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COMUNICAZIONE ED ERA POST-MODERNA

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Academic year: 2021

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Indice

RINGRAZIAMENTI 3

INTRODUZIONE 5

CAPITOLO I

COMUNICAZIONE ED ERA POST-MODERNA

8 I.1. “C'era una volta” - le premesse del concetto di massa 8 I.1.1. "Uno, due, tre, quattro, nevica lì dove siete voi signor Thiesen?" 14

I.1.2. Ciak, si gira! 19

I.1.3. “Va ora in onda...” 22

I.2. Il concetto di massa e la società dell'informazione 28

I.2.1. I media e la convergenza 29

I.2.2. La comunicazione sotto la soglia 39

I.2.3. Le implicazioni della teoria dell'incorporazione 46 CAPITOLO II

CONNESSIONE: IL NUOVO PARADIGMA DELLA COMUNICAZIONE

58 II.1. Previsioni sul “futuro” interpretazione del “passato” 58 II.1.1. Non-conventional Sixties e la comunicazione totale 60

II.2. Postmodernità 67

II.3. La Rete di Internet 77

II.2.1. La legge 80/20 nell'era di internet 80

II.2.2 Web 2.0: apoteosi della conversazione 86

II.4. Il Connected Marketing che punta al Societing 91

II.4.1. Guerriglia 95

II.4.2. Tribale 105

II.4.3. Passaparola 110

II.4.4. Virale 125

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CAPITOLO III

ALLA RICERCA DI UNA GRAMMATICA DEI VIDEO VIRALI 142

III.1. Spot elettorali e commerciali 148

III.1.1. Peace Little Girl (Daisy) 149

III.1.2. Ferrero Rocher – Ambrogio e la “Contessa” 154

III.1.3. Martini & Rossi – Martini Bianco 158

III.1.4. The Royal Wedding by T-Mobile 165

III.2. Video amatoriali 174

III.2.1. Diet Coke and Mentos 175

III.2.2. Everyday 178

III.2.3. Skateboarding dog 182

III.2.4. Leave Britney Alone 184

III.2.5. Inception Berlusconi 187

III.3. Sulla linea di confine: Perché tu mi piaci 196 CAPITOLO IV

LE IMPLICAZIONI AZIENDALI DELLE DINAMICHE VIRALI E DELLA DIFFUSIONE EMOZIONALE

205

RIFLESSIONI CONCLUSIVE 219

APPENDICE – QR CODE 222

BIBLIOGRAFIA 223

SITOGRAFIA 229

VIDEOGRAFIA 239

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Ringraziamenti

Desidero innanzitutto ringraziare il Professor Luca Mori per la sua infinita disponibilità e competenza, che ha sempre messo a disposizione senza nessuna riserva, per quanto gli è stato possibile. Grazie ai suoi insegnamenti, perfettamente bilanciati tra pratica e teoria, ho rinforzato il mio interesse per il ruolo delle emozioni in campo comunicativo. Ringrazio anche Carlo Marletti per aver accettato di buon grado la nomina a mio correlatore e Marco Guidi, presidente del corso di laurea, per essere stato un punto di riferimento fin dal primo semestre della triennale. Vorrei inoltre ringraziare i seguenti professori per avermi ispirato, spronato, incoraggiato o sostenuto durante il quinquennio: Susan George, Elena Salibra, Fabrizio Wolkenstein Braccini, Silvano Cacciari, Raffaello Ciucci, Antonio Iossa, Giuseppina Iacoviello, Giovanna Marotta e Joanne Spataro. Infine non posso non ricordare l'aiuto che il coordinatore didattico, Sandro Bernacchi, ha sempre fornito in modo puntuale e cortese: la sua presenza rende la parte burocratica del percorso universitario molto più semplice, permettendo agli studenti di sentirsi meno soli e confusi.

Non posso mancare di rendere grazie a Gianfrancesco Cutelli, Serena Lupi ed ogni persona che ha lavorato e lavora alla Gelateria De' Coltelli per avermi concesso i tempi e gli spazi adeguati per non trascurare il mio percorso di studi. In particolare in queste ultime settimane Amalia, Debora, Valentina e Anna L. hanno saputo darmi sostegno e disponibilità, non solo nelle sostituzioni, ma anche a livello psicologico. Il vostro supporto è stato determinante. In questo luogo di lavoro, che spesso sembra una grande famiglia, ho potuto mettere a frutto molto di quello che ho appreso con l'università o con i miei approfondimenti personali, trovando in Gianfrancesco anche un valido interlocutore capace di fornire spunti pratici e casi di studio nell'ambito della comunicazione d'impresa.

Un grazie profondo lo devo alle due persone meravigliose che hanno sempre dato prova di un affetto sincero: Irene e Simona. Grazie perché ci siete sempre, anche se ognuna con il proprio stile. Irene, per la seconda volta, si è dimostrata preziosa non solo dal punto di vista affettivo, ma anche dal punto di vista pratico della tesi; sono veramente fiera di averti come amica. Con Simona abbiamo costruito lentamente un rapporto fatto di stima, rispetto e profonda amicizia e con lei faccio qualsiasi cosa bene: lavorare, parlare, ridere, scherzare e piangere. Entrambe ci sono sempre quando busso alla loro porta. Siete la mia forza.

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Un abbraccio va a tutti i miei amici e colleghi che da anni sono più o meno presenti nel mio percorso di vita. Per nominarvi tutti ci vorrebbe un'altra pagina, ma le persone a cui mi riferisco sanno che parlo di loro. Fra questi però devo citare Lorenzo, un “quasi” fratello. Non ce lo diciamo mai, ma ora che sei lontano e i nostri percorsi forse si stanno dividendo te lo devo scrivere: ti voglio un mondo di bene.

La persona in questo momento più importante, a cui devo la maggior parte della mia felicità da quasi due anni, è Alessandro. Con te accanto ho iniziato la specialistica e non potrei immaginare questo giorno di conclusione di una fase così importante della mia vita senza di te. Sai sostenermi e spronarmi a credere in me stessa, anche se in modo tutto tuo. Dovrei ripeterti grazie un centinaio di volte solo per le gioie che hai portato nella mia vita, ma considerando la tua capacità di renderti utile per qualsiasi cosa abbia bisogno, tra cui pure un aiuto nella stesura di questa tesi, la mia gratitudine non ha limiti. Un ringraziamento va anche alla tua famiglia, in particolare a Ornella che mi supporta e mi dimostra sempre grande affetto.

Devo infine esprimere profonda riconoscenza a tutta la mia famiglia per il sostegno, l'affetto ed il grande aiuto che mi danno. C'è sempre stata e so che ci sarà sempre. Troppo spesso non si riesce a ricambiare l'amore ricevuto dal proprio nucleo familiare, ma vi assicuro che siete sempre nei miei pensieri e nel mio cuore. Mia madre è sempre pronta ad aiutarmi in maniera tempestiva e partecipata, il suo affetto è vitale. Mio padre invece c'è sempre e comunque, anche senza parlare intuisce ogni piccolo malessere e mi sta vicino con profondo amore. Mio fratello è tendenzialmente un orso, ma quando meno te lo aspetti ti sorprende con dimostrazioni di grande affetto. Mia nipote è già una piccola donna e spero di poter essere sempre di più una zia ideale per lei, così da starle intimamente vicina durante tutta la sua vita. Dedico questo traguardo alla mia famiglia, spero che siate sempre fieri di me.

Con profonda e sincera gratitudine, Kinzica.

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Introduzione

La società contemporanea è abituata a vivere dei cambiamenti anche molto importanti ad una velocità impressionante, soprattutto se comparata ai lenti ritmi del Pianeta Terra. In particolare, lo sviluppo e la ricerca tecnologica sembrano mostrare nuovi orizzonti quasi ogni giorno, anche se poi, nella realtà, i cambiamenti si alternano ciclicamente. Nelle fasi successive alle “rivoluzioni” avviene un'importante momento di riflessione, di sedimentazione di un'abitudine. Questi momenti servono alle persone e alla società per capire il tragitto che sta tracciando, quello già percorso e la direzione che il cammino, ancora da percorrere, prenderà.

Attualmente stiamo vivendo un momento simile a quello appena descritto. Non ci sono più novità esotiche, le innovazioni sono già arrivate e stanno iniziando a essere percepite come quotidiane, come “sempre esistite”, anche se, a causa della velocità dei processi in corso, è difficile che una generazione percepisca il proprio stato come un'istituzione. Ecco che, senza istituzioni secolari, la parte dell'essere umano che conta sulla stabilità per poter abbassare le difese si sente confusa. La reazione istintiva è quella dell'attacco feroce all'elemento sconosciuto. Lungo questo testo saranno più volte sottolineati i passaggi in cui l'introduzione di un nuovo mezzo ha scatenato una decisa difesa del mondo “tradizionale” contro la “depravazione” del futuro.

Ecco perché prima di affrontare le dinamiche favorite dalla rete di internet è importante collocare la contemporaneità nel suo contesto di evoluzione storica, grazie a un excursus di storiografia dei media. Questa digressione offre anche la possibilità di qualche significativa riflessione. Prima degli anni ’70 l’idea di una storiografia dei media poteva anche sembrare eccentrica alla maggioranza degli studiosi, perché fino alla fine del XX secolo non si riteneva così decisiva l’influenza esercitata dai media. La stessa

“consapevolezza concettuale della comunicazione”1 è fiorita solo dopo la metà degli anni ‘60, momento in cui gli studiosi hanno iniziato a dibattere se potesse essere plausibile utilizzare i modi e gli strumenti del comunicare come chiave interpretativa delle vicende umane.2

Quando si tratta di valutare la qualità della sua portata o della sua natura, è sempre possibile individuare specialisti del settore catalogabili in “apocalittici” o

1 P. Ortoleva, Mediastoria: comunicazione e cambiamento sociale nel mondo contemporaneo, Pratiche Editrice, Parma 1995, p.11.

2 Questo dibattito si accese in particolare grazie all’opera di Marshall McLuhan che nel suo libro

“Understanding Media” (1964). M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano 1967, p.

9-10.

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“integrati”3 e la stessa cosa vale quando si chiede una valutazione su qualsiasi cambiamento nelle abitudini sociali e culturali avvenuto nella storia umana, soprattutto mentre viene vissuto il cambiamento stesso. I mutamenti sono quasi sempre stati accolti come un regresso rispetto al presente.

«Quello che mi fa sorridere è che la Nona [Sinfonia di Beethoven], ai giorni nostri, è esattamente uno dei baluardi più alti e rocciosi di quella cittadella che sta per essere assaltata dai barbari. Quella musica è diventata una bandiera, inno, fortificazione suprema. È la nostra civiltà. Be', ho una notizia da dare. C'è stato un tempo in cui la Nona era la bandiera de barbari! Lei e i lettori di romanzo: tutti barbari!»4

Il cambiamento forse più importante che sta avvenendo e che è difficile da accettare è quello che riguarda il modo di interpretare l'insieme dell'essere umano, un cambiamento di approccio scientifico, ma anche filosofico, a ogni manifestazione umana. Le ultime scoperte in campo neurologico portano al superamento della divisione tra emozione e ragione e tra corpo e mente. Questo passaggio, anche se sta avvenendo gradualmente e silenziosamente, rappresenta una vera rivoluzione dei paradigmi di riferimento per tutti gli studi riguardanti gli esseri umani come entità biologiche, psicologiche e sociali.

L'idea centrale promossa in questo lavoro è una visione sistemica di tutti gli aspetti della vita umana e delle sue esperienze psico-sociologiche, dove ogni elemento è collegato ed interdipendente. Questo cambiamento di contesto di riferimento è certamente ancora più fondamentale quando parliamo di un'attività primaria e inevitabile come quella del comunicare. Questo lavoro vuole essere un contributo utile alle attività d'impresa, ma il punto di vista assunto non è quello strettamente economico; all'opposto, vuole il più possibile proporre una prospettiva di ampio respiro, proprio per collocare le riflessioni proposte nell'ambito dell'ottica olistica e sistemica che intende promuovere. In particolare quello che spesso manca nella cultura aziendale è una visione reticolare della società in cui l'impresa deve considerarsi nient'altro che uno dei nodi connessi agli altri.

L'approfondimento finale si concentrerà sui modi in cui l'azienda può conversare con i soggetti che la legittimano; tali soggetti sono i consumatori e non gli investitori, perché in una società sempre più connessa viene data la possibilità di far valere le opinioni di molte persone che prima non ne avrebbero avuto i modi e i mezzi.

Verranno citati moltissimi esempi a riprova del ribaltamento dei ruoli classici. Questa impostazione però non vuole negare che esistano rischi correlati ad internet,

3 U. Eco, Apocalittici e Integrati, Bompiani, 1967

4A. Baricco, I barbari: saggio sulla mutazione, Feltrinelli, Milano 2008, pp.16-17.

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esattamente come per qualsiasi tecnologia e nemmeno si vogliono ricalcare posizioni esageratamente ottimistiche. Come quelle, ad esempio, degli studiosi definiti

“entusiastici del cyberspazio” Manuel Castells, Pierre Lévy e Derrick De Kerckhove, i quali sostengono fermamente che il nuovo mondo virtuale accrescerà in modo consistente l'intelligenza umana.

Anzi, questo lavoro intende ruotare intorno al nuovo ruolo delle emozioni come protagoniste principali. Questo è un argomento molto controverso, proprio per inafferrabilità delle emozioni, esse sono state da molti accusate di rovinare l'evoluzione dell'essere umano. La neurologia da una parte e le manifestazioni sociali dall'altra però stanno dimostrando che non è possibile prescindere dalle emozioni, che esse sono parte integrante insieme alla razionalità del comportamento umano.

Uno degli aspetti della rete di internet che indagherò è il video sharing, questo fenomeno di diffuso contagio emozionale che mostra quanto le persone sentano il bisogno di condividere e conversare. Questo fenomeno sta assumendo proporzioni sempre più vaste e ovviamente ha interessato quasi fin da subito le aziende, ma da un punto di vista forse sbagliato, che ancora replica i vecchi schemi del passato, in cui la società non è considerata un tutt'uno e l'azienda è uno dei tanti attori sociali. Ancora troppo spesso la cultura aziendale, nella pratica, esprime una rapporto gerarchico con i consumatori, rapporto che però non ha più ragione d'esistere.

I video virali, ovvero quei video che vengono condivisi online e offline ad una velocità inimmaginabile, coinvolgendo un numero impensabile di persone, potrebbero dare prova di una società che ritorna a vivere di emozioni e relazioni.

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Capitolo I

COMUNICAZIONE ED ERA POST-MODERNA

I.1 “C'era una volta” - le premesse del concetto di massa

Fin dall’alba dei tempi il pianeta Terra è stato teatro di guerre fra popoli.

Ognuna di esse ha contribuito a generare cambiamenti, più o meno grandi, che hanno modificato il corso della storia della specie Homo sapiens. La storia stessa scandisce il suo orologio in base alle guerre intraprese dalle diverse popolazioni; perché le guerre sconvolgono, ribaltano, confermano, annientano, rinforzano gli equilibri socio-politici degli esseri umani. Gli avvenimenti più importanti che hanno segnato la storia post- moderna sono ovviamente le due guerre mondiali che hanno drammaticamente segnato un passaggio decisivo verso un mondo nuovo e diverso. Questo salto è stato talmente grande da considerare la grande guerra come il punto di partenza dell’età contemporanea.5 L’inizio di questo periodo storico porta a galla un nuovo modo di definire la società, un modo che riflette il disorientamento e l’aumento vertiginoso delle grandezze di riferimento, insieme a una compressione delle misure.

La società, e quindi le sue espressioni quali economia, governo politico e successivamente comunicazione, assume una dimensione di massa.6 I tempi, i modi e l'intensità di questo passaggio differiscono da stato a stato, anche se gli Stati Uniti d’America si possono definire precursori di tutti i cambiamenti che poi approdarono negli altri stati occidentali. La società massificata differisce da quella ottocentesca in molti aspetti e una conseguenza che rileva questa lontananza tra le due realtà sociologiche è il superamento della dicotomia di classe. Alla borghesia e al proletariato si aggiunge la “classe media” che già in sé si esprime per differenza dai due poli ottocenteschi.7 La classe media non solo si differenzia, ma diventa espressione della cultura di massa, la quale incarna i cambiamenti innescati dallo sviluppo dell’industria e del conseguente espandersi del terziario. Molto della società contemporanea era già stato anticipato fin dai primi del ‘900 dalla corrente artistica del futurismo; perché come spesso accade, l’arte anticipa e percepisce moti di trasformazione ancora dormienti. Tutti i movimenti d’avanguardia incarnano aspetti che diventano centrali nell’epoca contemporanea, ponendo l’accento soprattutto sulla crescente difformità di valori, pensieri e disagi. Parlare allora di massa, concetto che implica una certa unità,

5 T. Detti, G. Gozzini, Storia contemporanea. Vol II. Il Novecento, Bruno Mondadori 2002, p.47.

6 T. Detti, G. Gozzini, Storia contemporanea. Vol II. Il Novecento, Bruno Mondadori 2002, p.47.

7 T. Detti, G. Gozzini, Storia contemporanea. Vol II. Il Novecento, Bruno Mondadori 2002, p.49.

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può sembrare un controsenso, ma non è così. Perché questa società massificata si caratterizza proprio per un maggiore disordine, un caos dalle proporzioni esasperate che quindi tende mescolare le differenze e le singole voci riuscendo a emettere un unico ronzio penetrante e indefinito. Esattamente come il colore bianco che contiene in sé tutti i colori dello spettro elettromagnetico, ma sembra non contenerne nessuno.

Questi imponenti cambiamenti sociali ovviamente condizionano in prima istanza i modi di comunicare dell’essere umano e le sue istituzioni. Questo accade perché la comunicazione è lo strumento per eccellenza dell’agire sociale e, aldilà dei limiti biologici di ogni attore, essa è totalmente influenzata dall’individualità del soggetto comunicante (qui intesa come unione di età, sesso, ruolo etc e identità prodotta dall’insieme delle esperienze sia soggettive che sociali) nonché dal contesto sociale in cui la comunicazione si svolge.8 Il contesto infatti permette modi e strumenti che nel corso della storia sono cambiati e hanno offerto uno slancio delle trasformazioni sociali. Si può dire che la comunicazione influenza ed è influenzata dalla società attraverso le sue espressioni culturali, tecnologiche ed economiche.

Esattamente come la carta prima e la stampa a caratteri mobili dopo9 rivoluzionarono la vita umana e i suoi modi di comunicare, ogni fase dell’evoluzione dei media, e quindi delle possibilità di comunicazione, è segnata da uno sviluppo delle tecnologie riguardanti i mezzi. Nel ‘700 si diffusero, prima in Inghilterra e poi in Francia, i quotidiani che rispondevano all’esigenza di un’informazione aggiornata sugli avvenimenti politici nazionali e, per quanto fosse possibile, esteri.10 Agli albori del 1800

“la ricchezza di fermenti culturali, la quantità e la qualità delle iniziative editoriali hanno contribuito non poco a far crescere la spinta verso la ricerca di strumenti tecnologici più adeguati e non unicamente nel settore della stampa”.11 Le novità che dalla fine del ‘700 a tutto il 1800 portarono, gradualmente, alla comunicazione di massa furono12:

8 M. Livolsi, Manuale di sociologia della comunicazione, Laterza 2009, p.15.

9 L’invenzione di Gutenberg (realizzata attorno al 1450) più che rappresentare una novità assoluta, consisteva nella sintesi tecnica e nella messa a punto di procedimenti già noti. La questione era trovare la tecnica adatta per comporre una pagina con caratteri mobili indipendenti, poi creare un inchiostro che aderisse bene alle superfici metalliche e realizzare un torchio da stampa che permettesse di non dover utilizzare il metodo del tampone (legato alla xilografia). Il superamento di questi ostacoli permise di riprodurre in numeri elevati copie di una medesima opera, la conseguenza fu di poter ampliare il pubblico della stampa, soprattutto al di fuori delle élite. G. Giovannini, Dalla selce al silicio: storia dei mass media, Gutenberg 2000, Torino 1985, p.81-84.

10 Nel 1500 già esistevano I libri di notizie che poi nel ‘600 si trasformarono in fogli, che permettevano una diffusione più veloce, anche se potevano trattare pochi argomenti, dato il poco spazio a disposizione. Questi ultimi sono gli antenati dei quotidiani e erano chiamati “avvisi” e “gazzette” a Venezia e in Francia o “news papers” in Inghilterra. G. Giovannini, Dalla selce al silicio: storia dei mass media, Gutenberg 2000, Torino 1985, p.124.

11 G. Giovannini, Dalla selce al silicio: storia dei mass media, Gutenberg 2000, Torino 1985, p.127.

12 G. Giovannini, Dalla selce al silicio: storia dei mass media, Gutenberg 2000, Torino 1985, p.127-154.

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Il telegrafo: Le origini del telegrafo ottico sono antichissime, ma fu commercializzato e diffuso soltanto nel 1792 grazie al fisico Claude Chappe. Il telegrafo elettrico invece vide la sua nascita a fine ‘700, ad opera di Galvani e di Alessandro Volta. Fino al 1845 in Europa era però diffusa l’opinione che fosse uno strumento adatto solo a pochi appassionati (o per scopi militari). In quell’anno a far cambiare l’idea che il pubblico aveva del telegrafo fu un fatto di cronaca nera. La notizia di un brutale assassinio e la descrizione del criminale vennero trasmessi per telegrafo, permettendo così l’arresto del colpevole e il ribaltamento dell’opinione pubblica13 nei riguardi di questo strumento. Questo strumento è stato uno dei primi ad accelerare la trasmissione delle informazioni ed a superare l'ostacolo della lontananza e delle frontiere.

In particolare in America, Australia e Nuova Zelanda ebbe un ruolo importantissimo viste le grandi distanze, tanto che il giornale di Melbourne “The Argus” scrisse «Per noi, vecchi coloni che hanno lasciato l'Inghilterra tanto tempo fa, è una grande delizia contemplare concretamente questa invenzione moderna, la più perfetta […]

Difficilmente si può concepire qualcosa di più perfetto e cominciamo davvero a chiederci che cosa rimarrà alla prossima generazione, su cui esercitare l'intraprendenza incessante della mente umana».14 La percezione dell'importanza del telegrafo non era uniforme in tutti gli stati, ma l'entusiasmo per un'invenzione che influenzava fortemente i tempi di trasmissione delle notizie, annullando le distanze, era diffusa.

Come ogni strumento che può sfuggire al controllo, è stato anche oggetto di importanti riflessioni sulla gestione pubblico/privato dei media. La paura al tempo era più che altro una eccessiva commercializzazione di uno strumento che, soprattutto in Europa, veniva percepito come prettamente politico.

Sviluppo del metodo della produzione della carta: furono molti i passaggi per superare la produzione manuale della carta; il cambiamento avvenne attraverso il miglioramento della qualità e l’aumento della produzione, sia in termini di quantità che di velocità.

Questo progresso era fondamentale per velocizzare i ritmi di stampa per una società sempre più affamata di notizie e storie, ma anche per aumentarne i volumi. Il numero delle persone che poteva permettersi

13 Il concetto di “opinione pubblica” appare in Europa nella seconda metà del XVII secolo. Trae la sua origine nella rivendicazione di controllo da parte della borghesia sulle decisioni dei governanti. R.

Parascandolo, Opinione pubblica e opinione di massa, Iter, Treccani 2001

14A. Briggs, P. Burke, Storia sociale dei media: da Gutenberg a Internet, Il Mulino, Bologna 2003, p.173.

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di acquistare libri o giornali andava aumentando con le rivoluzioni industriali , ed in particolare della seconda (1870-1880), con l'introduzione dell'elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio, andava consolidando la massiccia classe operaia e la classe media.

La rotativa: un primo prototipo brevettato esisteva già nel 1846, ma il suo inventore, Richard March Hoe, raggiunse risultati importanti solo nel 1861. Anche se la velocità di stampa non aumentava in maniera significativa, era possibile stampare molte più pagine in contemporanea. Inoltre introdusse (a fine processo) un congegno che assemblava le parti del giornale nel prodotto finito. La macchina, ancora a caratteri mobili ed alimentata a fogli singoli, raggiunse le 18 mila copie orarie nel 1867 (contro le 10 mila di Hoe) grazie alle migliorie apportate dall’industriale Marinoni.

La linotype: Furono molte le persone a contribuire all’invenzione del prototipo definitivo della linotype (come tante invenzioni di questo periodo di grande fervore), ma la paternità è attribuita a Ottmar Mergenthaler, che ne ideò la struttura finale. L’entusiasmo per questo macchinario era giustificato dalla sua capacità di superare i limiti delle prime compositrici automatiche. L’innovazione consisteva nella capacità di riprodurre un testo riga per riga a larghezza variabile, in tempi brevissimi (5-6 mila battute orarie) e con la presenza di un solo operatore (al posto di tre). L’adozione della linotype fu un passaggio epocale per la stampa giornalistica e “ha rappresentato, fino al 1960, anche nei paesi tecnologicamente all’avanguardia, una sorta di simbolo con il quale si era usi identificare le fasi più intense e febbrili nella lavorazione del giornale. (…) Il rapido tramonto di quell’affascinante strumento non è solo testimonianza di un più accelerato ritmo impresso alla trasformazione , ma –in modo più specifico- di un complesso sconvolgimento dei criteri che –dai primi vagiti della rivoluzione industriale avevano guidato in ogni campo l’organizzazione del lavoro e della produzione. Era entrato in scena un protagonista nuovo –il computer- destinato ad incidere anche nel sistema delle comunicazioni in modo profondo.”.15

Il telefono: la paternità del telefono fu controversa fino al 1888, quando la corte Suprema degli Stati Uniti decretò che andasse attribuita a Meucci. I sentimenti verso questa nuova invenzione erano piuttosto

15 G. Giovannini, Dalla selce al silicio: storia dei mass media, Gutenberg 2000, Torino 1985, p.154.

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contrastanti, c'è chi lo definiva come inutile e chi, come la rivista

“Scientific American” prevedeva che il telefono avrebbe modificato l'organizzazione della società «una situazione in cui qualsiasi individuo, per quanto isolato, sarà in grado di raggiungere ogni altro membro della comunità, con un risparmio di infinite complicazioni sociali ed economiche, di inutili andirivieni»16. Il telefono assume un ruolo più importante nella storia dei media rispetto, ad esempio, al telegrafo perché non solo ha resistito fino ad oggi affiancato dal cellulare, ma soprattutto perché fin dalla sua nascita non venne considerato solo come uno strumento di comunicazione, ma anche come forma di intrattenimento; attraverso il telefono si sarebbe potuta «distribuire nel paese tutta l'esibizione di una primadonna mentre canta, diffondendo così la buona musica in una misura finora impossibile»17. Gli elementi che favorirono il successo di questo strumento furono la commutazione automatica (che consentiva un sistema di comunicazione a rete), il passaggio ai ripetitori di tipo elettronico e l’utilizzazione delle onde elettromagnetiche. La diffusione degli impianti e l’uso della telefonia a grande distanza attraversarono alcuni anni d'insuccesso, ma l’invenzione della valvola termoionica (applicata nel 1914) permise di risolvere il rompicapo e di utilizzare la telefonia a grande distanza. In particolare in Canada, negli Stati Uniti18 e in Australia il telefono si diffuse molto velocemente e soprattutto nelle aree rurali. Questo strumento permetteva di superare il pesante isolamento percepito delle fattorie e modificò profondamente la vita economica, politica e sociale di tutti i paesi che accolsero il telefono con entusiasmo. Si creò ben presto un linguaggio e una cultura del telefono introducendo anche il piacere della “chiacchierata telefonica”. Ancora una volta uno strumento che concede molta libertà allo scambio o alla fruizione d'informazione (come prima il telegrafo e successivamente la televisione e poi internet) dà vita ad accesi dibattiti sulla messa in pericolo della “verità” o della privacy, facendo emergere l'idea che ogni nuova invenzione nell'ambito dei media venga percepita come una intrusione nella vita delle persone.

16A. Briggs, P. Burke, Storia sociale dei media: da Gutenberg a Internet, Il Mulino, Bologna 2003, p.176.

17A. Briggs, P. Burke, Storia sociale dei media: da Gutenberg a Internet, Il Mulino, Bologna 2003, p.179.

18Nel 1900 negli USA c'era un telefono ogni 60 abitanti, mentre in Svezia, al primo posto in Europa, c'era un telefono ogni 215 abitanti. In Francia e in Russia c'erano, rispettivamente, un telefono ogni 1.216 persone e un telefono ogni 6.958. A. Briggs, P. Burke, Storia sociale dei media: da Gutenberg a Internet, Il Mulino, Bologna 2003, p.184.

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Questi appartengono certamente alla storia dei media, ma realtà come la ferrovia e poi la bicicletta, l'auto e l'aeroplano sembrano appartenere a una storia differente, ovvero quella dei mezzi di trasporto. Però analizzando l'impatto che ciascuno di questi mezzi ha avuto nella società, forse questa suddivisione sembra essere più un escamotage metodologico per analizzare i mezzi in base alla categoria di riferimento. In realtà le loro storie sono intrecciate e inseparabili e spesso la preferenza per un mezzo esclusivo per i messaggi (telegrafo) o per un mezzo di trasporto di messaggi (posta), merci e persone potrebbe sembrare più legato alla geografia delle regioni che ad altri motivi. 19 Pensando al ruolo attribuito al treno sembra quasi di percepire una analogia con la rivoluzione attuata da Internet. Le origini della ferrovia si individuano tradizionalmente in Inghilterra, mentre in America le prime linee ferroviarie furono costruite prima del 1860, ma il momento più importante si ebbe a partire dal 1868.

La ferrovia ed il treno attrassero subito l'attenzione di tutta la popolazione tanto che ne scrissero poeti, politici, scrittori. Era molto amata e, come per tutte le cose osannate, c'era anche chi la odiava20. Un autore inglese nel 1861 ne parlava in questi termini: “Ora l'idea delle dimensioni limitate della Terra , <una sfera con un asse di ottomila miglia> ci è molto più familiare di quanto lo fosse ai nostri progenitori”. Il poeta americano W. Whitman scrisse diversi poemi dedicati o ispirati alla locomotiva e nel famoso “Una via per le indie” (1871) la considerava la realizzazione dei sogni di Colombo e la sua essenza era unire, come in un matrimonio, continenti, climi e oceani.21 Ancora, uno scrittore nel 1878 scrisse nella rivista “Quarterly Review” che la ferrovia aveva modificato in modo unico la percezione dello spazio e del tempo. Il treno divenne argomento e metafora in manifesti, nei film, nella musica e nella poesia così importante da far dire a W.M. Thackeray, romanziere inglese, che “coloro che erano sopravvissuti «prima della ferrovia» erano i «sopravvissuti del mondo antico»”22

Il passaggio fondamentale nella tecnologia è stato il cambio di guardia tra il vapore e l’elettricità e il crescente imperativo di ottenere una sempre maggiore

19“In un paese come l'Australia il telegrafo era più importante della ferrovia. Nel 1830 la popolazione totale, trattenuta dalla «tirannia della distanza» (come la definì Geoffrey Blainey), era di sole 70.000, che dipendevano dalle poste, un «servizio per il popolo» costoso, ma mai messo in discussione. A. Briggs, P. Burke, Storia sociale dei media: da Gutenberg a Internet, Il Mulino, Bologna 2003, p.165.

20“L'eccentrico deputato conservatore di Lincoln, il colonnello Sibthorp, si vantava di non viaggiare mai in treno; odiava perfino la parola 'ferrovia' come il demonio, dichiarò al Parlamento nel 1846”. A. Briggs, P.

Burke, Storia sociale dei media: da Gutenberg a Internet, Il Mulino, Bologna 2003, p.155.

21“Ah Genoese thy dream! thy dream! Centuries after thou art laid in thy grave, The shore thou foundest verifies thy dream. (…) Year of the marriage of continents, climates and oceans!” W. Whitman, Passage

to India, in every poet.com,

http://www.everypoet.com/archive/poetry/Walt_Whitman/walt_whitman_leaves_of_grass_book_26.h tm , ultimo accesso 28 Febbraio 2011.

22A. Briggs, P. Burke, Storia sociale dei media: da Gutenberg a Internet, Il Mulino, Bologna 2003, p.152.

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velocità. Vi fu una nuova ondata di invenzioni legate a questo momento topico e la funzione dell'elettricità fu prima quella di spettacolarizzare, piuttosto che entrare nelle case attraverso la presa di corrente.23 La storia delle comunicazioni ovviamente procede insieme a quella dello sviluppo industriale e tecnologico24 (e quindi economico) così come il progresso geopolitico. Anche la storia dei trasporti ha implicazioni profonde nel corso degli eventi legati allo sviluppo media.25 La parola chiave di tutti i passaggi nella storia, ma soprattutto dai repentini cambiamenti avvenuti dall’era moderna a quella contemporanea, è «connessione»26. Perché solo nel momento in cui più persone con idee, vissuti, esperienze diverse scambiano e uniscono pensieri, allora si intrecciano nuovi percorsi e si ampliano gli orizzonti. Non solo perché, per un principio di somma, le idee da una diventano due, ma soprattutto perché la connessione genera fenomeni di moltiplicazione imprevedibili. “Si potrebbe sostenere che il semplice fatto che le persone fossero ammassate trasmettesse intelligenza ed energia a chi era socialmente svantaggiato. Secondo un osservatore inglese informato –il quale scriveva nel 1823, prima che venisse coniato il termine

‘socialismo’- «la comunicazione costante acuiva e migliorava le facoltà intellettive degli operai che si trovavano raccolti insieme in gran numero»”27

I.1.1 "Uno, due, tre, quattro, nevica lì dove siete voi signor Thiesen?"

Nel 1900 Reginald Fessenden a Cobb Island, Maryland, sperimentò trasmettitori ad alta frequenza ed ebbe successo con una trasmissione di voce senza fili coprendo una distanza di un chilometro e mezzo circa. Il messaggio diceva: "Uno, due, tre, quattro, nevica lì dove siete voi, signor Thiesen? Se sì, volete telegrafarmi?”

Thiesen rispose. Questo è solo un piccolo esempio simbolico legato agli inizi della storia della radio. I pionieri della radiofonia furono molti e sparsi in un tutto il mondo, ma è a Marconi a cui si lega indissolubilmente la nascita della radio. Nel 1895, Marconi costruì un sistema senza fili capace di trasmettere segnali a lunga distanza (1,5 km. /

23“L'illuminazione elettrica comparve nelle strade prima che nelle case americane, e nel porto di New York «il volto illuminato della Statua della Libertà ora splendeva sulle acque scure e desolate»”. A.

Briggs, P. Burke, Storia sociale dei media: da Gutenberg a Internet, Il Mulino, Bologna 2003, p.159.

24 Nel periodo in cui in Francia si iniziò a utilizzare l’espressione “rivoluzione industriale” in America (1828) si diffuse il termine “tecnologia”. A. Briggs, P. Burke, Storia sociale dei media: da Gutenberg a Internet, Il Mulino, Bologna 2003, p. 141.

25 “Soltanto la istituzione di servizio giornaliero tra Dover e Londra, nel 1961, permise di realizzare i primi giornali quotidiani inglesi.” G. Giovannini, Dalla selce al silicio: storia dei mass media, Gutenberg 2000, Torino 1985, p. 125.

26 «Unire insieme»; «collegare le idee», connessione. Dal latino connectěre «congiungere, annodare»

(comp. di con- e nectěre «intrecciare»). B. Migliorini, A. Duro, Prontuario etimologico della lingua italiana, Paravia, Torino 1958.

27 A. Briggs, P. Burke, Storia sociale dei media: da Gutenberg a Internet, Il Mulino, Bologna 2003, p.144.

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2,4 km). Riuscì in questa impresa inviando dei messaggi da un apparecchio senza fili a un ricevitore radio sostenuto da lui stesso. Marconi, grazie ai suoi esperimenti capì che il raggio di trasmissione doveva essere proporzionale al quadrato della altezza dell'antenna; questa legge è conosciuta come "legge di Marconi”. Il poco conosciuto Fessenden segnò un'altra importantissima tappa della radio: fu lui, nel 1906 alla vigilia di Natale, a lanciare la prima trasmissione radiofonica. Le sue parole e le note di “O Holy Night” vennero udite nel raggio di 25 km dalla stazione trasmittente situata a Brant Rock sulla costa del Massachusetts.

Inizialmente venne percepita come una semplice prosecuzione della telegrafia via cavo, il punto culminante della storia delle comunicazioni ottocentesche. Inoltre la caratteristica fondamentale della trasmissione via etere venne considerata per molto tempo un grave difetto. Perché il fatto che si potesse catturare facilmente i messaggi provenienti dalla stazione di partenza a quella di arrivo rappresentava una debolezza inaccettabile. Il punto è che inizialmente non si percepì il suo potenziale di strumento di comunicazione collettivo. Il pubblico invece rimase affascinato dalla magia che compiva quel semplice strumento. L'incomprensibilità riguardo a come potesse l'etere fungere da veicolo attraeva l'opinione pubblica. La storia della radio appare molto differente se il nostro sguardo passa dagli Stati Uniti all'Europa.

Nel primo caso si parla già nel 1912 di 122 club di radio amatori. Nello stesso anno la stazione Marconi di Long Island captò gli SOS del Titanic e l'operatore che inoltrò il messaggio alla Casa Bianca, David Sarnoff, divenne un uomo famoso.

Sostenne infatti di essere stato il primo a raccogliere i messaggi di aiuto della nave, ma pare che si tratti più di una leggenda ben pensata e tenuta in vita che di realtà oggettiva.28 Sicuramente nei giorni successivi al disastro si occupò di ricevere le notizie e i nomi dei dispersi e comunicarli al pubblico via radio. La libertà di poter trasmettere e ricevere i messaggi inviati nell'etere fu un argomento di seria riflessione fin dai primi momenti. In America inizialmente vennero concesso solo lunghezze d'onda di 200 metri fino ad arrivare a poco più di 400 metri nel 1915 e non in tutti gli Stati. Può sembrare una concessione molto limitata, ma bisogna tener conto che l'Esercito e la Marina (che utilizzavano attivamente le trasmissioni radio e puntavano a incrementarne l'uso) valutavano come estremamente pericoloso permettere a qualsiasi comune cittadino di poter accedere in tutta libertà a un canale di comunicazione così incontrollabile. Eppure l'idea dominante, allora come oggi, è che l'aria sia un bene pubblico inalienabile, libero per definizione. Le trasmissioni quindi continuarono e con i successivi miglioramenti tecnici la trasmissione del suono permetteva di inviare concerti veri e propri nell'etere. Lee De Forest, che aggiunse agli

28 More about Sarnoff, in PBS.org,

http://www.pbs.org/wgbh/amex/technology/bigdream/masarnoff.html , ultimo accesso 10 marzo 2011.

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apparecchi che inviavano i segnali un terzo elettrodo, già nel 1910 riuscì a trasmettere Caruso che cantava a New York e vedeva chiaro il futuro della radiodiffusione;

percepiva che sarebbe diventato un medium di successo e credeva nel broadcasting.

Eppure lo scetticismo riguardo a queste previsioni era ancora diffuso, si pensava ancora che la radiofonia fosse un hobby per una ristretta cerchia di persone.

La radio poteva solo essere uno strumento d'interesse militare e un giocattolo affascinante per pochi appassionati. Durante la prima guerra mondiale ci fu una fase di arresto, venne posta sotto il controllo dello Stato che però intendeva restituire il controllo ai privati a conflitto concluso. La Marina approfittò di questo momento per evitare la restituzione con l'intento di convertire l'industria della radiofonia in un monopolio governativo. Quindi acquistò le stazioni della Federal Telegraph Company e la maggioranza della Marconi Company ottenendo così che il governo possedesse la maggioranza delle stazioni commerciali americane. Successivamente la Marina informò il Congresso di questa operazione, che però la contestò richiedendo l'immediata restituzione ai proprietari originali.29 Dal momento in cui la guerra si concluse, la radio riprese la sua scalata accendendo l'entusiasmo di moltissime persone già dal 1918. Gli esperimenti di broadcasting e le trasmissioni si moltiplicarono fino al 1922, anno del boom di popolarità. Proprio a marzo il Popular Science Monthly pubblicò un articolo- guida elencando tutte le stazioni radio attive negli USA, includendo frequenza, raggio di ricezione e programmazione. La rivista annunciava entusiasticamente che ovunque il lettore si trovasse poteva ricevere notizie e musica, wireless ovviamente.30 Due anni dopo, nel 1925, negli Stati Uniti funzionavano la metà degli apparecchi del totale mondiale. Il fascino della radiodiffusione e soprattutto la necessità d'informazione permeava la popolazione americana. Aldilà degli sforzi degli appassionati per allargare la cerchia degli ascoltatori, sicuramente la prima guerra mondiale aveva creato una nuova dimensione geografica mentale. Inoltre in America molte persone abitavano in aree a bassa densità e la radio incontrava la necessità di accorciare le distanze ed i tempi, superando l'isolamento e in modo da essere aggiornati, e quindi consapevoli, degli avvenimenti che accadevano negli USA o nel mondo.

Questo aspetto è importante perché «senza una storia della ricezione e dell'ascolto è impossibile che la storia delle comunicazioni passi (…) a una fase sociale, capace cioè di intendere i moderni media non come strumenti a senso unico, ma come parti di un complesso sistema di circolazione sociale dell'informazione». Questa fase di grande popolarità, durata fino agli anni '50, è stata soprannominata età dell'oro della

29Thomas H. White, United States Early Radio History, in earlyradiohistory.us, http://earlyradiohistory.us/sec017.htm, ultimo accesso 14 Marzo 2011.

30Thomas H. White, United States Early Radio History, in earlyradiohistory.us, http://earlyradiohistory.us/1922_1st.htm, ultimo accesso 14 Marzo 2011.

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radio: le trasmissioni vertevano sui generi e formati più disparati, forme di intrattenimento come l'avventura, la commedia, il dramma, l'horror, il thriller, il mistero, la varietà musicale, il romanticismo, ma veniva trasmessi anche concerti di musica classica, notiziari per le fattorie, notizie, quiz, sondaggi d'opinione, talent shows e le previsioni del tempo. La trasmissione che registrò i più alti ascolti in quel periodo fu Fireside chart, il discorso settimanale tenuto da Franklin Roosevelt, il primo Presidente americano che si rivolse regolarmente al suo popolo attraverso la radio. La prima trasmissione “On the bank crisis” andò in onda il 12 Marzo 1933 e fu ideato per coinvolgere gli americani nelle decisioni del governo riguardo al New Deal. Questo appuntamento fisso entrò profondamente nel tessuto culturale degli americani perché istituiva un rituale ben preciso che vedeva il riunirsi della famiglia attorno alla voce del proprio Presidente, che immedesimava gli Stati Uniti d'America. Quel momento creava un ipotetico dialogo fra tutta la popolazione, perché mentre una famiglia si riuniva sapeva che anche altrettante famiglie si stavano preparando al discorso del proprio Presidente che sembrava essere nel salotto di ogni famiglia americana.

In Europa le cose andarono un po' diversamente e anche più lentamente. Il primo paese in cui vennero trasmessi programmi radiofonici con regolarità fu l'Olanda, e questo avvenne solo nel 1919. Pur avendo questo primato europeo, fino al 1927 nel territorio nazionale vi si trovava un solo trasmettitore condiviso addirittura da cinque organizzazioni. Anche in Unione Sovietica la prima trasmissione pubblica avvenne nel 1919. L'Inghilterra aveva preceduto molti altri paesi europei nelle sperimentazioni, soprattutto perché Marconi svolse molto del suo lavoro in Gran Bretagna. Però la diffusione di questo strumento avvenne comunque lentamente, perché le concessioni erano sotto lo stretto controllo delle poste che, pur concedendo facilmente i permessi per la ricezione, non facevano altrettanto con le concessioni a trasmettere. Tuttavia negli anni Venti furono molti i nuovi enti radiofonici presenti in tutta Europa e proprio nel '26 l'assegnazione delle lunghezze d'onda divenne oggetto di contrattazioni internazionali. In Italia lo sviluppo della radio ebbe un andamento piuttosto lento fino a che non venne concepito come strumento di propaganda del fascismo. Ancora nel '26 in Italia si contavano poco più di 26.000 abbonati che divennero ben 1.300.000 nel 1940 dopo che il regime si accorse del potenziale della radio, unito a un abbassamento dei prezzi, alla semplificazione nell'uso ed a un sempre più diffuso interesse, come stava accadendo in tutto il mondo. Le direttive fasciste così recitavano “Abbiamo a disposizione il mezzo più potente di cultura, di moralizzazione, di diletto che esista:

mancheremmo in pieno alla nostra missione se non unissimo tutti i nostri sforzi per utilizzarlo nel modo migliore e più vasto. Ma contemporaneamente occorre creare una coscienza radiofonica in Italia.”31. Il piano fascista però prese consistenza solo dopo

31 G. Giovannini, Dalla selce al silicio: storia dei mass media, Gutenberg 2000, Torino 1985, p. 157.

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l'attuazione delle direttive naziste in materia di comunicazione e propaganda. Fu infatti la dirigenza nazista, e in particolare Goebbels32, a puntare moltissimo sulla radio come mezzo di propaganda, sfavorendo i giornali e cercando di eliminare la cultura del libro.

Proprio lui dichiarò che «con la radio abbiamo distrutto lo spirito della ribellione», però come ogni strumento che non possiede un'anima di per sé negativa o positiva, fu proprio la radio stessa a rappresentare uno dei simboli della resistenza e dell'opposizione, allora come in tempi più recenti. Infatti l'ascolto di radio Londra era l'unico momento d'informazione alternativa rispetto ai canali dei regimi ed era una forte parentesi di speranza per le vittime e per coloro che non appoggiavano la dittatura:

«La prossima settimana ci tocca consegnare la radio . Kleiman ha in casa un piccolo apparecchio non dichiarato che ci darà al posto del nostro grande Philips. (…) Tutti cercano di consegnare una radio vecchia invece della propria “fonte di coraggio”. Del resto, è vero, quando le notizie dall'estero continuano a peggiorare la radio, con la sua voce miracolosa, ti aiuta a non perderti d'animo e ti fa ripetere ogni volta: -Su con la vita, verranno tempi migliori! Tua Anne.» 33

In Italia la radio fu anche il principale strumento di raccordo tra i centri di organizzazione della Resistenza e le unità combattenti accampati sulle montagne.

Sempre in Italia, ma quasi quarant'anni dopo, nel 1976 Peppino Impastato portava avanti la resistenza antimafiosa anche nell'etere, sbeffeggiando i capi e le losche mafiose attraverso i microfoni di Radio Aut riuscendo a farsi sentire a Terrisini e dintorni, in provincia di Palermo. L'ultimo passo fondamentale, per la radio, fu nel 1947 con l'invenzione del transistor che ne abbassò notevolmente il prezzo e ne aumentò la maneggevolezza. Infatti la radio è sempre più stata una grande protagonista dei movimenti che hanno avuto conseguenze politiche profonde in Africa, Asia, Medio Oriente e in tutto il Terzo Mondo. Quello che inizialmente veniva individuato come un grande difetto si è invece rivelato come la grande forza di questo piccolo mezzo, ovvero il fatto di trasmettere messaggi attraverso onde che non possono essere imprigionate e controllate. Non solo; perché una delle caratteristiche più decisive nel suo ruolo di ponte tra ribelli e oppressi è stata la capacità di raggiungere e comunicare con chiunque, superando agilmente il freno dell'analfabetismo, ostacolo che la stampa non poteva superare altrettanto facilmente.

E' in questo modo che idee e informazioni hanno sempre potuto raggiungere, attraverso la radio, masse di persone che non erano in grado di leggere, andando così a influenzare fortemente gli esiti di processi sociali, politici e anche militari.

32Joseph Goebbels nel 1933 venne nominato Ministro della Propaganda. Era laureato in Filosofia e Letteratura e venne considerato uno dei gerarchi nazisti più colti.

33Scritto Martedì 15 Giugno 1943. A. Frank, Diario, Einaudi, Torino 2009, p.99

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I.1.2. Ciak, si gira!

Un percorso precedente e in parte divergente a quello della radio è quello del cinema. Il cinema muto nasce alla fine del XIX secolo e la prima produzione cinematografica di cui si hanno informazioni precise è Roundhay Garden Scene, un cortometraggio muto di appena due secondi girato nel 1888. L'antenato del cinema (e anche della televisione) è però la tecnica fotografica che aveva un trascorso iniziato secoli prima. La prima camera oscura si può rintracciare già nei lavori di Leonardo da Vinci che la utilizzò per dimostrare che le immagini hanno natura puntiforme. La tecnica fotografica si sviluppò poi agli inizi del 1800 . Nel 1822 fu inventato il primo procedimento di fotografia dal vero, la eliografia. Il suo inventore si associò con il giovane Louis Daguerre che nel 1839 inventò il primo procedimento di sviluppo fotografico di immagini che riuscì a diffondersi, battezzato dagherrotipia. Il prodotto finito si ottiene utilizzando una lastra di rame su cui è stato applicato elettroliticamente uno strato d'argento. Questo strato deve essere sensibilizzato alla luce e venivano utilizzati vapori di iodio. Utilizzando i vapori di mercurio si ottiene lo sviluppo e il fissaggio si ottiene immergendo la lastra in una soluzione di tiosolfato di sodio, che elimina i residui di d'argento. Questo tipo di tecnica si diffuse sia in Europa che negli Stati Uniti, tanto da parlare di dagherromania in Francia, la madrepatria, e da contare addirittura diecimila dagherrotopisti negli Usa.

Questa forma di arte moderna attirava i reali, i politici e gli inventori. Altri passaggi fondamentali, per due motivi diversi, si ebbero nel 1872 e nel 1888. La prima data è quella della sequenza fotografica di Eadweard Muybridge, il pioniere della cinematografia e della fotografia del movimento, ovvero l'anello di congiunzione tra la tecnica fotografica e la futura tecnica cinematografica. Realizzò lo Zoopraxiscopio, uno strumento simile allo Zoetropio34, che consentì di proiettare delle immagini in modo che le potessero vedere più persone contemporaneamente, una specie di primo esperimento di cinema. Muybridge soprattutto fu il primo a catturare con successo una serie di immagini fotografiche in successione che rappresentavano gli istanti (e quindi fotogrammi) di un movimento. Il suo primo esperimentò quindi registrò la sequenza cronofotografica35 di cavalli in movimento scoprendo che c'è un istante in cui il cavallo che trotta è completamente sollevato da terra.

34Lo zootropio è un dispositivo ottico per visualizzare delle immagini o dei disegni in movimento. Fu inventato da William George Horner nel 1834. Zootropio, in Wikipedia.it, http://it.wikipedia.org/wiki/Zootropio, ultimo accesso 22 marzo 2011.

35Con cronofotografia ci si riferisce alla registrazione di un'unica immagine su un'unica lastra fotografica di diversi momenti temporali (e quindi posizioni) di un soggetto in movimento. Cronofotografia, in Wikipedia.it, http://it.wikipedia.org/wiki/Cronofotografia , ultimo accesso 22 marzo 2011.

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Questo passaggio fu fondamentale per la tecnica e per l'interesse verso il movimento scomposto in immagini riproducibili. Il secondo momento fondamentale per individuare il cambiamento sociale fu l'invenzione di George Eastman, ex impiegato di banca che, dopo essere stato ispirato dall'esposizione di Philadelphia del 1876, inventò nel 1888 un oggetto che divenne tra i più famosi del suo secolo e il cui nome è celebre ancora adesso: la macchina fotografica economica Kodak36. Venivano vendute con già caricato un rullino (che permetteva di fare cento foto) e l'acquirente non doveva altro che scattare e poi imballare la macchina fotografica e spedirla allo stabilimento Eastman che si occupava di sviluppare le foto e ricaricare l'apparecchio rinviando il tutto al mittente. Al suono dell'azzeccatissimo slogan “Voi premete il bottone, noi facciamo il resto”, nel giro di cinque anni furono vendute circa 90.000 Kodak e si venne a creare uno dei fenomeni sociali di massa più significativi del passaggio tra l'era moderna e quella contemporanea.

Gli Stati Uniti come sempre guidavano il passaggio alla società dei consumi su tutti i fronti delle nuove invenzioni. Il punto fondamentale, ancora oggi valido, era quello di rendere la tecnologia sempre più facile da utilizzare e sempre più attraente esteticamente. Questo era reso possibile in particolare dall'industrializzazione che, non solo aveva migliorato il benessere materiale, ma aveva creato una nuova variabile

36 Lo stesso Eastman dichiarò che "la chiamai "Kodak" perché era un nome breve, vigoroso, facile da pronunciare e, per soddisfare le leggi sui marchi depositati, non significava nulla".

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diffusa di cui tener conto: il tempo libero37 e i tempi morti. I tempi morti erano quelli del pendolare che per raggiungere il luogo di lavoro passava un tempo considerevole su treno o sul tram. Questo tempo era favorevole alla diffusione della lettura, permesso anche da un aumento della alfabetizzazione di base.

Oltre a questi ritagli di tempo, ci fu un considerevole aumento del tempo libero collegato agli orari di fabbrica e della città. E' in questo tessuto che s'inserì la cinematografia, ai suoi albori. I fratelli Lumière, considerati i primi cineasti della storia, non erano certo tra i primi che mirassero alla proiezione, ma ottennero il brevetto nel 1895 creando un medium potentissimo che gli rese possibile scoprire un pubblico, ormai esigente. Il teatro non bastava più e comunque non aveva attratto così tanto come poi riuscì il cinema in cui «nasceva la vita» e in cui «l'illusione era la forza»38. Inizialmente fu la Francia a detenere il primato di produzioni, ma non passò poi molto tempo per vedere gli Stati Uniti ancora una volta in testa. Nel 1914 era già seconda nel mercato dell'esportazione di film e Hollywood aveva sfornato la prima pellicola e la sua prima star, Charles Chaplin. Proprio perché il cinema attirava un numero di persone significativo si crearono i miti del cinema e nel 1920 si parlava della “chaplinite” come una sorta di malattia, perché in fenomeni così grandi, legati a interessi forti che animano le emozioni si fa sempre riferimento attraverso la metafora al corpo e alle sue malattie. E allora che si inizia a parlare di febbre per Chaplin che va oltre il cinema, ma viene contornata da feticci, ovvero una serie di prodotti, canzoni, balli, pupazzi e cocktail. Una pratica al tempo nuova (o almeno nuova per ambiti non prettamente religiosi) e che nel tempo sarebbe diventata una consuetudine. I film, come quasi tutti i mezzi di comunicazione di massa, riflettevano le culture nazionali. In Francia e nella Germania pre-nazista il ruolo del cinema era sempre identificato come espressione artistica.

In Italia i primi due cinema che vennero aperti furono proprio a Pisa. Il Salone Cinematografico e Teatrale dell’Ussero, gestito dalla ditta Giovanni Allegrini, fu aperto al pubblico sabato 16 dicembre 1905 con il nome di Primario Cinematografo Lumière39, dove c'era la sala dei biliardi del caffè dell'Ussero. Il Lumière era il secondo cinema inaugurato a Pisa; nell’estate del 1905 era stato aperto l’Artistico, posto nel Palazzo

37P. Ortoleva, Mediastoria: comunicazione e cambiamento sociale nel mondo contemporaneo, Pratiche Editrice, Parma 1995, pp.46-47.

38 A. Briggs, P. Burke, Storia sociale dei media: da Gutenberg a Internet, Il Mulino, Bologna 2003, p.205.

39 Questo cinema dalla lunghissima e preziosissima storia manteneva fino a poco tempo fa una programmazione di grande qualità. Purtroppo proprio pochi mesi fa (inizio 2011) è arrivata la notizia della sua chiusura, almeno per come era stata gestita finora, causa l'incompatibilità con le logiche di mercato”. Al momento in cui sto scrivendo (marzo 2011) non si sa ancora quale sarà il destino di questo posto. Personalmente mi auguro che possa continuare a vivere anche se con una declinazione più commerciale, perché è un luogo di grande importanza storica di cui vado fiera come pisana e come cittadina Italiana.

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Mastiani (nell’odierno Corso Italia), da parte della Società Generale Artistica di Roma.

Tra il 1910 e il 1914 ci fu un periodo d'oro per la cinematografia italiana che spopolò con i kolossal storici e religiosi. La prima guerra mondiale colpì duramente quest'industria che non ebbe speranza fino a quando il fascismo non istituì il Ministero della Cultura Popolare che propose di fondare una nuova struttura per rilanciare il cinema. Il Duce approvò; evidentememte, come era stato fatto per la radio, si capì che gli strumenti di comunicazioni di massa se ben controllati e ben programmati potevano aiutare molto nel piegare indirettamente la volontà popolare. Così nella capitale venne inaugurata Cinecittà il 21 aprile 1937 e Mussolini coniò il celebre slogan "La cinematografìa è l'arma più forte". Venne concepita pensando a una Hollywood italiana, con tutta la strumentazione che un cineasta poteva desiderare per la realizzazione di un film. Vennero inoltre istituiti il Centro Sperimentale di Cinematografia e la Cineteca Nazionale. Questi grandi investimenti a favore del cinema ovviamente furono seguiti da interventi molto restrittivi per la cultura cinematografica e la ricchezza culturale italiana in generale. Difatti il 1º gennaio 1939 entrò in vigore il cosiddetto monopolio, una legge che di fatto bloccava in gran parte l'importazione della cinematografia estera, in particolare quella americana, per favorire così la produzione di film italiani. Proprio nel momento in cui il rito del cinema, un rito che portava le persone fuori casa e che faceva in modo di vivere un'esperienza

“immersiva” condivisa da estranei presenti in sala, si stava diffondendo ormai in tutto il mondo occidentale, ecco che faceva la sua comparsa la televisione.

I.1.3. “Va ora in onda”

La storia della televisione ha avuto una lunga gestazione, in quanto la televisione nasce come conseguenza di molteplici premesse e scoperte scientifiche.

Molto importanti sono risultati tutti gli sviluppi di molte altre invenzioni che vanno dall'elettricità, alla fotografia, alla cinematografia fino alla radiofonia. Ovviamente sono stati fondamentali i passi da gigante in ambito elettrico che sono stati compiuti all'inizio del diciannovesimo secolo. In tutti questi campi, e nelle conquiste ottenute nella foto-telegrafia, si poteva ritrovare l'idea fondamentale della tele-visione ovvero della visione a distanza di immagini e immagini in movimento40. Il passaggio tra un primo momento di ricerca generale, su tutti i fronti e con svariati mezzi per trasmettere a distanza le immagini ed i suoni, a un secondo momento di focalizzazione su un mezzo e una tecnologia specifica, il “televisore”, segna il salto tra la preistoria e la storia di questo potente mezzo.

I primi televisori furono messi in commercio a partire dalla fine degli anni Venti.

Inizialmente si potevano considerare niente di più di un complemento d'arredo molto

40G. Giovannini, Dalla selce al silicio: storia dei mass media, Gutenberg 2000, Torino 1985, p. 182.

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costoso e vagamente tecnologico. Non si poteva ancora immaginare quanto questo mezzo avrebbe modificato le abitudini di intere nazioni e quindi, ancora per molto, non si creò la consapevolezza che la televisione sarebbe diventata una forma sociale.

Questo determinò un primo scarso interesse da parte delle potenze economiche e anche dei governi nell'investire in una ricerca sistematica e coordinata delle varie sperimentazioni che erano in atto nella prima fase storica della televisione. Difatti anche questa invenzione non fu accolta da tutti e fin da subito con entusiasmo o lungimiranza aiutata, magari, da un pizzico di fantasia. Il cambiamento prese avvio durante gli anni Venti, grazie ai successi di cinema e radio, i quali iniziarono a dimostrare prepotentemente il loro potenziale persuasivo sulle collettività. Ed è proprio in questo momento che si inizia a dividere concettualmente l'elettricità, la telegrafia e la telefonia da mezzi come radio, cinema e la neonata televisione in settori diversi. Nonostante ciò, la diffidenza riguardo a un tale salto tecnologico è ancora viva all'alba degli anni Trenta, tanto che l'eminente matematico e filosofo Bertrand Russel scrisse nel 1928:

“che mentre era stato costruito «[un apparato] capace di trasmettere immagini più o meno riconoscibili di oggetti inanimati, come un disegno, una pagina scritta o un volto immobile illuminato», non esisteva «né, da quanto si possa capire, è probabile che esisterà nel prossimo futuro un apparato in grado di trasmettere un'immagine dal vivo in movimento, come una gara di canottaggio o il Derby […] In realtà il pubblico dovrebbe imparare a fare una notevole tara alle previsioni ad effetto su questo argomento pubblicate dalla stampa non specialistica».”41

Pur essendo comprensibile la cautela con cui Russel parlava dei primi apparecchi televisivi rispondendo ai propri entusiasti lettori, la sua sfiducia dovette evidentemente essere riformulata solo due anni dopo perché il 14 luglio del 1930 la BBC mandò in onda la sua prima trasmissione televisiva. L'anno precedente l'emittente aveva sperimentato con John Logie Baird, inventore dei primi apparecchi, la primitiva tecnologia televisiva a 30 righe. Lo spettacolo che scelsero di trasmettere fu la commedia di Pirandello "L'uomo dal fiore in bocca" perché durava solo mezz'ora, aveva un cast di sole tre persone e necessitava di una scenografica minimale. La tecnologia televisiva vide un balzo in avanti con l'invenzione, in America, del tubo catodico, poi dopo vide aumentare progressivamente il numero delle righe che potevano essere trasmesse. Infine però si ritrovò con due diversi sistemi televisivi contrapposti, uno, meccanico, capitanato da Baird e un altro, elettronico, capitanato dalla Marconi-EMI. Il sistema vincente venne ampiamente ritenuto il secondo, che rispettava i criteri di alta definizione (con un minimo di 240 righe).

41A. Briggs, P. Burke, Storia sociale dei media: da Gutenberg a Internet, Il Mulino, Bologna 2003, p.215.

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