• Non ci sono risultati.

Studio Impatto Ambientale - parte 4 (8380 KB)

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Studio Impatto Ambientale - parte 4 (8380 KB)"

Copied!
111
0
0

Testo completo

(1)

A partire dalla Carta di Copertura del Suolo del Veneto del 2009 sono state calcolate le superfici di territorio comunale occupate dalle categorie di uso del suolo maggiormente presenti e le relative percentuali di diffusione, come riportato nella seguente tabella.

Nella seguente immagine si riportano cartograficamente le considerazioni su esposte riferite alle classi di uso del suolo individuate all’interno del territorio comunale.

(2)

Come si può osservare dai dati, la superficie ottenuta accorpando gli ambiti interessati dall’attività agraria, ammontano al 47% circa del territorio comunale. All’interno dell’ambito agrario, l’uso del suolo più diffuso è quello dei seminativi in aree irrigue ed in particolare colture agrarie quali mais, soia, foraggere, cereali, orticole.

Le aree boscate ammontano, invece, solo al 2,9% della superficie territoriale comunale.

Tra le aree urbanizzate occupa una notevole superficie la classe relativa al “Tessuto urbano discontinuo", con il 23,3%.

(3)

In Figura 50 è riprodotta la copertura del suolo agricolo. Nella seguente tabella si riportano le estensioni delle ripartizioni culturali della superficie comunale.

Dal punto di vista della funzionalità del territorio in termini ecosistemici è di cruciale importanza la permeabilità del medesimo ai fini della mobilità delle specie faunistiche.

(4)

In proposito si e fatto riferimento alla teoria della percolazione che fu sviluppata per descrivere le proprietà fisiche dei gels, dei polimeri e delle sostanze vetrose.

Attualmente questa teoria è utilizzata in ecologia del paesaggio come base teorica per creare modelli neutri in grado di spiegare differenti patterns che si possono osservare alle diverse scale del paesaggio. II fenomeno della percolazione ha come fondamentale conseguenza il fatto che un fluido non si diffonde nel mezzo in modo uniforme, ma esiste una soglia limite al di sotto della quale lo spostamento del fluido è confinato ad una regione limitata (STAUFFER 1985). La soglia limite di percolazione, indicata con pc, è stata calcolata per matrici quadrate pari a 0.59275, cioè al 59.275%.

Considerando il paesaggio come una griglia a maglie quadrate, la rete di percolazione su cui un organismo compie i propri spostamenti è rappresentata dall’insieme di celle interconnesse in verticale ed in orizzontale a formare i cluster. Se il paesaggio, equiparabile a una matrice quadrata, è occupata per il 60% della sua superficie da celle permeabili, esiste una elevata probabilità che si formi un cluster cosiddetto “infinito”, che si estende da un lato all’altro della matrice. L’utilizzo della teoria della percolazione è estremamente interessante in ecologia del paesaggio in quanto presenta una soglia critica attorno alla quale avviene la formazione di cluster infiniti. Di conseguenza, un fenomeno di ulteriore frammentazione in una matrice caratterizzata da p prossimo al valore soglia, può determinare la scomparsa dell’unico cluster che permetteva l’attraversamento della matrice che diviene a bassa connettività.

Nel caso in esame, per applicare la teoria della percolazione al contesto territoriale del Comune di Treviso, si è proceduto come sinteticamente riportato nel seguente elenco:

riclassificazione della carta dell’uso al paragrafo 1.2.4.3 del suolo in due temi

“permeabile" e "non permeabile" sulla base di quanto schematizzato in Tabella 33;

• caratterizzazione del livello di percolazione.

(5)

L’esito grafico del processo di riclassificazione è visibile nella seguente Figura 51.

(6)

Nella tabella seguente è riportato il livello di percolazione calcolato.

La superficie permeabile rappresenta meno del 60% della superficie totale; il valore di percolazione e quindi insufficiente. II territorio comunale, dato il forte grado di antropizzazione, risulta scarsamente permeabile allo spostamento delle specie animali e vegetali. La connettività tra i vari frammenti di suolo non antropizzato è essenziale per la migrazione, la distribuzione geografica e lo scambio genetico.

Per questo motivo sarà necessario definire degli elementi della Rete Ecologica Comunale (REC) che garantiscano il mantenimento dei residui spazi aperti che svolgono un ruolo fondamentale per lo spostamento delle specie sul territorio.

(7)

Particolare significato rivestono i varchi ecologici (classifica ti come corridoi ecologici secondari), rappresentati da aree inedificate, che garantiscono il mantenimento degli ultimi ambienti permeabili al passaggio delle specie.

Le aree che allo stato attuale si sono mantenute permeabili sono costituite essenzialmente dalle aree rurali e dai corsi d’acqua e relativi ambiti di pertinenza (argini, golene ecc.).

Per quanto riguarda l’ambiente rurale, si segnala la presenza di una vasta area nella porzione sud occidentale del Comune dove l’edificazione è sparsa e discontinua mentre la matrice dominante è quella dei terreni agricoli. La strategia di sviluppo del territorio dovrà necessariamente tutelare questa zona a buona integrità ambientale come, del resto, tutte le aree agricole in generale e quelle contraddistinte da una maggiore diversificazione in particolare.

Il principale vettore per la dispersione delle specie è comunque costituito dai corridoi fluviali;

sicuramente il fiume di maggior importanza dal punto di vista della rete ecologica e il Sile. La sostenibilità delle scelte di trasformazione del territorio comunale non può prescindere da azioni volte alla tutela e conservazione delle aree di pertinenza fluviale, ma anche mirate al recupero ed al miglioramento degli ecosistemi degradati.

4.4.5. Biodiversità, flora e fauna

La componente biodiversità flora e fauna viene analizzata, per l’intero territorio comunale, nell’allegato B al Rapporto Ambientale del PAT di Treviso. Si riporta di seguito un estratto di quanto ritenuto utile ad inquadrare l’area di studio considerata, omettendo gli stralci relativi a zone considerate sicuramente, in maniera cautelativa, distanti dall’area di intervento e quindi con impossibilità di effetti su di esse.

4.1 Biodiversità, flora e fauna

… omissis…

Nel presente paragrafo si affronta la descrizione degli ambiti naturali o naturaliformi presenti all’interno del territorio comunale.

L’area del Comune di Treviso è collocata all’interno di un contesto planiziale dominato dalle superfici coltivate, dalle grandi aree urbane, dagli insediamenti abitativi sparsi e dalle vie di comunicazione. La vegetazione naturale spontanea è relegata in aree marginali distribuite in modo frammentario sul territorio. L’esigua estensione delle aree a vegetazione naturale è confermata da quanto emerso dall’analisi della carta di copertura del suolo.

Gli elementi di maggiore interesse nel contesto rurale sono le siepi e le fasce boscate che delimitano i campi. Un altro elemento di interesse è rappresentato dall’ambito dei corsi d’acqua e dalle fasce di vegetazione ripariale che spesso rappresentano gli unici elementi di interruzione della monotonia del paesaggio antropizzato.

4.1.1 Flora e Vegetazione

Nel presente paragrafo si delineano per sommi capi le principali caratteristiche vegetazionali del territorio comunale.

Per descrivere più agevolmente la vegetazione è possibile suddividere il medesimo territorio in diversi sottosistemi:

(8)

• ambienti rurali della pianura;

• corsi d’acqua e zone umide.

In questi ambiti si concentra la vegetazione spontanea residuale mentre, nelle aree urbane, gli elementi vegetazionali si concentrano lungo le alberature stradali e all’interno dei parchi ornamentali;

questi ultimi sono solitamente il risultato di una gestione che mira a creare situazioni di un certo pregio estetico. Per tale fine vengono utilizzate molto spesso specie esotiche, alle quali vengono affiancate specie autoctone ma non ecologicamente coerenti con gli ambienti di impianto.

4.1.1.1 AMBIENTI RURALI DELLA PIANURA

Il paesaggio agrario interessato dall’intervento presenta caratteristiche e storia paragonabili a quelle della gran parte dei paesaggi della Pianura Padano-Veneta.

Proprio nell’ambito di pianura sono più evidenti le alterazioni introdotte dall’azione antropica in quanto in quest’area si trovano la maggior parte delle terre coltivate, le grandi aree urbane e le principali vie di comunicazione.

Nelle aree di pianura, la vegetazione forestale si è conservata solo in limitate e frammentate aree, peraltro con caratteristiche spesso diverse fra loro.

La vegetazione naturale dell‘area della Pianura Padano-Veneta era tipicamente igrofila, strettamente dipendente dal tenore idrico dei suoli. La distribuzione sul territorio delle diverse tipologie rispecchiava l’alternanza tra zone di terraferma e zone di ristagno idrico.

In queste condizioni, le specie favorite nelle successioni forestali erano, in ordine crescente in base all’adattabilità a suoli ad alto tenore idrico, la farnia (Quercus robur), il carpino bianco (Carpinus betulus), l’olmo (Ulmus campestris) e l’ontano nero (Alnus glutinosa). Prima della messa a coltura del vasto territorio planiziale, le formazioni boschive maggiormente rappresentate erano i querco- carpineti.

Con la progressiva urbanizzazione e le varie opere di canalizzazione e drenaggio, dovute principalmente alla Repubblica di Venezia, il paesaggio planiziale ha velocemente cambiato il suo aspetto, favorendo l’avvento dell’agricoltura in modo sempre più intensivo. Successivamente, l’obiettivo della produzione di grandi quantitativi di prodotti ha determinato un ridimensionamento sempre più spinto della vegetazione tipica della pianura.

Fino ad alcuni decenni fa il tessuto del paesaggio agrario tradizionale era caratterizzato da un mosaico di colture diverse articolate su piccoli appezzamenti separati da siepi, filari di alberi, aree boscate e fossi che costituivano dei validi corridoi ecologici sfruttati da specie animali e vegetali. Con l’avvento dell’agricoltura intensiva, questa organizzazione è stata sostituita da una realtà piatta e monotona, con grandi appezzamenti a monocoltura che hanno determinato una forte banalizzazione della biodiversità di questi ambienti.

Il massiccio impiego di sostanze di sintesi, inoltre, ha provocato un significativo incremento della quantità di elementi nutritivi e di pesticidi in arrivo ai corpi idrici.

L’eutrofizzazione e l’inquinamento di questi ecosistemi sono stati accentuati dalla sistematica eliminazione delle fasce di vegetazione riparia che bordava i fossi ed i canali assolvendo molteplici funzioni positive, fra cui quella di filtro dei carichi diffusi dai campi confinanti.

(9)

In definitiva, il sopravvento delle colture sulle foreste e il progressivo sviluppo tecnologico dell’agricoltura hanno causato fenomeni di perdita della diversità biologica a grande scala e forti alterazioni di carattere ecosistemico che si protraggono tuttora.

Accanto alle specie coltivate si sviluppa una vegetazione che può essere definita "Comunità dei seminativi e degli incolti adiacenti" ed è riconducibile alla classe Stellarietea mediae.

Questa classe comprende parecchie comunità, tutte di carattere nitrofilo e legate alle attività agricole. Si distinguono quattro ordini:

Centaureetalia cyani: colture di cereali con limitato utilizzo di diserbanti;

Chenopodietalia albi: terreni più pesanti, spesso sarchiati, mais;

Eragrostietalia: ambienti relativamente più caldi e asciutti, suoli calpestati;

Sysimbrietalia: habitat disturbati e rimaneggiati dall’uomo.

Le specie guida tipicamente presenti nel campi coltivati sono: Amaranthus retroflexus, Anagallis arvensis, Capsella bursa-pastoris, Chenopodium album, Conyza canadensis, Euphorbia helioscopia, Euphorbia peplus, Galeopsis tetrahit, Geranium pusillum, Lamium purpureum, Matricaria camomilla, Menta arvensis, Myosotis arvensis, Persicaria maculosa, Polygonum aviculare, Setaria viridis, Solanum nigrum, Sonchus arvensis, Stellaria media, Urtica urens, Veronica arvensis, Veronica persica, Viola arvensis.

Le siepi e le fasce boscate costituiscono degli elementi di differenziazione del contesto che, pur non rappresentando degli aspetti di particolare interesse sotto l’aspetto floristico, rivestono un certo interesse dal punto di vista strutturale essendo gli ambiti nei quali sono presenti esemplari arborei.

Le specie arboree tipiche della zona sono il platano ibrido (Platanus acerifolia), seguito dalla robinia (Robinia pseudoacacia) e dal gelso bianco (Morus alba), in genere presenti come ceppaie.

Altre specie importanti della consociazione sono Acer campestre, Salix viminalis, Populus alba, Tilia sp.pl., Ailanthus altissima. Molto diffuse grazie all’uomo sono anche le rosacee da frutto, quali il ciliegio (Prunus avium), il pado (Prunus padus) e diverse pomacee e drupacee.

Lo strato arbustivo vero e proprio è abbastanza diffuso ed è molto importante, dal punto di vista naturalistico, per l’ospitalità che garantisce alla fauna, sia in termini di rifugio, grazie all’elevata densità dei rami, sia in termini di alimentazione, grazie alla produzione di grandi quantità di fiori e di frutti. Le specie più diffuse nello strato arbustivo sono Cornus sanguinea e Sambucus nigra, accompagnati da Crataegus monogyna, Viburnum lantana e Corylus avellana.

All’interno dell’ambiente rurale della pianura di Treviso sono molto rare le formazioni boscate;

Le uniche cenosi arboree, ad eccezione di alcuni impianti di arboricoltura da legno, sono rappresentati da alcuni lembi di robinieto, ossia formazioni composte da Robinia pseudoacacia praticamente in purezza.

4.1.1.2 CORSI D’ACQUA E BACINI IDRICI

I corsi d‘acqua rappresentano degli elementi di interruzione morfologica del territorio in corrispondenza dei quali si conservano ambiti naturali che ospitano dei tratti di vegetazione spontanea naturale.

Il reticolo idrografico superficiale è costituito essenzialmente da corsi d’acqua di risorgiva. Nel caso di Treviso, il fiume di maggiore importanza ed anche di maggiore interesse dal punto di vista naturalistico è rappresentato dal Sile il cui corso è tutelato dall’omonimo Parco Naturale Regionale. I

(10)

restanti corsi d’acqua non presentano le medesime caratteristiche in termini di dimensione, portata e disponibilità di nicchie ecologiche, ma costituiscono ugualmente un patrimonio da tutelare e valorizzare nell’ottica della conservazione della biodiversità vegetale e animale. Per la caratterizzazione della vegetazione dell’ambito fluviale si possono distinguere le cenosi erbacee da quelle arboreo-arbustive. La successione della vegetazione erbacea potenziale riscontrabile in questi ambienti è rappresentata nelle Figura 52.

Analizzando la vegetazione erbacea proseguendo dalle acque alla terraferma, le prime specie riscontrabili sono quelle vegetanti nell’acqua dolce (vegetazione acquatica). Si tratta di specie che si sviluppano negli alvei o negli specchi d‘acqua (cave, stagni, risorgive) e solitamente sono ottimi indicatori ecologici per la valutazione del grado di eutrofizzazione delle acque.

I canneti, i cariceti, gli sceneti e i molinieti sono invece tutte formazioni erbacee igrofile che si sviluppano in aree a terreno paludoso, o fortemente imbevuto per vari mesi l’anno.

I canneti non sono solo costituiti da un abbondante presenza della cannuccia palustre (Phragmites australis), ma anche dalla presenza, in vari casi dominante, di altre specie quali il falasco (Cladium mariscus), il coltellaccio (Sparganium erectum) e la tifa (Typha latifolia). Queste specie caratterizzano altrettante associazioni vegetazionali, rispettivamente il cladieto, lo sparganieto e il tifeto. Questi, oltre che essere rilevanti da un punto di vista paesaggistico, offrono rifugio a molte specie di avifauna e di invertebrati.

Le suddette formazioni, oltre a costituire un elemento tipico del paesaggio ai margini dei fiumi, svolgono un ruolo di depurazione delle acque molto importante, in virtù dell‘accentuata capacità che hanno i canneti di assorbire i diversi elementi chimici inquinanti.

I cariceti sono aggregazioni vegetali il cui manto è costituito prevalentemente da specie erbacee chiamate carici. Specie indicatrici sono ad esempio la carice cespitosa (Carex cespitosa) e la carice spondicola (Carex riparia). L‘importanza di queste formazioni è dovuta all’abbondanza di produzione

(11)

di sostanza organica, necessaria per l’insediamento e lo sviluppo delle future generazioni arboree spondali.

Infine, i molinieti e gli sceneti sono cenosi erbacee di terreni poveri. I primi sono caratterizzati dall’abbondante presenza di gramigna liscia (Molinia coerulea) mentre gli sceneti rappresentano la naturale evoluzione dei molinieti nel momento in cui venisse a cessare lo sfalcio. In queste formazioni possono trovarsi elementi di pregio, come la platantera (Platanthera bifolia) e l’orchidea palmata (Dactylorhiza incarnata), entrambe appartenenti alle famiglia delle orchidacee.

Le formazioni erbacee presenti nel primo entroterra sono i prati mesofili (arrenatereti), che comprendono associazioni di piante erbacee tipiche dei prati stabili di pianura. Si tratta di estensioni normalmente destinate alla produzione di foraggio, e di conseguenza a falciatura periodica. Specie facilmente osservabili in queste formazioni sono l’avena altissima (Arrhenatherum elatius), l‘erba mazzolina (Dactylis glomerata), il tarassaco (Taraxacum officinale) e la margherita comune (Leuchantemum vulgare).

Nella seguente immagine si evidenzia, invece, la successione della vegetazione arboreo- arbustiva potenziale degli ambienti spondali e golenali.

Le formazioni a diretto contatto con le acque fluviali sono associazioni arbustive e arboree di salici spesso arricchite dalla presenza sporadica della frangola (Frangula alnus). I salici più rappresentati nell'associazione sono il salice grigio (Salix cinerea), il salice rosso (Salix purpurea) e il salice bianco (Salix alba).

Proseguendo verso l‘entroterra, il saliceto può evolvere ad altre associazioni in base al livello di tenore idrico del suolo. In situazioni caratterizzate da bassi tenori idrici nel suolo, le specie più competitive sono i vari pioppi (Populus spp.), l’olmo campestre (Ulmus minor) e ancora i salici. In condizioni di ristagno idrico, invece, si possono sviluppare dei boschetti di ontano nero (Alnus glutinosa), una delle poche specie forestali a tollerare ristagni idrici e condizioni radicali asfittiche anche per periodi prolungati.

(12)

Oltrepassata la zona arginale e golenale dei corsi d’acqua, le potenziali formazioni forestali planiziali sono sostanzialmente riconducibili ai querco-carpineti planiziali nei quali si alternano a mosaico il carpino bianco (Carpinus betulus) e la farnia (Quercus robur).

Va ribadito che le immagini sopra riportate sono rappresentative di una situazione potenziale che solo in alcuni tratti relitti si manifesta sul territorio seppur con situazioni frammentate e soggette a numerosi fattori di pressione.

Vista l’importanza del fiume Sile, per una definizione della flora del territorio comunale si ritiene opportuno fare riferimento all'elenco floristico del Piano di gestione della ZPS IT3240019 Fiume Sile:

Sile Morto e ansa a S. Michele Vecchio. Nell’area protetta sono comprese svariate tipologie che possono essere ritenute rappresentative dell’intero comune. Le specie vegetali elencate nell’elenco floristico in Appendice 04 ammontano a oltre 480.

Nella tabella che segue vengono riportate le specie segnalate per l’area della ZPS IT3240019 presenti nel Formulario Standard del sito nell’allegato B alla D.G.R. del 27 luglio 2007, n. 2371, nella flora del Carraro (CARRARO, 1998), nella lista dello Zanetti (ZANETTI, 1997) o comunque date per lo meno come rare nell’area indagata (PIGNATTI, 1982; AESCHIMANN et al., 2004), e ritenute oggetto di attenzione e protezione.

(13)

4.1.2 Fauna

Come detto, il territorio comunale di Treviso è situato all’interno della pianura padana, quindi in un’area fortemente caratterizzata da attività agricole intensive ed aree antropizzate, praticamente priva di aree boscate significativamente estese. È quindi facilmente intuibile come il maggior numero di specie animali si concentri lungo i corsi d’acqua. Questi lembi residui di aree naturali, costituiscono delle zone di rifugio, almeno potenzialmente in grado di ospitare specie con una buona valenza ambientale.

La ricerca bibliografica si è quindi focalizzata principalmente sulle specie legate ai corsi d’acqua, e in particolar modo al fiume Sile, alcune delle quali sono anche di interesse comunitario.

Per l’identificazione delle diverse specie animali che costituiscono la fauna locale del Comune di Treviso si è fatto riferimento a quanto riportato nei formulari standard dei Siti Natura 2000 presenti all’interno del territorio comunale (cfr. paragrafo 4.1.3), agli atlanti faunistici della Provincia di Treviso, al Piano Ambientale del Parco Naturale Regionale del Fiume Sile (disponibile alla pagina web www.parcosile.it) ed Piano di gestione della ZPS IT3240019 Fiume Sile: Sile Morto e ansa a S. Michele Vecchio.

(14)

Di seguito si riporta una sintetica caratterizzazione del la comunità faunistica che contraddistingue le principali categorie ambientali del territorio.

4.1.2.1 AREE URBANE

Per quanto riguarda le aree urbane tra i mammiferi dominano i rappresentanti dell’ordine dei roditori, in particolare topi e ratti, caratterizzati da una elevatissima capacità di adattamento, da una grande potenzialità riproduttiva e da uno spiccato commensalismo nei confronti dell’uomo. Il più comune e il topo delle case (Mus musculus), sono inoltre diffusi il ratto nero (Rattus rattus), e il ratto delle chiaviche (Rattus norvegicus). La presenza del topo selvatico (Apodemus sylvaticus), di qualche crocidura e faina (Martes foina) è limitata alle zone di periferia.

Sono poi presenti degli uccelli, come la sterpazzola (Sylvia communis), il codirosso (Phoenicurus phoenicurus), il lui piccolo (Phylloscopus collybita), il pettirosso (Erithacus rubecula), il passero (Passer domesticus) ed il piccione (Columba livia f. domestica). Risultano poi comuni la rondine (Hirundo rustica), il merlo (Turdus merula) e lo storno (Sturnus vulgaris).

4.1.2.2 AMBIENTI RURALI DELLA PIANURA

La presenza di vecchi alberi in filari nelle zone rurali di pianura consente la presenza della civetta (Athene noctua), il picchio verde (Picus viridis), l’assiolo (Otus scops).

Quest'ultimo, che è legato alle alberature campestri di gelso, di pioppo nero o di salice bianco, ricche di vecchie capitozze, è registrato in drammatico calo in tutta la pianura (MEZZALIRA, 1997).

Altre specie potenzialmente presenti sono la capinera (Sylvia atricapilla), lo scricciolo (Troglodytes troglodytes), il lui piccolo (Phylloscopus collybita), il torcicollo (Jyinx torquilla), il merlo (Turdus merula) e il cuculo (Cuculus canorus).

La modernizzazione delle tecniche agricole, con le conseguenze che ciò ha comportato a livello ecosistemico (eliminazione di siepi, filari di alberi, boschetti, ripetute lavorazioni del terreno etc.), ha determina to una drastica diminuzione della numerosità delle popolazioni di molte specie di uccelli.

La cornacchia grigia (Corvus corone cornix) è invece una specie che sta incrementando da tempo il proprio contingente. Negli ultimi vent’anni decenni infatti si è assistito ad una progressiva espansione dell’areale riproduttivo determinato dalla positiva risposta di questa specie al graduale degrado dell’ambiente agrario, mentre fino agli anni ‘70 del secolo scorso la presenza della cornacchia in pianura era del tutto sporadica.

La ricchezza di specie di mammiferi è strettamente legata all’eterogeneità della struttura della campagna. Dove la situazione è migliore la classe dei mammiferi è rappresentata da varie specie, tra cui la talpa (Talpa europea), il riccio (Erinaceus europeus), i toporagni (Sorex araneus e S. minutus) e diverse arvicole (Clethrionomis glareolus, Pytimys savii e P. multiplex).

Si trovano, inoltre, i topolini selvatici (Apodemus silvaticus) e delle risaie (Micromys minutus), nonché dei mustelidi rappresentati da donnole (Mustela nivalis), puzzole (Mustela putorius) e faine (Martes foina).

Dove l’inquinamento del territorio è più marcato e la struttura risulta impoverita e monotona la maggior parte delle specie scompare; resistono in queste condizioni solamente talpe, topolini selvatici e qualche arvicola con delle pesanti conseguenze che si ripercuotono sui predatori, siano essi mustelidi o rapaci.

(15)

4.1.2.3 CORSI D’ACQUA E BACINI IDRICI

Nel territorio comunale di Treviso l’unita di paesaggio relativa ai corsi d’acqua è quella che riveste la maggior importanza dal punto di vista ambientale.

Le zoocenosi presenti nelle zone di pertinenza del Sile, così come in molte altre realtà territoriali, sono il risultato di una serie di adattamenti indotti dall’ambiente sulle varie entità animali. Nel corso degli anni gli agenti fisici e biologici hanno condizionato l’insediamento delle diverse specie animali, favorendo o deprimendo la diffusione dei diversi taxa.

Tutto ciò è successo fino a qualche secolo fa, quando l'intervento dell’uomo ha iniziato a modificare l’assetto del territorio. Con le bonifiche iniziate nel tardo Medioevo e protrattesi fino nella prima metà del secolo scorso, si son o sostanzialmente modificati gli assetti e gli habitat naturali del Sile.

Tali attività sono state svolte soprattutto nell’area delle sorgenti e nel corso inferiore, dove il Sile scorre a contatto con la laguna di Venezia.

Anche la creazione delle restere od alzaie, se da una parte ha creato una forte modificazione ambientale determinata da una netta separazione tra il letto del fiume e la circostante campagna, dall’altra ha permesso la coltivazione di molte aree in precedenza dominate da paludi allora insalubri.

In tempi recenti la fauna del Sile ha subito soprattutto le conseguenze dell’invasione umana, caratterizzata da coltivazioni agrarie diffuse, modificatrici degli assetti naturali preesistenti, nonché dalla diffusione di insediamenti (abitazioni, fabbriche, strade, allevamenti zootecnici, etc), con conseguente aumento del grado di inquinamento e di danno a molti animali. Ne risulta che attualmente le specie presenti nell‘ambito del Sile costituiscono quanto è sopravvissuto all’estinzione, oppure sono il risultato di fenomeni di immigrazione più o meno recenti.

Lungo i corsi d'acqua nei vari mesi dell’anno si possono rinvenire un buon numero di specie interessanti. Il periodo migliore è costituito dai mesi primaverili ed estivi quando la vegetazione presenta il massimo del suo sviluppo. Anche durante l’inverno però si osservano importanti specie di uccelli che, migrando dal nord Europa, sostano in questi lembi di vegetazione naturale. (Dal Piano di Gestione n. 17 — ZPS lT3240019 Fiume Sile: Sile morto e ansa a San Michele Vecchio. Relazione tecnica).

Anche nel caso della fauna, l’elenco delle specie presenti è tratto dal Piano di Gestione della ZPS IT3240019 Fiume Sile: Sile morto e ansa a San Michele Vecchio. La comunità animale presente nell’area protetta è rappresentativa della fauna dell’intero territorio comunale.

La comunità faunistica è composta da 17 specie appartenenti alle classi Anfibi e rettili (Erpetofauna), 28 specie di Pesci, 148 specie di Uccelli e 28 specie di Mammiferi. Nella tabella che segue si riportano le specie potenzialmente rinvenibili nell’area della ZPS che fanno riferimento alle Direttive europee che promuovono l’istituzione dei Siti Natura 2000 (Direttiva Uccelli e Direttiva Habitat).

(16)
(17)

4.1.3 Rete Natura 2000

I siti di rete Natura 2000 presenti, almeno parzialmente, all’interno del territorio del Comune di Treviso sono i seguenti:

• SIC IT3240028 "Fiume Sile dalle sorgenti a Treviso Ovest";

• SIC IT3240031 "Fiume Sile da Treviso Esta San Michele Vecchio";

• ZPS IT3240019 "Fiume Sile: Sile Morto e ansa a S. Michele Vecchio".

A Nord-est del confine comunale è presente il SIC IT3240042 Fontane bianche di Lancenigo.

Il sito lT3240028 è collocato nella porzione sud-occidentale del Comune di Treviso; il SIC IT3240031 e la ZPS IT3240019 occupano la parte orientale del territorio comunale. Quest’ultima area protetta risulta completamente inclusa nel SIC IT3240031 che comprende anche il corso del Fiume Storga e l’omonimo parco situato nei pressi della sede provinciale di Sant’Artemio.

Nel proseguo del testo si riportano alcune informazioni relative ai tre siti considerati ricadenti nel territorio comunale, ricavate dai rispettivi formulari standard.

Il SIC IT3240042 Fontane bianche di Lancenigo, è posto ad una distanza dai confini comunali di oltre 1 km. Le caratteristiche ambientali del sito e la distanza che lo separa dal comune di Treviso consentono di escludere che le scelte strategiche del PAT possano determinare influenze di qualsiasi tipo all’area protetta in questione. In ogni caso si rimanda allo specifico elaborato di Valutazione di Incidenza Ambientale per maggiori dettagli.

(18)
(19)

SIC IT3240028 “Fiume Sile dalle sorgenti a Treviso Ovest"

Il sito in questione ha un’area di 1490 ha, e si colloca all’interno della regione bio-geografica continentale; l’altitudine varia da 15 a 30 metri.

In questo sito sono presenti risorgive, tratti di corsi d’acqua di pianura a dinamica naturale, paludi, torbiere e praterie igrofile, canneti e boschi ripariali, boschi igrofili e frammenti di bosco planiziale a querceto misto.

L’importanza del sito è dovuta alla presenza di un elevato numero di tipi rari o endemici, tra cui alcuni fortemente minacciati, con Erucastro-Schoeneto nigricantis, Plantagini altissimae, Molinietum coerulae, Cladietum marisci, Ranuncolo-Sietum erecto-Submersi.

La vulnerabilità è determinata da modificazioni idrodinamiche, attività agricole, estrazione di torba e bonifiche.

I tipi di habitat presenti nel sito e la loro copertura percentuale sono riportati nella tabella seguente.

… omissis…

4.1.3.1 AREE DI RILEVANZA NATURALISTICA

Le aree a rilevanza naturalistica individuate nel Comune di Treviso sono:

• Parco Naturale Regionale del Fiume Sile;

• Parco dello Storga;

• Area naturale “minore" TV032 - Palude di San Pelaio.

Di seguito si riporta una breve trattazione di ciascuna di queste.

4.1.3.2 PARCO NATURALE REGIONALE DEL FIUME SILE

Il Parco Naturale Regionale del fiume Sile si estende su una superficie di 4.152 ettari, compresa all’interno di 11 territori comunali distribuiti nelle province di Padova, Treviso e Venezia.

Il Parco è stato istituito con Legge Regionale n. 8/91 del 28 gennaio 1991. Al fine di assicurare la necessaria tutela e valorizzazione dell’ambiente e di sostenere lo sviluppo economico e sociale è stato redatto il Piano Ambientale approvato con D.C.R. n.22 del 01.03.2000 e modificato con varianti di setto re approvate con D.C.R. n.58 del 26.07.2007

Ai sensi dell’articolo 6 della legge regionale istituiva 28 gennaio 1991 n. 8 il Piano Ambientale ha valenza paesistica ed efficacia di piano di area regionale.

(20)

Tra le finalità del Piano Ambientale rientra la fruizione del Parco in funzione ricreativo-turistica, educativa, culturale e sociale da parte del pubblico. Il Piano detta a tale scopo una precisa regolamentazione finalizzata al rispetto e alla tutela delle caratteristiche storiche, monumentali, ambientali e naturalistiche proprie del Parco.

Il Sile è il più lungo fiume di risorgiva d’Italia con una lunghezza di circa 70 km che separa l’area delle sorgenti, situata tra Casacorba di Vedelago (Treviso) e Torreselle di Piombino Dese (Padova), e la foce naturale nella Laguna di Venezia a Portegrandi di Quarto d’Altino (Venezia) prima dello scavo del "Taglio del Sile".

Fin dai tempi più remoti il clima mite dell’area, la navigabilità delle acque, la vicinanza con il mare, la copiosità di risorgive e la ricchezza boschi va del territorio circostante (il paesaggio, per quanto simile, non era comunque quello attuale) attraggono al Sile popolazioni che si fermano lungo le sue rive. L'area del Parco, nonostante la presenza umana, mantiene ancora un discreto livello di naturalità grazie alla presenza lungo il corso del Sile di boschi idrofili e di una diffusa presenza di polle risorgive. Notevole valore assumono anche i grandi bacini d‘acqua creati negli anni ‘50 dall’escavazione in alveo. Tra questi si citano i due bacini denominati Lago Inferiore a Lago Superiore a Quinto di Treviso e quelli posti al confine tra i comuni di Treviso, Silea e Casier. In tutti questi ambienti nei vari mesi dell’anno si possono effettuare una serie di osservazioni molto interessanti.

Il periodo migliore e costituito dai mesi primaverili ed estivi quando la vegetazione presenta il massimo del suo sviluppo. Anche durante l’inverno però si osservano importanti specie di uccelli che, migrando dal nord Europa, sostano in questi lembi tutelati di Parco.

In primavera l’oasi di Cervara si copre di un manto vegetale costituito soprattutto da Pioppi, Salici ed Ontani all’interno dei quali si osservano molte specie animali. Tra queste merita ricordare per la sua abbondanza la Rana di lataste, specie endemica della Pianura Padana. Tra gli uccelli invece, i più vistosi sono il Picchio verde ed il Picchio rosso maggiore che nidificano dopo aver costruito i tipici fori nel tronco degli alberi. Una miriade di Passeriformi inoltre frequenta |'area nel periodo delle migrazioni, tra questi i più comuni sono il Luì piccolo, il Luì verde, la Balia nera, il Pigliamosche e molti altri di facile osservazione con l’aiuto del binocolo. Il maggiore contributo alla naturalità dell’area viene portato dalla colonia di aironi (airone cenerino, garzetta e nitticora) che fin dalla istituzione del Parco, attira l’interesse di molti ornitologi e birdwatchers. Alle prime specie, ultimamente si è aggiunto l’airone guardabuoi che sta diffondendosi sempre di più anche in Veneto.

Nel periodo primaverile si osservano anche alcune piante del sottobosco particolarmente degne di nota, tra queste la felce Thelypteris palustris, tipica dei sottoboschi umidi, un tempo frequente nei boschi planiziali padani.

Nel periodo primaverile-estivo è possibile osservare la nidificazione della Folaga, del Tuffetto, della Gallinella d'acqua e del più raro e maestoso Svasso maggiore. Tutte specie nidificanti lungo le rive ed attorno i bacini più ampi del fiume. Tra gli uccelli nidificanti spicca per importanza la nidificazione della Moretta, un'anatra tuffatrice molto rara come nidificante in Italia.

Volgendo lo sguardo lungo le rive del fiume, si possono rilevare assembramenti di Cavedani nonché Tinche e Carpe occupate a svolgere i rituali tipici della riproduzione.

Tutto attorno si assiste alla crescita dell’Hippuris vulgaris, una pianta un tempo molto diffusa lungo il Sile ed ora in via di riduzione a causa forse della modificazione dello stato delle acque. Molto gradevoli e delicati sono anche le infiorescenze del Morso di Rana (Hydrocharis morsus-ranae) che si

(21)

sviluppano nelle acque basse e si mescolano alle foglioline dalla Lemna minor che cresce in abbondanza.

Nei mesi autunnali ed invernali si assiste al fenomeno delle migrazioni degli uccelli ed in particolare di quelli acquatici che sostano nelle aree più aperte ed ampie del fiume.

In questo periodo si osservano Cormorani, Svassi maggiori, Tuffetti ed Anatre come Germano reale, Moriglione, Moretta, Moretta tabaccata, Canapiglia, Alzavola etc. ed una miriade di Gabbiani tra cui il Gabbiano reale e quello Comune che fanno sempre da padroni. Non mancano però anche i gabbiani nordici come la Gavina e talvolta perfino lo Zafferano che temporaneamente sostano nell’area.

In certi anni le sponde del lago si ricoprono di un manto vegetale di color marrone-rossiccio, è l’Azolla filiculoides, una piccola felce acquatica che svolge un fondamentale ruolo nella fitodepurazione delle acque.

Si tratta in definitiva di una moltitudine di specie animali e vegetali, che esaltano il grado di naturalità e di biodiversità del Parco e permettono ancora una volta di godere delle bellezze racchiuse lungo il corso del fiume Sile.

… omissis…

Considerazioni specifiche in merito all’area di Progetto

In relazione alla biodiversità, flora e fauna vanno condotte alcune considerazioni specifiche in merito all’area interessata dal Progetto.

Essa infatti risulta interessata da una forte presenza antropica, che l’ha alterata e modellata per soddisfare i bisogni produttivi, commerciali e di infrastrutture di servizio per il territorio comunale di Treviso e per l’area vasta (aeroporto).

(22)

Figura 4.1 – Copertura del suolo dell’intorno dell’area di progetto (Carta della Copertura del Suolo, Regione Veneto, aggiornamento 2012)

Come si evince dall’estratto sopra riportato l’area di Progetto si colloca in adiacenza della maggiore arteria extraurbana che collega Treviso a Padova, la S.R. 515 “Noalese”, interessata da importanti flussi di traffico e dallo sviluppo, lungo il suo percorso, di centri abitati e attività commerciali/produttive e infrastrutturali anche di rilevanza internazionale (aeroporto “A. Canova”).

Dall’immagine si ricava inoltre come lo sviluppo delle attività antropiche sia di tipo misto, comprendente attività industriali, attività commerciali, diverse infrastrutture (oltre al già citato aeroporto anche delle grosse vie di comunicazione, come la già individuate S.R. 515 e la S.R. 53) e residenze in esse intercalate.

Questo comporta, dal punto di vista naturalistico ambientale, uno scarso valore dell’area, in quanto ricca di elementi detrattori e ostacolanti la colonizzazione da parte di specie sia floristiche sia faunistiche di pregio: in particolare la presenza dell’aeroporto e delle infrastrutture stradali costituisce un fattore di disturbo notevole per le specie animali e soprattutto ornitiche, che tendono a rifuggire l’intorno e quindi anche l’area di progetto.

Va sottolineata inoltre anche la separazione tra quest’ultima e il territorio interessato dal Parco Regionale del fiume Sile, posto al di là del sedime dell’aeroporto: i fattori di disturbo comportati da quest’ultimo (rumore, presenza antropica, emissioni) e gli effetti dovuti alla presenza delle arterie stradali sopracitate, quali il traffico indotto e le emissioni comportate, determinano un’alterazione antropica dell’area già molto importante, comportando di conseguenza una sostanziale impossibilità di qualsiasi aggravamento dovuto alle attività previste dal Progetto esaminato. E’ infatti molto

(23)

probabile che le specie presenti subiscano l’assuefazione ai disturbi presenti e presentino quindi una tolleranza a soglie più alte degli stessi (fenomeno di “habituation”, Wintermans (1991), Burger, 1981 e Smit e Vesser, 1985, Hamann et al., 1999).

La forte antropizzazione rende infine poco probabile la presenza di specie di particolare pregio sull’area di Progetto e sul suo immediato intorno. Dal punto di vista floristico si rinvengono infatti le già precedentemente descritte formazioni a spiccato carattere ruderale e sinantropico, che non presentano elementi di particolare rilevanza ma anzi specie tendenzialmente infestanti e molto rustiche. Stesse considerazioni possono essere tratte in merito alla componente faunistica, che può essere considerata tipica delle zone fortemente urbanizzate, quindi banalizzata e costituita prevalentemente da roditori ubiquitari e sinantropici, da specie ornitiche con i medesimi caratteri (diversi passeriformi, corvidi e columbidi).

4.4.6. Paesaggio, valenze storiche, culturali e testimoniali

Lo stato attuale del paesaggio e delle valenze storiche, culturali e testimoniali dell’area di analisi viene ricavato dall’allegato B al Rapporto Ambientale del PAT del Comune di Treviso, che risulta lo strumento con carattere di ufficialità maggiormente aggiornato rispetto alla situazione attuale. Si riporta di seguito un estratto del documento citato.

5 SISTEMA PAESAGGISTICO E PATRIMONIO STORICO-CULTURALE E ARCHEOLOGICO 5.1 Paesaggio

… omissis…

Il dibattito sul tema del paesaggio è tutt’oggi ancora aperto: la nozione odierna è basata sulle particolarità della civiltà occidentale la quale, oltre a una lunga coscienza storica, affianca una solida esperienza estetica.

Attualmente si cerca di superare il difetto di racchiudere la disciplina all’interno di una precisa definizione, la quale però ritorna ogni volta si cerchi di sintetizzarne i contenuti.

In secondo luogo vi è la problematica di riuscire a governare quello che s’intende per paesaggio e gli elementi che lo caratterizzano: l’adesione dell’Italia alla Convenzione Europea per il Paesaggio nell’anno 2000 ha innescato una serie di considerazioni che hanno portato a rivedere i caratteri con i quali ci si approccia ai temi paesaggistici.

Oggi con il “Codice Urbani”, insieme all’“Accordo fra Stato e Regioni”, si completa una codificazione normativa per il paesaggio che almeno nelle sue enunciazioni di principio si adegua alle richieste della Convenzione Europea, la quale impegna lo Stato «ad integrare il tema del paesaggio nelle politiche di pianificazione del territorio, urbanistiche, in quelle a carattere culturale, ambientale, agricolo, sociale ed economico, nonché alle politiche che possono avere un’incidenza diretta o meno sul paesaggio».

5.1.1 Una metodologia per la lettura e interpretazione del paesaggio

Il paesaggio si può interpretare come composto di tre livelli: una base naturale su cui è organizzata una struttura socio-economica con le relative geometrie e dinamiche di trasformazione e un insieme di significati e immagini, il genius loci e i simboli a esso connessi.

(24)

Il paesaggio in sostanza ha due componenti fondamentali: da un lato le componenti fisiche che ne definiscono la forma e dall’altro una componente percettiva o interpretativa, relativa al modo in cui tali componenti fisiche e il loro comporsi sono percepite visivamente o culturalmente. E sono:

il paesaggio come forma e figura;

il paesaggio come immagine.

Il paesaggio costituisce quindi il testo narrativo del territorio, l’individuazione delle componenti di forma; ne costituisce la grammatica mentre la lettura percettiva rappresenta la sintassi del racconto. Le singole componenti territoriali entrano in relazione tra di loro e nel loro diverso comporsi rimandano a diverse immagini di paesaggio.

Tale visione recupera la definizione di paesaggio contenuta nella convenzione europea («Paesaggio» designa una determinata parte di territorio, così com’è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni); poiché consente di mettere a fuoco le immagini di paesaggio condivise e il loro modo di distribuirsi nel territorio o presentarsi visivamente nonché capire quali sono le dinamiche e i modi d’uso che generano paesaggio.

I metodi di lettura del paesaggio sono molteplici cosi come le chiavi interpretative.

Attualmente, dopo un lungo primato detenuto dall’approccio geografico-naturalistico, da circa 10 anni si registra una forte attenzione legata all’approccio estetico, rivolto ad aspetti legati a fattori socio- culturali: dall’ecologia del paesaggio all’economia della forma e dell’immagine.

Il problema non è tanto quello di far prevalere un’interpretazione del paesaggio in chiave geografico-naturalistica su quell’estetico-percettiva ma di coniugare i due aspetti. La qualità del paesaggio è spesso il prodotto d i un equilibrio. Comprendere l’importanza dell’ecologia e dell’ecologia del paesaggio nelle attività di pianificazione e progettazione del paesaggio non può far trascurare la dimensione estetico percettiva.

Altro elemento che lega i due aspetti è la visione del sistema ambientale e di quello paesaggistico come sistemi reticolari. Così come l’ambiente ha una sua trama strutturale fatta di elementi areali, puntuali e relazioni loro (la rete ecologica) cosi è possibile riconoscere, all’interno di un territorio fortemente antropizzato e frammentato, una trama paesaggistica fatta di aree di integrità, permanenze, monumentalità collegate tra loro da itinerari e linee di relazione visiva.

Il percorso proposto per l’analisi del paesaggio e la sua valutazione approfondisce entrambi gli aspetti; dovrà in sostanza definire, riferendoci sempre al paesaggio come racconto o testo narrativo:

• la cornice del racconto: quale alle varie scale (dalla territoriale alla locale) il contesto ambientale di riferimento, quale in sostanza la cornice geografica e quali i grandi sistemi di relazione. Quale sia cioè il tipo di paesaggio sedimentato nella memoria o cultura degli abitanti o fruitori esterni;

la grammatica: quali le forme, le geometrie, gli oggetti fisici che danno forma ed immagine al territorio e le relazioni tra loro;

• la sintassi: quali le relazioni tra le componenti, il m odo nel quale tali forme sono composte, relazionate, viste e interpretate - in sostanza «percepite» - quali le dinamiche di trasformazione in atto.

• In sintesi è necessario dare una risposta ai seguenti quesiti:

(25)

• quale l’idea di paesaggio contenuta nel vari livelli di pianificazione: le componenti da tutelare, gli ambiti da valorizzazione, il livello di trasformazione ammesso/accettato;

quale alle varie scale (dalla territoriale alla locale) il contesto geografico e paesaggistico di riferimento, quale in sostanza la cornice geografica e quali i grandi sistemi di relazione;

• quale il tipo di paesaggio sedimentato nella memoria o cultura degli abitanti o fruitori esterni e quali le grandi figure territoriaIi che contengono o fanno da cornice a tali paesaggi;

• quale la storia delle trasformazioni del territorio e quali i segni rimasti;

• quali le forme, le geometrie, gli oggetti fisici che danno ora forma ed immagine al territorio;

quale il modo nel quale tali forme vengano viste e interpretate - in sostanza «percepite» - il senso dello spazio trasmesso;

• quali in sintesi gli ambiti di valore ambientale e paesaggistico;

• quali gli impatti, come influirà il piano, sulla percezione, sulle dinamiche del luogo;

• quali gli accorgimenti che possano essere messi in atto per ridurre o compensare gli impatti;

quali gli interventi e le azioni per produrre ricadute positive sul territorio.

È comunque la fase di definizione dei paesaggi identitari, di «qualità», e la relativa percezione delle forme che li rappresentano, la chiave di lettura che costituisce codice interpretativo e punto di sintesi.

È possibile organizzare l’interpretazione e valutazione del paesaggio secondo cinque chiavi di lettura:

5.1.1.1 LETTURA ESTETICA

È un’analisi di tipo estetico-figurativo, iconografico, sociale, storico-culturale per l’individuazione dei contesti e ambiti paesaggistici e delle forme, immagini e tipi di paesaggio; in altre parole la messa a fuoco delle idee e figure di paesaggio condivise, figure sedimentate nella memoria e nel vissuto di chi fruisce di un certo territorio, come abitante, come turista, o semplicemente come visitatore e osservatore occasionale. L’analisi è finalizzata all’individuazione dei Paesaggi Figurativi e dei Paesaggi identitari.

All’indagine di cui sopra fa seguito un’analisi del territorio per individuare la distribuzione geografica delle immagini di paesaggio con la perimetrazione delle Unità di Paesaggio, ottenendo in questo modo una carta dei paesaggi identitari.

5.1.1.2 LETTURA DINAMICA

È la lettura attraverso l’analisi delle trasformazioni territoriali programmate o realizzate, finalizzata a restituire i principali processi di mutamento in atto in grado di produrre «pressioni sul paesaggio», la cui carta contiene:

• la previsione delle dinamiche di evoluzione degli assetti insediativi e infrastrutturali;

• la ricostruzione delle «azioni in corso» da intendere come il quadro dei progetti e dei programmi in corso o in lista d’attesa.

(26)

5.1.1.3 LETTURA FIGURATIVA E FORMALE

Il secondo passo consiste nella definizione dell’immagine fisica del territorio, attraverso la lettura e comprensione dei suoi aspetti di forma e relativi elementi generatori. In sostanza sono da rilevare gli aspetti di figurabilità e riconoscibilità del territorio, i quali rendono possibile associare un luogo alle sue componenti ambientali e al loro modo di comporsi e relazionarsi: rilievi, fiumi, canali, aree boscate, edifici, centri urbani e rete delle infrastrutture. Obiettivo dell’analisi è far emergere l’ossatura portante del paesaggio, gli elementi che compongono la trama costitutiva della sua forma.

Tale analisi si sviluppa attraverso un processo di selezione delle componenti territoriali per l’individuazione dei caratteri figurativi e formali strutturanti. Tali sono le componenti della matrice fisico-naturalistica, antropica, identitari a e simbolica del territorio che hanno svolto o svolgono un ruolo decisivo nella costruzione del paesaggio e nella definizione della sua immagine fisica.

5.1.1.4 LETTURA FUNZIONALE

Tale lettura riguarda gli aspetti di «funzionamento» del paesaggio, con particolare attenzione al tema della fruibilità e accessibilità dei “punti di interesse”.

Si tratta di individuare il sistema delle polarità ed attrattività del sistema della fruizione turistico/ricreativa del territorio e il sistema dell’accessibilità ad esse collegato.

5.1.1.5 LETTURA PERCETTIVA

La lettura percettiva rappresenta la fase di «narrazione» del paesaggio, l’attribuzione di un preciso significato a ciò che è visto, le relazioni tra immagine fisica e immagine paesaggistica.

Racconta e rappresenta il paesaggio evidenziando le relazioni e le corrispondenze tra il modo di comporsi ed esprimersi visivamente delle componenti ambientali e le immagini di paesaggio sedimentate. Analizza i caratteri prettamente visivi assegnando alle componenti morfologiche un ruolo nella costruzione della «scena paesaggistica»; rilievi orografici, corsi d‘acqua, infrastrutture, spazi aperti, divengono: margini, distretti visivi.

In sintesi:

• Caratteri visivi: analizza i caratteri prettamente visivi assegnando alle componenti morfologiche un ruolo nella costruzione della «scena paesaggistica»; rilievi orografici, corsi d’acqua, infrastrutture, spazi aperti, divengono: margini, distretti visivi, itinerari.

• Caratteri percettivi: individua i luoghi ove i tipi di paesaggio condivisi e riconosciuti trova adeguata rappresentazione scenica, in altre parole, i luoghi, ove le diverse immagini di paesaggio si presentano particolarmente complete, integre e riconoscibili (quadri paesaggistici, contesti figurativi).

5,1,1,6 CARATTERI LOCALI

Treviso e il suo intorno sono stati oggetto negli ultimi decenni di un’intensa urbanizzazione, che ha portato alla crescita di una città continua, dove sovente si riconoscono i caratteri insediativi della casualità, cui si associano identità poco caratterizzate e tra loro omologhe e dove agli insedi amenti residenziali si sono frammisti quelli produttivo-artigianali. Tale model lo di sviluppo ha comportato anche una conseguente frammentazione ecosistemica-paesaggistica. Questa risulta meno evidente sull’area della fascia delle risorgive esterna all’area urbanizzata, dove è meno accentuato il fenomeno dello sviluppo degli insediamenti senza soluzione di continuità, e sulla campagna a nord-est di Treviso caratterizzata dalla presenza dei "fontanassi".

(27)

Le aree in cui si riscontra una buona integrità ecosistemica e paesaggistica sono proprio il corso del fiume Sile, le sue sorgenti e tutto il complesso dei fiumi di risorgiva. Anche il sistema paesaggistico afferente le ville venete è stato per lo più compromesso dallo sviluppo insediativo e infrastrutturale, decontestualizzando il manufatto dal sistema di relazioni originario. In generale si rileva come i modelli attuali e le tipologie edilizie proposte negli ultimi decenni abbiano reso meno riconoscibile il sistema storico-insediativo tradizionale (fonte: Ambiti di paesaggio — Atlante ricognitivo. PTRC Regione Veneto, 2009). Ciò premesso, risulta quindi evidente il ruolo di primaria importanza in chiave paesaggistica dei fiumi nel territorio comunale; tra l’altro alcuni di questi fiumi contribuiscono ad impreziosire l’aspetto della citta di Treviso, creando scenari davvero suggestivi lungo le sue mura.

Come molte città al mondo, Treviso ha legato e lo fa tuttora origini e fortune ad un fiume, in particolare al Sile. Infatti la vicenda urbanistica di Treviso è la storia di una città nata sull’acqua, caratterizzata da un dislivello di nove metri tra il punto più basso e quello più alto; per questo motivo ci sono cinque sbarramenti, a cui corrispondono altrettanti salti d’acqua.

La pianura della Marca Trevigiana, facente parte del territorio comunale, è infatti percorsa da una fitta rete di torrentini e fiumi che concorrono a risaltare le caratteristiche ambientali del paesaggio. Tra questi i più importanti sono il Fiume Sile, il Fiume Botteniga (che nasce con il nome di Rio Fontanelle) ed il Fiume Storga (cfr. §3.3.1). Sono le acque del Sile, insieme a quelle del Fiume Botteniga e di un affascinante sistema di canalizzazioni interne alle mura, che offrono un’atmosfera ambientale del tutto particolare alla Città di Treviso. Tutti e tre i fiumi si originano da zone di risorgiva.

L'area delle risorgive, pur avendo subito consistenti alterazioni nel corso del tempo, comprende al suo interno elementi naturali tipici quali: fontanili ("fontanassi"), laghetti e aree paludose, torbiere e una fitta rete di corsi d'acqua. Oltre alla vegetazione tipica dei prati umidi e delle polle di risorgive (Carex, Cirsium, Caltha palustris, Iris pseudacorus), sovente si ritrovano alberi isolati e piccoli boschetti, relitti di una precedente copertura riconducibile alla facies igrofila della foresta planiziale costituita da pioppi, salici, ontani, querce, olmi, aceri, ecc.

Altro elemento di pregio che caratterizza il paesaggio sono le alzaie, le strade arginali utilizzate in passato da uomini e buoi in funzione delI’attiragIio delle barche, ora un frequentato luogo di ricreazione per la popolazione cittadina.

Oltre agli aspetti del paesaggio legati alla presenza d’acqua all’interno del territorio comunale si nota la presenza di un‘area agricola nella porzione sud occidentale del Comune. La buona presenza di siepi, di prati, di frutteti, e la presenza limitata di abitazioni conferiscono a questa area una buona integrità naturale, dove la vista può spaziare notevolmente.

5.2 Patrimonio Storico-Culturale e Archeologico

… omissis…

5.2.1 Cenni Storici

Si riportano alcuni cenni storici estratti dal sito del Comune di Treviso.

L’etimologia della parola “Treviso” è riconducibile a due possibili interpretazioni: la prima la farebbe derivare dal celtico “tarvos”, toro, più la desinenza latina isium, da cui Tarvisium; per la seconda, invece, ci sarebbe un forte legame con il nome stesso della tribù protoveneta di origine illirica, che per prima vi si stanziò.

(28)

Il primo insediamento sorse probabilmente là dove ora si trova la Chiesa di Sant’Andrea, ancor prima dell’avvento dei romani; proprio con l’avvento dell’impero, però, Treviso diventò un importante centro commerciale, acquisendo la cittadinanza romana.

La storia di Treviso, complessa e travagliata, è segno di una continua evoluzione socio-politica:

risparmiata da Attila, la città divenne fiorente sotto i Goti ed i Longobardi, che ne fecero un ducato.

Successivamente, i Carolingi diedero disposizioni per la costruzione di una zecca che, divenuta fiorente nel IX secolo, era segno inequivocabile di un rinomato prestigio che si è protratto sino ad ora.

Nel 911, dopo essere stata devastata dagli Ungheri, la città iniziò ad elaborare i suoi ordinamenti comunali, riconosciuti nel 1164 da Federico Barbarossa.

Nonostante essa apparisse favorevole all’impero, aderì ugualmente sia alla Lega Veronese che a quella Lombarda; combatté inoltre a Legnano e trattò la Pace di Costanza, sigillando definitivamente il suo interesse nel mantenersi socialmente attiva e nell’avere un ruolo ben definito nello scenario politico.

Ebbe da allora inizio un periodo particolarmente fior ente per la città di Treviso che, dopo aver esteso il proprio dominio, si abbelli, diventando una meta ricercata da parte di poeti e trovatori, che ne narravano le bellezze ed esaltavano le caratteristiche. Essa teneva inoltre numerose feste cavalleresche, che le valsero il nome di “Marca gioiosa et amorosa".

Nel 1237 Ezzelino ed Alberico da Romano posero fine al periodo di pace e serenità raggiunto dal Comune di Treviso, impossessandosi della città. Alla loro morte essa ritornò libera, ma insorsero presto nuove guerre tra Guelfi e Ghibellini, mirate a portare un nuovo squilibrio.

Il capo dei guelfi, Gherardo da Camino, divenne signore della città nel 1283 e la governò saggiamente, acquistando così la fama di valoroso e cortese (Dante Alighieri lo ricorda persino nel Purgatorio, canto XVI), e mettendo ancora una volta in evidenza il prestigio della città.

Treviso si trovò poi sotto il dominio dei conti di Gorizia e di altri vicari imperiali; nel 1328 fu la volta della signoria degli Scaligeri, fino al 1339, quando fu acquisita da Venezia, con gioia e gratitudine dei trevigiani.

Dal 1381 la città fu governata da Leopoldo d'Austria, che nel 1384 la vendette ai Carraresi di Padova.

Per motivi strategici i Visconti si impossessarono della città e riuscirono a esercitare un rigoroso controllo fino al 1389 quando i trevigiani, stanchi dei continui passaggi di proprietà, si concessero spontaneamente a Venezia, che procurò loro una lunga e prosperosa pace, ricambiata da Treviso con una sicura fedeltà.

La città condivise le sorti della Serenissima fino al 1797, quando fu vinta dalle armate di Napoleone. Essa passò quindi all'Austria e poi al Regno Italico (1805) e di nuovo all’Austria (1813).

Nel 1848 segui Venezia nella rivoluzione contro gli austriaci, ma il 14 giugno dovette arrendersi.

Dopo queste numerose vicissitudini, il 15 luglio 1866 i bersaglieri italiani entrarono in città, portando una ventata di libertà e pace, seppur poco duratura.

Durante la prima guerra mondiale Treviso soffrì molto a causa dei bombardamenti aerei che distrussero gran parte della città, ma dovette patir ancor più durante l’ultimo conflitto mondiale, quando subì un bombardamento americano che provocò migliaia di vittime e distrusse edifici pubblici e monumenti di notevole interesse storico ed artistico, da sempre patrimonio della città e suoi simboli.

(29)

La città è inoltre dotata di un’imponente cinta muraria, attualmente in fase di ricostruzione che, proprio durante la guerra, servì per proteggere il centro storico, da essa delimitato.

Altro elemento basilare dell’evoluzione sociale trevigiana è riconducibile alla religione: è storicamente plausibile che la religione cristiana sia stata fatta conoscere nel Veneto verso la fine del I secolo da qualche legionario, reduce dall’Asia, ed abbia cominciato poco dopo a conquistare seguaci anche in Treviso, affermandosi verso il IV secolo, dopo l’editto di Costantino.

Risalgono sempre al IV secolo le vicende dei primi Santi onorati in questa città: San Liberale, patrono della città, ed i Santi Teonisto, Tabra e Tabrato, caduti martiri alla fine del IV secolo.

5. 2. 2 Patrimonio Storico-Architettonico 5.2.2.1 LE MURA

La presenza delle mura risale all’epoca romana. Le vestigia attuali sono costituite da una cinta di mura di quasi quattro chilometri, comprendenti soprattutto manufatti medievali (Porta Altinia), quattrocenteschi (Scaligeri), e cinquecenteschi.

Nel ‘500 Frà Giocondo da Verona prima e D’Alviano poi, su commissione della Repubblica veneziana, hanno ampliato e migliorato le antiche fortificazioni dando loro l’aspetto attuale di terrapieno, rivestito all’esterno da una spessa muraglia di mattoni.

Le mura, completate poco dopo il 1510, si fregiano a due terzi dell’altezza di un cordolo in pietra d’Istria. In prossimità dei principali bastioni (Porta Altinia, bastioni di San Paolo, bastioni al Portello...) si possono notare, incastonati nel paramento di mattoni, alcuni bassorilievi raffiguranti il leone alato, simbolo del potere di Venezia.

5.2.2.2 LE TORRI

Le prime notizie riguardanti la presenza delle torri a Treviso risalgono al 1100; tali costruzioni erano adibite ad abitazioni, una di proprietà della famiglia da Romano era usata come carcere, ma la maggior parte era stata eretta per motivi strategici. Nei secoli il loro numero si ridusse in parte perché era cambiato il modo di fare la guerra, in parte furono abbandonate ed in parte crollarono a causa dei terremoti come avvenne nel 1117, nel 1222 e nel 1551.

Attualmente le torri presenti a Treviso sono la Torre Civica, ben visibile da Piazza dei Signori, la Torre degli Oliva e la Torre dei Canonici in Via Paris Bordone e la Torre del Visdomino, in Via Cornarotta.

5.2.2.3 EDIFICI STORICI

Palazzo della Signoria in Piazza dei Signori: serviva a dimora del Podestà di Treviso che, dovendo essere né trevigiano né dei paesi vicini soggetti a tirannia, si trasferiva, con tutto il suo seguito, in città occupando le case limitrofe al Palazzo dei Trecento che erano sottratte ai legittimi proprietari.

Palazzo dei Trecento in Piazza Indipendenza: edificato intorno al 1185 allo scopo di disporre di una sala per assemblee in cui vi si potessero radunare molteplici rappresentanze; il suo completamento risale al 1268 con l’edificio attiguo adibito a carcere. Era chiamato anche “Palazzo della Ragione” in quanto questo luogo era il centro sociale-amministrativo della città. Dopo i lavori del 1552 gli archi che si affacciano sulle piazze furono aperti completamente mettendo in comunicazione due piazze e creando la loggia del Palazzo dei Trecento. Tra la fine deII‘8OO ed i giorni nostri, il Palazzo ha subito una serie di opere per lo spostamento della scalinata da Ovest ad Est, per il rifacimento della merlatura, ora guelfa e per il restauro dopo i gravi danni dovuti ai bombardamenti del 1944.

Riferimenti

Documenti correlati

Le concentrazioni rilevate presso i siti di traffico individuato lungo Strada San Pelajo e in Strada Sant’Agnese, dove verrà posizionata la nuova centralina fissa di monitoraggio

In ragione della fluidificazione dei flussi grazie alla nuova intersezione a rotatoria, della esclusione di parte dello stesso dalle zone di tipo prettamente residenziale e

Si individuano impatti compatibili sulla componente “traffico veicolare”, in quanto è stimato un aumento rispetto alla situazione attuale giudicato assorbibile dall’attuale

Figura 10 Contributi percentuali dei macrosettori CORINAIR alla stima emissioni di NOx nel comune di Moriago della Battaglia – dati INEMAR 2007/8.. Figura 11 Contributi

Stabilimento di Pederobba (TV) - Richiesta di ampliamento della specificazione merceologica del codice CER 19.12.04 Valutazione di Impatto Ambientale ai sensi del D.Lgs-. STUDIO

Dall’analisi effettuata sugli strumenti di pianificazione territoriale disponibili si conclude che il progetto di ampliamento in esame necessita di variante urbanistica provvisoria

Per gli inquinanti con prevalente o totale natura “secondaria” (il PM10, il PM2.5, gli ossidi di azoto, l’ozono), le zone sono state individuate, come previsto in Appendice I,

In realtà, mentre la pollina raccolta sotto le gabbie viene allontanata con una certa frequenza ( almeno tre volte/settimana), per cui le