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In fase di analisi degli scenari è possibile classificare i diversi rischi, sulla base dell'origine degli eventi calamitosi, in:

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Premessa

La presente relazione richiama testualmente i seguenti capitoli tratti dalla relazione al Piano di Emergenza di Protezione civile del Comune di Pietrapertosa i cui dati non hanno subito ulteriori aggiornamenti, in quanto non sono mutati gli scenari di rischio.

PARTE PRIMA

1. Scenari di rischio

L'analisi dei possibili scenari di rischio è un'attività preventiva fondamentale, al fine di valutare eventuali azioni preventive ovvero stabilire dei livelli di soglia di attenzione che preannunciano l'imminenza di un evento calamitoso.

Il rischio rappresenta l'entità del danno atteso, in termini di vite umane, persone ferite, danni a cose o attività, che possono verificarsi in una determinata area e in un certo intervallo di tempo in seguito al verificarsi di un particolare evento calamitoso.

Secondo la formulazione proposta da Varnes D.J. & IAEG (1984), il rischio (Rt) è legato all'interazione tra gli elementi a rischio (E) in una determinata area (popolazione, proprietà, attività economiche, pubblici servizi) ed il rischio specifico (Rs), ovvero il livello di perdite o danni previsti in caso di evento calamitoso, a sua volta pari al prodotto tra pericolosità (H) e vulnerabilità (V).

Rt = (E) (Rs) = (E) (H x V) Varnes & IAEG (1984)

La pericolosità (Hazard) rappresenta la probabilità che si possa verificare un evento potenzialmente dannoso in una determinata area ed in un determinato periodo di tempo. La vulnerabilità è, invece, il grado di perdita di un elemento o di un gruppo di elementi di rischio risultante a seguito di un evento calamitoso di una certa intensità, generalmente espresso in scala da 0 (nessun danno) ad 1 (perdita totale).

In fase di analisi degli scenari è possibile classificare i diversi rischi, sulla base dell'origine degli eventi calamitosi, in:

1. naturali, ovvero legati a fenomeni/processi naturali, quali eruzioni vulcaniche, abbondanti precipitazioni, terremoti;

2. antropici, ovvero legati all'attività dell'uomo.

Sulla base della prevedibilità o meno degli eventi calamitosi, i rischi possono essere classificati anche in:

a. prevedibili, ove sia possibile individuare indicatori facilmente osservabili che consentano di fare previsioni;

b. non prevedibili, ovvero per i quali, allo stato, non è possibile formulare previsioni.

Nei criteri di massima per la pianificazione comunale d'emergenza, che ai sensi

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dell'art.2, comma 1, lettera a), della legge n.225/92 riguarda gli eventi fronteggiabili da singoli enti ed amministrazioni competenti in via ordinaria, sono stati individuati i seguenti scenari di rischio (DPC Informa, 1997):

·  rischio idrogeologico, con particolare riferimento a:

• alluvioni;

• frane;

• neve.

· rischio sismico;

· rischio d'incendio boschivo;

In realtà, sulla base delle caratteristiche geo-morfologiche del territorio di Pietrapertosa, nonché di quelle economiche e sociali, i rischi maggiormente rilevanti sono il rischio frane, il rischio sismico ed il rischio incendi boschivi. Gli scenari sono stati individuati incrociando la cartografia tematica disponibile presso altre pubbliche amministrazioni.

1.1 Rischio idraulico e geomorfologico

Si tratta di uno scenario di rischio naturale, per il quale, sulla base di opportuni indicatori (morfologia del territorio, pedologia, andamento climatico, ecc.), è possibile generare degli scenari previsionali. Tali previsioni, sono contenute all'interno dei piani stralcio per la difesa dal rischio idrogeologico (PAI), che le autorità di bacino dislocate sul territorio nazionale sono obbligate a redigere ed aggiornare periodicamente (D.Lgs.

n.152/2006). Peraltro, lo stesso Dipartimento di Protezione Civile (2007), stabilisce che la pianificazione dell'emergenza sia effettuata tenendo conto di uno scenario di rischio di riferimento basato sulle aree a rischio PAI.

Nel caso specifico, il territorio del comune di Pietrapertosa rientra nell'ambito di competenza dell'Autorità Interregionale di Bacino della Basilicata, che con deliberazione n.13 del 04 ottobre 2013 ha approvato l'aggiornamento annuale 2013 del proprio piano stralcio (Gazz. Uff. Serie Generale n.252 del 26/10/2013).

Il P.A.I. è uno strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo che, attraverso l'individuazione di aree a rischio e delle relative prescrizioni in esse vigenti, è finalizzato all'eliminazione, mitigazione o prevenzione dei maggiori rischi derivanti da fenomeni calamitosi di natura geomorfologica o di natura idraulica (AdB Basilicata, 2013).

Il piano stralcio per la difesa dal rischio idrogeologico è suddiviso in un Piano Stralcio delle Aree di Versante, relativo al rischio frane, ed un Piano Stralcio per le fasce fluviali, relativo al rischio idraulico.

Il piano stralcio per le fasce fluviali contiene la delimitazione delle aree soggette ad inondazione con i seguenti livelli di probabilità (DPCM 29 settembre 1998):

· aree ad alta probabilità di inondazione, con tempo di ritorno fino a 30 anni;

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· aree a moderata probabilità di inondazione, con tempo di ritorno fino a 200 anni;

· aree a bassa probabilità di inondazione, con tempo di ritorno fino a 500 anni.

Il piano stralcio delle aree di versante contiene la perimetrazione delle aree a rischio frana, secondo la seguente classificazione (DPCM 29 settembre 1998):

· R1 - rischio moderato. I danni sociali, economici e nei confronti del patrimonio ambientale sono marginali;

· R2 - rischio medio. Sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture ed al patrimonio ambientale che, tuttavia, non pregiudicano l'incolumità del personale, l'agibilità degli edifici e la funzionalità delle attività economiche;

· R3 - rischio elevato. Sono possibili problemi per l'incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici ed alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, l'interruzione della funzionalità delle attività socio-economiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale;

· R4 - rischio molto elevato. Sono possibili perdite umane o lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture ed al patrimonio ambientale, la distruzione di attività socio-economiche.

1.1.a Rischio idraulico

L’ambito fisico del rischio idraulico è individuato dai corsi d’acqua naturali o dai canali artificiali ed il fenomeno che causa tale rischio è la piena. La cosiddetta piena consiste in un più o meno rapido innalzamento dei livelli idrici della superficie libera del corso d’acqua a causa dell’aumento della portata a seguito di eventi meteorici di forte intensità o, più raramente, dovuto allo scioglimento delle nevi; la piena causa la fuoriuscita dell’acqua dall’alveo del fiume e quindi l’allagamento delle aree limitrofe. Per meglio evidenziare il rischio di alluvione a seguito di fenomeni di piena è necessario richiamare alcuni concetti di idrologia.

Alla formazione della piena, come sopra definita, concorrono diversi contributi:

• afflusso diretto alla rete idrografica, derivante dalla pioggia che investe direttamente il reticolo idrografico;

·deflusso superficiale, per effetto delle acque che affluiscono alla rete idrografica scorrendo sempre in superficie;

· deflusso ipodermico, dovuto alle acque che, infiltratesi, affluiscono alla rete per moto ipodermico;

· deflusso profondo, dovuto alle acque che, penetrate in profondità, raggiungono il reticolo idrografico attraverso le vie sotterranee.

Il maggior contributo alla formazione della piena deriva dai deflussi superficiali ed

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ipodermici. In una sezione di un corso d’acqua l’incremento di portata e quindi l’innalzamento dei livelli della superficie libera del fiume, non segue immediatamente l’inizio della pioggia, ma avviene con un certo ritardo che prende il nome di tempo di corrivazione. Tale parametro dipende dalle caratteristiche geomorfologiche del bacino idrografico (natura geologica dei terreni, uso del suolo, estensione e struttura del reticolo idrografico, pendenza dei versanti), dall’area del bacino e dallo stato iniziale di imbibizione del terreno. La conoscenza dei fenomeni di piena dei corsi d’acqua ed il conseguente rischio di inondazione ad esso associato, assume un’importanza notevole soprattutto nell’ambito della pianificazione territoriale e nelle attività di difesa del suolo. In questi campi diventa necessario valutare il rischio connesso con un fenomeno di piena. Per questa valutazione la portata di piena è associata ad una stima della probabilità del suo superamento comunemente espressa mediante il cosiddetto periodo di ritorno. Il periodo di ritorno T rappresenta il numero medio di anni che intercorrono tra due superamenti successivi della portata di piena fissata. Lo studio che porta a determinare il periodo di ritorno per una data portata di piena in una sezione di interesse del corso d’acqua può essere condotto sulla base delle informazioni storiche di tipo puntuale; attraverso, cioè, la conoscenza dei massimi annui delle portate al colmo di piena nella sezione indagata. In assenza di tali informazioni si ricorre all’analisi regionale. Tale procedura consiste nel mettere a punto un modello che permette il trasferimento dell’informazione idrologica, ottenuto nei punti di misurazione della portata, ad altri siti non strumentati. In realtà, poiché gli strumenti di misura delle portate sui corsi d’acqua sono sempre molto scarsi, spesso è necessario mettere in atto un’analisi dei processi di trasformazione degli afflussi meteorici in deflussi fluviali attraverso modelli matematici fisicamente basati che simulano i fenomeni che danno luogo alla formazione dei deflussi.

1.1.b Il bacino del fiume Basento

Il bacino del fiume Basento, con una superficie di 1535 kmq, è compreso tra il bacino del fiume Bradano a nord, i bacini dei fiumi Agri, a sud-ovest, e Cavone a sud-est, ed il bacino del fiume Sele a ovest. Presenta caratteri morfologici prevalenti da montuosi a collinari; aree pianeggianti si rinvengono in prossimità del litorale ionico (piana di Metaponto) ed in prossimità dell’alveo del fiume Basento. I rilievi più elevati che segnano lo spartiacque con il bacino dell’Agri, procedendo da est verso ovest, sono Monte dell’Impiso (1319 m s.l.m.), Monte Tavernaro (1390 m s.l.m.), Monte Malomo (11318 m s.l.m.), Monte Pilato (1580 m s.l.m.), Monte Volturino (1830 m s.l.m.), Monte Calvelluzzo (1699 m s.l.m.), Serra di Calvello (1567 m s.l.m.), Timpa d’Albano (1628 m s.l.m.). A partire da quest’ultimo lo spartiacque con il bacino del fiume Sele è segnato dai rilievi di Serra delle Crive (1368 m s.l.m.), Monte Paglia d’Orgio (1160 m s.l.m.), Monte Li Foi di Picerno (1350 m s.l.m.), Serra le Brecce (1159 m s.l.m.), rilievi del Santuario del Carmine (1225 m s.l.m.), che rappresentano il punto d’incontro degli spartiacque dei bacini del Basento del Bradano, del Sele e dell’Ofanto. I rilievi più elevati dello spartiacque tra il bacino del Basento e quello del fiume Bradano sono Monte S.Angelo (1120 m s.l.m.), Cozzo Staccato (1018 m s.l.m.), Serra Coppoli (1028 m s.l.m.), Monte Cupolicchio (1017 m s.l.m.).

Nel bacino montano del Basento quote elevate vengono raggiunte anche dai rilievi di Monteforte (1444 m s.l.m.) e Serranetta (1475 m s.l.m.).

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Il bacino del Basento fino alla dorsale di Campomaggiore, presenta morfologia montuosa; tra i rilievi della parte alta del bacino si aprono alcune piane intramontane in località Pantanello e Pantano di Pignola a quota compresa tra 770-780 m s.l.m.. A partire dalla dorsale di Campomaggiore la morfologia del bacino diventa collinare e degrada in modo graduale verso la piana costiera del metapontino.

Il fiume Basento si origina dalle pendici nord-occidentali di Monte Arioso; con i suoi 149 km di lunghezza è il corso d’acqua più lungo a sud del fiume Volturno.

Nel tratto montano il corso d’acqua riceve i contributi delle sorgenti della struttura idrogeologica di Monte Arioso-Pierfaone e di quella di Serranetta-Monteforte.

All’altezza della città di Potenza riceve gli apporti dei torrenti Gallitello e Tora, nel cui bacino è localizzato il lago artificiale di Pantano di Pignola. A vallet di Potenza il Basento riceve le acque del torrente Rifreddo, in destra idrografica, e del torrente Tiera, in sinistra.

All’altezza di Trivigno il Basento è sbarrato dalla traversa di Trivigno; poco a valle riceve il contributo del torrente Camastra, su cui è localizzato l’invaso di Camastra.

Ad est di Ferrandina riceve gli apporti del torrente Vella, in destra idrografica e, più a valle, del torrente la Canara e del Fosso della Bufalara.

All’altezza di Calciano il corso d’acqua comincia ad assumere caratteri morfologici tipici degli alvei sovralluvionati, con ampie aree golenali.

Prima di sfociare nel Mar Jonio, il Basento attraversa la piana costiera di Metaponto dove il tracciato fluviale si presenta meandriforme. In quest’area la presenza di sistemi di dune ben sviluppati ha da sempre ostacolato il deflusso delle acque superficiali favorendone il ristagno.

1.1.c Individuazione delle aree a rischio idraulico definite dal PAI

Come riportato all'interno dell'art. 7 nelle N.T.A. del P.A.I. Basilicata:

a) le fasce di territorio ad alta frequenza di inondazione, corrispondente a piene con tempi di ritorno fino a 30 anni, sono aree, nelle quali esondano piene con tempi di ritorno (Tr) fino a 30 anni, classificate a pericolosità idraulica molto elevata;

b) le fasce di territorio con moderata frequenza di inondazione, corrispondente a piene con tempi di ritorno fino a 200 anni, sono aree, nelle quali esondano piene con tempi di ritorno (Tr) fino a 200 anni, classificate a pericolosità idraulica elevata;

c) le fasce di territorio a bassa frequenza di inondazione, corrispondente a piene con tempi di ritorno fino a 500 anni, sono aree, nelle quali esondano piene con tempi di ritorno (Tr) fino a 500 anni, classificate a pericolosità idraulica moderata, nonché le aree destinate dal Piano ad interventi di sistemazione dei corsi d’acqua per lo più da adibire a casse di espansione e aree di laminazione

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Sulla base del piano stralcio per le fasce fluviali redatto dall'Autorità Interregionale di Bacino della Basilicata, si rileva che il territorio di Pietrapertosa risulta essere soltanto lambito da aree a rischio inondazione (cfr. figura 2 ed ELABORATO F0033A0060 del Piano di Emergenza di Protezione Civile di Pietrapertosa); ed inoltre all'interno di tali aree non sono presenti, ne sono previsti, insediamenti antropici di alcun tipo.

Sono, invece, presenti arterie stradali qual la S.S. 407 Basentana e la Strada Provinciale n.13 che collega l'abitato alla Basentana stessa.

Oltre all'area definita dalle interferenze tra le fasce di esondazione del fiume Basento con le strutture e le infrastrutture esistenti, all'interno del presente documento, è stata analizzata la potenziale interferenza tra alcuni fossi secondari presenti all'interno del territorio comunale ed il sistema delle infrastrutture viarie.

In particolare i corsi d'acqua (non oggetto di studio da parte dell'A.d.B. Basilicata) analizzati sono:

• Torrente Caperrino, affluente del Basento;

• Torrente della Rossa, affluente del Basento,

• Fosso di San Giovanni, affluente del Torrente Sauro, bacino dell'Agri;

• Fosso Paradiso, affluente del Torrente Sauro, bacino dell'Agri.

In generale il territorio comunale si contraddistingue per una assenza di aree a rischio inondazione, in cui peraltro non si riscontrano attività antropiche particolarmente rilevanti.

Le limitate aree a rischio idraulico sono localizzate in prossimità della SS 407

"Basentana", che rappresenta il principale nodo di comunicazione viaria tra il centro abitato ed il resto della regione, incluso il capoluogo.

Tale arteria stradale non risulta essere a rischio inondazione, poiché nell'area il piano stradale si sviluppa prevalentemente su lunghi cavalcavia posti a quota adeguatamente superiore rispetto alle altezze di piena del Basento.

Le maggiori problematiche da valutare risiedono nel controllo sistematico delle opere in alveo che, per quel che riguarda il territorio comunale di Pietrapertosa sono state rilevate dall'autorità di Bacino della Basilicata nell'ambito del progetto di Polizia Idraulica e di controllo del territorio (P.I.), introdotta dalla Legge n.365/2000, consiste in una attività straordinaria di sorveglianza e ricognizione lungo i corsi d’acqua, attraverso studi e sopralluoghi finalizzati a rilevare le situazioni che possono determinare maggiore pericolo, incombente e potenziale, per le persone e le cose, ed a identificare gli interventi più urgenti da realizzare.

La Legge n.365/2000 impone alle Regioni, di intesa con le Province, con la collaborazione degli uffici dei Provveditorati alle OO.PP., del Corpo Forestale dello

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Stato, dei Comuni e di tutti gli uffici aventi competenza nel settore idrogeologico, di provvedere ad effettuare, nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, attività mirate a porre particolare attenzione su:

• le opere e gli insediamenti presenti in alveo e nelle relative pertinenze;

• i restringimenti nelle sezioni di deflusso prodotti dagli attraversamenti o da altre opere esistenti;

• le situazioni di impedimento al regolare deflusso delle acque;

• le situazioni di dissesto, in atto o potenziale delle sponde e degli argini;

• l’efficienza e la funzionalità delle opere idrauliche esistenti, il loro stato di conservazione;

• qualsiasi altro elemento che possa dar luogo a situazione di allarme.

In particolare l'attività di Polizia Idraulica all'interno del territorio comunale di Pietrapertosa, con particolare riferimento al fiume Basento, ha rilevato n.9 opere interferenti per le quali sono state compilate delle schede di dettaglio con l'individuazione delle criticità.

Nella tabella seguente si riportano in sintesi le risultanze di suddetta attività:

Tabella 1 - Attività di Polizia Idraulica - A.d.B. Basilicata - Punti critici

Scheda

n. Anno Corso

d'Acqua Localià Grado

disseso Note Comune Opera Codice 14 2003 Basento Galleria

Albano 3 Scalzamento

fondazione Pietrapertosa Ponte

carrabile BAPIE580003 42 2003 Basento Galleria

Albano 3 Scalzamento

fondazione Pietrapertosa Ponte

carrabile BAPIE580004 46 2003 Basento Galleria

Albano 3 Scalzamento

fondazione Pietrapertosa Ponte

carrabile BAPIE580008 47 2003 Basento Galleria

Albano 3 Scalzamento

fondazione Pietrapertosa Ponte

carrabile BAPIE580009 253 2003 Basento Galleria

Albano 3 Scalzamento

fondazione Pietrapertosa Ponte

carrabile BAPIE580010 281 2003 Basento Piano

Arena 3 Scalzamento

fondazione Pietrapertosa Ponte

carrabile BAPIE580019

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In definitiva i punti critici da monitorare in caso di evento calamitoso sono l'unione dei punti individuati in tabella precedente più i punti individuati lungo il reticolo idrografico minore.

E' il caso di sottolineare, comunque, come, con particolare riguardo agli impluvi secondari, le potenziali criticità idrauliche non interessano aree antropizzate o aree in cui il Regolamento Urbanistico Comunale prevede zone di espansione.

1.1.d Descrizione sintetica della dinamica dell'evento

Con particolare riguardo rispetto al Rischio Idraulico ed ai fini di una descrizione sintetica della dinamica dell’evento che si ritiene potrebbe verificarsi, è necessario raccogliere una serie di informazioni ed in particolare:

• informazioni pluviometriche;

• informazioni circa i tempi di risposta dei bacini idrografici analizzati;

• punti critici ovvero quei tratti dei corsi d’acqua in cui non esistono sufficienti condizioni di sicurezza.

In ultima analisi è necessario individuare eventuali "elementi esposti" ovvero le persone e i beni che si ritiene potrebbero essere interessati dall’evento atteso, quelli, cioè, che ricadono all’interno delle suddette aree ad elevata pericolosità.

Tipici esempi di elementi esposti sono:

• ospedali, istituti scolastici, università, case di riposo, luoghi di culto, luoghi di aggregazione di massa (stadi – cinema – teatri - centri commerciali...), strutture turistiche (hotel – alberghi – villaggi – residence – campeggi...);

• beni di interesse artistico e culturale, aree di particolare interesse ambientale;

• sedi di: Regione, Uffici Territoriali di Governo, Municipio o individuazione delle sedi di: VVF, Forze Armate, Polizia, Corpo Forestale dello Stato, Croce Rossa, Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico;

282 2003 Basento Piano

Arena 3 Scalzamento

fondazione Pietrapertosa Ponte

carrabile BAPIE580020

284 2003 Basento

Piano Arena- Ponte della Vecchia

3 Scalzamento

fondazione Pietrapertosa Ponte

carrabile BAPIE580021

286 2003

Basento Piano Arena

3

Scalzamento

fondazione Pietrapertosa

Ponte

carrabile BAPIE580022

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• attività produttive, industrie a rischio di incidente rilevante, discariche, impianti di smaltimento rifiuti pericolosi, impianti – depositi - siti di stoccaggio contenente materiale radiologico;

• rete stradale, rete autostradale, rete ferroviaria, stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, infrastrutture per le telecomunicazioni;

• centrali elettriche, reti di distribuzione energia elettrica – gas – acqua;

• opere idrauliche e interventi in atto o previsti (argini, casse di espansione, briglie,...);

• individuazione di: opere di attraversamento del corso d’acqua (pedonali, viarie, ferroviarie).

1.1.e Pluviometria

Con riferimento alla stazione pluviometrica di Corleto Perticara tra le più vicine al centro abitato di Pietrapertosa, si riportano di dati pluviometrici medi mensili misurati tra il 1929 ed il 1979.

Come è evidente dal grafico sopra riportato, i mesi in cui la probabilità che si verifichino precipitazioni copiose sono quelli invernali ed in particolare il periodo ottobre-marzo.

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1.1.f Curva di possibilità pluviometrica (modello probabilistico TCEV)

La valutazione delle curve di possibilità pluviometrica (piogge intense) viene condotta secondo due metodologie:

1. metodologia V.A.P.I. sviluppata dal Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche nell’ambito del Progetto V.A.P.I. (Valutazione delle Piene in Italia);

2. metodologia di “Bell”.

Nell’ambito del primo metodo si è utilizzata l’informazione pluviografica raccolta dal Servizio Idrografico Italiano elaborando tecniche di analisi statistica a scala regionale ed applicando la legge di distribuzione a doppia componente su tre livelli successivi di regionalizzazione.

Per quel che riguarda il secondo approccio si è fatto riferimento a studi condotti in diverse parti del mondo dai quali è stato possibile desumere il particolare comportamento delle piogge di durata inferiore ad 1 ora.

Nel primo livello di regionalizzazione, nell’ipotesi che la Basilicata fosse una zona pluviometrica omogenea si è testata l’applicabilità della legge di distribuzione T.C.E.V.

(Two Component Extreme Value Distribution) o legge di distribuzione a doppia componente.

Il modello probabilistico su base regionale T.C.E.V. ipotizza la serie dei massimi annuali come provenienti da due diverse popolazioni di dati legati a due differenti fenomenologie meteorologiche. I valori estremamente più elevati degli altri (Outilers) ma rari e una componente base o ordinaria che assume valori non elevati ma frequenti. In pratica, per utilizzare al meglio le caratteristiche di omogeneità spaziale dei parametri della legge T.C.E.V. di ordine superiore al primo si è rappresentata la legge F(Xt) della distribuzione di probabilità cumulata del massimo annuale di precipitazione di assegnata durata Xt come prodotto tra il suo valor medio μ(Xt) ed una quantità KT, detta fattore probabilistico di crescita, funzione del periodo di ritorno T e della durata t, definito dal rapporto:

La variabilità del fattore di crescita con la durata t, legata alla variabilità dei parametri della T.C.E.V. di ordine superiore al primo, è praticamente trascurabile, come segnalato in NERC (1975).

Al II livello sono invece presenti due sottozone omogenee (nord e sud-ovest) nelle quali è costante anche il valore del parametro L1.

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In base ai valori regionali dei suddetti parametri, è possibile ricostruire le curve di crescita per le tre sottozone, tenendo presente che l'espressione teorica del fattore di crescita secondo la distribuzione TCEV assume la forma:

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In tabella seguente vengono riportati i valori dei parametri a e b, unitamente a quelli di h e T0 in base ai quali sono stati calcolati, che consentono di determinare nella forma KT = a + b ln T le leggi di crescita relative alle sottozone omogenee.

E' utile evidenziare che l'uso dell'approssimazione asintotica comporta una leggera

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sottostima del fattore di crescita, con errori che però sono superiori al 5% solo per T<40 anni.

Terzo livello di regionalizzazione

Obiettivo del terzo livello di regionalizzazione dei massimi annuali delle piogge brevi è la definizione di relazioni utili alla stima di un parametro di posizione della distribuzione di probabilità (generalmente la media) in un generico sito o come valore caratteristico di un'area. In assenza delle indicazioni su eventuali aree omogenee al III livello, l'analisi delle medie delle piogge brevi è stata effettuata identificando le isoiete di xt , per le diverse durate, utilizzando un metodo geostatistico, il kriging.

Il kriging è un metodo di interpolazione lineare, basato su un approccio statistico, che consente di ottimizzare in un assegnato punto P0 la stima del valore di una variabile regionalizzata z misurata in un certo numero di punti Pi. Modificando con continuità la posizione del punto P0 è possibile determinare l'intero campo della variabile in esame.Utilizzando la tecnica del Kriging, in base ai dati relativi alle 55 stazioni pluviografiche considerate, sono stati calcolati i valori della funzione casuale xt in corrispondenza dei nodi di una griglia regolare. Tramite questi valori si sono tracciate le isolinee di xt , per le durate 1, 3, 6, 12 e 24 ore.

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Il legame tra intensità e durata delle precipitazioni intense viene generalmente rappresentato secondo una relazione che, in particolare nel campo delle durate da 1 a 24 ore, è del tipo:

x =a⋅t

n

Per la determinazione del valore massimo di precipitazione di durata t per fissato periodo di ritorno T relativo all'intera area A del bacino sono necessari i seguenti elementi:

• il fattore di crescita KT delle precipitazioni con il periodo di ritorno riferito all'area esame;

• la legge di probabilità pluviometrica xt mediata sull'area;

• il fattore empirico di riduzione delle piogge all'area (fattore di riduzione areale).

La curva di probabilità pluviometrica di un bacino viene quindi determinata a seguito di una operazione di media sui parametri a ed n della legge di pioggia, rappresentati attraverso curve isoparametriche. Per effettuare la media spaziale in campo lineare è possibile passare ai logaritmi, considerando che:

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Si è effettuata la media spaziale per tutti i bacini monitorati in passato dal SIMN in Basilicata, incluse le aree comprese tra sezioni successive lungo il corso d'acqua, e per celle di 10 Km di lato che ricoprono l'intero territorio lucano.

Per i bacini sottesi dalle sezioni monitorate dal SIMN e le aree comprese tra successivi sottobacini vengono forniti, nel rapporto VAPI, i valori dei parametri a ed n relativi alle curve di probabilità pluviometriche medie areali. Sono invece riportati, sempre all’interno del rapporto VAPI, i valori medi di log(a) e di n relativi alle celle rappresentate della griglia di suddivisione del territorio regionale ed identificate da una numerazione che procede da Ovest verso Est e da Sud verso Nord.

Usando i valori medi di log(a) e di n relativi alle celle, si può ottenere l’espressione della legge di pioggia riferita ad un'area attraverso la media pesata dei suddetti valori tra le celle che ricoprono l'area stessa.

I valori dei coefficienti a ed n riportati sono relativi a medie spaziali degli stessi parametri calcolati in base alle registrazioni di pioggia puntuali nei siti di misura.

Questa operazione di media non tiene però conto delle modificazioni che intervengono nel fenomeno di precipitazione in rapporto alla sua scala spaziale. Di fatto, andrebbe considerato che con l'aumentare dell'area del bacino aumenta la probabilità di non contemporaneità dell'evento di pioggia sulla sua superficie.

Di questo aspetto si tiene conto introducendo un fattore di riduzione (fattore di riduzione areale) direttamente dipendente dall'area A e che rappresenta il rapporto:

tra IA(t,T) il valore dell'intensità di pioggia areale, per assegnata durata t e fissato periodo di ritorno T, ed il corrispondente valore Ip(t,T) dell'intensità di pioggia puntuale o da essa

direttamente derivato.Da alcune analisi svolte sull'argomento (v. es. U.S. Weather Bureau, 1957-60), risulta che la dipendenza, valida in generale, tra il fattore di riduzione areale (ARF) ed il periodo di ritorno T non è particolarmente evidente, per cui nella pratica progettuale può essere trascurata.

Per tale motivo, l'espressione che lega l'A.R.F. all'area A del bacino alla durata t della pioggia potrà essere del tipo:

K(A,t)=1- f1(A)f2(t)

in cui le funzioni f1 ed f2 vanno specificate in modo empirico ma devono essere tali da soddisfare le uguaglianze: f1(A)=0, per A=0 e f2(t)=1, per t=0.

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Adottando la formula del U.S. Weather Bureau con i coefficienti ricavati per la Regione Basilicata si ha:Dove t è la durata della pioggia in ore, A è l’area del bacino in km2

K(A,t)=1− ( 1−e

−A⋅2.1⋅10−3

)( e

−0.53⋅t0.25

)

Dove t è la durata della pioggia in ore, A é l’area del bacino in kmq.

1.1.g Possibilità pluviometrica Pietrapertosa - piogge di durata >1h

Adottando i risultati del metodo VAPI Basilicata, la curva di probabilità pluviometrica relativa alla zona in cui ricade il parco eolico in progetto (quadrato num. 105) è definita dalla seguente espressione:

Ipotizzando di considerare un tempo di ritorno di 20 anni si ottiene la seguente curva di Probabilità Pluviometrica.

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1.1.h Possibilità pluviometrica Pietrapertosa - piogge di durata <1h

Nel caso di eventi piovosi di durate inferiori alla oraria è necessario utilizzare la

“Metodologia di Bell” per ricavare i coefficienti della curva di Probabilità Pluviometrica.

Studi condotti sul territorio degli Stati Uniti ed in Australia e studi paralleli in Unione Sovietica, hanno evidenziano come il rapporto rδ tra le altezze di durata δ molto breve e l’altezza oraria sono relativamente poco dipendenti dalla località.

Con riferimento alla curva inviluppo delle massime piogge osservate nel mondo di equazione:

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Utilizzando questi rapporti, nota la pioggia oraria per assegnato tempo di ritorno, si sono determinate le altezze di pioggia per le durate di 5, 10, 15, 20, 30 e 45 minuti.

Riportati questi campioni di dati, su di un piano logaritmico, ed interpolati, si sono determinati i parametri a ed n della curva di possibilità pluviometrica di durata inferiore ad un’ora

1.1.i Rischio idraulico: scenario di riferimento

Lo scenario di rischio di riferimento è stato ottenuto come sovrapposizione delle aree sommergibili caratterizzate da un periodo di ritorno pari a 30 anni (come definite all'interno del P.A.I.) a cui sono state sommate le criticità puntuali rilevate sui corsi d'acqua secondari incrociate con le informazioni circa il patrimonio edilizio ed infrastrutturale presente sul territorio.

All'interno della fascia di esondazione T=30 anni valgono le prescrizioni riportate all'interno dell'articolo 7 nelle Norme Tecniche di Attuazione del PAI "Fasce di territorio di pertinenza dei corsi d’acqua: a) fasce con probabilità di inondazione corrispondente a piene con tempi di ritorno fino a 30 anni e di pericolosità idraulica molto elevata; b) fasce con probabilità di inondazione corrispondente a piene con tempi di ritorno fino a 200 anni e di pericolosità idraulica elevata; c) fasce con probabilità di inondazione corrispondente a piene con tempi di ritorno fino a 500 anni e di pericolosità idraulica moderata." delle norme di attuazione del P.A.I.

Gli interventi realizzabili nelle fasce di territorio di pertinenza dei corsi d’acqua, nel

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rispetto della tutela paesaggistica, sono:

1) interventi finalizzati al risanamento di situazioni di squilibrio naturali o generate da interventi antropici, di protezione di sovrastrutture di particolare valore purché gli stessi prevedano opere o interventi non strutturali che salvaguardino gli equilibri della rete a monte ed a valle del tronco in cui si interviene;

2) interventi di sistemazione idraulica: rafforzamento o innalzamento argini, difese spondali, interventi specifici finalizzati alla difesa di infrastrutture e nuclei edilizi in situazioni di rischio;

3) interventi di bonifica e sistemazione dei movimenti franosi;

4) interventi finalizzati alla salvaguardia della qualità ambientale:

• nelle fasce ripariali valgono le disposizioni di cui all’art.115 commi 1 e 2, del D.Lgs 152/2006;

• nelle aree, esterne alle fasce riparali, costituite da terrazzi e dalle conoidi di deiezione, permeabili e quindi di alta vulnerabilità:

mantenimento e ampliamento degli spazi naturali, impianto di formazioni vegetali a carattere permanente con essenze autoctone, conversione dei seminativi in prati permanenti, introduzione nelle coltivazioni agricole delle tecniche di produzione biologica o integrata, con esclusione dello spandimento di liquami zootecnici, azioni di salvaguardia della ricarica delle falde di pianura e protezione delle aree umide;

• nelle aree rientranti nelle fasce inondabili, con la esclusione di quelle ai punti precenti, mantenimento degli spazi naturali, dei prati permanenti e delle aree boscate; riduzione dei fitofarmaci, dei fertilizzanti e dei reflui zootecnici nelle coltivazioni agrarie.

5) Interventi per la demolizione e conseguente risanamento dell’area per manufatti per i quali è prevista la rilocalizzazione.

Nel caso in esame si è rilevata, sia all'interno delle aree caratterizzate da elevata pericolosità idraulica delimitate dal PAI e sia per le criticità puntuali rilevate sul reticolo idrografico secondario, la pressoché totale assenza di elementi facenti parte del patrimonio edilizio.

Per quel che riguarda, invece, gli elementi infrastrutturali (rete viaria) strategici da monitorare ne è stata rilevata la presenza.

Nella Tabella 4 sono riportati i punti critici da monitorare ricadenti in aree a rischio idraulico elevato.

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1.1.l Rischio idraulico - collasso ed apertura scarichi in emergenza invaso del Camastra

Nell’ambito del rischio idraulico rientra anche il rischio dighe, ossia il rischio connesso alla possibilità che da uno sbarramento vengano rilasciate portate in condizioni di emergenza o alla possibilità di un eventuale crollo della struttura stessa.

Esiste una estesa normativa in materia di sicurezza e progettazione degli sbarramenti fluviali il cui obiettivo è quello di definire modi e procedure di controllo sia da parte degli Enti Gestori, sia, per quanto riguarda la vigilanza, da parte del Servizio Nazionale Dighe (S.N.D.), oggi Direzione Generale per le Dighe, le Infrastrutture Idriche ed Elettriche.

Ai fini di Protezione Civile si fa riferimento a due principali documenti:

• foglio di condizioni per l’esercizio e la manutenzione contiene la descrizione tecnica ed amministrativa dell’opera. Per descrizione amministrativa si intendono tutti i provvedimenti autorizzativi previsti dalla normativa in materia di dighe e le prescrizioni impartite sulla periodicità delle misure da eseguirsi sulla struttura;

• documento di Protezione Civile, introdotto dalla Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n.352 del 4 dicembre 1987, modificato dalla Circolare PCM/DSTN n. 7019 del 19 marzo 1996, codifica tutti i comportamenti da seguire rispetto alle condizioni meteo e quindi al

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livello della quota di invaso. Nel Comune di Pietrapertosa il rischio legato al collasso diga è determinato dall’invaso del Camastra, sul torrente Camastra, nei Comuni di Castelmezzano, Laurenzana ed Anzi.

Si tratta di un invaso in terra di tipo omogeneo la cui utenza principale è di tipo potabile. Le caratteristiche principali dell'invaso sono riportate in tabella seguente:

Non sono state censite abitazioni presenti all'interno delle aree perimetrate a rischio a causa di fenomeni esondativi legati a scenari di rottura diga e manovre di apertura degli scarichi di emergenza.

Sono presenti, analogamente a quanto riportato nel paragrafo 6.1.6, una serie di infrastrutture, riportati nella tabella seguente, non di competenza comunale, ricadenti in aree a rischio derivante da esondazioni per rottura diga e per manovre di apertura di emergenza degli scarichi.

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1.1.m Rischio diga: scenario di riferimento

Per l’individuazione delle aree sommergibili a valle dello sbarramento si è fatto riferimento allo studio redatto, nel 1990, dall' Ente per lo Sviluppo dell' Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia e Lucania "Verifiche Tecniche di cui alle circolari Ministero Lavori Pubblici n.1125/86 e n.352/87".

In particolare, per quel che riguarda il territorio comunale di Pietrapertosa, la perimetrazione delle aree sommergibili per onda di piena artificiale dovuta a manovre sugli organi di scarico è contenuta all'interno della fascia di esondazione, definita all'interno del P.A.I., caratterizzata da periodo di ritorno T=30 anni.

In caso di ipotetico collasso dello sbarramento, l'area sommergibile intercetta la viabilità del territorio comunale, nello specifico sono interessate strade non principali a servizio di costruzioni rurali e la SP 13.

In corrispondenza di questa viabilità, saranno disposti dei cancelli onde evitare rischi per eventuale popolazione presente su tali percorsi. (cfr. ELABORATO F0033A0060 del Piano di Emergenza di Protezione Civile del Comune di Pietrapertosa).

Il sistema di allerta in caso di rischio di collasso della diga sarà effettuato da un operatore indicato dall'Amministrazione comunale che provvederà, percorrendo il tratto di Basentana interessato, ad allertare la popolazione con un segnale acustico come ad esempio una sirena.

In tale elaborato è stato riportato lo scenario relativo all'onda di piena per collasso diga e per apertura degli organi di scarico come da cartografia ufficiale

Lo scenario di rischio di riferimento è stato ottenuto dalla sovrapposizione delle aree sommergibili desunte dallo studio sopra citato ed il patrimonio infrastrutturale, di proprietà del Comune, presente nelle aree limitrofe al fiume Basento.

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1.2 Rischio geomorfologico

Rispetto al rischio idraulico, la condizione del territorio comunale è ben diversa per quanto riguarda il rischio frane. Infatti, sulla base del vigente P.A.I, poco meno del 21%

del territorio di Pietrapertosa rientra in aree a rischio frana (da R1 a R4). In particolare, le aree R3 ed R4, rispettivamente a rischio elevato e molto elevato, interessano una superficie quasi 12 km2, prevalentemente in aree interne ai rilievi più aspri, a morfologia più ondulata, ma caratterizzate dalla presenza di suoli dalla forte componente argillosa (Figura 4).

Sulla base del catalogo delle frane predisposto per la zona, si evidenzia che nella quasi totalità dei casi, gli eventi franosi sono classificabili tra gli scivolamenti rotazionali e tra i colamenti lenti; poche aree rientrano tra gli scivolamenti traslativi, così come le aree calanchive (AdB Basilicata, 2015).

Nella predisposizione del P.A.I., l'Autorità di Bacino della Basilicata ha definito le aree a rischio frana sulla base, tra l'altro, della sovrapposizione tra le informazioni rivenienti dal catalogo delle frane (tipo di frana, area d'interesse) e le informazioni concernenti gli elementi vulnerabili del territorio come ad esempio centri abitati, strade, attività economiche, infrastrutture di servizio, terreni agricoli (AdB Basilicata, 2014).

Nel caso specifico del comune di Pietrapertosa, si rileva l'indicazione di diverse aree a

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rischio elevato e molto elevato in corrispondenza della viabilità principale che, in caso di eventi di portata eccezionale, potrebbe rendere difficoltosi i collegamenti con il resto della regione.

Alcuni elementi di elevato rischio sono riconoscibili anche a ridosso del centro abitato di Pietrapertosa, lungo il margine sud ovest, e comunque all'interno del limite d'ambito urbano e periurbano definito secondo la LR n.23/99 (Figura 5).

Le condizioni di rischio appaiono ancor più evidenti nella frazione Abetina Casieri, che sorge su un'area interessata da uno scivolamento rotazionale e classificata dal PAI come R4 (Figura 6). Nessuna condizione di particolare rischio è stata invece individuata dal PAI per il nucleo della frazione Castagna (Figura 7).

Sulla base delle valutazioni condotte nell'ambito del P.A.I. e considerando che l'esposizione delle popolazione all'interno delle aree classificate ad alto rischio è piuttosto bassa, allo stato non è riconoscibile, per il Comune di Pietrapertosa, un rischio geomorfologico particolarmente elevato.

Tuttavia, in prospettiva, la prossimità del centro abitato con aree ad alto rischio suggerisce di adottare particolari misure di sicurezza negli eventuali programmi di espansione urbanistica.

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Sulla base dello studio geologico condotto ai fini della predisposizione del regolamento urbanistico ex LR n.23/99, è stata effettuata un'analisi più dettagliata del rischio geomorfologico per il centro abitato di Pietrapertosa e per le frazioni Abetina Casieri e Castagna.

Per quanto riguarda il centro abitato, l'area su cui sorge la maggior parte degli edifici presenta moderate e puntuali criticità (IIb1) e, in quanto tale, utilizzabile a fini urbanistici previo dimensionamento delle fondazioni o delle opere di presidio sulla base di indagini geologiche e geognostiche di dettaglio (Figura 8).

Ai margini del centro abitato, nell'area nord, così come a ridosso della chiesa e del convento di San Francesco, sono riconoscibili aree con criticità elevate sia puntuali che diffuse (IVb1). Si tratta di aree non utilizzabili a fini edilizi, localizzate su versanti interessati da fenomeni franosi o in prossimità di versanti sub-verticali. Gli edifici già realizzati, che si trovano all'interno di queste aree, sono pertanto da ritenersi ad alto rischio geomorfologico e, come tali, da tenere prioritariamente sotto controllo in caso di allerta o in fase di emergenza.

A sud del centro abitato, l'area interessata da una struttura sportiva polivalente ricade all'interno di un'area classificata dal P.A.I. come R4, ovvero ad elevato rischio frana.

Sebbene si tratti di un'area in cui non vi sono edifici adibiti ad abitazione, ma soltanto un locale spogliatoio a servizio del campo sportivo polivalente, può essere sede di temporanei assembramenti di popolazione, in occasione di eventi sportivi e non di un certo rilievo.

In virtù di tale destinazione d'uso, si rileva l'opportunità di subordinare

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l'organizzazione di eventi e manifestazioni nell'area ad una preventiva verifica della sussistenza o meno di allerta meteo nell'area.

Tale area, come è possibile osservare nella seconda parte del presente documento, non è stata utilizzata per la pianificazione d'emergenza.

Nella zona est del comune, si nota la presenza di alcuni edifici su terreni con giacitura in pendenza, ma esenti da fenomeni gravitativi in atto o potenzialmente attivi (IIb2).

Si tratta di aree utilizzabili a fini edilizi, seppur in presenza di indagini geognostiche e geotecniche di dettaglio e dell'eventuale realizzazione di opere di presidio e/o opere di contenimento delle pareti di scavo, che pertanto non presentano rischi particolari dal punti di vista geomorfologico.

Diverso è il caso di un'area con criticità di livello medio e diffuso (IIIb2), in cui la pendenza dei terreni è tale da richiedere, per poter essere utilizzate a fini edilizi, una variante allo strumento urbanistico confortata da valutazioni puntuali circa la compatibilità di ogni singolo intervento. Gli edifici che allo stato si trovano sull'area sono da tenere in considerazione, dal punto di vista del rischio geomorfologico, con un livello di priorità intermedio.

Per quanto riguarda la prima, ed in particolare per il nucleo di Abetina, lo strumento urbanistico predisposto per il Comune di Pietrapertosa rileva che l'area rientra tra le zone R4 del PAI, ad elevato rischio frane (Figura 9). Il nucleo abitato di Casieri, invece, così come buona parte delle abitazioni della frazione Castagna rientrano in aree con criticità puntuali e moderate, utilizzabili a fini edilizi previa predisposizione di indagini geologiche e geognostiche di dettaglio (IIb1). Sempre in località Castagna,

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pochi edifici ricadono in area classificabile anche in questo caso tra quelle a criticità puntuali e moderate, ma dall'acclività più elevata e tale da richiedere, a fini edilizi, la predisposizione di indagini geognostiche e geotecniche di dettaglio e l'eventuale realizzazione di opere di presidio e/o opere di contenimento delle pareti di scavo (IIb2) (Figura 10).

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Lo studio di dettaglio condotto ai fini della redazione del regolamento urbanistico non evidenzia rischi particolari per il nucleo più antico del centro abitato di Pietrapertosa, se non ai margini dello stesso.

L'esposizione della popolazione e degli edifici alle zone di maggiore pericolosità e vulnerabilità appare sostanzialmente limitata a poche ristrette aree. Tuttavia, si evidenzia la necessità di condurre studi più approfonditi, nonché di adottare le opportune misure di sicurezza, nel caso di sfruttamento edilizio delle aree allo stato non edificate e facenti parte del limite d'ambito urbano e periurbano di Pietrapertosa, soprattutto in virtù dell'acclività dei suoli.

1.2.a Rischio geomorfologico: individuazione punti critici

Come si evince dall'elaborato F0033A0060_1 del Piano Comunale di Emergenza di Protezione Civile del Comune di Pietrapertosa , all’interno degli areali di rischio R3 ed R4 del P.A.I. e degli areali di criticità di livello medio ed alto, sono stati individuati alcuni esposti:

• la struttura sportiva polivalente posta sul versante ovest del centro abitato - F01;

• un fabbricato privato posto sul limite nord del centro abitato - F02;

• n°26 punti sulla viabilità esistente.

• la frazione Abetina-Casieri.

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1.2.a.1 Centro sportivo polivalente

Le cause innescanti l’evento possono essere ricondotte principalmente a::

• Sisma (magnitudo > 5). Il fenomeno potrebbe determinare una frana da scivolamento indotta a causa della coltre detritica su cui appoggiano i fabbricati;

• Precipitazioni molto intense (24 – 48 ore) e/o persistenti. In questo caso, considerata la coltre detritica su cui poggiano i fabbricati, si potrebbe

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innescare una frana per colamento.

Oltre ai fattori inerenti strettamente il rischio geomorfologico, per ogni punto critico, vengono prese in esame le connessioni con il rischio d’incendio per tener conto degli effetti di natura idrogeologica indotti sui soprassuoli percorsi dal fuoco. Infatti la copertura vegetale degli alberi svolge un ruolo fondamentale nella protezione del suolo, ostacolando i processi di mobilizzazione del terreno dovuti all’acqua, al vento e ad altri processi erosivi; pertanto in aree che presentano problemi di instabilità l’effetto indotto dal fuoco con la distruzione della vegetazione e l’incendio del terreno in profondità, comporta un aumento della vulnerabilità idrogeologica con conseguente aumento del rischio di dissesto.

Per quanto concerne il rischio incendio siamo nella classe di rischio 4 quindi rischio alto.

1.2.a.2 Fabbricato ex mattatoio

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A nord dell’abitato di Pietrapertosa è stato individuato un edificio privato, di modesta consistenza la cui area di sedime poggia in un areale di criticità IVb.1(definito dallo studio geomorfologico a corredo del RU) ovvero AREE CON CRITICITA' DI LIVELLO ELEVATO SIA PUNTUALE CHE DIFFUSO, non utilizzabili allo stato attuale, per la presenza di spesse coltri di riporto poste su un versante acclive o caratterizzato da fenomeni di erosione diffusa e piccoli distacchi.

Le cause innescanti un evento critico possono essere ricondotte principalmente a:·

sisma (magnitudo > 5). Il fenomeno potrebbe determinare una frana da scivolamento mettendo in crisi il piano d' appoggio delle strutture;· precipitazioni molto intense (24 – 48 ore) e/o persistenti. In questo caso si potrebbero innescare fenomeni di frane per colamento.

Oltre ai fattori inerenti strettamente il rischio geomorfologico, per ogni punto critico, vengono prese in esame le connessioni con il rischio d’incendio per tener conto degli effetti di natura idrogeologica indotti sui soprassuoli percorsi dal fuoco. Infatti la copertura vegetale degli alberi svolge un ruolo fondamentale nella protezione del suolo, ostacolando i processi di mobilizzazione del terreno dovuti all’acqua, al vento e ad altri processi erosivi; pertanto in aree che presentano problemi di instabilità l’effetto indotto dal fuoco con la distruzione della vegetazione e l’incendio del terreno in profondità, comporta un aumento della vulnerabilità idrogeologica con conseguente aumento del rischio di dissesto.

Per quanto concerne il rischio incendio siamo nella classe di rischio 4 quindi rischio alto.

1.2.a.3 Viabilità

Di seguito si riporta l’elenco degli esposti ed una breve descrizione delle condizioni di criticità geomorfologica da cui sono interessati.

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I punti indicati in tabella sono interessati da areali che, secondo il P.A.I., sono caratterizzati da grado di rischio R3 ed R4.

In caso di sisma (magnitudo > 5) o precipitazioni molto intense (24 – 48 ore) e/o persistenti con conseguenti smottamenti del terreno che possono danneggiare la sagoma stradale, per evitare problemi alla normale circolazione dei mezzi, si rende necessario un tempestivo sopralluogo sul posto per accertare le effettive condizioni del tratto viario.

1.2.a.4 Frazione Abetina Casieri

L'area della frazione Abetina-Casieri (in particolare la località Abetina) risulta completamente a rischio R4. Essa, complessivamente, risulta essere abitata da sole 7 persone.

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Le cause innescanti un evento critico possono essere ricondotte principalmente a:·

sisma (magnitudo > 5). Il fenomeno potrebbe determinare una frana da scivolamento

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innescando problematiche significative per i fabbricati;· precipitazioni molto intense (24 – 48 ore) e/o persistenti. In questo caso si potrebbero innescare frane per colamento.Le procedure operative per il Rischio Idrogeologico da seguire sono le medesime riportate all'interno del presente piano: definizione di tre livelli di criticità, ordinaria, moderata ed elevata, corrispondenti a definiti scenari che si prevede possano verificarsi sul territorio.

1.3 Rischio sismico

Si tratta di uno scenario di rischio naturale e non prevedibile, almeno dal punto di vista temporale, ovvero del momento in cui si può verificare un terremoto. Di contro, la prevedibilità sulla localizzazione spaziale degli eventi sismici è molto più consistente e si basa su analisi statistiche e la conoscenza della natura geologica del territorio.

In linea con la definizione generale di rischio, anche il rischio sismico, ovvero le stime sui danni e/o le perdite conseguenti al verificarsi di un evento sismico in un determinato momento ed in una determinata area, è dato dal prodotto tra pericolosità, vulnerabilità ed esposizione.

Nel caso specifico, la pericolosità è espressa in termini di frequenza e forza con cui verificano eventi sismici in un determinato territorio, ovvero in termini di probabilità che si verifichi un terremoto di una certa intensità ed in certo intervallo di tempo (DPC - Dipartimento di Protezione Civile, 2013). Con Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n.3274/2003, aggiornata successivamente con Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n.3519/2006, il territorio italiano è stato classificato in funzione della sismicità.

La vulnerabilità è invece legata alla suscettibilità di ogni singola struttura a subire danni in caso di terremoto, che dipende dalla struttura dell'edificio, dall'età, dai materiali, dal luogo di realizzazione, dalla vicinanza con altre costruzioni ed elementi non strutturali (DPC, 2013).

Negli ultimi anni, anche a seguito di eventi catastrofici, gli standard di sicurezza degli edifici di nuova costruzione, richiesti dalla normativa antisismica, si sono resi sempre più stringenti. Per quanto riguarda invece la valutazione degli edifici esistenti, sono stati definiti metodi statistici, meccanici e basati su giudizio di esperti.

Per quanto concerne l'esposizione, il parametro di riferimento è dato dal numero di persone coinvolte in un sisma, decedute e/o ferite (DPC, 2013). Si tratta, sempre secondo quanto riportato dal DPC, di una variabile estremamente difficile da stimare, poiché il numero di persone coinvolte dipende dal numero di persone che abitano in un determinato edifico, dal giorno e dall'ora in cui si verifica un terremoto, dalle vie di fuga e/o dai luoghi in cui è possibile proteggersi, ecc. Altro aspetto di rilevante importanza è l'eventuale danneggiamento del patrimonio storico e culturale.

Il Dipartimento di Protezione Civile riporta che in Italia mediamente si rileva un elevato rischio sismico, derivante da un'elevata pericolosità (per sua natura geologica), un'elevata vulnerabilità (per fragilità del patrimonio edilizio ed

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infrastrutturale) ed un'esposizione altissima (a causa di una forte densità di popolazione e della presenza di un patrimonio storico ed artistico rilevante e diffuso).

1.3.a Pericolosità sismica

Per quanto riguarda la sismicità del comune di Pietrapertosa, la DGR n.731/2003 classifica il suo territorio nella zona 2. Si tratta di una zona avente pericolosità sismica media, in cui possono verificarsi terremoti abbastanza forti, in una scala che va da 1 (zona con pericolosità sismica più alta) a 4 (zona con pericolosità sismica molto bassa) (Figura 11)

Ai fini della predisposizione del regolamento urbanistico del comune di Pietrapertosa, è stata condotta la microzonazione sismica del territorio comunale.

Lo scopo dello studio, condotto secondo la normativa vigente, è quello di suddividere il centro urbano e i nuclei abitati di Abetina-Casieri e Castagna in microzone omogenee in prospettiva sismica. In particolare, sono state individuate le microzone ove, sulla base di osservazioni geologiche e geomorfologiche e della valutazione dei dati litostratigrafici, è prevedibile l’occorrenza di diversi tipi di effetti prodotti dall’azione sismica, ovvero amplificazioni, instabilità di versante, liquefazione, ecc.(Gruppo di Lavoro MS, 2008).

Per il centro abitato di Pietrapertosa sono state individuate due zone suscettibili di amplificazione locale: la prima, caratterizzata da fattori di amplificazione più bassi (FA=1.53; FV=1.03), interessa la maggior parte dell'edificato del comune, incluse le aree di nuova edificazione ad est; la seconda, caratterizzata da fattori di amplificazione più elevati (FA=2.01; FV=1.04), interessa per lo più i margini nord e sud del centro abitato (cfr regolamento Urbanistico di Pietrapertosa - microzonazione sismica).

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Valori intermedi del fattore di accelerazione sono stati riscontrati in località Abetina, che è stata classificata quasi completamente all'interno della zona 3 (FA=1.81;

FV=1.05). Il nucleo abitato di località Casieri è stato invece classificato come zona 4 e presenta il massimo valore del fattore di accelerazione (FA=2.49; FV=1.06). In località Castagna, che rientra quasi del tutto nella zona 5, è stato invece rilevato il massimo valore del fattore di velocità (FA=1.85; FV=1.07).

1.3.b Microzonazione sismica

La classificazione sismica del territorio nazionale ha introdotto normative tecniche specifiche per le costruzioni di edifici, ponti ed altre opere in aree geografiche caratterizzate dal medesimo rischio sismico. Il comune di Pietrapertosa è stato danneggiato dagli eventi sismici del 1980 e rientra nella classificazione regionale del 2012 nella zona 2: alla quale viene attribuito un valore dell’azione sismica utile per la progettazione, espresso in termini di accelerazione massima su roccia (zona 2=0.25 g.

) La zona sismica per il territorio di Pietrapertosa è indicata nell'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274/2003, aggiornata con la Deliberazione del Consiglio Regionale della Basilicata n. 731 del 19.11.2003.

I criteri per l'aggiornamento della mappa di pericolosità sismica sono stati definiti nell'Ordinanza del PCM n. 3519/2006, che ha suddiviso l'intero territorio nazionale in quattro zone sismiche sulla base del valore dell'accelerazione orizzontale massima su suolo rigido o pianeggiante ag, che ha una probabilità del 10% di essere superata in 50 anni.

Per il territorio esaminato data i base ai dati disponibili sono stati determinati alcuni parametri, in via semiquantitativa, dei valori dei coefficienti di risposta meccanica, idrologica e morfotettonica dei siti; essi sono delineati per identificare i possibili valori della forza sismica orizzontale al suolo (ovvero amplificata) espressa in termini di Fa e

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FV( carta di Microzonazione sismica 2^ livello).

La relazione corredata allo studio di microzonazione sismica attribuisce particolare importanza all'amplificazione sismica del suolo (Soil Amplification); infatti, alcuni fra i dati sperimentali disponibili dimostrano che le caratteristiche di amplificazione sismica determinate per scosse di modesta entità differiscono marcatamente da quelle corrispondente a sismi di maggior entità , in quest'ultimo caso predominano sul tipo di risposta locale gli effetti della geologia regionale e del cammino seguito dalle onde sismiche nel loro avvicinarsi al sito. In ogni caso il fenomeno di risposta sismica locale risulta dominante nella determinazione della risposta sismica del sito.

La risposta dinamica di un sito all’eccitazione sismica è fortemente influenzata dalle condizioni geologiche, geotecniche e geomorfologiche locali, che modificano, spesso in modo significativo, le caratteristiche del moto in termini di ampiezza, contenuto in frequenza e durata. Tali modifiche sono indicate in letteratura come effetti di sito (o amplificazione/deamplificazione sismica locale) e devono essere debitamente tenute in conto nelle analisi di risposta sismica.

Gli altri fattori che condizionano le modifiche nel contenuto in frequenza ed ampiezza delle onde di taglio S durante il loro passaggio dalla roccia di base alla superficie del suolo, attraverso un terreno stratificato sono in linea generale:

-peso di volume dei vari strati di terreno -rigidezza

-spessore

-caratteristiche fisiche del terreno -topografia

-intensità della scossa sismica.

Essendo un fenomeno molto complesso, che coinvolge sia i parametri del terreno che le caratteristiche del moto sismico, per tenerne conto le normative propongono approcci semplificati, quantificando gli effetti locali mediante il rapporto tra moto sismico alla superficie del sito e quello che si osserverebbe per lo stesso evento sismico su un ipotetico affioramento roccioso con superficie topografica orizzontale.

In particolare, la normativa italiana vigente (NTC08) e la maggior parte di quelle internazionali valutano la risposta sismica locale (RSL), tramite l’introduzione di opportuni incrementi all’azione sismica sulla base della classificazione del sottosuolo in determinate categorie sismiche, cui sono associati specifici fattori di amplificazione.

Il parametro di classificazione più utilizzato è la media delle velocità delle onde di taglio degli strati più superficiali fino a 30 metri di profondità (VS,30).

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1.3.c Sismicità storica

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state desunte dal database DBMI11 contenente i dati di intensità relativi a 1681 terremoti che fanno parte di CPTI11 (Rovida et al., 2011), e in particolare relativi a:

• 1484 terremoti i cui dati sono stati utilizzati per determinare i parametri che fanno parte di CPTI11;

• 197 terremoti etnei, i cui dati non sono utilizzati per determinare i parametri che fanno parte di CPTI11, in quanto i relativi parametri sono stati adottati direttamente dal Catalogo Macrosismico dei Terremoti Etnei (CMTE;

http://www.ct.ingv.it/ufs/macro; Azzaro et al., 2000; 2002; 2006; 2009).

I dati di intensità che contribuiscono a DBMI11 rappresentano un sostanziale avanzamento rispetto a quelli che hanno contribuito a DBMI04 (Stucchi et al., 2007).

Oltre a questi ultimi, per la compilazione di DBMI11 sono stati considerati i dati provenienti dagli studi rilasciati a tutto il 2007.

Tabella 8 - Sismicità storica Pietrapertosa - Database DMBI11 - INGV

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1.3.d Scenario di danno

Gli scenari di evento forniscono la descrizione delle dinamiche dell’evento ottenuta mediante l’analisi sia di tipo storico che fisico delle fenomenologie che lo generano. La sovrapposizione dello scenario di evento sugli elementi del territorio esposti al rischio conduce alla definizione dello scenario di danno.

Gli scenari di danno consentono un’efficace pianificazione dell’emergenza. Sulla base della simulazione degli effetti sul territorio di un dato evento, previsto nello scenario, possono essere dimensionate le risorse di cui disporre in caso di reale emergenza ed essere messe a punto le procedure d’intervento da attivare e le aree di emergenza da attrezzare.

La valutazione rigorosa degli scenari richiede studi dettagliati a scala locale di una notevole complessità e, soprattutto, una puntuale conoscenza del territorio, sia per quanto riguarda gli aspetti fisici (geologici, geomorfologici, ecc.) sia per quanto riguarda la tipologia e la consistenza dei beni esposti (edilizia, infrastrutture, ecc.) e la rispettiva vulnerabilità.

Il Dipartimento della Protezione Civile (DPC) ha realizzato una preliminare valutazione di tali scenari di danno a seguito di un evento sismico, con la consapevolezza che, in attesa di valutazioni maggiormente dettagliate e dei risultati di ulteriori ricerche attualmente in corso, deve essere reso disponibile il quadro conoscitivo minimo ed indispensabile a coloro che devono predisporre piani di emergenza, pur nei limiti metodologici e delle conoscenze disponibili.

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