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Copyright 2020 Benedetto Pascale Tutti i diritti riservati. Codice ISBN:

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Academic year: 2022

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Benedetto Pascale

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Copyright © 2020 Benedetto Pascale Tutti i diritti riservati.

Codice ISBN: 9798560032821

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A mia madre, per la passione con cui ha sfogliato le pagine, capitolo dopo capitolo, offrendomi perplessità al pari delle lodi. Pregiandomi del suo interesse imparziale e spontaneo, florido di riflessioni autentiche che hanno dato fiducia a questo mio primo romanzo.

A Fr. Stefano Prina Op, perché la sua stima inestimabile mi ha donato la forza giusta per arrivare, determinato e convinto, al finale.

A Giulio, ad Eugenio, perché si sono prestati a leggere la bozza impreziosendo con il loro responso gli ultimi colpi di scrittura.

Alla grande famiglia dello Studio Filosofico Domenicano di Bologna, per avermi formato e cresciuto, per avermi impresso valori che custodirò in me per sempre.

A mio padre, per tutto.

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Zucchero. Bianco o di canna, va nel caffè. Come quello che bevo tutte le mattine per dimenticare il sapore morbido e caldo del mio letto, un luogo della mia casa nel quale adoro sdraiarmi per poi evaporare inevitabilmente nel sonno. Che cosa c’è di meglio?

Uccidere. Se Dio esiste, mi ha privilegiato con due talenti. Il primo è legato alla capacità di esprimere un concetto in parole efficaci. Il secondo è legato all’efficacia di rendere un uomo o una donna incapace di esprimere concetti. Togliendogli quanto di più prezioso ha al mondo. La vita. Ormai sono 37 anni che non bevo un caffè decente, che non m’immergo nell’acqua bollente di una dormita soddisfacente. Le pareti di questa stanza sono grigie come quello che si dice a proposito della famosa zona nella quale non si sa bene che cosa succede. Hai presente? Quando s’intende che c’è un’area né bianca né nera. Uno spazio ideale dove la certezza non trova rifugio, dove l’interpretazione regna sovrana. Credevo che la mia attività si svolgesse in quel contesto senza colore.

Eppure, mi hanno condannato a vita a bere una miscela di merda marrone che ricorda solo vagamente il risveglio mattutino.

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Me lo merito, non lo metto in dubbio. Le mie azioni erano contro la legge naturale, ma che importa, resterò fino al giorno della mia morte in questo cesso, che senso ha rinnegare la verità. Io sono un assassino, dentro. Lo sono stato fuori, ho eliminato 12 bersagli.

12 vite. Non sono cambiato, rimango della mia idea, anche se contro la natura umana. Io sono un assassino. Paradossalmente sono qui per l’unica vita che ho risparmiato, perché il percorso di un uomo che fa del male culmina nell’ironia della contraddizione.

Penso sia il caso che tu ti sieda e che ti metta comodo.

Ti racconterò una storia. Non giudicarmi, non credo di essere una persona malvagia, ma mi rendo conto che la società ritiene la mia vecchia professione spregevole, diabolica se vuoi, ma soprattutto illegale.

Inutile dirti come ho iniziato, sono sicuro che t’interessa, però, non te lo dirò. Partiremo dal tredicesimo bersaglio, quello che ho mancato, quello che non sono riuscito a colpire, quello che mi ha portato qui. Sono troppo rapido? Vuoi che rallenti?

Scrivo come un razzo io, sappilo. Le mie idee devono essere portate fuori dalla mia testa, se no faccio delle sciocchezze. Avrei potuto far fuori almeno 60 volte il nuovo detenuto. Dorme a bocca aperta, sarebbe facile soffocarlo con il lenzuolo. Un gioco da ragazzi.

Dopo tutto questo tempo si sono tutti convinti che non farei del male ad una mosca, per buona condotta forse.

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9 La cosa incredibile è che questi pazzi pensano che cerchi la redenzione. Che imbecilli. Ogni tanto mi si presenta in cella un nuovo compagno, io posso fargli da mentore vista la mia età. Le guardie mi rispettano, come tutti del resto. Credono che io sia la prova che un criminale può diventare una persona per bene.

Forse hanno ragione, ma le cose non cambiano.

Gli impulsi non si sedano con la prigione, ma direi che il punto è un altro. Una mente come la mia non può cambiare. Perché? Perché è l’opera di un artista.

Cambiarla sarebbe come prendere a martellate la pietà di Michelangelo. Torniamo a noi e alla storia che voglio raccontarti. Anzi no. Dai, fammi esitare ancora un po'. Mi piaceva il momento che precedeva il silenzio. Il tacito attimo in cui la vita si spegneva negli occhi della mia vittima. Era ciò che dava un significato alla mia esistenza e a quella di tutti gli altri.

Vedere la morte era dolce quanto un cucchiaio di zucchero viziato dall’amaro del caffè. Un sapore ambiguo, ma intensamente significativo del fatto che ogni nostro respiro è un dono del cielo. Io ero l’uomo che si interpone tra Dio e il suo creato. Sono il suo antagonista. Come ho letto da qualche parte, se non è vero quello che ci raccontano in chiesa, è sicuramente ben pensato. Lo lessi a proposito del cattolicesimo ed io, che sono stato cresciuto nella morale cattolica so molto bene quanto sia sbagliato ciò che ho fatto nella mia vita.

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Solo che rinnegarlo e definirlo errato mi sembra evidente, perché perdere tempo sull’evidenza quando sono i misteri a dare propulsione alla curiosità. Sai cosa è un mistero? Te lo dico io cosa è. È un’ombra.

Un’ombra di cosa? Ecco qua. Questa è la domanda cardine. Potrei dirti che la vita è un mistero. Vero. Ma per avere un mistero c’è bisogno di 2 elementi chiave.

Un soggetto e la luce.

L’ombra che si riflette sulla superfice è quello che cerchi. Indipendentemente dalla grandezza del soggetto, l’espansione dell’ombra è data dalla prospettiva. Non è chiaro? Avete mai visto un bambino baciato dal sole? Avete notato che ogni tanto ciò che questa giovane vita riflette sul terreno è più grande di lui? I misteri sono ciò che rendono la vita interessante. Dietro ad una cosa piccola può essere segregata una cosa immensamente più grande. Io sono un assassino. Tuttavia, non uccido qualcuno da 40 anni. Questo è un mistero. Tu pensi di essere abbastanza intelligente per controbattere eh? Se pensi di poterlo fare dovresti tornare alle elementari, sarebbe il luogo giusto per ritrovare dimestichezza con la perspicacia e con l’ apprensione dei significati.

La vita è piena zeppa di misteri, di segreti, di ombre.

Io ho vissuto nell’oscurità che circonda un criminale.

Il buio mi ha definito e penso mi definisca ancora, mentre la luce, beh, non posso che rispettarla come un nemico che abilmente mi ha sconfitto in battaglia.

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11 Forse è il caso di iniziare, non vorrei perdere la possibilità di stupirti ed emozionarti come successe a me molto tempo fa. L’unica ragione per cui voglio raccontarti questa storia è legata all’opportunità di poter riesumare le sensazioni che provai un tempo.

Ho provato tante volte, ma questa, me lo sento, è la volta buona. Devo scrivere per ricordare, forse la redenzione di cui parlano questi imbecilli passa da questo punto. Forse devo scrivere per pensare meglio, per mettere a tacere il disprezzo verso me stesso che ogni giorno mi tormenta e trovare finalmente pace.

L’indifferenza è una maschera. Nemmeno il più crudele degli assassini, a meno che non abbia il cervello in pappa, lo negherebbe. L’apatia è quanto noi nemici della vita ci iniettiamo per andare avanti.

Un veleno che ci fa dimenticare di essere degli uomini, di esperire delle emozioni. Comunque mi sono già riperso nelle mie parole, capita spesso sai?

Cominciamo.

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Il caffè. Mi ricordo bene come era buono quel giorno.

Ero solito fare colazione vicino alla fermata della metropolitana di Pimlico. In una piccola scatola verde nella quale un personaggio estremamente inglese rifocillava i tassisti. Già, proprio loro. Non ho mai capito a che ora aprisse, ma chiudeva alle 12 del mattino. Probabilmente iniziava a vendere i suoi panini con salsiccia, pancetta e uovo da molte ore.

Un’attività curiosa direi, i costi erano minimi. Il caffè costava 60 centesimi. Il sandwich nemmeno 2 sterline. Lo adoravo. Saporito e completo, lo mangiavo quasi tutti i giorni. Devo ammettere che la mia vita era molto noiosa quando non avevo sulla mia agenda un nome ed una data. Il mio lavoro di facciata era poco stimolante, ma necessario per molte ragioni.

Mi dava la possibilità di mantenere una posizione sociale certificata da uno stipendio, dai colleghi.

Inoltre, era di molto aiuto per tenere occupato il cervello, per distrarlo dalle sue fantasie che nella maggior parte dei casi, collimavano con degli intenti criminali. Ero un analista di meta data.

Passavo la giornata a leggere numeri ed etichette tutto il tempo, a commentare e raccogliere queste informazioni per poi consegnarle al supervisore.

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13 Non mancavo mai una scadenza, precedevo se riuscivo, così da potermi concentrare su altro, su qualcosa di più interessante.

Quella mattina era freddo, dicembre a Londra è un disastro, fidati. Presi il caffè nel luogo di cui ti ho parlato, e mi diressi verso la metro. Non c’è campo sottoterra, almeno il mio telefono non prende lì sotto, così non mi mettevo mai a guardare le mie email prima di entrare nel treno.

Non avrei potuto rispondere subito, una cosa maleducata, io sono fulmineo a rispondere. Feci un errore. Sbagliando tasto mi ritrovai sulla mia casella postale nel cellulare. Una notifica mi informava che era stata mandata una richiesta, ma non potevo accedere o sapere di che si trattava fino al termine del mio percorso. Un errore imperdonabile. Anche perché la richiesta di cui ti sto parlando era il primo di molti passi per commissionarmi un omicidio. Un errore imperdonabile, come detto. Sentivo che sarei morto prima io del bersaglio perché mi mancava il respiro, soffocavo nella curiosità. Volevo sapere tutto della vittima predestinata, volevo sapere se fosse un uomo o una donna, giovane o vecchio.

Volevo essere edotto su tutto. Avrei potuto uscire dalla metro prima, ma non potevo. Arrivavo sempre puntuale in ufficio, sempre. Pertanto, aspettai, soffrii come una cane e alla fine, dopo un’eternità, entrai nel sito e mi misi a leggere la richiesta.

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Non mi ricordo lo pseudonimo, ma rammento bene le sue prime parole. Mi chiedeva se fossi disponibile per un lavoro molto particolare rispetto ai precedenti.

Uccidere una donna sotto i 30 anni, che lavorava presso l’ospedale oculistico di Londra. La cosa che mi colpì fu che il mio cliente voleva garanzie sul fatto che non avrei fatto soffrire la vittima. Di 12 righe di testo, 6 erano a proposito di questo. Mi chiedeva come fosse possibile avere assicurazioni che la morte del bersaglio sarebbe stata istantanea, senza dolore. Non mi era mai capitato. L’identità del cliente era sempre un mistero. Sai quanto mi piacciono i misteri no? Ma perché insistere con questo tipo di clausola, in fondo il cliente voleva la fine per il nome che mi aveva comunicato. Lo trovai curioso, e, come sempre, risposi in fretta con le mie di clausole. Dovevo entrare in ufficio. Una volta tornato a casa, avrei potuto iniziare il mio nuovo rapporto lavorativo con entusiasmo e interesse avendo come interlocutore un personaggio malvagio, ma con un’etica, con una sua morale che, nonostante il suo desiderio oscuro, gli imponeva clemenza, pietà e probabilmente compassione. Una contraddizione che riempì la mia mente per tutto il giorno. Passarono anni luce fino al momento in cui lasciai la sede dell’azienda. Avevo due colleghi a fianco a me in metropolitana e i loro discorsi sul calcio mi intorpidirono il senso interno della memoria. Dimenticai per un po' di essere a pochi minuti dalla rivelazione.

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15 Nel secondo messaggio sarei stato informato dei primi dettagli della vittima. Una sensazione da gustare fino in fondo perché quel momento sarebbe stato l’inizio della fine per lei. Ero di fronte alla porta bianca del mio appartamento. La luce del lampione pochi metri a sinistra mi illuminava la mano mentre giravo la chiave nella serratura. Entrai. Mi sedetti sul divano con il mio laptop. Dopo qualche istante iniziai a leggere.

“Il bersaglio, come già anticipato nel precedente messaggio, si chiama Laura Covington. Lavora presso l’ospedale Moorfields Eye Private Hospital a Londra. Una bella donna, intelligente e solare. 28 anni. Prende la metro tutte le mattine e scende alla fermata di Old Street verso le 8 e 30. Ha un fidanzato che si occupa di finanza nella city. Non conosco il suo indirizzo di casa. Allego più fotografie come richiesto.”

Tutto qui? Pensavo di avere di fronte un profilo un po' più interessante. Il precedente bersaglio era proprio un colletto bianco della city.

Un tipo che aveva probabilmente fatto arrabbiare qualcuno con le sue speculazioni, o aveva fatto l’affare sbagliato. Dopo 6 mesi dalla commissione lessi sui giornali che si era suicidato lasciandosi travolgere da un treno poco dopo Canary Wharf.

Ovviamente non fu così perché fui io il responsabile di quell’ennesima tragedia mediatica.

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Il modo migliore per portare a termine un lavoro e poi poterne acquisire dei nuovi è fare in modo che i babbei di Scotland Yard abbiano facile la risposta al problema.

La mia più grande qualità risiede nel creare uno storico che giustifichi in modo chiaro e semplice il suicidio della mia vittima. 12 bersagli eliminati in 5 anni. 8 suicidi e 4 incidenti per i media. Dipende sempre dalla persona. Bisogna capire se ci sono i presupposti per cui un bersaglio si tolga la vita per costruire il progetto. Gli incidenti sono più facili da creare, ma più difficili da eseguire.

Mi ricordo molto bene della vittima numero 4.

Una guardia giurata che nel suo giro di pattuglia fu aggredita da un uomo, io, che gli sparò in testa sottraendo il contenuto del carico che trasportava.

Un manoscritto del sedicesimo secolo, pensa te.

Morire per un pezzo di carta. Fu classificato dalla polizia come un furto finito male e l’unico testimone oculare fu un clochard talmente ubriaco che se avessi sparato pure a lui non se ne sarebbe nemmeno accorto.

Fu tutto molto veloce, ma l’esecuzione di un omicidio di una persona armata, per quanto sia facile pianificarla, ha sempre dei rischi connessi. Se le cose fossero andate male, sarei morto anch’io per un pezzo di carta.

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17 Nonostante sia un appassionato di storia, avrei trovato ridicolo crepare per una pergamena.

All’epoca avrei voluto morire cercando di eseguire un assassinio più affascinante.

Quell’uomo, la guardia, non poté nemmeno estrarre la sua pistola. Ero stato troppo repentino e lui, viziato dal gusto di molti Fish & Chips era lento, con il respiro affannato di un fumatore, non avrebbe avuto modo di reagire. La moglie lo tradiva, lui lo sapeva.

Niente figli, qualche nipote qua e la, ma rapporti sociali limitati quasi allo zero. Un uomo solo, senza un quoziente intellettivo degno di nota e con un fisico tutt’altro che pronto a respingere un attacco improvviso. Un uomo che si era arreso alla vita dopo anni di delusioni sentimentali e lavorative. Non meritava di morire, come nessuno del resto, ma aveva pestato inconsapevolmente le scarpe al mio cliente, essendo l’unico al mondo ad aver visto con i suoi occhi la prova incriminante che avrebbe condannato il mandante del suo assassinio.

Bisognava farlo tacere a quanto pare. Lo feci io.

Un incidente casuale in una città in cui tutti i giorni sul giornale si leggono aggressioni, furti e ogni tanto omicidi. A nessuno importò di lui.

Nemmeno alla moglie che al suo funerale non si presentò nemmeno. Ci andai io (da tradizione andavo a tutte le celebrazioni funebri delle mie vittime).

Una manciata di persone e un sacerdote da quattro soldi diedero l’estremo saluto a George.

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Una sepoltura poco dignitosa per una persona poco dignitosa. La sua vita non aveva tanto valore dopo tutto, ma non spettava a me decidere quando interrompere il cammino di quella persona in questo mondo. Spettava e spetta sempre al cliente, forse il vero antagonista di Dio.

Come puoi aver capito parte del mio lavoro consiste nel conoscere a fondo il mio bersaglio.

Il paradosso è che la morte si prende un attimo del tempo, mentre la preparazione di un omicidio richiede molto più di un istante per ambire alla perfezione. Guadagnare l’affetto e la fiducia della vittima fa parte del mio lavoro. Per George non fu necessario, ma mi riconobbe quando lo assassinai, percepii paura, sorpresa e rassegnazione nel suo sguardo.

Lui nel mio vide adrenalina, eccitazione e uno sprazzo di malinconia. Sapevo che non lo avrebbe ricordato nessuno, i suoi occhi non trasparivano nulla di speciale. Cosa che non si può dire a proposito del bersaglio numero 13.

Laura.

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