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A. Teta APPUNTI DI MECCANICA RAZIONALE Introduzione alle equazioni di Hamilton a.a. 2007/08

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(1)

APPUNTI DI MECCANICA RAZIONALE Introduzione alle equazioni di Hamilton

a.a. 2007/08

1

(2)

INDICE

1. Equazioni di Hamilton pag. 3

2. Principio variazionale 6

3. Equazioni di Hamilton per un sistema meccanico 7

4. Integrali primi e parentesi di Poisson 9

5. Trasformazioni canoniche 11

6. Funzioni generatrici 16

7. Equazione di Hamilton-Jacobi 17

8. Flusso di fase, teoremi di Liouville e Poincar´ e 19

9. Equazione di Liouville 23

(3)

1. Equazioni di Hamilton

Si consideri un sistema a n gradi di libert` a descritto dalla lagrangiana L(q, η, t). Le corrispon- denti equazioni di Lagrange

d dt

∂L

∂η

k

(q(t), ˙ q(t), t) = ∂L

∂q

k

(q(t), ˙ q(t), t), k = 1, . . . , n (1.1) sono un sistema di n equazioni differenziali del secondo ordine nell’incognita t 7→ q(t) ≡ (q

1

(t), . . . , q

n

(t)). Come ` e noto, il sistema del secondo ordine (1.1) si pu` o sempre ridurre ad un sistema di 2n equazioni del primo ordine. Per esempio

˙ q

k

= η

k

d dt

∂L

∂η

k

(q(t), η(t), t) = ∂L

∂q

k

(q(t), η(t), t) (1.2)

In (1.2) le coordinate q, η giocano ruoli diversi. Per motivi che saranno pi` u chiari in seguito, vogliamo invece ottenere un sistema del primo ordine che sia il pi` u possibile simmetrico nelle sue coordinate. A questo scopo consideriamo una lagrangiana L(q, η, t) regolare cio` e tale che

2

L

∂η

h

∂η

k

6= 0 (1.3)

e poniamo

p

h

= ∂L

∂η

h

(q, η, t) (1.4)

Per la condizione (1.3), da (1.4) si pu` o ricavare l’inversa

η

h

= α

h

(q, p, t) (1.5)

Facendo uso di (1.4) e (1.5) in (1.2) si ottiene il seguente sistema del primo ordine nelle variabili (q, p)

˙

q

h

= α

h

(q, p, t)

˙

p

h

= ∂L

∂q

h

(q, α(q, p, t), t) (1.6)

Definiamo ora l’hamiltoniana del sistema come la trasformata di Legendre della lagrangiana

H(q, p, t) =

n

X

k=1

α

k

(q, p, t)p

k

− L(q, α(q, p, t), t) (1.7) Calcoliamo poi le derivate parziali della hamiltoniana

∂H

∂q

h

= X

k

∂α

k

∂q

h

p

k

− ∂L

∂q

h

− X

k

∂L

∂η

k

∂α

k

∂q

h

= − ∂L

∂q

h

(1.8)

(4)

∂H

∂p

h

= X

k

∂α

k

∂p

h

p

k

+ α

k

+ X

k

∂L

∂η

k

∂α

k

∂p

h

= α

h

(1.9)

Utilizzando (1.8) e (1.9) in (1.6) si ottiene infine il sistema

˙

q

h

= ∂H

∂p

h

˙

p

h

= − ∂H

∂q

h

(1.10)

Le equazioni (1.10) si dicono equazioni di Hamilton. Si tratta di un sistema di 2n equazioni del primo ordine nelle variabili (q, p) che, come si vede, giocano sostanzialmente lo stesso ruolo. Lo spazio su cui variano (q, p) si dice spazio delle fasi e si indica con Γ. La soluzione t 7→ (q(t), p(t))

` e dunque una curva nello spazio delle fasi Γ . Resta cosi dimostrata la seguente proposizione.

Proposizione 1.1. Sia L(q, η, t) una lagrangiana regolare, t 7→ q(t) la soluzione delle corri- spondenti equazioni di Lagrange con dato iniziale (q

0

, ˙ q

0

) e H(q, p, t) definita da (1.7). Allora t 7→ (q(t), p(t)), con p(t) =

∂L∂η

(q(t), p(t), t), ` e soluzione delle equazioni di Hamilton (1.10) con dato iniziale (q

0

, p

0

) e con p

0

=

∂L∂η

(q(0), ˙ q(0), 0)

In modo analogo si pu` o fare il procedimento inverso per passare dalle equazioni di Hamilton alle equazioni di Lagrange. Sia H(q, p, t) un’hamiltoniana regolare, cio` e tale che

2

H

∂p

h

∂p

k

6= 0 (1.11)

e supponiamo che valgano le corrispondenti equazioni di Hamilton (1.10). Poniamo η

h

=

∂H

∂ph

(q, p, t) e ricaviamo l’inversa p

h

= π

h

(q, η, t). Definiamo quindi la lagrangiana L(q, η, t) = ˆ X

k

π

k

(q, η, t)η

k

− H(q, π(q, η, t), t) (1.12) Come prima calcoliamo le derivate parziali di ˆ L

∂ ˆ L

∂q

h

= X

k

∂π

k

∂q

h

η

k

− ∂H

∂q

h

− X

k

∂H

∂π

k

∂π

k

∂q

h

= − ∂H

∂q

h

(1.13)

∂ ˆ L

∂η

h

= X

k

∂π

k

∂η

h

η

k

+ π

h

− X

k

∂H

∂p

k

∂π

k

∂p

h

= π

h

(1.14)

Derivando (1.14) rispetto al tempo si ha d

dt

∂ ˆ L

∂η

h

= d

dt π

h

= ˙ p

h

= − ∂H

∂q

h

= ∂ ˆ L

∂q

h

(1.15)

Inoltre

(5)

η

h

= ∂H

∂p

h

= ˙ q

h

(1.16)

Le (1.16), (1.15) sono le equazioni di Lagrange per ˆ L. Abbiamo cos`ı provato la seguente proposizione.

Proposizione 1.2. Sia H(q, p, t) una hamiltoniana regolare e t 7→ (q(t), p(t)) la soluzione delle corrispondenti equazioni di Hamilton con dato iniziale (q

0

, p

0

); sia ˆ L(q, η, t) definita da (1.12).

Allora q(t) ` e soluzione delle equazioni di Lagrange associate alla lagrangiana ˆ L(q, η, t) con dati iniziali q(0) = q

0

e ˙ q(0) =

∂H∂p

(q

0

, p

0

, 0).

Si osservi che applicando due volte la trasformata di Legendre si riottiene la funzione di partenza. Infatti se si valuta l’uguaglianza ˆ L = π(q, η)η − H(q, π(q, η)) in η =

∂H∂p

(q, p) si ottiene

L(q, ˆ ∂H

∂p (q, p)) = p ∂H

∂p − H(q, p) (1.17)

Basta ora osservare che H(q, p) = α(q, p)p − L(q, α(q, p),

∂H∂p

= α(q, p) e sostituire in (1.17).

Osservazione 1.1. Si ricordi che l’energia generalizzata per un sistema lagrangiano ` e ε(q, η, t) = X

i

∂H

η

i

η

i

− L e quindi si riconosce che

H(q, p, t) = ε(q, α(q, p), t)

L’hamiltoniana coincide con l’energia generalizzata del sistema e quindi ` e un integrale primo

nel caso autonomo. Si noti che, a differenza della lagrangiana, la hamiltoniana ha un preciso

significato fisico.

(6)

2. Principio variazionale

Vogliamo derivare le equazioni di Hamilton da un principio variazionale. Cominciamo con defi- nire un opportuno funzionale d’azione definito su traiettorie nello spazio delle fasi. Denotiamo con z = (q, p) un punto dello spazio delle fasi e w = ( ˙ p, ˙ q). Definiamo un insieme di traiettorie nello spazio delle fasi con estremi fissati z

(1)

, z

(2)

M = {γ|γ : [0, T ] → Γ, γ ∈ C

1

, γ(0) = z

(1)

, γ(T ) = z

(2)

} (2.1) e la lagrangiana

L(z, w, t) =

n

X

k=1

z

k

w

n+k

− H(z, t) =

n

X

k=1

p

k

q ˙

k

− H(p, q, t) (2.2) Definiamo poi il funzionale d’azione

S(γ) = Z

T

0

dtL(γ(t), ˙γ(t), t) = Z

T

0

dt (p(t) ˙ q(t) − H(p(t), q(t), t) (2.3) Si noti che in (2.2) non c’` e relazione tra p e ˙ q e dunque L non ` e la trasformata di Legendre di H. Cerchiamo ora i punti critici di (2.3) su M. Si deve dunque risolvere il problema ai limiti



d

dt

∂L

∂wk

(γ(t), ˙γ(t), t) =

∂z∂L

k

γ(0) = z

(1)

γ(T ) = z

(2)

(2.4)

Osserviamo che le equazioni (2.4) si scrivono d

dt

∂L

∂ ˙ p

k

= ∂L

∂p

k

per k = 1 . . . n (2.5)

d dt

∂L

∂ ˙ q

k

= ∂L

∂q

k

per k = n + 1 . . . 2n (2.6)

Dalla definizione di L si ricava

∂L

∂ ˙ p

k

= 0; ∂L

∂p

k

= ˙ q

k

− ∂H

∂p

k

; ∂L

∂ ˙ q

k

= p

k

; ∂L

∂q

k

= − ∂H

∂q

k

(2.7)

Sostituendo in (2.5) e (2.6) si ottengono le equazioni di Hamilton.

Osservazione 2.1. Siccome si tratta di equazioni del primo ordine,una volta assegnato z

(1)

, risulta univocamente determinato z

(2)

= (p(T ), q(T )) per il teorema di esistenza ed unicit` a.

Quindi il punto critico di S(γ) non esiste in generale per una scelta arbitraria di z

(2)

, ma solo

quando z

(2)

= γ(T ; z

(1)

).

(7)

3. Equazioni di Hamilton per un sistema meccanico

Vogliamo ora ricavare l’Hamiltoniana per un sistema meccanico con vincoli indipendenti dal tempo a partire dalla espressione della corrispondente lagrangiana. Ricordiamo che L ha la forma

L(q, η) = 1 2

X

hk

a

hk

(q)η

h

η

k

− V (q) ≡ 1

2 < η, A(q)η > −V (q) (3.1) dove A(q) = (a

hk

(q)) ` e una matrice simmetrica, definita positiva e <, > indica il prodotto scalare. Quindi

p

i

= ∂L

∂η

i

(q, η) = X

k

a

ik

(q)η

k

o equivalentemente in notazione vettoriale

p = A(q)η Dunque

η = A

−1

(q)p Possiamo ora definire l’hamiltoniana del sistema

H(p, q) =< p, A

−1

(q)p > − 1

2 < A

−1

(q)p, A(q)A

−1

(q)p > +V (q)

= 1

2 < p, A

−1

(q)p > +V (q) (3.2)

Esercizio. Si scriva l’hamiltoniana in coordinate sferiche e cilindriche per un punto materiale soggetto ad una forza di energia potenziale V .

Nel caso di un sistema meccanico soggetto a vincoli dipendenti dal tempo la lagrangiana ha la forma

L(q, η, t) = 1 2

X

hk

a

hk

(q, t)η

h

η

k

+ X

k

b

k

(q, t)η

k

+ c(q, t) − V (q, t)

≡ 1

2 < η, Aη > + < b, η > +c − V (q, t) (3.3) quindi

p

i

= ∂L

∂η

i

= X

k

a

ik

(q, t)η

k

+ b

i

(q, t) (3.4)

che in notazione vettoriale si scrive

(8)

p = Aη + b (3.5) Possiamo allora ricavare

η = A

−1

(p − b) (3.6)

In definitiva l’hamiltoniana del sistema si scrive

H(p, q, t) =< p, A

−1

(p − b) > − 1

2 < A

−1

(p − b), A(q, t)A

−1

(p − b) >

− < b(q, t), A

−1

(p − b) > −c(q, t) + V (q, t)

= 1

2 < p, A

−1

p > − < p, A

−1

b > + 1

2 < b, A

−1

b > −c + V (3.7) Ricordiamo che anche la lagrangiana per una carica in un campo elettromagnetico si scrive nella forma (3.3)

L

em

(q, η, t) = 1

2 mη

2

+ q

c η · A

m

− qφ

e

(3.8)

dove A

m

(q, t) e φ

e

(q, t) sono rispettivamente il potenziale vettore e il potenziale scalare del campo elettromagnetico. Calcoliamo l’hamiltoniana associata a L

em

p = mη + q

c A

m

(3.9)

da cui

η = 1 m

 p − q

c A

m



(3.10) quindi

H

em

(p, q, t) = p

m (p − q

c A

m

) − 1 2 m 1

m

2

(p − q

c A

m

)

2

− q c A

m

1

m (p − q

c A

m

) + qφ

e

= 1

2m (p − q

c A

m

)

2

+ qφ

e

(3.11)

Naturalmente la (3.11) si poteva ricavare direttamente da (3.7) sostituendo A, b, c, V con m1 ,

q

c

A

m

, 0 , qφ

e

.

(9)

4. Integrali primi e parentesi di Poisson

La nozione di integrale primo nel formalismo hamiltoniano ` e del tutto analoga al caso lagran- giano.

Definizione 4.1. La funzione G(q, p, t) si dice integrale primo per il sistema di equazioni di Hamilton

˙

q

i

= ∂H

∂p

i

, p ˙

i

= − ∂H

∂q

i

(4.1)

se risulta

d

dt G(q(t), p(t), t) = 0 (4.2)

per ogni soluzione t → (q(t), p(t)) del sistema (4.1).

Ovviamente si ha che G(q, p, t) ` e un integrale primo di (4.1) se e solo se G(q, p, t) ≡ G(q, p(q, η), t)

` e un integrale del corrispondente sistema lagrangiano, dove p = p(q, η) si ottiene invertendo la relazione η =

∂H∂p

(q, p).

La condizione (4.2), che determina un integrale primo per un sistema hamiltoniano, si pu` o scrivere in una forma pi` u conveniente utilizzando le parentesi di Poisson.

Definizione 4.2. Date due funzioni F (q, p, t),G(q, p, t) di classe C

1

, si dice parentesi di Poisson di F e G La funzione

{F, G} = X

k

 ∂F

∂q

k

∂G

∂p

k

− ∂F

∂p

k

∂G

∂q

k



(4.3) Si ha allora la seguente proposizione.

Proposizione 4.1. La funzione G(q, p, t) ` e un integrale pimo per il sistema descritto dall’ha- miltoniana H se e solo se

{G, H} + ∂G

∂t = 0 (4.4)

In particolare se G non dipende eplicitamente dal tempo allora ` e un integrale primo se e solo se

{G, H} = 0 (4.5)

Dimostrazione. L’enunciato segue dalla seguente catena di uguaglianze d

dt G(p(t), q(t), t) = X

k

 ∂G

∂p

k

˙

p

k

+ ∂G

∂q

k

˙ q

k

 + ∂G

∂t = X

k

 ∂G

∂q

k

∂H

∂p

k

− ∂G

∂p

k

∂H

∂q

k

 + ∂G

∂t

= {G, H} + ∂G

∂t (4.6)



Valgono alcune propriet` a fondamentali per le parentesi di Poisson, che sono un’immediata

conseguenza della definizione (verificare per esercizio).

(10)

(1) Linearit` a rispetto ad entrambi i suoi argomenti

{F

1

+ F

2

, G} = {F

1

, G} + {F

2

, G} {F, G

1

+ G

2

} = {F, G

1

} + {F, G

2

} (4.7) (2) Antisimmetria

{F, G} = −{G, F } (4.8)

(3) Identit` a di Jacobi

{F, {G, L}} + {L, {F, G}} + {G, {L, F }} = 0 (4.9) (4) Parentesi fondamentali per le funzioni coordinate

{q

i

, p

j

} = δ

ij

{q

i

, q

j

} = {p

i

, p

j

} = 0 (4.10) Possiamo allora enunciare la seguente proposizione.

Proposizione 4.2. Nel caso di un sistema autonomo con hamiltoniana H = H(q, p) valgono le seguenti affermazioni

1) H ` e un integrale primo.

2) Se F,G sono integrali primi allora anche {F,G} lo ` e.

3) Se F ` e integrale primo quando l’hamiltoniana ` e H allora, H ` e integrale primo quando l’hamiltoniana ` e F.

4) Le equazioni di Hamilton possono scriversi equivalentemente:

˙

q

i

= {q

i

, H} , p ˙

i

= {p

i

, H} (4.11) Dimostrazione. La prima e la terza affermazione sono ovvie.

Se F, G sono integrali primi allora {F, H} = 0 = {G, H}; riscrivendo l’identita di Jacobi con H al posto di L si ottiene {F, {G, H}} + {H, {F, G}} + {G, {H, F }} = 0 da cui si ricava {H, {F, G}} = 0 e quindi l’affermazione 2) e’ provata.

Per l’affermazione 4) basta osservare che {q

i

, H} = P

k



∂qi

∂qk

∂H

∂pk

∂p∂qi

k

∂H

∂qk



=

∂H∂p

i

e analogamente {p

i

, H} = −

∂H∂q

i

. 

Osservazione 4.1. Le parentesi di Poisson giocano un ruolo importante nel formalismo ha-

miltoniano, in particolare nello studio delle trasformazioni canoniche, delle simmetrie e pi` u in

generale della struttura algebrica della meccanica classica.

(11)

5. Trasformazioni canoniche

Nel caso di un sistema lagrangiano un cambio di coordinate nello spazio delle configurazioni del tipo

Q = Q(q) (5.1)

con inversa

q = q(Q) (5.2)

induce una trasformazione per le velocit` a

Q = ˙ ∂Q

∂q q ˙ (5.3)

da cui

˙ q = ∂q

∂Q

Q ˙ (5.4)

Sappiamo inoltre che se t 7→ q(t) ` e soluzione delle equazioni di Lagrange associate a L(q, ˙ q) allora t 7→ Q(q(t)) ` e soluzione delle equazioni associate alla lagrangiana

L

0

(Q, ˙ Q) = L



q(Q), ∂q

∂Q (Q) ˙ Q



(5.5) Per vedere cosa accade alle equazioni di Hamilton dobbiamo determinare la trasformazione dei momenti. Per definizione

p = ∂L

∂ ˙ q (5.6)

e quindi

P = ∂L

0

∂ ˙ Q = ∂L

∂ ˙ q

∂q

∂Q = ∂q

∂Q p (5.7)

Resta allora definita la trasformazione nello spazio delle fasi Q = Q(q), P = ∂q

∂Q p (5.8)

Sia t 7→ (q(t), p(t)) soluzione delle equazioni di Hamilton

˙

q = ∂H

∂p , p = − ˙ ∂H

∂q , H = H(q, p) (5.9)

Verifichiamo che

t 7→ (Q(t), P (t)) ≡ (Q(q(t)), P (q(t), p(t))) (5.10) soddisfa le equazioni associate alla hamiltoniana

H

0

(Q, P ) = H(q(Q), ∂Q

∂q P ) (5.11)

(12)

o equivalentemente

H(q, p) = H

0

(Q(q), ∂q

∂Q p) (5.12)

Infatti risulta

Q = ˙ ∂Q

∂q q = ˙ ∂Q

∂q

∂H

∂p = ∂Q

∂q

∂H

0

∂P

∂q

∂Q = ∂H

0

∂P P = ˙ ∂P

∂q q + ˙ ∂P

∂p p = ˙ ∂P

∂q

∂H

∂p − ∂P

∂p

∂H

∂q = ∂P

∂q

∂H

0

∂P

∂q

∂Q

− ∂q

∂Q

 ∂H

0

∂Q

∂Q

∂q + ∂H

0

∂P

∂P

∂q



= ∂H

0

∂P

 ∂P

∂q

∂q

∂Q − ∂q

∂Q

∂P

∂q



− ∂q

∂Q

∂Q

∂q

∂H

0

∂Q = − ∂H

0

∂Q

La trasformazione nello spazio delle fasi definita da (5.8) ha quindi la propriet` a di trasformare un sistema hamiltoniano in un nuovo sistema ancora hamiltoniano. Le trasformazioni che hanno tale propriet` a si dicono canoniche.

Definizione 5.1. Una trasformazione nello spazio delle fasi

 Q = Q(q, p, t)

P = P (q, p, t) con inversa  q = q(Q, P, t) p = p(Q, P, t)

si dice canonica se per ogni hamiltoniana H e per ogni soluzione t 7→ (q(t), p(t)) delle cor- rispondenti equazioni di Hamilton esiste una hamiltoniana K = K(Q, P, t) tale che t 7→

(Q(q(t), p(t), t), P (q(t), p(t), t)) ` e soluzione delle equazioni di Hamilton associate all’hamilto- niana K.

La trasformazione si dice completamente canonica se, per ogni H si ha che K(Q, P, t) = H(q(Q, P, t), p(Q, P, t), t).

Oltre all’esempio visto prima esistono altre trasformazioni canoniche che non provengono da trasformazioni di pure coordinate del corrispondente sistema lagrangiano.

Esempio 5.1. Consideriamo la seguente trasformazione Q = −p , P = q Le equazioni per le nuove variabili P e Q risultano

P = ˙ ˙ q = ∂H

∂p = ∂H

0

∂P

∂P

∂p + ∂H

0

∂Q

∂Q

∂p = ∂H

0

∂Q Q = − ˙ ˙ p = ∂H

∂q = ∂H

0

∂Q

∂Q

∂q + ∂H

0

∂P

∂P

∂q = ∂H

0

∂P

La trasformazione ` e dunque completamente canonica perche’ risulta K = H

0

.

Esempio 5.2. Q = p, P = q ` e canonica con hamiltoniana K = −H

0

.

(13)

Esempio 5.3. La trasformazione

P = p

2

+ q

2

2 , Q = tan

−1

q

p (5.13)

` e completamente canonica (verificare). Tale trasformazione puo’ essere utilizzarla per risolvere le equazioni del moto di un oscillatore armonico. L’hamiltoniana del sistema in questo caso si scrive H =

p2+q2 2

. Nelle nuove coordinate risulta ovviamente H

0

= P e quindi e’ banale risolvere le corrispondenti equazioni di Hamilton

Q = 1, ˙ P = 0 =⇒ Q(t) = t + Q ˙

0

, P (t) = P

0

(5.14) Per scrivere la soluzione nelle vecchie coordinate basta considerare la trasformazione inversa

q = √

2P sin Q, p = √

2P cos Q (5.15)

e usare la (5.14).

Esempio 5.4. La trasformazione

P = pq

2

, Q = qp

2

non ` e canonica. Infatti si consideri H =

p22

cosicch` e ˙ q = p e ˙ p = 0. Allora si ha P = 2pq ˙ ˙ q = 2p

2

q = 2Q

Q = ˙ ˙ qp

2

= p

3

= Q

2

P

ed e’ immediato verificare che non esiste alcuna funzione K(Q, P ) tale che 2Q = − ∂K

∂Q e

Q

2

P = ∂K

∂P

Enunciamo qui di seguito una proposizione che caratterizza le trasformazione nello spazio delle fasi completamente canoniche facendo uso delle parentesi di Poisson.

Proposizione 5.1. Una trasformazione Q = Q(q, p) , P = P (q, p) ` e completamente canonica se e solo se

{Q

i

, P

j

} = δ

ij

{Q

i

, Q

j

} = {P

i

, P

j

} = 0 (5.16)

(14)

Dimostrazione. Consideriamo il caso di un grado di liberta’. Definiamo H

0

(Q, P ) = H(q(Q, P ), p(Q, P ))

e quindi

H(q, p) = H

0

(Q(q, p), P (q, p)) Si ha allora

Q = ˙ ∂Q

∂q q + ˙ ∂Q

∂p p = ˙ ∂Q

∂q

∂H

∂p − ∂Q

∂p

∂H

∂q =

= ∂Q

∂q

 ∂H

0

∂Q

∂Q

∂p + ∂H

0

∂P

∂P

∂p



− ∂Q

∂p

 ∂H

0

∂Q

∂Q

∂q + ∂H

0

∂P

∂P

∂q



=

= ∂H

0

∂Q

 ∂Q

∂q

∂Q

∂p − ∂Q

∂p

∂Q

∂q



+ ∂H

0

∂P

 ∂Q

∂q

∂P

∂p − ∂Q

∂p

∂P

∂q



= ∂H

0

∂Q {Q, Q} + ∂H

0

∂P {Q, P } Analogamente si trova

P = − ˙ ∂H

0

∂Q {Q, P } + ∂H

0

∂P {P, P }

cosicche’ la proposizione e’ provata per un grado di liberta’. L’estensione al caso di n gradi di

liberta’ e’ immediata (verificare). 

Vogliamo ora delle condizioni sufficienti a stabilire se una trasformazione ` e canonica. A questo scopo e’ necessario prima definire lo spazio delle fasi esteso

Γ = Γ × R ˜

Indichiamo un punto di questo spazio con z = (p, q, t), dove (p, q) ∈ Γ e t ∈ R. Una curva in questo spazio ` e una applicazione λ 7→ z(λ) = (p(λ), q(λ), t(λ)) , t ∈ [t

1

, t

2

]. Derivando rispetto a λ si ha

˙z = F

H

(z) = ( ˙ p, ˙ q, ˙t) =



− ∂H

∂q , ∂H

∂p , 1



Siccome t(λ) = λ + c, ` e chiaro che si tratta di un sistema di equazioni equivalente alle equazioni di Hamilton.

Definiamo la seguente forma differenziale nello spazio esteso ˜ Γ

π = pdq − Hdt (5.17)

Vogliamo provare che una trasformazione ` e canonica se la forma π risulta invariante a meno del differenziale di una funzione.

Proposizione 5.2. Sia ψ : (p, q, t) 7→ (P, Q, t) una trasformazione regolare e invertibile.

Supponiamo che, per ogni H(p, q, t) sufficientemente regolare, esistano K(P, Q, t) e G(p, q, t), sufficientemente regolari, tali che

pdq − Hdt = P dQ − Kdt + dG (5.18)

(15)

Allora ψ ` e canonica e K ` e l’hamiltoniana nel nuovo sistema di coordinate (P, Q).

Dimostrazione. Occorre provare che, comunque si scelga un’hamiltoniana H e una soluzione delle equazioni ad essa associate γ

0

(t) = (p(t), q(t)), allora γ

00

(t) = ψ(γ

0

(t)) ` e soluzione delle equazioni associate a K. Facendo uso del principio variazionale possiamo dire che γ

0

` e un punto critico del funzionale

S(γ) = Z

T

0

dt 

p(t) ˙ q(t) − H(p(t), q(t), t) 

= Z

γ

π Facendo uso dell’ipotesi (5.18) si ha

S(γ) = Z

T

0

dt 

P (t) ˙ Q(t) − K(P (t), Q(t), t) 

+ G(z

(2)

, T ) − G(z

(1)

, 0)

≡ S

0

0

) + G(z

(2)

, T ) − G(z

(1)

, 0) (5.19) Dove il funzionale S

0

` e definito su γ

0

= ψ(γ) appartenenti a

M = {γ

0

0

: [0, T ] 7→ ˜ Γ

0

, γ

0

(0) = z

10

= (P

0

, Q

0

), γ

0

(T ) = z

20

= (P (T ), Q(T ))}. Da (5.19) discende che, se γ

0

` e un punto critico di S, allora γ

00

` e punto critico di S

0

, quindi soluzione delle

equazioni di Hamilton con hamiltoniana K. 

Osservazione 5.1. Facendo uso delle (5.18) in un sistema di coordinate misto (per esempio (q, P )) si pu` o determinare facilmente G. Infatti

pdq − Hdt = P dQ − Kdt + dG ± QdP = −QdP − Kdt + d(G + QP ) Se definiamo

F (q, P, t) = G(q, p(q, P, t), t) + Q(q, p(q, P, t), t)P otteniamo l’uguaglianza

pdq − Hdt = −QdP − Kdt + ∂F

∂q dq + ∂F

∂P dP + ∂F

∂t dt dalla quale si ricava

p = ∂F

∂q , Q = ∂F

∂P , K = H + ∂F

∂t (5.20)

Le (5.20) consentono di determinare F, data la trasformazione ψ : (p, q) 7→ (P, Q) con ∂P

∂∂p 6= 0

In realt` a l’aspetto interessante ` e che il discorso pu` o essere rovesciato; assegnata F , si possono

usare le (5.20) per determinare la trasformazione ψ.

(16)

6. Funzioni generatrici di trasformazioni canoniche Sia F (x, y, t) una funzione di classe C

2

e tale che

2F

∂xi∂yj

6= 0. Poniamo x = q, y = P e definiamo

p

i

= ∂F

∂q

i

(q, P, t), Q

i

= ∂F

∂P

i

(q, P, t) (6.1)

Vogliamo provare che (6.1) definisce una trasformazione canonica.

Per la condizione

2F

∂qi∂Pj

6= 0, dalla prima di (6.1) ricaviamo P

i

= P

i

(q, p, t) e sostituendo quest’ultima nella seconda di (6.1) si trova Q

i

= Q

i

(q, p, t). Analogamente si vede che ` e possibile esplicitare p = p(Q, P, t), q = q(Q, P, t).

Quindi le (6.1) definiscono una trasformazione di coordinate nello spazio delle fasi. Verifichiamo che la trasformazione ` e canonica. Sia H(q, p, t) una hamiltoniana e definiamo ˆ H(P, q, t) = H(p(q, P, t), q, t), dove p(q, P, t) e’ definita dalla prima delle (6.1). Allora

pdq − ˆ Hdt = ∂F

∂q dq − ˆ Hdt ± ∂F

∂P dP ± ∂F

∂t dt =

=  ∂F

∂q dq + ∂F

∂P dP + ∂F

∂t dt



− ∂F

∂P dP −  ∂F

∂t dt + ˆ Hdt



=

= dF − QdP −



H + ˆ ∂F

∂t



dt ± P dQ = P dQ −



H + ˆ ∂F

∂t



dt + d(F − P Q)

Dunque, per la proposizione gi` a provata, la trasformazione ` e canonica e la nuova hamiltoniana

` e

K = ˆ ˆ H + ∂F

∂t (6.2)

La costruzione della trasformazione canonica a partire dalle posizioni (6.1) si dice procedimento di seconda specie.

A partire da una assegnata funzione F (x, y, t), con

2F

∂xi∂yj

6= 0, si possono generare anche altre trasformazioni canoniche.

Per esempio, poniamo x = q, y = Q e definiamo p

i

= ∂F

∂q

i

(q, Q, t), P

i

= − ∂F

∂Q

i

(q, Q, t) (6.3)

Procedendo come prima si trova che a partire da (6.3) si costruisce una trasformazione canonica, con la nuova hamiltoniana K = H +

∂F∂t

(verificare).

In questo caso si parla di procedimento di prima specie.

(17)

7. Equazioni di Hamilton-Jacobi

La costruzione di trasformazioni canoniche a partire da funzioni generatrici suggerisce una maniera, particolarmente efficace, di risolvere le equazioni del moto. L’idea ` e quella di trovare una funzione F che generi un opportuna trasformazione canonica (p, q) −→ (P, Q) tale che nelle nuove coordinate (P, Q) l’integrazione delle equazioni di Hamilton sia banale. Tenendo conto della (6.2), il problema ` e ricondotto a trovare una F tale che

H  ∂F

∂q , q, t

 + ∂F

∂t = 0 (7.1)

La (7.1) si dice equazione di Hamilton-Jacobi. Si osservi che, data H(p, q, t), la (7.1) ` e un’equazione differenziale alle derivate parziali del primo ordine per la funzione incognita F (q, t).

Definizione 7.1. Si dice integrale completo dell’equazione di Hamilton-Jacobi una soluzione F (q, α, t), dipendente da n parametri reali α = (α

1

, . . . , α

n

) in modo tale che

2

F

∂q

i

∂α

j

6= 0 (7.2)

Facciamo ora vedere come, noto un integrale completo di (7.1), si costruisce la soluzione delle equazioni di Hamilton associate a H(p, q, t).

A partire da F (q, α, t), si pone

p = ∂F

∂q (q, α, t), β = ∂F

∂α (q, α, t) (7.3)

e si costruisce la trasformazione canonica generata da F

 α = α(p, q, t)

β = β(p, q, t) e l

0

inversa  p = p(α, β, t)

q = q(α, β, t) (7.4)

L’hamiltoniana nelle nuove coordinate ` e ovviamente nulla, tenendo conto che F risolve (7.1).

Quindi la soluzione delle equazioni di Hamilton nelle coordinate (α, β) ` e semplicemente

α

i

(t) = α

i

(0) β

i

(t) = β

i

(0) (7.5) La soluzione delle equazioni di Hamilton nelle coordinate (p, q) si ottiene sostituendo (7.5) nel secondo sistema di (7.4)

 p(t) = p(α(0), β(0), t)

q(t) = q(α(0), β(0), t) (7.6)

In conclusione, con il metodo di Hamilton-Jacobi, si riconduce il problema di integrare le equa- zioni del moto al problema di trovare un integrale completo di (7.1). Si ottengono cos`ı alcuni vantaggi:

− in alcuni casi interessanti la soluzione esplicita delle equazioni del moto si pu` o trovare solo

(18)

attraverso la soluzione di di (7.1).

− l’equazione di Hamilton-Jacobi si presta in modo efficace per calcoli perturbativi.

− A partire da (7.1) si ottiene una formulazione dell’analogia tra ottica e meccanica parti-

colarmente interessante.

(19)

8. Flusso di fase, teorema di Liouville, teorema di Poincar` e

Consideriamo un sistema hamiltoniano con hamiltoniana H = H(q, p) non dipendente esplici- tamente dal tempo. Denotiamo z = (q, p) ∈ R e definiamo il campo vettoriale hamiltoniano

z → F

H

(z), F

iH

(z) =



∂H

∂pi

i = 1, . . . , n

∂H∂q

i

i = n + 1, . . . , 2n (8.1) Le corrispondenti equazioni di Hamilton si scrivono allora

˙z = F

H

(z) oppure per componenti

˙z

i

= F

iH

(z

1

, . . . , z

2n

) i = 1, . . . , 2n Osserviamo che il campo F

H

ha divergenza nulla

divF

H

=

2n

X

i=1

∂F

i2n

∂z

i

=

n

X

i=1

∂q

i

∂H

∂p

i

+

2n

X

i=n+1

∂p

i



− ∂H

∂q

i



= 0

L’evoluzione temporale del sistema ˙z = F

H

(z) pu` o essere descritta mediante l’applicazione

g

t

: (q, p) 7→ (q(t), p(t)) (8.2)

che fornisce la soluzione delle equazioni di Hamilton al tempo t in corrispondenza del dato iniziale (q, p).

La famiglia di applicazioni (g

t

)

t∈R

si dice flusso di fase hamiltoniano. Esso ` e un gruppo commutativo a un parametro di trasformazioni nello spazio delle fasi in s´ e. Infatti

g

t

◦ g

s

(q, p) = g

t

(q(s), p(s)) = (q(s + t), p(s + t)) = g

t+s

(q, p)

definisce la legge di composizione che ` e evidentemente associativa e commutativa; l’identit` a del gruppo ` e g

0

; per ogni g

t

resta definita l’applicazione inversa (g

t

)

−1

= g

−t

. Oltre alla struttura di gruppo un’altra propriet` a importante del flusso di fase ` e che conserva il volume nello spazio delle fasi.

Teorema 8.1 (di Liouville). Sia A ⊇ R

2n

un insieme misurabile. Allora anche A

t

= g

t

A = {(q, p) ∈ R

2n

| ∃(Q, P ) ∈ A : (q, p) = g

t

(Q, P )}

` e misurabile e µ(A

t

) = µ(A).

La misura µ(A

t

) = R

At

dqdp ` e detta misura di Liouville.

La dimostrazione di questo teorema si basa sul seguente lemma.

Lemma 8.1. Se B ` e una matrice d × d della forma

B = 1 + hC + O(h

2

)

(20)

allora

detB = 1 + h T rC + O(h

2

)

Dimostrazione. Sia P il gruppo delle permutazioni di {1, . . . , d} e sia σ(π) = 0, 1 a seconda che la permutazione π sia pari o dispari; per definizione di determinante si ha allora

detB = X

π∈P

(−1)

σ(π)

d

Y

i=1

B

i,π(i)

= X

π∈P

(−1)

σ(π)

d

Y

i=1

δ

i,j

+ hC

i,π(i)

+ O(h

2

) =

= 1 + h X

j

C

jj

+ O(h

2

) = 1 + hT rC + O(h

2

)

 Dimostrazione del teorema di Liouville. L’insieme A

t

` e misurabile per la regolarit` a del flusso hamiltoniano. Inoltre risulta

µ(A

t

) = Z

At

dq

1

. . . dq

n

dp

1

. . . dp

n

Si tratta dunque di provare che

d

dt µ(A

t

) = 0 Consideriamo l’espressione

µ(A

t+h

) = Z

At+h

dqdp = Z

gh(At)

dqdp Introducendo il cambio di coordinate (Q, P ) = g

−h

(q, p) si ha

µ(A

t+h

) = Z

At

∂(q, p)

∂(Q, P )

dQdP (8.3)

Calcoliamo il determinante dello jacobiano della trasformazione di coordinate. Notiamo a questo proposito che (q, p) ` e la soluzione al tempo t = h delle equazioni di Hamilton con dato iniziale (Q, P ). Quindi dalle equazioni di Hamilton

˙

q

i

= ∂H

∂p

i

(q(t), p(t)) p ˙

i

= − ∂H

∂q

i

(q(t), p(t)) si ottiene

q

i

≡ q

i

(h) = q

i

(0) + Z

h

0

ds ∂H

∂p

i

(q(s), p(s))

= q

i

(0) + ∂H

∂p

i

(q(0), p(0))h + Z

h

0

ds Z

s

0

ds

0

d ds

0

∂H

∂p

i

(q(s

0

), p(s

0

))

(21)

= Q

i

+ ∂H

∂p

i

(Q, P )h + O(h

2

) Analogamente

p

i

≡ p

i

(h) = P

i

− ∂H

∂q

i

(Q, P )h + O(h

2

) quindi

∂(q, p)

∂(Q, P ) =

∂qi

∂Qj

∂qi

∂Pj

∂pi

∂Qj

∂pi

∂Pj

!

= δ

ij

+

∂Q2H

j∂Pi

h

∂P2H

i∂Pj

h

∂Q2H

i∂Qj

h δ

ij

∂Q2H

i∂Pj

h

!

+ O(h

2

) =

= 1 + hC + O(h

2

) , C =

2H

∂Qj∂Pi

2H

∂Pi∂Pj

∂Q2H

i∂Qj

∂Q2H

i∂Pj

!

(8.4) Si osservi che la matrice C ha traccia nulla, infatti

trC = X

j

C

j,j

= X

j

 ∂

2

H

∂Q

j

∂P

j

− ∂

2

H

∂Q

j

∂P

j



= divF

H

= 0 Usando il lemma prima dimostrato si ottiene

det

∂(q, p)

∂(Q, P )

= 1 + O(h

2

) (8.5)

Sostituendo (8.5) in (8.3) si ricava

µ(A

t+h

) = µ(A

t

) + O(h

2

) e quindi la tesi ` e provata.

2 Si noti che il teorema di Liouville vale se al posto di F

H

sostituiamo un qualsiasi campo vettoriale F con divF = 0.

Una importante conseguenza del teorema di Liouville ` e il seguente teorema di Poincar` e.

Teorema 8.2 (di Poincar` e). Sia D ⊂ R

2n

un insieme compatto tale che g

t

(D) ⊆ D (si dice in questo caso che D ` e lasciato invariante dal flusso). Allora per ogni x ∈ D e per ogni intorno I di x si ha che esiste ¯ x ∈ I ed esiste ¯ n ∈ N tale che g

n¯

(¯ x) ∈ I.

Dimostrazione. Fissato x e un suo intorno I, consideriamo la successione di insiemi g

0

(I) , g

1

(I) . . . g

n

(I) . . .. Se tali insiemi fossero disgiunti, per la σ−additivit` a della misura e per il teorema di Liouville si otterrebbe

µ [

n

g

n

(I)

!

= X

n

µ(g

n

(I)) = X

n

µ(I) = ∞

(22)

Ma questo ` e un assurdo perch` e S

n

g

n

(I) ⊆ D e

µ [

n

g

n

(I)

!

6 µ(D) < ∞

Dunque gli insiemi non sono tutti disgiunti e quindi devono esistere l, m ∈ N tali che g

l

(I) ∩ g

m

(I) 6= ∅

Supponiamo per fissare le idee che l < m e sia y ∈ g

l

(I) ∩ g

m

(I). Allora esistono x

1

, x

2

∈ I tali che y = g

l

(x

1

) = g

m

(x

2

) e quindi x

1

= g

m−l

(x

2

).

Questo vuol dire che il punto x

2

≡ ¯ x ∈ I viene portato dal flusso hamiltoniano (all’istante

¯

n ≡ m − l) nel punto x

1

∈ I, cio`e la tesi. 

(23)

9. Equazione di Liouville

Consideriamo un sistema meccanico di cui non si conosce precisamente lo stato iniziale, ma ` e nota solo la probabilit` a che lo stato iniziale sia in un insieme arbitrario A

ν

0

(A) = Z

A

ρ

0

(x)dx, x = (q, p)

dove ρ

0

(x) ` e una densit` a di probabilit` a, cio` e una funzione positiva tale che Z

R2n

ρ

0

(x)dx = 1

Se lasciamo evolvere il sistema, al tempo t la probabilit` a che lo stato del sistema sia in un insieme A sar` a data da

ν

t

(A) = Z

A

ρ(x, t)dx dove ρ(x, t) ` e la densit` a di probabilit` a al tempo t.

Vogliamo trovare una equazione che determini ρ(x, t) una volta assegnata ρ

0

(x).

Osserviamo che un punto dello spazio delle fasi x al tempo t ` e l’evoluto al tempo t di un dato iniziale x

0

, cio` e x

0

= g

−t

x. Quindi

ρ(x, t) = ρ

0

(g

−t

x) (9.1)

Consideriamo una funzione regolare ϕ definita sullo spazio della fasi. La sua media al tempo t

` e definita da

< ϕ > (t) = Z

ϕ(x)ρ(x, t)dx (9.2)

Vale dunque l’uguaglianza Z

ϕ(x)ρ(x, t)dx = Z

ϕ(x)ρ

0

(g

−t

x)dx = Z

ϕ(g

t

x

0

0

(x

0

)dx

0

(9.3) Derivando rispetto a t si ha

Z

ϕ(x) ∂ρ(x, t)

∂t dx = Z

∇ϕ(g

t

x

0

) · F

H

(g

t

x

0

0

(x

0

)dx

0

= Z

∇ϕ(x) · F

H

(x)ρ(x, t)dx = − Z

ϕ(x) div F

H

(x)ρ(x, t) dx

= − Z

ϕ(x) F

H

(x) · ∇ρ(x, t)dx (9.4)

Siccome l’eguaglianza (9.4) vale per ogni scelta della funzione ϕ allora possiamo concludere

∂ρ(x, t)

∂t = −F

H

(x) · ∇ρ(x, t) (9.5)

(24)

Tenendo conto che

F

H

=  ∂H

∂p

i

, − ∂H

∂q

i

 risulta

F

H

· ∇ρ = X

i

 ∂H

∂p

i

∂ρ

∂q

i

− ∂H

∂q

i

∂ρ

∂p

i



e quindi da (9.5) si ottiene l’equazione finalmente l’equazione di Liouville

∂ρ

∂t + {ρ, H} = 0 (9.6)

Nel caso specifico in cui H =

2mp2

+ V (q) l’equazione di Liouville si scrive

∂ρ

∂t + p

m · ∇

q

ρ − ∇V · ∇

p

ρ = 0 (9.7)

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