Tribunale di Verona – Sentenza 24.10.2013 (Composizione monocratica - Giudice LANNI)
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI VERONA Sezione I
SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Civile e Penale in composizione monocratica nella persona del dott. Pier Paolo Lanni,
visti gli atti e le conclusioni formulate dalle parti in udienza ; preso atto della discussione della causa;
considerato in fatto e in diritto che:
- con ricorso ex art. 10 D.L.vo n. 150/11 depositato il 13/6/12 (che si richiama per relationem), R.R. ha convenuto in giudizio la B.P. S.c.ar.l., deducendo che: il 13/12/11 quale possessore di obbligazioni della società convenuta, aveva inviato a quest’ultima una lettere contente la richiesta di trascrizione di alcune domande nel verbale dell’assemblea del 19/12/11; tale lettera, con gli allegati (copia della carta di identità e del certificato relativo alla qualità di obbligazionista) era stata allegata al verbale dell’assemblea del 19/12/11, poi pubblicato su numerosi siti web e quindi reso accessibile a tutti;
- in particolare, il ricorrente, lamentando l’indebita pubblicazione dei propri dati personali, ha chiesto la condanna della convenuta: 1) al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti per la violazione del diritto alla privacy; 2) alla cancellazione dei
propri dati personali dai verbali pubblicati; 3) alla pubblicazione di un comunicato stampa;
- con comparsa depositata il 21/12/12 (anch’essa richiamata per relationem), si è costituita in giudizio l’opposta ed ha chiesto il rigetto dell’opposizione e della domanda riconvenzionale;
- orbene, può ritenersi pacifica tra le parti la circostanza che: a) per circa tre mesi i verbali dell’assemblea del 19/12/11 pubblicati sui siti web indicati nel ricorso introduttivo, includevano in allegato copia del documento di identità e del certificato di obbligazionista del ricorrente, da cui risultavano tutte le generalità anagrafiche e i dettagli del conto titoli della parte; b) dopo circa tre mesi dalla pubblicazione sono state eliminate dalla copia del verbale pubblicata la copia del documento di identità e la copia del certificato di obbligazionista del ricorrente, mentre è rimasta pubblicata in allegato la copia della lettera del ricorrente, da cui risultano il suo indirizzo e-mail ed il suo indirizzo di residenza;
- i dati anagrafici, l’indirizzo e-mail ed i dettagli del conto titoli di una persona fisica possono essere considerati “dati identificativi” ai sensi dell’art. 4 del D.L.vo n. 196/03 e quindi rientrano nel “diritto alla protezione” previsto dall’art. 1 del medesimo D.L.vo, con la conseguenza che deve ritenersi illecita la loro diffusione, in mancanza del consenso del titolare o comunque (qualora i dati siano inseriti in atti destinati alla pubblicazione) in assenza di una giustificazione di necessaria strumentalità rispetto alla finalità dell’atto da cui risultino;
- nella fattispecie in esame non risulta il consenso dell’interessato (non potendosi ritenere sufficiente in questa prospettiva la richiesta dell’obbligazionista di trascrizione delle
proprie domande) né è ravvisabile la necessarietà dei dati su indicati rispetto alle finalità del verbale di assemblea (riguardando la verifica delle generalità dell’obbligazionista i meccanismi interni dell’assemblea, non destinati alla divulgazione);
- ne consegue che, ai sensi dell’art. 11 del D.L.vo n. 196/03, deve ritenersi illecita la pubblicazione dei dati del ricorrente su indicati, avvenuta per tre mesi, e la persistente pubblicazione del suo indirizzo anagrafico e del suo indirizzo e-mail;
- pertanto, deve giudicarsi fondata e va accolta la domanda di condanna all’oscuramento di tali dati;
- per quanto riguarda, invece, le conseguenze pregiudizievoli della lesione del diritto del ricorrente alla protezione dei dati personali, può ritenersi superata la soglia minima di tollerabilità dell’offesa, necessaria per il riconoscimento del danno non patrimoniale (v. Cass. SU n. 26972/08), tenuto conto della protrazione del tempo della pubblicazione, nonostante l’immediata reazione e le plurime richieste di cancellazione del ricorrente;
- può quindi essere riconosciuto il diritto del ricorrente al risarcimento del danno non patrimoniale ai sensi dell’art. 15 D.L.vo n. 196/03;
- in particolare, tale danno deve essere liquidato in via equitativa, calibrando l’equità sui precedenti giurisprudenziali (secondo la nozione di equità delineata da Cass. n. 12408/11);
- in questa prospettiva va rilevato che i precedenti editi a livello nazionale in materia di violazione del diritto alla privacy consentono di individuare un range di liquidazione da poche centinaia di Euro fino a trentamila Euro (dovendosi considerare
extra ordinem, per l’eccezionalità della fattispecie, il caso esaminato da Trib. Milano 3/9/13, in Danno e responsabilità, 3/13);
- nella fattispecie in esame, ai fini della liquidazione assumono rilievo, per un verso, il fatto che i dati pubblicati sono identificativi e non “sensibili” (e quindi meno rilevanti) ed il fatto che alcuni di essi (ad esempio l’indirizzo di residenza) sono comunque agevolmente reperibili da terzi, e, per altro verso, il fatto che la pubblicazione si è protratta per un apprezzabile lasso di tempo, nonostante le richieste tempestive e reiterate del ricorrente;
- tenuto conto di tali rilievi il danno alla privacy subito dal ricorrente può essere liquidato nella somma complessiva di € 7.500 (già comprensiva di interessi e rivalutazione);
- la domanda risarcitoria può quindi essere accolta nei termini appena esposti;
- non può essere accolta, invece, la domanda di pubblicazione di un comunicato sull’accaduto, posto che non e’ ravvisabile alcun interesse del ricorrente a tale pubblicazione e comunque essa non risponderebbe ad alcuna finalità risarcitoria;
- le spese di lite seguono la soccombenza e vanno quindi poste carico della resistente, nella misura liquidata in dispositivo secondo i parametri previsti dal DM n. 140/12 (in rapporto al valore per cui è stata accolta la domanda di pagamento);
P.Q.M.
definitivamente pronunciando:
1. accoglie le domande dell’attore nei termini di cui in motivazione e quindi: a) condanna B.P. S.c.ar.l. ad oscurare l’indirizzo di residenza e l’indirizzo e-mail dell’attore dal verbale
dell’assemblea del 19/12/11 e dai relativi allegati come pubblicato sui siti web teleborsa.it, borsfirstonline.info, bancopopolare.it, borsaitalia.it; b) condanna la B.P. S.c.ar.l. a pagare in favore di R.R. la somma di € 7.500, oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo;
2. condanna la B.P. S.c.ar.l. a rimborsare a R.R. le spese di lite che liquida in complessivi € 2250, di cui € 250 per spese, oltre cpa .
Verona, 24 ottobre 2013
Il Giudice Dott. Pier Paolo Lanni
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