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Capitolo 4 – Responsabilità e risarcimento del danno per “lite temeraria”

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Capitolo 4 – Responsabilità e risarcimento del danno per “lite temeraria”

4.1 – L’art. 96 c.p.c. e l’evoluzione dell’applicabilità al processo tributario fino alla recente riforma del 2015

Parlando di responsabilità per fatti illeciti che riguardano l’amministrazione finanziaria, particolare importanza assume la c.d. responsabilità aggravata per “lite temeraria” disciplinata dall’art. 96376 c.p.c..

L’art. 96 c.p.c. rubricato “responsabilità aggravata”, prevede e disciplina un tipo di responsabilità civile derivante dal comportamento processuale di una parte in causa. Tale comportamento è dettato da mala fede o colpa grave, o, nei casi previsti dal II comma, da colpa lieve, che può aver provocato un danno patrimoniale oppure non patrimoniale alla controparte, costretta a subire quello che viene anche definito un

vero e proprio illecito processuale377.

La responsabilità processuale aggravata, rispetto alla normale responsabilità di

rimborso derivante dalla soccombenza378, risulta di gran lunga essere più grave, in

quanto essa è fondata su un illecito che dà così diritto ad un più pieno risarcimento di

376 L’art. 96 c.p.c. dispone che :“Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con

mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche di ufficio, nella sentenza. Il giudice che accerta

l'inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziaria, o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l'esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l'attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente. In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata.

377 Cendon P. (a cura di), La prova e il quantum nel risarcimento del danno non patrimoniale, Utet,

Milano, 2008, pag. 1687

378 Principio di soccombenza disciplinato dall’art. 91 c.p.c. che al I co. dispone che:” Il giudice, con la

sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa.” In generale, può definirsi soccombente la parte le cui domande non siano state accolte o nei confronti della quale siano state accolte le domande delle parte avversaria. Non necessariamente deve trattarsi di una soccombenza su un punto di merito, potendo riguardare anche esclusivamente una questione processuale. In ossequio al principio victus victori, la parte interamente vittoriosa, non può essere condannata alle spese processuali. La responsabilità aggravata, tuttavia sembra avere rilevanza autonoma rispetto all‘istituto della condanna nelle spese di lite e questo emerge

principalmente dal dato testuale. Anzitutto nell‘art. 91 c.p.c. non si parla di risarcimento, ma di rimborso. L’ art. 96 c.p.c. riguarda il risarcimento dei danni.

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tutti i danni che conseguono all‘aver dovuto partecipare ad un giudizio obiettivamente ingiustificato379.

Analizzando ora il rapporto tra l’art. 96 c.p.c. suddetto e l’art. 2043 c.c. che disciplina la

responsabilità per fatto illecito, secondo la più antica giurisprudenza380, l’art. 96 c.p.c.

trovava applicazione soltanto per le ipotesi di processo ingiusto, non fondato cioè su di un diritto sostanziale in capo al soggetto. L’art. 2043 c.c. invece, riguardava le ipotesi di processo illegittimo, ossia irrituale, in quanto non esperito nei termini e nelle forme previsti dalla legge381.

Tale impostazione è stata completamente superata dalla giurisprudenza382 più recente,

che ha configurato l’art. 96 c.p.c. come una "species" della generale responsabilità per danni da fatto illecito disciplinata dall'art. 2043 c. c.. L’art. 2043 c.c ha quindi carattere generale, mentre l’art. 96 c.p.c. ha carattere speciale. La responsabilità processuale aggravata, nonostante rientri concettualmente nel genere della responsabilità per fatti illeciti, è interamente disciplinata dall’art. 96 c.p.c.. La norma in esame (art. 96 c.p.c.) prevede dunque una disciplina completa e integrale per tutte le ipotesi nate in ambito processuale e non ammette integrazione, né concorso, neppure alternativo con l’art. 2043 c.c.383 .

Analizzeremo ora l’evoluzione che ha subito l’applicabilità di tale responsabilità al processo tributario.

Il previgente art. 39 del D.p.r. n. 636/1972384 prevedeva l’applicabilità al processo

tributario delle norme contenute nel Libro I del codice di procedura civile con

esclusione espressa degli artt. da 90 a 97 c.p.c.; quindi era esclusa anche l’applicabilità dell’art. 96 c.p.c. al processo tributario. La responsabilità prevista dall’art. 96 c.p.c. è entrata nel contenzioso tributario solo dopo la generale adesione di quest’ultimo ai

379 Mandrioli C., Carrata A., Diritto processuale civile, I, Giappichelli Editore, Torino, 2007, pag. 200 380 Sent. Cass. n. 1983 del 21 luglio 1966 in Giur. It. 1967, I, pag. 1047 e sent Cass. Sez. II n. 2626 del 29

settembre 1959 in Foro it., 1960, I, pag.412

381 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007, pag.95

e seg.

382 Sent. Cass. Sez. III n. 17523 del 23 agosto 2011, in Rep. Foro it., 2011, voce Spese giudiziali civili, n.

44; Cass. Sez. III n. 13455 20 luglio 2004, in Guida dir., 2004, pag. 43, Cass. n. 5734 23 marzo 2004, in Guida dir., 2004, pag. 67; Cass. n. 15551 del 17 ottobre 2003, n. 15551, in Giur. it, 2004, pag. 598

383 Sent. Cass. Sez. III n. 15551 del 17 ottobre 2003 in Giur. it, 2004, pag. 598

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principi processual-civilistici, sanciti dall’art. 1 D.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546385386. Il

D.lgs. 546/1992 ha infatti disposto l’abrogazione espressa dell’art. 39 del D.p.r.

636/1972. Nel disciplinare il nuovo contenzioso, all’art. 1 comma II, il suddetto decreto ha disposto poi che i giudici tributari applichino “le norme del presente decreto e, per quanto da esso non disposto e con esso compatibile, le norme del codice di procedura

civile”, senza alcuna esclusione387. Si riteneva pertanto che anche dinanzi al giudice

tributario potesse essere proposta la domanda di risarcimento dei danni da lite

temeraria ex art. 96 c.p.c. e che detto giudice avesse la piena competenza a conoscere

della stessa ed a liquidare, anche d’ufficio, i danni medesimi388.

Contro tale applicazione veniva precisato che l’art. 15389 del d.lgs. 546/1992, nel

disciplinare le spese del giudizio, richiamava solo l’art. 92 c.p.c. e non espressamente anche l’art. 96 c.p.c.. Inoltre, contro l’applicabilità, poteva invocarsi l’argomento che le Commissioni Tributarie erano organi di giurisdizione speciale, aventi giurisdizione

esclusiva nelle controversie tassativamente indicate nell’art. 2 del D.lgs. 546/1992390.

Successivamente la compatibilità dell’art. 96 c.p.c. con la nuova disciplina del

contenzioso tributario venne però espressamente sancita con la sentenza delle Sezioni

Unite n. 1082 del 5 febbraio 1997391. Con tale sentenza la Suprema Corte di

Cassazione condannò l’amministrazione finanziaria per lite temeraria, ai sensi dell’art. 96 c.p.c, in quanto essa aveva preteso per una seconda volta delle imposte delle quali

385 D.lgs. 546 del 31 dicembre 1992 che regola oggi il processo tributario

386 Pepe F., La responsabilità aggravata dell’Amministrazione finanziaria per “temerarietà della lite”, in

La Responsabilità Civile dell'Amministrazione Finanziaria, Questioni teoriche e politiche, a cura di Rossi P., Giuffrè Editore, Milano, 2009, pag. 298

387 L’operatività del rinvio alle norme del codice di procedura civile avviene a due condizioni: a seguito di

una lacuna nel disciplinare la fattispecie nel D.lgs. 546/92 e se esiste una compatibilità tra la norma del codice di procedura civile e le disposizioni del contenzioso tributario.

388 Bisignano G., La responsabilità aggravata nel processo tributario, in Il Fisco, n. 17 1997, pag. 4637 e

seg.

389 Art. 15 D.lgs. 546/1992 la formulazione ante riforma (d.lgs. 156/2015) prevedeva che:” La parte

soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate con la sentenza. La Commissione Tributaria può dichiarare compensate in tutto o in parte le spese, a norma dell'articolo 92, secondo comma, del codice di procedura civile.” L’art. 15 disciplina la condanna alle spese processuali nel contenzioso tributario, secondo il principio di soccombenza. La condanna alle spese di soccombenza rappresenta l’attuazione del principio costituzionale (art.24 Cost.) del diritto alla difesa. Tale diritto verrebbe ad essere menomato e quindi non effettivo, se la parte per ottenere la tutela fosse costretta a sopportare le spese processuali.

390 Marinucci G., Condanna alle spese di giudizio e condanna per lite temeraria, ambiti di applicabilità nel

processo tributario, in il fisco, n. 12, 1997, pag. 3184

391 Sent. Sezioni Unite n. 1082 del 5 febbraio 1997, in Il fisco, 1997, pag. 3795 e in Diritto e pratica trib.,

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dava contestualmente atto che erano state pagate. Secondo la Corte di Cassazione il comportamento dell’amministrazione finanziaria era “espressione di un atteggiamento di negligenza “.

Il rischio di condanna per lite temeraria potrebbe configurarsi ad esempio nell’ipotesi in cui l’amministrazione finanziaria neghi il diritto di rimborso del contribuente, per somme da questi versate per errore o in base a provvedimenti successivamente dichiarati illegittimi o ai casi in cui l’ufficio, costituitosi in giudizio, pur nella

consapevolezza dell’indebito percepito, sollevi varie eccezioni tutte di natura formale ai soli fini dilatori392.

Ancora, si pensi alle ipotesi di responsabilità per lite temeraria dell’ufficio connesse ad una procedura esecutiva azionata in assenza di diritto, che abbia causato al

contribuente un danno ulteriore oltre a quello di aver dovuto subire la privazione di

uno o più beni393. Si vedeva così l’estensione dell’ambito di applicabilità dell’art. 96

c.p.c. anche alle liti in cui era parte l’amministrazione finanziaria.

Recentemente il problema dell’applicabilità dell’art. 96 c.p.c. al processo tributario è stato definitivamente risolto in senso positivo con riferimento ai commi I e III. Infatti il

titolo II del D.lgs. n. 156 del 24 settembre 2015394, ha apportato rilevanti modifiche

ad alcune disposizioni contenute nel D.lgs. 546/1992 concernente la disciplina del

processo tributario. Il presente decreto legislativo395 attua una parziale riforma del

processo tributario ed, intervenendo dopo quasi venti anni dall'ultima riforma processual-tributaria, si colloca in un quadro macroeconomico completamente difforme rispetto a quello del 1992 ed in un sistema normativo caratterizzato da una

392 Bisignano G., La responsabilità aggravata nel processo tributario, in il fisco, n.17, 1997, pag. 4637 e

seg. Secondo il quale tale comportamento, se non frutto di solo, almeno prova di colpa e può comportare, se ne viene fatta richiesta, la condanna al risarcimento dei danni.

393 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007, pag.95

e seg. Si prenda in esame la sentenza 36/2010 della Ctr Puglia Sez. III, in il sole 24 ore, secondo la quale l’agente della riscossione è stato condannato al risarcimento danni per lite temeraria per non aver proceduto alla cancellazione dell’ipoteca iscritta sui beni del contribuente nonostante fosse stato a ciò obbligato da espresso ordine della stessa commissione tributaria.

394 Il Titolo II del D.LGS. n. 156 del 24 settembre 2015, pubblicato in G.u. 233 del 07/10/2015, S.O. n.

55/L in attuazione dell’art. 10 della legge delega n. 23 dell’11 marzo 2014, ha apportato rilevanti modifiche ad alcune disposizioni contenute nel D.lgs. del 31 dicembre 1992 n. 546.

395 Le nuove norme processuali operano in relazione a tutti i giudizi pendenti alla data dell’01 gennaio

2016 “non essendo stata ritenuta opportuna una previsione di applicabilità limitata ai soli nuovi giudizi. Un tale sistema, infatti, verrebbe a creare un nuovo rito, che coesisterebbe con il vecchio per le cause anteriori generando confusione ed incertezze” (relazione illustrativa al decreto di riforma).

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continua evoluzione di alcuni istituti dell'ordinamento tributario generata anche dalle

diverse riforme che hanno interessato la maggior parte dei tributi396.Tra le altre397

modifiche l’articolo 9, comma 1, lettera f) del decreto di riforma ha modificato

l’articolo 15398 del decreto n. 546 in materia di spese di giudizio.In particolare, è

396 Villani M., La parziale riforma del processo tributario, in Altalex del 09/10/2015

397 In sintesi, le più importanti modifiche relative al decreto n. 546 riguardano:- l’estensione

dell’ambito di applicazione della conciliazione al giudizio di appello e alle controversie soggette a reclamo/mediazione;- l’estensione dell’ambito di operatività del reclamo/mediazione alle controversie dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, a quelle degli enti locali, degli agenti della riscossione e dei soggetti iscritti all’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, nonché alle controversie catastali la rivisitazione della disciplina della tutela cautelare, che è stata estesa a tutte le fasi del processo, codificando in tal modo i principi stabiliti in materia dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità;- l’esecutività immediata delle sentenze non definitive concernenti i giudizi promossi avverso gli atti relativi alle operazioni catastali e di quelle, sempre non definitive, recanti condanna al pagamento di somme a favore dei contribuenti, eventualmente subordinato alla prestazione di idonea garanzia in caso di somme di importo superiore a 10.000 euro;- il mantenimento del criterio della riscossione frazionata del tributo in pendenza di giudizio;- la previsione del giudizio di ottemperanza come unico meccanismo processuale di esecuzione delle sentenze, siano esse definitive o meno, escludendo la possibilità di ricorso all’ordinaria procedura esecutiva, contemplata dal vigente testo del decreto n. 546;- l’affidamento alla commissione tributaria, in composizione monocratica,della cognizione dei giudizi di ottemperanza instaurati per il pagamento di somme di importo non superiore a 20.000 euro e, in ogni caso, per il pagamento delle spese di giudizio;- l’innalzamento del valore dei giudizi in cui i contribuenti possono stare personalmente, senza l’assistenza di un

difensore abilitato, che viene portato, dagli attuali 2.582,28 euro, a 3.000,00 euro;- l’ampliamento della categoria dei soggetti abilitati all’assistenza tecnica, nella quale sono stati inseriti i dipendenti dei CAF, in relazione alle controversie che derivano da adempimenti posti in essere dagli stessi CAF nei confronti dei propri assistiti.

398 Il D.lgs. 156/2015 modifica l’art. 15 D.lgs. 546/1992 così: 1) al comma 1, il secondo periodo e'

soppresso; 2) i commi 2 e 2-bis sono sostituiti dai seguenti: “2. Le spese di giudizio possono essere compensate in tutto o in parte dalla commissione tributaria soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate. 2-bis. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 96, commi primo e terzo, del codice di procedura civile. 2-ter. Le spese di giudizio comprendono, oltre al contributo unificato, gli onorari e i diritti del difensore, le spese generali e gli esborsi sostenuti, oltre il contributo previdenziale e l'imposta sul valore aggiunto, se dovuti. 2-quater. Con l'ordinanza che decide sulle istanze cautelari la commissione provvede sulle spese della relativa fase. La pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo il provvedimento che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza di merito. 2-quinquies. I compensi agli incaricati dell'assistenza tecnica sono liquidati sulla base dei parametri previsti per le singole categorie professionali. Agli iscritti negli elenchi di cui all'articolo 12, comma 4, si applicano i parametri previsti per i dottori commercialisti e gli esperti contabili.2-sexies. Nella liquidazione delle spese a favore dell'ente impositore,dell'agente della riscossione e dei soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, se assistiti da propri funzionari, si applicano le disposizioni per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell'importo complessivo ivi previsto. La riscossione avviene mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo dopo il passaggio in giudicato della sentenza.2-septies. Nelle controversie di cui all'articolo 17-bis le spese di giudizio di cui al comma 1 sono maggiorate del 50 per cento a titolo di rimborso delle maggiori spese del procedimento. 2-octies. Qualora una delle parti abbia

formulato una proposta conciliativa, non accettata dall'altra parte senza giustificato motivo, restano a carico di quest'ultima le spese del processo ove il riconoscimento delle sue pretese risulti inferiore al contenuto della proposta ad essa effettuata. Se e' intervenuta conciliazione le spese si

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stato ribadito il principio secondo cui le spese del giudizio tributario seguono la soccombenza, mentre la possibilità per la commissione tributaria di compensare in tutto o in parte le medesime spese ( che trasla dal I comma al II comma della norma in esame) è consentita solo “in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni, che devono essere espressamente motivate”. Con l’introduzione nell’articolo in esame del nuovo comma 2-bis, il legislatore, al fine di scoraggiare le c.d. liti temerarie, richiama espressamente l’applicabilità dell’articolo 96, primo e terzo comma, c.p.c., in tema di condanna al risarcimento del danno per responsabilità aggravata, che si aggiunge alla condanna alla rifusione delle spese di lite399.

Questo rappresenta un traguardo importante, in quanto riconosce maggiore effettività all’inviolabile diritto di difesa del contribuente in giudizio, senza prevenzioni di favore

per il fisco400. La parità delle armi costituisce un principio immanente al sistema

costituzionale secondo il quale, in questo caso, l’amministrazione finanziaria cessa d’essere Amministrazione e diventa un litigante qualunque, assoggettato a regole

generalissime, processuali e morali, di leale e probo comportamento401. Assicurare la

tutela al contribuente per lite temeraria in materia fiscale rappresenta, un’esigenza importante in considerazione anche dei poteri di cui gode l’amministrazione finanziaria che possono incidere direttamente sulla sfera patrimoniale del singolo.

Nei seguenti paragrafi analizzeremo preliminarmente la responsabilità processuale aggravata con riferimento ai commi I e III dell’art. 96 c.p.c. che alla luce della recente riforma sono espressamente applicabili alla materia tributaria e la competenza giurisdizionale circa la condanna per lite temeraria.

intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione.”;

399 Buscema I., Il contenzioso tributario, Vadecum per gli enti locali, Cedam, Milano, 2015, nota n. 37, in www.agenziadelleentrate.it circolare n. 38/e

400 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007, pag.91 401 La China S, Responsabilità dell’amministrazione finanziaria per lite temeraria, in Diritto e Pratica trib.,

1997, II, pag. 1349. L’autore sostiene inoltre che l’esigere un pagamento di un debito d’imposta in realtà non dovuto, è un comportamento dell’amministrazione finanziaria al quale il contribuente, in sede non contenziosa, può resistere senza bisogno di indagare se l’errore nasca da una fraintesa interpretazione della normativa tributaria o da un superficiale apprezzamento dei fatti; nel caso in cui però l’amministrazione resista colpevolmente in giudizio, perseverando aprioristicamente nella difesa di una pretesa fiscale illegittima, tale comportamento acquista autonoma rilevanza,

diventando, qualora sussistano i requisiti della mala fede o colpa grave, fonte di risarcimento ex art. 96 c.p.c.

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Successivamente analizzeremo la responsabilità ex art. 96 c.p.c. II comma benchè questa non sia stata espressamente richiamata dal legislatore nella nuova

formulazione dell’art. 15 del D.lgs. 546/1992.

4.2 – La responsabilità processuale aggravata secondo l’art. 96 c.p.c. I comma L’art. 96 c.p.c. prevede due distinte ipotesi di responsabilità aggravata per lite temeraria.

La prima ipotesi, analizzata in questo paragrafo, è contemplata nel comma I402 del

suddetto articolo.

L'accoglimento della domanda di condanna per risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c., primo comma, presuppone l'accertamento sia dell'elemento oggettivo sia dell'elemento soggettivo.

Preliminarmente alla sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo è necessario che, affinchè possa statuirsi sulla responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., sia primo

che secondo comma, sia presentata una domanda403 di parte, con esclusione di

qualsiasi iniziativa officiosa da parte del giudice. Questo all’ opposto del terzo comma art. 96 c.p.c. che invece attribuisce al giudice il potere di procedere d‘ufficio alla condanna de qua. La norma non specifica, tuttavia, i termini in cui deve essere proposta la domanda.

Con riferimento ai presupposti necessari per l’accoglimento della domanda di risarcimento danni viene in considerazione, come detto, l’elemento oggettivo e soggettivo. L’elemento oggettivo fa riferimento innanzitutto alla soccombenza totale della controparte. Perché infatti possa configurarsi una responsabilità ex art. 96 c.p.c.

402 Il I co. Dell’art. 96 c.p.c. statuisce che: “Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in

giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella sentenza.”

403 Una eccezione a tale principio è prevista dall’art. 68 bis D.lgs. 3 febbraio 2993 n. 29 introdotto

dall’art. 30 D.lgs. n. 80 del 31 marzo 1998 in base al quale nelle controversie aventi ad oggetto la validità, l’efficacia o l’interpretazione di contratti collettivi pendenti davanti alla Corte di Cassazione a seguito di ricorso per “saltum” detta Corte “può condannare la parte soccombente, a norma dell’art. 96 c.p.c. anche in assenza di istanza di parte.

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deve esserci soccombenza totale di chi ha agito o resistito404 temerariamente, ossia

l’integrale rigetto di qualsivoglia sua domanda, sia di rito che di merito405.

Soccombente in senso tecnico è colui la cui domanda non è accolta o nei cui confronti

è accolta la domanda altrui406. Ai sensi dell‘art. 91407 c.p.c. il criterio della

soccombenza sovrintende alla regolamentazione definitiva delle spese. Diversamente dalla condanna alle spese che trae giustificazione direttamente ed immediatamente dalla soccombenza, la condanna al risarcimento danni per responsabilità aggravata non si fonda sulla soccombenza o, quanto meno, non soltanto su questa, ma trae giustificazione nella malafede o nella colpa della parte che ha

determinato la necessità del processo408.

La condanna da lite temeraria non viene applicata in caso di soccombenza parziale409

ovvero reciproca410.

404 Presupposto della condanna al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità aggravata per lite

temeraria è la totale soccombenza. Questo si desume dal fatto che la condanna al risarcimento si aggiunge, secondo la previsione dell’art. 96 c.p.c, alla condanna alle spese, la quale è correlata all’esito finale del giudizio. Così Cass. civ. n. 19583 del27 agosto 2013 in www.dejure.it

405 Pepe F., La responsabilità aggravata dell’Amministrazione finanziaria per “temerarietà della lite”, in

La Responsabilità Civile dell'Amministrazione Finanziaria, Questioni teoriche e politiche, a cura di Rossi P., Giuffrè Editore, Milano, 2009, pag. 303

406 Lorenzetto Peserico, Spese giudiziali, in Digesto civ., XVIII, Torino, 1995 pag.672

407 Art. 91 c.p.c.: “Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte

soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa Se accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta

conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 92.

Le spese della sentenza sono liquidate dal cancelliere con nota in margine alla stessa; quelle della notificazione della sentenza, del titolo esecutivo e del precetto sono liquidate dall'ufficiale giudiziario con nota in margine all'originale e alla copia notificata. I reclami contro le liquidazioni di cui al comma precedente sono decisi con le forme previste negli articoli 287 e 288 dal capo dell'ufficio a cui appartiene il cancelliere o l'ufficiale giudiziario. Nelle cause previste dall'articolo 82, primo comma, le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice non possono superare il valore della domanda.

408 Calvosa C., La condanna al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata, in RTDP, 1954, pag.

381

409 L’art. 92 c.p.c. prevede i requisiti della soccombenza parziale e la sussistenza di giustificati motivi per

condurre alla compensazione delle spese. Nel caso in cui ci sia compensazione è esclusa

l’applicabilità della responsabilità aggravata così come disciplinata dal I co. Art 96 c.p.c.. I presupposti previsti per la compensazione delle spese prevista dall’art. 92 c.p.c. sarebbero incompatibili con i presupposti previsti dall’art. 96 c.p.c. ovvero la soccombenza totale e la colpa grave.

410 Sent. Cass. sez. II n. 21590 del 12 ottobre 2009 in Mass. Giur. It, 2009, sent. Cass. Sez. I n. 9897 del 28

luglio 2000 in Mass. Foro it, 2000, Sent. Cass. Sez. I n. 3035 del 2 marzo 2001 in Gius. Civ. 2001, I, pag. 1523.

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A causa dell’elemento oggettivo della soccombenza anche gli stessi contribuenti erano incorsi piuttosto raramente in tale addebito. Questo perché, come noto, nella maggior parte delle liti fiscali le Commissioni tributarie dispongono la compensazione delle spese di giudizio411.

Con le modifiche però apportate dal D.Lgs. n. 156/2015, emanato in attuazione della legge delega n. 23/2014, le cose sono tuttavia destinate a cambiare. A partire dal 1° gennaio 2016, infatti, la compensazione potrà avvenire solo qualora sussistano “gravi

ed eccezionali ragioni”412, che i magistrati dovranno poi avere cura di riportare

adeguatamente nella sentenza. In tutti gli altri casi, invece, gli oneri del giudizio seguiranno la soccombenza, elemento oggettivo necessario per configurare una responsabilità ex art. 96 c.p.c.. La compensazione dovrebbe così divenire l’eccezione, invece che la regola.

Altro elemento oggettivo è la sussistenza di un danno patrimoniale effettivo che sia conseguenza della condotta processuale abusiva.

In applicazione della regola generale di cui all’art. 2697413 c.c. l’onere di provare in

concreto sia l’an che il quantum del danno ricade in capo alla parte che domanda il

risarcimento414.

Dimostrazione difficile che nel caso in cui sia il giudice ad effettuare una “liquidazione

d’ufficio” la giurisprudenza415 è concorde nel consentire al giudice di adottare criteri

equitativi ovvero fondati su massime di comune esperienza.

411 Secondo Stoppa V., Lite temeraria anche nel contenzioso tributario, Mysolution.it, 11 novembre 2015

nel 2014 le CTP e CTR italiane hanno compensato rispettivamente nel 75% e nel 70% dei casi.

412 La sent. Cass. Sezione VI n. 18276 del 17 settembre 2015 in Mass.It 28/2015 In ordine alla

sussistenza delle gravi ed eccezionali ragioni ha chiarito che gli elementi apprezzati dal giudice di merito a sostegno del decisum devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa e devono essere soppesati “alla luce degli imposti criteri della gravità (in

relazione alle ripercussioni sull’esito del processo o sul suo svolgimento) ed eccezionalità (che, diversamente, rimanda ad una situazione tutt’altro che ordinaria in quanto caratterizzata da circostanze assolutamente peculiari.

413 Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi

eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda.

414 Pepe F., La responsabilità aggravata dell’Amministrazione finanziaria per “temerarietà della lite”, in

La Responsabilità Civile dell'Amministrazione Finanziaria, Questioni teoriche e politiche, a cura di Rossi P., Giuffrè Editore, Milano, 2009, pag. 305. Secondo la sentenza della Cass. sez. lav n. 6637 del 2 giugno 1992 in Mass. Giust. Civ., 1992 La condanna per responsabilità aggravata postula che l’avversario deduca e dimostri la concreta ed effettiva esistenza di un danno, in conseguenza del comportamento processuale della parte medesima.

(10)

L’elemento soggettivo attiene invece allo stato soggettivo della controparte, è necessario cioè che essa abbia agito o resistito in giudizio con male fede o colpa grave416.

L ‘elemento soggettivo è un elemento di caratterizzazione di tale responsabilità. L‘agire e il resistere in giudizio costituiscono esercizio di un diritto costituzionalmente tutelato dall‘art. 24 Cost. pertanto può considerarsi temerario l’agire o il resistere in giudizio solo quando oltre ad essere erroneo in diritto è tale da palesare la

consapevolezza della non spettanza del diritto fatto valere, o evidenzi un grado di

imprudenza, imperizia o negligenza accentuatamente anormali417.

Il danno eventualmente originato dal processo è, in realtà, un danno da atto lecito; esso assume i profili dell‘illiceità soltanto quando concorra l‘elemento

soggettivo in termini di dolo o colpa grave418.

La mala fede processuale o, per meglio dire, mala fede nell‘azione è il

comportamento unilaterale di una delle parti del processo, che, pur pienamente conscia dell‘infondatezza della propria pretesa, e, quindi, della fondatezza della pretesa altrui, agisce o resiste in giudizio. Tale concetto non può essere limitato alla sola consapevole infondatezza della propria pretesa, ma deve invece estendere ad un

concetto più ampio, ossia al c.d. dolo strumentale419. Esso fa riferimento alla

consapevolezza del proprio torto ma anche alla volontà di servirsi del processo per uno scopo diverso da quello per il quale il processo stesso è preordinato.

Ai fini dell‘applicabilità dell‘art. 96, primo comma c.p.c., non occorre,

necessariamente, la mala fede, da parte del soccombente. E’ infatti sufficiente la colpa grave. Per “colpa grave” si fa riferimento all’imprudenza o trascuratezza elevata

415 Cass. Sez Unite n. 7583 del 20 aprile 2004 in Foro it., 2004, Cass. sez. IIIn. 8857 del 10 ottobre 1996 in

Foro it., 1996.

416 Pepe F., La responsabilità aggravata dell’Amministrazione finanziaria per “temerarietà della lite”, in

La Responsabilità Civile dell'Amministrazione Finanziaria, Questioni teoriche e politiche, a cura di Rossi P., Giuffrè Editore, Milano, 2009, pag. 305.

417 Sent. n. 14611 del 13 luglio 2015 in tcnotiziario del 14 luglio 2015 e sent. Cass. sez. lav. n. 6190 del 2

giugno 1995, in Foro it., 1995

418 Rossi P., Soggetti deboli, P.A., processo e giustizia: nuovi luoghi del danno esistenziale, in

www.personaedanno.it, 2007

(11)

per il mancato doveroso impiego della comune diligenza che consente di avvertire

facilmente l'ingiustizia della propria domanda420.

Quanto sopra detto viene anche affermato dalla giurisprudenza di legittimità421. Infatti

con una recente sentenza sono stati individuati gli oneri probatori in capo alla parte che avanzi la domanda di condanna per lite temeraria nei confronti della sua

controparte. Sono stati quindi elaborati criteri per il riconoscimento della temerarietà della lite stabilendo che “oltre alla soccombenza totale e non parziale, la condanna per responsabilità aggravata postula che l’istante deduca e dimostri la concreta ed

effettiva esistenza di un danno in conseguenza del comportamento processuale della controparte, nonché la ricorrenza, in detto comportamento, del dolo o della colpa grave, cioè della consapevolezza o dell’ignoranza derivante dal mancato uso di un minimo di diligenza, dell’infondatezza delle proprie tesi, ovvero del carattere irrituale o fraudolento dei mezzi adoperati per agire o resistere in giudizio.

Analizzati i presupposti del I comma dell’art. 96 c.p.c. è necessario ora far riferimento al processo tributario. Con riferimento ad esso, per effetto del D.lgs. 156/2015 è

possibile applicare l’art. 96 c.p.c I comma al processo tributario422. Anche

l’amministrazione finanziaria potrà essere condannata a rispondere, oltre che delle spese processuali, anche del danno cagionato al contribuente a titolo di responsabilità aggravata. Affinchè questo sia possibile, è necessario che questa abbia agito o resistito in giudizio, sostenendo argomentazioni del tutto infondate, nell’ignoranza o

nell’ipotesi ancora più grave, nella consapevolezza di tale infondatezza, ovvero quando essa abbia fatto un uso distorto degli strumenti processuali a sua disposizione a fini dilatori.

420 Prima del D.lgs. 156/2015 che ha riformato l’art. 15 del D.lgs. 546/1992 l’applicabilità del I comma

dell’art. 96 c.p.c. al processo tributario era stata espressamente affermata dalla Sent. Cass. sez. I, n. 1592 del 18 febbraio 1994 in Foro It, 1994. La sent. delle Sezioni Unite n. 1082 del 5 febbraio 1997, in Il fisco, 1997, pag. 3795 e in Diritto e pratica trib., 1997, pag. 1340 affermava che costituiva colpa grave l’aver preteso il pagamento di un credito, che risultava già essere pagato in precedenza tanto più se la difesa sia svolta dall’Avvocatura dello Stato, che pur difendendo e rappresentando l’amministrazione, ha anche un ulteriore dovere di maggiore diligenza che deriva dall’appartenenza ad una pubblica istituzione ed è portatrice dell’esigenza generale di legalità dell’azione

amministrativa.

421 Sent. Cass. Civile sez. III n. 4443 del 5 marzo 2015 in Ilmiolegale.it del 29 luglio 2015 422 Vedi primo paragrafo di questo capitolo

(12)

Nella prassi giurisprudenziale423 la condanna dell’amministrazione finanziaria per

responsabilità aggravata avviene frequentemente nel caso di mancato uso degli strumenti giuridici di cui essa dispone per prevenire o interrompere la lite. Si fa riferimento in tal senso al diniego illegittimo di autotutela o all’inerzia

nell’esercizio del potere. Benchè questi strumenti si pongano al di fuori del contesto processuale, essi possono comunque avere dei riflessi nel contesto stesso.

L’amministrazione finanziaria, non annullando un atto palesemente illegittimo in sede di autotutela, costringe il contribuente ad agire in sede giurisdizionale per ottenere lo stesso risultato che poteva essere raggiunto in brevissimo tempo se essa avesse agito senza dolo o colpa grave.

Tale impostazione però implicherebbe l’estensione dell’art. 96 c.p.c non solo alle liti propriamente dette ma anche agli “accertamenti temerari”, cioè agli accertamenti che per colpa grave o mala fede, non vengono annullati in sede di autotutela. In questo modo ci si distaccherebbe dal disposto normativo “agire o resistere in giudizio”, previsto dall’art. 96 c.p.c..

La responsabilità aggravata prevista dal I comma dell’art 96 c.p.c. si riferirebbe poi al danno causato da un atto processuale e questo distinguerebbe il comune illecito aquiliano ex art. 2043 c.c. dalla responsabilità aggravata.

Se quindi l’art. 96 c.p.c. fa riferimento solo a illeciti processuali, una condanna per diniego di autotutela che è antecedente al processo potrebbe ammettersi solo sulla scorta di una visione dell’atto di accertamento in chiave processuale, ossia quale

“provocatio ad opponendum”. Con la teoria della “provocatio ad opponendum”424 si

ha l’equiparazione dell’atto impositivo ad un atto processuale425. Tale tesi è però

423 Ctp Milano sez. XXXVI n. 31 del 28 marzo 2003, in Gt, 2003, pag. 1084, Ctr Lazio sez V, n. 291 del 8

ottobre 2007 in Fisco online, 2007.

424 Tale teoria è stata superata dalla dottrina che qualifica l’accertamento quale atto amministrativo di

natura sostanziale si veda Cipolla M. G., La prova tra procedimento e processo, Cedam, Padova, 2005, pag 319 e seg.; Tesauro F., Giusto processo e processo tributario, in Rass. TRib., 2006, pag. 42 . In giurisprudenza invece la natura di atto processuale dell’accertamento tributario è stata anche sostenuta dalla Cassazione, sez. trib. con la sent. n. 17762 del 12 dicembre 2001 Foro it., Rep. 2003, voce Tributi locali, n. 199 e sent., Cass., sez. trib n. 7284 del 29 maggio 2001 in Giust. civ. Mass, 2001, pag. 1081

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unanimemente criticata in dottrina426, in quanto essa vi ravvisa solo un furbo

espediente per vanificare alcune garanzie proprie del “giusto processo”.

Questa criticata teoria ridurrebbe l’atto di accertamento a mero veicolo di accesso al contenzioso con il quale il contribuente potrebbe ottenere una ulteriore tutela di fronte al giudice tributario. Di fatti il contribuente potrebbe direttamente adire al giudice ordinario o amministrativo per la risarcibilità dei danni ex art. 2043 c.c. derivanti dal diniego di autotutela ed indirettamente (attraverso l’impugnazione

dell’atto) adire al giudice tributario ottenendo così una doppia tutela427.

Il diniego di autotutela o l’inerzia nell’esercizio del potere secondo altra parte della

giurisprudenza428, sarebbero solo un indice di colpa grave dell’amministrazione

finanziaria, da valutare caso per caso nel contesto processuale. Se a seguito del diniego di autotutela, il ricorso presentato dal contribuente facesse emergere elementi idonei a far comprendere l’illegittimità o l’infondatezza dell’operato da parte

dell’amministrazione finanziaria, il diniego illegittimo di autotutela presterebbe il fianco ad un “resistere temerario”, in quanto manifestazione almeno di una

inaccettabile “leggerezza” dell’amministrazione finanziaria, pertanto sanzionabile429.

Nel caso in cui invece l’ufficio abbandoni la pretesa temeraria nel corso del giudizio annullando in autotutela l’atto e provocando così l’estinzione del giudizio, questo sembrerebbe escludere la sussistenza del dolo o della colpa grave. Ci potrebbero comunque essere casi in cui l’estinzione del giudizio provocato da un atto dell’ufficio

non sia sufficiente ad escludere una condanna dell’ufficio ai sensi dell’art. 96 c.p.c.430. Il

comportamento dell’ufficio sino a quel momento tenuto potrebbe infatti aver già provocato danni economici e/o psicologici al contribuente. La condanna

426 Cipolla M. G., La prova tra procedimento e processo, Cedam, Padova, 2005, pag 319 e seg.; Tesauro

F., Giusto processo e processo tributario, in Rass. TRib., 2006, pag. 42

427 Pepe F., La responsabilità aggravata dell’Amministrazione finanziaria per “temerarietà della lite”, in

La Responsabilità Civile dell'Amministrazione Finanziaria, Questioni teoriche e politiche, a cura di Rossi P., Giuffrè Editore, Milano, 2009, pag. 312.

428 Ctr Lazio sez V, n. 291 del 8 ottobre 2007 in Fisco online, 2007

429 Pepe F., La responsabilità aggravata dell’Amministrazione finanziaria per “temerarietà della lite”, in

La Responsabilità Civile dell'Amministrazione Finanziaria, Questioni teoriche e politiche, a cura di Rossi P., Giuffrè Editore, Milano, 2009, pag. 313

430 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007,

pag.103 e Calabrò G.P., La nozione di responsabilità tra teoria e prassi, Cedam, Milano, 2010, pag. 258

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dell’amministrazione finanziaria per lite temeraria sarà tanto più fondata quanto più inoltrato sarà il giudizio431.

4.3- L’art. 96 c.p.c. III comma quale ulteriore tutela

Anche il terzo comma insieme al I comma viene applicato alla materia tributaria per

espressa previsione del nuovo432 art. 15 del D.lgs 546/1992. Come precedentemente

detto il D.lgs. 156/2015 riforma parzialmente la disciplina del processo tributario prevedendo l’applicazione espressa al processo tributario dell’art. 96 c.p.c. I e III comma.

Il comma III433 dell’art. 96 c.p.c è stato aggiunto dall’art. 45 della l. 18 giugno 2009, n.

69. Esso prevede che il giudice, al momento della pronuncia sulla ripartizione delle spese di lite in base ai principi generali di cui all’art. 91 c.p.c., possa in ogni caso condannare, anche d’ufficio, il soccombente al pagamento in favore della controparte di una ulteriore somma determinata in via equitativa.

La condanna può essere pronunciata “anche d’ufficio” a prescindere quindi da una specifica istanza della parte vittoriosa, che risulta invece necessaria ai sensi del comma primo e secondo.

L’introduzione di tale comma è un evidente rafforzamento dei poteri sanzionatori del giudice contro chi, a vario titolo, rallenti la durata fisiologica e ragionevole del

processo. In questo senso, l’istituto della lite temeraria potrebbe diventare un efficace strumento di deflazione del contenzioso. La fattispecie prevista in questo nuovo

comma sarebbe una fattispecie “automatica” nel senso che, la condanna al pagamento di una ulteriore somma consegue ipso facto all’accertamento della condotta illecita ed

è concedibile anche senza istanza di parte434.

431 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007,

pag.104

432 Art. 15 d.lgs. 546/1992 modificato con D.lgs. 156/2015.

433 “In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può

altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata.”

434 Morano Cinque E., Lite temeraria: la condanna ex art. 96 comma 3 c.p.c., tra funzione punitiva e

(15)

Il nuovo istituto non ha mancato di generare un acceso dibattito in riferimento alla natura giuridica di tale condanna. Il dubbio è se essa è una species del genus

responsabilità civile o è una condanna punitiva. Parte della giurisprudenza di merito435

considera l’istituto come una ipotesi di “danno punitivo”436, in virtù del quale un

soggetto è condannato ad una sanzione pecuniaria ulteriore che incide in maniera apprezzabile sulle sue condizioni economiche.

In questo modo, con l’art. 96 c.p.c. III comma, troverebbe ingresso nel nostro ordinamento una fattispecie a carattere sanzionatorio e sarebbe diversa quindi dal tipico illecito civile. In sostanza, siffatta condanna di tipo “punitivo” processuale, prescinderebbe del tutto dalla prova del pregiudizio e del dolo o colpa grave, avendo

come solo presupposto la soccombenza, anche incolpevole, della controparte437. In tal

senso, la ratio della nuova disposizione viene individuata nello scoraggiare

comportamenti meramente strumentali e come tali contrari al rispetto della legalità.

Essa, quindi, mira a colpire le condotte contrarie al principio di lealtà processuale438

nonché quelle suscettibili di ledere il principio di rilevanza costituzionale della ragionevole durata del giudizio.

Rispetto alla responsabilità aggravata prevista dal comma I e II dell’art. 96 c.p.c., la fattispecie prevista da questo III comma è una responsabilità che si può cumulare ad esse, è quindi una ulteriore sanzione per la parte che ha agito o resistito in giudizio abusando del processo.

Inoltre la norma in esame non fissa dei criteri di liquidazione dell’importo. Si parla infatti di “somma equitativamente determinata” non venendo fissato alcun limite nè minimo nè massimo. La determinazione può essere calibrata quindi anche sull’importo

delle spese processuali o su un loro multiplo, con l’unico limite della ragionevolezza439.

435 Così: Trib Varese, ord. 23 gennaio 2010; Trib. Varese, Sez. civ., 27 maggio 2010, Rel. Buffone; Trib.

Varese, Sez. civ., 30 ottobre 2009, n. 1094, Rel. Buffone, tutte commentate da Morano Cinque E., Lite temeraria: la condanna ex art. 96 comma 3 c.p.c., tra funzione punitiva e funzione risarcitoria, in Resp. civ. prev., 2010, pag. 1827 e seg.

436 D'Acri V., I danni punitivi, EPC Libri, Roma, 2005

437 Terlizzi A., Spese legali sostenute per proporre ricorso contro l'atto impositivo illegittimo: la Suprema

Corte riconosce il risarcimento del danno, in Dir. giust., 2010, pag. 83

438 Art. 88 c.p.c.:”Le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità

In caso di mancanza dei difensori a tale dovere, il giudice deve riferirne alle autorità che esercitano il potere disciplinare su di essi.”

(16)

Altra statuizione440 invece prevede che la somma sia liquidata ricorrendo al parametro

fissato dall’art. 2-bis legge 89/2001 che stabilisce un importo minimo e un importo massimo per ogni anno di durata eccedente il termine di ragionevole durata

processuale, tenendo conto anche dei comportamenti tenuti dalle parti, nonché della natura degli interessi coinvolti ed il valore.

L’applicabilità del III comma dell’art. 96 c.p.c. al processo tributario è stata, come detto, definitivamente ammessa dalla nuova formulazione dell’art. 15 del D.lgs.

546/1992. Prima di tale riforma ci sono state varie sentenze441 con le quali a mente del

III comma art. 96 c.p.c., l’agente della riscossione veniva condannato al pagamento alla controparte oltre che per le spese del giudizio anche al pagamento di una somma equitativamente stabilita dal giudice a causa del comportamento posto in essere dall’agente stesso. Per la giurisprudenza infatti, l’agente delle riscossione “ha l’obbligo di controllare la regolarità formale e sostanziale dei ruoli ed è obbligata a verificare la

440 Sent. Trib Modena, 15 febbraio 2013, n. 217 in giurisprudenzamodenese.it. Nella specie, considerato

che si trattava di processo durato 7 mesi ed avente valore economico medio ed eminentemente patrimoniale, si è applicato il range di Euro 1.200 per ogni anno di durata del processo cosicché il tribunale ha così irrogato a titolo di sanzione la somma complessiva di Euro 700.

441 Sent. Comm. trib. Reg. Toscana Sez. I n. 257 del 3 giugno 2011 in www.personaedanno.it : ha

applicato l’art. 96 c.p.c. comma III al caso in cui l’agente della riscossione ha negligentemente aggredito i beni personali degli eredi. Gli eredi avendo infatti accettato l’eredità con beneficio di inventario rispondevano per i debiti del defunto solo con i bene derivanti dall’eredità.

Sent. Tribunale, Roma, sezione di Ostia, sent. del 09 dicembre 2010 in il sole 24 ore, la quale ha condannato la Gerit Equitalia S.p.A., oltre alla rifusione delle spese di causa, anche al risarcimento ai sensi dell'articolo 96 terzo comma c.p.c. della somma di euro 25.000. La causa riguardava la

domanda di annullamento dell'ipoteca legale iscritta da Gerit Equitalia S.p.A. sull'immobile di proprietà del ricorrente. L'ipoteca legale era stata iscritta sulla base di una cartella esattoriale per l'importo di Euro 1.900. Nelle premesse osserva il Giudice del Tribunale di Ostia che l'iscrizione ipotecaria era già stata sospesa dal Giudice di Pace di Ostia in data 18/7/2008 in contraddittorio con Gerit Equitalia S.p.A. Oltretutto, è illegittimo iscrivere ipoteca per somme, come nel caso di specie, che non superano gli Euro 8.000.Questo comportamento di Gerit Equitalia spa è stato così negligente e questo ha comportato che il giudice la condannasse al pagamento di una somma alla parte

vittoriosa ancorchè questa ultima non avesse fatto istanza e non avesse lamentato il danno. Sent. n. 26 del 9 marzo 2012 della Comm. trib. prov. di Udine, Sez. III in fiscoonline condanna sia alle

spese processuali sia al risarcimento da “lite temeraria” l’Agente della riscossione che, successivamente all’annullamento giudiziale del pignoramento presso terzi, ha notificato al contribuente, per ben due volte, quindi costringendo alla proposizione di due ricorsi, apposite intimazioni di pagamento. In tal caso, l’annullamento del pignoramento era dovuto al difetto di notifica delle previe cartelle di pagamento, il che vanifica del tutto l’azione esattiva, che non può essere riproposta. I giudici affermano che tale condotta costituisce abuso del diritto, in quanto Equitalia, per proseguire la riscossione, avrebbe dovuto appellare la sentenza che ha annullato il pignoramento e, solo dopo l’esito a sé favorevole del giudizio di secondo grado, emettere le intimazioni di pagamento.

(17)

reale sussistenza del credito presupposto all’esecuzione od alla misura cautelare ipotecaria”.

Anche con riferimento a questo terzo comma sono state espresse analoghe

considerazioni fatte per il comma I, in ordine ai requisiti che integrano la responsabilità aggravata. Anche in questo caso pertanto il danno risarcibile è limitato al grado di

giudizio considerato442 e con riferimento all’elemento soggettivo è richiesta la mala

fede o colpa grave della parte. La mala fede o colpa grave è richiesta anche in questa ipotesi “ non solo perché sono inserite in un articolo destinato a disciplinare la

responsabilità aggravata, ma anche perché agire in giudizio per far valere una pretesa

che si rileva infondata non costituisce di per se’ rimproverabile443 e a maggior ragione,

quella di cui al comma III attesa la sua natura sanzionatoria444.

Pertanto la grave negligenza nell’adempimento di questi doveri può dar luogo ad ingenti risarcimenti del danno, a titolo di responsabilità per danno ingiusto ex art. 2043 c.c. e art 96 c.p.c. per lite temeraria, a causa del mancato uso di un minimo di diligenza e controllo della legittimità dei propri atti.

4.4- Competenza giurisdizionale riguardo l’art. 96 c.p.c. in materia fiscale

E’ necessario ora stabilire a quale giudice sarà affidata la competenza a decidere circa la condanna per lite temeraria dell’amministrazione finanziaria ex art 96 c.p.c..

Si ritiene445 che la competenza giurisdizionale possa essere affidata al giudice tributario

in quanto la domanda di risarcimento per responsabilità processuale aggravata può essere conosciuta e decisa nella sua globalità dallo stesso giudice che è competente nel merito della causa. La valutazione del presupposto della responsabilità processuale è infatti strettamente collegato con la decisione di merito e nessun altro giudice se non

442 Cass. Sez. Unite n. 1952 del 4 febbraio 2015 in tcnotiziario del 5/02/2015, Ord. n. 13899 del 3 giugno

2013 in Banca dati Leggi d'Italia, 2013

443 Cass. n. ord. 21570 del 30 novembre 2012 in Foro it. Rep., 2012 voce spese civili giudiziarie n. 54 444 Cass. Sez. VIII n. 3003 del 11 febbraio 2014 in Giustizia Civile Massimario 2014

445 Boletto G, La giurisdizione in materia di controversie sulla responsabilità civile dell’amministrazione

finanziaria, in La Responsabilità Civile dell'Amministrazione Finanziaria, Questioni teoriche e politiche, a cura di Rossi P., Giuffrè Editore, Milano, 2009, pag. 284, Boletto G., Responsabilità per danni dell’amministrazione finanziaria, in Riv. Dir. Trib, 2003 pag. 73, Gioè C, Profili di

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quello che decide sulla domanda che si assume temeraria può giudicare al meglio la temerarietà processuale, in caso contrario si potrebbe avere un contrasto pratico di giudicati446 .

La competenza del giudice tributario è poi una competenza funzionale esclusiva e inderogabile e quindi non può considerarsi limitata alla condanna generica con rinvio

ad altro giudice per la liquidazione del danno447.

Inoltre l’art. 96 c.p.c. risulta strettamente connesso all’art. 15 del D.lgs. 546/1992 che stabilisce il principio di condanna del soccombente al pagamento delle spese di giudizio; invero il potere di condanna al risarcimento del danno per lite temeraria appare configurabile come naturale corollario del potere, normativamente previsto,

dei giudici tributari di condannare alla refusione delle spese di lite448 .

La sentenza delle Sezioni Unite n. 722/1999449 ha precisato però che la competenza del

giudice tributario sulla domanda di risarcimento per esecuzione ingiusta verrebbe meno nelle ipotesi di cessazione della materia del contendere, a seguito di

annullamento in autotutela dell’atto impugnato da parte dell’amministrazione

finanziaria. Secondo la Corte infatti, la responsabilità processuale dell’ufficio in questo caso non si potrebbe più riferire alla lite tributaria in quanto essa è venuta meno. Potrebbe farsi valere solo una responsabilità per fatto illecito ex art. 2043 c.c. davanti al giudice ordinario.

Questo orientamento, a mio avviso e anche di altri autori, non è ritenuto condivisibile in quanto nonostante il provvedimento illegittimo sia annullato dall’amministrazione finanziaria, questo annullamento travolge solo la domanda sulla illegittimità dell’atto e non anche quella relativa alla responsabilità processuale ex art. 96 c.p.c.. La domanda

446 Così Sent. Cass. civ. sex III n. 12953 del 4 giugno 2007, in Riv. Cancelliere 2007, 4, pag. 448

447 Sent. Cass. Sez. III n. 10169 del 17 ottobre 1997 in Mass. Giur. It. 1997; sent. Cass. Sez. II n. 2967 del

29 marzo 1999 in Danno e resp., 2000, pag. 172

Contrariamente in dottrina Gallo S., Difficoltà interpretative in tema di compensazione di spese giudiziali e di risarcimento del danno processuale ex art. 96 c.p.c. in Il fisco, 2001, pag. 14225 e seg. Il quale prevede che per ottenere il risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c. è necessario instaurare un processo specifico davanti al giudice ordinario. Questo in quanto l’indagine sulla responsabilità del fatto dannoso riguarda l’elemento soggettivo della mala fede o della colpa grave. Si tratta di una indagine difficile e la difficoltà aumenta per il giudice tributario.

448 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007, pag.

133 e seg.

(19)

di accertamento dell’illegittimità dell’atto infatti è autonoma rispetto alla domanda di risarcimento per ingiusta esecuzione, cosicchè l’annullamento in autotutela dell’atto impugnato, comporterebbe semplicemente l’ammissione da parte dell’ amministrazione finanziaria dell’inesistenza del diritto per cui è stata compiuta l’esecuzione forzata e di conseguenza la cessazione della materia del contendere relativa alla prima domanda. Per tale ragione non si evince perché tale cessazione

dovrebbe privare il giudice tributario della giurisdizione sulla domanda restante450.

Con riferimento alla domanda per la condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. è necessario poi stabilire se essa debba essere presentata necessariamente nel primo grado di giudizio o possa esse presentata per la prima volta anche nei gradi successivi al primo e se in questo ultimo caso se l’istanza possa riferirsi ai

comportamenti temerari assunti dall’amministrazione finanziaria nei precedenti gradi di giudizio.

Considerando che i comportamenti in malafede o colpa grave possono avvenire lungo tutto il corso del processo, si riconosce che la domanda di risarcimento del danno da responsabilità aggravata può essere formulata per la prima volta anche nell'udienza di

precisazione delle conclusioni451, in quanto la parte istante, sovente, solo al termine

dell'istruttoria è in grado di valutarne la fondatezza e/o di determinare l'entità del danno subito. L’istanza è proponibile anche nell’ultimo atto di parte ricevibile dal giudice452.

Quanto al secondo problema la sentenza delle Sezioni Unite n. 1952 del 4 febbraio

2015453 ha affermato che la domanda di risarcimento per danni cagionati nei pregressi

gradi di giudizio non può essere ritenuta ammissibile. La domanda di risarcimento dei danni infatti deve essere fatta valere nel giudizio in cui i danni dedotti sono stati

450 Boletto G, La giurisdizione in materia di controversie sulla responsabilità civile dell’amministrazione

finanziaria, in La Responsabilità Civile dell'Amministrazione Finanziaria, Questioni teoriche e politiche, a cura di Rossi P., Giuffrè Editore, Milano, 2009, pag. 285, Boletto G., Responsabilità per danni dell’amministrazione finanziaria, in Riv. Dir. Trib, 2003 pag. 73

451 Cass. Sez. II n. 3941 del 18 marzo 2002, in Rep. Foro it., 2002, voce Spese giudiziali civili, n. 63 452 Cass. Sez. II n. 3941 del 18 marzo 2002, in Rep. Foro it., 2002, voce Spese giudiziali civili, n. 63.

In questo senso anche Pepe F., La responsabilità aggravata dell’Amministrazione finanziaria per “temerarietà della lite”, in La Responsabilità Civile dell'Amministrazione Finanziaria, Questioni teoriche e politiche, a cura di Rossi P., Giuffrè Editore, Milano, 2009, pag. 302

453 Cass. Sez. Unite n. 1952 del 4 febbraio 2015 in tcnotiziario del 5/02/2015, Ord. n. 13899 del 3 giugno

(20)

causati. Le Sezioni Unite hanno quindi precisato che la responsabilità processuale aggravata ex art. 96 c.p.c disciplina un fenomeno endoprocessuale, prevedendo che la domanda è proponibile solo nello stesso giudizio dal cui esito si deduce l'insorgenza della detta responsabilità. Questo non solo perché nessun giudice può giudicare la temerarietà processuale meglio di quello stesso che decide sulla domanda che si assume, per l'appunto, temeraria, ma anche e soprattutto perché la valutazione del presupposto della responsabilità processuale è così strettamente collegata con la decisione di merito da comportare la possibilità, ove fosse separatamente condotta, di

un contrasto pratico di giudicati454.

L’istanza di risarcimento danni può comunque essere presentata anche nel giudizio di

Cassazione455, purché la domanda riguardi comportamenti compiuti in tale grado di

giudizio456.

Tale limitazione non appare però coerente in quanto anche nella fase di legittimità potrebbe essere necessario far valere i danni derivati dalla temerarietà dei precedenti gradi di giudizio, manifestatisi soltanto in un secondo momento. Inoltre il contribuente potrebbe poi veder riconosciuto il proprio diritto soltanto alla fine del giudizio di

Cassazione poichè le precedenti sentenze di merito erano a lui sfavorevoli457.

454 In tal senso Cass. nn. 9297 del 18 aprile 2007 in Foro it. 2007 e 12952 del 4 giugno 2007 in Mass.

Foro it, 2007, 18344 del 6 agosto 2010 inForo it., 2011, I, pag. 2139 e n. 26004 del 23 dicembre 2010 in banca dati De jure

455 Cass. sez. lav., n. 24645 del 27 novembre 2007, in Rep. Foro it., 2007, voce Spese giudiziali civili, n.

89

456 Cass. sez. lav. n. 7100 del 26 giugno 1993, in Mass. Foro it., 1993, Cass. sez I n. 10993 del 14 maggio

2007 in Dir.ind., 2007, pag.327, con nota di Floridia

457 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007, pag.

(21)

4.5- La responsabilità ex art. 96 c.p.c. II comma e la non espressa applicabilità alla materia fiscale

Il secondo comma dell‘art. 96458 c.p.c. contiene ipotesi speciali di responsabilità

processuale. In particolare, il legislatore ha ritenuto opportuno disciplinare

separatamente e più severamente alcuni comportamenti che, per la loro aggressività, rischiano maggiormente di creare danni a chi li subisce, in relazione ai quali, dunque, sono necessarie maggiori cautele.

Il II comma dell’articolo in esame si applica, diversamente dal I comma, nelle ipotesi tassativamente da esso indicate, quali l’esecuzione di un provvedimento cautelare, la trascrizione di domanda giudiziale, l’iscrizione di ipoteca giudiziale, l’inizio o la prosecuzione dell’esecuzione forzata.

L’elemento soggettivo necessario affinchè la parte possa essere condannata per lite temeraria, in questo caso, è l’agire della parte stessa senza la normale prudenza, cioè con colpa lieve. E’ quindi necessario una minor gravità dello stato soggettivo rispetto al dolo o alla colpa previsto nel I comma.

Il requisito oggettivo della totale soccombenza, previsto nel I comma, dovrà essere riferito, in questo caso, all’inesistenza del diritto per cui la parte ha agito. Si deve trattare cioè di una soccombenza nel merito, non di una soccombenza dovuta a vizi di

forma o di procedura459.

Il II comma prescinde dalla illegittimità o legittimità dell’azione esecutiva460. Occorre

infatti l’ingiustizia dell’azione ossia l’essere stata attuata in relazione ad un credito poi accertato come “inesistente”. La nozione di inesistenza deve ritenersi comprensiva

458 Art. 96 c.p.c. II comma: Il giudice che accerta l'inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un

provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale, o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l'esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l'attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente

459 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007,

pag.113.

460 Cioè compiute in mancanza dei relativi presupposti come ad es fumus bonis iuris, periculum in mora,

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anche della notevole sproporzione tra il quantum accertato e quello per cui sono

state richieste le dette misure461.

L’inesistenza del diritto per il quale l’attore o il creditore ha agito, deve risultare da un

accertamento nel merito svolto dal giudice su richiesta dalla parte462 danneggiata.

Facendo riferimento al processo tributario, il rischio di causare un danno al

contribuente a norma del II comma dell’art. 96 c.p.c. da parte dell’amministrazione finanziaria, deriva soprattutto dal fatto che in materia fiscale il legislatore consente all’amministrazione finanziaria di procurarsi per proprio conto il titolo esecutivo, senza alcun preventivo controllo da parte dell’autorità giudiziaria. L’amministrazione

finanziaria, infatti, in mancanza di un adempimento spontaneo può procedere

direttamente ad esempio all’esecuzione forzata. L’amministrazione finanziaria, in base al suddetto titolo esecutivo, eserciterà un potere sotto la sua responsabilità di cui deve valutarne stabilità e fondatezza. La condanna dell’amministrazione finanziaria per responsabilità processuale aggravata potrebbe configurarsi nel caso in cui agisca per realizzare coattivamente un diritto che risulta poi inesistente o non più esistente,

benchè il titolo esecutivo sia formalmente idoneo463.

Il D.lgs. 156/2015 ha modificato l’art. 15 del D.lgs. 546/92. La nuova formulazione dell’art. 15 del D.Lgs. 546/1992 prevede oggi espressamente l’applicabilità dell’art. 96 I e III comma al processo tributario mentre nulla stato disposto sull’applicabilità del II comma del suddetto articolo. Prima di tale riforma l’art. 96 c.p.c. era ritenuto

applicabile al processo tributario464, ma la trasposizione del II comma del suddetto

articolo alla materia fiscale poteva creare alcuni problemi.

Questi problemi si riferivano alla specialità delle procedure esecutive, cautelari e di garanzia previste in materia fiscale rispetto a quelle previste in materia civilistica. Era

461 Cass. Sez III n. 1037 del 2 febbraio 1994, in Rep. Foro it., voce Spese giudiziali civili, n. 42.

462 Anche il II comma dell’art. 96 c.p.c. presuppone la proposizione di apposita domanda, sicché incorre

in extrapetizione il giudice che condanni ai sensi del co. 2 quando sia stata richiesta l’affermazione della responsabilità ai sensi del co. 1 così Cass. Sez. III n. 7051 del 28 luglio 1997, in Foro it. Rep., 1997, voce Spese giudiziali civili, n. 51

463 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007,

pag.114, Pepe F., La responsabilità aggravata dell’Amministrazione finanziaria per “temerarietà della lite”, in La Responsabilità Civile dell'Amministrazione Finanziaria, Questioni teoriche e politiche, a cura di Rossi P., Giuffrè Editore, Milano, 2009, pag. 314

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quindi necessario quindi verificare l’applicabilità o meglio la “non incompatibilità”465

delle procedure previste al comma II con le procedura previste in materia fiscale. Oggi alla luce della riforma dell’art. 15 del D.lgs. 546/1992 è ancora più dubbio se il comma II dell’art. 96 c.p.c. possa essere applicato alla materia fiscale in quanto il legislatore nel prevedere espressamente l’applicabilità di tale articolo limitatamente al I e III comma sembra voler escludere l’applicabilità del II comma. Inoltre anche la circolare n. 38/E dell’Agenzia delle entrate, commentando le novità introdotte dal D.Lgs. 156/2015 di riforma del processo tributario, afferma nella nota n. 18 la non applicabilità al processo tributario del II comma dell’art. 96 c.p.c..

Anche a mio avviso è chiaro che con questa recente riforma il legislatore non ha voluto consentire l’applicabilità dell’art. 96 c.p.c. II comma alla materia fiscale. Con questa esclusione implicita il legislatore ha forse voluto evitare le problematiche,

precedentemente dette, relative alla difficile trasposizione del II comma dell’art. 96 c.p.c. alla materia fiscale

Al di là delle riflessioni suddette riguardo l’applicabilità del II comma della norma in esame a seguito della recente riforma del processo tributario, nel prossimo paragrafo analizzeremo le criticità che possono verificarsi nell’applicare il II comma dell’art. 96 c.p.c. alla materia fiscale.

4.6- Iscrizione di ipoteca ingiusta e esecuzione forzata ingiusta

L’applicabilità dell’art. 96 c.p.c. II comma alla materia fiscale porta a dover verificare la compatibilità delle procedura previste nell’articolo in esame con le procedure previste in materia fiscale, risultando queste ultime solo in apparenza simili agli istituti civilistici. Con riferimento ad una possibile responsabilità aggravata per iscrizione di ipoteca in assenza di diritto, è necessario verificare se nella fattispecie prevista dal II comma art. 96 c.p.c. possa rientrarvi anche quella prevista dalla materia fiscale.

465 Secondo l’art.1 del d.lgs. 546/1992:” I giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per

quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile.” L’applicabilità delle norme del c.p.c. si avrà nel caso in cui ci sia una lacuna nel d.lgs. 546/1992 e nel caso in cui ci sia compatibilità con esse.

(24)

L’ipoteca è un diritto reale di garanzia; rappresenta uno dei mezzi offerti

dall’ordinamento per la realizzazione coattiva del diritto ed è espressione del principio generale della responsabilità patrimoniale. Essa è costituita a favore di un creditore, su beni o su diritti relativi a immobili o mobili registrati di proprietà del debitore, o di un terzo che lo garantisca, al fine di assicurare, in caso di insolvenza, con la vendita forzata

dei medesimi, l'adempimento di una obbligazione466.

A seconda del titolo che giustifica la costituzione dell’ipoteca467, la normativa civilistica

distingue tra ipoteca legale, giudiziale, e volontaria.

L’ipoteca legale, disciplinata dall’art. 2834468 c.c. , può iscriversi sui beni di proprietà

del debitore nei casi previsti dalla legge. L’ipoteca legale si contraddistingue per il fatto che l’iscrizione è automatica: viene iscritta d’ufficio, cioè non su richiesta del creditore. E’ il conservatore dei registri immobiliari, che nel trascrivere un atto di alienazione o di divisione deve iscrivere d’ufficio l’ipoteca a favore dell’alienante o del condividente, salvo che ci sia l’espressa rinuncia dell’avente diritto.

L’ipoteca giudiziale, disciplinata dall’art. 2818 c.c.469può essere iscritta dal creditore sui

beni di proprietà del debitore in base a sentenza o altro provvedimento giudiziale che condanni il debitore al pagamento di una somma, o all’adempimento di un’altra obbligazione, ovvero al risarcimento del danno, da liquidarsi anche successivamente.

L’ipoteca volontaria, disciplinata dall’art. 2821 c.c.470, è iscritta su domanda del

creditore ma nasce da un atto giuridico compiuto dal proprietario del bene. Può

466 Roppo V., Diritto privato, III edizione, Giappichelli Editore, Torino, 2013, pag. 354

467 Sul concetto di ipoteca si veda: Roppo V., Diritto privato, III edizione, Giappichelli Editore, Torino,

2013; Carnelutti F., La natura giuridica dell’ipoteca, in R.d.p.c., 1938, I, Mariani B. , Della ipoteca immobiliare, Milano, 1958

468 Art. 2834 c.c.: “ Il conservatore dei registri immobiliari, nel trascrivere un atto di alienazione o di

divisione, deve iscrivere d'ufficio l'ipoteca legale che spetta all'alienante o al condividente a norma dei numeri 1 e 2 dell'articolo 2817, a meno che gli sia presentato un atto pubblico o una scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente, da cui risulti che gli obblighi sono stati adempiuti o che vi è stata rinunzia all'ipoteca da parte dell'alienante o del condividente.

469 Art. 2818 c.c.:”Ogni sentenza che porta condanna al pagamento di una somma o all'adempimento di

altra obbligazione ovvero al risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente è titolo per iscrivere ipoteca sui beni del debitore. Lo stesso ha luogo per gli altri provvedimenti giudiziali ai quali la legge attribuisce tale effetto”.

470 Art. 2821 c.c.:“L'ipoteca può essere concessa anche mediante dichiarazione unilaterale. La

concessione deve farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullità. Non può essere concessa per testamento.”

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