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GUIDA AL M NDO DEGLI ANIME (VOL.2)

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Academic year: 2022

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GUIDA AL MNDO DEGLI ANIME (VOL.2)

@Sterish Sharow

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INTRODUZIONE

Per scrivere i due volumi di “Guida al mondo degli anime” ho visionato circa una 50ina di anime, rivisto quasi tutti gli episodi, non volevo scrivere un libro sugli anime simile a quelli in circolazione negli ultimi decenni. Questo libro è qualcosa di speciale e vissuto. Chi scrive ha visto nascere il fenomeno a partire dagli anni 70, è cresciuto con i personaggi degli anime. Questo progetto è nato più di 10 anni fa, per arrivare a qualcosa di più concreto con la stesura di questo libro a cominciare dal 2015, per poi essere diffuso gratuitamente sul web nel 2019, dopo quasi 4 anni. Nel primo volume: la storia degli anime e manga; le origini degli anime; la storia di 15 anime tra i più famosi ed amati; come si crea un anime; i Fan Movie.

In questo secondo volume: la storia di 33 anime tra i più famosi e i meno conosciuti; la storia di alcuni generi di anime; i telefilm giapponesi; i giudizi obbiettivi su anime apprezzati e su quelli che mi hanno più deluso rivedendoli dopo anni. La maggior parte degli anime presenti nei due volumi hanno lasciato il segno in ognuno di noi e al contrario di quanto scrissero sui giornali circa 40 anni fa, sono costruttivi, ognuno di essi ha qualcosa da insegnare. Nel 1978 l’Italia non era ancora pronta agli anime (cartoni animati giapponesi) e manga (fumetti giapponesi), oggi, al contrario, fanno parte ormai della vita di tutti i giorni, come il sushi ed altri cibi etnici, per un mondo sempre più etnico e globalizzato.

Sterish Sharow

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IL PRIMO ANIME IN ITALIA E’ QUELLO DEI BARBAPAPA’

L’anime dei “Barbapapà” è del 1974, trasmesso in Italia il 13 gennaio 1976 da Rai 2. C’erano voci che volevano questa serie non un vero anime giapponese, perché è frutto di una coproduzione tra la Tv olandese Polyscope, la K & S, e lo studio giapponese Top Craft. In più i creatori dei Barbapapà sono la francese Annette Tison e suo marito americano Talus Taylor, autori e disegnatori del fumetto pubblicato in Francia nel 1970 e in Italia nel 1976, dalla Arnoldo Mondadori Editore. Tison e Taylor si rivolsero ai giapponesi, - tra i migliori nelle produzioni di cartoni animati- per ottenere una serie animata, nata in Giappone, disegnata dai giapponesi, fedeli ai personaggi originali. La regia è di Atsushi Takagi, Katsuhisa Yamada, Kouichi Sasaki, soggetto di Masaki Tsuji, Dir.

artistica Tadami Shimokawa, quindi … più giapponese di così?

È una bellissima serie, ecologica, con messaggi di rispetto naturalistico ed umanitario. Me li ricordo perfettamente i Barbapapà, ero un bambino a metà degli anni 70, amatissimi dal pubblico, ricordo come fosse ieri i libri illustrati a colori.

Sono in un certo senso i “genitori” dei Puffi, arrivati negli anni 80, e dei più recenti Teletubbies. Il nome “Barbapapà”

proviene dall’espressione francese “Barbe à papa”, che significa “barba di papà” che sarebbe lo zucchero filato. La mitica frase “resta di stucco … è un barba trucco” è entrata prepotentemente nella lingua italiana, come vero tormentone. I Barbapapà sono degli esseri di gomma coloratissimi che possono assumere diverse forme: Barabapapà è rosa, Barbamamma è nera, con dei fiori rossi in testa, i loro sette figli sono: Barbabella (viola), Barbaforte (rosso), Barbalalla (verde), Barbabarba (nero), Barbottina (arancione), Barbazoo (giallo) e Barbabravo (blu).

Generosi, con un grande cuore, costruiscono una casa che ospita tutti gli animali bisognosi. Ad un certo punto della serie lasceranno la terra inquinata per trasferirsi altrove, su un’ astronave, da li osserveranno la terra, in attesa di qualche positivo cambiamento. Rientreranno nel nostro pianeta con tutti gli animali –ricorda un po’ l’Arca di Noè- quando l’uomo imparerà finalmente a rispettare la natura, questo avviene alla fine della serie. Purtroppo si tratta di finzione, nella vita reale l’inquinamento è aumentato sulla terra, le cose non son migliorate come si sperava 40 anni fa, all’epoca dei Barbapapà.

All’inizio della serie Barbapapà è guardato con sospetto dagli uomini, il padre dei due ragazzini [Carlotta e Francesco] spedisce il povero Barbapapà allo zoo, che, grazie alle sue trasformazioni, riesce a scappare in cerca di altri Barbapapà. Incontrerà Barbamamma, con la quale metterà al mondo sette figli, e riuscirà ad ottenere la fiducia dagli uomini. Carlotta e Francesco saranno sempre grandi amici della famiglia dei Barbapapà. La serie è composta di 45 episodi, l’ultimo si intitola “Ritorno sulla terra”. Segue una seconda serie di 55 episodi. Nel 1999 è stata realizzata una nuova serie dai giapponesi, dal titolo “Barbapapà in giro per il mondo” di 50 episodi.

In origine gli unici doppiatori della prima serie erano Claudio Lippi e Orietta Berti, che diedero la voce a tutti i personaggi maschili e femminili. Qui riportiamo i nomi dei doppiatori per il nuovo doppiaggio del 2006:

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Luca Semeraro (Barbapapà), Maddalena Vadacca (Barbamamma), Tosawi Piovani (Carlotta), Irene Scalzo (Francesco).

Talus Taylor, co- creatore dei Barbapapà, è morto il 19 febbraio 2015.

VICKY E’ IL SECONDO ANIME IN ITALIA

Quando vidi “Vicky il vichingo” a metà degli anni 70 –ed ero ancora un bambino- pensavo fosse un cartone animato francese, o tedesco, lo associavo spesso ad “Asterix”, solo nel decennio scorso ho scoperto che è un anime giapponese, per giunta il secondo trasmesso in Italia, dopo “Barbapapà”, prima ancora di “Heidi”, nel lontano 1976. È ispirato ad una serie di libri dello scrittore svedese Runer Jonsson, pubblicati negli anni 60 per i più piccoli. Ecco, questo è uno dei rari casi in cui possiamo affermare tranquillamente che l’anime di cui stiamo parlando è per un pubblico di bambini –al contrario di “Atlas Ufo Robot”, “Lady Oscar”, “Lupin III” o “Capitan Harlock”-. La regia è di Hiroshi Saito, il character design è affidato a Shuichi Seki, ed è stato trasmesso in Giappone nel 1974.

Che dire di questo anime? Molto divertente. Cosa viene in mente pensando al personaggio? Si pensa subito ad un bambino vivace, intelligente, timido, che appena gli viene in mente un’idea geniale che salva gli adulti si strofina il naso con il dito. Vive tra gli adulti, vichinghi robusti, forti, rozzi, che vivono quasi tutti i mesi dell’anno sulla nave. Il loro capo è il papà di Vicky, si chiama Halvar, ed è geloso dell’intelligenza del figlio, non vuole fare brutta figura davanti alla ciurma, e quindi farsi superare dal figlio in fatto di intelligenza. La mamma Ylva invece sa apprezzare la qualità di Vicky, e lo difende. Alla fine il piccolo Vicky è la mente, la ciurma e il loro capo sono il braccio.

Nel primo episodio “Il piccolo uomo”, Vicky viene sfidato dal padre Halvar. Vince chi riesce a spostare per primo per 100 metri un mucchio di massi, vinceranno i muscoli di Halvar o il cervello di Vicky? La mamma è già convinta che vincerà Vicky. Infatti l’astuzia del bambino batterà la forza del padre. Tutti sono entusiasti di Vicky, compreso chi tifava per Halvar. Anche questo è un insegnamento. Come premio l’elmetto di vichingo, non solo, si imbarcherà con il padre, nonostante le preoccupazioni della madre. La piccolina Ilvi fa sempre il tifo per Vicky.

In Italia nel 1976 sono stati trasmessi 75 episodi dalla RAI, in realtà 78 sono gli episodi, trasmessi successivamente. All’inizio la voce di Vicky era di Rosalinda Galli, che preferisco, nonostante sia una donna, poiché rendeva Vicky più buffo, sostituita poi da Christian Fassetta, presente fino all’ultimo episodio –mi riferisco al 75° e non al 78°- , dal titolo “La cena a casa di Tjure”. Una cena che non ci sarà mai, poiché la moglie è una pazza furiosa che si rifiuta di cucinare. Maltratta il marito Tjure, lo picchia, sbattendolo fuori dalla porta di casa. Tjure voleva solo cenare a casa sua con i suoi amici: Halvar con il piccolo Vicky, il piccoletto di statura Snorre, il cantore Ulme, il

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grassone gigante buono Faxe e il vecchio saggio Urobe. Il buon Tjure è disperato, piange, Halvar gli fa preparare una modesta cena da Ylva, l’uomo mangia in lacrime. Urge un’idea, questa volta viene a Snorre, che vedendo la marionetta di Vicky suggerisce di costruire un mostro per spaventare la donna, la quale abbocca come un pesce. Abbraccia così il marito Tjure e gli chiede perdono. La coppia va finalmente d’amore e d’accordo, ma dura poco, visto che nel finale la donna insegue minacciosa il povero marito.

Nel 2013 è stata trasmessa una nuova serie australiana di Vicky, composta anche questa volta di 78 episodi, in 3D –come è successo per “L’Ape Maia” e “Heidi”- i personaggi sono simili all’anime giapponese. Personalmente non amo molto i remake, ancor meno in 3D. Nel 2009 è uscito nelle sale tedesche un Live action di Vicky, si tratta di un film con attori in carne ed ossa. Rimpiango l’anime del 1974, che piaceva anche agli adulti.

I doppiatori originali: Rosalinda Galli e Christian Fassetta (Vicky), Guido Celano e Aldo Barberito (Halvar), Alina Moradei (Ylva), Laura Boccanera e Francesca Guadagno (Ylvi), Sergio Graziani (Tjure), Pino Locchi (Snorre), Dario Penne (Faxe), Gino Pagnani (Ulme), Stefano Sibaldi (Urobe).

Il titolo in giapponese è “Chiisana Viking Vicke” in tedesco “Wickie und die starken Manner”.

L’arma del successo fu l’ironia e la semplicità dell’anime. Ci incuriosiva molto quel bambino timido e allo stesso tempo vivace che trovava improvvisamente idee per tirare fuori dai pasticci tutti i vichinghi, compreso suo padre Alvar –omone dal cuore tenero- semplicemente strofinando il naso e schioccando le dita –simile un po’ a Samantha del telefilm “Vita da strega”- . Il villaggio dove vive il piccolo è in Normandia ma assieme ai vichinghi viaggia su una nave enorme solcando i mari.

L’anime non è violento.

RYU, IL RAGAZZO DELLE CAVERNE E LE SUE CONTRADDIZIONI

Chi scrive non vedeva questo anime da anni, dal lontano 1979. È stato bello rivederlo, come allora, ci è rimasto impresso. Scopriamo che è tratto dal manga del 1969, di Shotaro Ishinomori, l’anime è stato realizzato nel 1971, regia di Takeshi Tamiya e Masayuki Akehi. Titolo “Ryu, il ragazzo delle caverne”. Nell’anime non sono state inserite scene fantascientifiche, fortunatamente presenti solo nel manga, sarebbe stato poco credibile. Già nell’anime sono presenti delle incongruenze, come i dinosauri che coesistono con i mammiferi, gli ominidi e gli Homo sapiens nella stessa epoca, ecc., figurarsi inserire anche la fantascienza nel “minestrone”. Va bene così, con tanto di contraddizioni, compreso Ryu che parla la lingua degli uomini nonostante sia stato allevato da un Homo Erectus o

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qualcosa di simile. In poche parole, nell’anime i dinosauri vivono con animali dei tempi nostri, che poi i dinosauri storicamente non vissero nello stesso periodo degli uomini. Gli uomini con i grandi scimmioni della preistoria … lascia perplessi! Anche qui ritroviamo la tesi infondata che vuole le grandi scimmie nostri antenati. Discorso a parte, Ryu emoziona. È emozionante vedere la madre scimmia Kitty che alleva Ryu come un figlio, e che sacrifica la vita per lui. Rivedendo Ryu ci si accorge quanto Go Nagai si fosse ispirato per certi personaggi da lui creati qualche anno dopo. Koji Kabuto è simile a Ryu, Jun del Grande Mazinga è molto simile alla ragazza di colore Ran, amica di Ryu. Ryu è completamente diverso dalla gente del suo popolo, lui ha la pelle bianca, e per loro, seguendo le tradizioni pagane, un bimbo dalla pelle chiara è portatore di sventura. La madre è costretta ad abbandonarlo, contro il suo volere, obbligata dal capo tribù. Ryu viene così allevato ancora in fasce dalla scimmia Kitty, che ha perso il suo cucciolo, e rivede in Ryu il suo piccolo. Il grande nemico è il tirannosauro con un occhio solo, che uccide Kitty e il resto della tribù, Ryu grida vendetta.

Dopodiché decide di cercare sua madre, in compagnia di Ran, che a sua volta cerca il fratello. Altra cosa curiosa nel primo episodio è quando fanno vedere Ryu appena nato, e subito dopo appare la scritta “circa 10 anni dopo” con Ryu quasi ventenne. Inoltre Ryu ricorda un po’ anche Tarzan nella giungla. In tutti gli episodi c’è la lotta per la sopravvivenza, per Ryu e Ran non sarà affatto facile, tra gente ostile che continua a perseguitare Ryu per via della pelle bianca, e il tirannosauro Tirano, che continuerà a distruggere qualsiasi cosa, dando spesso filo da torcere a Ryu. Il ragazzo alla fine della serie ucciderà Tirano, ormai rimasto cieco, in questo modo vendicherà la morte di Kitty.

Troverà la madre che resterà con Ryu, Ran e altri compagni di viaggio conosciuti durante la serie come Don, il fratellino di Ran e il cucciolo di dinosauro Prendidon.

I doppiatori: Massimo Rossi (Ryu), Emanuela Rossi (Ran), Fabio Boccanera (Dom), Renzo Stacchi (Taka), Andrea Lala (Tanga), Romano Malaspina (Miros).

LA SAGGIA PELINE

Quando penso agli anime classici e alla mia infanzia non posso non pensare a Peline. È un personaggio che mi è rimasto impresso nella mente, ricordo che seguivo tutti gli episodi in Tv e che Peline aveva un cane che le faceva compagnia. Ricordo che viaggiava con un asinello che trainava un carro, non posso dimenticare la drammaticità della storia. Peline aveva un nonno che ricorda un pò il nonno di Heidi. Non ricordavo altro purtroppo. “Peline Story” è stata trasmessa poche volte in Tv, sono passati troppi anni, non vedevo l’anime dal 1980 e rivedendolo mi sono tornate in mente certe scene che avevo rimosso. Mi sono tornati in mente personaggi antipatici come Tarel, con la voce di Gastone Pescucci che doppiò anche Gargamella nei “Puffi”, difficile da dimenticare e molti altri. Peline ha avuto diverse doppiatrice, non ricordavo fossero addirittura … quattro! La prima mi è rimasta impressa, è presente dall’episodio 1 fino al 9, la voce è di Rita Baldini che si alternava con la sorella Antonella, infatti nel primo episodio si sentono due voci diverse. Dall’episodio 10 al 40 c’è la voce di Roberta Paladini, dal 41 al 53 a doppiare c’è Laura Lenghi, la stessa dell’odiosa Iriza in “Candy Candy”.

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L’anime di 53 episodi è disegnato da Junichi Seki, la regia è di Hiroshi Saito, questo dall’episodio 2 al 29, dal 30 al 53 è di Shigeo Koshi. L’anime è del 1978, trasmesso in Italia nel 1980, ed ispirato al romanzo “In famiglia” di Hector Malot, al quale è rimasto piuttosto fedele, con qualche differenza.

La storia inizia con Peline e sua madre che decidono di lasciare la Bosnia per raggiungere la Francia, seguendo la richiesta di suo padre, morto solo 5 giorni prima, la sua preoccupazione era di lasciare la moglie e la figlia sole. Avrebbero dovuto raggiungere il nonno con le proprie forze. La madre di Peline all’inizio non vuole partire, non in quel momento a pochi giorni dalla morte del marito, ma Peline insiste, così decidono di non perdere tempo, di prendere il loro carro, trainato dall’asino Palikare, il cane Barone –assente nel romanzo-, e partire per la Francia, direzione Maroucourt. Il viaggio che le aspetta è lungo e pieno di imprevisti. La madre di Peline è anglo-indiana, il padre era francese, così Peline ha imparato a parlare diverse lingue, compreso l’inglese. Peline però non sa che il nonno era contrario al matrimonio dei genitori e che tuttora è ostile alla donna. Peline sembra più coraggiosa della madre, anche di fronte alla morte del padre e al lungo viaggio che l’aspetta. È una ragazza giudiziosa. Il padre faceva il fotografo ambulante e Peline pensa di sfruttare la sua macchina fotografica per guadagnarsi da vivere scattando foto.

Siamo alla fine del 1800. Non capisco perché hanno usato per le prime puntate due voci per Peline, la differenza fra loro è notevole e ridicolizza un pò l’anime. Nella maggior parte dei dialoghi Peline parla con la voce di Rita Baldini, la stessa di Mary del telefilm “La casa nella prateria” e qui ci sta bene, poi in certi punti all’improvviso parla con la voce di una bambina più piccola, la sorella Antonella. Durante il viaggio la madre di Peline si allena a scattare foto, Peline cerca di attirare le persone e convincerle di farsi fotografare, ma nessuno sembra interessato. A quei tempi la fotografia era poco conosciuta ed era abitudine farsi fotografare solo in occasioni speciali, come le feste. A Peline viene un’idea, convince la madre ad indossare il sari indiano, in questo modo le persone avrebbero accettato più volentieri di farsi fotografare. E così accade, un vero successo.

Dopo cinque mesi di viaggio Peline e la madre raggiungono finalmente Parigi, ma la salute della madre peggiora sempre più, debilitata dal viaggio. Nonostante Peline avesse venduto le cose più importanti per compare le medicine, come: il carro, l’asino Palikare, i pochi gioielli che possedevano e la macchina fotografica, la madre muore nel 21° episodio dal titolo “Le ultime parole”. Poco prima di morire la donna svela a Peline che il nonno e il padre non si scrivevano lettere da ben 15 anni, non avevano più alcun rapporto fra loro, e che il nonno era ostile a lei e alla figlia, perché contrario al matrimonio. In punta di morte la madre dice a Peline: “Per essere amata dovrai prima amare gli altri. Tu sarai felice nella tua vita e tutti ti vorranno bene. Tutti. Tu sarai felice Peline”. E muore. Non ricordavo che la madre sarebbe morta. Così Peline rimane sola con il cane Barone, orfana anche della madre, a soli 13 anni. Parte in treno verso Maroucourt.

Commovente quando Peline rincontra con l’aiuto del cane Barone, l’asinello che ha venduto, in quel momento Peline è debole di salute e viene portata subito in ospedale. Nel 27° episodio “Il volto gelido” Peline, che usa un altro nome, - da qui fingerà di chiamarsi Aulerie-, vede da vicino il nonno, che non si accorge di lei, e viene a sapere da Rosalie che è cieco.

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Peline si fa assumere con il nome di Aulerie nella fabbrica del nonno come operaia carrellista.

Successivamente diventa sua interprete e traduttrice sostituendo l’interprete gravemente malato. Il nonno ignaro sulla vera identità della ragazza, prende Aulerie (Peline) in simpatia, così la promuove come sua segretaria personale, invitandola a vivere nella sua villa, continuando a svolgere così il suo lavoro. Il nonno continua a fare ricerche per ritrovare il figlio, ignorando che fosse morte.

Peline dovrà tradurre tutte le lettere dall’inglese al francese, tenendo dentro il suo dolore e nascondendo la sua identità, sopportando le confidenze amare del nonno e le parole dure nei confronti di sua madre. Crede tutta la famiglia in India, con il figlio “prigioniero” della moglie, la quale gli impedirebbe di rivedere il padre, nonno di Peline. Naturalmente le cose non sono andate realmente così. Alla fine il nonno viene a sapere che suo figlio è morto in Bosnia, mentre tentava con la moglie e la figlia di raggiungere la Francia. Il vecchio cade nello sconforto, la presenza di Aulerie (Peline) lo aiuta molto e questo lo confida alla vecchia balia del figlio, che a sua volta gli confida la straordinaria somiglianza di Aulerie con il figlio. Queste parole sono decisive, scatta nel vecchio il forte desiderio di avere più informazioni su Aulerie, spinto dal sospetto: “E se fosse mia nipote?”.

Contatta l’avvocato in segreto, il quale comincia a svolgere alcune ricerche, ricordandosi che Aulerie è stata a Parigi. Da li riesce a risalire all’asino Palikare e alla sua nuova padrona, con le prove sufficienti si incontra con il vecchio, il quale non fa uscire dalla stanza Aulerie e suo nipote Theodore, interessato solo all’eredità. Come “smascherare” Peline? Chiedendole dell’asino Palikare e della sua nuova padrona, Peline ignara della domanda a trabocchetto risponde emozionata al solo sentire il nome di Palikare, da lì l’avvocato capisce subito che si tratta di Peline. Tutto questo avviene nel 49° episodio “Lacrime di felicità”. L’avvocato: “A Parigi ho visto Palikare e devo dire che era molto in forma”, Peline “Ah davvero? Palikare!”, “ Si, e quella donna dall’aspetto un po’

mascolino che si chiama, che si chiama… vediamo un pò” , “La Signora Laleckly”, risponde Peline, e l’avvocato “Esatto Laleckly, quella Signora mi ha pregato di ricordarla a te… Signorina Peline!”.

Il nonno si alza dalla sedia in lacrime, era come sospettava, Aulerie è sua nipote Peline. La chiama, la ragazza le corre tra le braccia, entrambi piangono di felicità. È la fine di tante sofferenze per Peline. Il nonno di Peline, Vulfran Paindavoine, verrà beneficiato dalla presenza di Peline, e non solo lui. La ragazza convincerà il nonno nel far costruire un asilo nido e nuovi alloggi che sostituiranno i cameroni malsani dove erano costrette a vivere diverse persone. Il nonno comincerà ad interessarsi delle condizioni di vita dei suoi operai. Riacquisterà la vista, dopo l’intervento agli occhi, in questo modo vedrà finalmente il volto di Peline, simile al figlio scomparso. Tutti vogliono bene a Peline, persino gli odiosi Tarel e Theodore cominceranno a volerle bene. Ciò che disse sua madre si è ormai realizzato, Peline è finalmente felice, al suo fianco, oltre al nonno, i suoi vecchi amici di sempre e compagni d’avventura, come il cane Barone e l’asinello Palikare, rivenduto dalla Signora Laleckly e comprato dal nonno per Peline.

Nel finale il narratore dice le seguenti parole: “Anche se la strada è stata lunga e faticosa, Peline ha finalmente trovato la felicità, questa lunga storia è finita, io mi auguro che tutti voi diventiate come Peline, non pensiate solo a voi stessi, ma pensiate soprattutto a voler bene al prossimo”.

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Questo anime è di insegnamento, ed istruttivo come pochi altri. Ora capisco perché piaceva tanto anche a mia madre e a mia nonna.

Una curiosità: il nome corretto di Peline è Perrine, tradotto in italiano Pierina, nel romanzo di Hector Malot.

I doppiatori: Rita Baldini, Antonella Baldini, Roberta Paladini e Laura Lenghi (Peline), Francesca De Stradis (la mamma di Peline), Laura Lenghi (Rosalie), Gastone Pescucci (Tarel).

Come è accaduto per Peline, che ha avuto ben quattro doppiatrici, anche il nonno e il padre di Peline hanno avuto quattro doppiatori:

Elio Pandolfi, Gino Pagnani, Ettore Conti e Renato Cortesi (il nonno di Peline), Dario Penne, Erasmo Lo Presto, Giorgio Piazza e Franco Latini (il padre di Peline).

DAL FUTURO (PER NOI PASSATO) ARRIVA CONAN!

Il primo episodio di “Conan” è “L’isola perduta” ed inizia con un’introduzione in giapponese. Lo scenario è sempre quello della maggior parte degli anime di fantascienza degli anni 70: catastrofi, guerre, scene apocalittiche, città futuristiche, il pianeta terra che va verso l’autodistruzione ecc. Sinceramente tutto questo mi ha un pò stancato. Non mi sembra avessero molta fantasia i giapponesi all’epoca. Siamo nel 2028 all’indomani di una guerra globale catastrofica.

L’introduzione in italiano dovrebbe essere così:

“Nel mese di luglio dell'anno 2008, la razza umana sfiorò la completa estinzione. In pochi istanti, le armi elettromagnetiche cancellarono più di metà degli esseri umani dalla faccia del pianeta. Il cataclisma causò uno spostamento traumatico dell'asse terrestre, e i continenti finirono quasi interamente sommersi dalle acque.” Nel 2008 ci sarebbe stata la terza guerra mondiale, secondo l’anime. Solo pochi sopravvissuti riuscirono a salvarsi dalle ondate di marea. L’unica città- stato basata sulla tecnologia è Indastria. Tuttavia guardando l’anime, in particolare il primo episodio, sembra tutt’altro: ambientato su un isola “Isola Perduta”, abitata da un vecchietto che ricorda Geppetto, il nonno di Pinocchio, e un buffo ragazzino di 12 anni, sveglio, coraggioso e simpatico.

Riesce persino ad uccidere uno squalo per portarlo al nonno. Si chiama Conan è figlio di due astronauti, e il nonno è l’ultimo degli astronauti sopravvissuti. Conan non ha mai visto nessuno in tutta la sua vita, tranne il nonno. Trova sull’isola una ragazza svenuta, la trova guidato da un gabbiano, attorno alla ragazza stormi di gabbiani. Poi scoprirà che si chiama Lana e che capisce il linguaggio degli uccelli. La ragazza era inseguita da un aereo ed è naufragata sull’isola, viene curata dal nonno di Conan. I due ragazzi fanno subito amicizia, ma il bello dura poco, sull’isola arriva un aereo da Indastria, i soldati cercano Lana. Il nonno ha una conversazione piuttosto accesa con i soldati, li caccia via minacciandoli, perde la vita, non subito però. A nulla è servito, i soldati prendono Lana, Conan li insegue gettandosi sull’aereo, per poi scivolare, perdere l’equilibrio e finire in mare. Perde così le tracce di Lana, ma non demorde.

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Lana appartiene alla pacifica isola di High Harbor, Indastria invece è una città futuristica, con persone non certo dall’animo buono. Rapiscono Lana perché è nipote dello scienziato dottor Rao, tramite le sue scoperte costruirono le bombe elettromagnetiche che distrussero il mondo, vogliono sfruttare le sue conoscenze, compreso il segreto dell’energia solare, che conosce solo lo scienziato, in questo modo vorrebbero soggiogare il mondo.

Il finale è positivo: Indastria sprofonda sotto le acque, la gente è libera da ogni schiavitù, gli abitanti vanno a vivere nella pacifica High Harbor. Purtroppo il dottor Rao muore durante il viaggio. Conan e Lana assieme agli abitanti di Indastria e High Harbor vanno a colonizzare l’Isola Perduta, sulla quale viveva Conan con il nonno, forse inizia una nuova era di pace. L’Anime è di Hayao Miyazaki, trasmesso in Giappone nel 1978 e in Italia nel 1981, con il titolo “Conan”, in seguito è stato modificato in “Conan, il ragazzo del futuro”. È ispirato al romanzo di fantascienza “The Incredible Tide” di Alexander Key. Purtroppo nel 2007 hanno ridoppiato l’Anime, con altre voci.

Curiosità: tutti i paesi hanno intitolato la serie con il titolo “Conan, il ragazzo del futuro”, tranne l’Arabia Saudita, che l’ha intitolata “Adnan e Lina”, probabilmente la loro intenzione era di dare rilievo ai due protagonisti, Conan e Lana, che, chissà per quale misterioso motivo, si chiamano Adnan e Lina, forse per facilitare i bambini arabi a pronunciare e a memorizzare più facilmente i nomi?

Esiste un altro Conan, il noto Detective Conan, serie nata successivamente a questa.

Doppiatori primo doppiaggio: Marco Guadagno (Conan), Monica Caudieri (Lana), Enrico Luzi (nonno di Conan).

DAL FAR WEST ARRIVA SAM!

Altro anime che rivedo molto volentieri e che non vedevo da anni è “Sam il ragazzo del west”. Sam è un ragazzo di 13 anni cresciuto da tre banditi, ignora il fatto di vivere da anni con tre persone senza scrupoli, senza cuore. Diventa un pistolero piuttosto abile, ma fino ad ora si è allenato a sparare a bersagli non umani, come le lattine. La sua preparazione stupisce i tre banditi che pretendono sempre di più da Sam, e ad ogni minimo sbaglio lo mandano a letto senza cena. Deve ormai imparare a sparare agli uomini, secondo loro un vero uomo è un assassino, da lontano Sam vede arrivare una persona, non è in grado di sparargli e si rifiuta, ignorando di aver risparmiato la vita a suo padre.

I tre banditi cominciano a picchiarlo per punirlo. Non contenti gli ordinano di uccidere il piccolo cucciolo di cane al quale si è affezionato, e si rifiuta nuovamente. Sotto insistenza prende la pistola e finge di sbagliare mira, a quel punto interviene la madre del cagnolino, che muore sotto i colpi di uno dei banditi. Sam è senza parole, prende la pistola mirando il responsabile, il ragazzo in lacrime e con un’enorme rabbia nel cuore gli da del vigliacco. È una lezione di vita: mai uccidere un innocente.

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Purtroppo guardando il secondo episodio, verrà picchiato di nuovo, accettando così quasi in silenzio la sua condizione.

Volevo guardare gli altri episodi su YouTube ma li hanno rimossi per i diritti di copyright, un vero peccato, fortunatamente ho visto in tempo il primo episodio. Senza rassegnarmi continuo la ricerca su internet e li ritrovo su Dailymotion.

Nel secondo episodio “Il primo duello” i tre banditi costringono Sam ad avere un duello con un uomo, che viene ucciso, da quel momento il ragazzo apre gli occhi e capisce la cattiveria dei tre banditi e sapendo di essere il colpevole urla contro i tre il suo odio e fugge via col cavallo. Getta via la pistola, promettendo a se stesso di non usarla più in vita sua. Ma nel minaccioso west pieno di insidie è praticamente impossibile non avere una pistola e questo Sam lo imparerà a sue spese, così la userà solo per difendersi. Il ragazzo fugge alla ricerca di suo padre, che riabbraccia nell’ultimo episodio “Finalmente riuniti”. Il vero nome di Sam è Isamu, suo padre è giapponese e sua madre una pellerossa. L’Anime è tratto dal Manga del 1971 di Sohji Yamakawa e Noboru Kawasaki. È stato trasmesso in Giappone nel 1973 e in Italia circa 10 anni dopo, nel 1982.

Nello staff per l’anime alcune future stelle come Shingo Araki, character design, lavorerà su “Lady Oscar” e “I cavalieri dello zodiaco”, e Hayaho Miyazaki, suoi sono “Il castello errante di Howl” e

“Principessa Mononoke”. In “Sam il ragazzo del west” cura l’animazione.

Doppiaggio: Oreste Baldini (Sam), Laura Boccanera (Barbara), Roberto Del Giudice (Alan), Giorgio Locuratolo (Smith), Diego Reggente (Big Stone), Massimo Rossi (Dan).

HUCK E JIM

Altro anime che non vedevo più dal 1980 è “Le avventure di Huckleberry finn”, ed era trasmesso dalla RAI. Il protagonista è Huckleberry finn, un ragazzino americano, che ricorda per certi versi un pò Pippi calze lunghe. Di questa serie ricordo lui, noto anche come Huck e il suo amico di colore Jim. Siamo negli Stati Uniti d’America, una nazione all’epoca ancora nascente, quando la schiavitù non era abolita. Huck è noto nel villaggio come vagabondo, scansafatiche, figlio di un’ubriacone, il quale manca da casa da un anno e mezzo, insomma, un ragazzino da evitare e da tenere alla larga dai propri figli, naturalmente i ragazzini e bambini stravedono per lui e non seguono l’ordine dei genitori. Per ogni furto viene ingiustamente incolpato. In realtà è un ragazzino generoso ed onesto, pronto a smascherare i veri ladri. Riesce a farli catturare, così la vedova Douglas propone alla comunità di adottarlo, il ragazzo all’inizio rifiuta questa proposta, poi accetta.

Huck ha 13 o 14 anni ed è orfano di madre, Jim è uno schiavo fuggitivo che vuole diventare un uomo libero, sono inseparabili.

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Il padre di Huck decide di tornare, attratto dai soldi del ragazzo e lo rapisce. Huck architetta un piano, si finge morto e fugge via. Inizia così il viaggio di Huck con Jim sul fiume Mississippi.

L’anime è di Hiroyoshi Mitsunobu, trasmesso in Giappone nel 1976, ed è ispirato al romanzo omonimo di Mark Twain pubblicato nel 1884. Nel 1999 è strato trasmesso da Mediaset, purtroppo con un nuovo doppiaggio e un nuovo titolo “Un fiume di avventure con Huck”.

Il doppiaggio originale: Rori Manfredi (Huck finn), Giorgio Locuratolo (Jim), Fabrizio Mazzotta (Buck), Francesca Guadagno (Ketty), Franco Latini (padre di Huck).

ANNA DAI CAPELLI ROSSI E’ UN FIUME IN PIENA

Altro anime interessante è “Anna dai capelli rossi”, sono rimasto stupito nel rivederlo, per la sua storia, che non ricordavo così intensa. Anna Shirley è un orfanella scozzese, figlia di due insegnanti di liceo, magrolina, con due occhioni blu, un viso sveglio e pieno di lentiggini, incorniciato dai suoi capelli rossi, che lei non sopporta. È molto socievole, quando parla è un fiume in piena, conquistando in questo modo chiunque. È una grande sognatrice, sogna ad occhi aperti, ed ha fantasia da vendere. Per esternare il suo apprezzamento per un panorama, per la natura ecc. inventa nomi romantici ai luoghi, come “Bianco viale delle delizie” che sarebbe il viale dei meli in fiore e

“Lago delle acque splendenti” un comunissimo stagno, sicuramente molto bello, ma pur sempre uno stagno.

L’Albero di prugne lo definisce così: “sembrano danzatori vestiti di bianco che piroettano sulle punte in allegria”, sicuramente è una ragazzina fuori dal comune e questo fa sorridere.

Tutto ciò conquista il buon vecchio e baffuto Matthew Cuthbert che la va a prendere alla stazione di Bright River per portarla con se alla sua fattoria chiamata “Tetto verde”. Lui e sua sorella Marilla, entrambi avanti con l’età e mai sposati, hanno fatto richiesta all’orfanotrofio di adottare un ragazzino di 10, 11 anni, e chi si ritrova Matthew alla stazione? Una ragazzina chiacchierona, totalmente diversa da lui. Il suo desiderio era di adottare un ragazzino per i lavori nei campi, dato che il signor Matthew ha ormai 60 anni e problemi al cuore, cosa fare? E cosa dirà sua sorella Marilla quando lo vedrà tornare con una ragazzina al posto di un maschio? Matthew non osa dire niente ad Anna, non ha il coraggio, non vuole rovinare quei bellissimi momenti temendo di deluderla. Ma Anna saprà la verità una volta arrivata al “Tetto verde” e la verrà a sapere senza alcuna preparazione da parte di Matthew, in modo assai brusco. I due entreranno in casa e la signora Marilla che rimarrà stupita chiederà del ragazzino e perché quella ragazzina è lì al suo posto. Anna è profondamente delusa, tutto quello che aveva sognato ad occhi aperti fino a pochi minuti prima si è dissolto nell’aria. Il suo sogno di sempre era quello di avere anche lei una madre e un padre, scoppia a piangere interrottamente. Marilla cerca di calmarla, ma a nulla serve, il carattere un pò freddo, autoritario ed austero della donna non sono affatto d’aiuto, in più decide di riportare indietro il giorno dopo la ragazzina. Anna si sente come un pacco postale, Matthew che ha un carattere mansueto e taciturno, nascosto dietro ai suoi baffoni chiede alla sorella di tenere Anna e che

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avrebbe risolto la questione assumendo un ragazzino per i lavoro nei campi, ma Marilla è irremovibile. Il giorno dopo Marilla e Anna sono già in viaggio. Durante questo viaggio Marilla chiede alla ragazzina di farsi raccontare la sua triste storia, che Anna accetta di raccontare dopo una certa titubanza. Sotto quella scorza dura c’è un cuore anche per Marilla, che rimane colpita dalla storia di Anna. Quanta solitudine e tristezza ha vissuto la piccola. Arrivano a casa della Signora Spencer per cercare assieme una soluzione giusta e migliore per Anna, prima di decidere di riportarla all’orfanotrofio. Da quell’incontro Marilla capisce come è nato quel disguido. La Signora Spencer le dice che la Signora Blauwet ha bisogno di qualcuna che possa svolgere i lavori in casa, in quel momento arriva l’arcigna Signora Blauwet, il suo comportamento fa riflettere Marilla, che decide nel 5° episodio “Marilla prende una decisione” di riportare indietro con se Anna, alla casa dal Tetto verde, il giorno dopo avrebbe deciso assieme al fratello se riportare Anna all’orfanotrofio, o tenerla con loro, ma non hanno alcuna intenzione di lasciarla alla Signora Blauwet. Nel 6°

episodio “Anna dai Tetti Verdi” Marilla comunica ad Anna che rimarrà con loro, ma ad una condizione, sarà Marilla stessa ad occuparsi dell’educazione di Anna. All’inizio non è facile, Anna è una grande sognatrice romantica, piena di fantasia, quella fantasia che l’ha aiutata ad andare avanti nei momenti più difficili, parla con la natura. Marilla è tutto l’opposto, crede che la fantasia non serva a nulla, lei non ha mai sognato ad occhi aperti e guarda sempre al lato pratico delle cose.

Anna ha bisogno di educazione, ma soprattutto d’affetto, ed ha un grandissimo bisogno di avere un’

amica con la quale condividere tutto, Diana Barry diventerà la sua migliore amica.

In autunno Anna comincia ad andare a scuola, è semianalfabeta e viene ammessa in quarta elementare all’età di 11 anni, qui conoscerà Gilbert Blythe, l’amico- nemico, rivale che segretamente la amerà senza esternarlo, anzi, per farsi notare il ragazzo comincia a prendere in giro Anna per via dei suoi capelli rossi, soprannominandola “Pel di Carota”. Pessima idea, ma si sa, chi disprezza vuol comprare. Questo prenderla in giro farà stare Anna alla larga da lui il più possibile, ed inizierà una specie di sfida da parte di Anna: superarlo nei voti scolastici. Questo l’aiuta a spronarla e a dare il meglio di se negli studi. Per quasi cinque anni Anna non rivolgerà più la parola a Gilbert, il ragazzo più ammirato della scuola. Un anno è passato dal momento in cui Anna è stata adottata da Marilla e Matthew, il quale ha l’idea il giorno del primo anniversario di portare Anna negli stessi luoghi che hanno attraversato in calesse un anno prima: “il bianco viale delle delizie” e

“il lago delle acque splendenti”. Successivamente Anna rischierà di annegare con la sua barchetta proprio nel “lago delle acque splendenti”, verrà salvata da… Gilbert, che le chiederà di nuovo scusa per il suo comportamento, Anna sembra che non riserbi più rancore nei suoi confronti, tuttavia non vuole ammetterlo e l’orgoglio prende il sopravvento. Rifiuta le scuse, Gilbert si offende e se ne va.

Anna se ne pente ma è ormai troppo tardi. L’insegnante Muriel Stacy influenzerà positivamente negli studi il futuro di Anna, la quale si impegnerà al massimo dando tutto se stessa.

Cresce, diventa una signorina di 15 anni e il suo carattere cambia, da bambina esuberante e chiaccherona, diventa una ragazza molto studiosa e un po’ pensosa. Questo Marilla lo nota subito, così si preoccupa per Anna, ormai l’ama profondamente. Il pensiero di Anna è adesso superare l’esame di ammissione all’Accademia, risulterà prima tra gli studenti. Dovrà lasciare Marilla e Matthew per trasferirsi altrove per gli studi. Inizia l’anno scolastico alle scuole superiori, la ragazza studia intensamente per ottenere il diploma in un anno, spinta dalla rivalità con Gilbert, il quale

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frequenta il suo stesso corso intensivo. Lo studente più brillante in letteratura inglese potrà ottenere la borsa di studio, altro obbiettivo per Anna da raggiungere. Non vorrà diventare più una maestra come la signorina Stacy, bensì proseguire gli studi, vuole andare all’università e laurearsi. Le condizioni di salute di Matthew peggiorano, Anna non ha mai saputo dei problemi di Matthew, il quale ha un ennesimo attacco al cuore. Anna scopre il fatto, lascia gli studi e torna immediatamente a casa per assicurarsi che Matthew stia meglio, Marilla la tranquillizza per non distrarla dagli studi, in realtà il fratello è gravemente malato. Matthew sa che Anna vincerà gli studi e questo la incoraggia, anche se la ragazza quasi non ci spera più di vincerla la borsa di studio, i fatti daranno ragione a Matthew, Anna vincerà la borsa di studio e Gilbert la medaglia d’oro. Il ragazzo però dovrà rinunciare all’università, per la spesa eccessiva che non può affrontare ed Anna rimarrà delusa, la voce del narratore spiega nel 45° episodio “Progetti per l’avvenire”: “Anna si era illusa di avere ancora Gilbert come compagno di studi, ha pensato: ‘sono stata spinta dalla rivalità con Gilbert per tanto tempo, potrò impegnarmi negli studi con la stessa foga senza il mio amico rivale?’.

I suoi sogni ambiziosi sembrarono non contare più, con questa pena rimase a lungo al buio a riflettere”.

Gilbert rinuncia a proseguire gli studi accontentandosi di insegnare alla scuola di Avonlea. Matthew la sera prima di morire dice ad Anna che nemmeno una dozzina di ragazzi avrebbe potuto sostituirla, questo come risposta alla domanda che la ragazza rivolge a Matthew: “Avresti preferito che all’orfanotrofio non si fossero sbagliati e che al Tetto Verde fosse arrivato il ragazzo che desideravi?”. Matthew muore stroncato da un infarto, la causa è stata la notizia che ha letto sul giornale del fallimento della banca dove erano depositati tutti i suoi risparmi. Così Anna decide di rinunciare a continuare gli studi per rimanere al fianco di Marilla, malata agli occhi, Gilbert scopre la cosa e si sacrifica per Anna, rinunciando ad insegnare ad Avonlea, per cederle il posto. Anna lo viene a sapere da una vicina di casa, il ragazzo insegnerà in un posto più scomodo e lontano. Se questo non è amore … Anna incontra Gilbert e lo ringrazia, davanti alla casa dal Tetto Verde, sotto gli occhi di Marilla. La conversazione dura mezz’ora. Finalmente sono grandi amici e forse qualcosa di più, facendo sperare in un amore e quindi in un futuro matrimonio. Anna è finalmente in pace con se stessa e con il mondo intero, come dice il titolo del 50° ed ultimo episodio “Sono in pace con il mondo”. Fine della storia, più bella di quanto mi ricordassi.

L’anime è del 1979, trasmesso in Italia nel 1980, regia di Isao Takahata e Shingeo Koshi, progetto e pianificazione di Hayao Miyazaki, ispirato al romanzo di Lucy Maud Montgomery “Anna dai capelli rossi” noto anche come “Anna dei Tetti Verdi” e “Anna dei verdi abbaini” del 1908, dal quale è stato scritto un altro romanzo ben 100 anni dopo, da Budge Wilson, che riporta però la storia dei primi anni d’infanzia di Anna “Sorridi, piccola Anna dai capelli rossi” pubblicato nel 2008, e da considerare come libro precedente.

Budge Wilson ha avuto il consenso dagli eredi di Lucy Maud Montgomery, in occasione del centenario del romanzo “Anna dai capelli rossi”. La Nippon Animation non è da meno, in occasione del trentennale dell’anime decide di realizzare una nuova serie, tratta dal romanzo “Sorridi, piccola Anna dai capelli rossi”. Non il seguito, bensì un prequel, che significa “Antefatto”, una storia antecedente a quella a noi nota. La serie si intitola “Sorridi, piccola Anna dai capelli rossi” ed è del 2009, trasmessa in Italia nel 2010. Ignoravo tutto questo, sia del “nuovo/vecchio” romanzo, sia

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dell’anime, che non ho mai visto, né intravisto in Tv. Ho guardato il primo episodio e l’ultimo su YouTube. In effetti riporta la storia di Anna prima ancora di incontrare Marilla e Matthew. È un Anna piccolissima, che sgobba precocemente dalla mattina alla sera, accudendo bambini, verrà affidata a diverse famiglie prima di arrivare al “Tetto Verde”. L’anime, pur adottando dei mezzi più moderni per realizzare immagini, scenografia ecc. ha mantenuto lo stesso personaggio della serie del 1979. La regia è di Katsuyoshi Yatabe.

I doppiatori storici: Antonella Baldini (Anna), Mirella Pace (Marilla), Erasmo Lo Presto (Matthew), Susanna Fassetta (Diana).

LA VERA AMICIZIA TRA BELLE E SEBASTIEN

Altra serie bellissima “Belle e Sebastien”. Dopo i vari telefilm

“Lassie”, “Rin Tin Tin” con cani come protagonisti e come spalla un ragazzino, amico inseparabile di tante avventure, avevamo bisogno di un cartone animato giapponese che seguisse quel filone? La risposta è SI, questa serie è davvero imperdibile.

I protagonisti sono il cane Belle, che nella versione originale giapponese si chiama Jolie, cane da montagna dei Pirenei, dal carattere molto buono ed intelligente, e Sebastien, un bambino vivace, simpatico e sveglio di 7 anni, che per scappare dai suoi coetanei che vogliono picchiarlo, salta sui tetti delle case, si arrampica sugli alberi, credevo avesse almeno 10 anni. È proprio Sebastien a dare al cane il nome Belle. Entrambi vengono rincorsi dalla gente, emarginati, non potevano che unirsi una volta diventati amici, assieme a loro c’è il piccolo cane Pucci, è talmente piccolo che può entrare persino nella tasca della giacchetta di Sebastien.

Belle viene trattata [è una femmina] male ingiustamente dalla popolazione, qualsiasi buona azione il cane compia, viene mal interpretata e presa come una cattiva azione. Sparano contro il cane, gli tirano i sassi, la gente crede sia un cane pericoloso, lo chiamano stupidamente “il diavolo bianco”.

Sebastien lo incontra sulla montagna, non crede che il cane sia pericoloso, fanno subito amicizia.

Il bambino è orfano, vive assieme al nonno adottivo Cesar e Angelina, vera nipote di Cesar, che cresce Sebastien come se fosse un figlio, nonostante possa essere per l’età la sorella maggiore. La vera madre di Sebastien è ancora viva, si chiama Isabelle ed ha promesso a Cesar che un giorno sarebbe tornata a riprendersi il figlio. La donna è di origini gitane e sposò un italiano, dal quale nacque Sebastien. In questo modo Isabelle ha infranto il codice d’onore degli zingari, che proibisce di sposarsi altri uomini che non siano gitani. L’uomo è morto poco prima della nascita di Sebastien.

Per questo motivo il bambino viene preso in giro dalla gente, in particolar modo dai bambini, perché non ha la madre e non va a scuola. Cosi due emarginati come Belle e Sebastien diventano amici inseparabili e lasciano tutto, scappando in continuazione, lo scopo di Sebastien è quello di trovare sua madre. Nel 2° episodio “Nasce un’amicizia” Sebastien vuole sapere di sua madre e nonno Cesar gli racconta la storia, rivelandogli che è viva e che si trova in Spagna, -Sebastien vive in Francia-. La gente continua ad accanirsi contro Belle, veramente non capisco la loro stupidità, non sanno che quel tipo di cane è pacifico? solo Cesar lo sa. Gli danno la caccia e Sebastien lo

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difende, dicendo di non sparargli e se proprio vogliono ammazzarlo devono passare prima sul suo corpo, questo è quanto ha detto Sebastien alle forze armate. Nel 3° episodio “Caccia spietata” Belle salva la vita a Sebastien che rischia di cadere dal precipizio e gli cura la distorsione alla caviglia.

Belle salva la vita anche a Jean uno dei soldati che gli da la caccia e fratello di Angelina, questo nel 4° episodio “Fuga oltre il confine” e lo comunica alla sorella. In quello stesso episodio commovente Cesar e Angelina vedranno da vicino Belle ed avranno la conferma del buon carattere del cane. Alla fine dell’episodio Belle e Sebastien superano il confine, li i soldati non potranno fare più nulla a Belle, Sebastien abbraccia per l’ultima volta Angelina che l’ha inseguito – qui non si possono trattenere le lacrime- e se ne va.

Alla fine della storia Sebastien ritrova la madre e Belle viene finalmente riconosciuto come un cane innocuo. Faranno tutti ritorno ai Pirenei, Sebastien andrà a scuola, Angelina si sposa, insomma, uno dei pochi anime con un lieto fine.

La serie è di Kenji Hayakawa, è del 1981, trasmessa nello stesso anno anche in Italia. Cosa piuttosto inusuale poiché gli altri anime sono arrivati in Italia alcuni anni in ritardo rispetto al Giappone.

“Belle e Sebastien” è tratto dai racconti di Célie Aubry.

Doppiatori: Massimilano Manfredi (Sebastien), Sandro Pellegrini (nonno Cesar), Laura Boccanera (Angelina).

IL FINALE STRANO DI DAITARN 3

Altro classico dell’animazione giapponese è “Daitarn 3”

o come si pronuncia Daitan 3, trasmesso la prima volta in Italia nel lontano 1980, non persi un episodio. Ricordo perfettamente persino il primo “Arriva Haran Banjo”, sicuramente perché rivisto negli anni 90 per via delle VHS in circolazione. È una serie divertente, dinamica, per niente superata, potrebbe benissimo essere un anime degli anni 2000, con pregi e difetti. Tuttavia non giustifica il grandissimo successo che ha riscontrato, infondo è un robot come tanti, a mio avviso non è migliore di Mazinga, Goldrake o di Jeeg Robot, e lo vedrei alla pari di altri robot secondari come Trider G7 per esempio.

Ricorda un po’ le avventure di James Bond, l’ automobile Mach Patrol può anche volare e andare sott’acqua. Chi è il pilota del Robottone Daitarn 3? di chi stiamo per parlare? Ma di Koji Kabut…

oops! di Rio il ragazzo delle cavern…. Oops! volevo dire di Haran Banjo, è talmente simile agli altri due eroi degli anime che ci si può confondere facilmente, l’unica differenza è che ha i capelli…

verdi (ops! Un punk?). Le sue assistenti ricordano anche loro i film di James Bond agente 007: una bionda e una mora. La bionda è svampita e si chiama Beauty, ha la stessa voce di Lamù e di Venusia di Goldrake, quindi della doppiatrice Rosalinda Galli. La mora è un ex agente dell’Interpol, è molto intelligente e si chiama Reika. Le due mi ricordano un po’ le Charlie’s Angeles, che erano però in tre. Altri protagonisti della serie sono il maggiordomo Garrison, -e qui mi ricorda un po’

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Batman-, e il piccolo Toppy, orfanello –tanto per cambiare- e molto simpatico. Insomma, una serie piena di riferimenti e di scopiazzature.

Il Daitarn 3 è tra i robot più enormi, con una trasformazione lunghissima, - l’autore ha voluto spettacolarizzare?- talmente lunga che se non si da una mossa, il mostro avversario fa in tempo a distruggere tutto, bersi un caffè (?!) ed andarsene soddisfatto. La cosa strana è che Daitarn ha una bocca e una mimica facciale, sorride persino, e questo a volte lo rende poco credibile, ecco perché all’epoca pensavo che la serie fosse realizzata da… italiani, pensai che stavano copiando i giapponesi ed anche maluccio. Invece la serie è giapponesissima e la cosa strana è che l’autore del Daitarn è lo stesso autore del… Gundam, un robot fin troppo serio per i miei gusti. Non parliamo poi delle armi, senza poca fantasia, forse per colpa del doppiaggio: Daitarn spada, Daitarn laccio, Daitarn ventaglio, Daitarn energia, ecc. Non parliamo poi di certi meganoidi, ridicoli e con voci stupide.

Il primo episodio è disegnato molto bene, piuttosto professionale, non posso dire la stessa cosa degli episodi successivi, piuttosto ridicoli, questa serie sembra la parodia dei robot precedenti, forse volutamente. Comunque si ride, ricordo le risate che mi facevo da bambino e gli episodi che io e i miei amichetti commentavamo tutto il pomeriggio al cortile sotto casa, eravamo affascinati da Haran Banjo “ma è lo stesso pilota di Mazinga Z?” e l’altro “ma no, però a pensarci bene gli somiglia”, “perché ha i capelli verdi?” e l’altro “bho…”. Solo quel romanaccio di Renzo Stacchi – lo dico simpaticamente- poteva dare la voce a quel truzzo di Banjo (sorrido). La serie è di Yoshiyuki Tomino, è del 1978 e trasmessa in Italia nel 1980.

I nemici di Daitarn 3 sono i Meganoidi: cyborg creati su Marte, dal professor Haran Sozo, padre di Banjo. Il professor Sozo perse il controllo dei Meganoidi che si ribellarono –in questo ricorda Kyashan-, ecco perché Banjo conosce molto bene il nemico, che odia con tutte le forze. Questi cyborg sono controllati da un mostro, che ricorda Frankenstein, dal nome Don Zauker, si scoprirà alla fine della serie che è rimasto per tutto il tempo incosciente, guidato e comandato dal suo braccio destro Koros, donna meganoide spietata, glaciale, inquietante. I Meganoidi si possono trasformare in mostri, i Megaborg, combattuti da Daitarn 3, che con l’energia solare da il colpo di grazia ad ognuno di loro. Nell’ultimo episodio “Banjo svanisce all’alba”, il Daitarn combatte nello spazio, e ci va con tutti i suoi assistenti. Lo scopo di Koros è quello di schiantare Marte contro la Terra, lo scopo di Banjo è di attaccare Marte per arrivare al Castello di Don Zauker. Banjo odia persino il padre, per aver creato i meganoidi, spara su Koros, che vedendosi l’arma di Banjo puntata, invoca aiuto a Don Zauker, che risponde immediatamente uscendo allo scoperto. Tornato cosciente dopo molti anni, riacquista la parola, - prima emetteva solo suoni strani-. Corre in soccorso di Koros, si butta sul nemico Haran Banjo. Gli chiede “Chi sei?” e Banjo gli risponde:

“Sono Banjo, figlio del professor Sozo”, Don Zauker gli dice: “Cosa, Banjo? Io ricordo Banjo quando era molto piccolo, che cosa ho fatto in tutto questo tempo Banjo?”, ciò dimostra che era completamente incosciente.

Alla fine, quando capisce che Banjo è il nemico, si scaglia contro di lui, il ragazzo attiva il Daitarn, cominciando così un combattimento contro Don Zauker, che aumenta di dimensioni. Diventa sempre più grande, persino più del robot. Don Zauker si sposta su una nuvola enorme, vuole

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uccidere Banjo, solo per aver oltraggiato Koros. All’improvviso Banjo sente la voce del padre che gli dice: “Figlio, figlio mio, puoi ancora vincere. Le onde celebrali di Koros lo hanno portato ad una coscienza temporanea, lo spirito dell’essere umano può vincerlo”. Con l’attacco solare colpisce direttamente al cervello di Don Zauker, distruggendolo. Koros vede con gli occhi la morte di Don Zauker, ed anch’essa muore. C’è stato un grande amore tra Don Zauker e Koros, anche se sembra assurdo.

Il finale è strano. Nello spazio Banjo vivo e vegeto sul Daitarn 3, guarda Marte allontanarsi dalla terra. Nel frattempo tutti lasciano la villa, traslocano: Beauty, Reika e Toppy, ma di Banjo nemmeno l’ombra, dove sarà? Anche Garrison se ne va, esce dalla villa, mette il lucchetto al portone. Indossa il cilindro e forse il Frack, che ricorda la canzone di Domenico Modugno “Vecchio Frack”, si ripara dalla pioggia con l’ombrello, comincia a canticchiare la sigla dell’anime in giapponese “Daitarn 3, Daitarn 3”, guardando verso la villa. Aspetta un bus, che lo porta via. Banjo dovè? Svanito nel nulla, o svanito all’alba, come suggerisce il titolo.

Altro anime con un finale strano, viene spontaneo dire “Che cavolo di finale!”

Ecco la spiegazione. Ci sono stati tagli e cambi di dialogo a stravolgere il tutto. Questo mi ricorda un altro anime dalla stessa sorte, anche se appartenente a un genere totalmente diverso: “Candy Candy”, anch’esso con un finale diverso da quello reale. In realtà cercando sul web sembrerebbe che la guerra sia iniziata proprio da Banjo, spinto dall’odio verso il padre per aver coinvolto anche la madre e il fratello nei suoi esperimenti. Se Banjo non avesse mai iniziato la guerra contro i meganoidi, questi non avrebbero mai attaccato la terra, perché interessati a colonizzare solo lo spazio. Don Zauker ricorda di Banjo bambino, perché? È il … padre di Banjo! in poche parole: il professore folle, - non trovo altro termine-, è stato trasformato o si è fatto trasformare nel capo dei meganoidi, Koros era innamorata di lui e ne era l’amante. La voce che sente Banjo di suo padre, quando gli dice “Figlio, figlio mio, puoi ancora vincere. Le onde celebrali di Koros lo hanno portato ad una coscienza temporanea, lo spirito dell’essere umano può vincerlo”, non è frutto della sua immaginazione, o la voce del padre morto che gli arriva dal cielo, bensì è il padre nel corpo di Don Zauker a parlargli, ecco perché Banjo non apprezza questo aiuto e continua ad odiarlo. Quando Banjo dice di fronte al cadavere di Koros “Hai avuto quello che ti meritavi maledetta”, in realtà dice

“Ma cosa ho fatto?”, quindi hanno stravolto la storia. Nella villa non rimane nessuno, forse Banjo, richiuso a pensare, a riflettere sui suoi errori, ecco perché tutti lo lasciano e se ne vanno, forse risentiti per essere stati coinvolti in una guerra iniziata stupidamente proprio da Banjo.

Come sono strani questi giapponesi…geniali, originali, ma contorti e strani, almeno per noi occidentali. Nel 2000 o 2001 hanno ridoppiato l’intera serie, che non ho ancora avuto modo di vedere. Anche se è più fedele alla storia originale, sapendo che hanno usato altre voci non mi invoglia a vederla. Persino la voce di Banjo non è più quella di Renzo Stacchi.

Doppiatori storici: Renzo Stacchi (Haran Banjo), Rosalinda Galli (Beauty), Mariù Safier (Reika), Gino Donato (Garrison), Riccardo Rossi (Toppy), Antonia Forlani (Koros) e Vittorio Di Prima (Don Zauker).

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Con Daitarn 3 iniziano gli anni 80! A dire il vero, quando apparve Daitan 3 per la prima volta sugli schermi di alcune emittenti private italiane, nel 1980 – la prima volta in Maggio su Milano Tv-, pensammo fosse un Robot italiano, come già detto: un po’ comico, con i lineamenti umani, per noi strani a quei tempi dopo essere abituati a Mazinga, Goldrake ecc. I protagonisti –compreso i nemici- erano troppo strambi per essere degli eroi, questa fu la prima impressione. Ma ci appassionammo subito alle avventure di questo Robot, pilotato da Haran Banjo: spaccone, troppo sicuro di se, con i capelli pettinati alla Koji Kabuto dal colore strano…verde. Le sue assistenti Beauty (la bionda svampita) e Reika (la mora ex agente dell'Interpool) sono letteralmente pazze di Banjo, e molto gelose, la loro rivalità a volte non le aiuta nel lavorare insieme. Il doppiaggio all’epoca era indovinato con i personaggi della serie, peccato che recentemente hanno ridoppiato i protagonisti con altre voci –come nel caso di “Charlotte”-. Il titolo originale è “Muteki Kojin Daitan 3”, che significa “Daitan 3, l'invincibile uomo d'acciaio", la “R” è stata aggiunta nella versione americana. La serie è del 1978, composta di 40 episodi ed è prodotta dalla Sunrise, creata da Yoshiyuki Tomino.

Banjo iniziava il combattimento con il suo Daitan con queste parole: “Daitaaaaaaaaaaaaaaaaaan 3!

Per mantenere la pace nel mondo combatterò i meganoidi con il Daitan 3. Se non avete paura di questa potenza…combattete!” La serie è ambientata nel primo decennio del XXI secolo.

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RE ARTU’: LA MITOLOGIA

Altra serie che non vedevo più da anni, dal 1981, è “La spada di King Arthur” che inizia con il compleanno del piccolo Artù.

Il padre Re Uther ha la voce troppo giovane, quella di Marco Guadagno. Artù ha un segno che assomiglia ad un fiore sulla spalla sinistra, emblema della famiglia. L’ambizioso Re Lavik comincia a tramare, lui al contrario ha la voce troppo da anziano, l’ha doppiato Gino Donato, già voce di Re Vega in

“Atlas Ufo Robot”, nel primo episodio è ancora giovane.

Lavik ha il suo primo incontro con la strega Medessa ed alla fine si alleano.

Merlino non è un Profeta, come dice nell’anime, ma un mago. Ha un incontro con Re Uther e gli comunica che diventerà padre di Artù e di ciò che accadrà di negativo al piccolo quando compierà 3 anni. Re Uther si ricorda di questo dopo tre anni, il giorno del compleanno di Artù e lo comunica alla moglie. Lavik uccide in quello stesso giorno Re Uther, che lo riconosce poco prima della morte.

Lo scopo è uccidere anche Artù, la madre scappa con il piccolo in braccio tra le fiamme e lo affida a Merlino, il quale promette che lo affiderà ad un nobile cavaliere che lo alleverà come se fosse un figlio. Artù ha solo 3 anni e non si ricorderà da grande di quanto gli è accaduto, convinto che il

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cavaliere fosse il suo vero padre. Lavik pensa che Artù sia morto nell’incendio del castello. Tutti credono che il responsabile dell’attentato sia Re Ban.

Sono trascorsi 12 anni e Artù ha ormai 15 anni. Vengono convocati tutti i sovrani in cattedrale per un rito sacro dall’Arcivescovo, che rivelerà una “rivelazione divina”: colui che sarà in grado di estrarre la spada di Excalibur dall’incudine in cui è infissa [infilzata in una roccia] sarà nominato capo supremo di Wrogless, Lavik è sorpreso. Lì ci sono tutti, persino Artù, il padre adottivo con suo figlio Kay, più o meno coetaneo di Artù. Ci provano tutti, compreso Lavik, ma nessuno riesce ad estrarre la spada, così Artù scoppia in una risata, Lavik indignato ordina di prendere il ragazzo e lo sfida ad estrarre la spada, in caso di fallimento gli avrebbero tagliato la testa. Sotto lo stupore di tutti Artù riesce ad estrarre la spada, solo il padre adottivo sapeva già che il ragazzo ci sarebbe riuscito. Lavik è scioccato. L’Arcivescovo chiede ad Artù il nome di suo padre, il ragazzo dice che suo padre è Hector il cavaliere, interviene a questo punto il padre adottivo che svela che non è il padre e che il ragazzo è Artù, figlio di Re Uther. Lavik non crede a quanto ha udito e chiede di poter vedere la spalla sinistra del ragazzo. Artù ha il segno sulla spalla e Lavik esclama subito “Sei tornato dall’Inferno!”. Così lo riconoscono come Artù, figlio di Re Uther e Lavik bramerà contro di lui.

Finale:

Nell’ultimo episodio vediamo la Nave di Artù che … vola! proprio come l’Alkadia di Capitan Harlock, bellissima l’armatura di Artù, ricorda un po’ quella dei Cavalieri dello Zodiaco, altra serie creata successivamente a questa. Si scopre che lo spirito di Medessa è ancora in vita, la sua risata stridula è proprio da strega. Lavik presente anche nell’ultimo episodio, si serve dell’aiuto di Medessa, Artù lotta così contro le magie servendosi del suo scudo e della spada. Sconfigge Medessa con la spada di Excalibur e fa esplodere il castello con dentro Lavik alle prese con uno dei suoi uomini che gli chiede di essere salvato, i due litigano e muoiono entrambi.

I resti di Medessa finiscono nell’urna, cosi non ci sarà più alcun pericolo, e l’affidano all’Arcivescovo. Nel finale Artù torna con i suoi amici a Camelot. Fine di questa storia mitologica.

I cavalieri della Tavola Rotonda erano tra gli uomini più valorosi della corte di Re Artù, i più noti sono: Lancillotto, Ivano, Parsifal, Galaad, Walwain e Tristano. Nella serie è presente anche la Principessa Ginevra, che sposerà Re Artù.

L’anime è di Mikuriya Satoru, prodotto da Toe Animation, trasmesso in Giappone nel 1979 e in Italia nel 1981. La serie è stata ridoppiata con altre voci nel 1997 e con un altro titolo “Re Artù, King Arthur”. Il doppiaggio storico del 1980:

Luca Ward (Artù), Cristiana Lionello (Ginevra), Riccardo Rossi (Lancillotto), Sergio Gibello (Merlino), Gino Donato (Re Lavik), Sergio Matteucci (Hector), Noemi Gifuni (Medessa), Marco Guadagno (Re Uther).

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QUEL PASTICCIONE DI SPANK 

Divertentissimo questo anime del 1981, “Hello Spank”, ricordo di aver visto l’intera serie nel lontano 1982, tratto dal manga di Shun’ichi Yukimura e Shizue Takanashi del 1979. Il protagonista è Spank, un cagnetto buffo, pasticcione, casinista, ma anche intelligente e sensibile.

Non mancano le risate con lui, merito anche delle due doppiatrici Liù Bosisio e Isa di Marzio. Il suo linguaggio lo capisce solo la sua padroncina Aika, che lui chiama “bimba” o “iaia”. È davvero buffo, fa anche tenerezza, è innamorato di Micia ed amico del gatto Torakiki, buffo e strambo quanto Spank, con l’accento tedesco ed una cravatta al collo vistosa di colore rosso. Nei decenni scorsi hanno creato ogni tipo di oggettistica con la faccia di Spank, un po’ come negli ultimi anni con “Hello Kitty” o “Peppa Pig”, ma Spank è un’altra cosa.

Aika è una ragazzina di 14 anni, con la voce della bravissima ed immancabile Laura Boccanera, negli anni 80 la sua voce era ovunque, doppiava qualsiasi ragazzina orfanella, ognuna di queste simili nell’aspetto e nel carattere. Ascoltando Aika mentre parla non può non venire in mente Candy Candy, o la Regina Maria Antonietta, ma anche Lulù l’angelo tra i fiori, la Principessa Zaffiro e Mimì della nazionale di pallavolo, naturalmente Candy Candy è la prima che viene in mente.

La storia inizia con Aika che si trasferisce dallo zio con la sua cagnetta Papi. Andando a fare una corsetta vicino al mare Aika vede subito uno yacht, le viene in mente suo padre, che crede ancora vivo e che un giorno sarebbe tornato da lei. La madre vive in Francia per lavoro, Aika vive adesso in una località balneare in Giappone. Papi incontra sulla spiaggia uno strampalato cagnetto, è Spank per l’appunto, subito dopo fa amicizia anche con Aika. Papi muore attraversando la strada, investito da un furgone. È una tragedia, Aika è disperata, ma verrà consolata da Spank e deciderà di prenderlo con se alla fine del primo episodio. Papi era un regalo di compleanno ricevuto dalla mamma di Aika. Spank e Aika sono uniti dallo stesso destino, anche Spank è solo, è morto il suo padrone travolto dalle onde del mare, era a bordo di uno yacht, lo aspetta ancora a distanza di tempo, come Aika aspetta il suo papà. Nell’ultimo episodio la madre di Aika, tornata in Giappone, le rivela che il padre in realtà è morto da tempo, Aika all’inizio non crede a quanto la madre le dice, poi riesce ad accettare serenamente la notizia ed accetta di trasferirsi con la madre e Spank a Tokyo.

Negli anni 90 è stata ritrasmessa l’intera serie con un altro titolo “Spank, tenero rubacuori” e un’altra sigla, secondo me è inaccettabile cambiare il titolo ad una serie, come già è accaduto con le altre, o cambiare le voci con un nuovo doppiaggio e trovo persino inutile cambiare la sigla. Nel 1982 è stato realizzato un OAV di 95 minuti dal titolo “Le pene d’amore di Spank”.

I doppiatori: Liù Bosisio e Isa Di Marzio (Spank), Laura Boccanera (Aika), Alba Cardilli (madre di Aika), Mauro Bosco (zio di Aika), Massimo Rossi (Rey), Sandro Pellegrini (il gatto Torakiki), Laura Lenghi (Serina), Rosalinda Galli e Rossella Acerbo (Micia), Riccardo Rossi (Rio), Cinzia De Carolis (Shinako), Fabio Boccanera (Seya). Insomma, hanno mobilitato per questa serie i migliori doppiatori: voce di Candy Candy, di Lady Oscar, di Terence, di Andrè, di Neal e Iriza, e persino di Venusia. Ma ne è valsa la pena.

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CHARLOTTE E’ LA “CANDY CANDY MORA”

“Memorabile compleanno” è il titolo originale del primo episodio di “Charlotte”, ridoppiato anni dopo con il titolo di “Il compleanno di Charlotte”.

Altro caso di ridoppiaggio, davvero hanno stancato con questi ridoppiaggi, rivogliamo le serie di anime con i doppiaggi originali. La nuova voce di Charlotte ricorda … l’Ape Maia, preferivo l’originale del 1980 con Paola Del Bosco.

La nuova voce sembra quella di una bambina delle elementari, in realtà Charlotte è una ragazzina adolescente, la voce originale quindi era più adeguata. Fortunatamente sono riuscito a recuperare il primo episodio con il doppiaggio originale.

Ed ecco la “Candy Candy mora” –che ho visto prima di Candy tra l’altro- , fortunatamente non ha la voce di Candy [Laura Boccanera] altrimenti avrebbe avuto troppe cose in comune. Questo anime ricorda “Candy Candy” , “Heidi” per via delle pecorelle e persino Actarus e Venusia in “Atlas Ufo Robot”, per via del ranch. Purtroppo come abbiamo già detto è stato ridoppiato, avrei voluto rivedere l’intera serie con il doppiaggio originale del 1980 al quale ero abituato. Fortunatamente la voce narrante nel nuovo doppiaggio è di … Cinzia De Carolis, un marchio di garanzia. Da allora non ho più visto questa bellissima serie, che inspiegabilmente non ha avuto il grande successo di altre serie come “Candy Candy” o “Georgie”. Stessa sorte di “Charlotte” l’ha avuta “Peline Story”, altra bellissima serie quasi dimenticata.

Ci sono tutti: Charlotte –nel ridoppiaggio viene chiamata anche “Char” diminutivo di Charlotte- , il suo amico Sandy, il Cavaliere – un misto tra Terence e il Principe di Candy- , la cattiva e altrettanto brutta Bella, - “Bella” solo di nome, ma non di fatto-, ecc. Anche questo anime inizia con il compleanno della protagonista. Charlotte vive in un ranch in Canada con il padre Andrè, il giorno del suo compleanno viene a sapere proprio dal padre, che la madre Simone non è morta e vive a Parigi. Charlotte prende male la notizia pensando “possibile che in tutti questi miei 12 anni non si è mai fatta viva?”. Il padre racconta a Charlotte che è stato il nonno ad allontanarli dalla madre. La verità è che il padre di Charlotte proviene da una famiglia francese molto ricca, sposando la madre di Charlotte – che non ha origini nobili- è andato contro ogni regolamento, per questo motivo il nonno di Charlotte allontanò la madre – e qui ricorda la storia di Peline-, lasciando la piccola ancora in fasce sola con il papà, il quale decise di lasciare la Francia con Charlotte diretto verso il Canada.

Da allora la madre ha cercato in tutti i modi di rintracciarli, ma la malattia che l’ha costretta a letto

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