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3.Calcinaio – Depilazione

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Academic year: 2021

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3.Calcinaio – Depilazione

Il calcinaio e la depilazione vengono trattati insieme perché, nella più comune pratica conciaria, sono condotti contemporaneamente; tuttavia, gli scopi dell’uno e dell’altro sono distinti e diversi tra loro.

Mentre con la depilazione si cerca di eliminare le sostanze cheratiniche della pelle, cioè il pelo e l’epidermide, con la “calcinazione” si prepara la struttura collagenica al successivo trattamento di concia.

La fase di calcinaio e di depilazione vengono condotti contemporaneamente perché vi è sinergismo d’azione tra i reattivi usati per la depilazione e quelli per la calcinazione.

1. La depilazione

Vi sono sostanzialmente due tipi di depilazione, la depilazione chimica e quella enzimatica.

1.1. Depilazione chimica

La depilazione chimica consiste nell’idrolizzazione, più o meno spinta, delle cheratine dell’epidermide. Il punto di attacco per la destabilizzazione delle cheratine è il ponte di-solfuro, sia che a depilare sia un agente riducente o un agente ossidante.

Sono stati proposti numerosi e complessi meccanismi di reazione tra le cheratine e i vari agenti depilanti. Per quanto concerne il nostro discorso, possiamo dire, semplicemente che gli agenti riducenti portano le cheratine alla loro forma ridotta di precheratine R-SH, mentre gli agenti ossidanti ossidano il ponte solfuro, formando R-SO3H.

Depilazione con solfuri. Il solfuro di sodio [Na2S] e il solfridrato di sodio [NaHS] sono

di gran lunga gli agenti depilanti più utilizzati nell’industria conciaria. I tempi d’azione dei solfuri sono molto rapidi: dopo un’ora il pelo è già molto degradato e bastano poche ore per una completa idrolizzazione.

Un tempo trovavano impiego anche i solfuri di arsenico che, aggiunti nell’operazione di spegnimento della calce, formavano solfuri di calcio [ Ca(HS)2 ] . Il loro utilizzo è oggi

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In ambienti acquosi il solfuro e il solfidrato di sodio si dissociano in S2-, SH- e OH-.

Lo ione solfidrato (HS-) nell’ambiente fortemente alcalino del calcinaio, può deprotonarsi e diventare uno ione solfuro, S2-.

Sono proprio gli ioni solfuro e solfidrato i principali responsabili della depilazione, perché sono in grado di scindere i ponti zolfo delle cheratine che, destrutturate in precheratine, si gonfiano a causa dell’alcalinità del bagno e perdono la loro struttura compatta, solubilizzandosi. L’alcalinità del bagno è dovuta sia alla dissocazione del solfuro che alla presenza di un alto quantitativo di idrossido di calcio, Ca(OH)2.

Possiamo constatare l’importante sinergismo d’azione tra la calce e il solfuro: come si è visto l’idrossido facilita l’idolizzazione del pelo, ma anche il solfuro di sodio contribuisce all’aumento di pH del bagno, che come vedremo, sarà fondamentale per portare a giusta maturazione il collagene.

Il solfuro e il solfidrato hanno lo stesso tipo di comportamento nei confronti dell’epidermide, avendo entrambi lo ione HS- come prodotto di dissociazione; ma la loro azione nei riguardi del derma è diversa. Si vedrà nel paragrafo 3.3., come questo fatto determini i quantitativi utilizzabili di solfuro e di solfidrato nei bagni di calcinaio.

Depilazione con ammine. L’utilizzo di ammine alifatiche, primarie e secondarie, nel

processo di depilazione, è oggi quasi del tutto scomparso, visto l’elevato impatto ambientale di questi composti. Nonostante ciò, è doveroso accennare alla depilazione per mezzo di ammine , poiché, come vedremo nel paragrafo 3.3.1., queste sono un prodotto della degradazione alcalina delle proteine, e, inevitabilmente, sono sempre presenti nei bagni di calcinaio e contribuiscono alla depilazione delle pelli.

Il meccanismo d’azione delle ammine non è ancora del tutto chiaro, tuttavia è sufficiente dire che esse portano le cheratine alla loro forma ridotta di precheratine. In passato, pur non conoscendo l’effetto delle ammine, i conciatori ne sfruttavano comunque la loro azione depilante: infatti, preferivano spesso miscelare bagni di calcinaio freschi con bagni già usati, i quali sono, ovviamente, ricchi di ammine.

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1.2. Depilazione enzimatica

Il pelo può essere allentato ed eliminato non solo per via chimica, ma anche per via enzimatica, cioè attraverso l’attività proteolitica di determinati enzimi.

I metodi di depilazione enzimatica sono purtroppo ancora oggi di difficile controllo, poiché spesso l’attività proteolitica non si limita alle cheratine dell’epidermide, ma si estende anche alle fibre collageniche del derma, compromettendo l’aspetto del fiore. I moderni strumenti consentono oggi un monitoraggio e sulle quantità di batteri da inserire nei bagni di depilazione e sulla loro attività: tuttavia, non garantiscono ancora un controllo accurato e preciso e, purtroppo, spesso non consentono di intervenire in tempo, prima cioè del danneggiamento dello strato papillare del derma.

Depilazione a riscaldo. La depilazione a riscaldo è uno dei metodi più antichi di

depilazione e consiste nel provocare una parziale e controllata putrefazione della pelle. L’obiettivo è creare delle condizioni di temperatura e di umidità tali da garantire nella pelle un adeguato sviluppo di batteri i quali, attraverso i loro enzimi, vanno ad attaccare le cheratine astrutturate situate o in prossimità del follicolo pilifero o nello strato basale dell’epidermide.

Al termine di questo attacco idrolitico, le pelli vengono messe in acqua fredda, in cui è stato preventivamente aggiunto del battericida, in modo da bloccare l’azione di lisi da parte dei batteri.

Nonostante lo sviluppo e l’azione dei batteri siano difficilmente controllabili, il metodo di depilazione a riscaldo trova ancora applicazione in quei processi in cui l’obiettivo primario è il recupero integro del pelo e l’aspetto del fiore è di minore interesse.

Depilazione con preparati enzimatici. Differentemente dal caso precedente, con i

preparati enzimatici la depilazione avviene attraverso l’attività proteolitica di enzimi opportunamente dosati e controllati.

In teoria, l’enzima dovrebbe attaccare le cheratine molli dello strato basale dell’epidermide, lasciando inalterata la parte cheratinica più strutturata. Tuttavia, rimangono, anche per questo tipo di depilazione, le perplessità di cui abbiamo precedentemente parlato: è difficile controllare l’attività di idrolizzazione delle proteine

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da parte degli enzimi e spesso questi vanno ad intaccare e a danneggiare lo strato superficiale del derma.

Nonostante la depilazione con preparati enzimatici non sia ancora affidabile, è comunque chiaro su quali parametri è conveniente intervenire per migliorarla.

L’attacco proteolitico degli enzimi sulle proteine del collagene è dovuto essenzialmente a due fattori: l’alta concentrazione di enzimi e i tempi dell’azione litica delle cheratine, relativamente troppo lunghi per ottenere una soddisfacente rimozione dell’epidermide, senza un attacco delle proteine del collagene.

Gli studi si stanno in parte indirizzando verso la riduzione dei tempi di attività dell’enzima. Una strada percorribile è quella di facilitare l’accesso dell’enzima verso le strutture da attaccare, ossia gli strati più interni dell’epidermide. Purtroppo gli enzimi per accedervi devono diffondere attraverso il derma, cioè attraverso i vuoti tra le fibre di collagene, formatisi dalla solubilizzazione di parte del materiale interfibrillare.

Ridurre i tempi d’azione dell’enzima significa dunque accelerare i fenomeni di diffusione e per far ciò si è pensato di lavorare in pressione; difficilmente, però, l’industria conciaria accetterà l’utilizzo di apparecchiature che lavorano in pressione. Un altra possibilità di riduzione dei tempi dell’azione proteolitica degli enzimi, consiste nel far diffondere attraverso la pelle, in un primo momento, dei particolari enzimi a un pH neutro, dove essi sono inattivi; successivamente, innalzando il pH del bagno, questi enzimi si attivano ed essendo già in prossimità dello strato basale dell’epidermide, svolgono rapidamente la loro azione demolitiva delle cheratine molli.

Particolarmente interessante si è dimostrato l’utilizzo di una proteasi ricavata dal battere

Bacillus Subtilis, un enzima resistente agli alcali e ai solfuri. L’enzima, velocizzando la

scissione tra le fibre di collagene e lo scheletro proteico dei proteoglicani, favorisce l’allentamento strutturale del derma e, quindi,facilità l’accesso dei solfuri negli strati più interni dell’epidermide. Questo enzima non agisce direttamente sul pelo, ma sul materiale interfibrillare del derma, perciò questo processo di depilazione viene denominato “processo di depilazione chimica assistita da enzima”. L’enzima diminuisce notevolmente la quantità di solfuro necessaria nel bagno, i tempi per la depilazione e per la maturazione della pelle .

Altri studiosi hanno recentemente pubblicato degli studi sull’impiego di alcune miscele di enzimi a specificità proteolitica piuttosto larga. Considerando che la membrana

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basale dell’epidermide (il sito preferenziale di attacco per una buona depilazione) è costituita da proteine globulari reticolate da molti tipi di legame (ionici, disulfidici, ponti a idrogeno, idrofobici), è difficile immaginare che un formulato di enzimi con un range di specificità bassa possa avere successo nella rapida destabilizzazione di questa complessa struttura di tipo network. Pertanto, alcuni studiosi hanno pensato di utilizzare diversi e numerosi enzimi in quantità ridotte: attraverso l’azione consecutiva delle diverse proteasi, si arriva alla completa destabilizzazione della struttura network della membrana basale.

Figura 3.1.1 Rappresentazione schematica della degradazione della membrana basale. In un network di varie proteine, come quelle presenti nella membrana basale, ogni componente può essere rotto da un determinato tipo di proteasi (1), mentre il network può rimanere intatto. Tuttavia, l’additivazione di proteasi di specificità complementare (2), facilmente produce un aumento della destabilizzazione del network

Il range di specificità del formulato delle proteasi può essere notevolmente ridotto se la pelle viene pretrattata con un alcale forte, come l’NaOH, il quale, gonfiando la struttura

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cheratinica, rende più accessibili i loci peptidici all’azione proteolitica. In questo caso si parla di “depilazione enzimatica assistita da prodotto chimico”

2. Il calcinaio

2.1. Obiettivi del calcinaio

Questa fase viene denominata “calcinaio” o fase di “calcinazione” della pelle, perché nel tradizionale processo conciario, insieme ai solfuri, viene impiegata principalmente calce spenta [Ca(OH)2 ].

L’obiettivo del calcinaio consiste nella preparazione della pelle al successivo trattamento di concia, portandola all’adeguato stato di “maturazione”.

In pratica, si cerca di allentare le struttura collagenica, aumentando la spaziatura tra le protofibrille (da 10Å a circa 16Å) , in modo da permettere alle grosse molecole concianti di penetrare facilmente all’interno della struttura fibrosa. Inoltre, sempre in previsione del successivo trattamento di concia, si cerca di rendere le fibre di collagene il più possibile reattive verso i concianti.

2.2. Gonfiamento del collagene

La pelle ben rinverdita, oltre all’epidermide e al pelo, mantiene ancora intatta parte della materia interfibrillare; in particolar modo sono ancora presenti nel derma i proteoglicani, mentre la gran parte delle proteine globulari, le albumine e le globuline, dovrebbe essere già passate in soluzione nella precedente fase di rinverdimento.

Nelle soluzione alcalina del calcinaio, vengono rotti facilmente i legami a ponte di idrogeno e le numerosi interazioni elettrostatiche tra le fibre di collagene e la rimanente materia interfibrillare, i già menzionati proteoglicani; questi vengono rimossi dal derma e passano in soluzione. Le fibrille di collagene acquistano così una maggiore mobilità, un maggior grado di allentamento e di reattività; tuttavia la super struttura collagenica è ancora lontana dall’adeguato stato di maturazione, rimanendo ancora perfettamente integra.

Con la permanenza delle pelli nel bagno di calcinaio, la forte alcalinità finisce per rompere parte dei ponti salini, dei ponti a idrogeno e delle interazioni elettrostatiche tra le catene polipeptidiche del collagene e si giunge, così, ad un adeguato allentamento e gonfiamento della nostra pelle.

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Si è già discusso sulle diverse tipologie di gonfiamento relativo al collagene, il

gonfiamento osmotico o elettrostatico e il gonfiamento liotropico.

Mentre l’idrossido di sodio e gli acidi provocano un gonfiamento del derma di tipo osmotico o elettrostatico, la calce si comporta in maniera diversa, presentando un tipo di gonfiamento intermedio, cioè in parte a carattere osmotico o elettrostatico, in parte a carattere liotropico.

Per la calce, l’effetto di gonfiamento a carattere osmotico o elettrostatico è ridotto. Lo ione calcio ha infatti una natura bivalente, per cui riesce a legarsi con i gruppi laterali di due catene polipeptidiche adiacenti, diminuendo l’effetto del gonfiamento. Il Ca2+ può

legarsi o con due gruppi carbossilici di due protofibrille o con un gruppo carbossilico e uno ossidrilico degli aminoacidi idrossilati. Il Ca2+ inoltre può mostrare carattere liotropico: si può legare a due funzioni idrossidiche, rompendo i legami a idrogeno e formando successivamente dei ponti, che contribuiscono alla stabilità della struttura collagenica.

Nell’esecuzione pratica del calcinaio, viene utilizzata una quantità di calce molto superiore a quella solubile nel bagno (la solubilità della calce in acqua è piuttosto scarsa, circa 1.5g/litro a 30°C): non tanto perché in questo modo si garantisce la massima concentrazione di Ca2+ e di OH- nel bagno, durante tutta la fase di calcinaio, ma anche perché utilizzando un grosso quantitativo di calce, la pelle acquista delle qualità organolettiche (morbidezza, gonfiamento, etc.) migliori. Si pensa che ad agire sulla pelle, con dei meccanismi ancora da chiarire, non sia soltanto la calce in soluzione, ma anche la calce rimasta in sospensione.

L’idrossido di sodio, rispetto alla calce, genera un gonfiamento del collagene molto più pronunciato. I motivi di questa diversità d’azione possono essere riassunti in tre punti:

1. lo ione Na+, monovalente, non può creare legami incrociati tra le protofibrille, per cui la struttura del collagene risulta più destabilizzata e maggiormente soggetta al fenomeno del gonfiamento

2. Il collagenato di sodio è più dissociato del collagenato di calcio, per cui tra le fibre calcinate con soda caustica vi è una maggiore concentrazione di ione positivi, i quali richiamano tra le fibre un gran numero di molecole d’acqua, per attrazione elettrostatica o per osmosi.

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3. Lo ione Na+ non possiedeproprietà liotropiche e perciò non riesce a coadiuvare facilmente una separazione delle fibrille a livello microfibrillare.

L’impiego di idrossido di sodio nella fase di calcinaio porta ad un gonfiamento assai spinto della pelle e perciò ad una eccessiva destabilizzazione della struttura del collagene: le pelli in crust, calcinate con soda caustica, presentano delle proprietà meccaniche inferiori rispetto alle pelli in crust calcinate tradizionalmente con calce.

2.3. Coadiuvanti nel calcinaio

Nei bagni di calcinaio tradizionale, oltre alla calce e i solfuri, vengono utilizzati alcuni prodotti coadiuvanti, tra cui il glucosio, i polifosfati, i tensioattivi e prodotti antiruga. Il glucosio e i polifosfati vengono utilizzati per complessare i metalli pesanti, i quali causano sgradevoli macchie sul fiore. Si comportano anche da disperdenti della calce e ne facilitano la sospensione nel bagno.

I polifosfati, inoltre, hanno anche la funzione limitare il problema delle macchie di calce, perché riescono a complessare lo ione calcio.

L’utilizzo di tensioattivi, stabili a pH elevato, ha lo scopo di emulsionare i grassi naturali della pelle, rimuovendoli.

I prodotti antiruga, a base di ammine primarie e secondarie facilitano la distensione delle rughe naturali della pelle, presenti soprattutto sul collo dell’animale.

2.4. Immunizzazione del pelo

In letteratura è riportato che nel processo di depilazione chimica che prevede l’utilizzo di un agente riducente in presenza di alcali, se l’aggiunta dell’alcali precede l’additivazione del composto riducente, la resistenza del pelo al distacco o all’idrolisi incrementa sensibilmente. Questo fenomeno, conosciuto con il nome di

immunizzazione, è noto da molti anni, ma non è ancora stato chiarito.

Il fatto che un preventivo trattamento delle cheratine del pelo in soluzioni a concentrazioni moderate di alcali (idrossido di sodio o di calcio) non comporti una degradazione della loro struttura da parte del solfuro di sodio, in concentrazioni che porterebbero rapidamente all’idrolisi completa del pelo non trattato, indica che i ponti disolfuro sono stati sostituiti da nuovi e più stabili cross-links.

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La natura di questi nuovi legami e il motivo per cui rendono immune il pelo all’attacco del solfuro o di altri agenti depilanti sono stati oggetto di molti studi.

La maggior parte delle teorie sull’immunizzazione sono basate sul presupposto che la prima reazione delle cheratine con gli alcali comporti la rottura dei ponti disolfuro dei residui di cistina con formazione di acido sulfenico e di un gruppo solfidrilico, come indicato dalla seguente reazione (reazione I, riportata anche precedentemente):

(I) R−CH2 −S−S−CH2 −R+H2O →alcali R−CH2 −SOH+HS−CH2 −R Sulla base dei prodotti di questa reazione, sono stati proposti numerosi meccanismi per spiegare la formazione dei nuovi cross-links che incrementano la resistenza chimica delle cheratine. Secondo una di queste teorie [1], il gruppo sulfenico reagirebbe direttamente con un gruppo amminico di un vicino residuo di lisina presente in una catena laterale, secondo la seguente reazione:

O H R ) (CH NH S CH R R ) (CH N H SOH CH R− 2 − + 2 − 2 4 − → − 2 − − − 2 4 − + 2

Non sembra però probabile che la lisina possa convenientemente reagire con un derivato della rottura di un ponte disolfuro e questa teoria fallisce considerando l’assenza di gruppi solfidrilici nella lana trattata con alcali.

Un’altra teoria [1] suppone che il gruppo sulfenico, instabile, dapprima si decomponga in aldeide e H2S e che l’aldeide reagisca poi con un gruppo amminico di catene laterali:

O H R ) (CH N CH R R ) (CH N H CHO R S H CHO R SOH CH R 2 4 2 4 2 2 2 2 + − − = − → − − + − + − → − −

Queste reazioni però non chiariscono che cosa potrebbe accadere ai gruppi tiolici. Inoltre è noto che la struttura CH=N non è resistente all’azione degli acidi (es. HCl), invece i campioni di pelo trattati con alcali e in seguito con HCl sono ancora resistenti all’attacco degli agenti riducenti: questo comportamento ha fatto supporre che il legame CH=N non possa comunque essere il solo responsabile dell’immunizzazione.

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Secondo alcuni autori [1], causa dell’aumentata stabilità delle cheratine, sarebbe la formazione di un amminoacido, la lantionina, un tioetere che si formerebbe dalla cistina a seguito dell’eliminazione di un atomo di zolfo.

COOH COOH

CH CH S CH CH− 2 − − 2

NH2 NH2

Figura 3.2.1 - Amminoacido lantionina

Numerose teorie sono state proposte per spiegare la trasformazione del ponte disolfuro a lantionina per azione degli alcali.

Stando alla teoria originale, il legame –S–S– verrebbe rotto secondo la reazione I, quindi l’acido sulfenico formerebbe un derivato idrossilico, liberandosi di un atomo di zolfo, oppure un composto del tipo R =CH2, eliminando un atomo di zolfo e una molecola d’acqua. Qualunque sia il composto intermedio che viene a formarsi, questo reagirebbe poi con il gruppo tiolico, portando alla lantionina.

Un altro meccanismo proposto per la formazione della lantionina (Figura 3.2.2), che non prevede la decomposizione dell’acido sulfenico, ipotizza che la prima reazione tra la cistina e gli alcali comporti la rottura del ponte –S–S– tra l’atomo di carbonio e quello di solfuro (I).

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Figura 3.2.2 - Formazione della lantionina

Si formerebbero così, come intermedi, un residuo di deidroalanina e un anione disolfuro (II); quest’ultimo eliminerebbe poi un atomo di zolfo (III), generando un gruppo solfidrilico che andrebbe a reagire con la deidroalanina per formare quindi il derivato lantioninico, che provvederebbe a stabilizzare la struttura della cheratina. Una tale teoria sembra però in netto contrasto con il ritrovamento della lantionina nelle acque finali dei bagni di depilazione o nel pelo residuo; non solo, campioni di pelo provenienti da calcinai con solfuro evidenziano una quantità di questo amminoacido addirittura superiore a quella di campioni provenienti da calcinai con sola calce. Questo incremento nella formazione di lantionina, che ha luogo quando l’agente depilante viene aggiunto dopo un trattamento del pelo con alcali, può essere spiegato considerando che in presenza di solfuro altre reazioni potrebbero competere con quelle dovute alla sola azione degli alcali (figura 3.2.3).

E’ stata quindi messa in dubbio l’ipotesi che indica la formazione della lantionina come uno dei nuovi legami responsabili dell’immunizzazione del pelo.

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Figura 3.2.3 - Formazione della lantionina in presenza di solfuri

Il meccanismo descritto in precedenza, però, potrebbe anche spiegare la formazione di un altro amminoacido, la lisinoalanina (Figura 3.2.4), assente nei peli residui dei calcinai depilativi, ma presente nei campioni provenienti da trattamenti con idrossido di sodio o di calcio.

NH2 NH2 CH CH NH CH CH CH CH CH− 2222 − − 2 − COOH COOH

Figura 3.2.4 - Amminoacido lisinoalanina

Se strettamente prossimo al derivato deidroalaninico (composto II o III figura 3.2.2) vi fosse un lisil-residuo, allora la reazione si evolverebbe secondo gli schemi V e VI di figura 3.3.5, con formazione del derivato lisinoalaninico, che secondo alcuni, unitamente alla lantionina, provvederebbe a rendere più stabile la struttura della cheratina.

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Figura 3.2.5 - Formazione della lisinoalanina

Un altro tipo di cross-link ipotizzato per spiegare il processo di immunizzazione coinvolge ioni bivalenti, quali Ca2+ o Ba2+. Infatti è stato osservato che l’azione degli idrossidi di calcio e di bario sulle cheratine è diversa rispetto a quella dovuta a NaOH; questi alcali sembrano reagire con il ponte disolfuro portando alla formazione di nuovi e più stabili legami contenenti un atomo di calcio o di bario non-ionizzabile.

Per spiegare l’immunizzazione dovuta al trattamento dei campioni di pelo con soluzioni di Ba(OH)2 , anche in questo caso è stato ipotizzato che il legame –S–S– venga rotto

secondo la reazione I; il solfuro formatosi dalla “distruzione” di un'altra parte di cistina ridurrebbe quindi il gruppo dell’acido sulfenico e in seguito si formerebbe un ponte tra le catene peptidiche grazie a un atomo di bario (figura 3.2.6).

CH CH S Ba S CH CH− 2 − − − − 2

Figura 3.2.6 - Ponte tra catene di cheratina per mezzo di un atomo di bario

Il meccanismo ipotizzato prevede che il nuovo legame venga a formarsi attraverso la riduzione dell’acido sulfenico e ciò suggerisce che la presenza di quantità anche piccole di solfuro dovrebbero promuovere l’immunizzazione. Trattando dei campioni di pelo con soluzioni contenenti Ca(OH)2 e Na2S, non è stata però riscontrata nessuna

evidenza del fatto che la presenza del solfuro promuova il processo di immunizzazione. E’ stata quindi suggerita l’ipotesi (9) che il legame con l’atomo di calcio (o di bario) venga a formasi per diretta reazione tra lo ione metallico e i prodotti di idrolisi del ponte disolfuro, secondo la seguente reazione:

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O H R CH S Ca S CH R R CH HS Ca SOH CH R− 2 − + ++ + − 2 − → − 2 − − − − 2 − + 2

Per lo stesso tipo di reazione diretta, che non coinvolga la riduzione dell’acido sulfenico, è stata proposta anche la formazione del seguente legame :

CH CH S Ca O S CH CH− 2 − − − − − 2

Tuttavia questo ponte contenente uno ione bivalente potrebbe non essere il solo responsabile dell’incremento di resistenza delle cheratine agli agenti riducenti.

3. Altri effetti sul collagene del calcinaio

3.1. Variazione del punto isoelettrico del collagene

Concluso il calcinaio, il punto isoelettrico del collagene passa da un pH di circa 7/7.5, caratteristico della pelle allo stato naturale, a un pH leggermente acido, circa 5.

Questa variazione è dovuta all’aumento dei gruppi acidi carbossilici del collagene. Gli alcali del calcinaio, infatti, provocano la rottura dei gruppi ammidici laterali (caratteristici di due particolari aminoacidi, la glutammina e la asparagina): in tal modo viene liberata ammoniaca nei bagni di calcinaio e i gruppi ammidici vengono trasformati in gruppi carbossilici.

Figura 3.3.1 Trasformazione di un gruppo ammidico in un gruppo carbossilico per mezzo di un alcale

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Dopo il calcinaio, il collagene contiene più gruppi carbossilici rispetto alla pelle iniziale e, conoscendo la definizione di punto isoelettrico (paragrafo 1.2.5.), si capisce come questo passi da un valore di 7.5 a circa 5: ad un pH debolmente acido, la dissoluzione dei gruppi carbossilici retrocede e nel collagene si trovano tanti ioni positivi quanti negativi.

3.2. Saponificazione dei grassi

Nella pelle è presente anche una percentuale di grasso: per quanto riguarda le pelli bovine, essa è piuttosto bassa, circa il 2% e non presenta dunque particolari problemi di rimozione.

Parte del grasso viene eliminato facilmente attraverso l’azione degli alcali, cioè attraverso la semplice rottura dei ponti ad idrogeno, ma per gli esteri glicerici la rimozione è più complessa.

Infatti, in presenza di calce, gli esteri glicerici vengono sì idrolizzati dalla forte alcalinità, ma in presenza degli ioni calcio, si formano i corrispondenti saponi di calcio, scarsamente solubili e dunque, scarsamente eliminabili, se non attraverso l’impiego di una buona quantità di tensioattivi.

3.3. Azione dei solfuri sul collagene.

Nell’analisi del calcinaio e della depilazione, si è visto come non si possa parlare di sostanze ad esclusiva attività cheratolitica o rilassante: il solfuro e il solfidrato di sodio, per esempio, influenzano entrambi il grado di gonfiamento della struttura del collagene. Mentre il solfuro contribuisce in maniera determinante all’aumento del pH del bagno, il solfidrato influenza l’alcalinità del calcinaio in misura assai minore, per cui, per garantire un gonfiamento ottimale della pelle, che non sia né troppo spinto né insufficiente, è opportuno utilizzare entrambi i solfuri in una giusta proporzione tra loro. Nella più comune pratica industriale, nel bagno di calcinaio viene utilizzato circa il 2.8% di solfuro e circa l’1.5% di solfidrato. Il rapporto ottimale tra la quantità di solfidrato e di solfuro è di circa 0.6.

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4. Influenza dei vari fattori sul processo di

depilazione-calcinaio.

Il processo di depilazione-calcinazione è fortemente influenzato da numerosi parametri: 1. temperatura

2. concentrazione e tipologia dei reattivi 3. agitazione

4. tempo

Temperatura. La temperatura in questa fase rappresenta un parametro di primaria importanza. La struttura collagenica, fortemente destabilizzata, è assai sensibile all’aumento della temperatura. La temperatura di gelatinizzazione della pelle calcinata passa infatti dai 60°C della pelle allo stato grezzo a 40°C.

Nella figura 3.3., è riportata la percentuale di pelle solubilizzata in un bagno di calce, in funzione del tempo e a diverse temperature.

Figura 3.4.1 Perdita di sostanza dermica (in %) nel tempo al variare della temperatura

Dal grafico si osserva che già a temperature superiori a 30°C, la quantità di sostanza dermica perduta non risulta più trascurabile.

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Per determinare quale sia la temperatura ottimale di esecuzione del processo, dobbiamo fare anche le seguenti considerazioni.

Il processo di depilazione è favorito con l’aumentare della temperatura, mentre il grado di gonfiamento del collagene risulta più pronunciato a temperature basse. Infatti, il gonfiamento elettrostatico/osmotico è determinato dalla dissociazione del collageanato di sodio o di calcio, che, essendo una reazione esotermica, è favorita a temperature basse. Più è bassa la temperatura, più è alto nel bagno il numero di ioni positivi, i quali possono generare un gonfiamento della pelle troppo spinto.

La temperatura di esecuzione del processo, nella più comune pratica industriale, è di circa 24-26°C.

Concentrazione. Ovviamente, le concentrazioni dei reattivi usati influenzano il grado di gonfiamento e di rilassamento del derma e i tempi e le modalità di esecuzione del processo. In particolare, oltre alle sostanze già menzionate, si deve prestare attenzione alle alte concentrazioni delle cosiddette sostanze “idrotope”, come il cloruro di calcio e l’ammoniaca, responsabili della forte azione liotropica nei confronti delle fibre di collagene .

Agitazione. L’agitazione meccanica del bottale accelera fortemente i processi di depilazione e calcinazione: lo strofinio delle pelli e l’agitazione del bagno favoriscono e la rimozione del pelo e la penetrazione dei reattivi all’interno della pelle.

Tuttavia, non è possibile far ruotare continuamente il bottale durante tutta la fase di calcinaio, perché la continua azione meccanica sulle fibre collageniche destabilizzate, porterebbe a rotture irreparabili sullo strato papillare del derma. Inoltre, l’attrito provocherebbe un sensibile aumento della temperatura all’interno del bottale, causando ulteriori danni.

Tempo. Chiaramente, più le pelli rimangono nei bagni di calcinaio, più queste risultano rilassate; è evidente, comunque, che una permanenza eccessiva delle pelli porterebbe ad un indesiderato abbattimento del collagene, a causa dell’eccessiva solubilizzazione di sostanza dermica.

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5. Modalità pratica di esecuzione del processo con

solfuri

La depilazione mediante l’impiego di solfuri è la più diffusa nell’industria conciaria e può avvenire attraverso due metodologie di esecuzione, i processi distruttivi del pelo e i processi non distruttivi.

5.1. Processi non distruttivi del pelo.

Il processo non distruttivo del pelo ha come obiettivo la non completa solubilizzazione delle cheratine e, quindi, il recupero del pelo o della lana. Può avvenire in due modi, in assenza di bagno (con l’impiego di pastina depilante) o in bagni a bassa concentrazione di solfuri.

Impiego di pastina depilante. Questo processo depilante non distruttivo viene ancora effettuato se il valore della lana o del pelo ha un certo interesse economico, oppure per motivi ecologici, che saranno affrontati nel paragrafo 3.6.5.

In breve, la modalità di esecuzione del processo è questa: il lato carne delle pelli viene spalmato con una pastina depilante la quale, diffondendo attraverso il derma, garantisce un adeguato allentamento del pelo e, conseguentemente, una sua facile rimozione per asportazione meccanica. La pastina depilante ha la seguente composizione:

acqua 1000 pp

Na2S 100 pp

NaHS 2-5 pp

Calce fino a 20° Bé

Addensanti 25°-28° Bé (caolino, gesso, amido, destrina)

Le pelli, prima della spalmatura della pastina, vengono preventivamente rinverdite, scarnate e centrifugate, per non avere un eccessivo stato di umidità; cosparse col prodotto depilante, le pelli sono piegate e messe in pila (cioè, una sopra l’altra in delle vasche nel terreno) per una notte. Al mattino, il pelo è sufficientemente allentato e può essere asportato meccanicamente. Ovviamente, nonostante la depilazione, le pelli non hanno certo raggiunto il grado di maturazione necessario, perciò è necessario sottoporle alla fase di calcinazione.

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Impiego di bagni a bassa concentrazione. Come nel precedente caso, l’obiettivo è la conservazione del pelo. Tuttavia, il calcinaio e la depilazione vengono qui condotti contemporaneamente.

I bagni di calcinaio-depilazione sono poco concentrati (10 g/l di solfuro e 30 g/l di calce idrata) e la durata del trattamento è piuttosto lunga, dai 3 ai 5 giorni. Terminato il processo, il pelo viene asportato meccanicamente e le pelli sono sufficientemente mature.

Sono stati concepiti e realizzati anche altri processi di depilazione non distruttiva del pelo. Particolarmente interessante è il “processo Darmstadt” che, nonostante sia stato proposto nel 1972 e, in vari momenti, modificato e migliorato, non ha ancora trovato applicazione nell’industria conciaria.

Le pelli rinverdite vengono spruzzate con una soluzione di solfuro di sodio oppure vengono sospese in un soluzione al 70% sempre di solfuro di sodio, dove permangono per circa 5-10 minuti; dopo di che, un rullo ruotante, scorrendo sulla superficie della pelle, riesce a rimuovere il pelo, precedentemente allentato; il pelo viene rimosso, raccolto ed essiccato e anche i solfuri aderenti sulla pelle vengono recuperati e riutilizzati.

5.2. Processi distruttivi del pelo

Nella più comune pratica conciaria, le fasi di depilazione con solfuri e calcinazione sono condotte nel bottale contemporaneamente e il pelo non viene recuperato, ma distrutto, solubilizzato nel bagno di calcinaio.

La quantità di solfuro di sodio necessaria va da 30 a 60 g/l. e la distruzione completa del pelo avviene rapidamente, nell’arco di qualche ora; tuttavia, per la fase di calcinazione, è necessario che le pelli permangano nei bagni di calcinaio per almeno uno giorno.

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6. Problematiche ambientali relative al calcinaio

6.1. Il carico inquinante del calcinaio

La riviera, e in particolare il processo di calcianio-depilazione, è la fase del processo conciario a maggiore impatto ambientale.

Secondo alcune stime, si ritiene che i lavori di riviera siano i responsabili dell’80% dell’inquinamento idrico globale della conceria, percentuale a sua volta suddivisa nel 15% del rinverdimento, 50% del calcinaio, 15% decalcinazione e il resto nelle altre operazioni. Quindi, secondo questa stima, i bagni di calcinaio sono responsabili di una grossa fetta del carico inquinante globale delle concerie, circa il 40%!

Nella tabella 3.1., viene riportata una distribuzione dei parametri inquinanti tra le varie operazioni del processo conciario tradizionale.

Parametri Rinverdimento % Calcinazione % Decalcinazione % Piclaggio-Concia % Operazioni Re- sidue % B O D 5 ~10 ~68 ~5 ~1.5 ~14.5 C O D ~15 ~55 ~5 ~1.5 ~25 Materie ossidabili ~13 ~64 - - ~23 MES ~5 ~55 - - ~40 Salinità ~65 - ~8 ~20 ~7 Tossicità - ~76 - ~24 -

Tabella 3.6.1 Ripartizione dei parametri di inquinamento per le differenti fasi di lavorazione[1].

Si nota dai primi tre parametri (B.O.D.5, C.O.D., materie ossidabili) che i bagni di

calcinaio sono di gran lunga i maggiori responsabili del carico organico inquinante dei reflui da conceria. I valori di COD nei bagni di calcinaio possono infatti risultare estremamente elevati (circa 140000-150000 mg/l O2), a causa della grande quantità di

proteine della pelle, soprattutto cheratine, passate in soluzione.

Altro parametro significativo della tabella è il MES, che indica la quantità di sostanze non disciolte nel bagno, ossia i solidi sospesi: anche in questo caso possiamo notare come nel calcinaio si concentrino la gran parte dei solidi sospesi di tutti i reflui da

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conceria. Ciò è dovuto a tutti quei frammenti di pelo e di derma che pur non solubilizzandosi, sono passati in sospensione nel bagno.

Possiamo inoltre notare, sempre relativamente al calcinaio, l’elevata percentuale del parametro di tossicità. Questo è principalmente dovuto alla elevata presenza nei bagni dei solfuri, sui quali è doveroso fare alcune considerazioni.

6.2. Il solfuro e l’acido solfidrico

Il solfuro è una sostanza tossica e, in quanto tale, inibisce l’attività dei microrganismi destinati alla ossidazione-depurazione; perciò deve essere eliminato nelle fasi preliminari della depurazione, prima che i reflui vengano sottoposti alla processo di depurazione biologica. Il suo abbattimento negli impianti di depurazione non è oggi problematico e avviene, soprattutto, per ossidazione catalitica all’aria. Attraverso areatori di superficie e ad aria compressa e grazie a un catalizzatore di cloruro o solfato di manganese, il solfuro viene ossidato a tiosolfato, S2O32-, che successivamente si

decompone in zolfo o in solfito.

A destare le più serie preoccupazioni non è comunque la tossicità dello ione solfuro, ma soprattutto la sua capacità di trasformarsi in idrogeno solforato (H2S), acido allo stato

gassoso, altamente tossico per l’ambiente ed estremamente pericoloso per la salute dell’uomo.

In medio-alte concentrazioni nell’atmosfera, l’acido solfidrico provoca il decesso delle persone: paralizzando il sistema respiratorio, causa la morte per asfissia nell’uomo e negli animali. In passato, a causa dell’acido solfidrico, non rari sono stati i decessi di operai conciatori sul loro posto di lavoro! Non meno preoccupante è l’impatto ambientale delle emissioni di acido solfidrico in atmosfera: ossidato dall’ossigeno dell’aria, l’acido solfidrico si trasforma in acido solforoso e in acido solforico, responsabili del fenomeno delle piogge acide.

Per basse concentrazioni, l’acido solfidrico non risulta essere particolarmente nocivo alla salute dell’uomo; tuttavia, come è ben noto nella zona del comprensorio del cuoio, l’idrogeno solforato è una sostanza fortemente maleodorante, dal caratteristico odore di uova marce. Perciò, oltre tutti gli effetti negativi sulla salute e sull’ambiente, l’acido solfidrico causa un notevole degrado della qualità dell’aria, in prossimità dei depuratori

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L’acido solfidrico si forma attraverso l’acquisto di protoni da parte dello ione solfuro e dello ione solfidrato. Fin quando i bagni di calcinaio mantengono il loro pH elevato (pH=11-12), la formazione di acido solfidrico è senz’altro trascurabile, causa la bassissima concentrazione di ioni H+. Tuttavia e le pelli calcinate, ricche di solfuri, e i reflui di calcinaio, inevitabilmente incontrano degli ambienti a carattere acido, per cui, è pressoché inevitabile la formazione dell’acido solfidrico.

6.3. L’acido solfidrico nella fase di pickel

Dopo i lavori di riviera, le pelli vengono sottoposte al processo di pickel, nel quale si raggiungono valori di pH acidi, intorno a pH=2-3. A questi valori, lo sviluppo di acido solfidrico diventa notevole ed è perciò necessario realizzare, per il bottale dove si realizza il pickel, un sistema di aspirazione del gas.

In passato, quando mancavano gli attuali dispositivi di sicurezza, sono avvenuti alcuni incedenti mortali sul lavoro, proprio all’apertura del bottale destinato al piclaggio: gli operai, nello scaricare il bottale del loro carico di pelli piclate, sono morti per asfissia, dopo aver perduto i sensi ed essere caduti all’interno del bottale.

Una volta aspirato, il gas viene fatto passare attraverso una normale torre di abbattimento, in controcorrente con una soluzione di idrossido di sodio. L’assorbimento dell’acido nella soluzione, non ha solo carattere fisico, ma è fortemente favorito dalla reazione chimica acido-base: l’H2S reagisce con l’idrossido di sodio in soluzione,

formando solfuro di sodio, Na2S. I gas emessi nell’atmosfera che escono dalla torre di

abbattimento sono praticamente privi di acido solfidrico; i liquidi, raccolti alla base della torre vengono riutilizzati nell’abbattimento del gas, attraverso delle opportune miscelazioni con soluzioni fresche di idrossido di sodio.

Come abbiamo visto, grazie ai metodi di aspirazione e abbattimento, i gas solfidrici che si sviluppano nella fase di piclaggio non sono più causa di grosse preoccupazioni.

E’ piuttosto, la presenza di solfuri presenti nei reflui di calcinaio a causare i maggiori problemi.

6.4. L’acido solfidrico dai reflui di calcinaio

I reflui di calcinaio sono molto alcalini e, finché il pH rimane basico, non si ha un significativo sviluppo di acido solfidrico.

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Tuttavia, ad oggi, non è stato realizzato un sistema fognario e di depurazione distinto, cioè in parte destinato ai bagni di calcinaio e in parte destinato ai reflui delle altre fasi del processo conciario. Perciò, nel sistema di fogne, di fosse e di canali e nelle vasche del depuratore, i bagni di calcinaio si mescolano con reflui di altra provenienza, molti dei quali fortemente acidi. Il pH si abbassa decisamente e si creano dunque le condizioni di un preoccupante sviluppo di acido solfidrico.

6.5. Ipotesi di intervento

Diverse sono le ipotesi per migliorare e risolvere il serio problema dello sviluppo dell’acido solfidrico. Si potrebbe pensare ad un sistema di fognature e di depurazione per i reflui di calcinaio, parallelo a quello già presente. Tuttavia i costi e la difficile realizzazione pratica non incoraggiano tale progetto. Inoltre, non basterebbe a risolvere per intero il problema: l’acidità dell’anidride carbonica dell’aria potrebbe comunque far abbassare il pH dei reflui a livelli “non sicuri”.

Come è già stato pensato e proposto in passato, potrebbero essere impiegati dei processi di depilazione a basso contenuto di solfuri e a basso consumo d’acqua, come i processi di depilazione senza distruzione del pelo o i processi che prevedano il riciclo dei reflui di calcinaio. Grazie a questi processi, diminuirebbero i volumi d’acqua inquinati, la quantità di ioni solfuro presente nei bagni ed anche il notevole carico organico dei reflui.

Tuttavia, i processi di depilazione a conservazione del pelo non trovano grande interesse nella comune pratica industriale, se non in qualche piccola “nicchia” dell’industria conciaria. I tempi per la depilazione e per la calcinazione sono più lunghi del processo tradizionale e i risultati, spesso, non sono pienamente soddisfacenti. Pare, inoltre, non ci sia un forte interesse industriale nell’utilizzazione del pelo recuperato, per cui, nell’impiegare processi depilativi non distruttivi, la conceria incorre nel rischio di non riuscire a smaltire grosse quantità di pelo, a valore pressoché nullo.

Anche quei processi che prevedono il riutilizzo dei bagni di calcinaio, dopo un trattamento svolto all’interno della conceria, non hanno ancora trovato un diffuso impiego nell’industria conciaria. Attraverso precipitazione acida delle proteine o sistemi

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di gran parte del loro carico organico; dopodiché, adeguatamente integrati con miscele di bagno fresco, possono essere riutilizzati per svolgere la loro azione depilante e calcinante sulle pelli.

Questi processi con conservazione del pelo e con riciclo di bagni, nonostante i loro inconvenienti di costi, di tempi e di manutenzione rispetto a processo tradizionale, non porterebbero comunque alla completa eliminazione del problema dello sviluppo di idrogeno solforato, visto che i solfuri, se pur in quantità ridotte, verrebbero comunque impiegati.

Una strada possibile per evitare la formazione di acido solfidrico, potrebbe essere il non utilizzo dei solfuri nel calcinaio.

Nella nostra rassegna sulle varie metodologie, abbiamo incontrato vari processi di depilazione non impieganti solfuri. Tuttavia, allo stato attuale o per motivi di carattere ambientale, o per motivi di scarsa affidabilità del processo, ancora non è stata trovata una reale alternativa al processo tradizionale di calcinaio-depilazione.

Per esempio, l’impiego di ammine per la depilazione (paragrafo 3.1.1.) non può rivelarsi come una reale alternativa al processo tradizionale, a causa del loro forte impatto ambientale; anche i vari e numerosi processi di depilazione enzimatica, nonostante i progressi fatti, pare che ancora non garantiscano un adeguato allentamento del pelo, senza alcun danneggiamento dello strato superficiale del derma.

Pare dunque necessario, per giungere a un processo esente da solfuri realmente affidabile, o elaborare nuovi processi depilazione, oppure rispolverare vecchie ipotesi di lavoro, mai sufficientemente studiate o sperimentate.

Figura

Figura 3.1.1  Rappresentazione schematica della degradazione della membrana basale.  In un network di varie proteine, come quelle presenti nella membrana basale, ogni  componente può essere rotto  da un determinato tipo di proteasi (1), mentre il network
Figura 3.2.2  - Formazione della lantionina
Figura 3.2.3  - Formazione della lantionina in presenza di solfuri
Figura 3.2.5  - Formazione della lisinoalanina
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