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f(x 0 + h) = f(x 0 ) + L[h] + R(h) si abbia R(h)

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Academic year: 2022

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(1)

Richiami di calcolo differenziale locale

In quel che segue ”spazio vettoriale” significher`a ”spazio vettoriale reale di di- mensione finita”. In ogni tale spazio verr`a utilizzata una norma scelta comunque tra quelle esistenti : tutto quanto verr`a discusso non dipender`a dalla particolare norma utilizzata.

Gran parte dei risultati richiamati in questo paragrafo rimangono validi anche per per spazi vettoriali reali di dimensione infinita su cui sia stata fissata una norma rispetto alla quale essi siano completi: tali spazi vengono chiamati spazi di Banach e sono studiati solitamente nei corsi di Analisi; un esempio `e dato dallo spazio C0(T ) delle funzioni continue a valori reali su uno spazio compatto T , dotato della norma del sup. o da quelli analoghi delle funzioni derivabili con continuit`a, come ad esempio C1([0, 1]). Per tale generalizzazione bisogna richiedere esplicitamente alcuni fatti che sono automaticamente verificati in di- mensione finita; precisamente ogni applicazione lineare φ : E → F deve essere supposta continua e talvolta, come per i teoremi di inversione locale, si deve supporre che il suo nucleo abbia supplementare chiuso, che la sua immagine sia chiusa e sia dotata anch’essa di supplementare chiuso. Comunque nel seguito saremo interessati essenzialmente solo a spazi di dimensione finita.

Siano V, W spazi vettoriali, Ω ⊂ V un aperto, x0 ∈ V e f : Ω → W una applicazione. Ricordiamo che f `e detta differenziabile in x0se esiste L : V → W lineare tale che posto per h ∈ V con x0+ h ∈ Ω :

f (x0+ h) = f (x0) + L[h] + R(h) si abbia

lim

h→0

R(h)

||h|| = 0

Si dimostra che di tali L ne esiste al pi`u uno; se esiste esso viene detto il dif- ferenziale di f in x0 ed `e indicato con df (x0) (Si noti l’uso di parentesi tonde e quadre: in df (x0)[h] , x0 `e il punto in cui si ”differenzia” ed `e indicato en- tro parentesi tonde; in parentesi quadre indichiamo invece gli ”incrementi”, in questo caso h, in cui il differenziale `e calcolato).

Se f `e differenziabile in ogni punto di Ω, si ha una applicazione df : Ω → L(V, W ) = HomR(V, W )

Se tale applicazione `e continua diremo che f `e di classe C1 su Ω.

Induttivamente, per k intero ≥ 2, diremo che f `e di classe Ck se `e C1 e df `e Ck−1; diremo che f `e C se essa `e Ck per ogni k ∈ N.

D’ora in poi il termine ”differenziabile” significher`a di classe C.

Teorema 1 (di inversione locale) Siano E, F spazi vettoriali, Ω un aperto in E, f : Ω → F differenziabile ed x ∈ Ω.

Se df (x) : E → F `e un isomorfismo, allora esiste un aperto U ⊂ E contenente x , tale che :

a. V = f (U ) `e aperto in F

b. f : U → V `e biunivoca con inversa differenziabile.

La dimostrazione sar`a supposta nota (corsi di Analisi).

(2)

Def. Siano U ⊂ E e V ⊂ F aperti in spazi vettoriali. Una applicazione f : U → V `e detta un diffeomorfismo se `e biunivoca e differenziabile insieme alla sua inversa. Nelle notazioni ed ipotesi del teorema pecedente diremo che f `e un diffeomorfismo locale in x ∈ Ω od anche che essa `e localmente invertibile.

Un diffeomorfismo sar`a talvolta chiamato anche cambiamento di coordinate.

Corollari del teorema di inversione locale

Siano E, F spazi vettoriali, Ω ⊂ E un aperto, f : Ω → F una applicazione differenziabile e sia 0 ∈ Ω, f (0) = 0.

1. supponiamo che df (0) : E → F sia surgettiva.

Sia p : E → K = ker(df (0)) una proiezione (associata alla scelta di un sup- plementare H di K in E). Allora l’applicazione g : Ω → F ⊕ H definita da g(x) = (f (x), p(x)), `e localmente invertibile in 0. Essa rappresenta quindi un cambiamento di coordinate in un intorno di 0; in tali coordinate la f diviene lineare (precisamente la proiezione sul fattore F ).

2. supponiamo che df (x0) : E → F sia iniettiva.

Sia H un supplementare in F dell’immagine di df (x0). Allora l’applicazione g : E ⊕ H → F definita da g(x, h) = f (x) + h `e localmente invertibile in 0.

Essa definisce quindi un cambiamento di coordinate nell’origine di F ; in tali coordinate la f diviene lineare (precisamente l’inclusione di E in E ⊕ H).

Integrali contenenti un parametro

Siano E uno spazio vettoriale e f : [a, b] → E continua. Esiste un unico I ∈ E detto integrale di f su [a, b] (e che verr`a indicato conRb

af (t)dt ) tale che per ogni

 > 0 , esista δ > 0 tale che per ogni successione a = x0 ≤ x1 ≤ · · · ≤ xn = b con | xi−1, xi|≤ δ per i = 1, . . . n, sia

|

n

X

1

f (xi) · (xi− xi−1) − I |< 

Se b < a definiamoRb

a f (t)dt = −Ra b f (t)dt.

Proposizione 2 f →Rb

a f (t)dt `e una applicazione lineare continua di C0([a, b]) in R la cui norma `e |b − a| (ossia kRb

a f (t)dtk ≤ |(b − a)| · supx∈[a,b] kf (x)k) Siano E, F spazi vettoriali, Ω ⊂ E un aperto, T uno spazio topologico. Le applicazioni f : Ω × T → F possono essere pensate come famiglie di applicazioni da Ω in F parametrizzate da T . Useremo in tal caso la notazione f (x, t) = ft(x) per (x, t) ∈ Ω × T. La notazione dft(x) indicher`a quindi il differenziale della funzione ft: Ω → F nel punto x ∈ Ω.

Def. CT1(Ω, F ) `e l’insieme delle f : Ω × T → F che sono continue, tali che per ogni t ∈ T, ft : Ω → F sia differenziabile e tali che dft : Ω × T → L(E, F ) sia continua. Analogamente si definiscono le CTk(Ω, F ) per k ≥ 2 o k = ∞.

Teorema 3 Siano a < b e f ∈ C[a,b]1 (Ω, F ). Allora la funzione g : Ω → F definita da g(x) = Rb

af (x, t)dt `e di classe C1 ed il suo differenziale `e dg = Rb

a dft(x)dt (l’integrale al secondo membro `e fatto in L(E, F )).

(3)

Corollario 4 Se nel teorema precedente si suppone f ∈ C[a,b]k (Ω, F ), k ≥ 1 allora g ∈ Ck(Ω, F ).

dim. (del teorema: non nel programma di esame)

Continuit`a di g : siano x0∈ Ω e  > 0. Vogliamo trovare un intorno U di x0in Ω tale che per x ∈ U sia |g(x) − g(x0)| < . Essendo f continua su Ω × [a, b],per ogni t ∈ [a, b] esiste un intorno Atdi (x0, t) in Ω × [a, b] tale che per (y, s) ∈ At sia |f (y, s) − f (x0, t)| < b−a .

Ora tale intorno pu`o supporsi del tipo Ut× Itcon Ut, Itaperti negli spazi Ω e [a, b]. Per compattezza di [a, b], esistono t1, · · · , tr tali che I1∪ · · · ∪ Ir= [a, b].

Allora per x ∈ U = Ut1∩ · · · ∩ Utr e qualsiasi t ∈ [a, b] si ha :

|g(x) − g(xo)| =Rb

a |f (x, t) − f (x0, t) < (b − a)·  b − a = .

Differenziabilit`a di g : bisogna mostrare che g `e differenziabile nel punto x0∈ Ω e che il suo differenziale `eRb

a df (x0, t)dt. Ci`o significa che : lim

x0+h∈Ω

h→0

Rb

a(f (x0+ h, t) − f (x0, t))dt − (Rb

adft(x0)dt)[h]

khk = 0

Ora si ha :

( Z b

a

dft(x0)dt)[h] = Z b

a

dft(x0)[h]dt

(si noti che l’integrale nel membro di sinistra `e fatto in L(E, F ) mentre quello a destra `e fatto in F ).

Quindi si deve mostrare che va a zero l’integrale Z b

a

(f (x0+ h, t) − f (x0, t) − dft(x0)[h]

khk )

Consideriamo la funzione σ : [0, 1] → U definita da σ(t) = x0+ th. Allora (teorema di Torricelli) si ha :

f (x0+ h) − f (x0) = f ◦ σ(1) − f ◦ σ(0) = Z 1

0

d(f ◦ σ) =

= Z 1

0

dft(x0+ sh) · σ0(s)ds = Z 1

0

dft(x0+ sh)[h]ds

Sostituendo nell’espressione precedente ci si riduce a mostrare che va a zero l’espressione:

1

||h||

Z b a

( Z 1

0

(dft(x0+ sh) − dft(x0))ds)dt[h]

Essendo dft(x) continua su Ω × [a, b] , lo stesso ragionamento utilizzato per mostrare la continuit`a di g , mostra che la norma di dft(x0+ sh) − dft(x0) `e maggiorata da una qualsiasi prefissata costante positiva per h in qualche intorno dell’origine e da ci`o segue facilmente che tutto l’integrale va a zero.

Teorema di divisione elementare

Siano E, F spazi vettoriali ; un aperto Ω in E × F `e detto stellato rispetto ad E se per ogni (x0, y0) ∈ Ω, tutto il segmento [(x0, 0), (x0, y0)] `e contenuto in Ω.

(4)

Teorema 5 (divisione elementare) Siano Ω ⊂ E × F un aperto stellato rispetto a E ed f : Ω → G una applicazione differenziabile nulla su Ω ∩ E × {0};

(ossia tale che f (x0, 0) = 0 per ogni (x0, 0) ∈ Ω). Esiste allora una applicazione differenziabile g : Ω → L(F, G) tale che per (x, y) ∈ Ω sia f (x, y) = g(x, y)[y]

dim. Sia (x0, y0) ∈ Ω fissato. Consideriamo la funzione ˜f : [0, 1] → G definita da ˜f (t) = f (x0, ty0). Per il teorema di Torricelli, si ha:

f (x0, y0) = ˜f (1) − ˜f (0) = Z 1

0

d ˜f = Z 1

0

(dfx(x0, ty0)[y0]) =

= ( Z 1

0

dfx(x0, ty0))[y0] = g(x0, y0)[y0]

ove dfx dipende differenziabilmente da xo, y0, t; i risultati del paragrafo prece- dente assicurano quindi che g `e differenziabile.

Applicazioni polinomiali e sviluppi di Taylor

Siano E, F spazi vettoriali. Una applicazione φ : E → F `e detta un polinomio omogeneo di grado p se esiste una b : Ep → F p−lineare tale che per ogni x ∈ E sia φ(x) = b(x, · · · , x). Diremo che φ `e la contrazione di b. Si verifica facilmente (facendo una media su permutazioni delle variabili) che se φ `e un tale polinomio, fra tutte le p−lineari di cui esso `e contrazione, ve ne `e esattamente una che sia simmetrica : essa verr`a detta la polarizzazione di φ

Ne segue che Lp(E, F ) ={polinomi omogenei di grado p da E a F } `e uno spazio vettoriale (`e in corrispondenza biunivoca con le applicazioni p−lineari simmetriche da E ad F ).

Una applicazione φ : E → F `e detta un polinomio di grado ≤ n se φ = φ0+ φ1+ · · · + φmove φi: E → F `e un polinimio omogeneo di grado i.

Se Ω `e un aperto in E × F e g : Ω → Lp(F, G) `e differenziabile, allora (x, y) → g(x, y)[y] (che `e ovviamente differenziabile) sar`a detta un polinomio omogeneo di grado p in y a coefficienti funzioni Csu Ω.

Siano Ω un aperto in E × F stellato rispetto ad E, Ω0 = Ω ∩ E × {0} e sia f : Ω → G differenziabile. Allora f (x, y) − f (x, o) : Ω → G `e nulla su Ω0; quindi per il teorema precedente, esiste R0: Ω → L1(F, G) tale che f (x, y) − f (x, 0) = R0(x, y)[y]. Posto f (x, 0) = φ0(x) questa relazione si scrive:

(1) f (x, y) = φ0(x) + R0(x, y)[y]

che verr`a chiamata sviluppo di Taylor d’ordine 0 di f rispetto a y. Svilup- pando d’ordine zero R0, si ottiene una relazione del tipo R0(x, y) = φ1(x, y) + R0(x, y)[y] ove φ1: Ω0→ L1(F, G), ˜R0: Ω → L1(F, L1(F, G)). Quindi ˜R0 asso- cia ad ogni punto (x0, y0) di Ω, una applicazione bilineare su F a valori in G la cui contrazione `e un polinomio omogeneo di grado due da F a G che indicheremo con R1(x, y). sostituendo nella (1) si ottiene ;

f (x, y) = φ0(x) + φ1(x)[y] + R1(x, y)[y]

che `e lo sviluppo di Taylor d’ordine 1: dice che f `e un polinomio di grado uno in y a coefficienti C in x pi`u un resto che `e un polinomio omogeneo di grado due in y a coefficienti funzioni Cin x, y.

Proseguendo cos`ı si ottiene il seguente :

(5)

Teorema 6 (Sviluppo di Taylor) Se Ω e f sono come sopra, esistono appli- cazioni differenziabili φp : Ω0 → Lp(F, G) e Rp : Ω → Lp(F, G) per p ∈ N tali che per n ∈ N sia :

(2) f (x, y) =

n

X

h=0

φh(x)[y] + Rn+1(x, y)[y].

Nota. Derivando successivamente ambo i membri di (2) e calcolando per y = 0 si ottiene che φp(x) = p!1dpfx(0) (attenzione alle notazioni che possono trarre in inganno: si ricordi che fx(y) `e per definizione f (x, y)). Ne segue che le φhin (2) sono univocamente determinate. Per quanto riguarda i resti Rn+1(x, y)[y], essi non sono univocamente determinati dalle richieste fatte (lo sarebbero se si chiedesse una propriet`a supplettiva che qui non esplicitiamo perch`e non avremo necessit`a di avvalercene). Ci`o accade perch´e un polinomio omogeneo a coeffici- enti C non (formalmente) nullo pu`o rappresentare la funzione identicamente nulla, a differenza di quel che accade per polinomi a coefficienti costanti (ad esempio h1(x1, x2)x1+ h2(x1, x2)x2 ove h1(x1, x2) = x2 e h2(x1, x2) = −x1).

Quel che spesso `e sufficiente sapere dei resti Rn`e precisato dalla seguente:

Proposizione 7

Se Ω, f sono come sopra, ogni (x0, 0) ∈ Ω ha un intorno aperto U = A × B ⊂ Ω, con A, B aperti in E, F , tale che

lim

y→0

Rn+1(x, y)[y]

kykn = 0 uniformemente per x ∈ A.

Dim. Siano infatti U un aperto in Ω ed M un numero reale tali che kRn+1(x, y)k ≤ M per (x, y) ∈ U . Allora, essendo Rn+1un polinomio omogeneo di grado n + 1, si ha che:

Rn+1(x, y)[y]

kykn = kykRn+1(x, y)[ y kyk] avr`a norma ≤ kykM .

Scritture in termini di coordinate

Se x1, . . . , xn sono le coordinate su E = Rn, un polinomio omogeneo φ : E → R di grado d si scrive ordinariamente nel seguente modo:

φ(x) = X

|I|=d

aI · xI

ove per le usuali convenzioni di multiindici: se x = (x1, . . . , xn) ∈ Rn e I = (i1, . . . , in) ∈ Nn , si pone |I| = i1+ · · · + in e xI = xi11· · · xinn.

Nello sviluppo di Taylor di una funzione differenziabile f : Rn → R, si ha una somma di tali polinomi omogenei pi`u un ultimo termine Rn+1, il ”resto”, che

`

e ancora espresso da una scrittura dello stesso tipo con la sola differenza che i

”coefficienti” aI invece che costanti sono funzioni differenziabili:

Rn+1= X

|I|=d

aI(x) · xI

Comportamento qualitativo locale: il lemma di Morse

Siano f : U → R e f0 : U0→ R due funzioni differenziabili definite su aperti di

(6)

uno spazio euclideo contenente l’origine. Diremo che (U, f ) , (U0, f0) hanno in 0 lo stesso comportamento qualitativo se esistono intorni aperti V ⊂ U , V0 ⊂ U0 di 0 ed un diffeomorfismo h di V su V0 tali che f ”(x) = f (h(x)) per ogni x ∈ V . Proposizione 8 Sia f una funzione differenziabile in un intorno U di 0 ∈ R.

Se essa si annulla in 0 assieme a tutte le sue derivate di ordine inferiore ad n ma la sua derivata d’ordine n `e positiva in 0, allora essa ha lo stesso comportamento qualitativo della funzione t 7→ tn

Dim. Per la formula di Taylor, in un intorno di 0 si ha f (t) = tnh(t) con h differenziabile (per ipotesi lo sviluppo di ordine n − 1 `e nullo e quindi f coincide col ”resto”). La condizione f(n)(0) > 0 equivale a h(0) > 0; esiste quindi in un intorno di 0 una funzione differenziabile k tale che h = kn. Si ha quindi f = (t · k(t))n. resta da dimostrare che t · k(t) pu`o essere presa come coordinata di centro 0 e ci`o `e vero perch´e ha derivata non nulla in 0.

Proposizione 9 (Lemma di Morse) Sia f una funzione differenziabile in un intorno di 0 ∈ Rn nulla in 0 assieme a tutte le sue derivate prime e supponiamo che la matrice H i cui elementi sono le derivate seconde di f calcolate in 0 abbia determinante non nullo. Allora, se a `e il numero di autovalori positivi di H, la f ha in 0 lo stesso comportamento qualitativo della funzione

x21+ ... + x2a− (x2a+1+ ... + x2n)

Dim. La dimostrazione `e molto simile a quella del teorema di diagonalizzazione delle forme quadratiche reali. Si parte dallo sviluppo di Taylor di ordine 1 che d`a :

f (x) =

n

X

ij+1

hij(x)xixj

Cambiando eventualmente le coordinate (in modo lineare) si pu`o supporre che h11(0) 6= 0. Sia B la somma degli addendi del tipo hij(x)xixj con i, j > 1 ed A la somma degli altri. Aggiungendo ad A dei termini del tipo hi(x)x2i, e sottraendoli contemporaneamente a B si scrive f come somma di un termine A = h˜ 11(x)(x1+ a2x2+ ... + anxn)2 ed uno ˜B = P

ij>1bij(x)xixj. A questo punto si prendono come nuove coordinate le funzionip|h11(x), x2, ..., xn; la ˜A diviene ±x21 e si pu`o riapplicare la procedura a ˜B, che `e espressa come un poli- nomio omogeneo di grado due nelle x2, ..., xna coefficienti funzioni differenziabili elle x1, ..., xn. Iterando questa procedura si arriva alla ”diagonalizzazione” di f . Che il numero di quadrati positivi che si ottengono coincide col numero di autovalori positivi della matrice H, pu`o essere dedotto dall’analogo fatto per la diagonalizzazione delle forme quadratiche, osservando che per una f che in un punto ha nulle tutte le derivate prime, ogni cambiamento di coordinate lo- cali trasforma la matrice delle derivate seconde come si trasformano le forme quadratiche. Questo fatto sar`a analizzato meglio nel seguito quando parleremo dell’Hessiano.

Variet`a immerse

Sia H ⊂ RN un sottoinsieme qualsiasi (non necessariamente aperto). Una fun- zione f : H → R `e detta differenziabile se per ogni x0 ∈ H esistono un suo

(7)

intorno aperto U ed una F : U → R differenziabile (in senso ordinario) tali che per ogni x ∈ U ∩ H sia f (x) = F (x).

Se H ⊂ RN e K ⊂ RM , una f : H → K `e detta differenziabile se tali sono le sue M componenti in quanto funzioni di H in R.

Diremo che f : H → K `e un diffeomorfismo se f `e biunivoca e differenziabile assieme alla sua inversa.

Siano H ⊂ RN e x0∈ H; lo spazio tangente ad H in x0 `e l’insieme T (H)x0 dei v ∈ RN tali che per ogni aperto U in RN che contiene x0 e funzione differenzi- abile h : U → R che sia nulla su U ∩ H si abbia dh(x0)[v] = 0. E’ chiaro che T (H)x0 `e un sottospazio vettoriale di RN.

Siano H ⊂ RN , K ⊂ RM , f : H → K differenziabile e x0∈ H.

Per definizione esistono un aperto U in RN contenente x0 ed una F : U → RM differenziabile che coincide con f su U ∩ H. Si verifichi per esercizio che dF (x0) applica T (H)x0 ⊂ RN in T (K)f (x0) ⊂ RM ed induce quindi una applicazione lineare σ : T (H)x0 → T (K)f (x0). Inoltre tale σ non dipende dalla partico- lare estensione F scelta; ossia se U0 `e un altro aperto in RN contenente x0 e F0 : U0 → RM `e differenziabile e tale che per x ∈ U0∩ H sia F0(x) = f (x) , allora per v ∈ T (H)x0 si ha dF (x0)[v] = dF0(x0)[v].

Si ottiene cos`ı una ben definita applicazione lineare df (x0) : T (H)x0 → T (K)f (x0) che sar`a detta il differenziale di f in x0.

Def. Un sottoinsieme H ⊂ RN `e detto una variet`a differenziabile di dimen- sione n se ogni suo punto ha un intorno aperto diffeomorfo ad un aperto di Rn. Diremo invece che H `e una variet`a differenziabile a bordo di dimensione n se ogni suo punto ha un intorno aperto diffeomorfo ad un aperto di [0, +∞[×Rn−1⊂ Rn. Una carta su una variet`a differenziabile X ⊂ RN di dimensione n `e una coppia (U, f ) ove U ⊂ X `e un aperto ed f : U → V `e un diffeomerfismo tra U ed un aperto V di Rn. Se x ∈ U ed `e f (x) = 0 diremo che (U, f ) `e una carta di centro x; in tal caso l’inversa f−1 : V → U sar`a detta una parametrizzazione di X all’intorno di x.

Esempi (definizioni,esercizi,complementi)

1. Consideriamo la variet`a a bordo X = [0, +∞[×Rn−1e poniamo

∂X = {0} × Rn−1. Si verifichi che ogni diffeomorfismo f : U → V tra aperti di X applica U ∩ ∂X in V ∩ ∂X. Ci`o permette di definire il bordo ∂X per ogni variet`a a bordo X di dimensione n e di dimostrare che esso `e una variet`a (senza bordo) di dimensione n − 1. Ad esempio Dn = {x ∈ Rn : ||x|| ≤ 1} `e una variet`a compatta a bordo (detta il disco di dimensione n) il cui bordo `e Sn−1 (la sfera di dimensione n − 1).

Un aperto Ω ⊂ Rnsar`a detto a frontiera differenziabile se ogni x0∈ ∂Ω possiede un intorno aperto U ed una funzione differenziabile f : U → X tali che:

- f (x0) = 0 e U ∪ Ω = {x ∈ U : f (x) < 0}

- df (x0) `e non nullo

Ci`o equivale a dire che Ω `e la parte interna di una sottovarie`a a bordo di Rn avente dimensione n. Una tale f verr`a detta una equazione locale per Ω in x0. 2. Siano Ω ⊂ Rn un aperto ed f : Ω → Rp una applicazione differenziabile.

Allora X = {(x, y) ∈ Rn× Rp : x ∈ Ω , y = f (x)} `e una variet`a differenziabile di dimensione n (infatti x 7→ (x, f (x)) `e un diffeomorfismo tra Ω ed X).

(8)

3. Siano X ⊂ Rn , Y ⊂ Rm variet`a differenziabili di dimensioni p e q; allora X × Y ⊂ Rn+m `e una variet`a differenziabile di dimensione p + q. Se una delle due `e a bordo anche il prodotto lo `e. Se entrambi hanno il bordo non vuoto, X × Y non `e una variet`a a bordo.

4. Sia f : X → Y una applicazione differenziabile tra variet`a. Diremo che x ∈ X `e un punto critico per f se df (x) : T (X)x→ T (Y (f (x) non `e surgettiva;

altrimenti diremo che x `e un punto regolare.

Diremo che y ∈ Y `e un valore critico per f se `e immagine di qualche punto critico. Altrimenti esso sar`a detto un valore regolare.

Si dimostri che l’insieme dei punti critici `e un chiuso in X e che l’insieme dei valori critici pu`o non essere un chiuso in Y.

5. Sia f : X → Y differenziabile tra variet`a di dimensione n + p e p.

Si dimostri che se y ∈ Y `e un valore regolare allora X0= f−1(y) `e una sottova- riet`a di X di dimensine n. Se ci`o accade ed `e Y = Rp e y = 0 , diremo che f `e una equazione (globale) di definizione per X0 in X.

Si dimostri che se X0`e una sottovariet`a di X , ogni x ∈ X0ha un intorno aperto U sul quale esiste una equazione di definizione h per X0∩ U .Una coppia del tipo (U, h) sar`a detta una equazione locale di definizione per X0in X.

6. Una applicazione differenziabile f : X → Y tra variet`a `e detta un prodotto se esistono una variet`a F ed un diffeomorfismo h : X → F × Y tale che detta p : F × Y → Y la proiezione canonica si abbia p ◦ h = f . Necessariamente una tale f `e priva di punti critici.

Viceversa se f : X → Y `e differenziabile ed x ∈ X `e regolare, allora x ha un intorno aperto U in X tale che f (U ) `e aperto in Y e la restrizione di f da U in f (U ) `e un prodotto.

7. Sia 0 un valore regolare per f : X → R; allora M = {x ∈ X : f (x) ≥ 0}

`

e una variet`a a bordo con ∂M = f−1(0). Si dimostri inoltre che in tal caso {(x, y) ∈ X × Rn : ||y||2 = f (x)} `e una ipersuperficie (ossia una sottovariet`a di dimensione uno meno di quella dell’ambiente) in X × Rn.

8. Una applicazione differenziabile φ : X → Y tra variet`a `e detta una immersion se il suo differenziale dφ(x) `e iniettivo per ogni x ∈ X. Diremo invece che `e un embedding se `e un diffeomorfismo tra X e la sua immagine; ci`o equivale a dire che `e una immersion ed `e un omeomorfismo con la propria immagine. Diremo che una variet`a X di dimensione n ha codimensione di embedding p se esiste un suo embedding in Rn+p. Ad esempio la sfera Sn ha codimensione di embedding uno. Analoga definizione per la nozione di immersion.

E’ facile dimostrare che per S1 non esiste alcuna immersion in R.

Si dimostri pi`u in generale che una variet`a compatta non vuota di dimensione n non ha alcuna immersion (e quindi neppure un embedding) in Rn.

9. Sia φ una applicazione differenziabile di una variet`a a bordo X in una variet`a (senza bordo) Y . Un punto x0∈ X `e detto regolare per φ se o x0∈ ∂X ed x/ 0`e un punto regolare per la restrizione di φ a X − ∂X, oppure x0 ∈ ∂X ed allora x0`e regolare per la restrizione di φ a ∂X.

Si dimostri che se x0∈ ∂X `e regolare per φ : X → Rn, allora esiste un intorno

(9)

aperto U di x0in X ed un diffeomorfismo h (un sistema di coordinate locali) tra U e D+= {x ∈ Rn+p : ||x|| ≤ 1 , xn+p≥ 0} per cui h(0) = 0 e l’applicazione φ diviene (x1, . . . , xn+p) 7→ (x1, . . . , xn).

Ci`o pu`o essere riformulato come segue: sia X una sottovariet`a a bordo di una variet`a a bordo Y ; diremo che X `e ben messa in Y se si ha:

∂X = X ∩ ∂Y e se per ogni x ∈ ∂X si ha:

Tx(∂X) = Tx(X) ∩ Tx(∂Y )

Da quanto sopra detto si ottiene che se φ : M → N `e una applicazione differen- ziabile di una variet`a a bordo M in una variet`a (senza bordo) N , allora la fibra X di φ su un valore regolare, `e una sottovariet`a a bordo ben messa in M . Equazioni locali e globali per sottovariet`a

Sia Y un sottoinsieme di una varie`a differenziabile X. Diremo che una sottova- riet`a Y di X ha codimensione p se p + dim(Y ) = dim(X); per p = 1 diremo anche che Y `e una ipersuperficie. Ad esempio se f : X → R `e differenziable e 0 `e un suo valore regolare, allora Y = f−1(0) `e una ipersuperficie di X. Pi`u in generale se f : X → Z `e una applicazione differenziabile tra variet`a e z ∈ Z `e un suo valore regolare, allora Y = f−1(z) `e una sottovariet`a di X avente per codimensione la dimensione di Z; nel caso sia Z = Rp e z = 0 diremo che f `e una equazione globale per Y in X. Una equazione locale per Y in X in un punto x ∈ X `e il dato di un intorno aperto U di x in X e di una equazione globale f : U → Rp per Y ∩ U in U . E’ facile verificare che ogni sottovariet`a Y di X ha equazioni locali in tutti i punti di Y e che le ha anche in tutti i punti di X se e solo se `e un sottoinsieme chiuso. La questione dell’esistenza di equazioni globali `e pi`u complicata. Nel seguito esamineremo questo problema per p = 1 e parzialmente per il caso p = 2. Il tipo di argomenti che utilizzeremo, sono gi`a indicati nella trattazione del caso abbastanza elementare in cui X = RN ed Y

`

e compatta.

Proposizione 10

Ogni ipersuperficie compatta in RN ha una equazione globale.

Dim. Come gi`a osservato Y ha equazioni locali in ogni punto. Esistono cio`e un ricoprimento aperto U = (Ui)i∈I di RN e equazioni fi per X ∩ Ui in Ui

per ogni i ∈ I. Sia (φi)i∈I una partizione dell’unit`a subordinata; la funzione f =P

i∈Iφifi`e differenziabile su tutto X, e si annulla su Y ; comunque pu`o non essere una equazione per Y perch´e pu`o annullarsi in altri punti oltre quelli di Y e nei punti di Y non `e detto che abbia differenziale non nullo. Ma supponiamo che sia soddisfatta la condizione seguente:

- per ogni i, j ∈ I le funzioni fi ed fj hanno in ogni punto di Ui∩ Uj lo stesso segno.

Allora chiaramente f si annulla solo su X. Inoltre essa ha differenziale non nullo in ogni x ∈ X; infatti, se x ∈ Ui, scelto un sistema di coordinate di centro x in modo che fi divenga la prima coordinata x1, per ogni altro j con x ∈ Uj si ha che ∂fj/∂x1 `e strettamente positiva in 0; quindi ∂f /∂x1 essendo una com- binazione baricentrica di quantit`a positive sar`a anch’essa strettamente positiva.

(10)

Il problema `e quindi di mettere a posto i segni delle fi in modo che in ogni punto siano tutti concordi. Vedremo ora che questo `e essenzialmente un prob- lema di tipo combinatorio, che pu`o essere risolto essendo RN topologicamente abbastanza ”semplice”.

Asserzione: su Ui∩ Uj esiste una funzione differenziabile fij che `e priva di zeri e tale che fi = fijfj ( ossia: ”fij `e fj/fi”). Infatti si prenda fij = fj/fi

sul complementare di X in Ui∩ Uj; essendo X privo di parte interna, baster`a mostrare che fj/fi si estende localmente ad una funzione differenziabile anche all’intorno di ogn x ∈ X. Ci`o segue dal fatto che cambiando coordinate locali, si pu`o supporre che fi sia la prima coordinata e di conseguenza l’affermazione fatta non `e altro che il teorema di divisione elementare.

A questo punto abbiamo ancora due problemi da risolvere:

1. sarebbe comodo sapere che ogni Ui∩ Uj se non vuoto `e connesso: in tal caso cambiando eventualmente segni ad una tra le fi e fj si pu`o supporre che esse concordino in segno su tutto Ui∩ Uj

2. partendo da un Ui e lasciando fi invariata, passare da un Uj ad un altro cambiando segno eventualmente alla equazione sul nuovo aperto se non coincide in segno con la precedente; affinch´e questo processo abbia termine facendo con- cordare tutti i segni occorre che in ogni percorso che parte da Ui e vi torna, il numero di inversioni di segno che si incontrano sia pari.

Il problema 1. `e facilmente risolubile in Rn passando eventualmente ad un raf- finamento di U fatto con aperti convessi: l’intersezione di due convessi essendo sicuramente o vuota o connessa; servir`a un p`o di lavoro per trovare qualcosa che funzioni in modo analogo su variet`a qualsiasi.

Il problema due pu`o essere risolto in RN considerando ricoprimenti di tipo par- ticolare: ad esempi quelli fatti ”quadrettando” RN parallelamente agli assi ed allargando poi un poco tali ”quadrati” chiusi a ”quadrati” aperti. Allora `e chiaro che si possono mettere a posto tra loro tutti quelli che appartengono ad una stessa fila parallela al primo asse, poi le file allineate nella direzione del secondo asse e cos`ı via: nel caso che invece che in RN la ipersuperficie sia ambi- entata in una variet`a M qualsiasi (connessa) vedremo che per essere sicuri che i segni possono essere messi a posto, occorre sapere qualcosa sul gruppo fonda- mentale π1(M ): troveremo anzi che ogni ipersuperficie di M ha una equazione globale se e solo se l’unico omomorfismo di π1(M ) a valori in Z/2Z `e quello nullo.

Nota

Si pu`o dimostrare che una variet`a X di codimensione due in RN ha una equazione globale (ossia esiste una f : RN → R2 differenziabile avente 0 come valore re- golare ed il cui luogo di zeri `e X) se e solo se essa `e orientabile. Un esempio

”evidente” di non orientabile in codimensione due si costruisce con la bottiglia di Klein. In codimensione quattro, oltre alla orientabilit`a, l’esistenza di euazioni globali equivale al fatto che X verifichi due propriet`a di tipo coomologico. In codimensione tre la questione sembra pi`u complicata; ad esempio per l’unione di due sfere ordinarie di dimensione due in R5che siano allacciate (od anche una loro somma connessa fatta in R5 che `e diffeomorfa ad una 2-sfera) non esiste una equazione globale.

Spazi paracompatti e partizioni dell’unit`a

Nel seguito ogni spazio topologico `e supposto (se non esplicitamente dichiarato)

(11)

separato ed a base numerabile.

Definizioni:

- Una famiglia F di sottoinsiemi di uno spazio topologico X `e detta puntualmente finita se ogni x ∈ X appartiene solo ad un numero finito di elementi di F ; `e detta localmente finita se ogni x ∈ X possiede un intorno che incontra solo un numero finito di elementi di F .

- Una famiglia F `e pi`u fine di una famiglia G se ogni elemento di F `e contenuto in qualche elemento di G.

- Uno spazio topologico X `e detto localmente compatto se ogni punto possiede almeno un intorno compatto. E’ facile verificare che allora gli intorni compatti di un punto costituiscono un suo sistema fondamentale di intorni.

- Uno spazio topologico X `e detto paracompatto se per ogni ogni ricoprimento aperto U di X esiste un ricoprimento aperto V di X che sia localmente finito e pi`u fine di U (in generale V non `e costruibile come una sottofamiglia di U ; si prenda ad esempio per U la famiglia delle palle di centro l’origine in Rn).

- Uno spazio topologico X `e detto numerabile all’infinito se `e ricopribile con una successione (numerabile) di compatti ognuno contenuto nella parte interna del successivo; una tale successione di compatti verr`a detta esaustiva .

Proposizione 11 Ogni spazio localmente compatto `e numerabile all’infinito Dim. Sia (Bn)n∈N una base numerabile di X; possiamo supporre che ogni Bn

abbia chiusura compatta (infatti gli elementi della base originaria che hanno tale propriet`a costituiscono ancora una base). Per ogni intero r sia Hr la chiusura di B0∪ · · · ∪ Br. Per ogni intero r esiste un intero s > r tale che Hr`e contenuto nella parte interna di Hs e ci`o dimostra che eliminando alcuni degli Hi resta una successione esaustiva di compatti per X.

Proposizione 12 Ogni spazio localmente compatto `e paracompatto

Sia (Kn)n∈Nuna successione esaustiva di compatti per X. Per ogni intero n ≥ 1 sia Ωn l’aperto ottenuto togliendo alla parte interna di Kn+2 il compatto Kn. La famiglia Ωn)n≥1`e un ricoprimento aperto di X che `e numerabile, localmente finito ed i cui elementi sono relativamente compatti.

Sia allora U = (Ui)i∈I un ricoprimento aperto qualsiasi di X; per ogni intero positivo n esiste In ⊂ I finito tale che Ωn sia contenuto nell’unione degli Ui

per i ∈ In; ne segue che la famiglia degli Ωn ∩ Ui per n intero positivo ed i ∈ In costituisce un ricoprimento aperto V localmente finito pi`u fine di U . Si noti che tale V `e inoltre numerabile ma d’altra parte si noti anche che in ogni ricoprimento aperto localmente finito di X gli aperti non vuoti sono al pi`u una infinit`a numerabile.

Diremo che una funzione f a valori reali su uno spazio topologico X `e localmente nulla in x ∈ X se essa `e identicamente nulla su qualche intorno di x. L’insieme dei punti x ∈ X nei quali f non `e localmente nulla costituisce un chiuso che viene detto il supporto di f . Una famiglia (fi)i∈I di funzioni su X `e detta localmente finita se tale `e la famiglia dei suoi supporti.

Una partizione dell’unit`a sullo spazio topologico X `e una famiglia localmente finita (fi)i∈I di funzioni continue su X tale cheP

i∈Ifi(x) = 1 per ogni x ∈ I.

Tale partizione `e detta pi`u fine di un ricoprimento U = (Uj)j∈J se cos`ı `e la famiglia dei supporti delle fi. Se inoltre accade che I = J e per ogni i ∈ I il

(12)

supporto di fi `e contenuto in Ui allora diremo che la partizione `e subordinata ad U .

Lemma 13 Sia U = (Ui)i∈I un ricoprimento aperto di X. Se esiste una par- tizione (fj)j∈J su X pi`u fine di U allora ne esiste anche una (Fi)i∈Isubordinata ad U

Dim. Per ipotesi esiste ν : J → I tale che per ogni j ∈ J il supporto di fj sia contenuto Uν(j). Per ogni i ∈ I si definisca Fi=P

j∈ν−1(i)fj; si verifica con un po(co) di lavoro che (Fi)i∈I `e una partizione dell’unit`a subordinata ad U . Teorema 14 Su uno spazio localmente compatto ogni ricoprimento aperto ha partizioni dell’unit`a a lui subordinate

Dim.

La dimostrazione si avvale del teorema di esistenza di funzioni continue detto lemma di Urisohn. Per evitarne l’uso e per trattare allo stesso tempo gli analoghi risultati nel caso differenziabile, si pu`o supporre che su X sia assegnata una famiglia F di funzioni continue che abbia la seguente propriet`a:

- dati comunque x ∈ X ed un intorno U di x esiste una f ∈ F non nulla in x ed avente supporto contenuto in U .

Se X `e una variet`a topologica (o differenziabile) si possono costruire famiglie siffatte trasportando tramite carte locali su X delle funzioni standard su Rn; oppure se X `e metrico si costruiscono facilmente funzioni continue con tale propriet`a utilizzando la metrica stessa. Passando ai quadrati si pu`o supporre che gli elementi di F siano funzioni positive.

Veniamo alla dimostrazione. Per quanto visto avanti si pu`o supporre che il ricoprimento dato sia numerabile, localmente finito e costituito da aperti rela- tivamente compatti. Sia esso U = (Un)n∈N . Vogliamo definire induttivamente funzioni continue gn : X → R ed aperti Vn ⊂ X per n ∈ N soddisfacenti le condizioni:

- il supporto di gn contiene Vn ed `e contenuto in Un - V0, . . . , Vn assieme a tutti gli Ui per i > n ricoprono X operiamo cos`ı : sia F il complementare di S

n>0Un; esso `e un compatto con- tenuto in U0 ed utilizzando l’ esistenza di funzioni locali si pu`o costruire una funzione continua g0strettamente positiva su F ed il cui supporto sia contenuto in U0. Si scelga quindi per V0 un intorno aperto di F contenuto nel supporto di g0. Supposti costruiti g0, . . . gn e V0, . . . Vn si considera il complementare F dell’unione di V0, . . . Vn con gli Urper r > n + 1 e si ripete la costruzione prece- dente ottenendo una gn+1ed un Vn+1. Evidentemente la funzione g =P

n∈Ngn

`

e positiva strettamente e le fn= gn/g formano una partizione dell’unit`a subor- dinata al ricoprimento U .

Nota. E’ chiaro che se X `e una variet`a differenziabile tutta la costruzione pu`o essere fatta utilizzando funzioni differenziabli su X.

(13)

Applicazioni proprie

In questa appendice ogni spazio topologico `e supposto oltre che separato ed a base numerabile anche localmente compatto.

Definizioni

- Una applicazione f : X → Y tra spazi topologici `e detta chiusa se trasforma chiusi di X in chiusi di Y . E’ detta propria se `e continua e se f−1 trasforma compatti di Y in compatti di X.

- Diremo che una successione (xn)n∈N in uno spazio topologico X diverge od anche che tende all’ ∞ se per ogni compatto K ⊂ X esiste n0 ∈ N tale che xn ∈ K per n ≥ n/ 0. Per le ipotesi fatte su X ci`o equivale al non possedere sottosuccessioni convergenti ossia a non avere punti aderenti.

Proposizione 15 Sia f : X → Y continua. Sono equivalenti le condizioni:

(a) f `e propria

(b) f `e chiusa ed f−1(y) `e compatto per ogni y ∈ Y

(c) f trasforma successioni divergenti in X in successioni divergenti in Y Dim.(a)⇒ (b) : Evidentemente le fibre di f sono compatte. Mostriamo che se C `e chiuso in X allora f (C) `e chiuso in Y . Sia y in Y − f (C) e consideriamo la famiglia K degli intorni compatti di y. Essendo Y localmente compatto si ha T

K∈KK = y. AlloraT

K∈Kf−1(K) ∩ C = ∅ ed essendo tali insiemi compatti in X , l’intersezione di un numero finito di essi `e vuota. Si ottiene quindi l’esistenza di un K ∈ K per il quale f−1(K) ∩ C = ∅ e ci`o implica che K ∩ f (C) = ∅; Quindi f (C) `e chiuso perch´e ogni punto che non gli appartiene possiede un intorno che non lo interseca.

(b)⇒(c) : Se (c) non `e verificata esiste una successione (xn) divergente in X e tale che f (xn) converge ad un y ∈ Y . Essendo (xn) divergente, l’insieme {xn : n ∈ N} `e chiuso in X; per (b) quindi {f (xn) : n ∈ N} `e chiuso in Y . Se ne deduce che y deve essere uno degli f (xn); anzi, siccome ci`o deve rimanere vero per ogni sottosuccessione deve esistere n0∈ N tale che f(xn) = y per ogni n ≥ n0. Quindi la successione (xn)n≥n0 `e contenuta in f−1(y) che per ipotesi `e compatto e non pu`o essere divergente contrariamente all’ipotesi fatta.

(c)⇒ (a) : Sia K un compatto in Y . Se per assurdo f−1(K) non fosse com- patto in X, esso conterrebbe una successione (xn) divergente in f−1(K) ma divergente anche in X perch´e esso `e chiuso in X. Ma (f (xn)) `e una successione nel compatto K e non pu`o quindi essere divergente; si `e cos`ı contraddetto la (c) e la dimostrazione `e conclusa.

Proposizione 16 Sia f : X → Y una applicazione propria. Se y ∈ Y ed U `e un aperto di X che contiene f−1(y) , esiste un intorno V di y in Y tale che f−1(V ) ⊂ U .

In altri termini : le immagini inverse di intorni di y costituiscono un sistema fondamentale di intorni per la fibra f−1(y)

Dim. Sia K la famiglia degli intorni compatti di y in Y ; si ha allora T

K∈Kf−1(K) − U = ∅. Essendo questa una famiglia di compatti, chiusa per intersezioni finite, se ne deduce l’esistenza di un K ∈ K tale che f−1(K) − U = ∅ ossia f−1(K) ⊂ U .

(14)

Orientazioni

Sia V uno spazio vettoriale reale di dimensione finita. Sull’insieme delle basi di V poniamo la seguente relazione di equivalenza: due basi sono equivalenti se la matrice quadrata che esprime gli elementi dell’una come combinazione lineare di quelli dell’altra ha determinante positivo. Si hanno due classi di equivalenza:

orientare V significa scegliere una di tali classi; le basi della classe scelta saranno dette orientate positivamente o positive. Orientare una varie`a differenziabile significa fissare una orientazione per ciascuno dei suoi spazi tangenti, in modo tale che all’intorno di ogni punto esista un sistema di coordinate locali il cui differenziale trasformi le basi scelte come positive nelle basi di Rn che sono equivalenti (stessa orientazione) della base canonica di Rn.

Una variet`a sar`a detta orientabile se esistono sue orientazioni; nel caso che essa sia connessa o non possiede orientazioni (non orientabile) o ne ammette esattamente due.

Punti e valori critici

Sia f : X → Y una applicazione differenziabile tra variet`a.

Un x0 ∈ X `e detto un punto critico per f se il differenziale df (x0) : Tx0(X) → Tf (x0))(Y ) non `e surgettivo. Scrivendo f localmente tramite coordinate locali in x0ed in f (x0), la condizione di essere critico equivale all’essere il rango della matrice jacobiana (∂fi/∂xj) inferiore alla dimensione di Y (ossia il numero delle sue righe). Tale condizione equivale poi all’annullarsi dei determinanti di certe matrici: precisamente dei minori della matrice jacobiana di ordine dim(Y ).

Ne segue che l’insieme ∆ dei punti critici `e chiuso in X. Un punto y0 ∈ Y

`

e detto un valore critico per f se proviene da qualche punto critico, ossia se f−1(y0) ∩ ∆ 6= ∅. In generale l’insieme f (∆) dei valori critici non `e un chiuso in Y ; ci`o sara comunque vero nell’ipotesi che f sia propria.

Sistemi di equazioni di definizione

Siano Ω ⊂ Rn+p un aperto ed f : Ω → Rp una applicazione differenziabile. Se 0 ∈ Rp `e un valore regolare per f , ossia se il differenziale di f `e surgettivo in ogni punto ove f si annulla, allora X = f−1(0) `e una sottovariet`a chiusa in Ω di dimensione n. In tal caso f o meglio le sue componenti f1, ..., fp saranno dette un sistema di equazioni di definizione per X in Ω e si ha:

Proposizione 17 Per ogni g : Ω → R differenziabile e nulla su X esistono h1, ..., hp differenziabili su Ω e tali che g = h1· f1+ ... + hp· fp

Dim. L’esistenza locale all’intorno dei punti di X di tali hi segue dal teorema di divisione locale, utilizzando il fatto che localmente f1, ..., fp possono essere prese come parte di un sistema di coordinate; nei punti di Ω non in X, almeno una delle fi, diciamo f1, `e diversa da zero: preso un intorno U di x ove f16= 0 si ha che g = (gf−1) · f1+ 0 · f2+ ... + 0 · fp. Quindi l’enunciato `e vero localmente in ogni punto di Ω. Si globalizza nel modo seguente: esiste un ricoprimento aperto U di Ω tale che per ogni i ∈ I la g ristretta ad Uipu`o essere scritta come h(i)1 f1+ ... + h(i)p fp; sia (φi)i∈I una partizione dell’unit`a subordinata ad U e per

(15)

j ∈ {1, ..., p} si definisca hj =P

i∈Iφih(i)j . Allora su tutto Ω si ha g = h1f1+ ... + hpfp. Osservazioni

1. La proposizione precedente vale nel caso pi`u generale che Ω sia una qualsiasi variet`a differenziabile: identica dimostrazione

2. Sia ancora f : Ω → Rp come sopra e sia data inoltre una funzione differen- ziabile f0 : Ω → R tale che in ogni punto x ∈ Ω in cui f0(x) = f1(x) = ... = fp(x) = 0 il differenziale df0(x) sia linearmente indipendente dai differenziali df1(x), ..., dfp(x); ossia supponiamo che 0 ∈ Rp+1 sia un valore regolare per l’applicazione Ω 3 x 7→ (f0(x), ..., fp(x)) ∈ Rp+1.

Allora ∆ = {x ∈ Ω : f1(x) = ... = fp(x) = 0 , f0(x) ≥ 0} `e una variet`a a bordo di dimensione n chiusa in Ω. Infatti nelle ipotesi fatte all’intorno di ogni punto di ∆ esiste un sistema di coordinate locali in cui f0, ..., fp sono le prime coordinate; in un tale sistema ∆ diventa un aperto della variet`a a bordo definita in Rp+1 da x1= ... = xp= 0 e x0≥ 0.

Famiglie di spazi vettoriali

Sia X ⊂ RN una variet`a differenziabile di dimensione n.

Un sottoinsieme F di X ⊂ RM `e detto una famiglia differenziabile di spazi vettoriali di dimensione p (o anche pi`u tecnicamente un fibrato vettoriale di dimensione p su X) se per ogni x0∈ X esistono un aperto U ⊂ X contenente x0 ed una applicazione differenziabile A : U → {matrici a M righe e M − p colonne } ≡ R(M −p)M tali che:

1. la matrice A(x) ha rango M − p per ogni x ∈ U

2. F ∩ (U × RM = {(x, v) ∈ RN× RM : x ∈ U , A(x)[v] = 0}.

L’applicazione π : F → X, restrizione della proiezione X × RM → X, `e detta proiezione del fibrato. Ogni sua fibra φ−1(x0) sar`a identificata al sottospazio vettoriale di dimensione p in RM dato dalle soluzioni del sistema lineare omo- geneo A(x0)[v] = 0 e sar`a indicata con Fx0.

Esercizio. Si controlli che una definizione equivalente di fibrato vettoriale di dimensione p `e la seguente:

per ogni x0 ∈ X esistono un suo intorno aperto U in X ed una applicazione differenziabile C : U × Rp→ {matrici a p colonne ed M righe} tali che:

F ∩ (U × RM) = {(x, C(x)[v] : x ∈ U , v ∈ Rp}

Proposizione 18 Una famiglia F come sopra `e una sottovariet`a differenziabile di RN× RM di dimensione n + p

Dim. Per x0 ∈ X sia U un suo intorno aperto in X sul quale sia definita A : U → R(M −p)M con le propriet`a richieste sopra. A meno di restringere U si pu`o supporre che sia U = Ω ∩ X ove Ω `e un aperto in RN, l’applicazione A

`

e estendibile differenziabilmente ad Ω e su Ω esista un sistema di equazioni di

(16)

definizione f : Ω → RN −n per X ∩ Ω. Allora la parte di F che st`a in Ω × RM `e il luogo di zeri dell’applicazione:

Φ : Ω × RM 3 (x, v) 7→ (f (x), A(x)[v]) ∈ RN −n× RM −p

Baster`a quindi mostrare che dΦ ha rango massimo in ogni punto ove Φ sia annulla.

Ed infatti in tali punti la restrizione di Φ a RN × {0} va surgettivamente su RN −n× {0} (`e l’ipotesi che f `e un sistema di equazioni di definizione) e la sua restrizione a {0} × RM va surgettivamente su {0} × RM −p(`e l’ipotesi sul rango di A(x) ); quindi dΦ `e surgettiva.

Proposizione 19 Siano X ⊂ RN una variet`a differenziabile di dimensione n e F ⊂ X × RM un fibrato differenziabile di dimensione p.

Allora {(x, v) ∈ X × RM : x ∈ X , v ∈ Fx} `e un fibrato differenziabile di dimensione M − p che sar`a detto fibrato ortogonale ad F e indicato con F Dim. Utilizziamo la descrizione locale di F data nell’esercizio precedente.

Quindi F ∩ (U × RM) = {(x, C(x)[v]) : x ∈ U , v ∈ Rp}.

Con facili considerazioni di algebra lineare si verifica che:

F∩ (U × RM) = {(−tC(x)[w], w) : x ∈ U, w ∈ RM −p

Esempi di fibrati vettoriali

Siano Y ⊂ X sottovariet`a differenziabili in un RN di dimensioni risp. n ed n+p.

Allora:

T (Y ) = {(y, v) ∈ RN × RN : y ∈ Y , v ∈ Tx(Y )}

`

e un fibrato differenziabile su Y di dimensione n che viene detto fibrato tangente ad Y .

N (Y, X) = {(y, v) ∈ RN × RN : y ∈ Y , v ∈ Ty(X) ∩ Ty(Y )}

`

e un fibrato differenziable su Y di dimensione p che viene detto fibrato ortogonale ad Y in X. Se X = RN esso sar`a indicato semplicemente con N (Y ).

Intorni tubolari

Sia X ⊂ RN una sottovariet`a di dimensione n. Per  > 0 poniamo

D(X) = {x ∈ RN : d(x, X) ≤ } N(X) = {(x, v) ∈ N (X, RN) : ||v|| ≤ }

e consideriamo l’applicazione differenziabile Φ : N (X, RN) → RN definita dalla formula Φ(x, v) = x + v.

Teorema 20 Se X `e compatta, esiste 0 > 0 tale che per ogni 0 <  < 0 l’applicazione Φ induce un diffeomorfismo tra la variet`a a bordo N(X) e D(X);

in particolare anche quest’ultimo `e una variet`a a bordo.

Per ogni x ∈ D(X) esiste uno ed un solo r(x) ∈ X tale che d(x, r(x)) = d(x, X) e l’applicazione r : D(X) → X ha la propriet`a seguente:

(17)

per ogni x0 ∈ X esistono un suo intorno aperto U in X ed un diffeomorfismo h : r−1(U ) → U × D (ove D `e il disco unitario in Rn) che trasforma r nella proiezione di U × D in U . Le identificazioni tra r−1(x) ed il disco D in due tali rappresentazioni locali sono date da trasformazioni lineari ortogonali dipendenti differenziabilmente da punto x

Dim. Per y ∈ RN indichiamo con φy : RN → R la funzione φy(x) =

||x − y||2. Essendo X compatta, la sua restrizione ad X ha un minimo x0

e conseguentemente ha differenziale nullo in x0. Il differenziale di φy come funzione su RN `e calcolabile con lo sviluppo:

φy(x0+ h) = ||x0+ h − y||2= ||x0− y||2+ 2 < x0− y, h > +||h||2 che d`a : dφy(x0)[h] = 2 < x0− y, h >. Quindi la restrizione di φy ad X ha un punto critico in x0 se e solo se x0− y = v `e ortogonale a Tx0(X); in tal caso (x0, v) ∈ N (X, RN) e Φ(x0, v) = y. Se y ∈ D(X) allora ||v|| <  e quindi si `e mostrato che Φ : N(X) → D(X) `e surgettiva per ogni  > 0.

Vediamo ora che per  sufficientemente piccolo, Φ ha differenziabile invertibile in ogni punto di D e quindi `e una applicazione localmente invertibile. Baster`a controllare che ci`o `e vero nei punti di X × {0} perch´e allora ci`o sar`a vero in qualche intorno di X × {0} e quindi su qualche N(X) perch´e questi ne costituis- cono un sistema fondamentale di intorni. Avendo dominio e codominio la stessa dimensione baster`a mostrare che per x ∈ X la Φ ha differenziale surgettivo nel punto (x, 0). Ci`o segue immediatamente osservando che lo spazio tangente ad X in x `e in tale immagine (perch´e Φ : X × {0} → X `e un diffeomorfismo) ed anche il suo ortogonale (perch´e Φ applica {x} × Tx(X) con un diffeomorfismo sul sottospazio affine ”ortogonale” ad X in x.

Resta quindi da mostrare che per  sufficientemente piccolo, Φ `e iniettiva su N(X). Ragioniamo per assurdo: per ogni n intero positivo, esistono quindi (xn, un) 6= (yn, vn) in N1/n(X) sui quali Φ assume gli stessi valori, ossia xn+ un= yn+ vn. Per compattezza di X una sottosuccessione degli (xn) con- verger`a ad un x0∈ X; siccome un e vn vanno a zero, anche gli yn tenderanno ad x0; quindi in ogni intorno di (x0, 0) vi sono punti distinti (xn, un) e (yn, vn) sui quali Φ assume gli stessi valori e ci`o contrasta col fatto che in (x0, 0) la Φ `e localmente invertibile.

Per 0 <  < 0, chiameremo D(X) , l’intorno tubolare di raggio  di X e r : D(X) → X sar`a detta la proiezione ortogonale su X. Si noti inoltre che per tali , l’insieme S(X) = {x ∈ RN : d(x, X) = } `e una sottovariet`a differenzia- bile di codimensione uno in RN e r : S(X) → X `e differenziabile e priva di punti critici (in termini tecnici si direbbe che `e un fibrato differenziabile a fibra la sfera di dimensione N − n − 1 e gruppo strutturale il gruppo ortogonale).

Altra conseguenza: se X ⊂ RN `e una sottovariet`a compatta (senza bordo), allora la funzione distanza da X `e non solo continua su RN ma il suo quadrato

`

e differenziabile in un intorno di X.

La nozione di intorno tubolare di una sottovariet`a in RN pu`o essere esteso al caso di una sottovariet`a X compatta in una variet`a differenziabile M ⊂ RN: si trova un intorno U di X in M diffeomorfo alla variet`a compatta a bordo N

costituita dalle coppie (x, v) ove x ∈ X , ||v|| ≤  `e un vettore che `e tangente ad M in x ed `e ortogonale allo spazio tangente ad Xin x; il diffeomorfismo

(18)

r : N→ U ⊂ M `e costruito associando prima ad (x, v) il vettore x + v ∈ RN e proiettando poi questo nel punto di M a lui pi`u vicino.

Il teorema di fibrazione

Sia f : X → Y una applicazione differenziable tra variet`a. Un punto x0∈ X `e detto un punto critico per f se il suo differenziale df (x0) : Tx0(X) → Tf (x0)(Y ) non `e surgettivo. Scrivendo f in termini di coordinate locali scelte all’intorno di x0e di f (x0), i punti critici sono quelli in cui il rango della matrice jacobiana (∂fi/∂xjha rango inferiore alla dimensione di Y (quindi al numero delle righe di tale matrice). Ne segue che l’insieme deipunti critici, essendo localmente il luogo di zeri di certi determinati (i minori della matrice jacobiana di ordine dim(Y ))

`

e un sottoinsieme chiuso ∆ di X. La sua immagine f (∆), ossia l’insieme degli y ∈ Y tali che f−1(y) contiene qualche punto critico, sono detti valori critici di f . In generale essi non costituiscono un chiuso di Y

Sia f : X → Y una applicazione differenziabile propria tra variet`a. Se y0 ∈ Y

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e un valore regolare allora la fibra Xy0 = f−1(y0) `e una variet`a compatta, anzi siccome i valori regolari formano un aperto tutte le fibre Xy per y sufficiente- mente vicino ad y0 saranno variet`a compatte. Mostreremo ora che tali variet`a sono tutte diffeomorfe ad Xy0.

Teorema 21 Sia f : X → Y una applicazione differenziabile propria e sia y0 ∈ Y un suo valore regolare. Esiste un intorno aperto U di y0 in Y ed un diffeomorfismo h : f−1(U ) → U × Xy0 tale che su f−1(U ) si abbia p ◦ h = f essendo p : U × Xy0→ U la proiezione canonica.

In altri termini l’applicazione f : f−1(U ) → U `e diffeomorfa alla proiezione p : U × Xy0 → U

Dim. Si pu`o supporre Y = Rp e X ⊂ RN. Fissiamo un intorno tubolare r : D(X0) → X0di X0 in RN e sia U ⊂ Rp un intorno aperto dell’origine tale che f−1(U ) ⊂ D(X0). Definiamo h : f−1(U ) → X0×U come l’applicazione che applica x in (r(x), f (x)). Per costruzione f = p ◦ h. Resta da mostrare che se U `e sufficientemente piccolo, h `e un diffeomorfismo. Ci`o segue dalle asserzioni seguenti:

a. h induce un diffeomorfismo tra X0e X0× {0}

b. h `e localmente invertibile nei punti x ∈ X0; baster`a dimostrare che in tali punti il suo differenziale `e surgettivo, perch´e dominio e codominio hanno la stessa dimensione.

Ed infatti in h(x) = (x, 0), lo spazio tangente ad X0× {0} `e nell’immagine per quanto detto in a. Considerando ora la proiezione di X0× U → U , l’immagine del differenziale di h contiene il nucleo del differenziale di p e viene applicato surgettivamente sullo spazio tangente in 0 ad U (infatti p ◦ h = f e x `e un punto regolare per f ).

Possiamo quindi supporre, rimpicciolendo eventualmente U che h sia local- mente invertibile su tutto f−1(U ). Ragionando per assurdo come si `e fatto per l’iniettivit`a nel teorema dell’intorno tubolare, si ottiene che:

c. si pu`o supporre che h sia iniettiva.

Resta da mostrare che per U opportuno, h `e anche surgettiva. Si noti che h `e propria; infatti essa `e a valori in un prodotto ed una delle componenti (la f )

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e propria. Ne segue che Im(h) `e un chiuso; ma Im(h) `e anche aperto perch´e

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