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Le barriere non ci fermano Siamo donne

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Academic year: 2022

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Redazione: Via degli Etruschi, 7 - 00185 Roma • Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale 70% - Milano

NON SOLO MUSCOLI La palestra inclusiva ha attrezzi per tutti MARINELLA ARIENTI

L’allenatrice di cavalli è in carrozzina

OTTO MARZO

Le barriere non ci fermano

Siamo donne

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Fine articolo.

A

nche i più recenti fatti di cronaca ci dicono che sono la parte più fragile di una società che non sempre si mostra generosa con loro, disconoscen- done spesso meriti e diritti. Sono le donne, costrette ancora oggi a lottare per quelle pari opportunità che stentano a diventare realtà nei di-

versi contesti – economico, sociale e culturale, ecc. – e a tutte le la- titudini. Non fanno differenza le donne disabili che da tempo han- no cominciato a rivendicare una propria specificità nell’universo variegato e complesso della disabilità. A loro dedichiamo questo 8 marzo attraverso un’inchiesta che prende le mosse da un volume fotografico di prossima pubblicazione per raccontare il mondo del- la disabilità al femminile, con le sue risorse e le sue sfide.

Non è certo la prima volta che ci occupiamo di donne sul- le pagine di questa rivista e sul portale SuperAbile.it. Sempre più spesso le donne disabili mostrano resilienza, entusiasmo, inventi- va, capacità di escogitare soluzioni creative e di sfidare gli stigmi che le affliggono, spesso in misura maggiore rispetto agli uomi- ni. E sempre di più investono i propri talenti nell’arte, nella comu- nicazione, nello sport e nell’attivismo civico e politico, a servizio di tutte le persone con disabilità. Non raramente, poi, il loro pro-

tagonismo sociale si esprime nella rivendicazione di ruoli che fino a qualche tempo fa venivano spesso loro preclusi: quello di madri e di donne, nel senso più pieno del termine.

Accanto a questi progressi esiste, tuttavia, un lato meno luminoso, per non dire oscuro, che non può essere dimenticato: capita che le donne con disa- bilità siano vittime di un doppio pregiudizio in quanto donne e in quanto disa- bili. E, cosa ancora più preoccupante, rimangono bersaglio privilegiato di quella violenza maschile che dalla fragilità sembra trarre linfa e vigore. Non a caso gli ultimi dati Istat disponibili denunciano una percentuale di stupri o tentati stu- pri nei loro confronti doppia rispetto alle donne senza disabilità. Una situazio- ne, quest’ultima, che non ci dobbiamo stancare di ricordare e condannare per- ché una società in cui sopravvivono discriminazione e violenza nei confronti di chiunque, e in particolare dei più fragili, non può essere accettata.

PARLIAMO DI DONNE...

Ancora troppi i pregiudizi nei confronti della disabilità al femminile

Sempre più spesso le donne disabili mostrano resilienza, entusiasmo, inventiva, capacità di escogitare

soluzioni creative e di sfidare gli stigmi che le affliggono, spesso in misura maggiore rispetto agli uomini

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SuperAbile INAIL Marzo 2021 Pagina 3 di 44

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EDITORIALE

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Parliamo di donne...

di Antonella Onofri ACCADE CHE...

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Tre protesi robotiche per braccia e mani

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A Como apre il nuovo centro di riabilitazione L’INCHIESTA

8

L’arte di vivere al femminile di Michela Trigari INSUPERABILI

14

Non cavalco più Ora però alleno

Intervista a Marinella Arienti di Dario Paladini

CRONACHE ITALIANE/1

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Pausa caffè. Ma con gusto di Laura Badaracchi CRONACHE ITALIANE/2

18

A scuola di inclusione con la robotica di Carla Chiaramoni SOTTO LA LENTE

20

Più che amici. Come parlare di sesso e perché di Antonella Patete

PORTFOLIO

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Nessuno escluso di Christian Tasso SPORT

26

Ad Aosta la palestra è per tutti

di Laura Pasotti TEMPO LIBERO

28

Il turismo accessibile?

È in Valle Camonica di Chiara Ludovisi CULTURA

30

Arrivano i cartoon nella lingua dei segni di A. P.

31

Un corpo che non vuole obbedire e un viaggio con la sclerosi multipla di A. P.

34

L’autismo e tanto altro in una serie tv coreana di A. P.

35

La musica è finita.

La sordità vista da dentro di A. P.

RUBRICHE

36

Inail... per saperne di più Sembrava la fine,

in realtà era l’inizio

37

Senza barriere Fruizione degli spazi.

Ecco le novità

38

Normative

Legge di bilancio, cosa c’è di nuovo?

39

L’esperto risponde Lavoro, Assicurazioni HASHTAG

40

Hi-tech

Phoenix Instinct, carrozzina intelligente, ha vinto il Toyota Mobility Unlimited Challenge Mondo app

Con Junker la raccolta differenziata dei rifiuti è accessibile anche ai non vedenti

L’insuperabile leggerezza dei social

L’accettazione di sé passa anche da TikTok

41

Il concorso

Sensuability diventa una mostra virtuale Cambiare Orizzonte Caro (s)conosciuto di Andrea Canevaro LA STRIP

42

Fabiola con l’acca Emergenze

SuperAbile Inail

Anno X - numero tre, marzo 2021 Direttore: Antonella Onofri In redazione: Antonella Patete, Michela Trigari, Chiara Ludovisi e Diego Marsicano

Direttore responsabile:

Stefano Trasatti

Art director: Lorenzo Pierfelice Assistenza grafica: Giulio Sansonetti

Hanno collaborato: Laura Badaracchi, Carla Chiaramoni, Dario Paladini e Laura Pasotti di Redattore Sociale;

Andrea Canevaro; Stefania Fusini, Rosanna Giovèdi, Giuseppina Carella e Franco Luigi Meloni della Società coop. sociale integrata Tandem; Alessia Pinzello, Paola Bonomo, Ilaria Cannella, Margherita Caristi, Cristina Cianotti, Francesca Iardino, Monica Marini, Mariella Pedroli e Davide Roccaforte dell’Inail

Editore: Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro

Redazione: SuperAbile Inail c/o agenzia di stampa Redattore Sociale Via degli Etruschi 7 – 00185 Roma E-mail: superabilemagazine@inail.it Stampa: Tipografia Inail Via Boncompagni 41 – 20139 Milano Autorizzazione del Tribunale di Roma numero 45 del 13/2/2012

Un ringraziamento, per averci concesso l’uso delle foto, a Sergio Santinelli (pagg.

8-13), Christian Tasso (pagg. 22-25) In copertina: Beatrice Filippini.

Foto di Sergio Santinelli

MARZO 2021

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SOMMARIO

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NON SOLO FUMETTI

Fabiola con l’acca diventa un audiolibro online

L

a graphic novel Fabiola con l’acca ora è anche un audiobook accessi- bile e gratuito. Il volume, realizzato da Lorenzo Pierfelice, art direc- tor di SuperAbile Inail, trae origine dalle strisce satiriche presenti ogni mese sulla nostra rivista, e oggi è disponibile sulle piattaforme online Spre- aker, Apple Podcast, Spotify, Google Podcasts, Deezer, Castbox, Podcast Ad- dict, Podchaser e JioSaavn. Nuove sfumature e particolari inediti arricchi- scono la vita della protagonista e dei suoi simpatici coinquilini: l’esuberante Nathan Ciro, un giovane con la sindrome di Down, e il fascinoso Nelson, cie- co a causa di una malattia degenerativa. Le voci dei personaggi sono di Ma- rio Loreti e Veronica Cosinelli, entrambi speaker non vedenti, e anche l’Acca- demia Arte nel Cuore ha “prestato” uno dei suoi attori in veste di doppiatore.

SPERIMENTAZIONI Tre protesi robotiche per braccia e mani

N

uovi progressi nel campo delle protesi bioniche di arto supe- riore e delle tecnologie assisti- ve a basso costo. Sono tre i progetti ap- pena partiti presso l’Università Campus bio-medico di Roma, in collaborazione con il Centro protesi Inail di Vigorso di Budrio (Bologna) e con la partecipazio- ne della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Si tratta, in particolare, di “Wifi- Myohand”, che svilupperà una nuova protesi bionica con ritorno sensoriale e sensibilità tattile grazie a un sistema di stimolazione neurale completamente impiantabile e wireless. Poi c’è “Rgm5”, atto a realizzare nuove procedure di chi- rurgia bionica per l’adattamento del cor- po dell’amputato alle protesi più moder- ne e a restituire la propriocezione, ossia la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei muscoli. E infine “3D-Aid”, che darà vita a protesi e ortesi di mano low cost grazie all’uti- lizzo di tecniche avanzate di prototipa-

zione rapida con la stampa in 3D. «L’I- nail è da tempo impegnato nella ricerca di soluzioni innovative in ambito pro- tesico e riabilitativo», afferma Emanue- le Gruppioni, direttore tecnico dell’Area ricerca del Centro protesi. «Attraverso la propria esperienza ha infatti creato un

“network” basato sulla collaborazione fra centri di ricerca, strutture sanitarie e altri enti a beneficio del trasferimen- to tecnologico, con l’obiettivo di influi- re positivamente sulla qualità della vita dei propri assistiti».

DAL PALAZZO

L’identikit di Erika Stefani, neo-ministro per le Disabilità

E

rika Stefani, nata nel 1971 a Val- dagno (Vicenza) è il nuovo mi- nistro per le Disabilità voluto dal neo-presidente del Consiglio Mario Draghi. Avvocata, ex titolare degli Af- fari regionali del primo governo Con- te, durante quell’esperienza si era oc- cupata anche di turismo accessibile.

Ha assicurato che le sue parole d’ordi- ne saranno «ascolto e maggior confron- to possibile con le associazioni che vi- vono quotidianamente la disabilità»

e che sarà il ministro «dell’inclusione e della concertazione». Ma sulla crea- zione di un ministero dedicato i pare- ri delle associazioni non sono unanimi.

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MODENA Baita senza barriere:

e il Cimone è per tutti

S

ull’Appennino modenese, nono- stante il covid, il centro per lo sci adattato del Monte Cimone, rea- lizzato dall’associazione In2thewhite e dalla Fondazione per lo sport Silvia Ri- naldi, ha dato vita a una baita priva di barriere architettoniche. Dotata di un salotto per l’accoglienza degli sciatori disabili, di un bagno adattato e di una stanza per il ricovero delle nuove attrez- zature acquistate dall’associazione, va a colmare un vuoto esistente. Chi frequen- ta il mondo della neve, infatti, sa quan- to sia difficile trovare un posto fruibile da tutti, visti i gradini e i servizi igienici non sempre accessibili. La baita si trova sul piazzale di Passo del Lupo.

PILLOLE

Salute mentale: è nato il tavolo tecnico

Nasce il Tavolo tecnico sulla salute mentale presso il ministero della Salute. Il suo compito sarà quello di predisporre linee guida, di indirizzo e documenti scientifici, compresi gli accordi sanciti con le Regioni, di verificare l’appropriatezza e la qualità dei percorsi di trattamento e riabilitazione dei disturbi mentali e di trovare e superare eventuali criticità nei servizi territoriali.

Ecco l’opuscolo sull’odio contro le persone disabili

L’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori del dipartimento della Pubblica sicurezza ha pubblicato l’opuscolo L’odio contro le persone disabili. Il volumetto contiene elementi utili a tracciare un quadro delle offese, delle umiliazioni e delle forme di discriminazione che colpiscono le persone con disabilità. Lo scopo?

Formare le forze di polizia per cercare di prevenire tali atti o intercettare i comportamenti a rischio.

Istituito il primo Registro dei progetti di vita

Reggio Emilia ha deciso – prima città in Italia – di istituire, presso l’Ufficio di stato civile del Comune, un Registro pubblico dei “Progetti esistenziali di vita delle persone fragili”, destinato a ospitare tutti quei documenti utili a illustrare i desideri e le volontà delle persone disabili. Un progetto pilota nato grazie anche alla collaborazione di Farmacie comunali riunite, Ausl e Fondazione Durante e

ASSOCIAZIONI A Como apre il nuovo centro di riabilitazione

L

associazione La Nostra Fami- glia apre le porte del nuovo cen- tro di riabilitazione di Como. Il centro di via Canturina (11 studi dell’a- rea clinico-sanitaria, 13 box di riabi- litazione, 8 locali dedicati all’autismo e una reception) accoglierà bambini e ragazzi con disabilità neuromotorie e neuropsichiche, ritardi dello svilup- po, disturbi del linguaggio e dell’ap- prendimento, disturbi emozionali e di relazione, disturbi sensoriali com- plessi, in particolare visivi. «Nel vec- chio stabile di proprietà del Comune – le cui caratteristiche non erano più adeguate – lo scorso anno abbiamo ac- colto 570 minori tra bambini e ragaz-

zi», ha spiegato il responsabile opera- tivo Lorenzo Besana. «La presenza di questo nuovo centro vuole essere an- che l’opportunità di innovazione e di nuovi spazi di progettualità per conso- lidare e rilanciare legami forti con al- tre realtà presenti sul territorio, con le scuole e le famiglie», ha commen- tato la direttrice regionale della No- stra Famiglia Francesca Pedretti.

ACCADE CHE...

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IL CONTEST La Smagliante Ada

ha bisogno delle tue idee

D

opo il successo dell’anno scorso, il fumetto che ha per protago- nista una ragazzina con atrofia muscolare spinale lancia un concorso.

Ada stavolta è alle prese con un miste- ro: un nuovo compagno di classe è spa- rito. Come prosegue la storia? Lo deci- deranno gli alunni delle classi quarta e quinta della scuola primaria parteci- pando al contest. Le avventure della SMA- gliante Ada è un progetto dell’associa- zione Famiglie Sma e dei Centri clinici Nemo, con il contributo di Roche Italia.

Il kit del concorso è disponibile su la- smaglianteada.it, mentre il materiale va inviato per e-mail a teamsmagliante@

lasmaglianteada.it. Scadenza: 23 aprile.

SALERNO

Con il menù in Caa andare al ristorante è più bello

I

nsieme si può Sarno, un’asso- ciazione di Salerno di cui fan- no parte Biagio e Giusy Ruoc- co, genitori di un bambino autistico di sei anni, ha creato il menù in Caa per tutti coloro che utilizzano i sim- boli della comunicazione aumenta- tiva e alternativa per facilitare l’in- terazione con gli altri. L’obiettivo è consentire a tutti i bambini con auti- smo di sedersi al ristorante, consul- tare il menù (in cui ci sono anche di- segni e foto) e scegliere. Una sorta di alfabeto di piatti e ingredienti per decidere cosa mangiare in autono- mia. Dopo la gelateria Capricci e Dol- cezze, ora il menù in Caa sarà dona- to anche al fast food Zeppol House.

MILANO

Frutta e ortaggi tra inclusione e lotta agli sprechi

B

rutta fuori ma “Bella dentro”, come il nome della startup milanese che recupera frutta e verdura che per il suo aspetto viene scartata dalla grande distribuzione. E oltre a ridurre lo spreco e sostenere gli agricolto- ri, trasforma parte del raccolto in confetture, succhi o prodotti essiccati grazie a L’Officina di Codogno, nel lodigiano, una cooperativa sociale che dà lavoro a giovani con autismo e ad altre persone in condizioni di svantaggio. Un traguar- do, l’accordo con “Bella dentro”, maturato nel 2020, nel corso della pandemia, e un approccio etico che ha convinto la Fondazione social venture Giordano Dell’Amore a sostenere l’apertura del negozio di Milano. Info: belladentro.org.

AUTISMO

All’Istituto Vaccari valutazione multisensoriale dei bambini

U

na stanza dove i bambini con disturbi dello spettro auti- stico possono auto-compor- re il proprio ambiente scegliendo luci, colori, intensità e frequenza, im- magini e video, suoni, musiche e vi- brazioni, aromi, stimolazioni tatti- li e gustative. Il progetto, realizzato a Roma dall’Istituto Leonarda Vacca- ri, consentirà di effettuare una valu- tazione neuropsicologica compren- siva di tutti i domini cognitivi del bambino, individuando i suoi pun- ti di forza e di debolezza, e di moni- torare il livello di sviluppo delle abi- lità indagate, allo scopo di arrivare quanto prima a una diagnosi precisa.

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di Michela Trigari

L’ARTE DI VIVERE AL FEMMINILE

L’INCHIESTA Essere donna

In occasione dell’8 marzo, storie di donne, disabilità e diritti. La loro è una battaglia fatta di corpo, cuore e anima, capace di essere un esempio per tutti, non solo per chi vive con disagio e difficoltà la propria condizione.

Perché, in fondo, basta

sapersi accettare

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L’importante è puntare sulle proprie risorse

« N

on so se sia una casualità, una questione di fortuna o la bravura di chi mi ha cre- sciuta, ma di difficoltà serie, nella vita, non ne ho mai incontrate. Alcuni pro- blemi sì, certo, ma come tutti d’altron- de». E gli intoppi che deve risolvere più spesso sono quelli di tipo organizzati- vo. Chiara Magaddino, classe 1991, la- vora per i servizi sociali del Comune di Napoli, dove si occupa di reddito di cit- tadinanza. Inoltre è la delegata regio- nale per la Campania dell’associazione Famiglie Sma, la onlus di riferimento per la sua patologia: l’atrofia muscola- re spinale, con una diagnosi ottenuta intorno ai due anni.

In passato ha fatto volontariato all’O- spedale Santobono-Pausilipon, fornen- do supporto psicologico, per le nuove diagnosi di Sma, ai genitori alle prese con la scoperta di questa malattia nei loro piccoli, e ogni tanto collabora con il Centro clinico Nemo – attraverso la Fon- dazione Serenza – facendo soprattutto da cuscinetto tra i pazienti e il perso- nale sanitario e gestendo le attività lu- dico ricreative e gli eventi (ora fermi a causa del covid). «La mia figura nasce per offrire un sostegno concreto e vis- suto, poiché racchiude in sé competen- ze professionali e personali allo stesso tempo, visto che vivo in prima perso- na la disabilità, la carrozzina e l’atrofia muscolare spinale». Laureata in psicolo- gia, ora frequenta un dottorato di ricerca in neuroscienze cognitive presso l’Uni- versità Suor Orsola Benincasa di Napoli, in partnership con l’Università di Edim- burgo. Inoltre le piace viaggiare e scrive- re. Una quotidianità super-impegnata, che lascia poco spazio al tempo libero.

«Bisogna puntare sulle proprie risor- se e sui propri punti di forza per trova- re il proprio posto nel mondo. Io, per esempio, sono una persona di caratte- re: so cosa voglio, a cosa ambisco e non mi lascio guidare facilmente, anche se questo può essere un’arma a doppio ta- glio. Ho bisogno degli altri, ma non di- pendo dagli altri nelle mie scelte e non mi sento in uno status di minus. L’im- magine passiva della persona con disa- bilità non mi appartiene, non è la mia, anche perché la relazione con gli altri dipende moltissimo da come tu stes-

sa la imposti». Una donna determina- ta Chiara, ma anche allegra e sorriden- te. La determinazione, però, un po’ la si ha fin da bambini e un po’ la si acqui- sisce strada facendo.

«Non sempre è stato tutto positivo, i momenti difficili ci sono stati, eccome, così come pure le cadute. Ma impara- re a rialzarsi è frutto dell’accettazione delle proprie fragilità e di una consape- volezza maturata piano piano, nel cor- so degli anni».

Nelle foto: Chiara Magaddino, classe 1991. Lavora per i servizi sociali del Comune di Napoli e fa parte di Famiglie Sma

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L’INCHIESTA Essere donna

danza e alla creatività, ndr – e non vedo l’ora di partecipare alla web radio della mia scuola».

La sua è l’età della spensieratezza e della leggerezza nonostante sia la mag- giore di tre fratelli, con cui però assicura di non litigare mai (o quasi). E sarà per il fatto di essere una gran chiacchiero- na, o per puro caso, ma finora è anda- to tutto bene. «Non ho mai avuto diffi-

Nelle foto: Beatrice Filippini, 18 anni, studentessa, con una grande passione per la fotografia

Mi attraggono i rumori, gli odori e le voci

B

eatrice è appassionata di foto- grafia fin da quando era piccola.

La sua prima mostra, Foto mai viste, risale al 2013, e all’epoca aveva appena dieci anni. Una raccolta di im- magini proposte da un’insolita prota- gonista, una ragazzina non vedente, capace di far vedere al mondo che, ol- tre alle forme e ai colori, c’è molto di più. «Sono i rumori, i suoni, gli odori e le voci ad attrarre me e il mio obietti- vo quando scatto», racconta. Una pas- sione nata durante l’ultimo anno delle elementari. Chiese in regalo una mac- china fotografica ai suoi genitori, ma loro la ritennero una richiesta strana per cui non la assecondarono. Allora la chiese ai suoi compagni di scuola per il suo compleanno: desiderio esaudito.

Le regalarono una “scatoletta” digita- le, non professionale, ma per iniziare andava più che bene. Cominciò così a scattare foto quando andava in giro, in- curiosita non certo da quello che vede- va ma da quello che sentiva, chieden- do poi a mamma e papà di descrivere quanto immortalato. Solo con l’udito

«riusciva a cogliere momenti partico- larissimi che neanche noi avremmo mai pensato», racconta la madre.

Oggi Beatrice Filippini è una loqua- ce studentessa di 18 anni che frequen- ta il liceo linguistico “Veronica Gamba- ra” di Brescia e fa nuoto paralimpico a livello agonistico. «Mi piace molto la pi- scina, ma adoro anche il mare, perché l’acqua mi rilassa e mi fa sentire più li- bera», dice. «E mi piace anche fare teatro con l’associazione Bambini in Braille – di cui fa parte sua madre e che si occu- pa soprattutto di linguaggi non conven-

(11)

G

li scatti in queste pagine sono tratti da Diverrai diamante (diverraidiamante.it), un progetto editoriale del fotografo Sergio Santinelli che sta per diventare un volume fotografico, grazie alla collaborazione di Aspassobike (azienda specializzata nella mobilità ciclabile per persone disabili) e Pot Agency, con il supporto di un crowdfunding, e che verrà presentato il prossimo dicembre a Roma. Parte del ricavato sarà devoluto alla Uildm (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare).

Santinelli, da dove nasce l’idea di questo progetto?

Nella società in cui viviamo, sempre più sessista, narcisista ed egoista, sono in continuo aumento i casi di discriminazione. Due realtà più di altre vivono una condizione non paritaria: le donne e le persone con disabilità.

E se le due situazioni si presentassero contemporaneamente?

Ecco allora l’idea di questo progetto:

raccontare le storie di donne con disabilità.

La loro è una battaglia fatta di corpo, cuore e anima, capace di essere un esempio per tutti, non solo per chi vive con disagio e difficoltà la propria condizione.

Il titolo del libro ha un significato particolare?

Viene da Diamante, una canzone di Levante. Una frase in particolare mi ha ispirato. Dice: «Oltre i sogni infranti, di chi ha perso tanto, troverai il tuo posto, diverrai diamante». Mi sembrano le parole più adatte da dire a tutte quelle persone che fanno fatica a emergere dalla propria solitudine e dal proprio sconforto e che vedono la

propria condizione come una prigione dalla quale è impossibile evadere.

Chi sono le donne ritratte nel volume?

Le donne davanti al mio obiettivo non sono “eroine”, anche se sono forti. Sono donne che, dentro la propria condizione, hanno trovato la chiave di volta della propria vita per esserne finalmente e pienamente protagoniste.

Hanno saputo tirare fuori il meglio da loro stesse per riuscire a

raggiungere la felicità.

Molte lavorano, alcune sono atlete paralimpiche, altre sono modelle o scrittrici. Come diceva don Tonino Bello, sono persone che hanno saputo trasformare le proprie ferite in feritoie.

Si è prefisso uno scopo con Diverrai diamante?

Credo che raccontare storie di resilienza sia per tutti un dovere civico, morale e sociale. Questa

opera fotografica non è, e non vuole essere, di esclusivo appannaggio delle donne e delle persone con disabilità.

È un’opera per tutti.

I diritti delle donne e quelli delle persone disabili devono essere i diritti di tutti, per tornare davvero a parlare di coesione sociale e non più solo di inclusione.

M. T.

Immagini in rosa di chi affronta la quotidianità con determinazione, grinta e coraggio

classe hanno sempre capito le mie dif- ficoltà e mi sono sempre trovata bene a scuola. Uso il pc con la barra Braille per studiare e la sintesi vocale quando utilizzo il cellulare».

Forse le piacerebbe godere di un po’

più di autonomia: «Mio padre e mia madre mi accompagnano dappertut- to, anche se a volte vorrei prendere gli autobus e i taxi da sola. Ma non saprei davvero come fare, visto che sono an- che in carrozzina». Tempo fa i suoi ge- nitori hanno dato vita a “Bea Project”, un progetto nato con l’obiettivo di re- alizzare applicazioni e soluzioni che rendano più semplice la vita a chi ha limitazioni fisiche o sensoriali. Oggi quell’iniziativa è ferma, perché stan- no cercando di capire quale futuro ri- servargli.

E nel futuro di Beatrice invece cosa c’è? «Dopo il diploma penso di iscriver- mi alla facoltà di Lingue: mi piacerebbe diventare insegnante di spagnolo, è il mio sogno. Al momento lo studio occu- pa buona parte delle mie giornate, ma quando sarò all’università conto di or- ganizzarmi meglio per intensificare gli allenamenti di nuoto, continuare a por- tare avanti il teatro e magari aggiunge- re altri nuovi corsi».

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L’INCHIESTA Essere donna

Mi credevo finita, invece sarò mamma

« A

ll’inizio è difficilissimo ac- cettare una condizione che limita di molto. Detto que- sto, devi decidere come vuoi vivere il re- sto della vita che ti rimane davanti. Di- pende da noi il modo in cui accettare una tragedia. Dopo l’incidente stradale, io credevo che la mia esistenza fosse fi- nita: credevo niente più sport e soprat- tutto niente più pallavolo. Poi, inizi a ve- dere altre persone che sono più o meno nella tua stessa condizione e che ce la fanno». Anche Marta Nocent ce l’ha fat- ta. Nata nel 1986 a Marostica, vicino Vi- cenza, ma padovana da sempre, ha pro- seguito gli studi in odontoiatria, si è laureata, ha aperto il suo studio denti-

gno diventerà mamma. Negli ultimi due mesi di riabilitazione all’Ospedale Ni- guarda di Milano ha provato tanti sport, tra cui la scherma: è stato amore alla prima stoccata. Entrata nella Naziona- le paralimpica, ha portato a casa la me- daglia d’argento nella gara a squadre di sciabola femminile ai Mondiali di Roma del 2017 e fino all’anno scorso è stata campionessa italiana di sciabola. Poi si è fermata per via della gravidanza. «In questi anni conciliare il lavoro con gli allenamenti è stato abbastanza com- plesso, ma non mi lamento».

Nel mentre non si è fatta mancare tanti viaggi – negli Stati Uniti, in India, Vietnam, Cambogia e Kenya – e nem- meno un’esperienza di volontariato me- dico sanitario in Burundi all’interno di una missione gestita da alcune suore di Chioggia. «Ho sempre sognato di po- ter conciliare la mia professione con i viaggi. Una volta verificato che l’allog- gio era accessibile e vicino all’ospedale, sono partita con una mia collega e il mio ragazzo. Mi sono dovuta adattare un po’, ma quasi tutto è fattibile. Abbiamo cura- to carie, estratto denti e fatto formazio- ne pratica a un giovane odontoiatra del luogo che ora lavora lì in pianta stabile».

Una donna tenace Marta, che però non nasconde le difficoltà incontrate nella quotidianità e il grande aiuto ri- cevuto per ripartire dopo l’incidente. «La mia famiglia è stata una roccia delle di- mensioni di una montagna, i miei amici sono stati incredibili con quegli aperiti- vi domenicali lì nella sala d’attesa dell’o- spedale di Vicenza, i miei compagni di corso mi hanno sempre portato gli ap- punti delle lezioni e spesso si sono fer- mati a studiare con me: tutte ragioni per cui svegliarsi la mattina. Anche Ever, il mio cagnone nero, è stato fondamentale.

Oggi, che ho fatto della mia autonomia

In alto: Marta Nocent nel suo studio odontoiatrico e con il suo cane

Nella pagina accanto: Marta insieme al compagno Riccardo

(13)

so barriere architettoniche e poca atten- zione da parte della gente nei parcheg- gi riservati alle persone disabili. Ma se trovo un gradino, non faccio la timida e chiedo aiuto al primo che passa». Sul la- voro, invece, tutto bene. «Sono una den- tista privata, per cui i miei pazienti non capitano da me per caso ma mi scelgo- no. Forse sono brava o forse la carrozzina genera una maggiore empatia. Comun- que ho imparato a lavorare abbassando la poltrona del paziente alla mia altez- za e, in fondo, la maggior parte dei den- tisti lavora da seduto».

A volte, però, ha incontrato qualche pregiudizio, magari inconsapevole. «Per esempio, quando ero all’università, la di- rettrice del mio dipartimento, che mi ha aiutata tantissimo nel mio percorso di studi dal punto di vista dell’accessibilità delle aule e dei parcheggi, una volta lau- reata mi ha detto: “Ora ti darai all’inse-

gnamento, immagino”. Non aveva pro- prio preso in considerazione l’idea che potessi fare la dentista nonostante la carrozzina. Anche quando ho deciso di specializzarmi ulteriormente il respon- sabile del mio secondo master univer- sitario mi aveva chiesto se ero sicura di quella scelta. Ha finito con l’affidar- mi un sacco di interventi chirurgici». E alla domanda se è felice, Marta rispon- de così: «Beh, la maggior parte dei gior- ni direi di sì. Poi ci sono alcuni momen- ti in cui l’ombra del “come sarebbe stato”

aleggia su di me e fa calare un velo di tri- stezza. Ma subito realizzo che, carroz- zina o no, nessuno ha una vita perfet- ta e allora capisco che ho raggiunto il mio obiettivo: ossia vivere una vita nor- male».

Racconti di violenza e discriminazioni

Lina pensa che la sua disabilità intellettiva abbia influito sul disinteresse delle forze dell’ordine per l’episodio di violenza subito. Per Lupe, invece, tutto è precipitato quando è stata colpita da un’emorragia cerebrale che le ha provocato una grave limitazione motoria. «In quel momento ho capito che lui mi aveva solo usato:

andavo bene finché lavoravo e lo aiutavo. Adesso non gli servo più a niente». Nell’ambito del progetto

“Disabilità: la discriminazione non si somma, si moltiplica”, promosso dalla Federazione italiana per il superamento dell’handicap e presentato a fine 2020, una parte significativa dell’attività di ricerca è stata dedicata alla raccolta di storie di vita. L’altra parte, invece, si è focalizzata sui dati relativi alle donne disabili che hanno subìto violenza, elaborati nella seconda edizione della ricerca Vera. Tra le quasi 500 donne intervistate, quelle che hanno dichiarato di aver subìto nel corso della propria vita almeno una forma di violenza – fisica, sessuale, psicologica o economica – sono state il 62%. La forma di violenza più ricorrente è l’insulto, la svalutazione e l’umiliazione, che quasi la metà delle donne intervistate ha subìto almeno una volta nella propria vita, seguita dalla molestia sessuale (20,8%), mentre il 18,3% è stata ricattata o le è stato impedito di vedere persone care. Nella quasi totalità dei casi (87%) l’autore è una persona nota alla vittima, con diversi gradi di prossimità che vanno dal familiare all’ex partner, dal conoscente fino al collega. Nelle forme di violenza psicologica l’autore spesso è una donna. In merito al profilo delle vittime, queste hanno prevalentemente un’età compresa tra i 31 e i 60 anni, una disabilità motoria, un titolo di studio medio-alto, sono occupate per il 38%

dei casi, per la metà sono nubili e il 39%, ha figli. Altro dato interessante: le donne disabili che hanno reagito di fronte alle violenze subite sono il 46%, circa dieci punti in più rispetto a quanto rilevato dalla precedente ricerca. M. T.

Fine articolo.

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Nata e cresciuta tra paglia, fieno e l’Ippodromo di Milano, è stata una dei primi fantini donna in Italia. Poi un incidente le ha cambiato la vita, ma lei non ha abbandonato quel mondo competitivo che tanto le piace e che l’ha salvata.

Oggi è un’imprenditrice affermata, titolare della scuderia Arienti in cui lavorano anche il figlio e il marito

INSUPERABILI Intervista a Marinella Arienti

di Dario Paladini

NON CAVALCO PIÙ, ORA PERÒ ALLENO

I

l rumore sordo degli zoccoli sulla pista, i muscoli tesi dei cavalli lan- ciati al galoppo, le criniere al vento, l’agilità dei fantini. E poi l’odore di pa- glia delle scuderie, i grandi occhi scuri di questi quadrupedi, le sfumature del loro manto. Ha un fascino indiscutibile l’Ippodromo di San Siro a Milano, con l’architettura delle scuderie che ricorda i cottage inglesi, con gli alti tetti spio- venti, i fienili al primo piano e i box per i cavalli al piano terra. C’è poi la passio- ne che sprizza dalle donne e dagli uomi- ni che lo animano, con ruoli e mansio- ni dai nomi che sembrano d’altri tempi:

gli artieri (coloro che curano ogni gior- no il cavallo nutrendolo, spazzolandolo, pulendo il box), le amazzoni e i gentle- man (chi ogni giorno cavalca i caval- li per tenerli in forma), i maniscalchi (con il loro pesante grembiule in pelle), i fantini (piccoli e leggeri) e gli allena- tori. Marinella Arienti in questo mon- do ci è nata e cresciuta. Il suo papà, Lu- igi, era un allenatore di cavalli da corsa.

E lei che strada ha intrapreso?

Sono diventata fantina a 18 anni, nel 1982. Prima di me solo altre tre donne avevano intrapreso questa strada, con- seguendo la licenza che viene rilascia- ta dal ministero per le Politiche agri- cole. Fino al 2006 ho corso e vinto, sia come fantina che come proprietaria di

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Poi cos’è successo?

C’è stato l’incidente che mi ha cam- biato la vita: il portellone ribaltabile del rimorchio su cui trasportavo un mio ca- vallo mi è caduto addosso, fratturando- mi una vertebra con lesione del midollo.

Sono iniziati per me due anni di soffe- renze, dolori, ricoveri in ospedali e ope- razioni chirurgiche. Ci sono stati mo- menti in cui volevo farla finita.

Ma ha deciso di tornare nel mon- do dell’ippica...

Ho fatto il corso per diventare alle- natrice di cavalli. La prima donna di- sabile in Italia e in Europa a ottenere la licenza. Al ministero per le Politiche agricole all’inizio avevano qualche dub- bio sul fatto che potessi allenare un ca- vallo: più che altro obiettavano che non ero in grado di sellarlo, ma il problema è stato presto superato perché la sellatura

è anche un compito dell’artiere. L’abilità dell’allenatore, del resto, è più di testa che fisica: l’allenatore è quello che pro- gramma e dirige la crescita tecnica di un cavallo da corsa. Nelle scuderie i ca- valli entrano puledri e ne escono poten- ziali campioni. C’è la fase iniziale della

“doma”, in cui il puledro si abitua alla sella e a essere cavalcato da un uomo, e poi c’è la fase in cui deve sviluppare muscolatura e fiato. Un lavoro delicato:

il cavallo non deve mai essere indotto a fare sforzi maggiori delle sue capacità.

Nel nostro ambiente si dice che ci vo- gliono mesi per fare un campione e un attimo per rovinare tutto.

Oggi chi è Marinella Arienti?

Sono un’imprenditrice. Nella scu- deria Arienti lavorano una decina di persone, mio figlio e mio marito com- presi: gestiamo una decina di cavalli.

Tutto questo mi ha salvata. È un am- biente molto competitivo, ma anche per questo mi piace. È anche un luogo mol- to bello, con tanto verde e tanti animali, tra cui fagiani, scoiattoli, lepri.

Qual è la sua giornata tipo?

Ogni giorno arrivo in scuderia alle sette del mattino. La giornata vola, tra gli allenamenti e i contatti con i forni- tori. E poi devo continuamente tenere i rapporti con i proprietari dei caval- li: hanno investito un bel po’ di soldi e un po’ scalpitano anche loro perché i loro campioni partecipino alle gare.

Ma spetta a me decidere quando sono in grado di farlo.

Progetti per il futuro?

Andare avanti, anche se il futuro è un po’ incerto. Nell’ottobre scorso, dopo mesi di trattativa e tensioni, le 38 scu- derie dell’Ippodromo di San Siro han- no firmato il nuovo contratto di affitto

«Sono stata la prima

donna disabile in Italia

e in Europa a ottenere la licenza per allenare cavalli

da corsa»

con la proprietà dell’area e degli im- pianti, la Snaitech. Un contratto trien- nale, nel quale la società ha la facoltà di recesso se si verifica un cambio di destinazione d’uso degli immobili o dei terreni per l’allenamento. Anche se sull’Ippodromo, sulle scuderie e sulle piste di allenamento c’è un vincolo del- la Soprintendenza per i beni e le atti- vità culturali della Lombardia, il timo- re è che prima o poi venga smantellato tutto perché l’area è molto appetibile.

La Snaitech, però, ha sempre assicurato che non vuole fare speculazioni immo- biliari. C’è tanta storia in queste scude- rie. E la mia speranza è che questa sto- ria continui.

Fine articolo.

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CRONACHE ITALIANE/1 Torino

di Laura Badaracchi

Partiti con zero budget e nessun investitore, i distributori automatici dell’impresa fondata dal sacerdote Andrea Bonsignori decollano in uffici e ospedali. Con un rilancio nel periodo della pandemia e tante nuove assunzioni in vista

Partito con «zero budget e nessun in- vestitore», il progetto dei minibar h24 decolla in ospedali e uffici, impiegan- do anche persone normodotate. Così nel 2015 viene assunto Gennaro, 55enne esodato, operaio specializzato alla gui- da del furgone e tecnico capace di risol- vere qualunque tipo di problema. Lui, e altri dopo di lui, affiancheranno i ra- gazzi nel lavoro: approvvigionamento, rifornimento, manutenzione e rendi- conto. Andando oltre l’etichetta di im- presa sociale: piuttosto, una società che sta sul mercato come le altre e si afferma per l’estetica accattivante delle macchi- ne, la qualità dei prodotti, l’affidabilità degli addetti. «Assumo i migliori carica- tori sul mercato per competenze e meti- colosità», assicura il sacerdote.

«L’obiettivo è fare una cosa bella, che si sostiene da sola e che può esaltare la professionalità dei ragazzi. Che hanno diritti e doveri come tutti gli altri e non meritano favori. Basta con la solita cul- tura in cui il sociale è il mondo di chi fa le cose chiudendo un occhio e con la benevolenza di chi gli sta intorno, il

Pausa caffè.

Ma con gusto

Nelle foto: i giovani di Chicco Cotto al lavoro

ci sono favori. Qui non si fanno le cose perché si è poverini. Ma riconoscendo la dignità di una persona che merita la sua autonomia e che non deve passare il tempo o essere tenuta a bada», scrive il giornalista economico Marco Ferran- do nel volume Il coraggio di essere ugua- li, che ripercorre la nascita e lo svilup- po di Chicco Cotto. «Finora non solo ha funzionato, ma addirittura ha attirato capitali e pone nei fatti di fronte a un trampolino, dove non tutti possono es- sere in grado di saltare. È il grande tuf- fo, il grande salto nel mare dell’ordina- rietà, del voler essere realmente uguali».

Ma in una prospettiva completamente rovesciata, spiega don Bonsignori: «I

“normali” dovrebbero avere il coraggio di sentirsi uguali e non superiori, chioc- ce dei ragazzi con disabilità».

L

o ripete come un mantra e con un pizzico di orgoglio: «Siamo un’azienda come tutte le altre. E vinciamo gli appalti perché i nostri di- pendenti sono bravi, non perché hanno una disabilità. Non siamo noi a sceglie- re un’attività per i ragazzi, ma guardia- mo quali sono le loro capacità e poi le sviluppiamo. Quando abbiamo detto che avremmo messo in piedi una ditta di vending con il 90% di handicappati, il commento più affettuoso fu: “Fallirete in men che non si dica”. A dirlo era un concorrente, a cui, anni dopo, avremmo comprato le macchine alla sua asta fal- limentare».

Sacerdote, dal 2006 direttore della Scuola Cottolengo di Torino e da set- tembre 2019 direttore generale delle do- dici Scuole Cottolengo sparse per l’Ita- lia, don Andrea Bonsignori non ha peli sulla lingua nel raccontare le vicende di Chicco Cotto (breakcotto.it), cooperati- va sociale da lui fondata che ha mosso i primi passi nel 2010 all’Istituto Cotto- lengo del capoluogo piemontese e oggi gestisce un’ampia rete di distributori automatici di caffè, snack, panini e be- vande. «L’idea mi è venuta guardando, in una struttura di riabilitazione, alcu- ni ragazzi con autismo che raccoglieva- no cartacce nei cestini e le ripiegavano con cura, in ordine perfetto. Ho pensa- to che potevano farlo anche mettendo in fila pacchetti di biscotti e patatine».

Così il vulcanico don Andrea, clas- se 1974, laureato in Pedagogia, decide di comprare due macchinette per la sala relax della scuola paritaria, una di be- vande calde, l’altra di merendine e pa- nini. Giuseppe è il primo ragazzo con autismo coinvolto nel progetto scuo- la-lavoro, impegnato nelle ricariche:

«Quando ha compiuto 18 anni, ha vo- luto il logo della cooperativa sulla tor-

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Fino al 2020 Chicco Cotto veleg- giava su un bilancio di circa 900mila euro, 50 “negozi” e una trentina di di- pendenti fra Piemonte, Arezzo e San Marino. La pandemia, però, ha frenato i consumi del 40% a causa della chiu- sura di scuole, biblioteche, aziende, uf- fici: unica eccezione i distributori del caldo e del freddo installati negli ospe- dali. «I nostri dipendenti in cassa inte- grazione volevano tornare a lavorare», confida il sacerdote. «Ma la crisi è la mi- gliore delle possibilità: da qualche mese abbiamo un gruppo partner, Your Best Break di Ivs Italia, colosso presente in molti luoghi, come per esempio nelle

stazioni ferroviarie e nelle metropolita- ne. Quindi le nostre macchinette ora si chiamano BreakCotto. Ed entro il 2021 puntiamo ad avere un centinaio di nuo- vi occupati», assicura don Andrea. Nel gruppo di lavoratori e lavoratrici con va- rie disabilità – dalla sindrome di Down alla tetraplegia, dall’autismo al ritardo mentale – la mansione «viene cucita ad- dosso alla bravura e alle qualità; la per- sona viene valutata con una visita con- giunta da un medico del lavoro e da un neuropsichiatra. C’è chi può lavorare due ore al giorno e chi otto, in base alle sue caratteristiche», dice il sacerdote, che ha “tradotto” per loro, con un’agen-

S’intitola “Il coraggio di essere uguali. L’impresa diversamente automatica di Chicco Cotto”.

Il volume è scritto da don Andrea Bonsignori con Marco Ferrando, caporedattore a Il Sole 24 Ore, e pubblicato da Edizioni Terra Santa (128 pagine, 14 euro).

Nella prefazione il giornalista Gian Antonio Stella snocciola una serie di progetti e imprese che vedono protagonisti sul mer- cato giovani con varie disabilità, impiegati per le loro specifiche competenze e sicuramente

«non per spirito di carità».

da visiva a vignette, il corso di sicurez- za sul lavoro frequentato da lui e da un educatore. «Lo decliniamo in modo di- verso, con il linguaggio giusto. Ma ba- sta con il buonismo e lo stereotipo della cooperativa sfigata, per favore. I ragazzi superano un colloquio, lavorano con di- gnità e bravura, sono stipendiati, esco- no con i colleghi, si emancipano a vol- te da genitori iperprotettivi e timorosi che i figli non siano all’altezza». Inve- ce scoprono insieme una straordinaria normalità.

Fine articolo.

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CRONACHE ITALIANE/2 Taranto

di Carla Chiaramoni

In Puglia l’abbandono scolastico si combatte

con i laboratori del progetto

“Rob.in”. E sono proprio i ragazzi con bisogni educativi speciali a beneficiarne di più

A scuola

di inclusione con la robotica

A

differenza dei computer che uti- lizzano come base delle proprie informazioni un sistema bina- rio – 1 o 2, sì o no, acceso o spento –, i ro- bot agiscono nel mondo reale attraver- so sensori che devono essere elaborati e pensati tenendo conto di variabili ester- ne articolate. In altre parole se per i pri- mi il mondo è in bianco e nero, i secon- di vivono di grigi. Imparare a costruirli e a programmarli richiede logica, creati- vità e osservazione, perché obbliga a en- trare in relazione con una complessità che bisogna capire e gestire. Nello stes- so tempo insegna a lavorare in gruppo, a condividere, a rispettarsi e a rispetta- re le regole. Stiamo parlando di roboti- ca educativa, che è il cuore di “Rob.in”

(acronimo di Robotica educativa inclusi- va per minori con bisogni educativi spe- ciali), progetto che, in Puglia, cerca una risposta all’abbandono scolastico attra- verso un’alleanza educativa tra famiglie, associazioni e scuola e grazie all’utiliz- zo di modalità didattiche che coniuga- no innovazione e inclusione.

L’applicazione di elementi di robotica

per facilitare l’apprendimento di mate- rie scientifiche, come fisica o matema- tica (ma anche inglese), è la novità di questo progetto, selezionato dall’impre- sa sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà edu- cativa minorile. Coinvolge i comuni di Cerignola, San Giovanni Rotondo e Ta- ranto (Città vecchia) e punta, tra l’altro, a implementare una rete regionale di laboratori sociali, in forma di FabLab, composta da enti privati e pubblici, in cui minori a rischio di povertà educati-

ciali possano trovare sostegno e nuovi stimoli all’apprendimento.

Fanno parte della rete che dà vita al progetto Escoop (European social coo- perative), Associazione europea solida- le onlus, Cantieri di innovazione socia- le, Enea-Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo econo- mico sostenibile; ma anche Iress, Naps Lab, il Comune di Cerignola e tre scuole, una per ogni comune coinvolto: istitu- to comprensivo “Melchionda-De Bonis”

di San Giovanni Rotondo, istituto pro-

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Le scelte compromesse degli adolescenti

I

n Italia vivono quattro milioni di ragazzi tra gli 11 e i 17 anni che frequentano le scuole medie e le superiori, quasi la metà dei minori residenti nel Paese (42%). È un’età di passaggio e di scelte, molte delle quali daranno un preciso indirizzo al loro futuro, a partire dal percorso di studi.

Secondo il report nazionale Scelte compromesse. Gli adolescenti in Italia, tra diritto alla scelta e povertà educativa minorile, realizzato dall’Osservatorio

#conibambini e promosso da Openpolis e Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, è il periodo della vita in cui i divari, troppo spesso collegati con l’origine sociale, pesano di più nella scelta di lasciare gli studi. «L’abbandono scolastico prima del tempo, più frequente dove ci sono fragilità sociali, è l’emblema di un diritto alla scelta che è stato compromesso», si legge nel report. Secondo gli osservatori, «i divari educativi dipendono anche dalla condizione di partenza»: chi ha alle spalle una famiglia con status socio- economico-culturale alto, nel 54% dei casi raggiunge risultati buoni o ottimi nelle prove d’italiano, mentre per i loro coetanei più svantaggiati il risultato è insufficiente. Inoltre due terzi dei figli con entrambi i genitori senza diploma non si diplomano a loro volta.

to comprensivo “Don Bosco Battisti” di Cerignola.

L’emergenza sanitaria legata alla pandemia da covid-19 ha complicato l’avvio del progetto, che è partito «a macchia di leopardo», come spiega Mar- co Sbarra, direttore di Escoop: c’è la con- sapevolezza che sarà necessario rimodu- lare il percorso per recuperare il tempo perduto e affiancare ragazzi e docenti con tutti gli strumenti programmati. A Taranto l’attività laboratoriale è partita a novembre, e appena le condizioni sa- nitarie lo consentiranno, si avvieranno anche quelle degli altri due comuni. A regime i ragazzi coinvolti nel triennio

saranno circa 700 dell’ultimo anno del- le scuole medie e dei primi due delle su- periori, con una media di 250 ragazzi a comune. In questa prima fase complica- ta dal virus, il sostegno si è concentra- to soprattutto sull’ascolto dei bisogni di scuola e famiglia e in un aiuto concre- to nell’organizzazione della didattica a distanza. Nel 2021, anno che si è aper- to tra molte incertezze, dovrebbe parti- re anche la formazione dei docenti con l’Enea.

Il lavoro legato più strettamente alla robotica è particolarmente significati- vo per i ragazzi con bisogni educativi speciali, come spiega Andrea Zanela, ricercatore Enea. La robotica educati- va è legata, tra l’altro, alla creatività e alla fantasia e permette di far emerge- re qualità e talenti che altrimenti, nelle normali attività scolastiche, rimangono sottaciuti. Quando si entra in un con- testo creativo, in cui tutti devono fare qualcosa e ognuno è titolare di un pas- saggio del lavoro complessivo, il lavora- re insieme e l’aiuto reciproco concorro- no nel compensare i deficit.

I campi di applicazione del progetto di robotica sono molti, come anche le competenze da apprendere e applicare.

Ad esempio, per far segnare un gol al ro- bot in una gara di calcio, dribblando al- tri robot, occorre apprendere elementi di fisica e risolvere equazioni di matema- tica, capire l’inglese e altro ancora. In- somma studiare, seppur in modo nuovo.

C’è poi un aspetto altrettanto im- portante del percorso formativo, che è quello della competizione finale, uno dei risultati a cui tende la stessa attivi- tà laboratoriale: la sfida tra squadre di ragazzi formati nei progetti di robotica è una grande motivazione, ma al tem- po stesso insegna a gareggiare stando nelle regole, a collaborare e scambiarsi emozioni e saperi.

Fine articolo.

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SOTTO LA LENTE Affettività e sessualità

Parte nel Lazio un Forum basato sul presupposto che le persone disabili non sono asessuate. Finora sono circa una quarantina le realtà che hanno dato la propria adesione.

E alla Asl di Rieti nasce uno sportello di ascolto

Più che amici.

Come parlare

di sesso e perché

S

e non è l’ultima barriera da abbat- tere, è sicuramente una tra le più resistenti. E malgrado qualche spo- radica incursione nel dibattito pubblico, la verità è inconfutabile: la sessualità delle persone con disabilità rimane un tema tabù, di cui nelle famiglie e nella società più allargata si continua a non parlare. Per questo, la nascita del “Forum permanente sulla sessualità delle perso- ne con disabilità o con disagio mentale” a opera di una quarantina di diverse realtà laziali va festeggiata decisamente come un passo avanti.

«Nel 2018, all’interno della manifesta- zione “Rieti città senza barriere”, si è te- nuto un seminario in cui, per la prima volta, si affrontava il tema della sessua- lità per le persone disabili», racconta Pa- ola Mariangeli, operatrice della sede del Centro di servizio per il volontariato di Rieti, che è stato tra i promotori del Fo- rum. «Ma la sorpresa», precisa l’operatri- di Antonella Patete

tre 200 partecipanti. E ora, attraverso il Forum, cerchiamo di dare una risposta alle tante famiglie che ci hanno chiesto di non lasciarle sole».

Il compito principale del Forum, per- tanto, è proprio quello di combattere le tante resistenze e remore legate alla sfe- ra affettiva (e non solo) delle persone di- sabili, considerate ancora oggi, in trop- pi casi, come asessuate. «Un pregiudizio, quest’ultimo, condiviso dagli stessi fa- miliari, che spesso sono i primi a non comprendere che le persone con disabi- lità possono avere una sessualità appa- gante», precisa Mariangeli. Scopo del Fo- rum è però anche quello di costruire una rete tra le realtà che lavorano sul tema o che ne riconoscono la centralità. E che fortunatamente diventano sempre più numerose.

Anzi, proprio a metà febbraio, la cit- tà di Rieti si è arricchita di un centro

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Più che amici.

Come parlare

di sesso e perché

aiuto alle persone disabili e alle loro fa- miglie. «Il progetto, avviato a metà dello scorso gennaio, è rivolto a familiari, ca- regiver e operatori per supportarli con- cretamente nell’obiettivo di accrescere l’autonomia di quanti hanno una disa- bilità», spiega Serena Nobili, la psicologa della Asl che di questo sportello rappre- senta la responsabile e la promotrice. «La sessualità», chiarisce, «non rappresenta soltanto una strategia di piacere, ma an- che una modalità di relazione con gli al- tri, che comincia nell’infanzia, prosegue nell’adolescenza e arriva fino all’età adul- ta. Eppure c’è molto imbarazzo a parlare di questo argomento anche da parte dei genitori rispetto ai propri figli. Una re- ticenza che non fa altro che creare una barriera tra sé e gli altri».

Ed è proprio il progetto sull’affettivi- tà e la sessualità delle persone disabili della Asl reatina il primo a dover fare i conti con questa reticenza. «Il progetto è nato su sollecitazione dell’Atev di Rie- ti, un’associazione che si occupa di disa- bilità in età evolutiva», sottolinea la psi- cologa. «Ma attualmente siamo ancora in una fase di approccio. In questo mo- mento il primo passo da compiere è pro- prio quello di far capire alle famiglie che si tratta di un argomento di cui si può e si deve parlare». Così, in queste setti-

mane si stanno promuovendo incontri e momenti di confronto all’interno del- le associazioni per far capire ai diretti interessati l’importanza di questo tema.

Poi, in un secondo tempo, saranno offer- ti percorsi di consulenza e orientamen- to personalizzati volti a favorire l’auto- determinazione sulla sfera sessuale e affettiva, senza naturalmente ignorare i limiti imposti dalla disabilità di ognuno.

Fondamentale in questo senso una reale educazione alla sessualità al fine di cono- scere il proprio corpo per diminuire an- sia e imbarazzo, migliorando la capacità di entrare in relazione con l’altro. E, infi- ne, saranno attuati progetti di educazio- ne socioaffettiva all’interno delle scuo- le perché a volte è proprio nelle aule che si pongono i pilastri fondamentali per la vita adulta. Info: comunicazionecsv@

csvlazio.org per il Forum e serena.nobi- li@asl.rieti.it per lo sportello di ascolto.

Nelle foto in queste pagine:

l’inaugurazione dello spazio d’ascolto dedicato all’affettività e alla sessualità della Asl di Rieti, alla presenza del locale Centro di servizio per il volontariato e di alcune associazioni del territorio, tra cui l’Atev, che è stata tra le prime a sollecitare l’apertura dello sportello da parte dell’Azienda sanitaria locale

Lgbt, il Progetto Arcobaleno dell’Uici

N

ato all’interno dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti (Uici) tra il 2016 e il 2017, il Progetto Arcobaleno intende creare un luogo di supporto e di confronto per le persone lgbt. «La Uici vanta molti gruppi che si occupano di tematiche differenti, ma non esisteva ancora una realtà in grado di coniugare la disabilità visiva con il cosiddetto diverso orientamento sessuale», racconta Marika Giori, 44 anni, traduttrice, che, insieme a Flavio Lucchini, ha dato vita all’iniziativa.

Così oggi il Progetto Arcobaleno offre una sala telefonica dove, ogni mercoledì sera dalle 21.00 alle 23.00, le persone lgbt possono confrontarsi e dialogare sui vari temi senza timore di giudizio e un gruppo Whatsapp che, col tempo, ha soppiantato la vecchia mailing list. «Vogliamo che le persone trovino una sorta di salotto dove si sentano davvero libere», prosegue l’attivista. «Il progetto intende essere non un punto di arrivo, ma piuttosto un punto di partenza, che aiuti ciascuno a spiccare il volo per vivere la propria vita come meglio crede». Finora il Progetto Arcobaleno ha raggiunto una ventina di persone, tra cui uno zoccolo duro di circa dieci partecipanti, dai 30 anni in su e provenienti da tutta Italia. «Si tratta di persone dai percorsi molto eterogenei», chiarisce Marika, che ha una compagna da dieci anni.

«Alcuni hanno già fatto un percorso, altri sono solo all’inizio, il ventaglio delle esperienze è davvero vasto». Per info: marika.giori@gmail.com oppure flavio.at67@gmail.com.

Fine articolo.

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«All’inizio del viaggio che racconto nel volume

“Nessuno escluso”, edito da Contrasto, mi sono

interrogato fortemente sulla bellezza. La bellezza che ho cercato si compone di imperfezione come elemento caratterizzante l’unicità di un soggetto. Quello che era il comune denominatore di questo progetto, fotografare la disabilità tout court,

in fondo non ha avuto un ruolo. Piuttosto è stato un percorso alla scoperta di un mondo che non ha divisioni e che non vede due universi.

Mi sono ritrovato in villaggi sperduti, dove la diversità non veniva percepita. Non è sempre così: in molte situazioni la violazione dei diritti umani è una costante.

Ma io ho voluto cercare storie positive perché credo che al mondo servano

esempi da prendere come riferimento. Nessuno è escluso laddove ha il suo ruolo nella comunità.

Nessuno è escluso agli occhi di chi sa guardare».

Christian Tasso

Nessuno escluso

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Christian Tasso, classe 1986, è un fotografo indipendente specializzato in tematiche sociali e antropologiche. Nel 2011 ha vinto, con il suo lavoro sul popolo Saharawi, il premio internazionale The Aftermath Project.

Nel 2013 il Museo d’arte moderna, dell’informazione e della fotografia gli ha conferito il premio Fotoreporter dell’anno. Con i suoi lavori è stato finalista in numerosi concorsi internazionali, tra cui il premio Ponchielli e Ojo de Pez. Collabora con numerosi periodici e case editrici italiane e straniere. Il volume Nessuno escluso è il frutto di un progetto cominciato nel 2009 con un viaggio intorno al mondo. Quattordici tra le immagini pubblicate nel libro verranno rese accessibili a persone cieche e ipovedenti attraverso audio-descrizione e paesaggio sonoro.

Un testo semplificato, poi, agevolerà la comprensione a chi ha difficoltà linguistiche o cognitive. Tutto ciò sarà disponibile sul sito web della casa editrice contrastobooks.com.

Nella pagina a fianco: in alto, Nairobi, Kenya, 2017.

«Sono quella che viene chiamata una

“self-advocate”, e sono appena tornata dall’Irlanda, dove ho potuto continuare a studiare le leggi internazionali per i diritti delle persone con disabilità»; sotto:

Monti Niligiri, India, 2017. «Viviamo nell’ultimo villaggio della tribù Toda. Siamo noi che dobbiamo preservare il nostro modo di vivere tradizionale».

Qui a sinistra:

Narok, Kenya, 2017.

«Siamo una grande famiglia, e da noi c’è spazio per tutti.

Certo, la vita nella savana è difficile, i tanti cambiamenti degli ultimi tempi ci spingono a modificare radicalmente il nostro stile di vita.

Ma insieme ce la faremo».

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A fianco: Manzanillo, Cuba, 2016. «Ogni giorno vado in mare».

Sotto: a sinistra Mumbai, India, 2017.

«Mi piace la stagione delle piogge»; a destra Penipe, Ecuador, 2015.

«Per raggiungere la nostra casa dobbiamo camminare per più di un’ora, ma insieme il tempo passa molto veloce».

Nessuno escluso

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In alto: a sinistra Provincia del Hôvsgôl, Mongolia, 2017.

«I tempi stanno cambiando, non siamo più nomadi ma mi piace vivere qui, lontano dalla città, come ho vissuto per tutta la mia vita»;

a destra Trinidad, Cuba, 2016. «Posso sentire le parti della macchina e capire i problemi dei motori solo ascoltando i loro suoni. Questo mi aiuta a realizzare un buon lavoro».

A fianco: Kampong Cham, Cambogia, 2016. «Mio figlio crescerà a casa sua, nella sua comunità».

Per tutte le immagini del portfolio:

© Christian Tasso

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