Introduzione
Il mondo si sta urbanizzando e le città sono sempre più il luogo della produzione di ricchezza econo- mica di una regione/paese. I tassi annui di urbanizzazione raggiungono alcune volte il 6-6,5 %: ciò significa che solo dopo 10 anni la popolazione tende a raddoppiarsi.
Quale qualità della vita, quale benessere, quali condizioni di salute sono possibili in queste situazio- nisoprattutto nella grandi città? Qual è il ruolo che il patrimonio culturale può svolgere?
L’Agenda 2030 (Nazioni Unite, 2015) raccomanda la necessità di ‘costruire città sostenibili, resilienti, inclusive e sicure’ (goal 11) e a tal fine fa esplicito riferimento al patrimonio culturale nel target 11.4.
La Nuova Agenda Urbana (Nazioni Unite, 2016) – che rappresenta la ‘territorializzazione’ dei principi dall’Agenda 2030 – richiama più volte il patrimonio come un fattore chiave per lo sviluppo urbano sostenibile (§§ 10, 15, 24, 26, 38, 45, 60, 66, 67, 124, 125).
Nell’Unione Europea occorre ricordare le ‘Conclusioni’ dell’incontro di Amsterdam sull’Agenda Urbana - Patto di Amsterdam del maggio 2016 - nonché la Comunicazione del luglio 2014 in cui si propongono delle ‘linee guida’ verso un approccio integrato al patrimonio culturale per l’Europa, identificando il patrimonio culturale come risorsa strategica per un’Europa sostenibile.
Ma come concretamente integrare ed ‘utilizzare’ il patrimonio culturale nelle strategie di sviluppo delle città?
Le Città Metropolitane italiane
Viviamo dunque in un ‘mondo di città’ e queste stanno crescendo, incorporando le aree urbane circostanti e diventando grandi agglomerati ‘metropolitani’ (TRAPERO ET AL., 2015). La definizione di città metro- politana cambia da paese a paese. Una definizione generale che possiamo assumere si riferisce ad un’area metropolitana come una regione economica che comprende una o più città e le loro aree circostanti, tutte collegate da legami economici e ‘di pendolarismo’ (TRUJILLO EPARILLA, 2016).
In Italia, le città metropolitane sono state introdotte con la Legge Delrio n. 54/2014. Nelle 14 città metropolitane identificate dalla Legge (Bologna, Genova, Milano, Torino, Venezia, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Reggio Calabria, Palermo, Messina, Catania, Cagliari) vive circa il 35% della popolazione italiana (2014). Il 70% sono città portuali; il 65% sono siti UNESCO e tutte hanno comunque un patrimonio culturale significativo.
Le città metropolitane italiane stanno affrontando oggi molte questioni critiche: mancanza di una vera integrazione fra centro e hinterland metropolitano, dove sono localizzate le attività industriali (CALAFATI, 2015); diminuzione degli investimenti pubblici/locali; incertezze nella strutturazione della base fiscale-finanziaria della città metropolitana. Questi nodi critici rappresentano alcuni grandi ostacoli per l’attuazione di azioni di pianificazione strategica.
Molti dei porti di queste città metropolitane, sebbene abbiano una posizione strategica nel mar Mediter- raneo e possano contare su risorse culturali attrattive, sono in declino a causa di cambiamenti strutturali globali nei trasporti e nei flussi commerciali. E ciò malgrado un paesaggio culturale di alto valore.
Città metropolitana di Napoli: beni culturali, turismo, economia circolare
Luigi Fusco Girard - Francesca Nocca
La legge Delrio
La legge Delrio n. 56/2014 detta disposizioni in materia di città metropolitane, province, unioni e fusioni di comuni al fine di adeguare il loro ordinamento ai principi di sussidiarietà, differen- ziazione e adeguatezza.
Introduce le città metropolitane, istituite a partire dal 1 Gennaio 2015, quali enti territoriali di area vasta a sostituzione delle province.
Con la legge Delrio sono attribuite alle città metropolitane diverse funzioni quali, in particolare (art. 1 commi 44-46), «la pianificazione territoriale generale, la strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, l’organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano, mobilità e viabilità, promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale (‘anche assicurando sostegno e supporto alle attività economiche e di ricerca innovative e coerenti con la vocazione della città metropolitana come delineata nel piano strategico del ter- ritorio’), promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano».
Inoltre, la legge introduce (oltre alla pianificazione territoriale generale) il ‘piano strategico’
triennale del territorio metropolitano (con aggiornamento annuale).
Esso è un processo di pianificazione che definisce:
obiettivi di sviluppo di un sistema;
mezzi, strumenti e azioni per raggiungerli in una prospettiva di medio/lungo periodo.
Ad oggi, solo 4 (Bologna, Genova, Milano, Torino) delle 14 città metropolitane italiane hanno approvato il Piano Strategico Metropolitano (PSM).
La Città Metropolitana di Napoli
La città Metropolitana di Napoli è composta da 92 Municipalità. In riferimento alla popolazione, è seconda (dopo Roma) e quasi alla stessa posizione di Milano nel ranking delle città metropolitane italiane.
Ad oggi, la Città Metropolitana di Napoli non ha ancora un Piano Strategico Metropolitano ap- provato essendo il processo di elaborazione di tale piano ancora in itinere. Infatti, il 27 novembre 2018 sono state approvate le linee di indirizzo nelle quali sono state individuate le direttrici principali e gli assi strategici.
Le principali prospettive di intervento si riferiscono allo sviluppo economico e sociale del territorio per garantire il miglioramento della qualità della vita.
Sono stati definiti i seguenti assi strategici: cultura/turismo, urbanistica, qualità dell’aria, contrasto al dissesto idrogeologico, ciclo integrato dei rifiuti (Delibera del Consiglio Metropolitano n. 184 del 27.11.2018).
Si propone una piattaforma logistica di scala euro-mediterranea (punto 3 del ‘Documento di in- dirizzi per l’avvio del procedimento partecipativo di formazione del Piano Strategico della Città Metropolitana di Napoli’) per mettere a sistema i poli logistici e per il rilancio del sistema portuale metropolitano.
In particolare, per quanto riguarda l’asse cultura/turismo (Delibera del Consiglio Metropolitano n. 184 del 27.11.2018) si evidenzia che il turismo rappresenta un volano per lo sviluppo dell’area e che dunque si intende investire sulla valorizzazione del patrimonio culturale ed il potenziamento delle reti viarie e del sistema di trasporto.
Ma quali strategie di conservazione/valorizzazione per il patrimonio culturale? Quali azioni e progetti per lo sviluppo sostenibile della città metropolitana di Napoli?
Il modello dell’economia circolare e della città metropolitana circolare
Nel punto 3 del ‘Documento di indirizzi per l’avvio del procedimento partecipativo di formazione del Piano Strategico della Città Metropolitana di Napoli’ si evoca a più riprese il modello di economia circolare a partire dalla gestione del ciclo dei rifiuti. Il modello di economia circolare è richiamato prin- cipalmente in riferimento ai procedimenti industriali («che abbandonino i modelli di attività fondati sul consumo o sulla compromissione della qualità di risorse non rinnovabili e privilegino l’uso responsabile e la salvaguardia delle risorse, secondo i principi ormai codificati dell’economia circolare, che prevede il reinserimento nel ciclo produttivo dei materiali e dell’energia recuperati dai prodotti non più utilizzati») e al ciclo dei rifiuti (con particolare riferimento alla raccolta differenziata).
In effetti, l’economia circolare non si riferisce solo al ciclo dei rifiuti (COMMISSIONEEUROPEA, 2015);
essa è l’economia delle sinergie e della simbiosi tra le diverse attività industriali, il sistema urbano e il sistema territoriale. È l’economia rigenerativa dei materiali, ma anche delle risorse naturali, culturali e sociali, dell’energia, dell’acqua, ecc. Il modello circolare, basato sul principio che in natura nulla è
‘rifiuto’ e tutto può diventare ‘risorsa’, può essere utilizzato per rendere operativi i principi dello svi- luppo sostenibile e guidare quindi le azioni relative agli assi strategici individuati dalle linee di indirizzo del PSM di Napoli.
Qui si vuole in particolare fare riferimento alla prospettiva cultura/turismo. Infatti, la logica su cui si basa l’economia circolare può essere trasferita dal settore industriale (ecologia industriale) al settore del turismo attraverso l’attuazione di modelli di business basati sui principi della sostenibilità e può contribuire a rendere il turismo più sostenibile (FUSCOGIRARD, NOCCA, 2017).
Le città metropolitane stanno affrontando molte sfide legate all’aumento generale dei costi. L’economia circolare offre una prospettiva per ridurre i costi derivanti dalla trasformazione delle economie di agglo- merazione in diseconomie di agglomerazione e per rendere operativi i principi di sviluppo sostenibile.
Grazie al modello di economia circolare gli input sono minimizzati e, allo stesso tempo, gli output sono massimizzati, preservando il più a lungo possibile il valore delle risorse prodotte (ELLENMA-
CARTHURFOUNDATION, 2015; PRESTON, 2012).
L’economia circolare offre una grande opportunità per aumentare la produttività urbana e, ad oggi, ci sono alcune buone pratiche di circolarizzazione dei processi a diverse scale (simbiosi industriale, ecc.) in cui l’attuazione dei processi circolari ha prodotto benefici: riduzione dei materiali e costi energetici, riduzione delle emissioni di anidride carbonica (FUJITA ET AL., 2013), miglioramento delle performance economiche/occupazionali.
Le città sono, dunque, il luogo in cui l’economia circolare può essere concretamente attuata per il raggiungimento dello sviluppo sostenibile. Lo studio e l’analisi del modello di città circolare sono in una fase iniziale e le città metropolitane europee stanno implementando tale modello in modo diverso (ad esempio Amsterdam, Anversa, Glasgow, Londra, Parigi, Londra, Marsiglia, ecc.).
Oggi ci sono molte città che si definiscono ‘città circolari’.
Ma cos’è una città circolare? Ad oggi, non esiste una chiara definizione. Il disaccoppiamento del consumo di risorse dalla produzione e dalla crescita economica rappresenta sicuramente il primo obiettivo di una città circolare, come emerge dall’analisi di casi studio e da alcuni articoli scientifici (FUSCOGIRARD, NOCCA, 2018).
La città circolare incorpora i principi dell’economia circolare, promuovendo un sistema urbano rige- nerativo. La chiusura dei cicli è un concetto fondamentale alla base di tale città: i processi lineari sono trasformati in processi circolari. L’idea di eliminare (o minimizzare) i rifiuti e l’uso razionale ed efficiente dell’energia sono evidenziati in quasi tutte le definizioni. Viene anche riconosciuto il ruolo della tecnologia digitale per rendere operativo il modello di città circolare.
Flessibilità (ad esempio dell’ambiente costruito), comportamento cooperativo, integrazione, riciclo sono concetti chiave della città circolare. Il verde e gli orti urbani sono riconosciuti come elementi per migliorare l’ambiente della città circolare. Modelli di business innovativi sono ritenuti necessari per l’attuazione di questo nuovo modello urbano.
Molte definizioni di città circolari si riferiscono alla descrizione fornita dalla Ellen MacArthur Foundation.
Oltre ai concetti sopra citati, tale fondazione riconosce la città circolare come una città in cui, in particolare, l’ambiente costruito è progettato in maniera modulare e flessibile; i sistemi energetici sono resilienti, rinnovabili, localizzati, riducendo i costi e producendo impatti positivi sull’ambiente; il sistema di mobilità urbana è accessibile, economico ed efficace; i sistemi di produzione incoraggiano la creazione di ‘circuiti di valore locale’; i nutrienti saranno restituiti al suolo in modo appropriato secondo una bioe- conomia urbana (ELLENMACARTHURFOUNDATION, 2015).
Il contributo del modello di città circolare al miglioramento della qualità della vita per i cittadini è sottolineato più volte nei reports delle città circolari, in particolare in riferimento alla produzione di nuovi posti di lavoro e di nuove imprese (FUSCOGIRARD, NOCCA, 2018).
È riconosciuta la necessità di coinvolgere diversi ‘elementi’ (diversi stakeholders, attori, risorse, tec- nologie, ecc.) per attuare questo modello.
E’ da rilevare che nel modello di ‘città circolare’ che sta emergendo in molte proposte (Rotterdam, Amsterdam, Anversa, ecc.) vi è l’attenzione innanzitutto al rapporto simbiotico città-porto e quindi alla gestione circolare delle risorse naturali, energetiche, idriche, ecc. Non c’è analoga attenzione al pa- trimonio culturale in una prospettiva di gestione circolare. Eppure esso rappresenta la memoria stessa (cioè il cuore) del sistema vivente dinamico complesso e adattivo che è la città.
Il ruolo del patrimonio culturale nell’attuazione della città metropolitana circolare
Il patrimonio culturale e l’area portuale possono rappresentare due punti di partenza significativi per l’implementazione del modello di città metropolitana circolare a Napoli (come emerge anche da alcune esperienze quali Anversa, Rotterdam, Marsiglia, Amsterdam).
Come sopra evidenziato, nell’approccio circolare le risorse vengono riutilizzate, riciclate, recuperate, rigenerate e condivise. Nella prospettiva del paesaggio, l’economia circolare consente di conservare il valore d’uso (attraverso la rigenerazione delle risorse) e i valori intrinseci del patrimonio.
Il riuso, il recupero, il restauro del patrimonio/paesaggio culturale fanno parte dei processi di economia circolare. In effetti, esiste una stretta relazione tra la conservazione del patrimonio culturale (attraverso il suo riuso funzionale) e l’economia circolare: entrambi mirano a prolungare il più possibile il ciclo di vita della risorsa. Il riuso del patrimonio culturale si può attuare attraverso processi di economia circolare e, viceversa, uno dei settori attraverso i quali l’economia circolare può essere implementata è rappresentato dalla conservazione del patrimonio/paesaggio culturale.
La conservazione/valorizzazione del patrimonio culturale e l’economia circolare quindi ‘si intrec- ciano’ perché entrambe prolungano i valori d’uso in un tempo indefinito. In questo modo si pro- ducono benefici multidimensionali: benefici culturali (‘mantenendo vivo’ un simbolo di identità della comunità), benefici economici (in termini di aumento della produttività), benefici ambientali (es. riduzione del consumo di risorse) e benefici sociali (es. occupazione) .
Le aree portuali contribuiscono a definire l’identità di una città, con i loro waterfront che generano un paesaggio caratterizzato in generale da una particolare bellezza. Il paesaggio sta giocando un ruolo sempre più centrale nella competizione economica globale. Infatti, la maggior parte dei paesaggi urbani più belli del mondo sono relativi a città/aree portuali: Bergen, Venezia, Genova, Istanbul, Liverpool, Malta, Napoli, Oporto, San Pietroburgo, ecc.
La qualità del paesaggio naturale e culturale è importante per i processi di rigenerazione, ma da sola non è sufficiente. Deve essere integrata con il paesaggio umano e sociale in grado di innescare processi virtuosi di circolarizzazione e sinergie, contribuendo alla dimensione umana dello sviluppo (FUSCOGIRARD, 2013).
Porto e città hanno interessi e priorità diversi, quindi è necessario trovare soluzioni in grado di creare sinergie tra loro. Occorrono soluzioni in grado di aumentare la produttività dell’ecosistema portuale (in termini multidimensionali).
Anche le città e le aree portuali hanno un particolare potenziale di sviluppo e possono assumere un ruolo importante per raggiungere uno sviluppo sostenibile e attuare il modello di città circolare, combinando in un approccio circolare e sinergico l’economia portuale, le attività logistiche e in- dustriali con la rigenerazione del patrimonio/paesaggio culturale (a partire dalle risorse culturali locali). Le città portuali diventano città di simbiosi: simbiosi tra economia industriale/logistica ed economia turistica, sistema industriale e sistema urbano, conservazione del patrimonio/paesaggio culturale e sviluppo economico, ecc. (FUSCOGIRARD, 2013).
L’area del porto è il luogo in cui i flussi sono massimizzati; ad esempio, è il luogo in cui arrivano e partono molti flussi dell’economia globalizzata, il punto focale che collega ogni paese del mondo. Le attività commerciali, industriali, logistiche, turistiche e della pesca si concentrano nel- l’area portuale, rendendola una forza trainante per la produzione di ricchezza economica.
Il porto rappresenta il punto di ingresso per l’attuazione del modello circolare in molte città: ad esempio, Rotterdam, Amsterdam, Marsiglia, Anversa. Ogni Autorità Portuale di queste città ha la propria politica per rendere operativi i principi dell’economia circolare, sulla base del ‘profilo’
del porto.
Patrimonio culturale e turismo come volani per lo sviluppo della Città Metropolitana
Il rapporto tra patrimonio culturale e turismo ha configurato la tradizionale ‘visione’ che caratte- rizza molti approcci alla conservazione e alla gestione del patrimonio culturale.
Il turismo, dopo il commercio e la distribuzione e i settori dell’edilizia, rappresenta la terza attività socio-economica nell’Unione Europea (PARLAMENTO EUROPEO, 2015). È dunque una delle attività che maggiormente supporta il settore economico: dal 2016 al 2017, esso ha contribuito a circa il 9-10% del PIL ed ha supportato oltre 200 milioni di posti di lavoro (impatti diretti, in- diretti, indotti) (UNWTO, 2016).
Come evidenziato anche nelle linee di indirizzo del Piano Strategico della Città Metropolitana di Napoli (ma anche di altre città metropolitane italiane), il turismo può essere considerato un motore di sviluppo, in quanto produce molti impatti positivi, dal commercio all’occupazione.
Esso ha un potenziale molto significativo nella valorizzazione del capitale umano, producendo ad esempio occupazione e lavoro dignitoso. Tale capacità di produrre occupazione rappresenta un aspetto chiave del contributo del turismo allo sviluppo sostenibile.
Allo stesso tempo però il turismo può produrre impatti negativi. Esso può essere causa di danni am- bientali e inquinamento, degrado del patrimonio, sprechi vari, ecc. perché è configurato, il più delle volte, secondo il tradizionale modello dell’economia lineare: ‘prendi-usa-getta’ (FUSCOGIRARD, 2018a). Infatti, dopo lo sfruttamento turistico intenso di un sito, ciò che rimane, una volta superata una certa soglia di sfruttamento, è solo un ‘insieme di materiali di rifiuto’ (BUTLER, 1980).
Il settore turistico è sicuramente in grado di produrre ricchezza nel breve termine, ma i benefici netti possono essere inferiori se si considerano i costi indiretti ed indotti, considerando, ad esempio, gli impatti ambientali (FUSCOGIRARD, NOCCA, 2017).
È dunque necessario identificare nuove strategie di gestione del turismo in grado di produrre maggiori benefici e, contemporaneamente, ridurre i costi (ambientali, sociali ed economici).
Il turismo può essere definito sostenibile se «considera il complesso dei suoi impatti economici, sociali, ed ambientali, attuali e futuri, incontrando le necessità dei visitatori, dell’industria, del- l’ambiente e delle comunità ospitanti» (UNWTO e UNEP, 2005). Esso mira a «soddisfare i bisogni dei turisti e delle regioni ospitanti e, allo stesso tempo, preserva e migliora le opportunità future» (UNWTO, 1998).
La nozione di turismo sostenibile deve incorporare i benefici ‘netti’ nel breve, medio e lungo ter- mine, evitando il conflitto tra turisti ed abitanti e tra valori indipendenti dall’uso (intrinseci) e valori d’uso.
Il turismo culturale, che rappresenta il 37% del turismo (che cresce con tassi annui fino al 15%) ed è interessato in particolare al ‘significato’ del patrimonio culturale, rientra nella prospettiva del turismo sostenibile. Ma è caratterizzato anch’esso dalla stagionalità: non garantisce la continuità dei benefici nel corso del tempo.
In questa prospettiva, l’economia circolare può contribuire – a certe condizioni – a rendere il tu- rismo culturale più sostenibile.
Il settore turistico è strutturalmente collegato al riuso, recupero, riqualificazione del patrimonio cul- turale. Attraverso queste azioni si allunga il ciclo di vita utile del manufatto architettonico/culturale.
Spesso il concetto di economia circolare associato al settore turistico è essenzialmente legato alla produzione di beni e servizi con riduzione di rifiuti e all’utilizzo di piattaforme di condivisione.
Il turismo circolare è quindi definito come un modello in grado di creare un circolo virtuoso che produce «beni e servizi senza sprecare le risorse limitate del pianeta quali materie prime, acqua ed energia» (www.circular-tourism.com), che limita l’impatto sull’ambiente e in cui gli attori del turismo (viaggiatori, ospiti, tour operators, fornitori) adottano un approccio eco-compatibile e re- sponsabile. Tale definizione è vera, ma rappresenta solo un aspetto del turismo circolare.
Il turismo si concentra solo in determinati periodi dell’anno e quindi spesso i siti turistici sono oggetto di funzioni/uso solo durante determinate stagioni (generalmente durante la stagione estiva). Il turismo nella prospettiva circolare è interessato a introdurre funzioni nuove, aggiuntive e innovative nei siti d’attrattività turistica che possono portare ad un aumento (miglioramento) della domanda durante i mesi non estivi (senza trasformarli in ‘relitti turistici’).
Il turismo, nella prospettiva dell’economia circolare, è dunque interessato sui seguenti tre piani (FUSCOGIRARD, 2018a):
- evitare/ridurre la concentrazione della domanda turistica in poche specifiche aree/siti;
- allungare il ciclo di vita utile del sito turistico con l’introduzione di nuove funzioni, ma evitando che sia superata la capacità di carico;
- allungare l’attività turistica a tutto l’anno.
In questa ottica, la valorizzazione del patrimonio culturale non deve essere considerata solo in una prospettiva turistica (proprio a causa della stagionalità di tale attività), ma anche produttiva.
Dunque, alle funzioni tradizionali legate al riuso del patrimonio culturale (musei, attività artistiche, ecc.) vanno affiancate anche attività di tipo produttivo (laboratori di ricerca, produzione nel settore creativo, culturale, agroalimentare, cosmetico, farmaceutico, ecc.).
Occorre inserire i processi di sviluppo turistico e di valorizzazione del patrimonio culturale iden- tificati nelle linee di indirizzo del Piano Strategico della Città Metropolitana di Napoli più deci- samente nella prospettiva del modello di economia circolare. Si tratta di una prospettiva non solo tecnica, ma anche culturale.
Per un Piano Strategico circolare della Città Metropolitana di Napoli e per un Piano Strategico Metropolitano per la Cultura
La Città metropolitana di Napoli è composta da 92 comuni abituati ‘a ragionare’ in maniera autonoma ed autoreferenziale e non in una logica di sistema, di rete e di interdipendenze. L’efficacia di strumenti tecnici (come il Piano Strategico Metropolitano o il Piano di Coordinamento Territoriale) in una realtà fatta di 92 comuni fortemente orgogliosi della propria storica autonomia aumenta se si riescono ad attivare processi di tipo circolare. Essi promuovono comportamenti sistemici in un territorio in cui la logica sistemica non esiste. Ma in un contesto in cui non è possibile un approccio del tipo ‘co- mando e controllo’, ma solo un approccio in termini di promozione di complementarietà, coordina- mento, cooperazione, le azioni per migliorare la produttività complessiva (economica, sociale e am- bientale) vanno attentamente predisposte.
Come sopra detto, il modello circolare offre una nuova prospettiva per orientare le strategie e le azioni verso una maggiore efficacia/efficienza: economia circolare come economia delle relazioni, delle sinergie, delle simbiosi, della cooperazione. Ci sono numerose buone pratiche di economia cir- colare che dimostrano che ‘cooperare conviene’ da un punto di vista economico, sociale e ambientale.
L’economia circolare è legata, inoltre, alla ‘cultura della circolarità’. Essa dovrebbe ‘sostenere dal basso’ le iniziative del Piano Strategico. Nella nostra società, caratterizzata da forte frammentazione, i beni comuni (di cui il patrimonio culturale è un ottimo esempio) possono rappresentare un punto di ingresso per generare e rigenerare microcomunità. Occorre generare/rigenerare le relazioni, produrre coesione, reti e ‘reti di reti’. Servono cioè dei ‘collanti’ per contribuire ‘dal basso’ alla rea- lizzazione della Città Metropolitana. Nel patrimonio culturale c’è un potenziale come ‘infrastruttura connettiva’ (FUSCOGIRARD, 2018b), ovvero come infrastruttura capace di ‘tenere più coesa’ la società (oggi altamente frammentata soprattutto nelle grandi città), creando e rigenerando legami e relazioni.
Rigenerare il patrimonio culturale contribuisce a rigenerare l’‘infrastruttura connettiva’ (FUSCO
GIRARD, 2018b) e non solo l’economia turistica.
In questa prospettiva, gli strumenti tecnici (come il Piano Strategico Metropolitano circolare) sono sicuramente necessari, ma non sono anche sufficienti. È possibile organizzare le attività/azioni dei 92 Comuni sulla base di un Piano Strategico, ma quanto sopra avrà maggiore successo se sostenuto da una cultura diffusa, da una nuova mentalità da parte degli abitanti. Occorre, dunque, anche un Piano Strategico Metropolitano per la Cultura, che contribuisca alla formazione di un ‘ethos condiviso’, che faccia da collante relazionale per il successo dei suddetti strumenti tecnici.
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