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Academic year: 2021

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III

Introduzione

Le Biblioteche Riunite “Civica e A. Ursino Recupero”

di Catania

La storia delle Biblioteche Riunite “Civica ed A. Ursino Recupero” di Catania è saldamente legata a quella del Monastero di S. Nicolò l’Arena, cenobio benedettino fondato agli inizi del XII secolo nei pressi di Nicolosi, alle pendici dell’Etna. La scarsa sicurezza delle campagne ma soprattutto la ricchezza economica e commerciale della vicina città di Catania porterà i benedettini a iniziare, nel 1558, la costruzione di un nuovo e più grande monastero nella collina nord della città.

Si è certi dell’esistenza di una raccolta libraria, fin dagli albori della vita della comunità di S. Nicolò, ma poche sono le testimonianze che ne certificano l’entità. Si può immaginare che si sia trattato di opere di carattere religioso, ma anche storico, se lo storiografo Jerònimo Zurita, nella prima metà del XVI secolo, annoverava la biblioteca benedettina tra quelle utili alla sua compilazione degli Indices rerum ab Aragoniae regibus gestarum 1 .

1

Jerònimo Zurita y Castro (1512-1580), fu lo storiografo nazionale designato alla corte

d’Aragona, autore degli Anales de la Corona de Aragòn, (dalle invasioni dei Mori alla morte di

Ferdinando il Cattolico), ai quali lavorò dal 1562 a1580. Con uno speciale mandato di Filippo

II percorse l’Aragona, l’Italia e la Sicilia esplorando biblioteche ed archivi alla ricerca di

notizie per la compilazione degli Indices rerum ab Aragoniae regibus gestarum, (la dinastia

aragonese fino a Martino II re di Sicilia), pubblicati per la prima volta nel 1578, con l’aggiunta

della Storia di Sicilia di Goffredo Malaterra.

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IV

Non furono risparmiati la biblioteca né il monastero in quello che fu definito il giorno fatale 2 , l’11 gennaio 1693, data del terribile terremoto che rase al suolo la città di Catania. Ma la ricostruzione, ad opera dei più importanti architetti dell’epoca, iniziò immediatamente, già nel 1703, e i monaci si impegnarono a rendere fruibili quelle poche opere salvate tra le macerie, dando loro una sistemazione provvisoria e poi collocandole insieme a quelle che si sarebbero aggiunte nel corso degli anni, nel refettorio e nell’antirefettorio del monastero.

Il XVIII secolo fu un’epoca di grande sviluppo della biblioteca benedettina grazie alle tante personalità che vi gravitarono: Vito Maria Amico (1697-1762), storico e bibliofilo, abate del monastero, responsabile sin da giovane della libreria, e promotore dell’istituzione di una biblioteca cittadina;

Placido Maria Scammacca (morto nel 1787), ricco monaco che acquistò pregevoli opere nei suoi frequenti viaggi a Roma e Napoli; Nicolò Riccioli (1695-1783), teologo e cattedratico catanese.

Fu proprio grazie alla generosità di Riccioli che venne costruito un nuovo locale, accanto al Museo fondato da Vito Amico e Placido Scammacca, inaugurato nel 1773 che finalmente darà una giusta collocazione al patrimonio benedettino. La splendida “Sala Vaccarini”, il cui nome deriva dall’architetto che la progettò, presenta due ordini di scaffali lignei sormontati da quadri dei Santi Padri e volta decorata da Giovanni Battista Piparo con le Virtù, le Arti e le Scienze.

2

Casagrandi V., La nuova Catania e l’Archivio benedettino, in “Giornale dell’Isola”, 12 luglio

1925 .

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V

Una accurata descrizione della biblioteca a metà dell’Ottocento si può trovare nella Guida del Monastero dei PP. Benedettini di Catania di Francesco Di Paola Bertucci, che riferisce di 24 mila volumi divisi secondo le cinque classi della “moderna bibliografia”: Teologia, Giurisprudenza, Scienze ed arti, Istoria, Belle lettere 3 . I manoscritti erano circa 300 e fra questi la pregevole Bibbia del XIV secolo in caratteri semigotici, acquistata da Placido Scammacca, con miniature di Pietro Cavallino, un Officium Beatae Mariae Virginis della prima metà del XV secolo con 21 miniature, un Salterio del XIII secolo, salvato dal terremoto del 1693. Tra i 200 incunaboli vi si trovava un C.

J. Cesaris Commentaria, stampato a Roma nel 1469 da Sweynheim e Pannartz, un Breviarium romanum stampato a Venezia nel 1478 da Jenson, le nove Commedie di Aristofane, stampate nel 1498 da Aldo Manuzio. Bertucci descrive anche la sala antistante la biblioteca, in cui l’abate Emiliano Guttadauro, naturalista, tra gli scaffali che ospitavano la sua raccolta di libri di storia naturale, sistemò una preziosa collezione di conchiglie.

La legge di soppressione degli ordini religiosi (R.D. 7 luglio 1866, n.

3036) convogliò nella biblioteca benedettina, divenuta comunale, le raccolte dei conventi dei Carmelitani, dei Cappuccini, dei Francescani, dei Minoriti, dell’Indirizzo, dei Domenicani, di S. Agata la Vetere e di S. Caterina al Rosario. Tutto ciò senza che gli spazi fossero ampliati per assicurare una giusta collocazione e una adeguata conservazione ai 20 mila nuovi volumi.

3

Di Paola Bertucci F., Guida del Monastero dei PP. Benedettini di Catania, Catania,

Musumeci Papale, 1846, p. 22.

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VI

Fino al 1899 la Biblioteca comunale rimase in stato di abbandono, l’umidità e gli insetti danneggiarono gravemente molti dei volumi in essa conservati, finché l’Amministrazione comunale non affidò all’archivista Carmelo Ardizzone e a Federico De Roberto, bibliotecario onorario, il compito di riordino e inventariazione della raccolta. Il fondamentale lavoro, che produsse un inventario ed un catalogo ordinato per autore, riguardò però solo la biblioteca benedettina, compresi 919 dei 1700 diplomi ed atti notarili, mentre nulla fu fatto per le raccolte provenienti dalle altre congregazioni soppresse.

Per sottrarre al disfacimento la biblioteca e l’adiacente Museo comunale, ma anche con l’intento dichiarato di offrire all’Ateneo catanese un gabinetto di lavoro e un sussidio all’insegnamento di archeologia, paleografia e storia dell’arte, il preside della Facoltà di Lettere e Filosofia Vincenzo Casagrandi 4 , nel 1914, propose al Comune di dirigere gratuitamente, per conto dell’Università, ambedue gli enti. L’offerta cadde nel vuoto e si attenderà il 1925, con la nomina di Orazio Viola a bibliotecario, per avere finalmente un tecnico alla guida della Biblioteca Comunale che desse una organizzazione coerente e sistematica ai locali e alle raccolte. Approfittando anche della disponibilità dei locali del Museo, che fu trasferito al Castello Ursino nel 1935, Viola potè utilizzare altre cinque sale comunicanti, parallele ai locali della biblioteca (Sala Vaccarini, Gabinetto Guttadauro e refettorio piccolo) e separate da questi da un corridoio di 61 metri.

4

Vincenzo Casagrandi (1847-1938), dal 1888 docente di storia antica presso l’Università di Catania, si dedicò, oltre agli studi sulla Magna Grecia e la Sicilia orientale, alla storia della città di Catania, il Monastero dei Benedettini, il Castello Ursino, il Siculorum Gymnasium.

Fondò la Società di storia patria per la Sicilia orientale, avviando la costituzione di una

biblioteca specializzata e della rivista “Archivio storico per la Sicilia orientale”.

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VII

I nuovi spazi consentirono di accogliere numerose altre raccolte tra cui quelle di Arturo Trombatore, Saverio Fiducia, Giuseppe Benedetto Dusmet, Vincenzo Giuffrida, il carteggio di Vincenzo Casagrandi, gli spartiti musicali di Santo Santonocito. Ma le più importanti acquisizioni furono la biblioteca del poeta Mario Rapisardi 5 (3.565 volumi e 3.800 lettere), nel 1914, e quella del Barone Antonio Ursino Recupero (41.000 opere tra volumi, opuscoli, periodici, libretti d’opera e manoscritti), che alla sua morte lasciò la sua biblioteca congiuntamente al Comune e all’Università. La Biblioteca comunale e quella del barone si costituirono ente morale, con R.D. del maggio 1931, col nuovo nome di Biblioteche Riunite “Civica e A. Ursino Recupero”.

Alla direzione di Orazio Viola, durata fino al 1951, seguì quella di Elvira Ursino, dal 1968 quella di Maria Salmeri e dal 1998 a oggi quella di Rita Angela Carbonaro.

Oggi ai locali della biblioteca si è aggiunta una stanza vicina che ospita esclusivamente la biblioteca Rapisardi, arredata con le librerie, i cimeli e i quadri dello studio del poeta. Il patrimonio complessivo delle Biblioteche Riunite consta di circa 250.000 volumi, opuscoli e fogli volanti a stampa, 132 incunaboli, circa 4.000 cinquecentine, alcuni erbari del XVIII secolo, circa 1.700 pergamene, 4.000 lettere, 2.000 disegni, 600 fotografie e più di 4.000 periodici in parte estinti. Purtroppo fino ad oggi gli unici cataloghi sono del tipo “Staderini” (a stampa e manoscritti) a libretto o a cassetti ma, se sono presenti i cataloghi separati per ogni fondo, non ce n’è uno generale, che

5

Mario Rapisardi (1844-1912), poeta catanese, tra le sue opere le Ricordanze, La Palingenesi,

Poesie religiose, Epigrammi.

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VIII

comprenda tutto il patrimonio. Fino ad oggi quindi, l’unico modo per conoscere il posseduto delle Biblioteche Riunite è recarsi fisicamente in loco e destreggiarsi tra i numerosi schedari. Il progetto di un OPAC collettivo delle biblioteche della provincia di Catania è apparentemente in stato avanzato, ma basta consultare il sito del Sistema Bibliotecario Provinciale 6 per vedere che si millantano servizi mai attivati 7 . D’altra parte il Comune, ormai ad un passo dal dissesto, già nel 2008 era debitore nei confronti della biblioteca di circa 900.000 euro 8 , con conseguenze immaginabili su fornitori, dipendenti e servizi.

Oggi l’unico personale presente è costituito dalla Direttrice e dalla vice- direttrice e l’apertura è garantita dal prezioso aiuto dei tirocinanti della Facoltà di Lettere, pieni di buona volontà ma senza nessuna competenza specifica. È evidente che si è preferito dare spazio ai numerosi eventi culturali (mostre, presentazioni di libri...) organizzati grazie alla buona volontà di direttrice e personale, a costo zero, piuttosto che fare investimenti ad ampio respiro.

È lecito a questo punto chiedersi quanti, anche fra studiosi del settore, siano a conoscenza dell’esistenza a Catania di edizioni di Sweynheim e Pannartz o di Jenson, o di preziosi manoscritti miniati e corali pergamenacei del XVI secolo. E ancora, quanto bisognerà aspettare per dare dignità ad una

6

Sistema Provinciale di Catania <http://www.sbp.ct.it>

7

“Il portale del Sistema Bibliotecario Provinciale di Catania mette a disposizione degli utenti una ricca offerta di servizi (prestito interbibliotecario, fornitura di documenti, consulenza on line, news, attività e progetti)” (dal sito <http://www.sbp.ct.it>), ma basta tentare di usufruire di uno di questi servizi per scoprire che di prestiti o consulenze on line non c’è neanche l’ombra.

Il catalogo poi è un’accozzaglia di dati, pieno di duplicazioni con i tipici danni da riversamento da formati diversi.

8

Leocata P., Ursino Recupero: la cultura pignorata per insolvenza, in “La Sicilia”, 8 luglio

2009; Leocata P., Un piano per salvare la biblioteca, in “La Sicilia” 16 luglio 2009.

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IX

istituzione che, per le vicende trascorse e le stratificazioni del suo patrimonio, rappresenta la storia stessa della città etnea?

La Biblioteca di Antonio Ursino Recupero

Del barone Antonio Ursino Recupero, benché sia stato un personaggio certamente influente nella vita culturale della città etnea, pochissime notizie biografiche ci sono pervenute. Sappiamo che, nato nel 1853, si laureò in Giurisprudenza nell’ateneo catanese nel 1875, ma non esercitò la professione se non in casi particolari, solo “in servizio di qualche poveretto” 9 , senza intento di guadagno. D’altra parte non ne aveva bisogno, possedeva una cospicua rendita, non aveva famiglia ed era libero di coltivare le sue passioni. Grande amore nutrì per l’Etna, la “montagna”, che sovrasta la città di Catania, e fu tra i promotori della fondazione della prima sezione siciliana del Club Alpino Italiano. Partecipò attivamente alla vita politica: di fede monarchica ma vicino ai socialisti, fu sindaco per meno di un anno, tra il 1897 e il 1898. Lasciata la poltrona di primo cittadino appoggiò la campagna elettorale di Giuseppe De Felice Giuffrida 10 , e durante la sindacatura di quest’ultimo (iniziata nel 1902) si sedette tra i consiglieri. Ma il suo amore per la terra siciliana e per la sua città in particolare si manifestò nella sua più grande passione, quella per i libri, e

9

Naselli C., La Biblioteca Ursino Recupero in “Il popolo di Sicilia”, 20 marzo 1931.

10

Su Giuseppe De Felice Giuffrida si veda la voce di Biscione F. M., in Dizionario biografico

degli italiani, vol. 33, Roma, Istituto dell’enciclopedia italiana, 1987, p. 689-694.

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X

nella costruzione della sua straordinaria biblioteca. Ci racconta Federico De Roberto 11 , amico del barone, che la biblioteca Ursino nacque con le catteristiche di raccolta di cultura generale. Ben presto però Ursino si accorse che non avrebbe potuto reggere il confronto con le più grosse biblioteche cittadine, soprattutto la biblioteca universitaria, e lungimirante com’era decise di creare una biblioteca specializzata in edizioni siciliane, catanesi in particolare, ed opere sulla Sicilia. La sua ricerca fu minuziosa e spasmodica, amici e conoscenti in possesso di libri di suo interesse si videro “stringere di amabile assedio”, dice ancora De Roberto 12 , e costanti furono i rapporti con i librai antiquari, tanto da riuscire a costruire una collezione ricca di libri ma anche di opuscoli, fogli volanti, manifesti, e molti manoscritti, inventariati e riordinati nel 1932 da Vincenzo Casagrandi 13 , di carteggi e opere edite e inedite di illustri siciliani.

La sua raccolta fu sempre a disposizione di studiosi e amici tanto che la casa di via Gallo, dove lo stesso Ursino risiedeva, divenne una vera e propria biblioteca, con diverse stanze con scaffalature che fungevano da magazzino ma anche una sala consultazione aperta a tutti. Quello che però il barone vietò sempre fu di portare con sé i libri, e a tale scopo espose un simpatico “Editto”

datato 1904, in cui si vietava, per qualsiasi motivo, l’asportazione di libri, opuscoli o altro, firmato dal “Ministro segretario per gli affari domestici:

11

De Roberto F., La Biblioteca Ursino in “Giornale dell’Isola”, 8 luglio 1927.

12

Ibidem.

13

Casagrandi V., I manoscritti della Biblioteca Ursino Recupero, in “Rivista del Comune di

Catania”, 4 (1932), n. 4, lug.-ago.

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XI

l’Economia” e dal “Ministro segretario per la comune utilità: la Pace” 14 . Lo stesso divieto ritroviamo nel testamento, che come sappiamo stabilì che la biblioteca passasse al Comune e alla Regia Università, a dimostrare la sfiducia del donatore nei confronti di ciascuna delle due Istituzioni e la speranza che, insieme, avrebbero vigilato l’una sull’operato dell’altra. Oltre alla cospicua raccolta il barone lasciò il palazzo di via Gallo e la cifra di 150.000 lire per il completamento delle scaffalature, per l’acquisto di una casa adiacente da annettere alla biblioteca e per il continuo aggiornamento della collezione.

Già sappiamo che le volontà del barone non furono rispettate integralmente, e la Biblioteca Ursino Recupero non fu mantenuta nel luogo originario ma nel 1931, sei anni dopo la morte del barone, fu unita alla comunale costituendosi ente morale e trasferita nella attuale sede del Monastero di S. Nicolò l’Arena.

Il presente lavoro, per le necessità dettate dal tipo di ricerca, costituisce il catalogo di una piccola selezione di pubblicazioni presenti tra le edizioni antiche della Biblioteca Ursino Recupero. Tra le 93 pubblicazioni di editori palermitani del XVII secolo quasi la metà è costituita da opere di carattere giuridico, la restante parte comprende molte opere storiche, devozionali, agiografiche.

Tra le edizioni di maggiore interesse Le due deche dell’historia di Sicilia di Tommaso Fazello (n. 38), prima edizione siciliana dell’opera tradotta;

l’Historia cronologica delli signori vicerè di Sicilia di Vincenzo Auria (n. 8);

14

Naselli C., La Biblioteca Ursino Recupero, in “Il popolo di Sicilia”, 20 marzo 1931.

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XII

gli Annali della felice città di Palermo di Agostino Inveges (n. 54), con interessanti riproduzioni di piante topografiche e monete; Le solennità lugubri e liete in onore della fedelissima Sicilia di Girolamo Matranga (n. 62), arricchito da straordinarie incisioni di Paolo Amato; il Teatro genologico delle famiglie nobili di Filadelfo Mugnos (n. 65); la Sicilia Sacra di Rocco Pirro; le Vitae sanctorum siculorum di Ottavio Gaetano (n. 44) e le Icones aliquot et origines illusrium [sic] aedium sanctissimae Deiparae Mariae quae in Siciliae insula coluntur dello stesso (n. 42), curate da Tommaso Tamburino, ma il nostro esemplare è privo delle 37 calcografie della Madonna che arricchivano l’edizione. Interessante l’espediente di Pietro dell’Isola il quale, probabilmente non possedendo caratteri greci, utilizza quelli in suo possesso per trascrivere un’iscrizione (fig.1).

Fig. 1 - Gaetano O., Icones aliquot et origines illusrium [sic] aedium sanctissimae Deiparae

Mariae quae in Siciliae insula coluntur, Palermo, Pietro dell’Isola, 1663, c. M

1

r (scheda n. 42)

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XIII

Infine, un curioso avvertimento al lettore che introduce gli errata corrige, probabilmente dell’autore Ippolito Falcone.

Fig. 2 - Falcone I., Il Pindo sagro, Palermo, Carlo Adamo, 1691 (scheda n. 37).

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