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effettive funzioni di giudice di pace

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Academic year: 2022

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Riflessi dell’esito del tirocinio per l’effettivo esercizio delle funzioni di giudice di pace e questioni in ordine al termine fissato per la cessazione dell’attività lavorativa dipendente.

(Risposta a quesito del 23 gennaio 2002)

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 23 gennaio 2002:

- letta la nota con cui il dott..., giudice di pace nella sede di Milano, chiede chiarimenti in ordine al termine fissato per la cessazione dell’attività lavorativa dipendente nonché di conoscere se

l’effettivo esercizio delle funzioni di giudice di pace sarà condizionato all’esito del tirocinio;

osserva:

a) quanto al primo quesito:

-visto l’art. 23 l. 468/99, il quale stabilisce che nei confronti dei magistrati nominati in forza degli avvisi di copertura dei posti di cui all’elenco allegato al D.M. 3 dicembre 1998 “si applicano gli artt.4 e 5 della legge 21 novembre 1991, n.374, nel testo anteriormente vigente e, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art.4 bis della legge 21 novembre 1991, n.374, introdotto dall’art.2 della presente legge”;

- rilevato che l’art.5, comma 6, della legge 21 novembre 1991, n.374, nel testo anteriormente vigente alla legge n.468 del 1999, prevede che “in caso di nomina condizionata alla cessazione dell’attività, questa deve avvenire entro sessanta giorni dalla nomina”;

- considerato che, a differenza di quanto previsto dall’art.4 bis della legge n. 374 del 1991, introdotto dall’art.2 della legge n.468 del 1999 - il quale, nel disciplinare le future nomine dei giudici di pace, prevede che la nomina avrà luogo, previa formazione di una graduatoria, dopo lo svolgimento di un periodo di tirocinio -, nell’attuale fase transitoria la nomina dei giudici di pace si colloca prima dello svolgimento del tirocinio, con la conseguenza che l’attività lavorativa da costoro eventualmente espletata deve cessare entro sessanta giorni dalla conoscenza del relativo decreto ministeriale;

- rilevato che non appare persuasivo l’orientamento (prospettato dal Consiglio giudiziario presso la Corte d’appello di Milano nell’Adunanza del 9 luglio 2001), secondo cui il termine di sessanta giorni, di cui all’art.5, comma 6, della legge n. 374 del 1991, andrebbe letto in collegamento con la originaria disposizione di cui all’art.4, comma 5, l. cit., che fissava proprio in sessanta giorni il termine

intercorrente tra la nomina e l’assunzione del possesso dell’ufficio (in assenza della previsione di un periodo di tirocinio), sì che dovrebbe ritenersi che, in realtà, si sia inteso evitare il contemporaneo svolgimento delle effettive funzioni di giudice di pace e di altra attività lavorativa dipendente;

- considerato, invero, che il legislatore del 1999, nel richiamare espressamente l’art.5 della legge n.374 del 1991 nella sua originaria formulazione e nel ribadire quindi - come detto - che l’eventuale attività lavorativa riferibile al giudice di pace sarebbe dovuta cessare entro sessanta giorni dalla nomina, non ignorava affatto che, nell’attuale fase transitoria, alla nomina stessa sarebbe seguito un periodo di tirocinio di sei mesi questo essendo previsto dal 2E comma del richiamato art. 23 l. n.

468/99 e dall’immediata applicazione, in quanto compatibile, dell’art.4 bis, che disciplina appunto il tirocinio e che, del resto, anche alla stregua della normativa “a regime” (cfr. 5, comma 4, l.374/91, come modificato dall’art.3 l.468/99) può affermarsi che è la nomina a giudice di pace a risultare incompatibile con l’esercizio di un’attività lavorativa (mentre la circostanza che si consenta, nel futuro assetto ordinamentale, l’ espletamento di un’attività lavorativa nel corso del tirocinio trova una evidente giustificazione nella circostanza che gli ammessi al tirocinio coltivano una mera aspettativa alla nomina, per cui non si può ragionevolmente pretendere che essi, in una situazione di incertezza, rinuncino ad altre fonti di reddito);

b) quanto al secondo quesito:

- considerato che la legge 24 novembre 1999, n. 468, che ha modificato la legge 21 novembre 1991, n. 374 istitutiva del giudice di pace, ha dettato alcune disposizioni transitorie anche in tema di nomina (e conferma) del giudice di pace. L’art. 23 della indicata legge prevede che i giudici di pace, nominati in forza degli avvisi di copertura dei posti di cui all’elenco allegato al decreto del Ministro della Giustizia 3 dicembre 1998, “assumono possesso dell’ufficio nei trenta giorni successivi allo svolgimento di un periodo di tirocinio della durata di sei mesi”.

Il dato di diversità dalla disciplina ordinaria, che regola la procedura facendo del buon esito del

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tirocinio un presupposto della nomina, si coglie immediatamente: nella disciplina transitoria il tirocinio segue alla nomina ed è dunque svolto da soggetti già nominati all’incarico onorario e per i quali, pertanto, si è già accertato il possesso dei requisiti, anche di indipendenza e prestigio oltre che di esperienza giuridica e culturale, richiesti per la nomina.

La relazione del magistrato affidatario, al termine del sopraindicato periodo di tirocinio non è, pertanto, propedeutica ad un giudizio di idoneità, a sua volta presupposto della nomina, per l’ovvia ragione che il tirocinio è stato svolto da un magistrato, che ha avuto la nomina prima del tirocinio stesso.

Tanto non significa che la relazione non possa o non debba contenere valutazioni circa le qualità professionali del giudice di pace tirocinante e, più in generale, circa la sussistenza dei requisiti richiesti per la nomina stessa. Non sembra, infatti, funzionale all’efficienza dell’organizzazione giudiziaria che un tirocinio semestrale resti “muto” in ordine alla sussistenza o meno dei requisiti essenziali allo svolgimento delle funzioni giudiziarie onorarie.

La circolare consiliare del 19 luglio 2000 - P. 16167 del 24 luglio 2000 - si fa carico di assegnare allo svolgimento del tirocinio del giudice di pace già nominato, nel silenzio legislativo che certo non si traduce in un divieto, una funzione informativa a beneficio degli organi preposti alla valutazione della persistenza dei requisiti per lo svolgimento delle funzioni onorarie. Prevede la circolare che la

relazione del magistrato affidatario contenga la descrizione delle attività concretamente svolte, oltre ad una valutazione sulla qualità dell’impegno dei tirocinanti e sulle attitudini dimostrate, con puntuale riferimento alla preparazione culturale e giuridica, e che indichi infine i fatti e le circostanze da cui trarre un giudizio sul possesso delle doti di equilibrio, indipendenza e imparzialità.

Non è dubbio che la relazione del magistrato affidatario non contenga, se negativa, un giudizio definitivo di insussistenza, originaria o sopravvenuta, dei requisiti essenziali per la nomina e quindi per lo svolgimento delle funzioni giudiziarie onorarie: essa offre nulla più che delle indicazioni di fatti e circostanze, che devono essere verificati e valutati dagli organi preposti alla nomina ed all’adozione dell’eventuale provvedimento di decadenza. Stabilisce, a tal proposito, l’art. 9 l. n.

374/1991 (sia nel vecchio che nel nuovo testo risultante dalla sostituzione ad opera dell’art. 7 l. n.

468/99) che il giudice di pace decade dall’ufficio quando viene meno taluno dei requisiti necessari per essere ammesso alle funzioni: tra i requisiti, a cui si fa riferimento, rientra la capacità di assolvere degnamente, per indipendenza e prestigio (ed ora anche equilibrio) oltre che per esperienza

giuridica e culturale le funzioni di magistrato onorario.

Tutto ciò premesso d e l i b e r a di rispondere al dott... nei termini sopraindicati.

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