orientamento sottolinea che egli riveste la qualità di parte e potrebbe quindi svolgere tutte le attività che la legge commette alle parti: così Cass. 30 maggio 1974, n. 1547, in Giust. civ. 1974, I, 1402; in altre decisioni, il curatore viene considerato un semplice ausiliario del giudice delegato e la sua partecipazione al giudizio de quo veniva giustificata solo per consentire l’estensione nei suoi confronti dell’efficacia della sentenza: in termini Cass. 26 luglio 1994, n. 6954, in Fallim., 1995, 270; Cass. 26 gennaio 1988 n. 659, in Giur. fall 1988, 13.

25. Sul nuovo ruolo attribuito al curatore dalle attuali previsioni, PIAZZA, Miniriforma della legge fallimentare e legittimazione del curatore ad impugnare lo stato passivo, in Giur. comm. 2004, I, 120 ss.

26 Per BOZZA, L’accertamento del passivo nel progetto di riforma, in Fallim. 2004, 61 e PELLEGRINO, I giudizi di accertamento del passivo nel fallimento, Milano 2006, 125, il curatore tutela l’interesse pubblico all’osservanza delle regole del concorso dei creditori.BONFATTI, Trattato Ragusa - Maggiore - Costa, III, 232, ne assimila il ruolo a quello, super partes, del P.M..

27 CAIAFA, Il nuovo diritto delle procedure concorsuali, Padova 2006, 381 - 382, configura la posizione del curatore come quella di un sostituto processuale del fallito, che sarebbe “parte” del procedimento perché è sul suo provvedimento che incidono le decisioni assunte nella fase di verifica dei creditori. LANFRANCHI,Verificazione del passivo, 1979, 330, ritiene il curatore un legittimato straordinario.

28 Cfr. in argomento le pronunce della Consulta che hanno respinto il dubbio di incostituzionalità sul ruolo del fallito nel giudizio di impugnazione: Corte cost. 25 luglio 1984, n. 222, in Giur. comm. 1984, II, 485, con nota di LANFRANCHI, La costituzionalità dell’art. 100 legge fallim., nonché Corte cost. 29 aprile 1992, n. 205, in Dir. fallim. 1992, II, 649 ss. con nota di RAGUSA MAGGIORE, Impugnazione dei crediti e legittimazione del fallito.

29 SCARSELLI, L’accertamento del passivo nel disegno di legge per la riforma delle procedure concorsuali, in Fallim. - seminario di studi - riforma fallimentare, 22.

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ordinari di questa impugnazione 30. La formulazione dell’art. 98 legge fallim. consente con maggiore sicurezza di inquadrare la revocazione tra le impugnazioni straordinarie.

Lo strumento si muove contro il provvedimento di approvazione dello stato passivo divenuto definitivo laddove vi siano documenti oggettivamente ignorati, scoperti alla scadenza del termine, ovvero quando i documenti erano già conosciuti ma non sono stati prodotti nella precedente fase di ammissione allo stato passivo per fatto non imputabile all’interessato.

Si può ricorrere alla revocazione sia in caso di provvedimento di accoglimento che di rigetto.

Rispetto a prima, quando era possibile censurare l’esclusione di un diritto di credito o di rivendica che fosse stato riconosciuto ingiustamente, è consentito chiedere anche il riconoscimento di un diritto escluso ingiustamente.

Il riferimento alla disciplina della revocazione straordinaria e dell’opposizione di terzo revocatoria è agevole: ci si muove, sul terreno delle fattispecie di cui all’art. 395 n. 1, 2, 4 e 6 e 404 co. 2 cod. proc. civ.. Il carattere straordinario del mezzo di impugnazione emerge perchè si propone dopo il passaggio in giudicato del provvedimento censurato e non è assoggettato, con riferimento al dies a quo, a termini fissi (salvo il caso di cui al n. 4, di carattere ordinario).

Della revocazione ex art. 395 cod. proc. civ. l’art. 98 legge fallim. richiama i vizi derivanti dalla scoperta della falsità, del dolo, in caso di errore essenziale di fatto o di mancata conoscenza di documenti decisivi non prodotti tempestivamente, per causa non imputabile, che hanno determinato l’emissione del provvedimento contestato.

Sono legittimati a proporre l’impugnazione il creditore che contesti l’ammissione al passivo di un “creditore concorrente” o rivendicante, il curatore nei confronti di un credito che ritenga ingiustamente ammesso ed il titolare di diritti su beni mobili od immobili. Si tratta di soggetti che (in analogia con quanto prevede l’art. 404, comma secondo, cod. proc. civ.) sono rimasti estranei alla fase precedente. L’indicazione specifica, nella riforma, dei soggetti legittimati, autorizza ad escludere che rientrino tutti i creditori abilitati alla impugnazione revocatoria31. Non può agire in revocatoria il creditore che nella precedente fase della formazione dello stato passivo non abbia fatto valere (o tentato di far valere) il proprio credito.

Sul piano passivo sono parti necessarie del procedimento il creditore di cui venga contestata l’ammissione al passivo in base alle nuove rilevanze documentali ed il curatore se la domanda respinta è quella di un creditore.

2. Il ruolo del fallito nelle impugnazioni.

30 Sulla revocazione fallimentare nel testo ante riforma, POGGESCHI, La revocazione dello stato passivo fallimentare, Padova 1991, nonchéMONTANARI, Sulla pretesa autonomia della revocazione dello stato passivo fallimentare, in Aa.Vv., Studi in onore di Crisanto Mandrioli, II, Milano, 1995, 852 ss. Sulla possibilità di ricorso al rimedio ordinario di cui all’art. 395 cod. proc. civ., APRILE, voce Revocazione di credito ammesso, inFERRO (a cura di), Le insinuazioni al passivo, vol. I, Padova 2005, 681 ss. Sulle differenze della revocazione in questione rispetto a quella ordinaria si confronti in giurisprudenza la fondamentale Cass. 22 luglio 1995, n. 8051, in Fallim. 1996, 140 ss. ma prima ancora Cass. 10 giugno 1981, n. 3752, in Giur. comm. 1976, II, 456. Si ricorda che dottrina e giurisprudenza si erano quasi unanimemente attestati nel ritenere che la revocazione dei crediti ammessi avesse natura “straordinaria”: in tema si confrontino RUSSO, La revocazione dei crediti ammessi, in Fallim., 1990, 957 ss. nonché POGGESCHI, La revocazione, cit., 51 ss.; Cass. 3 dicembre 1993 n. 12/2006, in Dir. fallim. 1994, II, 747 ss. In senso conformeLAMANNA, Il nuovo procedimento di accertamento del passivo, Ipsoa 2006, 625 ss., in particolare 690 ss.

31 Secondo alcuni poiché la riforma costruisce la revocazione quale rimedio effettivamente straordinario, legittimati attivi saranno solo i soggetti legittimati all’impugnazione e all’opposizione (cfr. in tal sensoASPRELLA, sub art. 98 legge fallim., in Il nuovo fallimento, a cura di SANTANGELI, Milano, 2006, in particolare pag. 450 ss.). E’ legittimato attivo qualunque creditore già ammesso, anche se non direttamente pregiudicato dall’ammissione altrui, ma non già i creditori esclusi o ammessi con riserva, almeno finché non sia stata disposta l’ammissione in sede di gravame o sciolta la riserva (così LAMANNA, Il nuovo procedimento di accertamento del passivo, cit., 625 ss. Contra,MONTANARI, sub art. 98 legge fallim., in Il nuovo diritto fallimentare, Bologna 2006, 1496 ss. secondo cui il novero dei creditori legittimati ad avvalersi di detto mezzo di impugnazione non può limitarsi a coloro che siano stati ammessi al passivo.

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Il fallito non è legittimato ad impugnare lo stato passivo32. La disciplina del 2006 e del 2007 non differisce quindi da quella del 1942, perché resta fermo il presupposto che essendosi determinato il distacco, dal punto di vista patrimoniale, del fallito dai propri beni, quest’ultimo non può più agire quando si forma lo stato passivo. Lo stesso criterio, considerato il carattere impugnatorio dei mezzi, è adottato per l’opposizione allo stato passivo, l’impugnazione e la revocazione.

Il d. lgs. n. 167 del 2007 ha, significativamente, espunto dall’art. 99 legge fallim. i riferimenti al fallito contenuti nel d. lgs. n. 5 del 2006. Non deve più essere notificato al fallito il ricorso introduttivo33 né egli ha più diritto di essere “sentito”. Si è quindi esclusa ogni forma di legittimazione attiva del fallito. Sotto questo profilo la differenza tra il regime del 2006 e quello del 2007 è sensibile. Ritengo tuttavia che anche ai fallimenti nei quali si applica la disciplina del 2006 si debba attribuire alla partecipazione del fallito alle impugnazioni un significato modesto. E’ vero che l’art. 99, comma terzo, legge fallim. (versione 2006) dispone che il ricorso che viene proposto contro il provvedimento di approvazione dello stato passivo debba essere notificato anche al fallito, oltre che all’eventuale controinteressato, entro 10 giorni dalla comunicazione del decreto, avvalorando così l’idea che anche il fallito sia legittimato passivo in riferimento a tutte le impugnazioni proponibili nei confronti dello stato passivo34. Nello stesso senso si orienta la previsione dell’art. 99, comma nono, del d.lgs. n. 5 secondo cui “il fallito può chiedere di essere sentito”, entrambe eliminate dalla riforma del 2007. Non ritengo, però, che nelle impugnazioni disciplinate dal decreto legislativo del 2006 si possa ricavare dalla partecipazione del fallito che egli abbia un “sostanziale” interesse ad agire, nel senso dell’ art. 100 cod. proc. civ. Con la notifica al fallito del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza di comparizione si realizza una forma di litis denuntiatio. Così giustamente intende la Suprema Corte 35 che correla la mera facoltà del fallito di essere sentito al “potere discrezionale e motivato del giudice secondo un principio riproduttivo di quello vigente ex art. 485 cod. proc. civ. , nel processo esecutivo singolare”. D’altro canto se il fallito fosse parte necessaria del procedimento, avrebbe pieno titolo per contraddire su tutto, senza alcuna limitazione e, soprattutto, sarebbe legittimato a ricorrere in cassazione contro il provvedimento che conclude il giudizio di impugnazione36. Che poi il giudice sia tenuto a tener conto delle sue deduzioni, a mio avviso, vuol dire che il ruolo che gli viene attribuito è quello di fornire al giudicante elementi utili al suo convincimento37, secondo l’impostazione del codice del 194238, che non mi sembra sia stata modificata dal d. lgs. n. 5 del 2006. Il sistema del 2006 appare, pertanto, così congegnato: il fallito ha diritto di essere informato della proposizione

32 L’art. 98 legge fallim. indica infatti, specificamente, le parti attive e passive delle impugnazioni tra cui non vi è il fallito. Egli può intervenire in giudizio, ex art. 43, 2 comma legge fallim. “solo per le questioni delle quali può dipendere una imputazione di bancarotta a suo carico o se l’intervento è previsto dalla legge”.

33 Così Cass. 10 gennaio 2011, n. 365 che, di conseguenza ritiene che la prova assunta (nella specie per testimoni) in assenza della notifica al fallito non è viziata per violazione del contraddittorio.

34 Così SALETTI, La formazione, cit. nonchéASPRELLA, sub art. 98 legge fallim., cit., 452. Contra MONTANARI, sub art 99, in Il nuovo diritto fallimentare, cit., 1524.

35 Cass. 10 maggio 2010 n. 11301; Cass. 10 gennaio 2011 n. 365; Cass. 21 dicembre 2010 n. 25819: la prima decisione (n. 11301)sottolinea la differenza tra i due riti, con riferimento all’obbligo di notifica. La Suprema Corte aggiunge che il procedimento di opposizione allo stato passivo non è assimilabile, anche sotto questo profilo, a quello relativo alla dichiarazione di fallimento. Per la Cassazione, però, il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza al fallito di cui all’art. 99 legge fallim. nel testo previsto D.Lgs. n. 5 del 2006, non ha natura perentoria, rendendo applicabile l’art. 156 cod. proc. civ. V. infra nota 99.

36 Non è sufficiente, a tal fine l’espressione “chiedere di essere sentito”, ambigua e che si espone comunque ad una interpretazione restrittiva.

37 PELLEGRINO, L’accertamento del passivo nelle procedure concorsuali, Padova 1992, 36 ss.

38 Che viene analiticamente analizzata da LANFRANCHI, La verificazione del passivo nel fallimento. Contributo allo studio dei procedimenti sommari, Milano 1979, specificamente sulla questione p. 336. Ma la lettura è condizionata dal fatto che il r.d. n. 267 del 1942 non prevedeva alcuna forma di comunicazione al fallito delle impugnazioni.

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dell’impugnazione e di esporre le proprie considerazioni nelle memorie, per illustrare gli elementi di fatto e di diritto che ritiene. Se non gli viene notificato il ricorso ed il decreto il giudice, d’ufficio ne dispone la comunicazione39 ed è, comunque, tenuto a convocarlo40. Il fallito però non ha titolo per chiedere che il giudice si pronunci in relazione alle proprie eventuali richieste od osservazioni.

Potrà, invece, stimolare i poteri officiosi del giudice e comportarsi come parte adiuvante rispetto alle altre legittimate in senso attivo e passivo dall’art. 98 legge fallim..

Con la riforma del 2007 si ritorna alla situazione del r.d. n. 267 del 1942, che non attribuiva al fallito alcun ruolo nelle impugnazioni dello stato passivo.

Piuttosto, i provvedimenti di esdebitazione introdotti agli art. 142 s.s. della riforma della legge fallimentare offrono al fallito uno strumento ben più incisivo di iniziativa rispetto al procedimento ex artt. 98 e 99 legge fallimentare perché gli consentono di estinguere ogni credito anteriore al fallimento. Per riequilibrare le posizioni in sede concorsuale, correttamente, si è detto che i creditori che non siano stati “sentiti” dal Tribunale sono legittimati a proporre reclamo contro il provvedimento di esdebitazione reso dalla corte di appello e contro la decisione del reclamo anche il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost41.

3. Il procedimento di correzione degli errori materiali.

L’ultimo comma dell’art. 98 legge fallim. disciplina il procedimento di correzione degli errori materiali contenuti nello stato passivo. L’iniziativa può essere assunta dal creditore “sentito il curatore o la parte interessata” o dal curatore. La previsione esplicita quanto già era ammesso42 sotto il vecchio regime con riferimento allo stato passivo. Si reputava, infatti, legittima la richiesta di correzione degli errori materiali del giudice applicando al fallimento l’art. 288, comma secondo cod. proc. civ. Non si tratta, quindi, di una effettiva novità, anche se vi è una semplificazione della disciplina. Non vi è, infatti, bisogno di una udienza per ascoltare le parti interessate perché la decisione viene assunta dal giudice, senza bisogno del contraddittorio, dopo aver sentito il curatore o, a seconda dei casi, la parte interessata.

Il procedimento rimette - analogamente a quanto previsto per il processo ordinario di cognizione - allo stesso giudice il compito di correggere gli errori materiali contenuti nel decreto di approvazione dello stato passivo. Infatti, la correzione consente di rettificare quanto sia stato erroneamente dichiarato, rispetto a quanto risulta obiettivamente e chiaramente dagli atti del procedimento cui mette capo il provvedimento in questione. Si tratta, quindi, di errori che non configurano un vizio di formazione della volontà43. Deve, correlativamente, escludersi che mediante tale procedimento possano essere introdotte doglianze riconducibili all’errore di fatto revocatorio, di cui all’art. 395 n. 4 cod. proc. civ., che possono essere fatte valere in sede di revocazione ex art. 98 legge fallim.

39 COSTANTINO, sub artt. 98 - 99, in NIGRO e SANDULLI (a cura di), La riforma della legge fallimentare, Torino 2006, 567; MONTANARI, sub art. 99, cit, 1525.

40 Contra MONTANARI, sub art. 98, in Il nuovo diritto, cit., 1498-1499, che, con il precedente sistema, invece, non riteneva la circostanza ostativa della trattazione del merito.

41 Tra cui COSTANTINO, “L’accertamento del passivo”, cit. 2007, p. 30 che ammette anche la possibilità della revocazione ai sensi dell’art. 395 cod. proc. civ.. L’Autore segnala lo sbilanciamento che si è creato con la introduzione dell’esdebitazione tra il fallito ed il ceto creditorio, a vantaggio del primo per favorire la sua riammissione al mercato in modo limpido, evitando gli stratagemmi di consueto impiegati per continuare a svolgere una attività di impresa.

42 Sulla ammissibilità della correzione degli errori materiali anche nella vecchia formulazione della norma, LO CASCIO, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Milano, 1998, 380 ss.; MONTANARI, sub art. 97, in TEDESCHI (a cura di), Le procedure concorsuali, cit., vol. I, 795 ss. In giurisprudenza Trib. Roma 13 febbraio 1997, in Dir. fallim., 1998, II, 789; Id., 1 febbraio 1996, in Fallim., 1996, 504.

43 ASPRELLA, sub art. 98 legge fallim., in Il nuovo fallimento, cit., 453.

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Legittimati alla istanza sono, oltre il curatore ed il creditore direttamente interessato dall’errore materiale, tutti i creditori che abbiano partecipato alla formazione dello stato passivo, posto che una variazione dello stesso incide su tutti i soggetti che hanno concorso alla sua formazione.

L’espressione nella norma “su istanza del creditore”, va, quindi, interpretata in senso ampio44. Considerata la natura non contenziosa del provvedimento di correzione è consentito, contro di esso, il reclamo ai sensi dell’art. 26 legge fallim.

La riforma cumula la disciplina dell’istituto con quella delle impugnazioni. Si legittima, così, l’idea che la correzione possa riguardare anche gli errori materiali dei provvedimenti che concludono le impugnazioni di cui all’art. 98 legge fallim.45. E’, infatti, preferibile estendere la portata della norma, avendo presente che sarà, in tal caso, competente non il giudice delegato ma quello che emette il provvedimento di cui all’art. 99 legge fallim.

Il rinvio all’art. 288, comma secondo cod. proc. civ., dopo la riforma non sembra più concepibile per un problema di specialità dei riti, anche perché sembra incoerente immaginare, in relazione allo stato passivo fallimentare, un duplice meccanismo di correzione a seconda che sia approvato con provvedimento del giudice delegato o per come risulti dopo l’impugnazione.

C. IL PROCEDIMENTO UNIFORME.

1.La struttura e la funzione.

Si è accennato all’inizio, parlando dell’art. 99 l.fallim. all’unico rito che riguarda le tre impugnazioni previste nei confronti del provvedimento di accertamento dello stato passivo fallimentare. In precedenza si adottavano le forme del processo ordinario di cognizione46. L’istruzione era curata direttamente dal giudice delegato, che partecipava al collegio giudicante.

Contro la sentenza era ammesso l’appello, al quale poteva seguire il ricorso per cassazione. Il sistema, articolato su tre gradi di giudizio47, bilanciava la fase di accertamento dello stato passivo che si svolgeva con criteri sommari.

L’art. 99 legge fallim. ora stabilisce che, dopo il deposito del ricorso e la designazione (entro 5 giorni) del relatore da parte del presidente (al quale può essere delegata la trattazione del procedimento e la fissazione, entro 60 giorni, dell’udienza di comparizione con decreto), il ricorrente debba effettuare la notifica di entrambi gli atti alle altre parti, entro 10 giorni. E’ stato così risolto il dubbio di costituzionalità che riguardava il rito precedente. Mantenuta la collegialità del vecchio rito, il giudice delegato è stato escluso dal collegio che decide le controversie; viene concesso un congruo temine alla parte nei confronti della quale la domanda è proposta per la costituzione ed agli interessati per intervenire; si è disposto che “il giudice provvede, anche ai sensi

44 In questo senso MONTANARI, cit, 1499; PARROTTA, Procedimento camerale per le impugnazioni, in Guida al Dir., Dossier, 5, 2006, 43.

45Su cui v. MONTANARI, cit., 1499-1500.

Si tratta di una prospettiva che appare rafforzata dopo le modifiche introdotte dal d. lgs. n. 169 del 2007, che hanno pressoché eliso la portata degli gli espliciti riferimenti al rito camerale ancora presenti negli art. 23 e 25 legge fallim.

Permangono i riflessi della impostazione del d.lgs. n. 5 del 2006 (più dichiarata che in concreto seguita) del procedimento uniforme sulla falsariga del rito camerale, che si colgono nell’atto introduttivo (il ricorso) e nel provvedimento finale (il decreto).

46 Cass. 18 marzo 2010 n. 6623, ribadisce che nel giudizio di opposizione allo stato passivo, ai sensi degli artt. 98 e 99 legge fallim. (nel testo ante riforma) trovano applicazione le norme del codice di rito che disciplinano il giudizio di primo grado, a parte le deroghe espresse contenute nella disciplina speciale, come quella di cui all’art. 98 che esclude l’estinzione del processo ex art. 181 e 307 cod. proc. civ.

47 Ancora in vigore per i fallimenti dichiarati prima del 16 luglio 2006.

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