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Materiali e Metodi 48

3. MATERIALI E METODI DI ANALISI

3.1) Pazienti e loro caratteristiche

Presso il Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana sono stati reclutati 78 soggetti con diverso grado di alterazioni del metabolismo glucidico (Figura 3.1) escludendo i pazienti con patologia cardiovascolare clinica o subclinica per evitare possibili interferenze con lo studio. Per lo stesso motivo sono stati selezionati solo individui che non assumevano alcun tipo di trattamento farmacologico.

Figura 3.1 Livelli glicemici che stabiliscono l’appartenenza dei soggetti ai tre gruppi

La coorte studiata è stata raggruppata come segue:

• n°26 soggetti con normale glicemia a digiuno, a lo ro volta suddivisi in soggetti con familiarità di primo grado per diabete di tipo II (CNTR/Fam+, n°13 di cui 6 maschi e 7 femmine) e soggetti senza storia familiare di diabete (CNTR/Fam-; n°13 di cui 6 maschi e 7 femmine). Tra questi due sottogruppi non è stata rilevata alcuna differenza significativa nei parametri biochimici e antropometrici descritti in Tabella 3.1. Tali soggetti, di 45±11 anni di età, presentavano un BMI medio pari a

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Materiali e Metodi 49 28,5±6,5 kg/m2, pressione sistolica e diastolica rispettivamente di 119±15 e 76±13 mmHg e glicemia pari a 94±10 mg/dl ed una percentuale media di emoglobina glicata di 5,5±0,4. I valori medi di colesterolo totale, HDL e LDL risultavano rispettivamente di 211±45, 62±25 e 147±40 mg/dl. I trigliceridi presentavano un valore medio pari a 120±75 mg/dl.

• n°34 soggetti, di cui 16 maschi e 18 femmine, pre- diabetici (PRE-DIAB) con alterata glicemia a digiuno e/o ridotta tolleranza glucidica. L’età media è di 53±8 anni con BMI pari a 28,6±4,2 kg/m2, pressione sistolica e diastolica rispettivamente di 127±13 e 79±12 mmHg, glicemia pari a 111±23 mg/dl ed emoglobina glicata di 6,0±0,4 %. La media dei livelli di colesterolo totale, HDL ed LDL risultava rispettivamente di 217±40, 55±17 e 152±36 mg/dl. I trigliceridi mostravano un valore medio di 151±80 mg/dl (Tabella 3.1);

• n°18 pazienti con diabete di tipo II di nuova diag nosi (DIAB), suddivisi in 12 maschi e 6 femmine di età media pari a 55±5, con BMI di 26,2±3,5 kg/m2, pressione sistolica e diastolica pari rispettivamente a 135±14 e 84±12 mmHg. La glicemia mostrava un livello medio di 198±37 mg/dl mentre l’emoglobina glicata di 6,5±0,6 %. I trigliceridi presentavano un valore di 192±155 mg/dl (Tabella 3.1).

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Materiali e Metodi 50 CONTROLLI (n=26) PRE-DIABETICI (n=34) DIABETICI (n=18) TOTALE (n=78) Sesso (M/F) 12/14 16/18 12/6 40/38 Età 45±11 53±8 55±5 51±9.6 BMI (kg/m2) 28.5±6.5 28.6±4.2 26.2±3.5 28.05±5.05 PAS (mmHg) 119±15 127±13 135±14 126±15 PAD (mmHg) 76±13 79±12 84±12 79±13 FPG (mg/dl) 94±10 111±23 129±20 110±23 HbA1c (%) 5.5±0.4 6.0±0.4 6.5±0.6 5.97±0.6 CH (mg/dl) 211±45 217±40 198±37 211±41 CH - HDL (mg/dl) 62±25 55±17 48±14 54±16 CH - LDL (mg/dl) 147±40 152±36 130±39 145±39 TG (mg/dl) 120±75 151±80 192±155 152±104

Tabella 3.1 Caratteristiche cliniche/demografiche della coorte di soggetti studiata

Per verificare la significatività di alcuni dati è stato possibile ampliare la popolazione studiata con altri 62 soggetti le cui caratteristiche cliniche e demografiche sono mostrate nella Tabella 3.2.

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Materiali e Metodi 51 CAMPIONI AGGIUNTI (n=62) Sesso (M/F) 33/29 Età 57.2±8.0 BMI (kg/m2) 32.2±5.52 PAS (mmHg) 141.8±15.03 PAD (mmHg) 79.5±9.6 FPG (mg/dl) 177.0±37.15 HbA1c (%) 8.2±0.72 CH 184.2±31.91 CH - HDL (mg/dl) 50.5±11.89 CH - LDL (mg/dl) 115.7±30.55 TG 141.6±64.05

Tabella 3.2 Caratteristiche cliniche/demografiche dei soggetti aggiunti

3.2) Dosaggio delle EPC

La quantificazione delle EPC è stata effettuata nei laboratori del Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana su campioni di sangue periferico prelevato a digiuno e mantenuto in EDTA. Entro 1-2 ore avviene il trattamento con anticorpi monoclonali per CD34 marcati con isotiocianato di fluoresceina (anti CD34-FITC) e per KDR marcati con ficoeritrina (anti KDR-PE).

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Materiali e Metodi 52 L’analisi al citofluorimetro (FACS) viene effettuata mediante acquisizione di almeno 5x105 eventi e permette di identificare le cellule che co-esprimono CD34 e KDR (Figura 3.2).

Figura 3.2 Identificazione delle cellule progenitori endoteliali tramite metodica FACS

La validazione dei dosaggi è stata effettuata utilizzando il protocollo ISHAGE, cioè le linee guida che la International Society for Hematotherapy and Graft Engineering hanno adottato in relazione all’enumerazione semplice e standardizzata delle cellule CD34+.

3.3 Estrazione del DNA

Da un’aliquota del campione di sangue raccolto per ciascun paziente è stato estratto il DNA, utilizzando il kit QIAamp DNA Blood della Quiagen, secondo il protocollo standard. La purificazione prevede diversi passaggi a partire dalla degradazione del materiale proteico e delle membrane biologiche rispettivamente con un volume standard di 200 µl di proteasi K e 200 µl del tampone di lisi AL. Il tutto viene agitato per pochi secondi ed incubato in un bagnetto termostatico a 56° per 10 m inuti in modo da favorire l’azione

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Materiali e Metodi 53 della proteasi K e la lisi cellulare. Al termine dei 10 minuti, la provetta contenente la miscela di reazione, viene centrifugata a 8000 rpm per 20 secondi. Si aggiungono 200 µl di etanolo puro, necessari per la precipitazione del DNA, si agita per pochi secondi e si centrifuga a 8000 rpm per 20 secondi. Si filtra la soluzione così ottenuta attraverso una colonnina QIAamp, costituita da una resina silicea che interagendo col DNA, lo blocca al suo interno. La colonnina viene posta su un tubo di raccolta da 2 ml, centrifugata a 8000 rpm per 1 minuto in modo da eliminare il materiale eluito e porla su un nuovo tubo di raccolta. Il procedimento è ripetuto altre due volte per i passaggi di lavaggio prima con 500 µl di tampone AW1 poi con 500 µl di AW2. Per il recupero del DNA, la colonnina viene posta su una eppendorf con chiusura di sicurezza da 1,5 ml e su di essa vengono applicati 200 µl di tampone AE. La colonnina viene lasciata a temperatura ambiente per circa 5 minuti e successivamente centrifugata a 8000 rpm per 1 minuto. Il DNA all’interno della eppendorf da 1,5 ml viene tenuto alla temperatura di -20°C, mentre una piccola aliquota, necessaria alle operazioni di genotipizzazione quotidiane è conservata a 4°C per non più di un mese.

3.4 Quantizzazione e normalizzazione del DNA estratto

Il DNA estratto deve essere normalizzato, ovvero portato alla medesima concentrazione di partenza per tutti i campioni quindi è necessaria una quantizzazione del DNA, una procedura che permette di valutarne la concentrazione. Questo protocollo si avvale dell’uso di una sostanza fluorescente, denominata PicoGreen, che si coniuga al DNA emettendo a lunghezze d’onda comprese tra 480 e 520 nm ed attraverso la

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Materiali e Metodi 54 quantizzazione della luce emessa si risale alla concentrazione di DNA nel campione. Il kit di reazione utilizzato per la quantizzazione del DNA è riportato nella Tabella 3.3.

Tabella 3.3 Kit per la quantizzazione del DNA

La quantizzazione del DNA avviene mediante la costruzione di una curva di taratura, effettuata con l’utilizzo di uno standard di DNA a concentrazione nota. Lo standard, costituito solitamente da DNA del batteriofago Lambda, è fornito ad una concentrazione iniziale di 100 µg/ml, che può essere diluito 50 volte in TE per ottenere una concentrazione di 2 µg/ml di soluzione da lavoro. Una curva di calibrazione può essere disegnata, ad esempio, utilizzando 30 µl di DNA standard, mescolati a 1.47 ml di TE. Nella Tabella 3.4 è riportato il protocollo per una curva standard di DNA.

Tabella 3.4 Protocollo per la preparazione di una curva standard di taratura

I campioni ugualmente diluiti in TE e PicoGreen vengono posti su piastre da 96 pozzetti insieme al DNA standard e al controllo negativo (soluzione priva di DNA). La piastra

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Materiali e Metodi 55 viene inserita nello spettrofluorimetro, uno strumento in grado di rilevare e quantificare l’emissione del PicoGreen che, con un’elaborazione computerizzata, calcola la concentrazione di ogni singolo campione. Infine, i campioni vengono opportunamente diluiti al fine di portarli tutti alla stessa concentrazione finale.

3.5 PCR ed elettroforesi di controllo

Prima di procedere alla genotipizzazione, è buona norma sincerarsi che il DNA estratto sia amplificabile (integro e purificato): il DNA viene testato mediante PCR ed il risultato controllato con elettroforesi su gel di agarosio. La PCR (Polimerase Chain Reaction) è una tecnica che permette di ottenere copie multiple di un certo segmento di DNA. Questa reazione necessita di primer o inneschi (Forward e Reverse), che delimitano la regione da amplificare, di nucleotidi per l’estensione, della DNA polimerasi per la sintesi dei filamenti di DNA e naturalmente del DNA genomico da amplificare. Questi reagenti vengono addizionati ad una soluzione tampone arricchita di MgCl2, per ottimizzare l’attività dell’enzima e acqua sterile per raggiungere il volume finale di 25 µl (Tabella 3.5).

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Materiali e Metodi 56 La reazione di PCR è condotta in termociclizzatori, in grado di variare ciclicamente, secondo un programma prestabilito, la temperatura della reazione. Generalmente, la PCR prevede una fase di denaturazione, necessaria alla separazione dei due filamenti, una di appaiamento, che permette ai primer di appaiarsi in maniera complementare al DNA stampo, ed una di estensione, in cui la DNA polimerasi amplifica la sequenza di interesse. Ciascun ciclo di denaturazione-appaiamento-estensione viene ripetuto più volte, al fine di ottenere un elevato numero di copie. Il protocollo di reazione, effettuato in termociclizzatori Perkin Elmer, è riportato nella Tabella 3.6. Il risultato dell’amplificazione è controllato mediante elettroforesi su gel di agarosio al 2%. Il gel viene preparato utilizzando una soluzione tampone di 200 ml di tampone TBE, diluito 1x, al quale sono aggiunti 4 g di agarosio in polvere. La beuta, agitata manualmente per favorire l’iniziale dissoluzione dell’agarosio nel tampone, è successivamente riscaldata fino all’ottenimento di una soluzione limpida e trasparente. Le fasi successive vengono effettuate sotto cappa chimica, in quanto si utilizzano sostanze tossiche come il bromuro d’etidio e gli stessi vapori del gel. A seguito del raffreddamento del gel, viene aggiunta una concentrazione di 0.5 µg/ml di bromuro d’etidio, un intercalante del DNA che, se illuminato con luce ultravioletta, permette la visualizzazione delle bande sul gel a corsa avvenuta. Il gel viene quindi versato nell’apposita vaschetta, precedentemente preparata con un pettine ad una delle estremità che verrà tolto quando il gel sarà solidificato e lascerà liberi i pozzetti di caricamento del campione. La vaschetta è quindi coperta per evitare il decadimento alla luce del bromuro d’etidio ed il gel viene lasciato circa un’ora a solidificare. In seguito, la vaschetta viene posta nella cella di corsa, riempita con un tampone (TBE) e collegata ad un alimentatore a corrente continua, in grado di applicare una differenza di potenziale alla vasca. Si procede quindi al caricamento dei campioni amplificati per poi eseguirne l’elettroforesi.

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Materiali e Metodi 57 Tabella 3.6 Protocollo di amplificazione

Solitamente sono caricati 10 µl di prodotto di PCR, ai quali viene addizionato 1 µl di loading buffer necessario alla visualizzazione della corsa. Il loading buffer è costituito da un colorante, spesso il blu di bromofenolo, glicerolo e saccarosio, necessari a favorire la discesa del DNA nel pozzetto di caricamento. Comunemente, il primo pozzetto viene caricato con ladder, una soluzione di frammenti di DNA a peso molecolare noto, utile per stabilire le dimensioni dei frammenti visualizzati sul gel. Al termine della procedura di caricamento, che deve comunque avvenire in tempi brevi per evitare che il DNA diffonda attraverso il gel, si applica la corrente alla camera di corsa. I campioni vengono fatti correre a 110 volt per circa 30 minuti. La presenza del colorante, comunque, consente di visualizzare il fronte più avanzato della corsa. Una volta spento l’alimentatore, la vaschetta contenente il gel viene rimossa dalla cella di corsa e portata al trans illuminatore, uno strumento a luce UV che permette la visualizzazione delle bande sul gel. Un esempio di gel di controllo per una PCR è riportato nella Figura 3.3.

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Materiali e Metodi 58 Figura 3.3 Gel di controllo per PCR

3.6 Genotipizzazione dei polimorfismi: il metodo TaqMan

La genotipizzazione dei polimorfismi studiati è stata condotta attraverso l’utilizzo della Real Time PCR con il metodo TaqMan, un sistema di rilevazione in tempo reale che consente di determinare il genotipo in base all’emissione di fluorofori legati a sonde allele-specifiche. Il sistema di amplificazione e rilevazione utilizzato è iCicler™iQ della Biorad. Attraverso l’uso di sonde allele-specifiche, ciascuna delle quali legata ad un differente fluoroforo, è possibile monitorare la reazione di PCR in real time, grazie all’ausilio di un computer. Il metodo TaqMan in particolare, è stato ideato per la discriminazione allelica di polimorfismi a singolo nucleotide (SNP).

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Materiali e Metodi 59 Tabella 3.7 Sonde allele-specifiche per i geni studiati

Gene SNP (rs) SONDE TaqMan Fluorofori Alleli IL-1A rs17561 ACATTGCTCAGGAAGCTAAAAG GTG[A/C]TGACCTAGGCTTGAT GATTTCTAAA VIC 4845T 6-FAM 4845G IL-1B rs16944 CCAGTTTCTCCCTCGCTGTTTT TAT[G/A]GCTTTCAAAAGCAGAA GTAGGAGGC VIC -511C 6-FAM -551T IL-1R1 rs2228139 AATGAGCCTAACTTATGTTATA ATG[C/G]ACAAGCCATATTTAAG CAGAAACTA VIC 371C 6-FAM 371G IL-2 rs2069762 AGTAACTCAGAAAATTTTCTTT GTC[C/A]TAAAACTACACTGAAC ATGTGAATA VIC -384G 6-FAM -384T IL-2RB rs228942 GTGCCCCGGCCACACCCTCAT CAGG[G/T]TCTTCCTCTGAGTA GGGGTCGTAAG VIC 1173C 6-FAM 1173A IL-4 rs2070874 TTAGCTTCTCCTGATAAACTAA TTG[C/T]CTCACATTGTCACTGC AAATCGACA VIC -33C 6-FAM -33T IL-6 rs1800797 TGAAGTAACTGCACGAAATTTG AGG[A/G]TGGCCAGGCAGTTCT ACAACAGCCG VIC -597A 6-FAM -597G IL-6R rs8192284 AATTTTTTTTTTAACCTAGTGCA AG[C/A]TTCTTCTTCAGTACCAC TGCCCACA VIC 1073C (rs2228145) 6-FAM 1073A TNF-α rs1800629 GAGGCAATAGGTTTTGAGGGG CATG[A/G]GGACGGGGTTCAGC CTCCAGGGTCC VIC -308A 6-FAM -308G TNF-RSF1B rs1061622 GTGGCCATCCCTGGGAATGCA AGCA[G/T]GGATGCAGTCTGCA CGTCCACGTCC VIC 587G 6-FAM 587T VEGFA rs2010963 CGCGCGGGCGTGCGAGCAGC GAAAG[C/G]GACAGGGGCAAA GTGAGTGACCTGC VIC -94C 6-FAM -94G ICAM-1 rs5498 GAGCACTCAAGGGGAGGTCAC CCGC[A/G]AGGTGACCGTGAAT GTGCTCTGTGA VIC 1405A 6-FAM 1405G

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Materiali e Metodi 60 Dal punto di vista teorico, il principio su cui si basa il metodo TaqMan è piuttosto semplice. I primer forward e reverse sono disegnati in maniera tale da delimitare una sequenza di DNA all’interno della quale è compreso il sito di mutazione. Durante la fase di annealing, oltre ai primer, anche le sonde allele specifiche si appaiano alla loro sequenza complementare. Tali sonde oligonucleotidiche sono marcate all’estremità 5’ rispettivamente con VIC, che emette a una lunghezza d’onda di 530 nm, e FAM, che emette a 490 nm. Nella Tabella 3.7 sono riportate le sonde allele-specifiche utilizzate. Ciascuna sonda porta all’estremità 3’ un silenziatore (quencer), che assorbe la luce emessa dal fluoroforo quando si trova nelle sue immediate vicinanze. Quando la sonda per un allele si appaia alla sequenza specifica per l’altro allele, si crea un mismatch. La Taq DNA polimerasi utilizzata durante la fase di estensione è dotata, oltre che dell’attività polimerasica, anche di un’attività esonucleasica 5’-3’, che permette all’enzima di degradare eventuali frammenti di DNA che incontra legati lungo il filamento stampo. Grazie all’apposito disegno dei primer, durante la fase di estensione la Taq DNA polimerasi incontra le sonde allele-specifiche che si sono ibridate alla loro sequenza complementare sul DNA stampo. Quando l’appaiamento tra sonda e DNA stampo è perfetto, ovvero privo di mismatch, l’attività esonucleasica della Taq DNA polimerasi provvederà alla degradazione della sonda, liberando così il fluoroforo all’estremità 5’ che, allontanandosi dal silenziatore, potrà emettere alla sua lunghezza d’onda specifica. Al contrario, quando l’appaiamento tra DNA stampo e sonda presenta mismatch, la DNA polimerasi non degrada la sonda, ma provvede semplicemente a scalzarla intatta, senza liberare il fluoroforo dall’effetto silenziatore del Quencer. In questo modo, quindi, la presenza di emissione è indice di un perfetto appaiamento della sonda e la discriminazione tra i due fluorofori utilizzati permette di stabilire qual è la configurazione genotipica al locus considerato. È’ anche importante sottolineare che la fluorescenza

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Materiali e Metodi 61 registrata è proporzionale alla quantità di DNA amplificato in ogni momento della reazione, poiché viene liberata una molecola di fluoroforo per ogni copia di DNA duplicato.

Figura 3.4 Amplificazione del DNA col metodo TaqMan Real Time

La Figura 3.4 riassume gli eventi che si verificano in un’amplificazione con metodo TaqMan. Il protocollo sperimentale utilizzato per la reazione di amplificazione in Real Time, come quello di una comune PCR, prevede più cicli di denaturazione, annealing ed estensione (Tabella 3.8).

Tabella 3.8 Protocollo sperimentale di Real-Time PCR

I valori di fluorescenza emessi vengono rilevati in tempo reale da un opportuno dispositivo fluorimetrico collegato ad un computer che provvede all’elaborazione dei dati. Nelle prime fasi della reazione di PCR, la fluorescenza si mantiene su valori piuttosto

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Materiali e Metodi 62 bassi. Il primo ciclo di amplificazione in cui viene rilevato un aumento evidente della fluorescenza è definito come “ciclo soglia”. Da questo punto in poi la reazione entra nella fase detta di amplificazione esponenziale, ovvero quella fase in cui tutti i campioni, indipendentemente dalla quantità di DNA iniziale, sono amplificati con la medesima efficienza. Ciascun campione ha un proprio ciclo soglia, anche se l’utilizzo di DNA precedentemente normalizzato fa si che, più o meno, il ciclo soglia sia lo stesso per tutti i campioni. Ciascun ciclo soglia corrisponde al punto in cui le curve di amplificazione intersecano la linea base della fluorescenza.

Nella Figura 3.5 e 3.6 sono riportate le curve di amplificazione rispettivamente per i fluorofori VIC e FAM relative alla genotipizzazione di alcuni campioni. La quantità di campioni analizzabili contemporaneamente dipende dallo strumento: il termociclizzatore da me utilizzato lavora con piastre da 96 pozzetti, per cui possono essere analizzati 90 campioni contemporaneamente. I restanti 6 pozzetti sono solitamente riempiti con i controlli negativi (senza DNA) e positivi (DNA a genotipo noto).

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Materiali e Metodi 63 Figura 3.6 Spettro d’emissione per FAM-490 in Real Time

L’allestimento della reazione prevede la preparazione di due miscele distinte. Si utilizza una miscela 2x, contenente buffer, MgCl2, nucleotidi e Taq polimerasi, ed una miscela 20x contenente le sonde e i primer necessari. Il volume dei pozzetti nel nostro dispositivo può essere tarato a 15 µl o a 25 µl. Solitamente, ogni pozzetto contiene 15 µl di soluzione, costituiti da 4µl di DNA da genotipizzare e 11 µl di miscela finale. Nella Tabella 3.9 è riportato un esempio di miscela di reazione per un unico campione. L’identificazione dei campioni analizzati è fornita ad un software, che attribuisce il genotipo a ciascun campione in base alla fluorescenza rilevata, riportata in RFU (Relative Fluorescen Unit). Nella Figura 3.7 è visibile un esempio di output dei genotipi per dei campioni analizzati.

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Materiali e Metodi 64 Tabella 3.9 Miscela di reazione per Real Time PCR

Figura 3.7 Attribuzione dei genotipi per il polimorfismo -308 G>A (rs1800629) del TNF-α

In rosso (allele1) sono riportati gli omozigoti wild-type, in verde scuro gli eterozigoti ed infine, in verde chiaro (allele 2) gli omozigoti mutanti. In celeste sono riportati i controlli negativi. I dati ottenuti in seguito alla genotipizzazione sono poi sottoposti ad un severo controllo per garantire l’univocità del genotipo attribuito.

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Materiali e Metodi 65

3.7 Analisi statistica

Le variabili continue sono state espresse come media±deviazione standard. L’equilibrio di Hardy-Weinberg è stato verificato per ciascun polimorfismo tramite il test χ2 nei controlli. Dei geni esaminati sono state calcolate le frequenze genotipiche. Per valutare le differenze delle variabili continue a distribuzione normale tra tutti i gruppi in esame (CNTR, PRE-DIAB e DIAB) è stata utilizzata l’analisi della varianza (ANOVA-Oneway) mentre per valutare le differenze tra i singoli gruppi è stato applicato il test di Fisher. L’associazione tra le variabili indipendenti e quelle dipendenti è stata valutata tramite l’analisi di regressione lineare semplice. Per tutte le analisi statistiche i livelli delle EPC sono stati trasformati (normalizzati) nei loro logaritmi naturali mentre i grafici mostrano la conta cellulare nell’unità di misura originale (cellule per 106 eventi) in scala logaritmica. Ogni risultato con p-value inferiore a 0,05 è stato considerato significativo. Tutte le analisi statistiche sono state effettuate usando il software StatView (SAS Institute; Cary, NC) su Power Mac (Apple; Cupertino, CA).

Figura

Figura 3.1 Livelli glicemici che stabiliscono l’appartenenza dei soggetti ai tre gruppi
Tabella 3.1 Caratteristiche cliniche/demografiche della coorte di soggetti studiata
Tabella 3.2 Caratteristiche cliniche/demografiche dei soggetti aggiunti
Figura 3.2 Identificazione delle cellule progenitori endoteliali tramite metodica FACS
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