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Capitolo 1 Croce e Weber: biografia e bibliografia

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Capitolo 1

Croce e Weber: biografia e bibliografia

1.1. Benedetto Croce. La vita e le opere di un critico di se stesso

Benedetto Croce nacque a Pescasseroli (L’Aquila) il 25 febbraio 1866, da Pasquale Croce e Luisa Sipari.

Nella mia famiglia mi stavano innanzi esempi di pace, di ordine, di laboriosità indefessa in mio padre, sempre chiuso nel suo studio tra carte di amministrazione, e in mia madre, che si levava prima di tutti all’albeggiare, e andava in giro per la casa a mettere assetto e a dar mano alle donne di servizio1.

La ricca famiglia conservatrice e filoborbonica fece frequentare al giovane Benedetto le scuole secondarie presso il Collegio della Carità di Napoli. Iniziò già allora a leggere De Sanctis e Carducci e ad ascoltare alcune lezioni di logica tenute da Bertrando Spaventa, cugino del padre, all’Università di Napoli.

Nell’estate del 1883, una grande tragedia colpì la famiglia Croce: un terribile terremoto, che sconvolse l’Isola d’Ischia, la seppellì sotto la sua abitazione di villeggiatura di Casamicciola. Benedetto e il fratello Alfonso si salvarono, ma il padre, la madre e la sorella morirono.

Come Croce stesso ci ricorda restò «sepolto per parecchie ore sotto le macerie e fracassato in più parti del corpo»2.

A seguito della sciagura fu ospitato a Roma, in casa di Silvio Spaventa, fratello di Bertrando, che divenne suo tutore. Si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza, ma per i tanti stimoli intellettuali che riceveva nella sua nuova dimora animata da discussioni fra numerose personalità politiche e culturali, intraprese ricerche personali nelle biblioteche pubbliche e ascoltò alcune lezioni di filosofia morale di Labriola, del

1 Croce B., Contributo alla critica di me stesso, in Etica e politica, Laterza, Bari, 1956, p. 380. 2 Ibidem, p. 385.

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quale godeva la compagnia anche alla sera a casa Spaventa e che lo indirizzò verso la filosofia di Herbart e di Marx.

Nel 1886 lasciò Roma e si trasferì a Napoli, città la cui storia e le cui figure storiche furono da lui attentamente studiate. Negli anni successivi fece anche diversi viaggi di studio in giro per l’Europa e nonostante l’enorme bagaglio culturale che si stava costruendo con le sue ricerche storiche, filosofiche e letterarie non volle conseguire alcun titolo accademico.

Nel 1893 scrisse il saggio La storia ridotta sotto il concetto generale dell’arte, nel quale, allontanandosi dalla storiografia positivista, guardava alla storia non come una semplice riproduzione di dati di fatto, ma, innanzitutto, come intuizione di quello spirito sotteso agli eventi.

Nel 1895 Labriola invia a Croce un suo saggio dal titolo In memoria del manifesto dei comunisti, nel quale si esaltava Marx come scopritore della storia intesa come storia di interessi e conflitti di classe. Scrive Croce nel Contributo alla critica di me stesso: «mi sentii di nuovo tutto accendere la mente e non potei più distogliermi da quei pensieri e problemi, che si radicavano e allargavano nel mio spirito […]; e mi detti per più mesi con ardore indicibile agli studi, fin allora a me ignoti, della Economia»3. Lesse così, oltre ai saggi di Labriola, libri di economia, riviste e giornali

di ispirazione socialista e tra il 1896 e il 1899 scrisse quattro saggi che furono pubblicati insieme nel volume Materialismo storico ed economia marxistica (1900). Individuati i punti deboli del marxismo e considerando il materialismo storico né una nuova filosofia della storia, né un nuovo metodo, bensì un canone d’interpretazione storica, Croce si distaccò dal socialismo, in favore del liberalismo.

Nel 1900 pubblicò, negli Atti dell’Accademia Pontaniana, le Tesi fondamentali di un’estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale; e nel 1902 pubblicò l’Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale che rappresenta il primo volume di quel sistema crociano definito “Filosofia dello spirito”; i volumi successivi furono: Logica come scienza del concetto puro (1909), Filosofia della pratica. Economica ed etica (1909), Teoria e storia della storiografia(1917).

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Alla fine del 1902, fondò la rivista di storia, letteratura e filosofia La Critica e ne pubblicò il programma. Nel gennaio del 1903 uscì il primo numero di questo periodico, espressione del nascente neoidealismo italiano. Croce, all’interno della rivista, si occupava della parte dedicata alla storia letteraria dal 1850 in poi, mentre a Giovanni Gentile venne affidata la parte riservata alla storia della filosofia italiana per il medesimo periodo. La Critica esercitò per quaranta anni una rilevante influenza sulla vita culturale e politica italiana.

Gli studi sul marxismo fecero sentire a Croce il bisogno di risalire a Hegel e nel 1906 egli riuscì in un ripensamento sistematico dell’opera del filosofo tedesco in Ciò che è vivo e ciò che morto nella filosofia di Hegel, adesso incluso nel Saggio sullo Hegel (1912). Proprio lo scritto Ciò che è vivo e ciò che morto nella filosofia di Hegel fu il primo libro pubblicato nelle edizioni Laterza. Nel 1906 la Casa Laterza era anche divenuta editrice de La Critica (fino a quel momento il filosofo napoletano l’aveva stampata a sue spese) e Croce aveva già iniziato da alcuni anni la sua collaborazione con Laterza come consigliere per la pubblicazione di collane.

Nel 1910 diventò senatore. Nel 1911 pubblicò La filosofia di G. B. Vico e Problemi di estetica; del 1913 è il Breviario di estetica.

Durante la prima guerra mondiale si schierò con i “neutralisti” e criticò gli atteggiamenti nazionalistici antitedeschi tendenti a un’esaltazione della guerra: per Croce la guerra era invece una necessità cui piegarsi come dinanzi a un fenomeno naturale.

Nel 1915 pubblicò il Contributo alla critica di me stesso e cominciò a far uscire ne La Critica i Frammenti di etica. Degli anni della guerra sono da ricordare alcuni suoi scritti, successivamente raccolti in Pagine sulla guerra. Nel 1920-21 fu ministro della Pubblica Istruzione nel governo Giolitti.

Interpretando il fascismo e le sue violenze come una reazione al rivoluzionarismo dei socialisti, Croce appoggiò quel movimento. Votò anche la fiducia al governo Mussolini, sperando così di far rientrare nella legalità lo stesso fascismo. Dopo il delitto Matteotti del 1924 e dopo l’approvazione delle leggi del 1925 contro le libertà politiche, diventò però un fermo oppositore della dittatura e in risposta al Manifesto

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degli intellettuali fascisti – riuniti in congresso a Bologna nell’aprile del 1925 – scrisse nel maggio di quell’anno il Manifesto degli intellettuali antifascisti, che raccolse molte adesioni.

Negli anni del regime fascista il filosofo napoletano, a causa delle sue posizioni politiche, fu vittima di discriminazioni intellettuali, di campagne ingiuriose sulla stampa, di sorveglianza poliziesca e anche, nel 1926, di una spedizione punitiva contro la sua casa napoletana. Proprio la condanna unanime dell’atto, espressa dalla stampa straniera, portò il regime a consentire a Croce di godere di una certa libertà. Il fascismo da una parte non ebbe il coraggio di perseguitarlo o colpirlo direttamente per il suo alto e internazionale prestigio intellettuale, dall’altra assumeva una tale posizione nei suoi confronti per usare strumentalmente proprio quella libertà che seppur limitata e assediata come si diceva sopra, costituiva la prova della tolleranza del fascismo da opporre a chi all’estero stigmatizzava il regime come liberticida. Croce potette continuare con i suoi studi, e anche viaggiare, a patto che non interferisse in modo diretto su questioni di immediato carattere politico.

Il filosofo napoletano espose il suo credo liberale, accusando implicitamente la dittatura fascista, in alcune sue importanti opere di storia e di politica, tra cui: Storia d’Italia dal 1871 al 1915 ( 1928), Etica e politica (1931), Storia d’Europa del secolo decimonono (1932), La storia come pensiero e come azione (1938).

Dopo la caduta del fascismo fu ministro nei governi Badoglio e Bonomi, presidente del partito liberale e membro dell’Assemblea costituente. Nel 1947 fondò l’Istituto italiano per gli studi storici. Nel 1948 divenne senatore di diritto, ma rifiutò poi l’offerta della nomina a senatore a vita, come anche nel 1946 aveva rifiutato l’offerta della presidenza provvisoria della Repubblica.

L’ultima fatica di Croce furono le Indagini su Hegel e schiarimenti filosofici, il filosofo infatti morì nella sua Napoli il 20 novembre 1952, rimanendo fino alla fine lucido e intellettualmente attivo.

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1.2. Max Weber. La vita e gli scritti di un Recke

Max Weber nacque nel 1864 a Erfurt in Turingia. Il padre, che apparteneva all’alta borghesia, fu anche deputato del partito nazional-liberale, la madre, donna di cultura, riceveva nella casa di Berlino molti dei più noti intellettuali tedeschi dell’epoca.

Egli fece i suoi studi nelle università di Heidelberg, di Berlino e di Gottinga. Nel 1889 riuscì ad ottenere il dottorato con una tesi di storia economica dal titolo Per la storia delle società commerciali nel Medioevo. Nel 1892 conseguì la libera docenza con lo studio La storia agraria romana nel suo significato per il diritto pubblico e privato. Pubblicato il lavoro Le condizioni dei contadini nella Germania orientale dell’Elba, nel 1894 divenne docente di economia politica all’università di Friburgo, dove tenne il «Discorso inaugurale» con la lettura de Lo Stato nazionale e la politica economica. Nel 1896, ottenuta una cattedra a Heidelberg, pubblicò la seconda parte – la prima era stata pubblicata nel 1894 – del saggio La Borsa.

Dal 1897 al 1903, a causa di una malattia nervosa, si vide costretto ad interrompere la didattica e il suo lavoro scientifico, oltre che a rifiutare la candidatura al Reichstag. Durante questi anni, ridotti i ritmi lavorativi, riuscì anche a visitare l’Italia, la Svizzera e poi gli Stati Uniti, nel 1904.

Divenne condirettore della rivista Archivio di scienza sociale e politica sociale nella quale pubblicò poi la maggior parte dei suoi studi, tra cui: L’«oggettività» conoscitiva della scienza sociale e della politica sociale (1904), Considerazioni statistico-agrarie e socio-politiche sulla questione del fidecommesso in Prussia (1904), L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1904-1905), Studi critici intorno alla logica delle scienze della cultura (1906), Per la condizione della democrazia borghese in Russia (1907), Passaggio della Russia al costituzionalismo formale (1907), Il «Superamento» di Rudolf Stammler della concezione materialistica della storia (1907), La dottrina marginalistica e la «legge fondamentale psicofisica» (1908).

Nel 1910 fu tra i fondatori dell’Associazione tedesca di sociologia, schierandosi al congresso della stessa contro l’ideologia razzista. Tra il 1910 e la fine della guerra

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mondiale si dedicò agli studi che andranno poi a comporre lo opere rimaste incompiute o pubblicate postume, ricordiamo Scritti di sociologia della religione (1920-1921) e Economia e società (1922).

Negli anni della guerra e in quelli immediatamente successivi fu notevole il suo impegno politico. Non solo collaborò alla Frankfurter Zeitung – dove espresse sì la sua condivisione delle ragioni della guerra, ma criticò anche la politica ufficiale del Reich –, ma guidò per un anno un gruppo di ospedali svolgendo compiti amministrativi. Alla fine dei combattimenti fece parte della delegazione tedesca a Versailles e contribuì alla redazione della Costituzione della Repubblica di Weimar. Della sua ricca attività pubblicistica di quegli anni ricordiamo Diritto di voto e democrazia in Germania (1917) e Parlamento e governo nel nuovo ordinamento della Germania (1918).

Nel 1918 ritornò anche all’insegnamento, assumendo la cattedra di economia politica a Vienna. Sempre in quell’anno fu tra i fondatori del Partito democratico tedesco, ma se ne distaccò presto non condividendo il programma di socializzazione. Da tener presenti infine le due conferenze del 1919: La scienza come professione e La politica come professione. Nel 1919 passò ad insegnare a Monaco, dove morì il 4 giugno 1920.

La vedova, oltre a raccogliere i lavori del marito e a garantirne la pubblicazione, scrisse un’ampia biografia4 nella quale lo descrive come un gagliardo antico Recke,

un condottiero pronto alla battaglia, ma brancolante nel buio5.

4 Weber Marianne, Max Weber, ein Lebensbild, Tubinga, 1926.

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