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FRA SOLLECITAZIONI E FATTI LESIVI L’attività del perito meccanico nella ricerca del nesso causale

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Academic year: 2022

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FRA SOLLECITAZIONI E FATTI LESIVI

L’attività del perito meccanico nella ricerca del nesso causale

Per. Ind. Silvano Simoncini

Il medico incaricato di stabilire l’eventuale nesso causale fra una collisione e le conseguenze lesive della stessa, prima di iniziare le indagini più strettamente mediche, si conforma sulle circostanze in cui si è verificato l’evento e ciò attraverso la lettura della documentazione agli atti, del verbale di eventuali autorità intervenute sul luogo dell’incidente o, più semplicemente come spesso accade per gli incidenti di modesta entità, attraverso la versione fornita dal paziente.

Il perito meccanico ritiene, in questa fase, di potere intervenire utilmente esaminando la dinamica dell’incidente e fornendo quindi al medico parametri precisi riguardo l’entità delle sollecitazioni meccaniche a cui sono stati sottoposti gli occupanti del veicolo al momento della collisione.

Tali sollecitazioni vengono espresse normalmente in forze (chilogrammi) o in accelerazioni o decelerazioni, normalmente espresse in g con riferimento all’accelerazione di gravità di 9,8 mt/sec.sec. Tali parametri possono essere riferiti a diverse parti del corpo del conducente o di un occupante l’automezzo (al capo, al torace, al femore, al momento di flesso estensione applicato alla zona verticale cervicale e così via).

Ricostruzione cinematica e dinamica della collisione

Si ricorda, anche se la puntualizzazione forse è superflua, che nella ricostruzione cinematica si considera semplicemente il rapporto spazio/tempo nel caso di velocità uniforme, mentre nella ricostruzione dinamica, facendo appunto riferimento alle leggi della dinamica, si considera l’intervento delle forze con conseguenti accelerazioni o decelerazioni e quindi con variazioni di velocità.

Dovendo trattare di collisione fra veicoli è evidente che ci riferiremo quasi sempre alla

ricostruzione dinamica alla quale fanno capo le note leggi di Newton, vale a dire la prima legge che in parole semplici dice come un corpo che si trovi in stato di quiete o di moto rettilineo uniforme tenda a mantenere tale stato finché allo stesso non siano applicate forze.

Di particolare interesse la seconda legge di Newton, che è poi la legge fondamentale nella dinamica: se ad una massa M viene applicata una forza F subisce un’accelerazione a data dal rapporto:

F a = ---

M

L’accelerazione si definisce come variazione di velocità nell’unità di tempo ed abbiamo quindi la formula:

AV a = --- (1)

AT

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Accelerazioni e decelerazioni

D’ora in poi parleremo di accelerazioni in senso algebrico, cioè sia positivo che negativo intendendo le prime nel senso vero e proprio di accelerazione, le seconde come decelerazione.

Tipico è il caso di tamponamento, ove subisce un incremento di velocità quindi un’accelerazione il veicolo tamponato, mentre subisce una decelerazione il tamponante.

Le conseguenze lesive sono strettamente legate alla entità della decelerazione, come per altro è abbastanza intuitivo.

Vediamo quindi ciò che succede nell’impatto di un’autovettura contro un ostacolo rigido ad una velocità usuale per i centri abitati, ad esempio di 50 Km/h, 13,8 mt/sec.

Come si vede nella figura n.1 il punto A rappresenta il punto di primo impatto.

Nella stessa figura il punto B corrisponde al punto di massima compenetrazione, la lunghezza del frontale dell’autovettura si è ridotta al valore S1, accorciandosi complessivamente di 60 cm.

La prova avviene ad una velocità di 50 Km/h: si tratta di urto estremamente plastico e quindi si può ritenere che l’intera energia cinetica si trasformi in deformazioni permanenti.

Ci si chiede a quali decelerazioni siano sottoposti gli occupanti l’autovettura con e senza l’allacciamento della cintura di sicurezza.

A) L’accelerazione a cui è sottoposto ogni occupante l’autovettura risulta dalla formula.

V.V

a = --- (2)

2S

Con cintura di sicurezza allacciata, l’occupante l’automezzo usufruisce dell’intera gradualità di schiacciamento che si protrae, come si è già detto, per 60 cm.

In questo caso, applicando la formula sopraindicata, risulta una decelerazione di 158 mt/sec.sec, corrispondente a 16 G.

Il tutto avviene in un tempo;

S 0,6

t = --- = --- = 0,08”

Vm 7,5

La figura n. 2 indica l’andamento delle decelerazioni applicate al capo del conducente in funzione del tempo.

Poiché dobbiamo considerare i fatti lesivi, naturalmente questi fanno riferimento non al valore medio ma al valore di picco.

(Comunque con riferimento ad intervalli di tempo inferiori ai 3 millisec., al di sotto dei quali non si producono eventi lesivi).

Nell’allegata tabella, si riportano i vari tipi di sollecitazioni, a cui risulta sottoposta la scocca della vettura, il capo del conducente, il torace e le forze applicate al collo da collisione con velocità rispettivamente al 41, 49, 56 Km/h.

Di particolare rilievo alcuni dati della colonna n. 2, riferentesi ad una velocità d’urto di 49 Km/h, quindi circa 50 Km/h, con un’autovettura di media cilindrata e facendo uso delle cinture di sicurezza.

Ne risulta una decelerazione di 17 g., quindi corrispondente al valore medio già emergente dal calcolo.

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Al capo risulta applicata un’accelerazione di picco di 53 g, valore che risulta tollerabile in quanto la resistenza umana ha come valore limite 80 g.

L’urto tuttavia risulta già di grave violenza, come conferma il dato relativo all’accelerazione subita dal torace, il cui schiacciamento è di 4,5 cm. contro un limite massimo tollerabile che va da 4,4 a 7,5 cm.: siamo pertanto già in corrispondenza dei valori massimi tollerabili.

Ancor più significativa la forza assiale applicata al collo di 1750 Newton (178 Kg) ed una forza longitudinale, applicata ancora al collo, di 1920 Newton, corrispondente a 196 Kg.

Notevole anche il momento di flesso estensione di 98 N/mt contro un valore massimo tollerabile di 190 N/mt.

In conclusione, quindi, con un urto ad una velocità di 50 Km/h contro l’ostacolo rigido (le prove vengono eseguite con collisione contro un muro in cemento armato), pur facendo uso della cintura si sicurezza, si arriva a valori prossimi a quelli massimi tollerabili da parte del corpo umano.

L’uso della cintura di sicurezza

Completiamo l’argomento con una considerazione riguardante l’uso della cintura di sicurezza.

Nel caso in cui la cintura di sicurezza non sia stata allacciata, l’occupante l’automezzo non è in grado di usufruire di quella gradualità di decelerazione collegata allo schiacciamento di ben 60 cm.

del frontale dell’autovettura, per cui mentre l’autovettura si deforma il passeggero mantiene la propria velocità, ad esempio di 50 Km/h, e viene spostato innanzi così che collide contro il volante, od il cruscotto, nel momento in cui l’autovettura si arresta completamente.

In quel momento, e solo in quel momento, il passeggero subirà pertanto una violentissima

decelerazione, che porta ad azzerare la velocità in un tempo brevissimo e quindi elevatissimi valori di decelerazione e di forze.

Ad esempio, se la riduzione di velocità avviene nel momento in cui si producono deformazioni o flessioni degli accessori (volante, cruscotto, parabrezza) di pochi centimetri, ad esempio 5 cm. (ma potrebbero essere in pratica ancor meno) la decelerazione che ne risulta dalla formula n. 2 è di 1904 mt/sec, corrispondenti a ben 195 g, contro i 16 g di valore medio calcolati nel caso in cui venisse fatto uso della cintura di sicurezza.

E’ evidente che ci si trova in questo caso, cioè con cintura di sicurezza non allacciata, di fronte a sollecitazioni sicuramente mortali.

Il fenomeno, che si ritiene estremamente significativo, è ulteriormente evidenziato dai tempi d’impatto con e senza allacciamento della cintura di sicurezza.

Nel primo caso si ha un tempo:

S

T = --- = 0,086 sec.

Vm

Nel caso del mancato allacciamento della cintura di sicurezza, risulta un tempo di 0,007 sec.

In conclusione la stessa velocità di 50 Km/h viene annullata in un tempo di 86 millesimi di sec., con la cintura di sicurezza allacciata e di soli 7 millesimi di sec. senza allacciamento ed è evidente che tanto minore è il tempo tanto maggiore è la sollecitazione.

Si giunge pertanto ad una prima conclusione: anche con la velocità di tipo urbano, 50 Km/h, l collisione contro un ostacolo rigido, ad esempio un palo, un autocarro fermo, lo spigolo di un fabbricato, nel caso di mancato allacciamento della cintura di sicurezza può produrre con ogni probabilità lesioni mortali.

I medici ci chiedono ripetutamente di usare grandezze ed esemplificazioni tali da poter avere una immediata intuizione dell’entità delle sollecitazioni.

Nel caso di una velocità di 50 Km/h l’autovettura con impatto contro ostacolo rigido, subisce le stesse conseguenze di un automezzo che precipiti da un’altezza;

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V.V 13,8.13,8 S =--- = --- = 9,7 mt

2g 2.9,8

quindi si trova nelle stesse condizioni di un’autovettura che precipiti da un’altezza di 10 metri, praticamente oltre il terzo piano di un fabbricato.

I microtamponamenti

I principi e le formule sopraindicate trovano ottima applicazione per il calcolo delle sollecitazioni a cui risultano sottoposti gli occupanti l’automezzo nel caso di medi o piccoli tamponamenti.

In questi ultimi anni si è riscontrato come sia possibile ottenere risultati aventi ottima attendibilità, almeno come ordine di grandezza, operando in modo parallelo con due metodi:

1°) Si effettuano i calcoli in base alle leggi fisiche ed ai parametri noti.

2°) Si effettuano controlli incrociati con i risultati ottenuti mediante prove di collisioni effettuate in laboratorio e quindi aventi ottima attendibilità per quanto concerne i valori delle grandezze in gioco.

Un esempio concreto

Il conducente un’autovettura VW GOLF si arresta in corrispondenza di un incrocio regolato da semaforo, quando viene raggiunto e tamponato da una FIAT CROMA.

Su entrambi gli automezzi si trovano i soli conducenti.

I pesi corrispondenti delle due autovetture sono 1180 Kg. per la GOLF e 1320 per la FIAT CROMA.

I danni riportati dai veicoli

A) VW GOLF ha riportato deformazione del paraurti posteriore e lieve flessione del sottostante rivestimento.

Nessun danno alle pareti limitrofe e tantomeno alle strutture interne.

La massima profondità delle deformazioni riportate dalla GOLF risulta a cm -3.

Tenuto conto della funzione che mette in relazione i coefficienti di elasticità con l’entità della forza, trattandosi di collisione avvenuta a velocità modestissima, si considera un coefficiente di elasticità molto elevato.

C = 0,7

Da prove di crash si fa riferimento inoltre ad un tempo complessivo d’impatto di un decimo di secondo: si ottengono così valori medi in base ai quali, integrando l’andamento del grafico, si risalirà al valore di picco che costituirà l’elemento base affinché il medico poi possa valutare l’eventuale nesso causale con le conseguenze lesive.

Si procede schematicamente in 5 passi

1° Si calcola la velocità relativa di tamponamento: nel caso che stiamo trattando le velocità sono molto basse sull’ordine dei 2-3 Km/h.: ciò non deve meravigliare in quanto, come si può rilevare nell’allegata documentazione fotografica, già con una velocità d’urto di 15 Km/h., come si può vedere nella figura n. 3 da prove eseguite di laboratorio, le deformazioni sono di tutt’altro ordine di

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grandezza con introflessione profonda del paraurti, del rivestimento, del parafango posteriore sinistro, delle strutture interne.

Anche il veicolo tamponante presenta danni riferibili ad una velocità d’impatto di pochi Km/h.

Ancora dalla figura n. 4 si può rilevare come un’autovettura, pur di notevole mole, una BMW 730, che collide alla velocità di 15.3 Km/h. contro un ostacolo di 1000 Kg. mobile, subisca danni ingenti in tutta la parte frontale.

2° Si passa quindi al calcolo della velocità di uscita dalla collisione del veicolo tamponato dato dalla formula:

(1+Vc)(Va-Vb cos A) Mb Và = Va - ---

Ma + Mb

Anche in questo caso risulta una velocità di uscita dalla collisione inferiore ai 3 Km/h.

3° Si risale quindi all’accelerazione corrispondente a tale incremento di velocità con la formula già precedentemente indicata:

V A = ---

t

Ne risulta un’accelerazione di 0,61 g che, con riferimento al valore di picco, sale ad 1,5 g.

4° Al capo del conducente nel momento di picco, risulta applicata una forza;

F = M.a (7)

ove M è la massa del capo in quanto si vuol calcolare la forza applicata appunto al capo.

Tale forza risulta, nel momento di picco, di 5,3 Kg. vale a dire di poco superiore al peso proprio.

5° Infine si calcola il momento di flessoestensione applicato al capo del conducente con riferimento ad un braccio avente cerniera in corrispondenza della 4° e 5° vertebra quindi di circa 8 cm.

Ne risulta un momento di flessoestensione di 4,18 N/m.

Come si vede si tratta di sollecitazioni modestissime che per di più fanno riferimento ad un presunto colpo di frusta che in realtà dovrebbe sempre essere eliminato dalla presenza del poggiatesta, quando naturalmente tale accessorio sia regolarmente posizionato.

L’ordine di grandezza delle sollecitazioni in gioco: Soglia minima lesiva

A questo punto il Perito Meccanico, fornisce al medico l’ordine di grandezza delle sollecitazioni meccaniche ed il suo compito cessa. Sarà poi il medico a stabilire l’eventuale nesso causale fra quel tipo di sollecitazioni ed i fatti lesivi lamentati dal paziente. Tuttavia al fine di meglio comprendere l’ordine di grandezza delle misure di cui si è trattato, si fanno riferimenti desunti da pubblicazioni mediche sulle quali comunque, lo si ripete, sarà solo ed esclusivamente il medico ad esprimere ed a trarre conclusioni.

Per quanto riguarda le unità di misure delle grandezze indicate, si tenga presente che, nel caso in oggetto, si è riscontrato un’accelerazione di picco di 1,5 g contro un valore massimo tollerabile nel corpo umano (sopravvivenza) di 80 g.

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Analogamente a fronte di una forza calcolata per l’occupante la GOF di 5.3 kg risulta un valore massimo tollerabile dal corpo umano di 204 kg ed infine a fronte di un momento di flessoestensione di 4.18 N/m., si ha un valore massimo tollerabile di 190 N/m.

I valori sopraindicati fanno riferimento a grandezze prossime alla soglia di sopravvivenza e quindi sono scarsamente significative, e vengono riportate per fornire un riferimento riguardante le unità di misura adottate.

Si ritiene invece di maggior interesse la suddivisione effettuata da alcuni medici che hanno

effettuato prove sperimentali, suddividendo la velocità d’impulso che subisce il veicolo tamponato in tre fasce.

La fascia A

Incrementi di velocità in seguito al tamponamento che vanno da 0 a 4 km/h.

Si ottengono accelerazioni massime attorno a 1,5-2 g.

In nessuna prova sperimentale si è mai verificato in questo caso alcuna conseguenza lesiva.

La fascia B

Per incrementi di velocità compresi fra 4 ed 8 km/h a cui corrispondono punte massime di 3 g. Non si sono mai prodotti fatti lesivi. Solo in alcuni casi lievissimi indolenzimenti muscolari scomparsi nel giro di pochi giorni.

La fascia C

Per incrementi di velocità in seguito al tamponamento da 8 ad 11 km/h (4-5 di accelerazione).

Indolenzimento muscolare che si è protratto per un lieve periodo di tempo. In conclusione si può ritenere che per incrementi di velocità in seguito al tamponamento inferiori agli 8-10 km/h (punte di accelerazioni di 3-4 g) non si siano mai prodotti fatti lesivi.

Paragone con sollecitazioni nella vita quotidiana

I medici sollecitano il Consulente Tecnico meccanico ad esemplificare in modo semplice e comprensibile e a tradurre in esempi semplici e comprensibili, le sollecitazioni precedentemente calcolate.

Alcuni esempi:

a) L’accelerazione di 1,5 g che subisce l’occupante il veicolo tamponato al momento della collisione quale valore di picco, risulta uguale alla decelerazione che subisce una persona che effettui un salto da un’altezza di 23 cm flettendo le gambe per 15 cm.

b) Ancora la decelerazione che subisce il conducente del veicolo tamponato, è uguale a quella che si produce in una persona che “si lasci cadere” su una poltrona priva di poggiatesta, da un’altezza di circa 28-30 cm.

c) Ancora la sollecitazione del conducente del veicolo tamponato è uguale a quella che subisce che si trova a bordo di un autoscontro tamponato alla velocità di 7 km/h (ampiamente entro i limiti concessi dalla normativa antinfortunistica in vigore).

Urti laterali

Nella figura 5 sono evidenti le deformazioni subite dal parafango anteriore destro di una Y10 che ha subito lieve strisciamento da parte di un veicolo che si trovava affiancato alla sua desta.

Ci si chiede quali sollecitazioni possano avere subito gli occupanti della Y10.

(7)

E’ evidente che affinché un occupante della Y10 possa avere subito sollecitazioni meccaniche, deve avere subito spostamenti in seguito alla deformazione subita dal parafango anteriore

dell’autovettura: viceversa, se non vi sono stati spostamenti della scocca della vettura, nessuna sollecitazione può essere stata trasmesso al conducente od al passeggero dell’automezzo.

Nella figura N. 6 (ed anche in questo caso si tratta di sperimentazioni tratte dalla rivista ATA) si può riscontrare come il manichino, cioè l’occupante l’automezzo, subisca uno spostamento, solo se si produce dapprima una introflessione del lamierato esterno (X nel grafico) e quindi uno

spostamento della scocca, vale a dire del sedile, ad essa solidamente collegato, (punto H nello stesso grafico) e solo dopo di ciò il manichino subisce a sua volta uno spostamento (punto K nel grafico).

E’ pertanto necessario, come peraltro era del tutto intuitivo, che la scocca subisca dapprima uno spostamento trasversale e solo in conseguenza di ciò il manichino potrà poi subire un’accelerazione (a nella figura N. 6).

Ora è del tutto evidente che in seguito alla modesta introflessione del debole lamierato (non scatolato) del parafango anteriore destro della Y10, nessuno spostamento trasversale può avere subito la scocca a causa della buona aderenza dei pneumatici soprattutto alle sollecitazioni

trasversali e di conseguenza nessuna sollecitazione meccanica (neppure la minima) può avere subito un occupante la Y10 (vedi Figura N. 6 e N. 7).

Nesso causale: Indispensabile un’analisi tecnica approfondita

Il perito meccanico è in grado di fornire con ottima approssimazione l’ordine di grandezza delle sollecitazioni conseguenti una collisione. Purtroppo, secondo una filosofia molto diffusa, le difficoltà per un maggior approfondimento, difficoltà che pure esistono, vengono prese a pretesto per rinunciare a priori a qualsiasi tentativo di studio. Ritengo che un esempio possa essere

estremamente significativo al riguardo.

Un esempio concreto

Fa parte ormai dell’anedottica sull’argomento il caso di una anziana signora che, scivolando, si appoggia con il viso alla fiancata di una vettura ferma senza riportare apparentemente nessuna grave conseguenza. Viene visitata al Pronto Soccorso senza particolari precauzioni in quanto le conseguenze sembrano minime e mentre si stanno affrontando gli esami radiologici, la signora improvvisamente muore. L’autopsia evidenzia la frattura del dente dell’epistrofeo.

L’episodio è stato riportato in numerosissimi convegni medici per sottolineare l’impossibilità di effettuare qualsiasi calcolo meccanico cercando di chiudere definitivamente l’argomento: se la signora scivolando ed appoggiando il viso alla fiancata dell’autovettura ha subito conseguenze mortali figuriamoci ciò che può succedere anche in uno sia pur modesto tamponamento prodotto da autovetture le quali, come è noto, hanno massa che nella migliore dell’ipotesi si avvicina ai 10 q.li.

Ritengo personalmente che se riusciamo a capirci su questo esempio, sarà poi possibile acquisire un linguaggio comune estremamente utile anche al medico.

Vediamo ciò che può essere successo alla signora: Appoggiandosi con la fronte ed urtando

lievemente la fiancata dell’autovettura, indubbiamente il pedone procedeva a velocità limitatissima:

a titolo di ipotesi si può ritenere che, considerando una velocità di 4 km/h come velocità media di un pedone ed ammettendo che la signora procedesse a velocità ancora molto bruscamente la propria velocità nel momento dell’impatto contro la fiancata dell’autovettura in quanto l’urto, sia pur lieve, viene ammortizzato in modo pressoché irrilevante solo dal tessuto molle che riveste la fronte.

Sempre a titolo di ipotesi si può ritenere che si sia prodotto uno schiacciamento non superiore ad un millimetro in quanto il vetro od anche la lamiera dell’autovettura certamente non hanno ceduto di nulla tenuto conto della modestissima entità dell’urto.

Ebbene applicando la formula precedentemente indicata:

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V.V a = ---

2 S

si ottiene un’accelerazione di 151 mt/sec.sec. corrispondente a 15,4 g!

A tale accelerazione corrisponde una forza, al momento del lieve urto, applicata al capo della signora di ben 54 kg.

Ora, come si è visto nei paragrafi precedenti nel caso di microtamponamenti, si producono

accelerazioni dell’ordine di 1-2 g quindi grosso modo dieci volte inferiori all’accelerazione a cui è stato sottoposto il pedone nel momento in cui è scivolato ed ha “toccato” la fiancata

dell’autovettura con il capo.

Il medico potrà e saprà indubbiamente fare altre considerazioni: sono però fermamente convinto che, se avesse saputo che al capo della signora al momento della lievissima collisione è stata applicata una forza di 54 kg probabilmente sarebbe giunto a conclusioni meno frettolose.

D’altronde non può stupire che nel caso di un microtamponamento, avvenuto naturalmente a velocità molto bassa, le sollecitazioni per gli occupanti siano tanto modeste se si considera che vi è una lunga serie di elementi ammortizzanti dal paraurti ai lamierati all’imbottitura del sedile e del poggiatesta.

Conclusioni

Il perito meccanico è in grado di fornire al medico l’ordine di grandezza riguardante le

sollecitazioni a cui risultano sottoposti gli occupanti di un’autovettura al momento della collisione:

su ciò non vi può essere dubbio. Si tratta di un riscontro oggettivo che implica approssimazioni sicuramente accettabili.

A tale proposito si ricorda che a Bologna si fanno regolarmente prove di crash al fine di avere una ricostruzione meccanica decisamente attendibile soprattutto per quanto riguarda la risposta elastica delle moderne scocche, paraurti compresi.

E’ bene però ricordare con la massima fermezza come sia indispensabile esaminare caso per caso evitando facili soluzioni generiche che potrebbero portare all’errore opposto: non è difficile intuire come, da parte dell’ente pagatore, possa esservi la tentazione di escludere a priori qualsiasi

conseguenza lesiva nel caso di danni di modesta entità (ad esempio dell’ordine di qualche centinaio di migliaio di lire).

Si tratta di una generalizzazione altrettanto errata quanto quella che vorrebbe attribuire a qualsiasi urto, anche al minimo, la possibilità di produrre conseguenze lesive spesso con postumi permanenti.

L’entità del danno, è bene dirlo chiaramente, non significa proprio nulla: è necessario esaminare quali parti sono state colpite, quale sia la struttura portante dei due veicoli venuti a contatto, quale sia il rapporto delle masse e così via.

Un urto in corrispondenza della parte centrale del paraurti con lieve inflessione della sottostante calandra, avrà caratteristiche decisamente molto più plastiche rispetto all’urto ricevuto dalla stessa autovettura in corrispondenza del supporto del paraurti a sua volta imbullonato in corrispondenza del longherone.

Quest’ultima struttura più rigida, qualora abbia subito sollecitazioni di una certa entità, sarà in grado di trasmettere elasticamente la sollecitazione che pertanto verrà avvertita con maggiore intensità da parte dell’occupante l’automezzo.

Strutture particolarmente rigide, quindi non in grado di ammortizzare gli urti, sono ad esempio i telai degli autocarri, i motocarri, alcuni modelli coupé piuttosto che le berline e così via.

Il perito meccanico, svolti tutti gli opportuni accertamenti e qualora gli sia fornita un’ottima documentazione, soprattutto fotografica dei due veicoli, sarà in grado di fornire al medico, con buona approssimazione, il tipo di sollecitazione meccanica: è evidente che solo quest’ultimo poi

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potrà stabilire l’eventuale nesso causale fra quella sollecitazione e le conseguenze lesive lamentate dall’infortunato.

Per. Ind. Silvano Simoncini Perito Tecnico Ricostruttore, Bologna

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