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STUDIO CLINICO Tipo di studio

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Academic year: 2021

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STUDIO CLINICO

Tipo di studio

Studio sperimentale osservazionale

Obiettivo dello studio

Studiare l’associazione in fase cronica tra variazioni neuroendocrine e

mortalità, degenza in UTI e intraospedaliera totale, e parametri di morbilità

(APACHE II).

Materiali e metodi

I pazienti reclutati nello studio sono stati ricoverati presso l’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione IV dell’Ospedale Santa Chiara di

Pisa in un arco di tempo compreso tra dicembre 2007 e luglio 2009.

Sono stati reclutati uomini e donne in post-menopausa (senza cicli

mestruali nei dodici mesi precedenti al ricovero).

Tutti i pazienti sono stati curati mediante protocolli standard per la gestione

della ventilazione e dello svezzamento, per il supporto emodinamico con

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trattamento delle complicanze infettive.

Criteri di inclusione:

-pazienti con età maggiore di 18

-pazienti con malattia critica di varia eziologia

-pazienti ricoverati in UTI per un tempo superiore a 6 giorni (fase cronica

di malattia)

Criteri di esclusione:

Non sono inclusi nello studio pazienti:

-di sesso femminile in pre-menopausa

-con patologia endocrinologica

-in trattamento con dopamina

-in trattamento con corticosteroidi ad alte dosi

-in trattamento con terapia ormonale

-in trattamento con amiodarone

Per ciascun paziente sono stati raccolti dati riguardo l’età, il sesso, la durata

della degenza in ospedale e in Terapia Intensiva, l’Acute Physiology and

Chronic Health Evaluation (APACHE II) e la mortalità in UTI e in altri

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L’ APACHE II è stato calcolato sulla base dei peggiori parametri

fisiologici registrati nel giorno del prelievo.

La risposta endocrina dei pazienti critici in fase cronica è stata valutata

attraverso il dosaggio degli ormoni con prelievi seriati notturni di 7 ml di

sangue alle ore 21:00, 24:00, 03:00, 06:00 dopo il sesto giorno dall’ammissione in Terapia Intensiva.

Sono stati dosati i seguenti ormoni:

LH e FSH ESTROGENI TESTOSTERONE DHEAS ANDROSTENEDIONE ANDROSTENEDIOLO PROGESTERONE 17OH PROGESTERONE TSH FT3 FT4 RT3 GH IGF1 PROLATTINA CORTISOLO

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Metodi di dosaggio ormonali:

 17 OH progesterone, rT3, IGF1, androstenediolo e androstenedione sono stati dosati manualmente con metodo RIA.

 TSH, DHEA, cortisolo, tireoglobulina, SHBG, FSH, LH, estradiolo, progesterone, prolattina, testosterone, fT4, fT3, e GH sono stati misurati

con tecnologia a chemioluminescenza mediante test immunologico a

due siti.

Analisi statistica:

I pazienti analizzati sono stati suddivisi in modo dicotomico in gruppo 1 e

gruppo 2, a seconda che i valori medi del singolo ormone fossero maggiori o minori rispetto al limite inferiore di normalità (Tab. 1). Si è valutata, utilizzando il test del κ² per dati non parametrici, l’eventuale correlazione tra i valori di riferimento dei gruppi 1 e 2 per ogni ormone che è stato

dosato e:  mortalità

 degenza in UTI

 degenza intraospedaliera totale  parametri di morbilità (APACHE II)

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Range ormonali normali Gruppo 1 Gruppo 2 LH (v.n. 1.4 - 12.7 mU/ml) <1.4 >1.4 FSH (v.n 1.8.– 17.0 mU/ml) <1.8 >1.8 ESTROGENI (v.n. <50 pg/ml) <50 >50 TESTOSTERONE (v.n. 2.7 – 10.9 ng/ml) <2.7 >2.7 DHEAS (v.n. 350 – 4000 ng/ml ) <350 >350 ANDROSTENEDIONE (v.n. 0.6 – 3.7 ng/ml) <0.6 >0.6 ANDROSTENEDIOLO (v.n. 3.4 – 22.0 ng/ml) <3.4 >3.4 PROGESTERONE (v.n. <1.0 ng/ml) <1.0 >1.0 17OH PROGESTERONE (v.n. 0.2 – 1.8 ng/ml) <0.2 >0.2 TSH (v.n. 0.4 – 3.4 µU/ml) <0.4 >0.4 FT3 (v.n. 2.7 – 5.7 pg/ml) <2.7 >2.7 FT4 (v.n. 7.0 – 17.0 pg/ml) <7.0 >7.0 RT3 (v.n. 0.1 – 0.35 ng/ml) <0.1 >0.1 GH (v.n. 0.05 – 5 ng/ml) <0.05 >0.05 IGF1 (v.n. 71 - 290 ng/ml ) <71 >71 PROLATTINA (v.n. 2 – 13 ng/ml ) <2 >2 CORTISOLO (v.n. 85 – 260 ng/ml ) <85 >85 Tabella 1

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Risultati

Sono stati inclusi nello studio 25 pazienti (Tab. 2) ricoverati per cure

intensive, in seguito ad interventi di chirurgia generale maggiore o trauma

grave. Paziente Età APACHE II (nel giorno del prelievo) Mortalità intraospedaliera Degenza UTI (giorni) Degenza intraospedaliera (giorni) 1 M 56 17 si (UTI) 59 62 2 F 78 13 no 111 140 3 M 74 16 si (UTI) 45 50 4 F 65 10 no 10 39 5 F 76 14 no 33 36 6 M 79 10 no 9 26 7 M 77 11 no 15 118 8 M 83 8 no 8 113 9 M 81 11 no 9 24 10 M 59 11 si (UTI) 31 31 11 M 70 12 no 12 67 12 M 66 16 si(altro reparto) 39 114 13 F 75 12 no 31 43 14 F 54 12 no 17 46 15 M 79 9 no 13 53 16 M 78 14 no 23 46 17 M 35 7 no 19 18 18 F 66 17 no 31 31 19 M 39 10 no 17 28 20 M 48 9 si (UTI) 12 49 21 F 79 13 si (UTI) 23 24 22 M 68 13 no 15 32 23 M 73 12 - - - 24 M 64 9 no 11 44 25 M 63 7 no 16 46 Tabella 2

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I pazienti hanno un’età media di 58 ± 23 anni. La loro gravità clinica è

variabile e considerando i parametri misurati nel giorno del prelievo, è stato

calcolato un APACHE II medio di 12 ± 5.

I giorni di degenza in Terapia Intensiva sono 59.5 ± 51.5, mentre la

degenza intraospedaliera, ovvero la media dei giorni di permanenza anche

in altri reparti, nel contesto dello stesso ricovero, è di 82±58 giorni.

Dall’ analisi dei valori neuroendocrini osservati in fase cronica nei nostri

pazienti è emerso, similmente a quanto presente in letteratura, un netto

scompaginamento del fisiologico assetto ormonale:

Asse somatotropo: il dosaggio di GH è entro i limiti normali, ma la

pulsatilità in molti pazienti viene persa. I valori di IGF-1 sono, in circa la

metà dei pazienti, inferiori rispetto ai valori fisiologici.

Asse tiroideo: i livelli sierici di T4 sono per lo più entro i valori nomali,

mentre quelli di T3 sono bassi nella maggior parte dei pazienti. I valori di

TSH sono variabili e non sempre correlano con l’alterazione periferica.

Asse ipofisi-surrene: i livelli di cortisolo sono nella maggior parte dei

pazienti entro i valori normali.

Prolattina: in circa la metà dei nostri pazienti i valori dosati sono superiori

rispetto alla norma.

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testosterone, indipendentemente dai valori di FSH e LH. Anche la

secrezione dei precursori del testosterone, come il DHEA-S, l’androstenedione e l’androstenediolo sono per lo più ridotti, sia nel sesso

femminile che nel sesso maschile. I livelli estrogenici, al contrario di quelli

di testosterone, aumentano marcatamente sia negli uomini che nelle donne

in post-menopausa. I valori di progesterone e 17OH-progesterone sono

entro il range di normalità.

Abbiamo valutato la presenza di un’associazione tra valori di laboratorio e i

parametri clinici raccolti.

Dal confronto tra valori ormonali divisi in modo dicotomico nei gruppi 1 e

2 e i giorni di degenza in UTI e intraospedaliera totale, non è emersa una

correlazione statisticamente significativa.

I valori di APACHE II, oltre a non essere correlati con particolari

alterazioni ormonali, non mostrano in tutti i pazienti che sono deceduti uno

score più elevato rispetto ai pazienti sopravvissuti.

Il tasso di mortalità intraospedaliera risulta essere del 24% (6 pazienti

deceduti).

Osservando i dati raccolti nei pazienti che sono deceduti, è emerso quanto

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39 Gruppo 1 Gruppo 2 LH NS NS FSH NS NS ESTROGENI NS <0.01 TESTOSTERONE NS NS DHEAS NS NS ANDROSTENEDIONE NS NS ANDROSTENEDIOLO NS NS PROGESTERONE NS NS 17OHPROGESTERONE NS NS TSH NS NS FT3 NS NS FT4 NS NS RT3 NS NS GH NS NS PROLATTINA NS NS CORTISOLO NS NS Tabella 3

(Tab. 3) Nel gruppo di pazienti selezionato nel nostro studio si è riscontrata un’importante correlazione statistica tra i pazienti del gruppo 2, che avevano valori medi di estrogeni >50 pg/ml, e mortalità (p<0.01). Non è stata rilevata alcuna significatività statistica nell’analisi delle correlazioni tra gli altri valori ormonali e la mortalità.

A differenza di altri studi presenti in letteratura, nel nostro gruppo di

pazienti, come è possibile vedere nella tabella 3, non esiste correlazione tra le alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-ormoni periferici e la mortalità,

eccetto per quanto riguarda gli estrogeni.

Dall’analisi della correlazione fra valori neuroendocrini e mortalità in fase

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statisticamente significativa tra valori di estrogeni >50 pg/ml e mortalità

(grafico 1).

(Grafico 1) I pazienti che rientrano nel gruppo 1 (valori estrogenici < 50 pg/ml) sono

tutti sopravvissuti e nessuno è deceduto; i pazienti che fanno parte del gruppo 2 (valori estrogenici > 50 pg/ml) sono deceduti nel 50 % dei casi.

Tutti i pazienti reclutati nel nostro studio che sono deceduti, avevano, in sesta giornata dall’ammissione in UTI, valori di estrogeni elevati (> 50

pg/ml).

Come possiamo notare dal grafico sottostante la media di tali valori è

decisamente più alta rispetto ai valori di estrogeni dei pazienti che sono

sopravvissuti.

(Estr <50

pg/ml) (Estr >50 pg/ml) pazienti

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(Grafico 2) Questo grafico mette in evidenza la relazione tra estrogeni e mortalità. La

media dei valori di estrogeni nei pazienti sopravvissuti (44.96 pg/ml) è nettamente inferiore alla media dei valori di estrogeni nei pazienti che sono deceduti (115.08 pg/ml).

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Discussione

Questo studio osservazionale sperimentale conferma gli scarsi dati presenti in letteratura sull’importanza del ruolo del sistema neuroendocrino nel

paziente critico cronico, soprattutto per quanto riguarda gli ormoni sessuali.

Sebbene si tratti di uno studio che coinvolge un piccolo numero di pazienti,

le alterazioni dei singoli assi ormonali sono già evidenziabili e

sovrapponibili in termini percentuali agli studi presenti in letteratura.

La mancanza di un’associazione tra i valori ormonali e la lunghezza della

degenza, può essere imputata a vari fattori, in primis il fatto che, soprattutto per ricoveri prolungati, avrebbe maggiore significatività l’osservazione di

più prelievi e la valutazione del trend delle variazioni ormonali, piuttosto

che un singolo dosaggio.

Inoltre molto spesso è complesso individuare i motivi di un ricovero

prolungato, intervenendo svariati fattori di tipo terapeutico e diagnostico,

per cui, non sempre un numero maggiore di giorni di ricovero significa

necessariamente maggiore gravità dello stato clinico.

Il sistema di punteggio APACHE (Acute Physiology and Chronic Health

Evaluation) è stato sviluppato per fornire una valutazione oggettiva della

gravità di malattia nei pazienti UTI. Si basa sull’Acute Physiology Score

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misurazione più anomala nelle 24 ore.

Meritano menzione i seguenti limiti dello score:

- lo score APS non ha aggiustamenti per le misure ottenute in presenza di

interventi come supporto farmacologico emodinamico, ventilazione

meccanica o terapia antipiretica.

- l’età avanzata è esageratamente penalizzata; per esempio per un’età

superiore a 65 anni si aggiunge un punteggio maggiore di un gradiente A-a

Po2 superiore a 500 mmHg (6 punti contro 4 punti, rispettivamente).

- non vengono mai considerate la malnutrizione o la cachessia nella

valutazione delle condizioni croniche. (40)

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ormonali e gravità dello score. Inoltre, osservando i dati, si può notare che

non in tutti i pazienti che sono deceduti si riscontrano punteggi APACHE II

particolarmente elevati rispetto ai pazienti non deceduti.

La correlazione tra valori ormonali e mortalità ha evidenziato risultati

parzialmente in linea con lavori precedenti; infatti, è emerso fortissimo il

ruolo degli estrogeni, quale indice predittivo assoluto di mortalità, rispetto

ad altre alterazioni ormonali quali la diminuzione del DHEAS, la diminuzione del testosterone, l’euthyroid sick syndrome, già segnalate in

letteratura.

Risulta interessante notare che tra i pazienti che sono deceduti si ha un

aumento dei livelli di estrogeni al di sopra del limite inferiore del range di

normalità, che non si riscontra invece nei pazienti non deceduti.

Ci aspetteremmo inoltre valori di APACHE II più alti nei pazienti non

sopravvissuti, in accordo con il ruolo prognostico di tale score, ma ciò non

coincide con i dati da noi osservati.

Su un numero di pazienti superiore, già lo studio di Dossett e coll., ha evidenziato che l’incremento di estradiolo è in relazione con la gravità di

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(Fig. 6) Relazione tra APACHE II e estradiolo sierico. (Dossett, Brian, Swenson, Heffernan, Monatti, Metzger, Sawyer, May, High levels of endogenous estrogens are associated with death in the critically injured adult, J Trauma, 2008;64:580-585)

Tuttavia, nel nostro studio, pur basandosi su una casistica ridotta, sembra

che gli estrogeni aumentati abbiano un significato superiore rispetto all’APACHE II e tale osservazione potrebbe avere un’importanza rilevante

nella pratica clinica.

Per spiegare l’aumento dei livelli sierici di estradiolo che si ha nei pazienti

critici cronici, inizialmente, nei primi studi era stata ipotizzata un’attivazione generale della corteccia surrenalica e un aumento della

produzione di androgeni, precursori degli estrogeni (37). Ma, in realtà il

testosterone (precursore di E2) era estremamente basso.

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focalizzando l’attenzione sui meccanismi di aromatizzazione periferica. In

pazienti che avevano subito interventi di chirurgia cardiovascolare e che si

trovavano in uno stato di ipogonadismo ipogonadotropo, hanno rilevato

una maggiore espressione dell’ mRNA dell’aromatasi nel tessuto adiposo. Questo elevato tasso di aromatizzazione suggerisce che l’aumento degli

estrogeni non rappresenti un semplice epifenomeno dell’attivazione

surrenalica; ciò lascia piuttosto supporre la presenza di fattori, coinvolti

nella malattia critica, in grado di indurre direttamente la trascrizione del

gene aromatasi. Sebbene la produzione gonadica di estrogeni sia regolata dall’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi, mediante l’LH e l’FSH, e inibita da

citochine e dal TNFα , la produzione periferica di estrogeni è stimolata

dalle citochine. Quindi, mentre la risposta infiammatoria a un qualsiasi

stress inibisce la produzione centrale di estrogeni, sembra invece

stimolarne la sintesi periferica (41).

Molto interessante risulta il lavoro di Dossett e coll. che, in linea con i

risultati del nostro studio, mette in evidenza l’associazione tra incremento

degli estrogeni endogeni e gravità della condizione clinica. I valori medi di

estradiolo, considerando 991 pazienti critici arruolati per quello studio,

erano nel 50% dei pazienti oltre i limiti fisiologici, incremento che si è

dimostrato in relazione con la gravità della malattia stimata mediante l’APACHE II.

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La probabilità di decesso era più bassa se i livelli di estradiolo erano entro

il range (0-54 pg/ml negli uomini e nelle donne in post-menopausa), mentre

aumentava incredibilmente a valori soprafisiologici.

(Fig. 7) Relazione tra mortalità intra-ospedaliera e incremento di estradiolo sierico. Si nota aumento della mortalità per valori soprafisiologici. (Dossett LA, Swenson BR, Heffernan D, Bonatti H, Metzger R, Sawyer RG, May AK. High levels of endogenous estrogens are associated with death in the critically injured adult. J Trauma. 2008 Mar;64(3):580-5.)

Se l’aumento dell’estradiolo contribuisca fisiologicamente al

peggioramento del quadro clinico o sia semplicemente un biomarker di

gravità della patologia di base, non è ancora del tutto chiarito.

Molti sono i fattori che inducono a propendere per la prima ipotesi. Gli

estrogeni hanno proprietà immunomodulatorie e determinano alterazioni

delle funzioni di monociti e macrofagi e della produzione di citochine,

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animali a diminuzione della sopravvivenza. Sono in grado di indurre e attivare l’ossido nitrico sintetasi nelle cellule endoteliali, contribuendo

probabilmente ad abbassare le resistenze periferiche nelle fasi di shock.

Infine molto importante è la capacità degli estrogeni di modulare la resistenza all’insulina e l’associazione, ormai ben nota, con stati di

ipercoagulabilità. (41)

Probabilmente la migliore evidenza di un potenziale ruolo fisiopatologico

degli estrogeni nella critical illness è l’osservazione in studi su cavie che

hanno ricevuto un insulto letale mediante iniezione di lipopolisaccaride: si

ha infatti un aumento della mortalità negli animali in cui sono state

somministrate elevate dosi di estradiolo, e una diminuzione di decessi

nelle cavie trattate con inibitori dell’aromatasi.(42)

Molti studiosi, sulla base di esperimenti su cavie, hanno ipotizzato un

collegamento tra genere maschile/femminile, andamento di una malattia e la sua eventuale evoluzione verso l’exitus.

Infatti, in modelli animali, l’aumento degli estrogeni è associata ad uno

stato pro-infiammatorio e ad un miglioramento della sopravvivenza dopo

una sepsi o un trauma, mentre in cavie con maggiori livelli di androgeni si

ha una depressione immunitaria e una diminuzione della

sopravvivenza.(43)

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hanno portato a conclusioni contrastanti. Risulta infatti che pazienti di

sesso maschile siano più frequentemente ammessi nelle unità di terapia

intensiva con la diagnosi di sepsi, e che sviluppino complicanze infettive

dopo un trauma molto più spesso delle donne. Altri studi invece, hanno

trovato una maggiore incidenza nelle donne di complicanze infettive dopo

chirurgia cardiovascolare e dopo ustioni. (44)

Queste differenze tra modelli umani e animali sono molto interessanti:

negli animali infatti la biosintesi degli estrogeni avviene esclusivamente nelle gonadi, mentre i primati (incluso l’uomo) hanno una aromatasi

periferica, a livello degli adipociti, nei fibroblasti e negli osteoblasti, che è

in grado di convertire gli androgeni in estrogeni. Questa produzione di

estrogeni è tessuto-specifica e, a differenza della biosintesi gonadica, è

stimolata dallo stress e dalla esagerata risposta infiammatoria che si ha

durante la malattia critica. (45)

Ciò che potrebbe influenzare l’outcome nell’uomo può semplicemente

essere il risultato di differenze di tipo clinico, fenotipico o genetico,

piuttosto che essere in relazione al genere.

Infatti altri studi hanno portato alla conclusione che nei pazienti la mortalità

non viene influenzata dal genere maschile o femminile, ma piuttosto

sembra correlata con un aumento dei livelli di 17 beta-estradiolo in

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