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CAPITOLO 1: GLI ACCIAI MICROLEGATI E LA LAMINAZIONE IN CONTROLLO

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 1: GLI ACCIAI MICROLEGATI E LA

LAMINAZIONE IN CONTROLLO

1.1 GENERALITÀ

L'acciaio costituisce il più importante prodotto della siderurgia: viene commercializzato in una grande varietà di tipi, ciascuno con caratteristiche diverse, classificabili secondo la composizione chimica, la struttura, il processo di produzione, l'impiego prevalente. Una classificazione molto comune distingue cinque grandi categorie e sono: acciai al carbonio, acciai legati, acciai debolmente legati ad alta resistenza, acciai inossidabili e acciai da utensili.

Gli acciai al carbonio utilizzati nella costruzione di edifici e strutture stradali o ferroviarie, e nella realizzazione di impianti industriali, impianti petroliferi sul mare, gasdotti, oleodotti, ecc., vengono comunemente denominati “strutturali”. Negli anni ’50, l’acciaio strutturale di base era capace di un carico unitario di snervamento (Rs)

intorno a 230 MPa, mentre, al giorno d’oggi, il massimo carico di snervamento ottenibile nella classe degli acciai strutturali è dell’ordine di 700 MPa [1].

Gli acciai microalligati o microlegati si sono sviluppati a partire dagli anni ’60 e sono acciai che pur con un basso tenore di elementi aggiunti in lega sono capaci di elevate caratteristiche resistenziali. Essi sono spesso indicati con la sigla HSLA (acronimo di

high-strength low-alloys).

La classe degli acciai microlegati non è definita in modo preciso all'interno della normativa tecnica e vengono compresi nella classe degli acciai al carbonio da costruzione e di uso generale, in quanto gli elementi aggiunti in lega sono presenti, come detto, in piccole quantità. A volte i microleganti possono essere aggiunti per gli stessi scopi anche in acciai speciali da costruzione, come gli acciai da bonifica. I

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microalligati possono comunque essere riconosciuti dagli utilizzatori, in quanto nella composizione chimica viene esplicitamente dichiarata la presenza di almeno uno degli elementi generalmente usati per la microalligazione: titanio(Ti), vanadio(V), niobio(Nb).

Le caratteristiche finali di un acciaio microlegato altoresistenziale sono in gran parte dovute all’ottenimento di un affinamento del grano ferritico finale, in modo da ottenere la miglior combinazione tra resistenza e tenacità. Per controllare la dimensione finale del grano ferritico si esegue un trattamento termomeccanico, denominato laminazione in controllo, effettuato con un attento controllo della sequenza tempo-deformazione-temperatura [1]. Il punto critico del processo è l’aggiunta di Nb, V e Ti: ogni elemento ha un compito ben definito nel trattamento termomeccanico ed è presente in quantità di solito al di sotto dello 0.15% in peso. Il Ti, insieme all’alluminio, forma nitruri che, se di dimensioni appropriate, controllano la dimensione del grano austenitico prima della fase di laminazione. Durante quest’ultima il Nb e il Ti formano carbonitruri che hanno l’effetto di ritardare la ricristallizzazione, bloccando i bordi di grano, e permettendo ai grani austenitici di orientarsi nella direzione di laminazione e di appiattirsi. Questo comporta una notevole riduzione della dimensione del grano austenitico, in direzione trasversale, e l’ottenimento di una superficie di bordo di grano per unità di volume molto più alta. Quest’ultima ha l’effetto di incrementare notevolmente la velocità di nucleazione durante la trasformazione austenite-ferrite, favorendo di conseguenza la formazione di un grano ferritico finale estremamente fine. Il compito del vanadio e, in misura minore, del niobio, è quello di formare carburi e carbonitruri alle temperature più basse, per promuovere l’indurimento per precipitazione. Il vanadio si trova presente in quantità assai basse, poiché la sua azione è sentita ed apprezzabile anche solo con

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un tenore del 0.05%. Una delle proprietà più significative del vanadio è il potere di affinamento dei grani.

Il niobio dà origine a carburi e a carbo-nitruri che conferiscono un notevole indurimento strutturale anche allo stato ricotto, poiché affinano il grano. Le aggiunte sono dell'ordine di 0.01%, ma queste possono dare luogo ad aumento di fragilità, per cui ne va fatto un impiego particolarmente cauto.

Oltre ad affinare il grano, la formazione dei precipitati a partire dai microalliganti comporta l'ancoraggio delle dislocazioni, che sono quei difetti del reticolo cristallino che con il loro movimento realizzano il flusso plastico del materiale. L'ancoraggio prodotto dai precipitati provoca un innalzamento del carico di snervamento. Il principale scopo dell’aggiunta di microleganti è di poter realizzare l’ affinamento del grano e/o il rafforzamento per precipitazione con ancoraggio delle dislocazioni. Comunque, se l'affinamento del grano è un meccanismo di rafforzamento che comporta pure un incremento della tenacità (capacità di resistere agli urti e sopportare i difetti), il rafforzamento per precipitazione se da un parte comporta l'innalzamento del carico di snervamento, dall'altra può comportare una diminuzione della tenacità del materiale. . Gli acciai microlegati sono usati in molte applicazioni ingegneristiche. L'intervallo dei carichi di snervamento varia generalmente tra 350MPa a 550 MPa, anche se sono stati recentemente sviluppati gradi con lo 0.2% C ed alligati con niobio e vanadio che arrivano a 1100MPa. Un acciaio dalle caratteristiche eccezionali viene prodotto per le tubazioni speciali per le biciclette e utilizzato nei reparti corse. Si tratta di un particolare materiale microlegato che ha innalzato il carico di rottura fino a 1400MPa, attraverso particolari trattamenti termici. Esistono differenti gradi di acciai con carico unitario di snervamento da 280MPa a 650 MPa in grado di soddisfare le più diverse esigenze applicative.

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Il mercato degli acciai è diviso principalmente in due grandi categorie, prodotti piani e lunghi. Un prodotto piano può essere sia una lamiera sia un nastro laminato (a caldo o a freddo). Le lamiere variano da dimensioni di 10mm a 200mm, mentre i laminati sottili da 1mm a 10mm.

Lo sviluppo degli acciai HSLA è stato ed è tuttora variabile a seconda del paese e addirittura del produttore considerato, ed è influenzato da molteplici fattori, tra i quali assume molta importanza quello economico: l’aggiunta di bassissimi tenori di alliganti e l’uso ottimizzato delle tecniche di laminazione a caldo e raffreddamento accelerato producono un basso costo per unità di resistenza che rende questi acciai molto competitivi sul mercato. Dal punto di vista della metallurgia fisica, che è poi quello che interessa ai fini di questo lavoro, l’introduzione degli acciai microlegati ha coinciso più o meno con la comprensione delle relazioni tra la microstruttura e le proprietà meccaniche degli acciai stessi, e tra l'evoluzione della microstruttura e i processi metallurgici ad essi applicati [2].

1.2 LA LAMINAZIONE IN CONTROLLO (LC)

La laminazione in controllo può essere intesa come un processo meccanico-metallurgico, con il duplice scopo di ridurre nella misura voluta la sezione trasversale del semiprodotto di acciaio, e di influenzare la microstruttura finale mediante opportuni trattamenti di deformazione meccanica.

Il processo, schematizzato in fig.1.1 [3] consiste essenzialmente nel riscaldamento del bramma (semiprodotto d’acciaio dello spessore di circa 250 mm) a temperature tra i 1100 e 1300˚C tali da provocare la completa dissoluzione nell’austenite degli elementi microleganti.

La laminazione successiva al riscaldamento avviene in più passate, con completa ricristallizzazione del grano austenitico tra una passata e la sua successiva, e assenza

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di precipitazione di fasi secondarie, a causa della temperatura ancora troppo alta per causare una forte sovrassaturazione dell’austenite. Questa fase si conclude quando lo spessore della bramma avrà raggiunto un valore circa cinque volte superiore a quello della lamiera finale e la temperatura del materiale sarà scesa usualmente a valori intorno a 1000°C.

Fig.1.1: Laminazione in controllo degli acciai microlegati [3].

Dopo un certo tempo di attesa necessario per abbassare ulteriormente la temperatura del materiale, ha inizio la seconda fase di laminazione, ancora realizzata in più passate, durante la quale, per effetto della deformazione, comincia la precipitazione di carburi e carbonitruri (precipitazione indotta dalla deformazione), che stabilizza la substruttura di deformazione, impedendo la ricristallizzazione dell’austenite.

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Pertanto, durante le successive passate ai rulli finitori, il grano austenitico viene fortemente allungato nella direzione di laminazione (pancaking), assumendo la forma spaziale a “frittella”, indicata in fig.1.2.

Si realizza così, un'alta velocità di nucleazione della ferrite a seguito dell’aumento del rapporto superficie/volume del grano, che incrementa il numero di siti di possibile nucleazione della ferrite stessa (vedi Tabella 1.1 [4]). Poiché durante la trasformazione γ→α la ferrite nuclea sul bordo di grano austenitico, è evidente che il

diametro ferritico finale non potrà superare lo spessore del grano austenitico deformato, che è molto piccolo.

Fig.1.2: Effetto della deformazione sulla bramma.

Bisogna osservare che l’applicazione della laminazione in controllo ha comportato anche un forte sviluppo a livello impiantistico, trattandosi infatti di laminatoi in grado di deformare l’acciaio fino a temperature così basse, necessitano di conseguenza di maggior potenza e robustezza rispetto a quelli utilizzati in

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precedenza, questo perché la resistenza che il materiale oppone alla lavorazione plastica aumenta rapidamente al decrescere della temperatura.

Tabella 1.1

Parametri molto importanti caratterizzanti la laminazione in controllo sono:

La temperatura di accrescimento del grano TGC [5], definita come la

temperatura al di sopra della quale comincia un accrescimento del grano per ricristallizzazione secondaria, o più precisamente, quella temperatura al di sopra della quale le particelle indisciolte di precipitato non possono più impedire l’accrescimento del grano austenitico. In corrispondenza di tale temperatura si ha in pratica una condizione di equilibrio fra la forza motrice per la crescita del grano e la forza di pinning che ostacola il movimento dei bordi. Un normale accrescimento del grano avviene in assenza di forze di pinning, cioè in assenza di un blocco del movimento dei bordi di grano dovuto alla presenza di dispersoidi, ed è esprimibile mediante la relazione seguente [3]:

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n n o a T k t k D D 1 2 1 exp ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡ ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛ ⋅ ⋅ + =

dove Da è la dimensione in micrometri del grano austenitico iniziale, t il tempo

d’austenizzazione, T la temperatura di riscaldo in K e Do è la dimensione del grano

di riferimento. k1, k2 e n sono dei parametri che dipendono dal tipo di acciaio.

Per gli acciai al Nb si possono raggiungere condizioni favorevoli ad un abnorme accrescimento del grano causato da ricristallizzazione secondaria. Tale fenomeno ha luogo quando i grani austenitici appena formati rimangono di piccole dimensioni per la presenza di una distribuzione di particelle di fasi secondarie come Nb (CN).

Gladman [6] ha dimostrato che esiste una condizione minima in cui la velocità dell'energia liberata per unità di spostamento dei bordi di grano eguaglia la velocità di rilascio dell'energia dovuta all'assenza di particelle ostacolanti. Egli ha definito

questa condizione in termini del raggio critico, rcrit, che rappresenta la dimensione

massima di una particella capace di neutralizzare la forza motrice per l'ingrossamento del grano austenitico:

⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛ − = Z f R rcrit 2 2 3 6 0 π

In quest'espressione, R0, è la dimensione iniziale del grano della matrice, f la frazione

volumetrica delle particelle e Z è un termine usato per tenere conto dell'eterogeneità

delle dimensioni dei grani della matrice. Dall'equazione è chiaro che il valore di rcrit

dipenderà principalmente dalla frazione volumetrica di precipitati. Quando la temperatura aumenta, la quantità di microalliganti disciolta in soluzione nell'austenite cresce, con il risultato di una diminuzione della frazione volumetrica di precipitati attivi nel ritardare l'ingrossamento. In questa situazione, alcuni grani si ingrosseranno a spese di altri, mentre una parte di essi continuerà ad essere vincolata.

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La temperatura di non ricristallizzazione TRXN [3], fortemente influenzata

dall’aggiunta di elementi di lega, in particolare il Nb ha l’effetto di innalzare il suo valore, molto più marcatamente che gli altri elementi normalmente usati come microleganti. Essa può essere definita come quella temperatura al di sopra della quale si ha una ricristallizzazione dell’austenite, tra due passaggi consecutivi nel laminatoio. Il risultato è quello di ottenere un grano più fine, e l’eliminazione dell’incrudimento accumulato con la laminazione. La temperatura di non ricristallizzazione può essere determinata attraverso l’analisi dei dati ottenuti durante la laminazione o con prove di torsione a caldo. Al di sotto della temperatura TRXN,

tra due passate consecutive di laminazione, la ricristallizzazione dell’austenite non ha tempo di avvenire: l’incrudimento e lo stress accumulati non riescono a essere eliminati, con il risultato che, al diminuire della temperatura, iniziano nettamente ad aumentare la resistenza o il carico di laminazione, come mostrato in fig.1.3.

Fig.1.3: Andamento della tensione media in funzione della temperatura.

La temperatura di trasformazione Ar3 [7], definita come la temperatura in

corrispondenza della quale, durante raffreddamento, inizia la trasformazione da austenite a ferrite (γ→α). In realtà un ruolo importante è affidato anche alla

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temperatura Ar1, di fine trasformazione γ → α + perlite. La loro influenza è

essenzialmente legata alla microstruttura finale e a fenomeni di natura termodinamica, (nucleazione, accrescimento…).

1.3 I PRINCIPALI TIPI DI LC

La laminazione in controllo può essere eseguita in diversi modi in funzione delle temperature a cui avvengono le varie fasi di processo ed alle caratteristiche finali desiderate. Come riferimento vengono normalmente prese in considerazione le tre temperature critiche dell’austenite precedentemente elencate [7].

Le differenze tra i vari trattamenti di laminazione possono essere descritte con l’aiuto della figura 1.4

Fig.1.4: Possibili trattamenti termomeccanici in base alle temperature critiche dell’austenite, alle temperature di trasformazione, e alle operazioni di sbozzatura e finitura durante la laminazione: A: Laminazione a caldo convenzionale (CHR); B: Laminazione in controllo convenzionale (CCR); C: Laminazione in controllo intensificata (ICR); D: Laminazione con controllo della ricristallizzazione (RCR); E: processo Sumitomo High Toughness (SHT).

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Il primo processo presentato contrassegnato con A, è quello della laminazione a caldo (CHR) durante la quale il riscaldamento e entrambe le fasi di laminazione (sbozzatura e finitura), avvengono alle più alte temperature possibili. In questo modo si sfrutta l’aumentata deformabilità del materiale per spingere al massimo l’assottigliamento durante una passata di laminazione. L’obbiettivo della laminazione a caldo è quello di ottimizzare la produttività a prescindere dalle proprietà meccaniche del laminato. In questo caso non è richiesta l’aggiunta nel materiale di elementi di lega.

La curva B, invece, rappresenta la laminazione in controllo (CCR), il cui obbiettivo è l’ottenimento di ferrite a grana fine attraverso un controllo delle dimensioni del grano austenitico, effettuando la laminazione di finitura nella zona di non ricristallizzazione dell’austenite stessa. In questo caso è fondamentale l’aggiunta di elementi microleganti che precipitando per effetto della laminazione, sotto forma di carburi o carbonitruri finemente dispersi, controllano l’accrescimento e la ricristallizzazione del grano austenitico. A tale scopo si usano piccole percentuali di elementi come Ti, Nb e V. Durante la laminazione al finitore, il grano austenitico, non potendo ricristallizzare, viene fortemente allungato, come visto in fig.1.2, nella direzione di laminazione (pancaking).

Pertanto durante il successivo raffreddamento che provoca la trasformazione γ → α,

si realizza un'alta velocità di nucleazione della ferrite a seguito dell’aumento del rapporto superficie/volume del grano, che incrementa il numero di siti di possibile nucleazione della ferrite stessa.

Una variazione alla laminazione in controllo convenzionale è rappresentata dalla curva C della figura 1.4, che indica la laminazione in controllo intensificata (ICR). Essa differisce da quella convenzionale per il fatto che la laminazione di finitura non

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soltanto avviene al di sotto di TRXN, ma anche al di sotto di Ar3, con l’obbiettivo di

ottenere una maggiore resistenza e tenacità degli acciai microlegati.

Altro modo di procedere nella laminazione ad alta temperatura è rappresentato dalla curva D, o laminazione con controllo della ricristallizzazione (RCR). L’obbiettivo del processo di laminazione con controllo della ricristallizzazione è di ottenere una struttura ferritica partendo da austenite finissima e pienamente ricristallizzata. Mentre si può notare, osservando la fig.1.4, la netta differenza di questo processo con il CCR, non è altrettanto ovvia quella con CHR, dato che entrambi i processi sono eseguiti con alte temperature di deformazione. In realtà, la deformazione nel processo RCR è completata nella zona di piena ricristallizzazione mentre nel caso di CHR una porzione di deformazione ha luogo nella zona di parziale ricristallizzazione. Inoltre gli acciai generalmente processati con RCR presentano un comportamento particolare caratterizzato dalla capacità di inibizione dell’accrescimento del grano. Questo sistema di inibizione si basa sulla presenza di particelle in grado di esercitare una forza di pinning tale da bloccare l’accrescimento che segue alla ricristallizzazione statica dopo deformazione [8].

È chiaro a questo punto che in tutti i vari processi di laminazione sopra riportati, i diversi obbiettivi vengono raggiunti scegliendo di controllare o meno la ricristallizzazione, che può essere di tipo statico o dinamico.

1.4 LA RICRISTALLIZZAZIONE

Deformando plasticamente a freddo un metallo policristallino, cioè a temperature inferiori della sua temperatura di ricristallizzazione, si producono variazioni nella microstuttura e nelle proprietà, tra cui la variazione della configurazione del grano, l’incrudimento e l’aumento della densità delle dislocazioni. Parte dell’energia spesa per la deformazione viene immagazzinata nel metallo come energia di deformazione,

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che è localizzata nelle zone di trazione, di compressione e di taglio intorno alle nuove dislocazioni create. Inoltre altre proprietà, come la conduttività elettrica e la resistenza alla corrosione, possono essere modificate come conseguenza della deformazione plastica.

Queste proprietà e queste strutture possono tornare allo stato antecedente la lavorazione a freddo, mediante un appropriato trattamento termico. Tale recupero è il risultato di tre differenti processi che si verificano se si riscalda il materiale a temperature superiori alla temperatura di ricristallizzazione Tricr.

Recovery. Il ricovery è un primo stadio di riassetto e parziale eliminazione dei

difetti originati dalla deformazione plastica del pezzo [9], cioè l’energia di deformazione interna immagazzinata viene rilasciata in virtù del movimento di dislocazioni per effetto di un aumento della diffusione degli atomi ad elevata temperatura. Si verifica una parziale riduzione del numero di dislocazioni e vengono prodotte configurazioni di dislocazioni con bassa energia di deformazione. In aggiunta alcune proprietà fisiche vengono riportate allo stato precedente alla lavorazione a freddo. All'origine di tale processo di natura complessa vi sono due meccanismi di "riassetto" che coinvolgono salti termicamente attivati di due dislocazioni a spigolo come illustrato in figura1.5.

Il primo meccanismo consiste nell'annullamento reciproco di due dislocazioni aventi segno opposto allorché esse si incontrano su di uno stesso piano di scorrimento [fig.1.5 (a)], mentre il secondo [fig.1.5 (b)], detto poligonalizzazione, dà luogo ad una riduzione dell'energia totale a causa di una parziale compensazione dei campi di tensione opposti (di trazione e compressione) tra coppie di dislocazioni vicine in piani reticolari diversi. Quest'ultimo processo porta alla formazione di bordi di grano a piccolo angolo configurazione che prelude alla ricristallizzazione della struttura.

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Fig.1.5 a) Annullamento di due dislocazioni a spigolo: 1) due dislocazioni di segno opposto giacciono su piani di scorrimento paralleli; 2) salto delle dislocazioni sullo stesso piano; 3) le dislocazioni si incontrano e si annullano a vicenda. b) Poligonalizzazione: 1) distribuzione casuale di dislocazioni a spigolo; 2) le stesse dislocazioni si dispongono in una configurazione a minore energia.

• Ricristallizzazione primaria. Completato il recovery i grani sono ancora in un alto

stato di energia di deformazione. La ricristallizzazione è un processo la cui estensione dipende dal tempo e dalla temperatura. Il comportamento alla ricristallizzazione di un particolare metallo viene spesso specificato in termini di temperatura di ricristallizzazione, la temperatura a cui la ricristallizzazione si completa in 1 ora. In letteratura normalmente si parla di temperatura di ricristallizzazione minima o limite, esiste infatti un valore critico di lavorazione a freddo al di sotto del quale il processo non si può verificare. La ricristallizzazione procede più rapidamente nei metalli puri che nelle leghe, ne segue che l’alligazione fa aumentare la temperatura di ricristallizzazione, spesso anche in modo sostanziale.

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La ricristallizzazione avviene attraverso un processo di nucleazione e accrescimento. Al bordo dei cristalli dove esistono tensioni particolarmente elevate, con l'aumento della temperatura, si formano nuovi nuclei di cristallizzazione che crescono dando origine a cristalli regolari a bassa densità di dislocazioni, come schematizzato fig.1.6.

Fig.1.6: Ricristallizzazione : a) grani deformati con alta densità di dislocazioni ( incruditi ); b) nucleazione di nuovi grani a bassa densità di dislocazioni che iniziano la loro crescita; c) materiale completamente ricristallizzato.

Fig.1.7:

Ricristallizzazione primaria

La nucleazione è di tipo eterogeneo: esistono cioè siti energicamente favorevoli come i bordi di grano e le bande di deformazione. La velocità di nucleazione e quindi il numero di nuclei dipende dalla superficie totale di bordo di grano per unità di

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volume e dall'entità della deformazione. Quindi la ricristallizzazione dei metalli lavorati a freddo può essere usata per affinare la struttura dei grani. Inoltre durante questo processo le proprietà meccaniche modificate in seguito alla lavorazione a freddo, vengono ripristinate ai valori che avevano in precedenza, portando quindi il materiale ad essere più soffice, meno resistente, ma più duttile.

I fattori importanti che influenzano il processo di ricristallizzazione sono[10]: 1) l'entità della deformazione plastica precedentemente subita dall'acciaio 2) la temperatura

3) il tempo

4) la dimensione iniziale del grano

5) la composizione dell'acciaio, in relazione alla presenza di elementi di lega.

Nei trattamenti termomeccanici applicati agli acciai microlegati la laminazione a caldo viene eseguita in più passate, ognuna delle quali è caratterizzata da una certa deformazione e da un certo tempo di attesa (interpass); è quindi possibile che la ricristallizzazione statica non si completi tra una passata e l'altra. In tale caso produrranno microstrutture disomogenee, tanto più probabili quanto minore risulta il tempo disponibile per la fase di ricristallizzazione.

Se le temperature e il tempo di permanenza raggiungono valori molto elevati, può aver luogo la ricristallizzazione secondaria, generalmente indesiderata, poiché comporta un ingrossamento del grano inizialmente formato.

• Ingrossamento del grano.Una volta completata la ricristallizzazione, se il metallo

viene lasciato a temperature elevate i nuovi grani formati continueranno a crescere. All’aumentare della dimensione del grano, lo sviluppo del bordo diminuisce, con

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conseguente riduzione dell’energia totale; è questa la forza guida per la crescita del grano[11].

1.5 INFLUENZA DEGLI ELEMENTI FORMATORI DI

CARBURI (Ti, Nb, V) SULLA RICRISTALLIZZAZIONE

La precipitazione dei carbonitruri, soprattutto di Nb, ritarda la ricristallizzazione dell’austenite, sia statica che dinamica.

L’effetto dell’aggiunta di Nb sulla frazione ricristallizzata, rispetto a un acciaio Si-Mn, può essere osservato nella fig.1.8 [4].

Questo ritardo è in buona parte dovuto alla diminuzione della mobilità dei bordi di grano causata dalla precipitazione.

Il vincolamento o pinning dei bordi di grano da parte dei precipitati risulta tanto più efficace quanto più elevata è la frazione volumetrica di particelle, e, a parità di quest’ultima, quanto più ridotta è la loro dimensione.

I carbonitruri possono precipitare durante la deformazione plastica ad alta temperatura, o in seguito a quest’ultima. Tuttavia, per ottenere l’affinamento del grano austenitico, si preferisce far avvenire la precipitazione di carbonitruri di Nb e Ti durante il tempo di attesa tra la fase di sbozzatura e quella di finitura, in modo che la ricristallizzazione venga efficacemente impedita almeno nelle passate finali.

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