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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.07 (1880) n.330, 29 agosto

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A

SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI

Anno Vii - Voi. XI

Domenica 29

L ’ abolizione de! corso forzato

Da qualche tempo si parla con insistenza di un progetto dell’ onorevole Ministro delle finanze diretto ad abolire il corso forzato. Se questo progetto verrà alla luce, noi ci affretteremo ad esaminarlo : intanto non ci pare senza interesse lo svolgere alcune con­ siderazioni a proposito di un argomento di tanta im­ portanza.

E prima di tutto facciamo, per cosi dire, una que­ stione pregiudiziale. A nostro avviso, allorché si tratta di proposte che interessano la finanza, esse dovrebbero sempre partire dal Ministro delle finanze e non da quello di agricoltura e commercio, e nem­ meno dall’ uno di concerto coll’altro, specialmente quando l’ iniziativa viene dal Ministero minore. E questo per più ordini di ragioni. Prima di tutto le finanze devono essere rette da un finanziere. In se­ condo luogo giova che le proposte che le riguardano si inspirino ad un concetto unico; altrimenti accadrà quello che pur troppo è avvenuto più volte, di ve­ dere cioè dei progetti poco omogenei, in cui appa­ risce lo sforzo fatto per cucire e tenere insieme idee difformi, e qualche volta opposte. Ci risparmiamo le citazioni, che non sarebbero difficili.

Il male diventa maggiore quando il progetto parte dal Ministro di agricoltura e commercio', e il Mi­ nistro delle finanze vi ha una minima parte o nes­ suna. Da noi è invalso, sebbene a torto, I’ uso di confidare il portafoglio dell’ agricoltura ad astri po­ litici di secondo ordine, e quindi coloro che lo reg­ gono, per quanto possano essere rispettabili e intel­ ligenti, non hanno per lo più nemmeno una piccola parte della competenza che ha il Ministro delle finanze, il quale suole avere sempre una spiccata personalità e studi e attitudini speciali. In questa faccenda per­ tanto dell’ abolizione del corso forzato, noi vorremmo che la proposta partisse addirittura dall’onorevole Ma­ gliani. Noi non ne conosciamo le intenzioni, ma è chiaro che se egli vuole, come si assicura, metter fine al corso inconvertibile, qualunque via prenda per giungere a questo risultato, dovrà trattare a ogni modo una operazione finanziaria, e, lo ripeteremo fino alla sazietà, le operazioni finanziarie non sono di spettanza del Ministero di agricoltura e commercio. Nè ci si venga a dire che la questione del corso forzato si riconnette con quella del sistema bancario. Ciò è innegabile, ina non sappiamo perchè, al solito, abbia a essere il Ministro delle finanze che abbia a mettere la firma sotto quella del suo collega, come dev’es­ sere certo accaduto all’onorevole Magliani a proposito del famoso progetto Maiorana-Calatabiano, mentre vediamo che la legge del 1874 si disse legge

Min-Agosto 1880

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N. 880

ghetti e fu presentata da questo come Ministro delle finanze di concerto col suo collega dell’ agricoltura e commercio.

Se si verrà all’abolizione del corso forzato, verrà pure in campo la famosa questione del corso legale, 0 non sappiamo se l’on. Magliani potrebbe dividere le idee dell’on. Miceli, il quale si ostina a volere sopprimere prima il corso legale, cosa che a noi pare inopportuna e impossibile'all’atto pratico, come ripetutamente abbiamo dimostrato. Certo non ne­ ghiamo al ministro di agricoltura il diritto e il do­ vere di tutelare gl’interessi delle industrie e del commercio, e non gli neghiamo quindi ogni com­ petenza in materia bancaria. Vorremmo solo che le questioni interessanti direttamente la finanza venis­ sero risolute dal ministro delle finanze. D’altra parte 1 progetti da presentarsi al Parlamento devono prima essere approvati in Consiglio dei Ministri, e quindi al ministro di agricoltura e commercio non man­ cherà modo e occasione di dire il parer suo.

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1578 L’ E C O N O M I S T A 29 agosto 1880

lari, gl’ interessi dei capitali presi a prestito, onde, se mai, dovette esservi depressione, perchè quelli non scemarono collo scemare dell’ aggio e col rela­ tivo abbassamento dei prezzi.

Quanto agli effetti finanziari, il Tesoro risente gli oneri derivanti dai pagamenti che deve fare al- 1’ estero in moneta metallica, sia per ciò che riguarda gl’ interessi del debito pubblico, sia per altra qual­ siasi ragione. Il che non vuol dire bensì che lo sgravio dell’ erario si limiterebbe a questo per la cessazione del corso forzato, poiché è certo che in bilancio vi sono entrate e spese che possono avere risentito gli effetti dell’ aggio. Intendiamo dire che vi sono en­ trate e spese le quali allorché sono aumentate da profitti o perdite derivanti dall’ aggio, figurano nei respettivi capitoli di bilancio già aumentate di que­ sti profitti e perdite.

Nella relazione presentata nella tornata del 15 mar­ zo 1875 dagli on. Minghetti e Finali alla Camera dei Deputati intorno alla circolazione cartacea, re ­ lazione dovuta a quell’ egregio funzionario che è il comm. Romanelli, si notava giustamente che l’ ana­ lisi più paziente non poteva a questo proposito avere che un carattere induttivo, poiché era ben difficile determinare quali fra tali entrate e spese potessero avere risentito o no 1’ effetto dell’ aggio, o in quale misura. Comunque sia, resta sempre vero quello che abbiamo detto. Ma i danni finanziari non sono solamente diretti, e a nostro avviso sbaglierebbe di­ molto chi si fermasse a questi senza tener conto dei danni indiretti, che per quanto non possano cal­ colarsi in cifre non sono per questo meno evidenti. Infatti quando in un paese si ha uno stato di cose anormale che perturba il regolare sviluppo della agricoltura, della industria e dei commerci, le im­ poste sono men produttive e la finanza dello Stato risente il contraccolpo di quella anormale condi­ zione.

Ora, generalmente parlando, dai mali che un dato fatto produce si può logicamente argomentare ai beni che deriverebbero dalla sua disparizione. E nel caso nostro crediamo si possa affermare senza tema di essere smentiti che la soppressioue del corso forzato porterebbe indubbiamente seco notevoli van­ taggi economici e finanziari. Dal momento che i commercianti che comprano all’ estero non dovreb­ bero più procurarsi 1’ oro pei pagamenti, essi risen­ tirebbero un vantaggio dal non' trovarsi esposti al- 1’ alea dell’ aggio, e siccome d’ altra parte i prezzi abbasserebbero perchè la moneta avrebbe un va­ lore maggiore, i consumatori non ne sarebbero dav­ vero danneggiati. Chi gode di uno stipendio, sic­ come questo resterebbe generalmente lo stesso, ne risentirebbe un reale vantaggio. Quanto ai salari, crediamo che in molti casi, almeno per qualche tempo, non verrebbero ribassati, perchè l’esperienza dimostra che vi è bensì una certa corrispondenza fra la media dei salari e quella dei prezzi, ma che non vi è un parallellismo assoluto, e che a ogni modo ci vuole del tempo prima che tendano a li­ vellarsi. Si dirà che lo scapito che ne risentirebbe il capitale potrebbe in fin de’ conti contrabbilanciare quel momentaneo vantaggio, ma giova altresì ri­ flettere che nelle migliorate condizioni e nella mag­ giore sicurezza e stabilità il capitale troverebbe un compenso. E per motivi identici il credito assume­ rebbe, trascorso un qualche tempo, un maggiore e più sano sviluppo. E ciò produrrebbe molto

faciI-mente l’effetto di accrescere I’ offerta del capitale e di scemarne gl’ interessi con benefizio degli intra- prenditori e degli industriali.

Quanto allo Stato vedrebbe sparire l’onere diretto che pesa sul bilancio passivo del ministero delle fi­ nanze a causa dell’aggio dell’oro e che si risolve in parecchi milioni all’anno, più gli altri oneri pos­ sibili e quei gravissimi danni indiretti che abbiamo accennati disopra.

Resta a vedersi se si possano affacciare obiezioni ragionevoli all’ abolizione del corso forzato nelle cir­ costanze presenti, e quali vie potrebbero seguirsi per raggiungere l’ intento, quando, come noi cre­ diamo, sia veramente utile il proseguirlo.

Tale era l’ opinione dell’ on. Scialoia, il quale aveva adottato il sistema del corso forzato come un espediente temporario. Egli aveva preso alla Banca NazionaleSoO milioni all*!. 50 per 0|0, ma intendeva di rimborsare questo prestito con una operazione sui beni ecclesiastici, cessata che fosse la guerra e adottati provvedimenti efficaci per pareggiare il bi­ lancio. Più tardi, e con certe differenze, l’on. Fer­ rara e l’on. Rattazzi si proponevano lo stesso scopo. Alla fine dicembre del 1867 la circolazione della Banca per conto dello Stato non appariva aumen­ tata perchè all’ anticipazione di 100 mil., stipulata colla Banca stessa in seguito alla emissione delle ob­ bligazioni dell’asse ecclesiastico si era data la forma di una operazione ordinaria, onde i biglietti emessi in dipendenza da questa vennero computati nella circolazione per conto proprio della Banca Nazio­ nale.

Nel 1868 ebbe luogo la nota commissione d’ in­ chiesta sul corso forzato, e nel 1869 l’on. Digny accennava ai mezzi per preparare I’ abolizione di quello, notando che a questo scopo occorreva prov­ vedere, oltreché ai disavanzi, ai pagamento di 578 milioni avuti (compresa l’anticipazione sulle obbli­ gazioni ecclesiastiche) alla Banca Nazionale, ed al ritiro dei 50 milioni di buoni del Tesoro, pei quali dovevasi prevedere una miuore circolazione a ca­ gione della contrazione del credito che avrebbe ac­ compagnata nei primi momenti la ripresa dei pa­ gamenti in moneta metallica. Così fino a quel l’ epoca Governo e Parlamento erano concordi, se non nei mezzi, nel fine. Poi si mutò sistema, e si comin­ ciarono a mettere in campo argomenti simili a quelli che si adducono oggi, che il corso forzato ha ancora i suoi difensori.

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Poi-che è un grave errore staccare la finanza dallo Stato, dal paese, quasiché mandando questo in rovina si salvi quella. La riforma inglese è là per smentire questo assurdo. Così i nostri uomini di Stato aves­ sero sempre tenuto conto di queste verità ele­ mentari !

La rendita crebbe, ma che forse non sarebbe cresciuta più presto senza il corso forzato? D’altra parte la tesi che si portò in campo, che quando cioè il prezzo della rendita è basso, giova meglio ricorrere al corso forzato, è assurda, poiché a vo­ lere essere logici anche ora che la rendita è alta, non si dovrebbe pensare ad abolire il corso forzato, anzi si dovrebbe adottarlo come ordinamento natu­ rale e perpetuo. Poiché emettendo biglietti si ri­ sparmia la rendita, e il corso forzato, come diceva un egregio scrittore, è preferibile finché non si trovi chi dia allo Stato i suoi capitali per nulla, o colla semplice provvisione che si dava alla Banca Nazionale ed oggi al Consorzio; il che non sarà mai. D’ altronde a un debito in rendita consolidata si sostituisce un debito fluttuante, che non si potrà pagare che consolidandolo.

Fu detto che per levare ali mezzo il corso for­ zato, bisogna che sia pareggiato il bilancio della na­ zione. Una frase e non altro ! La nazione il suo bi­ lancio se lo fa da sé, perchè negli scambi interna­ zionali nessuno vuol perdere, e tutte le partite fini­ scono col liquidarsi prima o dopo, ed è crassa ignoranza interrogare la statistica delle dogane, posto anche che potesse essere perfetta e non può es­ serlo, per trarne I’ oroscopo. Ma che diamine ! ci verrete ancora fuori colla bilancia del com­ mercio ?

E qui facciamo punto per ora, non senza riser­ barci di esaminare quello che si è fatto in altri paesi, e di combattere altre obiezioni o quando I’ annunziato progetto verrà fuori, o anche indi­ pendentemente da esso. Intanto noi estranei alle lotte politiche e avvezzi a vivere nelle sfere serene della scienza, noi men curanti delle lotte dei partiti che degli interessi vitali della patria, non possiamo a meno di dire che un ministero che riuscisse a togliere il corso forzoso, questa che è la più grave fra tutte le imposte, una piaga che potrebbe dege­ nerare in cancrena, lascerebbe del suo passaggio una traccia non ingloriosa.

1 M SULLA P I I DEL DAZIO CONSUMO

Nell’ultimo numero di questo giornale parlando della questione oggi ancora vivissima intorno ai ca­ noni che il Ministro delle finanze domanda ai Co­ muni per l’abbonamento alla riscossione del dazio con­ sumo, abbiamo detto di non trovare la ragione del ru ­ more che si fa su tale argomento, nè delle grida di ingiustizia che vengono rivolle all’egregio mini­ stro delle finanze.

L’art. 17 delia legge 3 luglio 1864 sul dazio con­ sumo dice: « La riscossione dei dazi di consumo governativi avrà luogo per abbonamento eoi co­ muni, i quali ne facciano domanda ed assumano l’ obbligo di pagare direttamente l’ ammontare che verrà stabilito d’accordo sulla base del presunto con­

sumo locale.

Le leggi susseguenti non modificarono questo con­ cetto, poiché il decreto legislativo 28 giugno 1866 tendeva solo aU’aumenlo dei dazi sulle bevande e sulle carni ed all’ estensione del dazio sulle farine, sulle paste, sul pane, sugli olii, sul burro e sullo zucchero nei comuni chiusi, e la legge 1870 aveva per ¡scopo di regolamentare la riscossione del dazio governativo in modo che i Comuni che avevano ac­ cettato l’abbonamento pagassero i canoni arretrali i quali salivano ad una cospicua somma.

Il sentimento e la lettera della legge adunque in­ dicano lo stato come un appaltante ed il comune come un appaltatore qualunque; la sola base che è indicata per determinare il canone è quella del pre- ! sunto consumo locale.

Abbiamo quindi concluso che il ministro attuale I delle finanze non può per dover suo, se non con­ tinuare l’opera del Minghetti il quale alla scadenza del quinquennio 1871-73 rinnuovando i contratti d’ abbonamento portò i canoni a favore dello Stato ! da 59 milioni e mezzo a 69 1|2. Diciamo conti- i nuare e non terminare poiché le condizioni finan­

ziare dei Comuni impongono molti riguardi, ma certo non possono permettere che la sperequazione sia tale che un comune guadagni anche oltre il 25 0[0 mentre un altro guadagna meno del 6 0|0, tanto più che l’enorme guadagno dell’uno si riduce qui a perdita dell’ altro. L’ affermare che questa misura, di perequazione per quanto stia nel diritto del ministro, aggraverebbe la situazione finanziaria di alcuni comuni, non è addurre una ragione ab­ bastanza convincente, perchè il ministro, possa dove vede il danno illegale per le finanze dello Stato, e la inosservanza palese della legge, tacere e passarvi sopra. In uno stato costituzionale, libero, la confu­ sione dei diversi poteri dello Stato è il peggiore dei mali, poiché, anche se non lo è, ed è assai dif­ ficile che non lo sia, è causa di arbitri e di im­ moralità.

E se l’art. 17 della citata legge, fosse iriterpre tato in modo da lasciar libero al ministro delle fi ­ nanze di stabilire il canone con altri criteri che non sieno quelli del consumo locale, chi ci dice dove ci arresteremmo e quale potrebbe essere in date even­ tualità la confusione che regnerebbe nella ammini­ strazione pubblica?

Il canone maggiore o minore avrebbe il carattere di maggiore o minor sussidio dato ai comuni; ed è strano invero intendere in questi giorni tanta parte della stampa, sempre calda difenditrice della autono­ mia dei comuni, e della separazione dei cespiti, pro­ pugnare una dottrina così anticostituzionale ed ar­ bitraria quale quella che lascerebbe nella facoltà di un ministro di sussidiare per un quinquennio un Co­ mune a preferenza di un altro!

Sono questioni queste che non dovrebbero esser neppur messe in discussione, ma sono però una prova di più del come la passione politica possa talvolta accecare e spingere alla dimenticanza dei car­ dini sui quali si fonda uno stato libero.

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1380 L’ E C O N O M I S T A 29 agosto 1880

Il ricordo della questione sollevatasi intorno al- 1’ on. Minghetti quando si trattò della rinnovazione de’ contratti allo scader del quinquennio 1871-1876 e lo strepito che si fa oggi per la stessa causa, dimostrano, a nostro avviso, con troppa evidenza che il sistema degli abbuonamenti da parte dei comuni non ò sostenibile. Questa lotta che minaccia di rin­ novarsi ogni quinquennio questo movimento di in­ fluenze e di personaggi per ottenere la diminu­ zione di qualche migliaio di lire del canone; que­ ste pressioni esercitate da una gran parte della stampa e dai rappresentanti di comuni, i quali molte volte hanno anche stretti rapporti politici col ministero; questo considerare il ministro come un dispen­ satore di sussidi ai comuni sopra criteri affatto personali, e quindi senza ombra di responsabilità; tuttociò è spettacolo disgustoso abbastanza per con­ dannare il sistema degli abbuonamenti, od almeno per domandare che la legge venga riformata in guisa che le basi sulle quali deve esser stabilito il canone, siano determinale tassativamente, così che i comuni non abbiano ad attendere dal mini­ stro la cifra del canone come una sentenza che scompigli le loro finanze, ed il ministro non si trovi esposto ogni cinque anni a questa agitazione perchè domanda ai comuni di dare allo Stato ciò che essi ¡n nome o per conto dello Stato chiesero di riscuotere.

Noi non vorremmo dire ora che tutto dipenda dal sistema degli abbuonamenti, ma crediamo tut­ tavia che essi entrino in gran parte a produrre la sperequazione che si riscontra quando con qualche cura si esaminino le cifre del dazio consumo go­ vernativo distribuite nei vari comuni del regno. Il lettore comprenderà che ci è impossibile parlare di tutti gli 8,000 comuni, ma limitando le nostre os­ servazioni ai soli capoluoghi di provincia che com­ prendono le città principali dello Stato, troviamo una condizione di cose talmente confusa ed intri­ cata, che ci è impossibile indovinare un criterio dal quale trar conseguenze.

Lo Stato ricava del dazio consumo governa­ tivo L. 69,439,998 di cui L. 55,523,871 nei comuni chiusi e L. 13,916,127 nei comuni aper­ ti. La forma di riscossione è 1’ abbuonamento per L. 60,526,221, l’ appalto per L. 9,075,716, il si­ stema di riscossione economico per L. 38,061 che è solo usato in comuni delle sei provincie di Ca­ serta, Catanzaro, Genova, Perugia, Leggio Calabria e Roma, Ma come sono distribuiti questi 69,439,988 nei diversi comuni del regno?

I capoluoghi di provincia ne assorbono già 42,485,743 cioè oltre 2|3 ; ma naturalmente questi 4 2 .milioni e mezzo sono distribuiti nei 69 capoluoghi di pro­ vincia in modo ben diverso. E molto difficile sta­ bilire il possibile consumo individuale nelle diverse città, e il tentare di farlo, oltreché sarebbe impresa assai ardua, ci porterebbe molto lontano da quello che ci proponiamo di considerare qui, tanti e così svariati sono gli elementi dei quali bisogna tener conto. Però è evidente che se noi determinando a priori questi elementi dovessimo poi riscontrare un’equa di­ stribuzione, ove invece la distribuzione sia egual­ mente equa, trascurando gli elementi stessi e tenendo solo conto del consumo individuale, dovrà apparirci nella disposizione delle 69 città la traccia almeno di questi elementi stessi che trascuriamo.

Dividiamo adunque per la singola popolazione il

prodotto del dazio consumo governativo e troviamo subito che nel mentre il comune di Roma presenta un massimo di L. 19.24 per abitante, Massa Car­ rara presenta un minimo di L. 1.77 per abitante. Qui la distanza si sarebbe spiegata dal fatto, che. Roma è la capitale, che contiene in se una grande quantità di abitanti i quali non figurano nel censi­ mento, quantunque sieno nel numero quasi costan­ temente nella città dove, necessariamente consumano. Ma se entriamo un po’ addentro nelle cifre troviamo una serie di fatti a cui sarebbe impossibile dare spiegazione di sorta.

In la tt i possiamo dividere i capoluoghi in gruppi : pagano il 19. 24 per abitante Roma

» il 15. 99 » Torino

» il 14. 85 » Genova

dal 13 al 12, Firenze (13. 77), Napoli (13.74, Mi­ lano (13.49), Verona (13.49); Li­ vorno il 12.03.

dal 12 all’ 11, Brescia (1 1 .9 5 ), Parma (11. 92), Siena (11.88), Piacenza (11,74), Bo­ logna (11.65);

dall’ 11 al 10, Venezia (10.86), Cremona (10. 68), Catania (IO. 67), Mantova (10.33); dal 10 al 9, Padova (9 .9 0 ), Cagliari (9.38), Pa­

lermo (9.35), Pavia (9.11);

dall’ 8 al 9, Messina (8.94), Udine (8.77);

dal 7 all’ 8, Ancona (7.95), Bari (7.91), Porto-

Manrizio (7.81), Cuneo (7. 46), Tre­ viso (7.42), Foggia (7.21),

dal 7 al 6, Modena (6. 52), Caltanisetta (6. 50),

Pisa (0.35), Salerno e Sassari (6.12), Novara, Vicenza e Reggio Calabria (6. IO), Aquila (6.02), Ferrara (6.00);

dal 6 al 5, Alessandria (5.96), Trapani (5.94),

Lecce (5. 59), Rovigo (3. 58), Rene- vento (5.46), Siracusa (3.41), Po­ tenza (5.40), Bergamo (5.75), Co­ mo (5. 34).

dal 5 al 4, Grosseto (4. 74), Pesaro (4. 67), Avel­ lino (4. 58), Lucca (4. 54), (Ùrgen­ ti (4. 36).

dal 4 al 3, Reggio Emilia (3.96), Caserta (3.82),

Cosenza (3.76), Ascoli Piceno (3.70), Catanzaro (3.61), Teramo (3.46), Perugia (3. 58), Chieti (3. 39), Forlì (3. 37) ;

dal 2 all’ 1, Arezzo (2.69), Macerata (2. 52), Ra­ venna (2 .2 0 );

infine Belluno (1.93), Massa Carrara (1.77).

In questo quadro vediamo bensì tra le prime le città più importanti del regno come Roma, Torino, Firenze, Milano, Napoli; ed anche tra queste vi sa­ rebbe da domandare spiegazione di alcune anomalie a tutti evidenti, come quella della differenza di 0.28 per abitante Ira Firenze e Milano, la prima città in decadenza, I’ altra in continuo e noto sviluppo, la prima con L. 931,092 di spese facoltative, la se­ conda con L. 1,808,678! Ma tralasciando anche que­ ste considerazioni che presentano molte difficoltà per un criterio esatto; come possono essere quasi allo stesso livello Firenze, Milano, Napoli e Verona? e come Livorno Bologna, Catania, Messina, Palermo, Venezia, possono avere una quota inferiore di Ve­ rona ?

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dazio consumo governativo di L. 13.4-9 per abi­ tante; le altre città che abbiamo menzionate presen­ tano le seguenti cifre:

C ittà A b ita n ti B ilan cio S pese fa c o lta tiv e C an o n e D . C. Q u o ta p e r a b it. L iv o rn o 97,096 8, 010,826 314,613 1,170,000 12.05 B o lo g n a 115,957 5,898,301 671,458 1,350,000 1 1 .65 C a ta n ia 84,397 1 11,854 3,Ì1 0 ,504 3 ,Ì0 « ,745 574,116 900,000 10. 67 M essin a 718,777 1,<)00,000 8 94 P a le rm o 219,276 9,059,5Gb 1,222,318 2,000,000 9 33 V e n e z ia 128,901 5,410,199 684,565 1,400,000 10. 86 V e ro n a 67,080 2 ,7 0 ,0 8 9 210,239 900.000 13. 49

E il gruppo che paga dal 10 a l l 'I l (li quota per abitante? Venezia, Cremona, Catania, Mantova, lo compongono : Venezia abbiamo veduto quali cifre presenti, Cremona presenta le seguenti: popolazio­ ne 30,919, bilancio 1,116,144, spese facoltative 43,835 canone di dazio consumo 330,000, quota per abi­ tante 10.68.

Noi ci contentiamo su tale proposito di queste sole considerazioni, lasciandone tante altre al lettore al quale ci basta aver fornito questi elementi per de­ terminare il suo giudizio.

La sperequazione è evidente poiché I’ ordine nel quale vengono disposti i principali comuni del regno riguardo alla quota individuale di dazio consumo governativo, è ben lungi dall’ esser tale che renda giustificato un criterio razionale del p rem ito con­

sumo locale.

Nè, come ben comprendesi, trattasi di piccola im­ posta; oggi il dazio consumo, grazie alle ampie fa­ coltà che la legge lascia ai comuni, presenta cifre di una rilevanza assoluta e relativa degna della mag­ gior considerazione. Infatti il dazio consumo ebbe dal 1870 ad oggi la seguente progressione :

A n n i T o ta le G o v e rn a tiv o C o m u n a le 1870 104,011,891 42,829,081 61,182,810 1871 130,857,488 59,823,374 71,034,114 1872 137,396,811 55,397,839 77,998,972 1873 137,482,513 59,639,891 77,842,622 ■1874 138,939,382 59,563,813 79,375,569 1875 143,107,550 59,552,758 83,551,892 1876 155,102,606 69,542,758 85,559,848 1877 158,082,357 69,499,520 88.582,837 1878 158,599,204 69,439,998 89,159.206

Il dazio consumo governativo adunque rappresen­ tava, sulle entrate dello Stato, quasi 1|20, quello comunale sulle entrate comunali, quasi 1[5; ma anche qui le proporzioni sono ben diverse, se con­ sideriamo le sole regioni, che lo spazio e la pazien­ za dei lettori non ci permetterebbero prolungare i nostri studi comparativi.

Diviso per regioni e paragonato colla popolazione e coi bilanci comunali, non più dei soli capoluoghi, ma di tutti i comuni del regno, il dazio consumo governativo presenta le seguenti cifre:

Roma per abit. L. 6.51 ogni 100 1. di bil. L. 16. 62

Liguria » 4. 18 » » » 14. 66 Sicilia » 3.09 » » » 17.07 Toscana » 2. 80 » » » 11.07 Piemonte » 2. 48 » » » 14. 61 Emilia » 2. 42 » » » 15.61 Napoletano » 2. 39 » » » 14.14 Lombardia » 2. 27 » » » 13.77 Veneto » 2.23 » » » 13. 94 Sardegna » 1. 72 » » » 8. 92 Umbria » 1.45 » » » 8.49 Marche » 1. il » » » 9. 42

Da un massimo quindi di L. 6.51 si arriva ad un minimo di L. 1. 41 a testa, e invero anche qui la distribuzione delle diverse regioni non lascia tra­ sparir alcun ordine che giustifichi la enorme diffe­ renza; che se la ricchezza del bilancio dei comuni può dare un indizio della maggiore o minore pro­ sperità della popolazione (diciamo espressamente in­

dizio), meno ancora l'ordine, in cui ci si presentano

le regioni del regno, da una ragione delle differenze, poiché, se la desse, dovrebbe anche apparire una certa uniformità nella proporzione tra il dazio ed il bilancio; invece abbiamo un massimo di dazio per L. 16.62 ogni 100 lire di bilancio, ed un minimo di L. 9. 42, la sproporzione è meno sensibile che non sia quella del dazio diviso per capo, ma è sem­ pre notevole ed irrazionale.

Nè meno anormale presentansi le cifre che ri­ guardano il dazio consumo comunale, che anzi le differenze risultano più spiccate. Infatti abbiamo, considerando il dazio consumo comunale in propor­ zione alla popolazione ed alla entità del bilancio, il seguente ordine :

Roma per abit. L. 9 .3 0 ogni 100 lire di bil. L. 23. 46

Liguria » 8 .2 7 » » » 28. 34 Sicilia » 5 .1 7 » » » 28.50 Toscana » 4. 86 » » » 19.22 Lombardia » 2. 68 » » » 16.25 Napoletano » 2 .6 8 » » » 15.95 Piemonte » 2. 49 » » » 14.67 Emilia » 2. 29 » » » 12.91 Veneto » 2. 20 » » » 14.08 Umbria » 2 .0 9 » » » 12.25 Sardegna » 1.82 » » » 9.38 Marche » 1.81 » » » 11.77

Qui il massimo è salito da L. 6.51 a L. 9 .3 0

ed il minimo di L. 1.41 a L. 1.81 per ogni abi­ tante; ed anche nelle proporzioni col bilancio il mas­ simo è assai asceso; da L. 16.62 per ogni 100 lire a L. 28. 50 !

La sola Emilia ha un dazio comunale minore del governativo; il Piemonte ed il Veneto lo hanno quasi uguale, quasi doppio la Liguria, e molto alto la Sicilia.

Infine se vogliamo vedere le cifre complessive del dazio comunale e governativo sui rapporti cogli abitanti e col bilancio, troviamo:

Roma per abit. L 15.81 ogni 100 lire di bil. L. 40.08 Liguria Sicilia » 12. 45 » » » 42. 00 » 8. 26 » » » 45. 57 T oseana » 7. 66 >: » » 30. 29 Napoletano » 5. 07 » z> » 30. 09 Piemonte » 4.97 » T> » 29. 24 Lombardia » 4.95 » » » 30. 01 Emilia » 4.71 » » » 26.52 Veneto » 4. 43 » » » 28.01 Umbria » 4. 54 » » » 20.74 Sardegna » 3. 54 » » » 18.30 Marche » 3. 22 » » » 21.19

La differenza tra il massimo ed il minimo nel rapporto della popolazione è del quintuplo, nei rap­ porti col bilancio del doppio!

(6)

1382 L’ E C O N O M I S T A 29 agosto 1880

finanze si accinge allo scadere del quinquennio a togliere almeno le più rilevanti sperequazioni, non può trovare che la lode di chi, al disopra del bene del proprio campanile, ama la giustizia, esercitata coi fatti e non colle parole.

L’INDUSTRIA BEI PIOMBI IN ITALIA

Che le industrie non godano in Italia d’una grande prosperità è un fatto doloroso ma incontrastabile, nè il civismo più esagerato può persuadere dtl contrario la pubblica opinione. La giovinezza della nostra vita politica, la enormità di certi tributi, e l’essere noi disavvezzi fino ad ora ed in certo qual modo dalle incruente ma feconde lotte della concor­ renza, spiegano se non giustificano questo stato di languore che rende noi, ricchi di molto tra le ma­ terie prime, tributarii degli stranieri per ogni sorte di manufatti.

Non in tutte però le industrie siamo poveri ad un modo ; in alcune il risveglio è cominciato da un pezzo, da un pezzo abbiamo cominciato a combat­ tere la concorrenza dei forestieri, e già col basso prezzo, o coll’ eccellenza del prodotto siamo riusciti a cacciarli dal nostro paese.

Tra queste industrie felicemente avviate ad uno stato di floridezza consolante, occupa un posto no­ tevole quella dei piombi.

Miniere di piombo argentifero abbiamo in Sar­ degna, da dove si trae la quasi totalità (98 per 100) del minerale prodotto annualmente nel regno. Altre ne abbiamo in Toscana, ed in Valsassina (Lom­ bardia), poverissime però queste d’argento, sicché la produzione italiana annuale può calcolarsi di 36 milatonn. all’incirca. — Le più famose tra le miniere Sarde, sono, come è noto, la Monteponi, costituite da ammassi di galena che si trovan nei terreni cal­ carei d’epoca siluriana, la Montevecchio, d’ una ga­ lena così ricca da produrre fino a 100, 103 gram­ mi d’ argento per ogni quintale di minerale, oltre a miniere minori che qui è inutile di ricordare.

Ora, la più gran parte di questo minerale, è con­ solante a dirsi, viene lavorata in paese. — Una re ­ cente statistica pubblicata dal comm. Elleno fa am­ montare a 12 mila tonnellate annue la produzione del piombo, e a 12 mila chilogrammi circa quella dell’argento.

Di questa produzione la quasi totalità è dovuta alla grandiosa fonderia di Pertusola, nel Golfo di Spezia, nella quale entrano annualmente circa I8|m tonn. di galena ed escono non meno di 10|m tonn. di piombo depurato, che venduto poi alle numerose piccole fabbriche di lastre, tubi, proiettili, biacca, minio litargirio soddisfano a gran parte dei bisogni nazionali e dell’ industria che nel piombo riconosce la propria materia prima.

La fonderia di Pertusola, proprietà Henfrey, è ricca di grandi forni, di macchine a vapore, di caldaie Pattinson, ha un ponte sul mare che fa­ cilita imbarco e sbarco di mercanzia, ed anche a giudizio degli inglesi, tanto difficili ad ammettere che qualche cosa di buono si faccia fuori del re­

gno Unito, è uno stabilimento quale può temere pochi rivali al mondo.

Godono pure buona fama, sebbene l’ industria che vi si esercita sia infinitamente più ristretta, le officine del Bottino e di Massua, una fabbrica presso Genova, e lo stabilimento di Cogoleto più specialmente destinato al trattamento dei piombi ricchi di Sardegna e Spagna.

Da alcuni appunti statistici, che abbiamo tutte le ragioni per credere esatti, risulta che in questo stabilimento, relativamente recente e che sorge in una di quelle incantevoli valli dalle quali è frasta­ gliata la riviera occidentale di Genova, si ottengono annualmente fino a 35 tonn. d’ argento il che sup­ pone il trattamento di una grande massa di mine­ rale, ed un complesso di lavoro d’ una notevole importanza.

Ora, noi ci domandiamo, come mai nella circo­ lare diramata agli industriali italiani onde invitarli a concorrere alla Esposizione che si terrà a Milano l’anno venturo, può parlarsi con animo tranquillo di uno stato poco florido dell’ industria dei piombi? Qual’c’i I’ altro minerale che uscito dai nostri monti è trattato per intiero da fabbriche nazionali, e con­ vertito tutto ad usi industriali rimane in paese, esclu­ dendo intieramente i concorrenti stranieri?

Se quale è I’ industria del piombo in Italia, fos­ sero quella del ferro, del rame, dello zinco, forse che non ci sarebbe da consolarsene ampiamente col nostro paese?

Invece mentre la produzione annuale del ferro è di quiut. 2,297,000 all’ incirca, dalle nostre offi­ cine non escano annualmente tra ferro ed acciaio che 73,000 tonnellate; mentre di rame se ne cava dalle miniere italiane per 240,000 quint., non se ne lavora in Sicilia che forse 300 tonn., e così si dica del resto.

Rallegriamoci dunque cogli esercenti 1’ industria del piombo, nè seguitiamo le lamentele del Comi­ tato promotore dell’ Esposizione di Milano, perchè realmente tra le industrie estrattive, questa è l’unica che abbia tra noi una importanza reale, la sola che basti ad approvigionare il nostro mercato, e che ci abbia liberati dal pagare un annuo tributo alle fon­ derie forestiere.

LE BANCHE INGLESI

d u r a n t e i l 1° s e m e s t r e d e l 1 8 8 0

L’Economist ha recentemente pubblicato un qua­ dro interessantissimo del movimento delle Banche inglesi durante il 1° semestre del 1880, confrontato col movimento delle stesse Banche durante il 1° se­ mestre degli anni 1878 e 1879. Questo quadro non comprende che le Banche dette esclusivamente me­

tropolitane, vale a dire che non hanno ufffioi e

non fanno affari che in Londra. Non abbiamo però bisogno di rammentare che in Londra esistono pur anche altre Banche, non meno importanti delle me­

tropolitane, come è la National Provincial.

(7)

§ * — Capitale versato (in lire sterline). 1878 1879 1880 London-Westminster 2,910,000 2,970,000 3,000,000 London-Joint-Stock . 1,780,000 1,790,000 1,800,000 Union... | 1,830,000 1,840,000 1,980,000 C i t y ... 800,000 800,000 830,000 Im p éria l... 780,000 780,000 780,000 Alliance . . . . . 980,000 980,000 980,000 Consolidated . . . C e n t r a l ... ! London - South - W e - 1 960,000 960,000 970,000 120,000 120,000 120,000 s t e r n ... j 210,000 210,000 210,000 § 2 — Depositi. London-W estminster London-Joint-Stock . U n i o n ... C H y ... Im periai... A llia n ce... Consolidated . . . C e n t r a l ... London - South - W e­ stern . . . . 21.490.000 22,970,000 21,040,000 13.850.000 11,220,000 12,080,000 12.460.000 13,470,000' 13,660,000 2.870.000 3,250,000 1,650,000 1.810.000 1,920,0001 2,180,000 1.620.000 1,700,000' 2,510,000 2,-560,000 2,780,000 3,060,000 960,000 1,020,000 1,080,000 1.560.000 1.490,000 1,640,000

Quest’ ultimo specchietto (§ 2) segnala un au­ mento regolare dei depositi, specialmente nelle ban­ che secondarie ; e quest’ aumento non è forse senza rapporto con quello del capitale versato, constatato nello specchietto precedente (§ 1).

Tuttavia l’ Economist fa notare che, per quanto j concerne i depositi, se si confronta il loro ammon­ tare, tra il 1° semestre del 1880 e il primo seme- \ stre del 1874, vale a dire, nell’ intervallo di 6 anni, non si può a meno di constatare in essi una dimi­ nuzione assai sensibile.

Nel mese dt giugno 1880 T insieme dei depositi delle tre banche metropolitane le più ragguardevoli

(London and Westminster, London Joint Stock e Union) si elevava a 46,780,000 lire; nello stesso

mese di giugno, nel 1874, era a 67,050,000 lire. La differenza è considerevole, perchè, ridotta in franchi, non rappresenta meno di 500 milioni.

Questa differenza proviene:

1° Dal bisogno di capitali, risultante dalla crisi industriale che durò dal 1874 al 1879:

2° Dalla concorrenza delle Banche, concorrenza di cui si ha la prova nel progresso delle Banche metropolitane secondarie.

§ 3 D videndi

Le Banche inglesi pagano il dividendo in due volte, per mezzo anno: H alf year. Yi ha in certo modo due dividendi per anno.

Nello specchietto che qui segue, uou si tratta che del dividendo pagato in giugno degli anni messi in raffronto:

London and Westminster . . London Joint Stock . . . . Union ... C i t y ... I m p e r ia l... Alliance ... C o n s o lid a t e d ... C e n t r a l ... London and South-W estern .

1880 1879 1878 Lir e sterli ne 16 14 14 15 15 15 15 12% 15 10 10 10 6 6 6 6 6 6 10 10 10 8 8 8 6 6 8

Da codesto specchietto risulta :

1° Che il dividendo delle varie banche metro­ politane presenta una stabilità grande e molto ap­ prezzabile;

2® Che il dividondo tende ad aumentare.

§ 4 -- Azioni

fl

• S3 Q£> P ^ Io3 C o rs i 3 0 gii I 3 2 'S j H ï-i <U SS 4 & 33 > ’"fl «¿0 XJ L. st. L. st.

London and Westminter

100 lire st... 20 61 100,000 4700 London joint Stock 50 lire 15 44 80,000 2600 U n io n ... 15 % 40 90,000 3300 City 20 lire st. . . . 10 19 60,000 1000 Imperial 50 lire st. . . 15 17 45,000 670 Alliance 25 lire st. . . 10 11 80,000 1420 Consolidated 10 lire s t.. 4 13 200,000 1830 Central 10 lire st. . .

London and South-W e- 5 8 20,000 300 stern 100 lire st. . . 20 22 8,399 865

Quest’ ultimo specchietto è singolarissimo : stabi­ lisce che sono le antiche banche quelle che hanno gli azionisti più numerosi, come la London and

Westminster, - media dei titoli per testa, 22 -

menirechè per la Consolidated la media si eleva a 110. Esso stabdisce eziandio, che il più-valore delle azioni fu di 4 volte il capitale versato per la London

Joint Stock e la London and Westminster, ed

anche di più per la Consolidated.

Sono tali risultali cotesti, dei quali sarebbe su­ perfluo di voler rilevare la importanza.

(Dal Sole).

LI QUESTUE DEL RISCATTO DELLE STRADE FERRATE

IN N A N ZI A LLE CAMERE DI COMMERCIO FR A N C ESI

Non ci ingannammo prevedendo, nel nostro nu­ mero del 14 corrente, che il movimento contro il riscatto delle strade ferrate per parte dello Stato non era vicino a rallentarsi, e che questo progetto incontrerebbe una opposizione sempre più viva per parte dei rappresentanti e dei legittimi interpreti degli interessi e dei voti del commercio, dell’ indu­ stria e del pubblico.

Senza dubbio presto avremo da constatare i re­ clami che molti Consigli generali non mancheranno di formulare a questo proposito. Pertanto ecco la Camera di commercio di Atniens che appoggia con la sua competenza ed autorità le risoluzioni già prese dalle Camere di Lione, Bordeaux, Nancy, ecc.

Il signor Vulfran Mollet, presidente della Camera di commercio di Amiens, ha presentato ai suoi col­ leghi, nella seduta del 21 luglio decorso, una rela­ zione sviluppatissima e delle più notevoli, di cui vo­ gliamo almeno, non potendo riprodurla per intiero, citare le conclusioni.

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1384 L’ E C O N O M I S T A 29 agosto 1880 prezzo d'oro le linee delle strade ferrate che gli

saranno date gratuitamente allo spirare delle con­ cessioni; se voi stimate che lo Stato non deva farsi intraprenditore di trasporti, commerciante e indu­ striale; se voi credete che tale non sia la missione dello Stato, e che questo non deva esporsi a conflitti giornalieri di ogni specie, con coloro che usano delle strade ferrate; che ciò sarebbe, d’ altronde, un com­ pito legalmente impossibile, poiché lo Stato sarebbe nel medesimo tempo giudice e parte, in tutte le contestazioni ; cbe al contrario, lo Stato deva fino alla fine delle concessioni delle compagnie, restare loro assiduo sorvegliante, l’ arbitro delle loro tariffe, ed il protettore naturale di tutti coloro che trattano con queste potenti compagnie ; se voi dividete questa opinione, allora io vi pregherò di volere formulare nei termini seguenti la nostra protesta, non solamente contro il progetto della Commissione delle strade ferrate, ma ancora contro la proposta di riscatto parziale e di esercizio limitato, che, nella seduta del 12 febbraio 1880, il Ministro dei lavori pubblici sottomise all’esame della Camera dei deputati.

« Tutti gli argomenti che io vi ho presentati contro il progetto della Commissione delle strade ferrate, esistono nel medesimo grado, e per i me­

desimi motivi, anche contro il progetto del Governo.

1 resultati dell’ esercizio delle linee delle strade fer­ rate, riscattate dalo Stato, sono stati deplorevoli; questi resultati non saranno migliori se si darà allo Stato 1500 o 1600 chilometri di più da esercitare. Al contrario, il male si aggraverà sempre più; e i disavanzi constatati in questi due anni, aumenteranno ogni anno. Più chilometri avrà lo Stato, più linee eserciterà, più denaro perderà.

« Io vi prego, in conseguenza, di associarvi ener­ gicamente alla seguente domanda :

« Respingere completamente la proposta del mi­ nistro dei lavori pubblici, in data del 12 febbraio 1880, e reclamare che in luogo di autorizzare lo Stato a riprendere alla Compagnia dell’Orleans i 1600 chi­ lometri, che, per la convenzione del 10 febbraio 1880, il ministro dei lavori pubblici si è impegnato a ri­ scattare per esercitarli, per mezzo di una nuova legione di funzionari, sia, al contrario, lo Stato quello che vende e la Compagnia dell’ Orleans quella cbe riscatta le linee comprese nella sua rete, linee che lo Stato ha comprate nel maggio 1878, eh’ esso esercita con perdita fin d’ allora, e che finalmente

d’ ora innanzi sia la compagnia dell’ Orleans che eserciti queste linee, con quella superiorità che ab­

biamo potuto constatare, in tutti i suoi atti. « Il Tesoro, gli azionisti, gli obbligatari non sa­ ranno più esposti a grandi perdite,' T agricoltura, l’ industria e il commercio, tutti infine vi guadagne­ ranno, perchè, ancora una volta, lo Stato non deve farsi intraprenditore di trasporti, industriale e com­ merciante; e bisogna, nel secolo XIX, rifiutare e rigettare molto lontano, tutte queste formole an­ tiche, condannate dall’ esperienza e in opposizione con i principi razionali dell’ economia politica.

« Ecco dunque, signori, il voto cbe io sottometto con fiducia alla vostra intiera approvazione:

« 1° La Camera di commercio di Amiens dopo avere lungamente deliberato, e per i motivi che furono sviluppati, protesta energicamente contro il progetto proposto dalla commissione delle strade ferrate della Camera dei Deputati per il riscatto di

tutte le linee della Compagnia dell’ Orleans e il loro esercizio per parte dello Stato;

2° Essa protesta inoltre, e per i medesimi mo­ tivi, contro il progetto presentato dal ministro dei lavori pubblici alla Camera dei Deputati nella se­ duta del 12 febbraio 1880, per il riscatto parziale e l’ esercizio da parie dello Stato di diverse linee della Compagnia dell’ Orleans;

3° E domanda con istanza, dopo I’ esperienza fatta d i nuovo da due anni, che lo Stato ceda alla Compagnia dell’ Orleans, per essere da questa eser­ citate, le linee ch’ esse ha riscattate nel 1878 e che, dopo quest’ epoca, ha costantemente esercitate, senza profitto per le popolazioni e con perdita per il Te­ soro. »

Alla unanimità la Camera di Commercio di

Amiens ha adottate queste conclusioni, e deciso che la relazione del suo presidente sarebbe mandata ai ministri di agricoltura, industria e commercio, dei lavori pubblici e delle finanze, come pure alla com­ missione della Camera dei Deputati incaricata dello esame delle questioni di strade ferrate, ed a tutte le Camere di commercio.

(Dall'Economiste Français).

Le Riscossioni e i Pagamenti

al 3 1 luglio ISSO

Gl’ incassi nel mese di luglio 1880 in confronto con quelli dello stesso periodo dell’ anno 1879, fu­ rono i segueuti : Entrata ordinaria A ) E n tr a te effettive (C a t. I ) : R e d d iti p a tr im o n ia li d ello S ta to Im p o s ta s u i fo n d i r u s tic i e s u i f a b b r i c a t i ... Im p o sta s u i r e d d iti d i r ic c h e z z a m o b ile ... T a ss e in a m m in is tr a z io n e d ella D ire z io n e G e n e r a le d e l D e ­ m a n io ... ... T a s s a s u l p ro d o tto d e l m o v i­ m e n to a g r a n d e e p ic co la v e ­ lo c ità s u lle f e r r o v i e ... D ir it ti d e lle L e g a z io n i e d ei C o n so la ti a l l ’ e s te ro ... T a s s a s u lla m a c in a z io n e d ei c e r e a l i ... ... T a s s a s u lla fa b b ric a z io n e d eg li alco o l, d e lla b i r r a , a c q u e g a ­ sose, e c c ... D o g an e e d i r i t t i m a r i t t i m i . . . . D a z i i n t e r n i d i c o n s u m o ... T a b a c c h i... S a l i ... R ite n u te s u g li s tip e n d i e su lle

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Entrata straordinaria

C) E n tr a te effettive (C at. I ) :

R e d d iti p a tr im o n ia li d ello S ta to C o n tr ib u ti - D eb iti d e i co m u n i p e r d a z io c o n s u m o ... R im b o rsi e c o n c o rsi n e lle sp ese E n t r a te d i v e r s e ... ... / A r r e t r a t i p e r im p o sta fo n -“o "ca V d ia r ia ... P .T JV A rretrati p e r im p o sta su i o r e d d iti d i ric c h . m obile w \R e s id u i a t tiv i d i v e r s i . . . .

D ) M ovim ento d i c a p ita li (C a­

te g o r ia I I ) :

V e n d ita d i b e n i ed a f f r a n c a ­ m e n to d i c a n o n i ... R isco ssio n e d i c r e d i ti... A ccen sio n e d i d e b iti... C a p ito li a g g i u n t i ...

È ) C o stru zio n e d i stra d e f e r ­ ra te ( C a t. I l i ' :

P ro d o tto d i a lie n a z io n e d i r e n ­ d ita co n s o lid a ta p e r la co­ s tr u z io n e d i fe rro v ie , e r im ­ b o rs i e co n c o rsi d a i co m u n i e d a lle p ro v in c ie in te r e s s a te To t a l e i n c a s s i___ L . 1880 1879 25,819 96 10,753 73 2,5n0 — 334,432 92 66,SSO 78 2,500 — 278,931 10 203 15 7,613 19 6,943 — 2,430 25 81,894 82 15,8-20 37 96,377 34 1,710,286 42 200,604 94 34,135 44 2,597,686 85 604 94 2,639,413 40 88,249 05 125,414,783 82 131,980,175 77

La diminuzione di L. 1,931,750.20 nella tassa sulla macinazione dei cereali deriva unicamente, come fu avvertito anche negli scorsi mesi, dalla esenzione della lassa del macinato sul secondo pal­ mento.

La diminuzione di L. 716,329. 66 delle tasse di fabbricazione è soltanto apparente. Si accertò anzi nel mese di luglio 1880 un’ entrata maggiore di quella avuta nel corrispondente mese del 1879, ma ebbero luoghi minori versamenti.

L’ aumento di L. 3,790,317. 68 dell’entrata doga­ nale dipende da più copiose importazioni di petrolii e di spiriti per effetto dell’ aumento del dazio di confine negli olii minerali, e della tassa di fabbri­ cazione negli spiriti.

La differenza in metto di L. 4,002,547.04 nei tabacchi, proviene da diminuzione di utili del mo­ nopolio per l’ esercizio 1879 in confronto dell’eser­ cizio 1878, la quale differenza sarebbe maggiore se non fosse stata in parte compensata dall’ aumento di prodotto per la gestione siciliana. Si aggiunge a chiarimento che gli utensili riscossi nel 1879 essendo quelli relativi all’ esercizio 1878 non risentirono i’ef- letto dell’ aumento del canone pei tabacchi, avvenuto nel 1879 con conseguente diminuzione degli utili dello stesso esercizio 1879 che il Tesoro ha riscossi appunto nel luglio 1880.

La diminuzione di L. 2,019,563.54 nelle partite di giro (cat. IV) proviene per intero da minori versamenti verificatisi per fitto di beni demaniali destinati ad uso od in servizio di amministrazioni governative. Trovansi però in corso i provvedimenti per la riscossione.

La diminuzione di L. 2,605,277.96 sull’ accen­ sione dei debiti deriva principalmente dall’ incasso verificatosi nel mese di luglio di L. 5,598,675.28 per alienazione di obbligazioni sui beni ecclesiastici, la cui vendita per effetto del decreto 26 settem­ bre 1879, n. 5080, è sospesa.

Gli incassi dei 7 primi mesi del 1880 ascendono in totale a L. 741,918,321. 11 contro 828,498,349.44 nei 7 primi mesi del 1879 e quindi si è verificaia una diminuzione di L. 86,580,028. 33.

1 pagamenti fatti per conto dei diversi Ministeri nel mese di luglio 1880, in confronto con quelli dello stesso periodo 1879, sono:

M in is te ro d e l T e s o ro ... Id . d elle f i n a n z e ... I d . d i g r a z ia e g iu s tiz ia e d e i c u lti... I d . d eg li a ffa ri e s t e r i . . . I d . d e ll’ is tr u z io n e p u b ­ b lic a ... I d . d e ll’ i n t e r n o ... I d . d ei la v o r i p u b b li c i.. I d . d ella g u e r r a ... I d . d e lla m a r i n a ... I d . d e ll’ a g r ic o ltu ra , in-d u s tr . e com m ercio. To t a l ep a g a m e n t i L. 1880 1 8 7 9 3 1 ,8 17,353 08 8,815,189 07 32,210,128 61 15,736,960 77 4,025,148 85 559,270 10 2,526,678 75 488,718 61 3,520,789 45 6,502,489 63 9,731,931 01 20,980,831 95 3,958,374 63 2,258,917 39 4,597,200 63 8,837,046 07 •22,004,571 40 2,991,135 40 753,312 95 771,885 05 90,667,690 73 92,126,622 68

Ecco per ultimo i risultamenti del conto del Te­ soro al 31 luglio 1880:

Attivo Fondo di Cassa fine 1879. . . L. Crediti di Tesoreria, id. . . . » Incassi a tutto giugno (Ent. ord.) »

» » (Ent. straord.) » Debiti di Tesoreria, id. . . . »

158,857,515 05 150,950.471 86 706,0:-5,136 35 35,883,184 76 470,799,310 50 L. 1,522,525,618 52 Passivo

Debiti di Tesoreria fine 1879 . L. Pagamenti a tutto maggio 1880 . » Fondo cassa a tutto maggio 1880 . » Crediti di Tesoreria, id. . . . »

419,831,883 55 792,482,940 33 96,504,993 22 213,705,831 42 L. 1,522,525,648 52

CRONACA DELLE CAMERE DI COMMERCIO

Camera di Commercio di Avellino.

— Nella se­ duta del 19 agosto prese le seguenti deliberazioni intese a garantire il commercio dei vini.

Udita la relazione fatta dal presidente, di cui fa proprie le considerazioni in essa svolte.

Preoccupandosi vivamente dei danni che può ri­ sentire il commercio importante dei vini di questa provincia e massime del primo circondario dopo gli scandali avvenuti in pubblico dibattimento nella nota causa tra Addivinola di Contrada ed il negoziante Calise di Napoli — scandali che la stampa Ita già resi di pubblica ragione.

Per le facoltà che le vengono dalla legge orga­ nica 6 luglio 1862 N. 680.

Delibera ad unanimità

1. ° In conformità dell’art. 2 lettera M detta

legge convocarsi in Assemblea generale i produttori e negozianti di vino della provincia per l’ esame dei provvedimenti adottati dalla Camera e per avvisare intorno ai mezzi che meglio potessero valere a di­ singannare il pubblico sopra ogni sorta di adulte­ razione dei vini.

2. ° Instituirsi provvisoriamente presso la Ca­

mera un’ ufficio di assaggi gratuiti dei vini a favore di chi li desidera, facendosi contemporaneamente pratiche perchè tale ufficio acquisti un carattere permanente presso la R. Scuola di Enologia, allor­ ché sarà impiantata in questa città.

3. ° Nominarsi una Commissione col concorso

(10)

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Agrario per ricercare i mezzi più opportuni onde prevenire i danni che possono derivare alla impor­ tante produzione vinicola di questa provincia.

4. ° Delega a far parte di tale Commissione il

Presidente cav. Genovese ed il componente signor Amabile.

5. ° Invitarsi i sindaci della provincia perchè

mettano in guardia i produttori locali contro i pericoli cui certamente va esposta la produzione vi­ nicola, per effetto delle sofisticazioni, scongiurando così ogni tentativo che li potesse per poco allon

tanare dalla naturale confezione dei vini che si è sempre praticata vantaggiosamente in questa Pro­ vincia.

C.° Chiedersi dal Ministero di Agricoltura e Commercio la facoltà d’istituire presso le Stazioni ferroviarie della provincia appositi uliici di saggio per assicurare che il prodotto da esportarsi è im­ mune da ogni sofisticazione, ed all’ effetto doman­ darsi anche l’appoggio delle camere consorelle.

7. ° Accettarsi in deposito presso la sede della

Camera campioni di vini debitamente riconosciuti puri da ogni adulterazione e suggellati con appo­ site marche per evitare le frodi che si potrebbero commettere nei luoghi specialmente di arrivo.

8. “ Parteciparsi a tutto le Camere di commer­

cio del Regno questi provvedimenti con preghiera di renderli di pubblica ragione nei rispettivi Di­ stretti.

RIVISTA DELLE BORSE

Firenze, 28 agosto 1880.

L’ottava precedente chiudevasi in generale con fa­ vorevoli disposizioni, ma una certa debolezza con­ statasi sulle piazze ausiriache e germaniche a motivo delle inondazioni in Austria, e de’cattivi raccolti che vengono segnalati dalla Russia, provocarono alcune oscillazioni di ribasso, che si ripercossero nella mag­ gior parte delle Borse. Nonostante questo, la situa­ zione del mercato finanziario è sempre buona, ma naturalmente deve lottare con molte difficoltà, ta­ lune d’ordine economico, altre politiche.

Fra le prime dobbiamo annoverare una certa ri- strettezza e rincarimento di denaro. La Banca di Germania è stata costretta a rialzare il saggio dello sconto, e nel mercato libero dello sconto a Londra le firme primarie che poco tempo indietro si scon­ tavano all’ 1 7[8 per 0|0 all’anno, nella scorsa set­ timana non trovarono denaro a meno del 2 1|4 per cento. Qualora questo stato di cose continuasse non sarebbe improbabile, che altre banche seguissero l’esempio di quella di Germania, alzando il saggio dello sconto. Vi è pòi in vista la continua minac­ cia di esportazione di denaro dall’Europa negli Stati Uniti, giacché il cambio a Nuova York è così basso che rende preferibile l’ invio colà di numerario per pagare le importazioni di grani, anziché comprare carta. Fra le cause politiche che tengono sempre incerta la speculazione dobbiamo mettere in prima linea la interminabile questione d’ Oriente; poi la guerra nell’Afganisthan e l’agitazione in Irlanda che pesano sul mercato di Londra, e per l’ultimo l’ in­ cidente sorto fra l’ Italia e la Francia a motivo di

Tunisi, incidente che la stampa dei due paesi ha gonfiato più di quello che meritava,

A Parigi l’articolo della Norddeutsché Allegmeine

Zeitung in risposta al discorso di Gambetta a Cherbur-

go, e la deliberata dimostrazione navale sotto Dulcigno sembravano sul principio dell’ottava che dovessero sfavorevolmente influire sul mercato, ma invece il sostegno non solo si mantenne ma fece nuovi pro­ gressi. Infatti il 5 0[0 da 119.27 saliva a 119.37; il 3 0|0 da 83.30 a 83.80; il 3 0|0 ammortizzabile da 87.33 a 87.80 e la rendita italiane da 23 a 85.60.

A Londra la settimana trascorse incerta per le ragioni che abbiamo più sopre riportato, per cui i consolidati inglesi da 97 15|16 declinavano a 97 13|16. La rendita italiana da 84 saliva a 84 1|8; la turca da 9 112 cadeva a 9 3|8 e l’argento fino da 52 8¡8 a 52 1|2.

A Berlino la rendita italiana da 84 .9 0 saliva a 83. 25.

Le Borse italiane quantunque sempre deserte per I’ assenza dei più grossi speculatori, trascorsero di­ scretamente attive specialmente per la rendita, e per alcune categorie di valori industriali.

La rendita 5 0[0 da 93, 70 saliva fino a 94,55. Il 3 0(0 rimase costantemente nominale fra 56, 80 e 57, 20.

Nei prestiti cattolici il Blount ebbe gualche af­ fare a 9 8 ,4 0 ; il Rothscild a 101; e i certificati 1860-64 a 98,50.

La rendita turca fu negoziata da 10,40 a 10,60. Le azioni della Banca Nazionale italiana da 24.20 salivano fino a 2440 per ripiegare in seguito a 2432 circa ; quelle della Banca Toscana nominali a 840, il credito mobiliare da 956 saliva a 980 per rica­ dere intorno a 970 ; la Banca romana nominale a 1310 ; la generale da 650 andava a 660, e il Banco di Roma nominale a 615. 50.

Le azioni tabacchi ebbero qualche aliare intorno a 930, e le obbligazioni in oro nominali a 374.

Le Rubattino nominali a 1040.

La Fondiaria (incendi) senz’ affari a 648. Nei valori ferroviari ebbero qualche operazione le azioni meridionali a 464 ; le centrali toscane a 481 ; le nuove sarde a 295 ; le azioni livornesi a 424, 50 e le obbligazioni idem G D a 298, 75.

Sul credito fondiario abbiamo notato Roma a489; Nepoli a 497, 50; Milano a 514 e Torino a 513, 75.

Le nuove obbligazioni comunali 3 0|0 di Fi­ renze si aggirarono intorno a 54,70.

I napoleoni chiudono a 22,08; il Francia a vi­ sta a 110,35 e il Londra a 3 mesi a 27,80.

Terminiamo con la consueta rassegna del movi­ mento bancario. La Banca d'Inghilterra alla fine della settimana scorsa in confronto della precedente segnava le seguenti variazioni in aumento il nume­ rario di steri. 4313; il conto del Tesoro di 479,630; e la riserva di biglietti di 435,320; in diminuzione la circolazione di steri. 302,170; il Portafoglio di 234,185, e i conti particolari di 32,291.

La Banca di Francia alla stessa epoca dava au­

mento per il numerario di fr. 6;871,800 ; e dimi­ nuzione di fr. 48,757,000 per il Portafoglio-, di

388,00) per le Anticipazioni-, di 11,133,000 per la Circolazione; di 14,649,008 per i Conti correnti

del Tesoro, e di 14,978,000 per i Conti correnti particolari.

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82,979,962. 72 ; Portafoglio L. 64,000,980. 14 ;

Anticipazioni L. 54,124,120. 8 9 ; Massa di rispetto

L. 2,134,216.64; Circolazione L. 141,636,847;

Conti correnti a vista L. 70,857,282. 7 4 : Conti correnti a scadenza L. 18,581,249.13.

La Banca Nazionale nel Regno d’Italia alla stessa epoca dava : Cassa e riserva L. 171,449,103.27 ;

Portafoglio L. 198,975,701.10; Anticipazioni Lire

80,361.042.91 ; Massa di rispetto L. 28,700,000;

Circolazione L. 448,714 j 33 ; Conti correnti a vi­ sta L. 27,334,609. 58 ; Conti correnti a scadenza

L. 67,462,100.84.

NOTIZIE COMMERCIALI

Cereali. — I prezzi dei grani, e degli altri articoli congeneri non avendo nell’ ottava subito modificazioni sostanziali, tralasceremo di darne il consueto detta­ glio, riassumendo invece la posizione dei raccolti gra­ nari nei principali centri di produzione, la cui cogni­ zione non riuscirà certo inutile a coloro ere si occupano di questo importantissimo ramo di commercio. Comin­ ciando dall’Austria, i rapporti sui resultati dei rac­ colti qualora si accetti la cifra di 100 come raccolto medio, danno per i frumenti 98, per l'avena 107; per la segale 97 e per l’ orzo 109 per 100. L’ esportazione è calcolata per i grani in 5 milioni di quintali, per la segale 6, e per l'avena 4. Quanto alla Germania le notizie officiali recano che nel Nord la segale soffri assai pe,r il freddo dell’inverno, e per il poco favore­ vole andamento della stagione primaverile, per cui malgrado le migliorate condizioni atmosferiche del giugno, questo raccolto che è uno dei più importanti, si considera come molto compromesso. Alquanto mi­ gliori sono invece le previsioni nel mezzogiorno della Germania. Nel W urtemberg, nella Baviera, tanto su­ periore che inferiore e nella SvSvia il raccolto del grano si presenta sotto i migliori auspici. In Olanda tutti i raccolti presentano abbondante produzione. In Danimarca il raccolto del grano è stato cosi abbon­ dante che da molti anni non si era avuto l’ eguale. L’unico raccolto che si è arrestato alla media è stata la segale ; tutti gli altri cereali l’ hanno superata. L’In­ ghilterra pare che non sia stata molto favorita per­ chè i giornali parlano di grani malati, e di spighe incomplete, tanto che si crede che i grani, e gli orzi non arriveranno alla media, e che la deficenza sia maggiore della supposta. Quanto alla Russia nei go­ verni di Cherson, Poltava, Ekaterinoslaw e Taurida la resa riuscirà inferiore alla media perchè il freddo straordinario dello scorso i» verno, e la comparsa di un insetto recarono danni considereveli ai seminati. In Bessarabia, al contrario, Padolia, Kiew, Volinia, Char-Kome, Kursk il raccolto si annunzia assai sodi­ sfacente. Sul territorio dei cosacchi del Don la segale e il grano d’inverno sono belli, ma i grani di prima­ vera hanno molto sofferto. In Spagna se si eccettua la provincia di Murcia, che venne seriamente danneg­ giata dalle inondazioni, le notizie sui raccolti sono ge­ neralmente favorevoli. In Francia il raccolto pel grano si calcola a 100 milioni di ettolitri, per cui la defi­ cenza non sarà che di 12 a 15 milioni di ettolitri. Negli Stati Uniti di America le previsioni del raccolto frumentario sono da 171 a 191 milioni di ettolitri; dei quali da 63 a 70 serviranno per l’esportazione.

Stracci. 1 diversi acquisti che doveronsi effet­ tuare per far fronte a precedenti impegni, e le mi­ gliori previsioni cho si fanno per l'avvenire dell’arti­ colo provarono degli aumenti su tutte le qualità, ma specialmente sulla roba di cotone. —■ A Livorno per

la merce franca a bordo si praticò: Egitto e Soria bianchi da L. 27 a 28 al quint.; turchini da L. 22 a 23; colorati da L. 16 a 17; Sicilia bianchi di cotone da L. 34 a 35 ; detti di filo da L. 39 a 41 ; colorati da L. 18 a 20; Napoli campagna da L. 43 a 41; detti città da L. 37 a 38; colorati forti da L 20 a 22; Tu­ nisi bianchi al lazzeretto L. 30 e i colorati da L. 20 a 21. Gli stracci di lana sono in ribasso, non pagan­ dosi i Tunisi bianchi che 38 lire a 40 e ì colorati da L. 14 a 15.

Lane. — L’andamento degli incanti di Londra consi­ derato in generale favorevole all’articolo, provocò del so­ stegno nella maggior parte dei mercati. — A Livorno si

fece da L. 145 a 150 per le lane sudice di Sardegna; da L. 275 a 280, per dette lavate; da L. 125 a 130 per le Tunisi sudice; da L. 260 a 265 per dette lavate; da L. 115 a 120 per le Sfax; L. 150 per le Sicilia su­ dice; da L. 235 a 245 per le Soria comuni lavate e da L. 290 a 300 per le Damasco idem. — A Marsi­

glia si fecero vendite numerose al prezzo di fr. 135 al

quint., per le Persia bianche; di 135 a 140 por le An­ gora idem; di 87. 50 per le Tripoli Bengasi; di 135 per le Spagna bianche; di 250 per le Mossoul lavate; di 310 per le Tunisi bianche lavate; di 260 per le Fez idem; e di 180 per le Marocco scarti cardate.

Sete. — Malgrado che la domanda continui abbon­ dante per tutti gli articoli, gli affari non si stringono per la solita ragione di differenze di prezzi fra vendi­ tori e consumatori. — A Lione sebbene la settimana sia trascorsa abbastanza attiva, pure le idee di stan­ chezza, vanno allargandosi, e ciò naturalmente a sca­ pito dei prezzi, i quali nell’ ottava subirono un leg­ giero ribasso. F ra gli affari conclusi abbiamo notato organzini di Toscana 18]20 di 2" ord., venduti a fr. 65 detti strafilati 22]24 di 1“ ord., a fr. 64; e trame idem

20]22 di 2° ord., da fr. 62 a 63. — A Milano con af­ fari limitati a qualche urgente bisogno di fabbrica le greggie realine 10] 12, 11[13 di buona filanda realiz­ zarono da L. 56 a 57 ; dette buone correnti sino a den. 14 da L. 50 a 52; gli organzini di marca 18]28 L. 77, e i doppi greggi da L. 27 a 28. — A Como gli organzini straf., sublimi 18]20 ottennero da L. 70 a 72; detti buoni correnti 18[22 da L. 70 a 71; ì buoni correnti 20[24 L. 65, e le trame sublimi à 3 capi 28[32 L. 68.

Caffè. — Stante le notizie di aumenti venuti dal Brasile anche la maggior parte dei mercati europei trascorsero sostenuti, e, ciò è avvenuto, malgrado che gli esteri sieno stati in generale limitati al solo con­ sumo. — A Livorno il San Domingo, il Porto P rin­ cipe e i Gonajves furono venduti da L. 290 a 305 al quint. ; il Portoricco da L. 340 a 345 ; il Maracaibo da L. 300 a 310, il Moka a 410, e il Bahia da 260 a 265. — A Genova le vendite si limitarono a 250

sacchi di Portoricco a L. 123 ogni 50 chilogr., al de­ posito. — A Trieste si venderono 3500 sacchi di Rio da fior. 71 a 87 al quint., e 400 sacchi Bahia da fior. 67 a 77. — A Marsiglia domanda regolare tanto per i Brasiliani, che per i caffà di buon gusto. —■ A Lon­

dra mercato sastenuto, e in Amsterdam il Giava buono

ordinario tu quotato a cents. 40 1[2.

Zuccheri. — Con affari al solo consumo e con prezzi invariati. — A Livorno si praticò da L. 155 a 156 al quint. per i raffinati P raga; da L. 155 a 157 per i raffinati della Ligure Lombarda, L. 142 per ì macinati E gitto ; da L. 101 a 102 per i mascavati e L. 170 per i Gloscow. — A Genova i raffinati della Ligure Lombarda si venderono a L. 155 al quint. per vagone completo, e i Batard a L. 62.50 i 50 chilogr. al de­ posito. — A Trieste i pesti austriaci realizzarono da fior. 32. 50 a 32. 75 al quint. —■ A Parigi gli zuccheri bianchi n. 3 si quotarono a fr. 74.75, e i raffinati scelti a fr. 150. — A Londra mercato debole, e in

Amsterdam i Giava n. 12 si quotarono a fior. 30. 50

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29 agosto 1880

Spiriti. Generalmente deboli, e con tendenza a facilitazioni. — A Livorno con affari limitati, le qua­ lità nazionali ottennero da L. 142 a 143 al quint. e le americane da L. 146.50 a 148. — A Genova le pro­

venienze da Napoli fecero L. 142, e quelle estere L. 146. — A Milano i trigli di gr. 94[95 senza fusto furono venduti da L. 141 a 142 ; gli americani di gr. 94, e i germanici L. 147 e 148, e l’acquavite di grappa da L. 72 a 80. — A Parigi per agosto le pri­ me qualità di 90 gradi furono quotate a fr. 61.50; per settembre a fr. 59. 75, e per gli ultimi 4 mesi a fr. 58. 50.

ESTRAZIONI

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