INTRODUZIONE
L’ Ipertensione arteriosa nell’anziano
Tra i principali fattori di rischio per malattia cerebrovascolare un ruolo fondamentale gioca l’ipertensione che nell’età adulta è un fattore di rischio per deterioramento cognitivo, demenza di Alzheimer e vascolare.
E’ noto in letteratura che l’incremento della pressione arteriosa sia sistolica che diastolica è correlato ad un aumentato rischio cardio-cerebrovascolare (WHO, 1995; Lewington et al, 2002). Tuttavia, nel corso degli ultimi anni alcuni studi osservazionali condotti sugli anziani hanno evidenziato una correlazione diretta tra rischio cardio-cerebrovascolare e pressione arteriosa sistolica, ed indiretta con la pressione arteriosa diastolica (Benetos et al, 2000;
Staessen et al, 2000). Pertanto, in particolare nell’anziano, è stata data importanza alla pressione differenziale come fattore predittivo di eventi (Benetos et al, 1997; Gasowsky et al, 2002; Blacher et al, 2000), ed in particolare all’ associazione tra pressione differenziale, marker di rigidità arteriosa, e rischio di demenza (Hanon et al, 2005; Scuteri et al, 2007; Qui et al, 2003).
La pressione arteriosa, sia sistolica che diastolica, aumenta all’aumentare dell’età nei due sessi in modo continuo, ma con l’invecchiamento il profilo dell’andamento pressorio varia: mentre i valori sistolici continuano ad aumentare, quelli diastolici iniziano a decrescere moderatamente dopo i 55 anni di età (Franklin et al, 1997), con un conseguente incremento della
Fig.1 Pressione arteriosa ed età. Framingham Heart Study
Secondo ultime linee guida ESH-ESC 2003 e 2007 i valori di pressione arteriosa sono classificati in ottimale (PA<120/80 mmHg), normale (sistolica tra 120 e 129 e/o diastolica tra 80-84), normale-alta (sistolica tra 130 e 139 e/o diastolica tra 85-89), ipertensione di grado 1 (sistolica tra 140-159 e/o diastolica tra 90 e 99), ipertensione di grado 2 (sistolica tra 160 e 179 e/o diastolica tra 100 e 109), ipertensione di grado 3 (sistolica ≥180 e/o diastolica ≥ 110) ed ipertensione sistolica isolata (sistolica ≥ 140) suddivisa anch’essa in gradi 1,2,3 a seconda dell’incremento pressorio sistolico, con valori pressori diastolici inferiori ai 90.
PRESSIONE ARTERIOSA SISTOLICA DIASTOLICA
Ottimale Normale Normale-alta Ipertensione grado 1 Ipertensione grado 2 Ipertensione grado 3 Ipertensione sistolica isolata
<120 120-129 130-139 140-159 160-169
>= 180
>= 140
<80 80-84 85-89 90-99 100-109
>= 110
< 90
Assume notevole importanza in qualità di fattore predittivo, la pressione differenziale o pressione pulsatoria (Helmer et al, 2001), una misura derivata (sistolica-diastolica) che, tuttavia, presenta dei limiti. Anche se vengono utilizzati dei valori di riferimento pari a 50-55 mmHg, infatti, non esiste a tutt’oggi una soglia netta che ci consenta di definirne i limiti di normalità. La pressione pulsatoria risultata associata ad aumentata morbidità e mortalità cardio- e cerebrovascolare indipendentemente da altri fattori di rischio sia nella popolazione generale sia nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra e negli ipertesi (Benetos a et al, 1998). Più recentemente, è stato dimostrato che la pressione pulsatoria, il cui aumento indica una ridotta compliance delle grandi arterie, è un indicatore ancora migliore di aumento del rischio di tali eventi, rispetto alla sola pressione diastolica o sistolica (Ungar A et al, 2000).
L'ipertensione arteriosa è fattore di rischio non solo per ictus e demenza vascolare, ma anche per la malattia di Alzheimer, spesso associata a cerebrovasculopatia, soprattutto in età molto avanzata (Mecocci P et al, 2006). Gli studi trasversali depongono per una maggiore correlazione tra
demenza (Cherubini et al, 2000; Tzourio et al, 1999). È stata descritta anche una relazione “a u” fra pressione arteriosa nell’età avanzata e deterioramento cognitivo (Verghese et al, 2003). Studi trasversali condotti su popolazioni anziane hanno evidenziato maggiore frequenza di deterioramento cognitivo e demenza sia fra soggetti ipertesi (Guo et al, 1997; Kuo et al, 2004) che fra soggetti con bassa pressione arteriosa(Verghese et al, 2003; Guo et al, 1996).
Dunque l’ipertensione arteriosa sembra comportarsi come un fattore di rischio “età-dipendente” (Qiu et al 2005).
I meccanismi attraverso i quali la pressione arteriosa aumenta il rischio di compromissione cognitiva o demenza rimangono poco chiari. È stato proposto che l'ipertensione possa causare un deficit cognitivo attraverso malattie cerebrovascolari, è un fattore di rischio per le lesioni della sostanza bianca sottocorticale che si trovano comunemente nella malattia di Alzheimer, e contribuisce ad una disfunzione della barriera emato-encefalica, che è stato suggerito essere implicata nell'eziologia della malattia di Alzheimer.
L’ipertensione agisce danneggiando la struttura dei vasi arteriosi, determinando un’accelerazione nello sviluppo delle lesioni aterosclerotiche in tutti i distretti. Attualmente si ritiene che il processo aterogeno abbia inizio a livello endoteliale e che l’infiammazione e l’infezione svolgano un rilevante ruolo patogenetico, determinando con meccanismi emodinamici condizioni di ipoperfusione, ipossia ed ischemia (Bots ML et al, 1993) (Fig. 2)
Figura 2: Fisiopatologia del danno cerebrovascolare su base aterosclerotica
I meccanismi patogenetici coinvolti nell’aterosclerosi sono numerosi. Tra essi devono essere ricordati la disfunzione endoteliale, l’alterato metabolismo lipidico con conseguente infiltrazione, accumulo e perossidazione del colesterolo a livello intimale, la proliferazione e migrazione delle cellule muscolari lisce dalla media all’intima e la deposizione di collagene per effetto di fattori di crescita e di cellule infiammatorie. Il danno aterosclerotico preclinico può essere di natura funzionale, legato alla ridotta elasticità parietale e reattività delle arterie, o strutturale, come l’ispessimento diffuso o focale delle pareti arteriose. Lo stress emodinamico è una componente importante per l’insorgenza di alterazioni della funzione endoteliale. La rigidità della parete vascolare che ne consegue promuove a sua volta una alterazione dell’equilibrio fibrinolisi-coagulazione.
di disabilità e di controllo posturale e come l’associazione di un altro fattore di rischio, nello specifico la presenza di iperoclesterolemia, modifichi questi rapporti, in una popolazione di soggetti anziani ipertesi con bassa comorbilità.