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Esercizi di Analisi Matematica, Algebra e Geometria.

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(1)

Esercizi di preparazione alla PFB - Soluzioni

A.A. 2012-2013 — A cura di Sara Lamboglia, Gianluca Lauteri, Maria Chiara Timpone.

Esercizi di Analisi Matematica, Algebra e Geometria.

Parte 1: Analisi Matematica.

Soluzione Esercizio 1.1. Stabiliremo per quali x ∈ (0, +∞) la serie è convergente, al variare dei parametri α, β ∈ R. Consideriamo separatamente i seguenti sottocasi:

• Se α < −1 e β ≤ 0, allora la serie converge ∀x > 0. Infatti, in tal caso xnβ = exp nβlog(x) → 1 (poiché nβ → 0 e x 7→ ex è continua), e quindi esisterà un  ∈ (0, 1) tale che se n è sufficientemente grande

nαxnβ ≤ (1 + )nα∼ nα. Notare che l’argomento funziona senza bisogno di alcuna modifica anche se x = 1.

• Se α < −1 e β > 0, allora la serie converge per x ∈ (0, 1] e diverge per x > 1. Infatti, se x > 1, allora nαxnβ −−−−→

n→∞ +∞.

Se invece x ∈ (0, 1], allora xnβ → 0 per n → ∞ se x < 1 oppure xnβ ≡ 1, e quindi esisterà una costante C > 0 tale che per tutti gli n sufficientemente grandi

nαxnβ ≤ Cnα, Si ottiene dunque la convergenza della serie, poiché α < −1.

• Se α ≥ −1 e β ≤ 0, allora la serie diverge ∀x > 0. Infatti, se x > 0, poiché nβ → 0, si avrà xnβ → 1 e quindi se n è sufficientemente grande

nαxnβnα 2 Dunque la serie è divergente.

• Se α ≥ −1 e β > 0, allora la serie converge per x ∈ [0, 1) e diverge altrimenti. Infatti, se x ≥ 1 si ha nαxnβ ≥ nα.

Se invece x ∈ [0, 1), allora nαxnβ ≤ xnβ e, argomentando come nel punto (18) del precedente esercizio, si ottiene che la serie è convergente.

Soluzione Esercizio 1.2.

(1.2.1) La funzione integranda ha una singolarità nello 0. Dal criterio del confronto asintotico con la funzione√

x, otteniamo che

x→0lim

arctan x sin√

x + x3 · 1

x = lim

x→0

arctan x

xhsinx

x + x5/2i ·

x x = 1, e quindi l’integrale è convergente, poiché nell’origine la funzione integranda si comporta come√

x.

(1.2.2) Poniamo m :=a+b2 e δ := b−a2 . Si può spezzare l’integrale come Z b

a

dx

p(x − a)(b − x) = Z m

a

dx

p(x − a)(b − x)+ Z b

m

dx p(x − a)(b − x). Si ha

Z m a

dx

p(x − a)(b − x) = Z δ

0

dy y

2δ − y, dove abbiamo effettuato il cambio di variabile y = x − a. Poiché

lim

x→0+

y

y

2δ − y = 1

6= 0,

(2)

per il criterio del confronto asintotico

Z δ 0

dy y

2δ − y ∼ Z δ

0

dy y < ∞.

Analogamente, si dimostra che

Z b m

dx

p(x − a)(b − x) < ∞.

(1.2.3) Studiamo prima la convergenza in un intorno di 0: per confronto asintotico, Z 1

0

log(1 + x2) xa(1 + x3)dx ∼

Z 1 0

x2

xa(1 + x3)dx ∼ Z 1

0

1 xa−2dx.

Quindi, la funzione è integrabile in un intorno di 0 se e solo se a < 3. Consideriamo ora l’integrale tra 1 e ∞. Per il confronto asintotico, si ha

Z 1

log 1 + x2 xa(1 + x3)dx ∼

Z 1

log (x) x3+a dx,

che converge se e solo se a > −2. Quindi l’integrale proposto è convergente se e solo se x ∈ (−2, 3).

(1.2.4) Il problema della convergenza si ha solo all’infinito. Notiamo quindi che, per confronto asintotico, Z

1

(log(1 + x) − log(x))a

xb dx ∼

Z 1

dx xb+a, che converge se e solo se b + a > 1.

Soluzione Esercizio 1.3. (1.3.1) È facile verificare che h·, ·i sia effettivamente un prodotto scalare.

(1.3.2)

(a) Spezziamo l’integrale

Z 0

fα(t)dt = Z 1

0

fα(t)dt + Z

1

fα(t)dt, e discutiamo separatamente la convergenza di questi due integrali.

• 0 ≤ t < 1: abbiamo una singolarità nell’origine; ma, per il criterio del confronto asintotico Z 1

0

sin(t) tα dt ∼

Z 1 0

dt

tα−1 < ∞α ∈ (0, 2) . Dobbiamo quindi escludere dalla discussione il caso α ≥ 2.

• 1 ≤ t < ∞: integrando per parti, abbiamo Z

1

sin(t)

tα dt = −cos(t) tα

1

− α Z

1

cos(t)

tα+1 dt = cos(1) − α Z

1

cos(t) t1+α dt,

ma Z

1

cos(t) t1+α

dt ≤ Z

1

dt

t1+α < ∞α > 0.

Cioè, fαR (1, ∞) ∀α > 0.

Quindi, fαR (0, ∞) ⇔ α ∈ (0, 2). Cerchiamo ora gli α > 0 per i quali fα∈ V : sempre per confronto asintotico Z 1

0

sin2(t) t dt ∼

Z 1 0

dt

t2(α−1)dt < ∞α < 3 2. Dobbiamo quindi escludere gli α ≥ 32. Abbiamo

Z 1

sin2(t) t dt ≤

Z 1

dt

t < ∞α > 1 2, se invece 0 < α ≤ 12 abbiamo, ∀n ∈ N+

Z 2(n+1)π 2nπ

sin2(t)

t dt ≥ 1

(2 (n + 1) π)

Z 2(n+1)π 2nπ

sin2(t)dt = π

(2 (n + 1) π)C (n + 1).

(3)

Quindi

Z

sin2(t) t dt =

X

n=1

Z 2(n+1)π 2nπ

sin2(t)

t dt ≥ CX

n≥1

1

(n + 1) = ∞ se α ∈

 0,1

2

 ,

i.e., fα∈ Vα ∈ 12,32, e per tali α è anche fα∈ V ∩R (0, ∞).

(b) gαR (0, ∞) ⇔ α ∈ (0, 1), mentre gα∈ V ⇔ α ∈ 0,12 (svolgimento omesso).

(c) Abbiamo che

Z 0

sin (eαx) dxy=e

αx

= 1

α Z

1

sin(y)

y dy < ∞ ∀α > 0, cioè hαR (0, ∞) ∀α > 0. Discutiamo ora l’appartenenza a V di hα:

Z 0

sin (eαx)2dyy=e

αx

= 1

α Z

1

sin2(y) y dy.

Ma

Z 2(n+1)π 2nπ

sin2(y)

y dy ≥ 1

2 (n + 1) π

Z 2(n+1)π 2nπ

sin2(y)dy = 1 2 (n + 1). Quindi

Z

sin2(y)

y dy =X

n≥1

Z 2(n+1)π 2nπ

sin2(y)

y dy ≥X

n≥1

1

2(n + 1) = ∞, i.e., hα∈ V/ ∀α > 0.

Soluzione Esercizio 1.4.

(1.4) Sia E ⊂ Rn× Rm. Si considerino le proiezioni

πx: Rn× Rm −→ Rn (x, y) 7→ x,

πy: Rn× Rm −→ Rm (x, y) 7→ y.

Si definiscano quindi gli insiemi di livello Ex:=

 y ∈ Rm

(x, y) ∈ E



Ey:=

 x ∈ Rn

(x, y) ∈ E

 .

Allora si hanno le formule di riduzione:

Z

E

f (x, y)dxdy = Z

πx(E)

Z

Ex

f (x, y)dy

 dx =

Z

πy(E)

Z

Ey

f (x, y)dy

! dx.

(1.4) Affettiamo l’insieme E prima rispetto alla coordinata xn (che, per definizione di E, varierà in [0, 1]), e poi rispetto alle restanti x1, · · · , xn−1, ottenendo così

|E|n= Z

E

dx = Z 1

0

Z

Exn

dx1· · · dxn−1

! dxn. Ora, dire che x ∈ E, equivale a dire che

x = λ (ξ, 0) + (1 − λ) (0, 1) per qualche λ ∈ [0, 1] , ξ ∈ B, e cioè













x1= λξ1, x2= λξ2, ...

xn−1= λξn−1, xn= 1 − λ.

Una volta fissata xn (i.e., una volta scelta la xn-sezione Exn), si ha λ = 1 − xn, che sostituita nelle altre variabili fornisce (x1, · · · , xn−1) = (1 − xn) ξ, ξ ∈ B.

(4)

In effetti, abbiamo il diffeomorfismo

ϕ : B −→ Exn

ξ 7→ (x1, · · · , xn−1) = (1 − xn) ξ.

Chiaramente, det (Jac (ϕ)) = (1 − xn)n−1poiché

(Jac (ϕ))ij= (1 − xn) δij. Quindi

Z

Exn

dx1· · · dxn−1= Z

B

(1 − xn)n−1dξ = (1 − xn)n−1|B|n−1, da cui segue

|E|n= Z

E

dx = |B|n−1 Z 1

0

(1 − xn)n−1dxn= 1

n|B|n−1. Soluzione Esercizio 1.5.

(1.5.1) Calcoliamo l’integrale in R2

I :=

Z

R2

e(x2+y2)dxdy.

Passando in coordinate polari, abbiamo

I = 2π Z

0

ρe−ρ2dρ = π.

Ma, dal Teorema di Fubini,

π = I =

Z

−∞

e−x2dx

 Z

−∞

e−y2dy



=



2.

Quindi (essendo e−x2 > 0. . . )



=π.

Da questo segue subito (da Fubini) che

Z

Rn

e−||x||2dx = πn2, ∀n ≥ 1.

(1.5.2)

(1.5.2.1) Integrando per parti, otteniamo Γ(x + 1) =

Z 0

txe−tdt = −txe−t

0

| {z }

=0

+x Z

0

tx−1e−tdt = xΓ(x).

(1.5.2.2) Segue immediatamente da (1.5.2.1).

(1.5.2.3)

Γ 1 2



= Z

0

e−t

tdts

2=t

= 2 Z

0

e−s2ds =π.

(1.5.2.4) Si verifica facilmente per induzione su n.

(1.5.3) Sia ωn:= Area Sn−1, dove Sn−1:=

 x ∈ Rn

|x| = 1



. Sia Srn−1:=

 x ∈ Rn

|x| = r



. Allora

πn2 =

Z

−∞

e−t2dt

n

= Z

Rn

e−|x|2dx(F)= Z

0

Z

Srn−1

e−|x|2dSdr = Z

0

e−r2Area

Sr(n−1)

dr = ωn

Z 0

rn−1e−r2dr(a)=

= ωn 2

Z 0

tn2−1e−tdtdef= ωn 2 Γn

2

,

(5)

dove nel passaggio (F) abbiamo utilizzato il Teorema di Fubini, e nel passaggio (a) abbiamo effettuato il cambio di variabili t = r2. Quindi,

ωn = n2 Γ n2 =

n2

(n2−1)! se n è pari,

2n+12 πn−12

(n−2)!! se n è dispari.

(1.5.4) Sia B(n)r (x) la palla in Rn di raggio r > 0 centrata in x ∈ Rn. Da Fubini, otteniamo Z

B1(n)(0)

dx = Z 1

0

dr Area

Sr(n−1)(0)

= ωn

Z 1 0

rn−1dr = ωn

n = n2 n2

(1.5.2.1)

= πn2 Γ n2 + 1 . Soluzione Esercizio 1.6.

(1.6.1) Utilizzeremo il criterio di Weierstraß, del quale ricordiamo l’enunciato:

'

&

$

% Teorema 1. Sia {fn}n∈N una successione di funzioni, fn : E ⊂ R → R. Supponiamo che esista una successione

{Mn}n∈N tale che

|fn(x)| ≤ Mn ∀x ∈ E, ∀n ∈ N, X

n≥1

Mn< ∞ (convergenza totale) .

Allora P

n≥1fn(·) converge uniformemente in E.

Poniamo dunque fn(t) := t2e−nt. Dallo studio di funzione, ci si rende conto subito che supt∈[0,∞)t2e−nt = n42e−2 =: Mn. Poiché P

n≥1Mn < ∞, dal test di Weierstraß otteniamo che la serie proposta converge uniformemente in [0, ∞). Inoltre, se t > 0, abbiamo (serie geometrica. . . )

1

1 − e−t =X

n≥0

e−tn .

(1.6.2) Abbiamo

Z 0

t2 et− 1dt =

Z 0

t2

et(1 − e−t)dt = Z

0

1 et

X

n≥0

t2e−ntdt = Z

0

X

n≥1

t2e−ntdt(U)=

(U)= X

n≥1

Z 0

t2e−ntdt = 2X

n≥1

1 n3,

dove nel passaggio (U) abbiamo sfruttato il fatto che la serie è uniformemente convergente per poter scambiare serie ed integrale.

Soluzione Esercizio 1.7. Dallo studio di funzione, si vede che le fnsono monotone crescenti in [0, 1], e quindi fn(x) ≤ fn(1) = 1+(n−1)1 2

per ogni x ∈ [0, 1]. PoichéP 1

(n−1)2 è convergente, la serie definente u converge uniformemente. Quindi Z 1

0

u(x)dx = Z 1

0

X

n≥1

fn(x)dx =X

n≥1

Z 1 0

fn(x)dx =X

n≥1

(arctan(1 − n) + arctan(n)) =

=X

n≥1

(arctan(n) − arctan(n − 1)) = π 2,

dove abbiamo sfruttato il fatto che arctan(·) è dispari e le proprietà delle serie telescopiche, i.e.

X

n≥1

(arctan(n) − arctan(n − 1))def= lim

N →∞

N

X

n=1

(arctan(n) − arctan(n − 1)) = lim

N →∞arctan(N ) = π 2. Soluzione Esercizio 1.8. Il sistema dinamico planare associato a ¨x + xn= 0 è

(x = y,˙

˙

y = −xn. Definiamo la funzione

W (x, y) := xn+1 n + 1+y2

2 .

(6)

W è una costante del moto Hamiltoniana: infatti,

∂W

∂y = y = ˙x,∂W

∂x = −xn = ˙y.

Le traiettorie saranno allora tangenti alle curve di livello

ΓE :=(x, y) ∈ R2 : W (x, y) = E . (1.1)

Poiché W ≥ 0, anche E ≥ 0. Ora,

W (x, y) = E ⇔ xn+1 n + 1+y2

2 = E ⇔ y = y±(x) := ± s

2



E − xn+1 n + 1

 .

Andiamo a studiare la curva

φ(x) := y+(x) = s

2



E − xn+1 n + 1

 . Poiché φ è una funzione pari, è sufficiente studiarla per x ≥ 0. Abbiamo

φ(x) = 0 ⇔ x = n+1p

(n + 1) E =: ζ(n, E).

Inoltre, limx→0φ(x) =2E e

φ0(x) = − xn r

2

E −xn+1n+1

≤ 0, ∀x ≥ 0.

quindi φ è decrescente sul primo quadrante e φ(x) = 0 ⇔ x = 0. Ne consegue che x = 0 è un massimo. Si vede dunque che ΓE è una curva chiusa.

Prima di concludere, un’osservazione: poichè φ(0) =

2E → +∞ per E → +∞, abbiamo che R2= [

E≥0

PE.

dove PE è la regione racchiusa dalla curva di livello ΓE.

Passiamo ora allo studio di ¨x + α ˙x + xn = 0, il cui sistema planare associato è (x = y,˙

˙

y = −αy − xn. (h)

La funzione W definita in precedenza è una funzione di Ljapunov per (h): infatti valgono (L1) W (x, y) > 0, ∀ (x, y) ∈ R2\ {(0, 0)} e W (0, 0) = 0

(L2)

W (x, y) =˙ ∂W

∂xx +˙ ∂W

∂y y = x˙ ny + y (−αy − xn) = −αy2≤ 0, ∀ (x, y) ∈ R2

Quindi (0, 0) è un punto di equilibrio stabile. Per provare che (0, 0) è asintoticamente stabile, proviamo che valgono le ipotesi del teorema di Barbašin-Krasovskij sul compatto PE, dove PE è la chiusura della regione delimitata dalla curva ΓE definita nella (1.1):

(BK1) (0, 0) ∈ PE è ovvio per costruzione.

(BK2) PE è positivamente invariante: è sufficiente provare che il campo vettoriale ( ˙x, ˙y) è sempre diretto verso l’interno su ∂PE. Scrivendo

( ˙x, ˙y) = (y, −xn)

| {z } tangente

+ (0, −αy)

| {z } verso interno

,

vediamo che vale (BK2).

(BK3) Non esistono in PE\ {(0, 0)} traiettorie costituite da soli punti ξ tali che ˙W (ξ) = 0: infatti, ˙W (x, y) = −αy2 = 0 ⇔ y ≡ 0 sulla traiettoria, i.e. una traiettoria siffatta deve essere della forma (ψ(t), 0). Ma 0 ≡ ˙y = −αy − xn= −ψn(t) ⇒ ψ(t) ≡ 0, cioè la traiettoria è {(0, 0)}.

(7)

Quindi {(0, 0)} è asintoticamente stabile e data l’arbitrarietà di E > 0, il suo bacino d’attrazione è tutto R2, i.e. tutto il piano posizione-velocità (x, ˙x).

Soluzione Esercizio 1.9.

(1.9.1)

H = h∇H(x, y), ( ˙˙ x, ˙y)i = x(1 − y) +

 1 −1

y

 xy = 0.

(1.9.2) È sufficiente notare che il campo vettoriale1 − y xy



è diretto verso D su ∂D (infatti, se y = 0, tale campo vettoriale diviene

1 0

 ).

(1.9.3) L’unico punto di equilibrio è p := (1, 0), che è stabile (ovviamente, non può essere asintoticamente stabile, data l’esistenza di un integrale primo del moto): infatti, V (x, y) := H(x, y) − 1 è una funzione di Lyapunov, i.e. V (1, 0) = 0 e ˙V ≤ 0.

(1.9.4) Le traiettorie saranno tangenti alle curve di livello della costante del moto (che non è una costante del moto Hamiltoniana!), che sono date dagli insiemi

ΓE:= H−1(E) =



(x, y) ∈ R2

H(x, y) = E

 ,

al variare del parametro E (l’energia) in un opportuno range, da determinare. Cerchiamo ora di comprendere come sono fatte le curve ΓE:

E = x2

2 + y − log(y)x = ±p

2 (E + log(y) − y) ≡ ±fE(y), dove

fE(y) :=p

2 (E − g(y)), g(y) := y − log(y) (g : {y > 0} → R) . Per avere che fE sia ben definita, si deve richiedere almeno

E ≥ min

y>0g(y) = 1.

Ciò si vede subito dallo studio della funzione g (infatti, limy↓0g(y) = +∞ = limy→∞e g0(y) = 1−y−1). Chiaramente, Γ1= {p}.

Consideriamo allora E > 1. La funzione fE sarà definita su tutti gli y > 0 per i quali E ≥ g(y), i.e. per y ∈ g−1(1, E). Dallo studio di g, si deduce immediatamente che g−1(E) = (y(E), y+(E)), con 0 < y(E) < 1 < y+(E) (cfr. Figura1), soddisfacenti

lim

E→∞y(E) = 0, lim

E→∞y+(E) = ∞, y(1) = y+(1) = 1.

Quindi, il dominio di fE è IE:= [y(E), y+(E)]. Poiché

y g(y)

g(y) = E

y(E) y+(E)

Figura 1: Grafico di g.

ΓE=



(y, fE(y))

y ∈ IE





(y, −fE(y))

y ∈ IE



(8)

possiamo (per simmetria) limitarci a studiare la funzione fE, e ricavare da questa il grafico di −fE. Per costruzione, fE(y±(E)) = 0,

e

fE0 (y) = − g0(y)

p2 (E − g(y)) = y−1− 1 p2 (E − g(y)).

Quindi, l’unico punto critico è in y = 1, che risulta essere un massimo, e vale fE(1) =p2(E − 1). Ne segue che ogni curva di livello è una curva chiusa, e in particolare che tutte le soluzioni sono definite per tutti i tempi e periodiche. In Figura2 sono riportate le curve di livello di H.

4.44.243.8 3.844.24.4

3.8 3.8

3.6 3.6

3.6 3.6

3.4 3.4

3.4 3.4

3.2 3.2

3.2

3.2 3

3 3

3

2.8

2.8 2.8

2.8

2.6

2.6

2.6 2.6

2.6

2.6 2.4

2.4

2.4 2.4

2.4 2.4 2.2

2.2

2.2 2.2

2.2 2.2 2

2

2 2

2 2

1.8

1.8

1.8

1.8 1.8 1.8

1.6

1.6

1.6

1.6

1.6

1.4

1.4

1.4 1.4

1.2

1.2 1.2

−2 −1 0 1 2

0.5 1 1.5 2 2.5 3

Figura 2: Curve di livello di H.

Soluzione Esercizio 1.10. Poniamo κ := max {−a, b}. Allora, prese f, g ∈ X e t ∈ I, abbiamo

|(T f )(t) − (T g)(t)| =

Z t 0

((T f )(τ ) − (T g)(τ ) + |f (τ )| − |g(τ )|) dτ

≤ κ (||T f − T g|| + ||f − g||)

Passando al supremum su t ∈ I e, se 0 < κ < 1, abbiamo

||T f − T g|| ≤ κ

1 − κ||f − g|| ,

e 1−κκ < 1 se κ < 12. In conclusione, se max {−a, b} < 12, allora T è una contrazione. Sia allora κ < 12, e cerchiamo l’unico punto fisso di f in X, cioè l’unica f ∈ X tale che T f = f , i.e.

( ˙f = f + |f | + 1, f (0) = 0.

Se f ≥ 0, la soluzione sarà f1(t) = e2t2−1, mentre se f ≤ 0 sarà f2(t) = t. Il punto fisso sarà quindi dato da

f (t) :=

(e2t−1

2 se t ≥ 0, t se t ≤ 0.

Soluzione Esercizio 1.11. Adotteremo le notazioni utilizzate in Lezioni di Analisi Matematica 2, di Luigi Chierchia.

(9)

'

&

$

% Teorema 2. Sia F : (y, x) ∈ Rn+m7→ F (y, x) ∈ Rn una funzione continua insieme alla sua matrice jacobiana ∂F∂y in un intorno

di (y0, x0). Assumiamo che

F (y0, x0) = 0, det ∂F

∂y (y0, x0)

 6= 0.

Allora esiste una ed una sola funzione g continua in un intorno di x0, che soddisfi g(x0) = y0, F (g(x), x) ≡ 0,

per ogni x in tale intorno. Inoltre, se F ∈Ck in un opportuno intorno di (y0, x0), allora g ∈Ck in un opportuno intorno di x0 e

∂g

∂xj

(x) = − ∂F

∂y (g(x), x)

−1

∂F

∂xj

(g(x), x) . Poniamo x0:= (1, 1). Se (x, y) = x0 nel sistema, avremo

(u = 3v, v2= 1, che ha come soluzioni y(±)0 :=:

u(±)0 , v(±)0 

:= (±3, ±1). Poniamo allora y := (u, v), x := (x, y) e

F (y, x) :=xyu − 4yu + 9xv 2xy − 3y2+ v2

 .

Si verifica subito che F (y(±)0 , x0) = 0 e che det ∂F

∂y(y(±)0 , x0)



= detxy − 4y 9x

0 2v



(u,v,x,y)= y(±)0 ,x0

= ∓6 6= 0.

Sono quindi soddisfatte le ipotesi del Teorema delle Funzioni Implicite, e quindi esisteranno due funzioni g±= (u±, v±) : U±3 x0→ R2 tali che

g±(x0) = y(±)0 , F (g±(x) , x) ≡ 0 ∀x ∈ U±. Poiché

∂F

∂y(g±(x), x) =y(x − 4) 9x 0 2v±(x)



 ∂F

∂y(g±(x), x)

−1

= 1

2y(x − 4)v±(x)

2v±(x) −9x 0 y(x − 4)



Quindi, si può verificare con un facile conto che

∂g±

∂x (x, y) = − 1 2y(x − 4)v±(x)

2u±vpm+ 9 v±2 − xy

2u±v±(x − 4) − 18x (x − 3y) 2y2(x − 4) 2y(x − 4)(x − 3y)

 , dove per brevità abbiamo scritto u±, v± al posto di u±(x) e v±(x).

Soluzione Esercizio 1.12. Cominciamo con l’enunciare (e dimostrare. . . ) un teorema di passaggio al limite sotto segno d’integrale nella teoria dell’integrazione di Riemann:

'

&

$

% Teorema 3. Sia E ⊂ Rn tale che |E| < ∞, dove |E| :=R

Edx, e sia {fn}n∈N una successione di funzioni fn : E → R tale che

||fn− f ||∞,E→ 0 (cioè convergente verso f uniformemente). Allora

n→∞lim Z

E

fn(x)dx = Z

E

f (x)dx.

Dimostrazione.

Z

E

fn(x)dx − Z

E

f (x)dx

≤ Z

E

|fn(x) − f (x)| dx ≤ ||fn− f ||∞,E|E| → 0.

Ora, la serieP

n≥0 (2n−1)!!

(2n!!) x2n converge uniformemente in [−δ, δ] per ogni 0 < δ < 1. Infatti X

n≥1

(2n − 1)!!

(2n)!!

| {z }

≤1

sup

x∈[−δ,δ]

x2n≤X

n≥1

δ2n

< ∞.

(10)

Si conclude quindi per il criterio di Weierstraß (cfr. Esercizio1.6). Quindi, preso x ∈ (−1, 1), abbiamo arcsin(x) =

Z x 0

√ 1

1 − x2dx = Z x

0

X

n≥0

(2n − 1)!!

(2n)!! x2ndx =X

n≥0

(2n − 1)!!

(2n)!!

Z x 0

t2ndt =

=X

n≥0

(2n − 1)!!

(2n)!!

x2n+1 2n + 1. Soluzione Esercizio 1.13. (1.13.1) Ovvio.

(1.13.2) Già fornita nell’esercizio1.11.

(1.13.3) Poniamo F (x, y) := x4+ y4+ x2− y2. F (0, 1) = 0, come già visto nel punto (1.11.1), e Fy(0, 1) = 2 6= 0. Si può quindi applicare il Teorema delle Funzioni Implicite, che garantisce l’esistenza di un’unica funzione y : U → R di classe C1 (poiché F èC1) definita in un intorno U di 0 e tale che y(0) = 1 e F (x, y(x)) ≡ 0 ∀x ∈ U . Poi

y0(x) = −

∂F

∂x(x, y(x))

∂F

∂y(x, y(x)) = − x(2x2+ 1) y(x) (y2(x) − 1). (1.13.4) Ricordiamo l’enunciato del Teorema dei Moltiplicatori di Lagrange, per funzioni Rn→ R:







 Teorema 4. Siano φ ∈C1(Rn, R), E0:= φ−1(0), e sia f ∈C1(E0, R).

∃x0∈ E0, λ0∈ R | ∇f(x0) = λ0∇φ(x0) ⇔ (x0, λ0) è un punto critico per L : (x, λ) ∈ Rn× R 7→ f(x) − λφ(x).

(1.13.5) Mettiamo a sistema la ∇L(x, λ) = 0 con la condizione di vincolo F (x, y) = 0:





















































0 = 2λx(2x2+ 1) ⇒ x = 0 oppure λ = 0

,

1 = 2λy(2y2− 1) ⇒ λ 6= 0



,

x4+ y4+ x2− y2= 0

,



==================⇒ y2(y2− 1) = 0 ⇔ y ∈ {−1, 0, 1} .

Chiaramente, y = 0 è incompatibile con la



, mentre y ∈ {±1} è lecito per opportune scelte di λ. Quindi il massimo di f su A è da ricercare nell’insieme {(0, ±1)}. Essendo f (0, ±1) = ±1, maxAf = 1.

Soluzione Esercizio 1.14.

(1.14.1) Non è difficile convincersi che #A ∩ [0, 10n) = 9n− 1, quindi # A ∩ [10n−1, 10n) = 8 · 9n−1. Allora X

a∈A

1 a =X

n≥1

X

a∈A∩[10n−1,10n)

1 a ≤X

n≥1

1

10n−1#(A ∩ [10n−1, 10n)) ≤ 8X

n≥1

 9 10

n−1

= 80 < +∞.

Si può adottare, ad esempio, il seguento argomento combinatorio: se a =PN

i=0ai10i, vi sono 9 = #([0, 9] ∩ N) possibili scelte per ogni ai, e quindi a può essere scelto in 9n− 1 modi diversi (il −1 è per rimuovere lo 0, che è contato come una delle 9nscelte lecite).

(11)

(1.14.2)

(1.14.2.1) Altrimenti, avremmo 1+aan

n → 0, cioè an → 0. Quindi, esisterebbe un N ∈ N tale che an ≤ 1 per ogni n ≥ N . Quindi

an 1 + an

an 2 , che è una contraddizione.

(1.14.2.2) Senza perdita di generalità, an> 0 per ogni n. Allora 1+nan2a

nna2na

n =n12. Il criterio del confronto implica quindi la convergenza della serie.

(1.14.2.3) Se an=n1, alloraP

n≥1 an 1+nan =P

n≥1 1

2n = +∞. D’altra parte, si consideri la successione an:=

(1 se n ∈ A, 0 altrimenti,

dove A è l’insieme definito nel punto (1.12.1). Chiaramente,P an = +∞. Ma X

n≥1

an 1 + nan

= X

n∈A

1

1 + n<X

n∈A

1 n< ∞.

(1.14.2.4) Se an=n1, alloraP

n≥1 an

1+a2n =P

n≥1 n

n2+1 = +∞. Ora, se A è come prima, si consideri la successione an:=

(n se n ∈ A, 0 altrimenti.

È evidente cheP

n≥1an= +∞. Ma X

n≥1

an

1 + a2n =X

n∈A

n

1 + n2 ∼X

n∈A

1

n < +∞.

Soluzione Esercizio 1.15. Per assurdo, supponiamo che f non sia continua su X, i.e. che ∃x0 ∈ X tale che f (x) /→f (x0) x → x0. Per il Teorema Ponte, questo è equivalente a dire che ∃ {xn} ⊂ X tale che xn→ x ma f (xn) /→f (x0). Quindi ∃ {xnk} ⊂ {xn} ,  > 0 :

|f (xnk) − f (x0)| ≥  ∀k ∈ N. Consideriamo allora la successione {zk} ≡ {(xnk, f (xnk))} ⊂ G. Essendo G compatto, {zk} ammetterà una sottosuccessionen

(xnkj, f (xnkj))o

convergente verso un punto (x, y) ∈ G. Per definizione di G, si dovrà necessariamente avere y = f (x). Poiché xnkj → x0, allora x = x0, e quindi f (xnkj) → f (x0), assurdo poiché

f (xnkj) − f (x0)

≥  ∀j.

Soluzione Esercizio 1.16.

(1.16.1) Se θ ∈ Q, allora an è definitivamente nulla. In particolare, limn→∞an = 0. Sia ora θ ∈ R \ Q. Proviamo che il limite è ancora 0. Abbiamo

|an| =

n

Y

j=1

|sin(jπθ)| = exp

n

X

j=1

log (|sin(jπθ)|)

.

Notiamo per prima cosa che tale scrittura ha senso: infatti, dal momento che θ è irrazionale, |sin(jπθ)| è sempre strettamente positivo (convincersene). Assumendo quanto suggerito(1), esisterà una successione {jk} ⊂ N tale che {jkθ} → 0 per k → ∞.

Poiché dalle formule di addizione si ha

|sin (jπθ)| = |sin (π ([jθ] + {jθ}))| = |sin (π {jθ})| , otteniamo in particolare che, se A :=

 jk

k ∈ N

 ,

n

X

j=1

log (|sin(jπθ)|) = X

j∈[1,n]∩A

log (|sin(jπθ)|) + X

j∈[1,n]∩{A

log (|sin(jπθ)|)

| {z }

≤0

≤ X

j∈[1,n]∩A

log (|sin(jπθ)|)

| {z }

→−∞

.

(1) Per comodità, proponiamo una bozza di dimostrazione del suggerimento che fa uso della teoria delle frazioni continue, invece che del princiopio della piccionaia (sarà compito degli studenti più motivati aggiungere tutti i dettagli). È ben noto (cfr. An introduction to the theory of numbers, di Hardy e Wright) che se x ∈ R \ Q, allora esiste una successionepn

qn

⊂ Q “ottimale” (in un senso che non staremo qui a precisare), qn∈ N strettamente crescente, tale che

pn

qn → x. Si può dimostrare che tale successione ottimale soddisferà l’uguaglianza qnx = pn+ (−1)n δqn

n, con δn∈ (0, 1). In particolare, q2nx = p2n+δq2n

2n. Quindi, poiché p2n∈ Z, si ha {q2nx} = δq2n

2n→ 0. Si può scegliere allora jk:= q2k.

(12)

Cioè

X

j≥1

log (|sin(jπθ)|) = −∞.

Quindi, passando al limite, si ha

0 ≤ |an| = exp

n

X

j=1

log (|sin(jπθ)|)

≤ exp

 X

j∈[1,n]∩A

log (|sin(jπθ)|)

−−−−→

n→∞ 0.

Abbiamo quindi provato che an → 0 ∀θ ∈ R.

(1.16.2) Notiamo che

2πn!e = 2πn!

n

X

j=0

1

j!+ X

j≥n+1

1 j!

= 2π

n

X

j=0

n!

j!

| {z }

∈N

+2π X

j≥n+1

n!

j!.

Possiamo stimare la seconda serie come X

j≥n+1

n!

j! = n!

(n + 1)! + n!

(n + 2)!+ · · · = 1

n + 1+ 1

(n + 1) (n + 2)+ 1

(n + 1) (n + 2) (n + 3)+ · · · ≤

≤ 1

n + 1+ X

j≥n+2

1

j2 −−−−−→

n→+∞ 0, poichéP

j≥n+2 1

j2 è la coda di una serie convergente e tende quindi a zero per n → +∞. Quindi

sin (2πn!e) = sin

2π

n

X

j=0

n!

j! + X

j≥n+1

n!

j!

=

= sin

2π

n

X

j=0

n!

j!

| {z }

≡0, ∀n∈N

cos

2π X

j≥n+1

n!

j!

+ sin

2π X

j≥n+1

n!

j!

cos

2π

n

X

j=0

n!

j!

| {z }

≡1, ∀n∈N

=

= sin

2π X

j≥n+1

n!

j!

−−−−−→

n→+∞ 0.

Cioè, limn→∞sin (2πn!e) = 0(2).

Soluzione Esercizio 1.17. Assumiamo per assurdo che ∃x0 ∈ B1(0)c : f (x0) 6= 0. Poichè f è continua, esisterà allora tutto un intorno I (x0) ⊂ B1(0)c nel quale f è non nulla. In particolare, esiste una palla chiusa B 3 x0 nella quale f non si annulla mai.

Poniamo m := min|x| : x ∈ B > 1, mf := min|f (x)| : x ∈ B si avrà allora Z

R

|x|n|f (x)| dx = Z

B1(0)

|x|n|f (x)| dx + Z

B1(0)c

|x|n|f (x)| dx ≤ 1 ∀n ∈ N.

Ma Z

B1(0)c

|x|n|f (x)| dx ≥ Z

B

|x|n|f (x)| dx ≥ mf

Z

B

|x|ndx ≥ mf· mn· Z

B

dx = mf· mn· |B| −−−−−→

n→+∞ +∞, che è palesemente assurdo (come al solito, |A| indica la misura di Peano-Jordan dell’insieme A).

Soluzione Esercizio 1.18.

(1.18.1) Diremo che A ⊂ C è chiuso se ∀ {fn}n∈N⊂ A t.c. ||fn− f || → 0, allora f ∈ A.

(1.18.2) Diremo che A ⊂ C è convesso se ∀f, g ∈ A, ∀t ∈ [0, 1], allora (1 − t)f + tg ∈ A.

(2)Provate a valutare tale limite con un programma come Mathematica R di Wolfram. Perché tale calcolo fallisce?

(13)

(1.18.3) Proviamo che M è chiuso: sia {fn} ⊂ M tale che ||fn− f || → 0, cioè ∀ε > 0, ∃N : ||fn− f || < ε ∀n ≥ N , i.e.

supx∈[0,1]|fn(x) − f (x)| ≤ ε, e quindi |fn(x) − f (x)| ≤ ε ∀x ∈ [0, 1], e quindi

−ε + fn(x) < f (x) < ε + fn(x) Abbiamo quindi

1 ≤ Z 12

0

f (x)dx − Z 1

1 2

f (x)dx ≤ 1, cioè T f = 1, i.e. f ∈ M .

Proviamo ora che M è convesso: siano f, g ∈ M , e sia t ∈ [0, 1]. Allora Z 12

0

(tf (x) + (1 − t)g(x)) dx − Z 1

1 2

(tf (x) + (1 − t)g(x)) dx = t Z 12

0

f (x)dx − Z 1

1 2

f (x)dx

! +

+ Z 12

0

g(x)dx − Z 1

1 2

g(x)dx−

− t Z 12

0

g(x)dx − Z 1

1 2

g(x)dx

!

=

= t + 1 − t = 1, i.e. tf + (1 − t)g ∈ M ∀t ∈ [0, 1], e quindi M è convesso.

(1.18.4) Se ||f || ≤ 1, allora |f (x)| ≤ 1 ∀x ∈ [0, 1]. Quindi T f ≤

Z 1 0

|f (x)| dx < 1.

Infatti, se f /≡1, −1, allora |f (x)| < 1 ∀x ∈ (x0− r, x0+ r), per qualche x0∈ [0, 1] e r ∈ (0, 1) tali che (x0− r, x0+ r) ⊂ [0, 1]

e quindi

Z 1 0

|f (x)| dx = Z x0−r

0

|f (x)| dx

| {z }

≤x0−r

+ Z x0+r

x0−r

|f (x)| dx

| {z }

<2r

+ Z 1

x0+r

|f (x)| dx

| {z }

≤1−x0−r

< x0− r + 2r + 1 − x0− r = 1.

I casi f ≡ 1, −1 sono da escludere poiché in tal caso f /∈ M . Si deve quindi necessariamente avere ||f || > 1 ∀f ∈ M . (1.18.5) È sufficiente considerare le funzioni (cfr. Figura3)

fε(x) :=









1 + ε se x ∈h

0,121+εε  (1 − 2x)(1+ε) 2 se x ∈h

1

21+εε ,12+1+εε i

−(1 + ε) se x ∈

1

2+1+εε , 1i . Si verifica infatti immediatamente che ||f|| = 1 + ε e che T f = 1.

(1.18.6) Per assurdo, sia f0∈ M tale che ||f0|| = inff ∈M||f ||. Per il punto (iv) si ha ||f0|| > 1, i.e. ||f0|| = 1 +  per qualche  > 0.

Ma sappiamo dal punto (v) che ∃f1∈ M tale che ||f1|| = 1 +2 < ||f0||, assurdo.

Soluzione Esercizio 1.19.

(1.19)

Z 1 0

α(x)dx =X

n≥0

Z

α−1({n})

α(x)dx =X

n≥0

n meas α−1({n}) =X

n≥0

n meas



x ∈ [0, 1]

α(x) = n



.

(1.19) Notiamo che si ha

α(x) =X

n≥0

χα−1((n,∞))(x), poiché

X

n≥0

χα−1((n,∞))(x) =

α(x)−1

X

n=0

1 = α(x).

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