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ELEMENTI DI TERMODINAMICA

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

CAPITOLO 7A

ELEMENTI DI TERMODINAMICA

7.1 GENERALITÀ

La scienza della termodinamica si sviluppò a partire dagli inizi del secolo scorso soprattutto in conseguenza dell'esigenza di precisare le modalità mediante le quali risulta possibile convertire in lavoro meccanico parte del calore ottenuto da un processo di combustione. I dispositivi inventati dall'uomo per realizzare tale conversione, o macchine termiche, sono divenuti col trascorrere del tempo via via sempre più efficienti e affidabili grazie anche allo sviluppo della scienza della termodinamica.

La termodinamica può definirsi come quella parte della fisica che si occupa delle relazioni che intercorrono tra scambi di energia nelle sue varie forme (principalmente calore e lavoro) e le proprietà fisiche di corpi e sistemi senza alcuna limitazione a priori, siano essi solidi, liquidi o gassosi, omogenei o eterogenei.

La termodinamica classica, contrariamente alla termodinamica statistica, considera i sistemi sotto l'aspetto macroscopico, senza considerare che essi sono costituiti in ultima analisi da particelle discrete (atomi e molecole). Sulla base di questa impostazione vengono quindi considerate significative, per lo studio dei sistemi termodinamici, grandezze fisiche globali, fra le quali rivestono grande importanza pressione, volume e temperatura, in quanto facilmente misurabili.

7.2 SISTEMA ED ESTERNO

È opportuno precisare subito cosa si intenda per sistema termodinamico.

In termodinamica per sistema si intende un insieme di materia determinata e limitata nello spazio. Tutto ciò che non fa parte del sistema suddetto è considerato come sistema esterno, o semplicemente esterno. La superficie di separazione tra il sistema oggetto di studio e l'esterno è detta confine o contorno del sistema. Esso può coincidere con una superficie materiale oppure essere solo ideale.

Un sistema si dice:

- aperto quando scambia attraverso il suo contorno materia ed energia con l'esterno (sistema esterno);

- chiuso quando attraverso il contorno del sistema non scambia materia ma solo energia.

Infine, un sistema chiuso è isolato se non scambia nè materia nè energia.

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

7.2.1 Esempi

Un tipico sistema aperto: tubazione percorsa da acqua (il tratteggio indica i confini del sistema).

Un tipico sistema chiuso: una sostanza aeriforme all'interno di un recipiente munito di un pistone mobile (il tratteggio indica i confini del sistema).

7.3 GRANDEZZE DI STATO

Lo studi termodinamico di un sistema termodinamico fa riferimento a grandezze fisiche globali atte a definire, ossia a descrivere compiutamente, il suo stato fisico (grandezze di stato). Alcune di queste, come ad esempio pressione e temperatura, potranno essere facilmente misurate con strumenti adeguati, mentre altre, come energia interna, entalpia, dovranno essere valutate in base ad opportune relazioni termodinamiche.

Da un punto di vista generale, si opera distinzione tra grandezze estensive e grandezze intensive: le prime, come la massa di un sistema o il volume, dipendono dalla quantità di materia presente nel sistema, mentre le seconde non dipendono dalla quantità di materia presente.

Ad esempio, se un serbatoio contenente una massa di aeriforme m in un volume V viene idealmente suddiviso due parti eguali (sottosistemi), per ciascuno di questi le proprietà estensive assumeranno valori dimezzati (V/2,m/2), a differenza di quanto si verifica nel caso di proprietà intensive, quali pressione, temperatura. Da una variabile estensiva, ad esempio il volume occupato dal sistema, si può derivare la variabile intensiva, volume specifico, riferendo il volume alla all'unità di massa:

v = V/m [m3/kg]

Infatti si osserva immediatamente come a valle della suddivisione il volume specifico v, essendo definito come rapporto delle grandezze V/2 e m/2, rimane invariato.

Anche la densità = 1/v, definita come l'inverso del volume specifico, è una grandezza intensiva.

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

7.4 STATO DI UN SISTEMA

Un sistema termodinamico si dice in condizioni di equilibrio quando i valori delle grandezze che individuano il suo stato fisico non variano nel tempo.

Nel caso di una sostanza pura, chimicamente definita, l'esperienza dimostra che lo stato fisico di tale sistema risulta univocamente identificato dai valori assunti da due sole grandezze di stato, purché intensive ed indipendenti tra loro.

Ad esempio, la conoscenza dei valori di proprietà intensive, quali la pressione ed il volume specifico, per una sostanza pura sono sufficienti ad individuarne lo stato, ed in conseguenza a determinare i valori di tutte le altre grandezze di stato. Per un sistema in equilibrio, si possono considerare funzioni delle grandezze di stato del tipo:

T = f ( P, v ) oppure:

P = f' ( T, v ) oppure:

v = f'' ( P, T ) che vengono dette equazioni di stato.

È ovvio che, ad esempio, in riferimento all'equazione di stato nella forma T = f (P, v) il valore della temperatura T del sistema risulta, in condizioni di equilibrio, completamente determinato dalla conoscenza delle grandezze P e v.

7.5 TRASFORMAZIONE DI UN SISTEMA

Quando un sistema, ad esempio chiuso, viene rimosso dal suo stato di equilibrio in conseguenza di scambi di energia, si dice che esso subisce una trasformazione durante la quale le grandezze di stato variano fino al raggiungere le nuove condizioni di equilibrio.

Se il sistema evolve in modo sufficientemente lento, i valori via via assunti dalle varie grandezze di stato durante il processo di trasformazione risultano molto prossimi (al limite identici) ai valori corrispondenti a stati intermedi di equilibrio. In questo caso si usa dire che il sistema subisce una trasformazione termodinamica reversibile.

In altri termini una trasformazione reversibile può essere pensata come una successione di stati di equilibrio. In ogni punto di una trasformazione siffatta (sistema all'equilibrio) si può pensare di poter indifferentemente variare le grandezze di stato del sistema di quantità infinitesime sia in un senso che in quello opposto tramite gli opportuni scambi di energia.

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Se, durante una trasformazione finita di un sistema (ad esempio, un processo spontaneo verso un nuovo stato di equilibrio) si verificano invece deviazioni finite dalle condizioni di equilibrio il processo è detto trasformazione irreversibile.

In realtà, nessuna trasformazione termodinamica è reversibile; affinché una trasformazione termodinamica possa essere considerata reversibile, deve essere infinitamente lenta e in assenza di fenomeni dissipativi (attrito, reazioni chimiche, etc.).

Nelle figure a e b sono rappresentate due ipotetiche trasformazioni reversibili di un sistema chiuso: in ogni punto tra gli stati 1 e 2 (iniziale e finale) le proprietà P e v assumono valori di equilibrio ben definiti.

Se lo stato 1 è diverso dallo stato 2, la trasformazione si dice aperta (fig. a); se lo stato 1 coincide con 2, la trasformazione si dice chiusa o ciclica (fig. b).

7.6 CALORE E TEMPERATURA

L'esperienza comune insegna che è possibile classificare sistemi diversi sulla base della sensazione di caldo e di freddo da noi avvertita al loro contatto. Diciamo che dall'uno all'altro varia una certa grandezza, crescente dal più freddo al più caldo, detta temperatura.

L'esperienza dimostra che se due corpi a temperatura diversa vengono posti a contatto, il corpo più caldo si raffredderà e quello più freddo si riscalderà, fino a quando non viene raggiunta una temperatura intermedia di equilibrio. Si dice che i due corpi si sono scambiati calore. Come si vedrà col termine scambio di calore si intende il passaggio, tra un sistema e l'altro, di una nuova forma di energia (energia termica) che si verifica come conseguenza di una differenza di temperatura tra i due sistemi. In altri termini si può dire che se un sistema cede (scambia) calore ad un altro sistema la sua temperatura è maggiore.

La temperatura di un sistema in confronto alla temperatura di altri sistemi indica quindi in quali casi il sistema in oggetto risulterà, con termine improprio, donatore o ricettore di energia termica.

Non appena i due sistemi, posti a contatto, raggiungono l'equilibrio termico, cioè la stessa temperatura, cessa lo scambio di energia termica dall'uno all'altro.

fig. a fig. b

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Si può osservare che la presenza di una differenza di temperatura tra due sistemi non è sempre condizione sufficiente perché lo scambio termico si verifichi, il contorno di uno dei due sistemi infatti può essere in certi casi tale da impedire del tutto lo scambio termico. Un siffatto contorno è detto adiabatico.

Un sistema con contorni perfettamente adiabatici è termicamente isolato, in altre parole non può essere influenzato dall'esterno mediante scambi di calore.

La temperatura si misura con i termometri; per la costruzione di essi si sfruttano diverse proprietà di corpi sensibili alla temperatura. In genere si sfrutta la proprietà dei corpi di dilatarsi con l'aumentare della temperatura. Vi sono determinate sostanze, ad esempio il mercurio, il cui volume cresce in modo sufficientemente uniforme al crescere della temperatura. Pertanto, se una certa quantità di mercurio è racchiusa in un tubo di vetro di piccolo diametro, il livello della colonna salirà quando la temperatura cresce e scenderà quando la temperatura decresce. Ovviamente, è necessario introdurre e definire una scala di temperature: la scala in gradi centigradi (simbolo t) attribuisce il valore t0 = 0° gradi alla temperatura del punto fisso acqua-ghiaccio, ed il valore t100 = 100° gradi alla temperatura di ebollizione dell'acqua alla pressione atmosferica di 101300 [Pa].

L'unità di misura di temperatura è il grado centigrado (simbolo °C) che corrisponde alla centesima parte della differenza tra i due suddetti punti fissi.

Come si vedrà, mentre non esiste un limite massimo per le temperature, esiste invece un limite minimo (denominato zero assoluto) corrispondente a - 273,15 [°C] nella scala centigrada. Risulterà, quindi, naturale introdurre una nuova scala di temperatura detta scala assoluta, definita dalla relazione:

T = t + 273,15 [ K]

L'unità di misura è chiamata grado kelvin (simbolo K).

A questo punto, utilizzando un termometro, si può valutare un quantità di energia termica (calore) Q misurando l'aumento di temperatura subito da una massa m di un corpo campione:

Q = c m T

ove "c" è una costante di proporzionalità, detta calore specifico.

Poiché in passato si è assunto convenzionalmente c = 1 per l'acqua, l'unità di misura della quantità di calore Q, cioè la kilocaloria (simbolo kcal) era definita come la quantità di calore necessaria per elevare di un grado centigrado (da 14,5 [°C] a 15,5 [°C]) la temperatura di un kg d'acqua a pressione atmosferica (c = 1 [kcal/kg°C]). La precisazione dell'intervallo di temperatura deriva dal fatto che il calore specifico dell’acqua c varia al variare della temperatura. Poiché, anticipando quanto affermato dal I° Principio della Termodinamica, il calore nulla altro è se non uno scambio di energia, nel sistema S.I. esso dovrà essere espresso, per omogeneità, in joule [J]. Il fattore di conversione è dato da: 1 [kcal] = 4186 [J].

Dato che l'espressione che permette di calcolare il calore specifico è: c = Q/mT, l'unità di misura del calore specifico nel sistema SI sarà quindi: J/kg K

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

7.7 I° PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

L'esperienza insegna che lo stato termodinamico di un sistema chiuso può cambiare in conseguenza di scambi di energia nelle sue varie forme con l'esterno. Ai fini del presente studio si ipotizza che possano verificarsi solo due modalità diverse di scambio di energia attraverso i confini del sistema e cioè:

energia termica o calore Q;

energia meccanica o lavoro L.

È opportuno a questo punto chiarire quale convenzione dei segni è generalmente adottata in termodinamica.

Si assume:

Q > 0 quando il calore viene fornito al sistema L > 0 quando il lavoro viene compiuto dal sistema.

Ad esempio, il sistema rappresentato in figura ha eseguito un lavoro, sollevando la massa m.

Il lavoro eseguito è:

L = m g h > 0

In quest'altro caso, lavoro esterno L' < 0 è stato speso all'interno del sistema:

L' = m g h* < 0

Si consideri ora un sistema chiuso che, soggetto a scambi di calore e lavoro, subisca una trasformazione termodinamica. Si supponga che il baricentro del sistema non vari la sua posizione e che sia possibile escludere a priori il verificarsi di variazioni di energia potenziale o cinetica del sistema stesso.

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Se si opera mediante una successione opportuna di scambi Qi e Li , in modo tale da far si che il sistema riassuma alla fine delle operazioni uno stato termodinamico identico a quello che lo caratterizzava all'inizio, si verificherà sempre che:

Qi Li

ove:

-  sta a indicare una sommatoria su una trasformazione ciclica.

Modificando l’ordine e l’entità degli scambi ma sempre operando per ottenere realizzare una trasformazione ciclica (in riferimento alla figura ritornando allo stesso stato iniziale) l’esperienza dimostra che per qualunque sistema si ottiene sempre lo stesso risultato.

Qi Li

Ipotizzando di scambiare calore e lavoro con continuità e quindi che si possa esprimere scambi complessivi Qi e Li come:

Qi dQ e Li dL

     

si ha: 1

 

dL

dQ

 

dQdL

0

Da un punto di vista matematico quando si verifica questa condizione deve esistere una funzione potenziale U tale che risulti:

dU = dQ - dL [J]

ove:

- U funzione dello stato termodinamico del sistema.

Questo risultato è importante perché gli scambi elementari dQ e dL non godono della suddetta proprietà. Poiché gli scambi dL e dQ sono termini energetici, per omogeneità anche dU deve essere un termine energetico, il cui significato non può che essere quello di rappresentare la variazione globale del contenuto energetico del sistema.

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In altre parole, la somma degli scambi energetici elementari dL e dQ misura la complessiva variazione del contenuto energetico del sistema dU in una trasformazione elementare.

Da un punto di vista microscopico, l'energia interna può essere interpretata come somma di tutte le forme di energia cinetica e potenziale associate al movimento disordinato delle particelle costitutive ed alle forze che tra loro si esercitano.

In genere è consuetudine riferire gli scambi di calore e lavoro dQ e dL non al sistema globale ma all'unità di massa 1 [kg]. Secondo tale convenzione, che da questo momento adotteremo sempre, verrà considerata anziché l'energia totale interna U del sistema [J], l'energia interna per unità di massa del sistema che si indicherà con la lettera minuscola u [J/kg]; le dimensioni di Q , L ed u saranno quindi nel sistema S.I. [J/kg]. Nel caso di fluidi termodinamici (sostanze chimicamente pure), come già detto, lo stato di un sistema è definito dalla conoscenza di due sole grandezze, per cui, ad esempio il differenziale dell'energia interna U risulta, in relazione alla coppia di variabili T e v esprimibile da:

u = u (T,v)  dv

v dT u T du u

T

v 



 





 

Fino a questo punto si è esclusa la possibilità di variazioni di energia cinetica e potenziale interessanti l'intero sistema: abbiamo supposto cioè che il sistema in esame fosse sempre fermo.

Nel caso più generale, quando cioè possono verificarsi variazioni di energia cinetica dEc e di energia potenziale dEp del sistema il primo principio può essere scritto nella forma:

dQ - dL = du + dEc + dEp [J/kg]

7.8 PRECISAZIONI SULLO SCAMBIO DI LAVORO

Quando un sistema termodinamico interagisce con l'esterno, ad esempio quando una porzione del suo contorno muovendosi sposta il punto di applicazione di una forza esterna, il sistema scambia lavoro meccanico.

Si consideri il sistema rappresentato in figura e costituito da una massa m di un aeriforme all'interno di un cilindro munito di pistone di superficie A. Si supponga che il pistone possa muoversi senza attrito e che il sistema sia in equilibrio con grandezze di stato, uniformemente distribuite in tutto il sistema.

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In queste condizioni, la pressione interna del sistema P è pari alla pressione esterna Pe = Fe /A sul lato esterno del pistone.

Se vi fosse una differenza di pressione dP > 0 tra la pressione interna P ed quella esterna Pe ed il pistone si muoverebbe destra di una quantità dx raggiungendo, in questa posizione, una nuova condizione di equilibrio. Il lavoro compiuto dal sistema contro la forza esterna Fe è esprimibile mediante la pressione interna del sistema e cioè in termini della grandezza di stato P:

dLs = - Fe dx = Fi dx = P A dx = P dV [J]

Un siffatto processo elementare si può verificare solo in assenza di attrito. Riferendosi all'unità di massa del sistema si può scrivere:

dL = dLs/m = P dV/ m = P dv [J/kg]

Si noti che il segno di dL dipende dal valore di dv: il lavoro è positivo in corrispondenza di una dilatazione del sistema (dv > 0) e negativo nel caso contrario (dv < 0).

Nel caso di una trasformazione finita, tra uno stato 1 e uno stato 2, intesa come una successione stati di equilibrio del sistema e cioè reversibile, il lavoro specifico scambiato con l'esterno è, quindi:

L12 = Pdv

1

2 [J/kg]

L'integrale, ovviamente, può valutarsi solo se si conosce la funzione P= P(v), e cioè se vengono precisate le modalità della trasformazione. E' ovvio che una trasformazione siffatta (sistema sempre all'equilibrio) può essere approssimativamente realizzata lasciando evolvere il sistema molto lentamente e cioè controllando la trasformazione al fine di far sì che nel corso del processo la pressione esterna Pe differisca sempre di molto poco dalla P del sistema.

Se si immagina di passare da uno stato 1 ad uno stato 2 mediante due trasformazioni diverse I e II (vedi figura), il lavoro scambiato è rappresentato dall'area sottesa dalle curve I e II, e quindi dipende dalle modalità con cui avviene la relativa trasformazione 1-2.

Il lavoro L, come già visto in precedenza, non è una funzione di stato.

Nel caso di una trasformazione reale non reversibile l'espressione seguente:

Pdv

1

2

non rappresenta più lo scambio effettivo di lavoro tra il sistema e l'esterno.

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In questi casi, infatti, a causa di attriti e/o di squilibri tra la pressione interna ed esterna la pressione interna non è più eguale a quella esterna (P  Pe).

Durante una trasformazione reale non reversibile si determinano, ad esempio, differenze di P tra un punto e l'altro del sistema con movimenti interni di fluido per cui lo scambio di lavoro con l'esterno potrà essere valutato solo in riferimento allo spostamento subito dalla forza esterna e cioè sulla base della Pe e quindi, si noti, non più in funzione della grandezza di stato del sistema P. In generale, non è possibile sapere quali valori abbia effettivamente assunto la pressione interna P del sistema nel corso di un processo non reversibile.

7.9 PROCESSI A VOLUME COSTANTE ED A PRESSIONE COSTANTE 7.9.1 Processi a volume costante

Se un sistema termodinamico si trasforma mantenendo costante il suo volume perché contenuto in un recipiente a pareti rigide, non può, verificarsi una scambio di lavoro meccanico dL, e cioè:

dv = 0 => dL = 0 In questo caso (v = cost.) il primo principio comporta:

dQv = du

ove:

- l'indice v indica che la quantità di calore dQv è scambiata a volume costante.

In termini finiti, per un processo isocoro (a volume costante) che porti il sistema dallo stato 1 allo stato 2, risulta:

Q1,2 = u2 - u1

In una trasformazione isocora, lo scambio termico tra sistema ed esterno eguaglia la variazione della funzione di stato energia interna.

7.9.2 Processi a pressione costante

Si consideri un processo a pressione costante: il sistema, rappresentato in figura, nella condizione iniziale 1 si trova a pressione P1 = Pe , mentre nello stato 2, giunge a P2 = P1 = Pe .

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Pe Pe

Supponendo il pistone senza attrito il lavoro compiuto dal sistema contro la pressione esterna Pe, può essere facilmente valutato. Si può osservare infatti che il pistone, passando dallo stato 1 allo stato 2, ha spostato di un tratto x il piano su cui è applicata la forza esterna Fe. Si può scrivere:

L1,2 = -Fe x = Pe (v2 - v1) > 0 Possiamo scrivere il primo principio come:

Q1,2 = u2 - u1 + L1,2 Oppure, essendo Pe = P1 = P2 , anche:

Q1,2 = u2 - u1 + P2 v2 - P1 v1

Se si definisce la funzione di stato entalpia h = u + Pv, somma di u e del prodotto Pv, si può scrivere:

h2 - h1 = u2 + P2 v2 - u1 - P1 v1

Per una trasformazione a pressione costante ove vi sia unicamente lavoro contro la pressione esterna il I° Principio può essere scritto nella forma:

h2 - h1 = Q1,2 ([J/kg)

ovvero, in questa trasformazione isobara, lo scambio termico tra il sistema e l'esterno eguaglia la variazione della funzione di stato entalpia.

7.10 CALORI SPECIFICI FONDAMENTALI cv E cp

In generale il calore specifico di un sistema dipende dalle modalità con cui viene scambiato calore. Il calore specifico è definito dalla relazione:

c = dQ/dT [J/kg K]

e rappresenta quindi la quantità di calore dQ che bisogna fornire all'unità di massa del sistema per innalzare la sua temperatura di dT gradi lungo la particolare trasformazione in esame. In termini finiti, si può ovviamente scrivere:

c = Q/ T [J/kg K]

. opportuno ricordare che, se un sistema si trasforma ad esempio da uno stato 1 ad uno stato 2, la quantità di calore scambiata Q1,2 dipende dalla particolare trasformazione eseguita non essendo Q1,2 una funzione di stato, e quindi in conseguenza anche il calore specifico dipende

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

dalla trasformazione. Supponiamo ad esempio di considerare un fluido contenuto in un recipiente rigido.

Supponiamo che, attraverso i confini del sistema venga scambiata una quantità di calore dQv. Sulla base di quanto precedentemente visto, per un processo a volume costante, si può scrivere:

dQv = du

dividendo entrambi i membri per la corrispondente variazione di temperatura dT subita dal sistema risulta:

cv = dQv/dT = du/dT

ove: cv viene detto calore specifico del fluido a volume costante. In generale essendo l'energia interna u esprimibile come u = u (T,v) si può scrivere:

dT

T dv u v du u

v

T 



 





 

ed essendo nel nostro caso dv = 0 risulta:

T dT du u

v

 

 

per cui :

v v

v T

u dT

du dT c dQ





 

Si può scrivere anche:

dQv = cv dT = du

Nel caso di un processo isobaro risulta analogamente:

p p

p T

h dT dh dT c dQ





 

e si può scrivere:

dQP = cPdT = dh

In generale per fluidi allo stato aeriforme, cp differisce da cv in modo significativo, mentre per sostanze liquide e solide risulta:

c  cP ≈ cv 7.10.1 Esempio

Un boiler contiene 50 litri di acqua alla temperatura di 27[°C]: determinare l'energia termica necessaria per portare la temperatura dell'acqua a 80 [°C] (c = 4.186 [kJ/kg K]). Si supponga che le pareti del recipiente siano adiabatiche (termicamente isolate).

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Soluzione

Si può applicare al contenitore il I° Principio della termodinamica, considerando come sistema l'acqua contenuta al suo interno. La trasformazione (riscaldamento dell'acqua) può essere considerata a volume costante, in quanto un liquido non cambia il suo volume in modo apprezzabile. Si può quindi scrivere:

du = dQ - dL [J/kg]

In questo caso non vi sono scambi di lavoro con l'esterno, quindi dL = 0, integrando si ha allora, per unità di massa:

Q12 = u2 - u1 = c t = c (t2 - t1 ) [J/kg]

la quantità di calore complessiva da fornire al sistema sarà, quindi:

Q'12 = m Q12

Il boiler contiene V = 50 [dm3] = 50 10-3 = 0.05 [m3] per cui la massa d’acqua contenuta è:

m =  V = 1000 [kg/m3]  0.050 [m3] = 50 [kg]

L’energia termica necessaria è:

) ( 09 . 11 53 186 . 4 50 ) ( 2 1

12 '

12 m Q m c t t kJ

Q          

7.11 I° PRINCIPIO PER I SISTEMI APERTI

Dopo aver trattato alcuni aspetti della termodinamica dei sistemi chiusi, è ora opportuno ricavare un'espressione del I°

principio che particolarmente si presta allo studio dei sistemi con deflusso di massa (sistemi aperti).

Si consideri un sistema aperto del tipo rappresentato in figura.

Il sistema è delimitato da pareti rigide ed indeformabili e da una sezione di ingresso 1 e una di uscita 2 attraverso le quali si muove un fluido. Attraverso i confini del sistema può essere scambiato lavoro meccanico mediante un albero di trasmissione collegato a pale mobili.

Si supponga che la quantità di fluido che attraversa il sistema non vari nel tempo e così pure avvenga per lo stato termodinamico del fluido sia all'ingresso che all'uscita del sistema. Siano w1 , P1 e w2 e P2 , la velocità e la pressione valutate nelle sezioni 1 e 2. Sia Q1,2 la quantità di calore scambiata con l'esterno e L'1,2 il lavoro meccanico scambiato con l'esterno mediante l'albero di trasmissione. Poiché in questo caso sono da considerarsi anche

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

variazioni di energia cinetica e potenziale, tra ingresso e uscita del fluido, è necessario fare riferimento al I°principio nella sua forma più generale:

z z

 

J/kg

2 g w u w

u L

Q 2 1

2 1 2 2 1 2 2 , 1 2 ,

1   

Si osservi infatti che l'utilizzo di questa espressione è necessario per tener conto del fatto che l'unità di massa del fluido (1 kg) può essere caratterizzata da Ec = (w22- w12)/2 e da

Ep = g (z2 - z1) diversi da zero. Il termine L1,2 che però compare in questa espressione rappresenta il lavoro totale scambiato con l'esterno per unità di massa di fluido.

E' opportuno osservare che esso risulta pari alla somma del lavoro meccanico scambiato con l'esterno mediante l'albero di trasmissione L'1,2 o lavoro esterno netto più un termine Lp detto lavoro di pulsione che tiene conto del lavoro speso per spingere l'unità di massa del fluido attraverso le sezioni 1 e 2. Si può scrivere:

L1,2 = L'1,2 + Lp

Per valutare il termine Lp si può considerare una massa di fluido dm1 in procinto di attraversare la sezione 1, di area A1. Le forze esterne al sistema devono spingere l'elemento dm1 attraverso la sezione compiendo lavoro contro quelle interne. In riferimento a queste ultime il lavoro risulta:

dLp1 = - F1 dx = - P1 A1 dx = - P1 dV1 = - P1 dm1 / 1 =- P1 v1dm1

essendo la densità 1 = dm1 / dV1.

Integrando, si ottiene:

1 0

1 1

0 1 1

1

  

v P dm v P L

m m p

Per la sezione 2, analogamente si ottiene:

Lp2 = P2 v2 > 0

Il lavoro totale risulta, quindi:

L1,2 = L'1,2 + P2 v2 - P1 v1

Ricordando la definizione di entalpia h = u + pv , si può scrivere :

h = u + (Pv) e, cioè:

h2 - h1 = u2 - u1 + P2 v2 - P1 v1

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

Sostituendo nell'equazione di bilancio si ottiene infine:

z z

 

J kg

w g h w

h L

Q /

2 2 1

2 1 2 2 1 2 2 , 1 2 ,

1   

Tale equazione è detta equazione di bilancio dei sistemi aperti e riveste particolare importanza nelle applicazioni impiantistiche. Se poi Q1,2 = L'1,2 = 0 e Ec = Ec = 0 è anche h1 = h2 e cioè il processo è isoentalpico. Moltiplicando per la portata di fluido qm e tenendo conto che nel nostro caso, ovviamente è anche qm1= qm2 = qm; si può scrivere:

qm1 h1 = qm2 h2

Questa equazione di bilancio entalpico può essere generalizzata, nelle stesse ipotesi, a sistemi caratterizzati da più ingressi e/o più uscite. Si consideri ad esempio un sistema del tipo rappresentato in figura, ove avvenga un processo di miscelazione adiabatica (Q1,2 = 0) in cui si ha anche L'1,2 = 0

Si può dimostrare che, a regime risulta:

qm1 h1 + qm2 h2 = qm3 h3

ove, ovviamente: qm3 = qm1 + qm2

7.11.1 Esempio

Dell'aria percorre una tubazione verticale lunga 3 metri, in cui le viene fornito del calore pari a 8 [kJ/kg]. Calcolare la temperatura dell'aria all'uscita del canale sapendo che la sua velocità all'ingresso è w1 = 3 [m/s] e all'uscita è w2 = 18 [m/s] e che la temperatura all'ingresso è pari a t1 = 27 (dh = cP dT, cP = 1 [kJ/kg].

Soluzione.

Dall'equazione di bilancio dei sistemi aperti:

Q12 + L'12 = h2 - h1 + (w22w12)/2 + g (z2 - z1) considerando i dati:

qm1

h1

qm2

h2

qm3

h3

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CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

Q12 = 8000 (J/kg) ; L'12 = 0;

(z2 - z1) = 3 [m]; w1 = 3 [m/s] ; w2 = 18 [m/s]; g = 9.8 [m/s2] si ottiene:

h2 - h1 = 7813.1 [J/kg]

h2 - h1 = cP (t2 - t1)  t2 = t1 + (h2 - h1) / cP

e la temperatura dell'aria all'uscita della tubazione è:

t2 = 34.8 [°C].

7.12 Il GAS PERFETTO

L'esperienza insegna che qualunque sostanza aeriforme, sufficientemente rarefatta, si dilata a pressione costante linearmente con la temperatura, in modo del tutto indipendente dalla sua natura chimica. Tale comportamento è noto sotto il nome di legge di Gay Lussac.

Ogni aeriforme che segua rigorosamente queste legge è detto gas perfetto o ideale.

Si può scrivere la legge di Gay Lussac nella forma:

V = V0 ( 1 + t) (P = cost.)

ove :

- V0 è il volume occupato a t = 0 [°C];

- t è la temperatura [°C];

-  è una costante di proporzionalità (1/ [°C]).

Come è evidente, un fluido siffatto risulta essere la sostanza termodinamica ideale per misurare la temperatura (varia con essa in modo rigorosamente lineare, secondo le espressioni qui sopra). A questo scopo si può misurare con precisione il volume occupato dal gas in corrispondenza dei due punti fissi 0 [°C] e 100 [°C].

(17)

CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

Una variazione di volume pari a 1/100 di V = (V100 - V0) corrisponde ad un grado centigrado o Celsius (1[°C]). Al crescere della temperatura, il volume aumenta illimitatamente, mentre al contrario, come vedremo, le temperature più basse, negative nella scala centigrada, hanno un limite. Diminuendo la temperatura le molecole di una qualunque sostanza aeriforme, in conseguenza delle forze di coesione esistenti tra loro, si possono raccogliere in un volume molto più piccolo e l'aeriforme si trasforma in liquido; un ulteriore raffreddamento può comportare infine la formazione di una fase solida .

Nel caso di gas ideale, per il quale si ipotizza che le molecole non interagiscano tra loro e non abbiano un volume proprio significativo, l'abbassamento di temperatura può portare il gas ad un volume nullo. In realtà, è perfettamente possibile avvicinarsi al comportamento ideale (e cioè in questo caso al volume nullo), basta riempire il recipiente, ad esempio il termometro, con quantità sempre più piccole di gas, ossia con gas sempre più rarefatto.

7.13 LA TEMPERATURA ASSOLUTA - SCALA KELVIN

Se rappresentiamo la legge di Gay Lussac in un piano volume-temperatura, possiamo osservare che il coefficiente angolare della retta e cioè la tangente dell'angolo  si può esprimere nel modo seguente:

V = V0 ( 1 + t )  tg  = dV/dt = V0

In relazione al triangolo rettangolo ABC, risulta:

tg  = V0  = V0 / t   = 1 / t

ove:

- t = variazione di temperatura al di sotto dei 0 [°C] corrispondente al raggiungimento di un volume limite V = 0.

L'esperienza insegna che, per qualunque aeriforme sufficientemente rarefatto,  vale 1/273.15, da cui: t = 273.15 [°C]. Come si può osservare, quando la temperatura (in gradi

(18)

CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

centigradi) tende al valore -273.15, il volume di un gas sufficientemente rarefatto tende a zero. Poiché non hanno ovviamente senso valori negativi di volume, esiste un limite alle più basse temperature raggiungibili, corrispondente al valore t = - 273.15 [°C], cioè zero assoluto.

Poiché questa è la temperatura più bassa raggiungibile, è naturale che in fisica si utilizzi una scala delle temperature, che parta appunto dallo zero assoluto e che viene detta scala assoluta.

Tale scala è definita dalla relazione:

T = t + 273,15 (K)

Si osservi che, ovviamente, una variazione di temperatura può essere espressa indifferentemente sia come gradi Celsius che Kelvin:

t (°C) = T (K)

7.14 EQUAZIONE DI STATO DEL GAS IDEALE

Oltre alla legge di Gay Lussac che descrive il comportamento di un gas ideale a pressione costante è opportuno ricordare che, a temperatura costante, il volume occupato da un gas ideale, risulta essere inversamente proporzionale alla pressione cui il gas è sottoposto (legge di Boyle):

P V = cost. (T = cost.)

E' necessario, a questo punto, tenere in debito conto anche la quantità di gas che costituisce il sistema; ad esempio facendo riferimento alla mole.

È opportuno a questo punto, aprire una breve parentesi per ricordare il concetto di mole. Come noto si definisce grammomole di una sostanza, un numero di grammi di questa pari alla sua massa molecolare relativa  che, si ricorda, essere definita come il rapporto tra la massa della molecola in oggetto ed un 1/12 della massa dell'atomo di carbonio (C12). Una grammomole di qualunque sostanza contiene un egual numero di molecole N pari a 6,023  1023 (numero di Avogadro). Spesso, invece, della grammomole si utilizza la kilomole o mole, ossia un numero di kilogrammi di sostanza pari alla massa molecolare relativa ; ad esempio per l’ossigeno (O2) una kilomole e cioè

O2

n = 1 (kmole) corrisponde ad una massa di 32 [kg] di ossigeno. Orbene, quando è Po = 101300 [Pa] e To = 273 [K] (condizioni normali) il volume occupato da 1 kmole di qualunque gas o volume molare vo è lo stesso.

Risulta, cioè:

vo = Vo / n = 22.4 [m3/ kmole]

(19)

CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica ove:

- n = numero di kilomoli e V0 volume complessivo del sistema [m3].

Quanto finora precisato può essere sintetizzato nella seguente relazione (equazione di stato dei gas perfetti):

PV = n R T

La costante R non dipendendo dalla natura del gas è detta costante universale dei gas ideali.

Le dimensioni di R sono, ovviamente, [J/kmole K]. Si può scrivere, quindi:

P v = R T

ed essendo il volume occupato da 1 kmole (volume molare):

v = V/n [m3/ kmole].

In riferimento alle citate condizioni normali, il valore numerico della costante R è:

R = P vo / To = (101300 (Pa) 22.3 (m3/ kmole) / 273 (K) = 8314 (J/kmole K)

Spesso si preferisce scrivere tale espressione introducendo il volume specifico v [m3/kg].

Poiché se m (kg) è la massa di gas il numero di moli è:

n = m/

ove:

-  = massa molecolare [kg/kmole] del gas;

si ottiene, dall'espressione precedente:

P V =

M R T

e, ponendo Ri = R/ , costante specifica della sostanza i, si può scrivere anche:

P V = M Ri T P v = Ri T

Le dimensioni di Ri sono [J/kg K]. L'aria, miscela di ossigeno ed azoto, può essere considerata come una sostanza omogenea, purché caratterizzata da un peso molecolare a media tra O2 e N2 . Risulta a = 29 [kg/kmole], per cui Ra = 8314/29 = 286 [J/kg K].

7.14.1 Esempio

Una bombola contiene aria alla pressione P = 200 [bar] a temperatura ambiente 20 [°C]. Se la capacità della bombola è V = 15 l, qual'è la massa d'aria M contenuta nella bombola? Si consideri l'aria un gas perfetto con una massa molecolare pari a 29 [kg/kmole].

Soluzione

Dall'equazione P v = Ra T, noti P, Ra e T , si ricava v.

(20)

CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

Dai dati: T = 20 + 273.15 = 293 [K]; P = 200 [bar] = 200  105 [Pa];

Ra = 286 [J/kg K]; V = 15 l = 15  10-3 [m3].

Risulta:

v = Ra T / P = 0.0042 [m3/kg]

M = V/v = 3.58 [kg].

7.15 TRASFORMAZIONI REVERSIBILI DI UN GAS PERFETTO

Alcune trasformazioni termodinamiche di un gas perfetto presentano particolare interesse; si ricordano tra queste:

trasformazione a v costante (isocora)

trasformazione a P costante (isobara)

trasformazione a T costante (isoterma)

nelle quali è mantenuta costante una grandezza di stato;

trasformazione adiabatica in cui è nullo lo scambio di calore.

7.15.1 Trasformazione isocora: dv = 0 ; dL = 0 - trasformazione 1 2

Tale trasformazione reversibile è caratterizzata da v = cost. e quindi anche da dv = 0 per cui è anche dL = Pdv = 0. Sulla base del primo principio si può scrivere: dQv = du ove il pedice v indica che lo scambio di calore dQv è effettuato con le modalità dette sopra (v= cost). Derivando rispetto alla temperatura, si può scrivere:

v cv

dT du dT

dQ  

Infatti, in genere il differenziale du, per un fluido termodinamico, può essere espresso come:

u = f(T,v) e quindi nella forma:

v dv dT u

T du u

T

v 



 





 

Nel caso di un processo isocoro (dv = 0), l'espressione si riduce alla forma seguente:

(21)

CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

T dT du u

v

 

 

Nel caso di un gas perfetto l’esperienza dimostra che l'energia interna è solo funzione della temperatura, e quindi u = f(T), per cui è 0

v u

T

 

 

 e, quindi, sempre risulta che:

dT c du T c

u dT du

v v

v

 

 

 

Nel nostro caso si ottiene, per la trasformazione finita 1  2:

2 2 1 v

2 1

1 v 2

1 2 ,

1 du c dT u u c T T

Q

    (J/kg)

7.15.2 Trasformazione isobara: dP = 0 - trasformazione 1 3 Sulla base del primo principio risulta:

dQp = du + Pdv

ove il pedice p indica che lo scambio di calore dQp è effettuato a P = cost.

Ricordando la definizione della grandezza di stato entalpia, si può scrivere :

dh = du + vdP + Pdv che, nel caso dP = 0, si riduce a:

dh = du + Pdv per cui si può scrivere:

dh = dQp e, in perfetta analogia col caso precedente, anche:

P

P c

dT dh dT

dQ  

Infatti, nel caso di un fluido termodinamico, si può porre h = f(T,P) e cioè : P dP

dT h T dh h

T

P 



 





 

che, per un processo isobaro (dP = 0), si riduce a:

T dT dh h

P

 

 

(22)

CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

Nel caso di gas perfetto poiché l'entalpia h è, in base alla sua definizione solo funzione della temperatura si ha anche:

P 0 h

T

 

 

In questo caso è, ovviamente, dP = 0 e si ottiene per la trasformazione finita 1 3 : 3 3 1 P

3 1

1 P 3

1 3 ,

1 dI c dT I I c T T

Q

    [J/kg]

7.15.3 Trasformazione isoterma: dT = 0; du = 0 - trasformazione 1 4

Questa trasformazione, nel caso di gas ideale , è caratterizzata, oltre che da dT = 0, anche da du = cv dT = 0. Applicando il primo principio si ottiene:

dQT = Pdv = dL

in termini finiti si ha:

1 4 1 i 4

1 1 i 4

1 4 , 1 4 ,

1 v

lnv T R v dv

T Pdv R

L

Q

[J/kg]

essendo (T1 = cost.) ed utilizzando l'equazione di stato, P = RiT1 / v.

Sul diagramma (P,v) l'isoterma 1  4 è rappresentata da un tratto di iperbole equilatera, essendo Pv = RiT1 = cost.

7.15.4 Trasformazione adiabatica: dQ = 0 - trasformazione 1 5

Sulla base del primo principio, essendo dQ = 0, risulta:

- Pdv = du = cv dT e differenziando l'equazione di stato si può scrivere:

Ri

vdP dTPdv

si ottiene:

- Ri P dv = cv (Pdv + vdP)

per un gas perfetto dalla definizione di entalpia, h= u + Pv si può scrivere:

   

dT T R d dT du dT

Pv d dT du dT

dh     i

(23)

CAPITOLO 7A Elementi di termodinamica

e, quindi, si ha : cP = cv + Ri

vdP Pdv

k

P dP v dv c c

v p

ponendo k = cP / cv > 1.

Integrando, si ottiene per una trasformazione adiabatica la relazione:

Pvk = cost.

Si noti, in figura, come l'adiabatica 1  5 essendo k > 1 sia caratterizzata da una pendenza dP/dv = -k P/v maggiore dell'isoterma 1  4 per la quale è dP/dv = - P/v .

In riferimento alla trasformazione adiabatica (trasformazione 1  5), si può scrivere:

Pdv ) k 1 ( ) Pdv ( k Pdv vdP

Pdv ) Pv (

d       

Per cui si può anche scrivere :

k 1

) Pv ( Pdv d

 

Il lavoro scambiato lungo la trasformazione 1  5 è:

1 k

v P v L P

Pdv

L 1,5 1 1 5 5

5

1 5 ,

1

 

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