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Il piccolo imprenditore, gli artigiani e l acquisto della qualità di imprenditore.

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La piccola impresa

Autore: Edizioni Simone | 09/04/2016

Il piccolo imprenditore, gli artigiani e l’acquisto della qualità di imprenditore.

Un’altra importante distinzione tra le imprese è quella che tiene conto delle dimensioni; a tal fine, infatti, si distinguono: piccola, media e grande impresa.

Notevoli sono le conseguenze connesse alla distinzione in esame, in quanto il piccolo imprenditore:

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– è esonerato dalla tenuta delle scritture contabili;

– è soggetto all’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese esclusivamente a fini certificativi e di pubblicità notizia.

Il concetto di piccola impresa è dato dal codice in riferimento all’imprenditore:

sono così «piccoli imprenditori», ai sensi dell’art. 2083 c.c., «il coltivatore diretto del fondo, l’artigiano, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la propria famiglia».

Tale norma individua alcune tra le più comuni figure di piccoli imprenditori, e cioè:

– i coltivatori diretti;

– gli artigiani;

– i piccoli commercianti.

Con l’ultimo inciso l’art. 2083 c.c. fissa una regola di carattere generale, quella della prevalenza del lavoro proprio e dei familiari sul lavoro altrui, ossia dei dipendenti salariati, che serve come criterio di identificazione per eventuali altre categorie di piccoli imprenditori.

Tale «prevalenza» deve, però, sussistere non solo rispetto al lavoro altrui, ossia dei dipendenti salariati, ma anche rispetto al capitale investito nell’attività d’impresa.

Ad esempio non può considerarsi piccolo imprenditore il gioielliere anche se esercita l’attività senza avvalersi della collaborazione di dipendenti in quanto l’ammontare del capitale investito nell’impresa è certamente preminente anche rispetto al suo stesso lavoro.

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La nozione è stata oggetto di numerose dispute in dottrina in quanto, prima dell’intervento del D.Lgs. 12-9-2007, n. 169 (decreto correttivo alla riforma delle procedure concorsuali), essa era contenuta non solo nel codice civile (art. 2083), ma anche nella legge fallimentare (art. 1) ai fini dell’esonero dalle procedure concorsuali.

Per quanto concerne l’abrogata definizione di piccolo imprenditore dettata ai sensi dell’art. 1 della legge fallimentare si rinvia al Cap. 15, par. 2 della presente parte.

La figura dell’artigiano nella legislazione speciale

L’artigiano, dal punto di vista economico, è la più rilevante figura tipica di piccolo imprenditore. Anche in relazione alla figura di artigiano si sono create notevoli difficoltà interpretative e di coordinamento per il proliferare di una articolata legislazione speciale con finalità di ausilio e sostegno, legislazione che di volta in volta ha prodotto una nozione di artigiano non sempre conciliabile con i criteri di definizione della categoria adottati dal codice civile (art. 2083 c.c.).

La problematica è stata superata con l’emanazione della legge quadro per l’artigianato (L. 8-8-1985, n. 443) che ha fornito una nuova e definitiva nozione di impresa artigiana. Essa è contraddistinta dai seguenti elementi:

– il ruolo preponderante dell’artigiano che deve prestare in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo;

– un processo produttivo non del tutto meccanizzato, potendo, peraltro, avere ad oggetto una qualsiasi attività di produzione di beni anche semilavorati o di prestazioni di servizi eccetto le attività di intermediazione nella circolazione di beni

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o ausiliari di essi, di somministrazione al pubblico di bevande o alimenti, salvo il caso che siano solamente strumentali e accessorie all’esercizio dell’impresa, le prestazioni di servizi commerciali e le attività agricole.

In seguito alle modifiche apportate dalla L. 20-5-1997, n. 133, la società artigiana può essere costituita anche in forma di accomandita semplice e a responsabilità limitata unipersonale. Infine la L. 5-3-2001, n. 57 ha ammesso anche la forma della s.r.l. pluripersonale, restando quindi precluse le sole forme della s.p.a. e della s.a.p.a.

L’acquisto della qualità di imprenditore e la capacità di esercitare l’impresa

La qualità di imprenditore commerciale si acquista per il solo fatto di esercitare professionalmente una attività economica tra quelle di cui all’art. 2195 c.c.

Nessun altro adempimento è richiesto in quanto l’iscrizione nel registro delle imprese ha solo efficacia dichiarativa. La qualità di imprenditore si perde per cessazione effettiva dell’attività a prescindere dalla cancellazione dal registro delle imprese.

Il rischio che implica l’esercizio dell’impresa e l’importanza del ricorso al credito, con conseguente necessità di tutelare i terzi che lo hanno concesso, giustifica una particolare disciplina in materia di capacità ad esercitare un’impresa commerciale.

Così:

– l’assolutamente incapace (minore non emancipato, interdetto) non può in nessun caso iniziare l’esercizio di un’impresa commerciale;

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– l’assolutamente incapace può, invece, continuare l’esercizio di un’impresa commerciale, che a lui pervenga per successione o donazione, previa autorizzazione del Tribunale su parere del giudice tutelare (artt. 320 e 371 c.c.);

– anche l’inabilitato può soltanto continuare l’esercizio di un’impresa commerciale, se autorizzato dal Tribunale, su parere del giudice tutelare;

– il minore emancipato può essere autorizzato ad iniziare l’esercizio di una nuova impresa commerciale e, naturalmente, a continuare quello di un’impresa già esistente (in tal caso ha piena capacità anche per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, pure se estranei all’esercizio dell’impresa). L’autorizzazione è data dal Tribunale, previo parere favorevole del giudice tutelare e sentito il curatore.

È infine da rilevare che la L. 6/2004 ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto dell’amministrazione di sostegno, la quale permette di tutelare, con la minor limitazione possibile della capacità d’agire, i soggetti che per effetto di una menomazione fisica o psichica sono incapaci, anche temporaneamente, ad espletare le funzioni della vita quotidiana e a gestire i propri interessi patrimoniali e giuridici. L’amministrazione di sostegno, infatti, permette di ottenere dal Tribunale un provvedimento che tuteli l’incapace solamente in relazione a determinate attività, lasciando tuttavia al soggetto la piena capacità di agire per la gestione di tutto ciò che non è contemplato nel provvedimento stesso. Di conseguenza, egli potrà liberamente iniziare o proseguire un’attività di impresa autonomamente, salvo che il giudice tutelare abbia disposto diversamente nel provvedimento di nomina dell’amministratore o con un successivo decreto motivato.

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