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COLLEGIO DI MILANO. Membro designato dalla Banca d'italia. (MI) RONDINONE Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari

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(1)

COLLEGIO DI MILANO

composto dai signori:

(MI) GAMBARO Presidente

(MI) LUCCHINI GUASTALLA Membro designato dalla Banca d'Italia

(MI) ORLANDI Membro designato dalla Banca d'Italia

(MI) RONDINONE Membro designato da Associazione

rappresentativa degli intermediari

(MI) TINA Membro designato da Associazione

rappresentativa dei clienti

Relatore (MI) LUCCHINI GUASTALLA

Nella seduta del 30/09/2014 dopo aver esaminato:

- il ricorso e la documentazione allegata

- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione - la relazione della Segreteria tecnica

FATTO

Il ricorrente ha chiesto la restituzione “degli interessi pagati […] e il riconteggio della rata mensile fino allo scadere del mutuo”, con riferimento ad un contratto di mutuo stipulato il 30/04/2008 e rinegoziato il 09/06/2011.

Più precisamente, il ricorrente, in sede di ricorso, presentato il 30 gennaio 2014, ha dato atto di aver stipulato, con l’intermediario attuale resistente, in data 30/04/2008 un contratto di mutuo, successivamente rinegoziato il 09/06/2011.

Analizzando il documento, ha posto in evidenza che il suddetto contratto prevede interessi a tasso fisso in misura dello 0,495833% mensile “pari ad un tasso nominale annuo del 5,95%” e interessi di mora “calcolati al tasso nominale annuo pari al tasso, pro-tempore vigente durante la mora, per le operazioni di rifinanziamento marginale (marginal lending facility) fissato dalla Banca Centrale Europea (attualmente pari al 5% annuo) […]

maggiorato di 3,50 punti percentuali annui”. Nel computo dei costi del finanziamento, ha ritenuto doversi considerare pure le voci “spese di istruttoria comprensive di assicurazione obbligatoria” e “costo unitario avviso scadenza rata” ai fini dell’ottenimento dell’indicatore sintetico di costo.

(2)

La somma dell’indicatore sintetico di costo (6,183%) e del tasso di mora supererebbe notevolmente il tasso soglia di usura previsto dalla Banca d’Italia, essendo pari al 9,683%.

L’usura del finanziamento non sarebbe stata rimossa nemmeno in sede di rinegoziazione, quando il tasso nominale annuo è stato portato al 5,45%, mentre il tasso di mora è stato innalzato al 4%, così da superare nel complesso il tasso soglia vigente.

Il ricorrente ha sostenuto, pertanto, l’illegittimità degli interessi applicati e, a supporto della propria tesi, ha richiamato normativa e giurisprudenza civile e penale sul punto; ha, altresì, asserito che “nel caso specifico, l’algoritmo o formula suggerita dalla Banca d’Italia per calcolare il TEG per confrontarlo con il tasso soglia non è valida”.

Alla luce di ciò, ha chiesto la “restituzione di tutti gli interessi pagati dalla stipula del contratto sino all’ultima rata pagata, cifra accertabile dai documenti di resoconto annuale allegati…ed evidentemente in quelli futuri, sino al momento della chiusura del contenzioso”.

Ha chiesto, altresì, lo stralcio degli interessi da corrispondere fino alla scadenza del contratto e la restituzione della sola quota capitale “totalmente priva di alcun interesse, anche di quelli dovuti per aver sospeso 3 volte il pagamento rate (il contratto prevede questa possibilità, inserita però nella clausola INTERESSI, quindi non più valida legalmente se questo ricorso verrà accettato)”.

Il ricorrente ha chiesto:

“1) Restituzione di tutti gli interessi pagati dalla stipula del contratto sino alla ultima rata pagata, cifra accertabile dai documenti di resoconto annuale allegati al presente ricorso ed evidentemente in quelli futuri, sino al momento della chiusura del contenzioso. (la cifra richiesta, aggiornata al 31 gennaio 2014, è pari ad euro 29.500,96 […] alla quale si aggiungeranno gli ulteriori interessi che verranno pagati nelle successive rate sino alla vostra sentenza);

2) Riconteggio della rata mensile sino allo scadere del mutuo, calcolando esclusivamente il residuo della somma mutuata, totalmente priva di alcun interesse, anche di quelli dovuti per aver sospeso 3 volte il pagamento rate (il contratto prevede questa possibilità, inserita però nella clausola INTERESSI, quindi non più valida legalmente se questo ricorso verrà accettato)”.

Nelle proprie controdeduzioni, presentate tramite Conciliatore Bancario il 13 marzo 2014, l’intermediario ha confermato di aver stipulato con il ricorrente, il 30 aprile 2008, un contratto di mutuo fondiario dell’importo di € 120.000,00, che prevedeva: a) ammortamento in 360 rate mensili (art. 3.1); b) il tasso fisso di interesse pari allo 0,495833% mensile e annuo del 5,95% (art. 4.1); c) tasso di mora pro tempore vigente durante la mora, parametrato sul tasso di riferimento per le operazioni di rifinanziamento marginale […] fissato dalla Banca Centrale Europea (attualmente pari al 5% annuo) […]

maggiorato di 3,50 punti percentuali annui (art. 4.3).

Tale contratto veniva rinegoziato consensualmente il 9 giugno 2011, con riduzione del tasso fisso dal 5,95% nominale annuo al 5,45%, e maggiorazione del tasso di mora di 4 punti percentuali annui, in luogo dei precedenti 3,50.

L’intermediario ha dichiarato che il ricorrente, in data 24 dicembre 2013, asserendo la natura usuraria degli interessi contrattuali, calcolati sommando la previsione del tasso corrispettivo e di quello di mora, gli chiedeva la restituzione “immediata degli interessi pagati dal momento della stipula del contratto sino all’ultima rata”, specificando che “per interessi non si intende la sola parte eccedente la soglia del tasso consentito, ma, come previsto, tutti gli interessi pagati ad iniziare dalla data contrattuale”.

L’intermediario ha fatto presente di aver dato riscontro al reclamo in data 21/01/2014,

“confutando puntualmente le argomentazioni espresse dal ricorrente”.

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In punto di diritto, il convenuto ha suddiviso le istanze del ricorrente in due “distinte domande, sia pure di analogo contenuto, in quanto facenti riferimento a pattuizioni intervenute in momenti diversi”: la prima si riferirebbe al periodo compreso tra il 30/04/2008, data di stipula del contratto di mutuo, ed il 9/06/2011, data della successiva rinegoziazione per scrittura privata, e la seconda al lasso temporale successivo alla modifica del contratto.

In relazione alla prima domanda, ha eccepito l’incompetenza ratione temporis del Collegio, in quanto relativa a fatti verificatisi in data anteriore al 1/01/2009.

In relazione alla seconda, ha rilevato che ha causa petendi identica alla prima istanza e, per tale ragione, ha svolto le proprie considerazioni con riferimento ad ambo le richieste.

In tale prospettiva, ha richiamato i tassi soglia già individuati dal ricorrente: 9,06% “con riferimento alla prima ed inammissibile domanda”; 9,85% “con riferimento alla successiva rinegoziazione del 9/06/2011”. Ha specificato che tale ultimo parametro è calcolato in ossequio al D.L. 13 maggio 2011 n. 70, entrato in vigore a decorrere dal 14/05/2011, che ha modificato i criteri di computo del tasso soglia.

Fissati i parametri di riferimento, ha escluso la sommatoria di interessi convenzionali ed interessi moratori ai fini del computo del TEGM, in quanto sono indici “necessariamente alternativi e diversi per natura giuridica e funzione” e, pertanto, “non possono essere considerati congiuntamente ed addirittura equiparati ai sensi e per gli effetti di cui alla Legge 108/96”. Ha, poi, richiamato la normativa di riferimento e precedenti giurisprudenziali in materia di calcolo dei tassi d’interesse sui finanziamenti ed in merito all’esclusione degli interessi moratori nel computo dell’usurarietà dei tassi convenuti.

Ha posto, infine, in luce la mancata produzione documentale a supporto delle istanze attoree in relazione alla corresponsione di interessi a tasso usurario e in merito all’applicazione in concreto di interessi moratori.

L’intermediario ha chiesto:

DIRITTO

Prima di esaminare nel merito la controversia, sembra opportuno riportare alcuni aspetti essenziali ai fini della decisione.

Preliminarmente, si evidenzia che il ricorrente afferma in sede di ricorso di non avere ricevuto riscontro al reclamo; l’intermediario, in sede di controdeduzioni, afferma di aver fornito risposta in data 21/01/2014 e richiama documento allegato cui però corrisponde altro (non coerente) contenuto.

Ancora preliminarmente, si osserva che, il ricorrente fa riferimento ad un vizio genetico del contratto, reiterato in sede di rinegoziazione. Con riferimento al contratto originario, la data di stipula pare collocare la controversia in periodo estraneo alla competenza dell’ABF.

In relazione al petitum, si rileva che il reclamo non fa cenno alla rinegoziazione del contratto, chiedendo solo l’accertamento della nullità per usura originaria e la conseguente restituzione di tutti gli interessi pagati. L’intermediario convenuto, tuttavia, non rileva la mancata specificazione temporale delle istanze attoree, procedendo invero esso stesso alla ripartizione cronologica in relazione al periodo di competenza dell’ABF.

(4)

La parte ricorrente asserisce che, sommando gli interessi di mora ai tassi previsti contrattualmente, si supera il tasso soglia di riferimento pubblicato dalla Banca d’Italia, che nel periodo di sottoscrizione era pari al 9,06% e nel corso della rinegoziazione era comunque inferiore a quanto applicato dall’intermediario convenuto.

Dalle comunicazioni della Banca d’Italia del 26/03/2008 e del 30/03/2011, relativa all’emanazione da parte del Ministero per l’Economia e le Finanze del Decreto Ministeriale recante i tassi di interesse effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura n. 108/1996, il tasso di riferimento in vigore per il periodo 1°aprile – 30 giugno 2008 è pari al 6,04% e 1°aprile – 30 giugno 2011 è pari al 4,68%. Poiché oggetto della presente controversia è un contratto di mutuo a tasso fisso, il tasso soglia deve essere individuato nella misura del 9,06% per il primo periodo e 7,02% per il secondo periodo. Tuttavia, a seguito della previsione di cui al D.L. 13 maggio 2011 n.70, il tasso soglia per il secondo periodo è da considerarsi pari al 9,85% (4,86 + 25% + 4).

Come riportato dal contratto, il tasso nominale annuo è pari rispettivamente al 5,95% per il primo periodo e al 5,45% per il secondo periodo, e risulta, pertanto, inferiore al tasso soglia.

Il tasso di mora ammonta, invece, all’8,50% (5,00%+3,50% maggiorazione), riferito alla sottoscrizione del contratto, e al 6,00% (2,00% + 4,00 maggiorazione) riferito alla rinegoziazione.

Il tasso soglia, dunque, è superato unicamente nell’ipotesi, sostenuta dal ricorrente, di sommatoria del TAN e del tasso di mora ai fini della verifica di usurarietà dei tassi (5,95 + 8,50 = 14,45% per il primo periodo – e 5,45 + 6,00= 11,45% per il secondo periodo).

Si dà atto che il criterio di calcolo del tasso di mora da parte del ricorrente non tiene conto dei punti che costituiscono la base imponibile (5,00% ante rinegoziazione e 2,00% post rinegoziazione), ma considera solo l’importo costituente la maggiorazione del tasso (3,50% ante rinegoziazione e 4,00% post rinegoziazione).

Tanto premesso, questo Collegio deve esaminare preliminarmente la questione, sollevata dall’intermediario resistente, della competenza temporale a conoscere di parte dei fatti dedotti nel ricorso.

L’eccezione coglie nel segno.

Deve, infatti, ricordarsi che le Disposizioni della Banca d’Italia del 18.6.09 (sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari) prevedono espressamente che (Sez. I, art. 4, punto 3) “Non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1°

gennaio 2009”.

Ora, come già in altre occasioni si è avuto modo di rilevare (cfr., ad esempio, la decisione n. 918/10), il criterio di riferimento della normativa appena citata è oggettivo, poiché il testo si riferisce ad operazioni o condotte e non già al momento della loro emersione nella sfera di conoscenza del ricorrente; qualora le doglianze si riferiscano a fatti risalenti ad un periodo anteriore al 1°gennaio 2009, la domanda del ricorrente non può in alcun modo essere presa in considerazione in questa sede (id est, nel caso di specie, quella riferita alla nullità della clausola contenuta nell’originario contratto stipulato con l’intermediario resistente).

Ciò chiarito, questo Collegio non può che rilevare l’infondatezza delle residue doglianze formulate dal ricorrente (quelle relative al periodo successivo alla rinegoziazione del finanziamento in essere tra le parti).

Infatti, come ha avuto modo di sottolineare il Collegio di Coordinamento nella decisione n.

1875 del 28.3.2014, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia non è affatto sufficiente compiere l’operazione aritmetica di sommare la cifra che indica il tasso di mora con la cifra che indica il tasso effettivo annuo, confrontare tale somma aritmetica con il

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tasso soglia del periodo e, da tale confronto, ricavare l’effetto giuridico dell’azzeramento di entrambi, essendo, al contrario “evidente che la regola di diritto è tutt’altra”; ciò in quanto

“affinché possa attenersi l’effetto per cui ‘non sono dovuti interessi’, occorre anzitutto che gli interessi siano ‘promessi o comunque convenuti’ con effetto giuridicamente vincolante, mentre non rileva che siano descritti”; a ciò si aggiunga che “gli interessi corrispettivi sono, in quanto obblighi di concreto pagamento da adempiere in costanza del rapporto di credito programmato, alternativi rispetto agli interessi moratori che identificano gli obblighi di pagamento riferiti alle somme dovute susseguenti alla messa in mora e non già cumulabili con questi ultimi. Pertanto […] la somma aritmetica […] non corrisponde alla individuazione di alcun obbligo di pagamento assunto con il contratto, ma, al contrario, contraddice alle pattuizioni intercorse ed è perciò priva di base giuridica”.

Oltre a quanto appena illustrato, deve anche ricordarsi, sempre secondo la citata decisione del Collegio di Coordinamento, che “così come sarebbe palesemente scorretto confrontare gli interessi pattiziamente convenuti per una data operazione di credito con i tassi soglia di una diversa tipologia di operazione creditizie, cosi come sarebbe palesemente scorretto calcolare nel costo del credito convenzionalmente pattuito gli addebiti a titolo di imposte, altrettanto risulta scorretto calcolare nel costo del credito pattuito i tassi moratori che non sono presi in considerazione ai fini della individuazione dei tassi soglia, perché in tutti i casi si tratta di fare applicazione del medesimo principio di simmetria. […] Conclusivamente si deve ribadire che non possono essere assoggettati alla disciplina relativa gli interessi usurari elementi di costo del credito che non siano contemplati nel calcolo dei tassi soglia”. Infatti, “[…] gli interessi moratori compensano il creditore per la perdita di disponibilità di somme di denaro che esso non ha accettato, ma che solo subisce per effetto del ritardo nel pagamento che gli è dovuto e per un periodo di tempo non prevedibile. Il fatto che la misura degli interessi moratori possa essere preconcordata tra le parti non incide sulla differenza rilevata perché preliquidare l’ammontare del danno non muta la natura giuridica del debito risarcitorio. E’ anche da considerare la diversa intensità del rischio creditorio sottesa alla determinazione della misura degli interessi corrispettivi da un lato e degli interessi moratori dall’altro. Infatti la prima misura incorpora il presupposto della puntualità nei pagamenti dovuti, mentre la seconda incorpora l’incertezza relativa al momento della solutio, posto che il soddisfacimento delle ragioni creditorie non è più affidato alla fisiologica esecuzione del contratto, ma ai rimedi che assistono il creditore deluso, il quale può anche rimanere tale per sempre. Da ciò deriva la necessità logica di differenziare la misura dei due tipi di interessi. Il punto è comunque risolto dal diritto positivo, posto che l’art. 1224 c.c. indica con chiarezza la specifica funzione degli interessi moratori e la loro radicale differenza rispetto agli interessi corrispettivi. Pertanto alla luce dei dati positivi e della loro ratio la tesi della equivalenza tra interessi moratori ed interessi corrispettivi emerge come insostenibile”.

Ebbene, sulla scorta di quanto appena illustrato emerge chiaramente che il tasso pattuito inter partes non può considerarsi usurario.

Per le ragioni esposte, le residue doglianze della parte ricorrente non appaiono fondate.

(6)

PER QUESTI MOTIVI

Il Collegio dichiara la parziale non procedibilità del ricorso e non accoglie la parte residua.

IL PRESIDENTE

firma 1

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