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CAPITOLO VII Le spettroscopie locali (EXAFS e NMR) e di superficie (Fotoemissione)

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(1)

CAPITOLO VII

Le spettroscopie locali (EXAFS e NMR) e di superficie (Fotoemissione)

1) Assorbimento dei raggi X

1.1) Generalità

La spettroscopia XAS (X-ray Absorption Spectroscopy) studia l'andamento del coefficiente di assorbimento di una sostanza in funzione dell'energia della radiazione incidente nella regione dei raggi X, da prima di una soglia di assorbimento fotoelettrico a circa 1000 eV dopo la soglia.

L’assorbimento provoca una transizione degli elettroni tra stati di core, e spesso il loro passaggio agli stati del continuo (ionizzazione). Per gli spettri XAS, le energie coinvolte vanno da poche centinaia di eV (raggi X molli) a svariate decine di migliaia di eV (raggi X duri). Per esempio, la soglia K dell'ossigeno si trova a 543 eV, quella del gallio a 10367 eV, quella del renio a 71676 eV.

Visto che bisogna cambiare l'energia della radiazione in maniera continua su un largo intervallo, e dato che il segnale utile è tipicamente un millesimo del segnale totale, è richiesta una sorgente di raggi X ad alta brillanza su una larga banda energetica, ovvero una sorgente di luce di sincrotrone.

Fig. 1

La Fig. 1 mostra lo spettro di assorbimento del rame: dopo la soglia a circa 8950 eV si osservano le oscillazioni EXAFS che forniscono informazioni sull’intorno dell’atomo.

Lo schema dell’esperimento è mostrato nella Fig. 2. La radiazione uscente si può misurare in trasmissione o, a 90°, in fluorescenza. L’intensità incidente I0 e quella uscente I vengono misurate da camere a ionizzazione.

(2)

Fig. 2

1.2) EXTENDED X-RAY ABSORPTION FINE STRUCTURE (EXAFS)

Scoperta: Kronig, 1931

Primi esperimenti efficienti con radiazione di sincrotrone: Stern et al. 1975 Teoria: Sayers et al. 1971

Fig. 3

(3)

Il coefficiente di assorbimento sia µ(E) =1 dlnI0

I (nel caso dei raggi X non c’è intensità riflessa dal campione). Definiamo poi il coefficiente di assorbimento normalizzato, dove µ0(E) è quello dell’atomo isolato:

( ) ( ) ( )

( ) ( )

k

E E E E

0

0 ⇒χ

µ µ

χ

Come si comprende dalla Fig. 3 esso contiene solo le oscillazioni EXAFS. La dipendenza di k si ottiene semplicemente dalla (1). Infatti, per le leggi di conservazione, E-E0 e !ksono anche l’energia cinetica e l’impulso dell’elettrone espulso dal core:

!k= 2m E − E

(

0

)

E0 =soglia

⎨⎪

⎩⎪ (1)

Assumiamo : λ >> !r ⇒ approssimazione di dipolo ⇒ H ∝! E ⋅!

r ∝ ˆε ⋅!

r con ˆε versore di !

(

E

)

Dalla (8) del Cap. 1, considerando come unico stato iniziale i quello dell’elettrone legato nel core, per !ω≈104eV>>kBT, e ricordando l'espressione del coefficiente di assorbimento per due soli stati i e f, si avrà

i 2

r f

c !

⋅ ε

=

µ ˆ

dove c è una costante. Consideriamo ora due casi.

Atomo isolato:

Se r0 è il raggio del core e δ è lo shift coulombiano subìto dalla fase dell’elettrone nell'attraversamento del core per le interazioni con gli altri elettroni, lo stato finale dell’elettrone estratto da un atomo isolato è

f0 =

ψ0 r<r0 (stato di core) ψ =1

reikr+iδ r>>r0 (onda sferica)

⎨ ⎪

⎩ ⎪

Il coefficiente di assorbimento per un atomo isolato, poiché l’EXAFS è osservato in prossimità dell’origine (core), sarà quindi:

µ0 =c ψ0ε ˆ ⋅! r i 2

Atomo fra altri atomi vicini:

(4)

1) Un’onda sferica

1

reik⋅ r parte da O, si sfasa di δ nell’attraversare r0 (interazione di Coulomb)

e giunge in rj come

ψ

( )

rj = r1

j

ei kr( j)

2) L’atomo j allora genera un’onda sferica di ampiezza

ψ

onda incidente

! fj

(

θ,k

)

ampiezza di scattering

" # $ 1 r −% %

r j e−ik⋅ r−r( j)

dove può scriversi fj, k) ≅ fj, k)= fjexp(iπ/ 2)

2k . Al ritorno in r0 <<rj quindi la funzione d'onda riflessa è

fr = fj i

2krj2eikrjei kr( j) (2)

Qui tuttavia (nell’origine), la forma di

fr è di nuovo ψ0 , che è modulata dall’ampiezza (2) con un ulteriore sfasamento δ:

fr = fj i

2krj2e2i kr( j)ψ0 (3)

A causa dell’interferenza tra onda uscente e onda riflessa, la funzione d’onda totale in O sarà la somma di ψ0 e fr . Inoltre, se Nj è il numero di atomi di tipo j:

f = 1+ Njie2i kr( jj) 2krj2 fj

j

⎨ ⎪

⎩ ⎪

⎬ ⎪

⎭ ⎪ ψ0 =A ψ0 (4)

L’assorbimento EXAFS normalizzato è dunque (trascurando i termini quadratici perché l’interferenza è debole):

χ k

( )

=µµ0

µ0

= f ˆε ⋅!

r i 2− ψ0 ε ⋅ˆ ! r i 2 ψ0 ε ⋅ˆ !

r i 2 = A2µ0−µ0

µ0

≅ 1+ …+ …

j

j

( )

−1 ≅

≅ …+ …

j

j =2i1 Njfj e

+2i kr( jj)− e−2i kr( jj) k rj2

⎨⎪

⎩⎪

⎬⎪

⎭⎪

χ k

( )

= Nj

k rj2sin 2 k r

[ (

jj

) ]

fj

oscillazioni EXAFS

! # # # " # # # $

j

(5)

(5)

La (5) va poi completata con:

a) S(k): fattore di forma dell’atomo nell’origine rispetto allo scattering dell’elettrone

b) e2rj λj: fattore che tiene conto delle perdite anelastiche dell’elettrone: λj è il suo cammino libero medio (→0 per rj >>λj)

c) Fattore di Debye-Waller: a T ≠0 le vibrazioni atomiche fanno sì che:

( )

t

u r rj !j !

! → + (6)

Nel nostro caso unidimensionale, trascurando nella (3) gli effetti di u(t) sul modulo di !rj e tenendo conto solo della fase:

(kr ) 2i(kr ) 2iku( )t i

2 e e

e j+δj+δ

dove u(t) è la componente di u! parallela a k!

. Ma u<<λx e ku≅0; effettuando una media termica:

( )

2

( )

2

T iku

2 1 2i ku ku 1 ku

e ≅ + − +…≅ − (7)1

Inoltre anche

2 k 2

u 1 k u

e 2 2 ≅ − Quindi nella (VIII.31) si inserisce:

=

=

u2 Tk2 2WT

e

e fattore di Debye-Waller (è una funzione di T) In definitiva:

χ

( )

k = Njfj

k rj2 S k

( )

e−2rj λje− u

2 jk2

sin 2 k r

[ (

jj

) ]

j

=

=− Aj

( )

k sin 2 k r

[ (

j +δj

) ]

j

(8)

Ogni termine j corrisponde a una “shell” intorno a O, fatta di atomi uguali a distanze uguali.

Contribuisce con una “onda EXAFS” che deve essere estratta dallo spettro totale.

L’analisi procede secondo i 4 passi mostrati nella Fig. 4:

1) Si ricava

0 0

µ µ

µ e si effettua la trasformata di Fourier della χ

( )

k sperimentale.

2) Si effettua la deconvoluzione dei picchi per isolare i picchi delle diverse shell.

3) Segue l’antitrasformata di Fourier di ogni picco.

4) Fit con shell-modello di ogni onda j per ricavare i parametri r u j f j

( )

k

2

j, , .

La risoluzione dei picchi aumenta con l’intervallo dei k osservati (limitato da: rumore, presenza di altre soglie).

(A) La somma delle due onde A e B nello spazio k determina l’onda composita C.

(B) Trasformata di Fourier dell’onda composita C in (A).

1 Poiché u(t) è armonica, il termine al primo ordine è nullo

(6)

Esempio

Fig. 4

1.3) XANES e processi Auger

Spesso sono presenti strutture spettrali anche sulla salita ripida dell’assorbimento X in Fig. 3, che vengono studiate con la tecnica XANES (X-Ray Absorption Near Edge Spectroscopy). In base alla (1), sono prodotte da elettroni di energia cinetica E-E0 molto più bassa che nell’EXAFS (5-50 eV) e quindi di più grande lunghezza d’onda λ=2π/ k. Perciò le strutture XANES sono legate a eventidi scattering multiplo, da molti atomi vicini, mentre per quelle EXAFS vale l’approssimazione di scattering singolo.

(7)

In entrambe le tecniche, inoltre (v. Figura qui sotto), la lacuna che l’assorbimento X forma negli stati di core (a sinistra) viene solitamente riempita con processi Auger che consistono nella caduta di un elettrone dal livello n’ al livello vuoto più basso n e nell’emissione di un fotone (al centro) o di un elettrone secondario (a destra). VB rappresenta la banda degli elettroni di valenza.

2. La Risonanza Magnetica Nucleare

La Nuclear Magnetic Resonance (NMR) , risonanza magnetica nucleare, misura l’assorbimento dela radiazione e. m. nell’intervallo delle radiofrequenze (r. f.) (~4-900 MHz):

- la radiazione e. m. interagisce con lo spin nucleare;

- il campione deve trovarsi all’interno di un forte campo magnetico statico e di uno oscillante a r. f..

L’NMR fu osservato sperimentalmente la prima volta da Bloch e Purcell nel 1946 (Nobel Prize nel 1952) in onda continua; il metodo pulsato risale al 1966; le prime immagini del corpo umano al 1975.

2.1) Descrizione quantistica della risonanza

Un nucleo di spin I ha 2I+1 stati I, I-1, I-2, …, -I . In assenza di campi esterni, i 2I+1 stati sono degeneri. In un campo magnetico esterno subiscono lo splitting Zeeman come gli elettroni.

Associati allo spin I sono:

- un momento angolare

J=! I(I+1) ; - un momento magnetico µ =γ!I ,dove

γ è il rapporto giromagnetico che dipende dal nucleo.

Per il protone µ = µNdove µN =e! / 2mp =(1 /1823)µB è il magnetone nucleare.

La Tabella riporta i suoi valori per tre dei nuclei più usati in NMR. Per I > ½ il nucleo possiede anche un momento di quadrupolo elettrico Q, che consente la Risonanza di quadrupolo che qui non tratteremo.

(8)

Isotopo Spin γ/ MHz Tesla-1 Abbondanza / %

1H 1/2 42.58 99.98

31P 1/2 17.25 100.0

15N 1/2 4.31 0.37

Fig. 5 B0

L’assorbimento di un fotone dal campo a radiofrequenza (v. Tabella) comporta una transizione tra i due stati, cioè rovescia lo spin. Tuttavia la differenza di popolazioni è minima:

N+/ N=exp(−γ!B0 / kBT )=1.00006 a 1 Tesla (= 10 kGauss, campo tipico prodotto da un elettromagnete convenzionale a toro di ferro) e T ambiente. Per osservare la risonanza bisogna quindi scendere a temperature molto basse e/o applicare alti campi. Con i magneti superconduttori per NMR si raggiungono anche i 20 Tesla.

0

0

I B

B B

B

E = − µ ⋅

o

= − µ

z z

= − µ

z

= − γ !

z

E

In un campo esterno B0, gli spin si allineano (bassa energia) o si antiallineano (alta energia): si forma una magnetizzazione nucleare netta M! =C

B!0

T (legge di Curie:

paramagnetismo nucleare).

In assenza di un campo esterno B0, gli spin nucleari sono orientati a caso.

Per spin ½ (fig. 5), nel campo B0, i livelli si splittano in due (effetto Zeeman nucleare). Lo splitting in energia è proporzionale al campo:

(9)

2.2) Trattazione classica e NMR in onda continua (NMR-CW)

L’equazione del moto del momento angolare del nucleo nel campo magnetico (Fig. 2) diretto lungo z è

d! J dt = !

µ × ! B 0

che ha come soluzione una precessione della magnetizzazione macroscopica !

M intorno a

B ! 0, proprio come un giroscopio precede nel campo gravitazionale (Fig. 6 a sinistra).

La frequenza di precessione (di Larmor) è ω0=2πν0=γ B0 dove

ν0= 42,57 MHz per 1H a 1 T.

Nasce (Fig. 6) una magnetizzazione totale netta Mz lungo z, come nel caso quantistico, mentre si vede che quella nel piano xy è in media nulla.

Fig. 6

Se si applica ad una bobina che contiene il campione (posto tra i poli del magnete che fornisce B0) una tensione oscillante a r. f. di frequenza ω0, si ha risonanza tra la precessione della magnetizzazione nucleare !

M e i nuclei del campione assorbono energia dalla bobina. Su questo principio si basa la tecnica NMR in onda continua (CW-NMR) mostrata nella Fig. 7.

Le bobine avvolte sui poli del magnete (sweep coils) modulano il campo statico

B ! 0 con una onda sinusoidale, in modo che B!0(t) passi periodicamente per il valore che corrisponde alla frequenza di risonanza ω0=2πν0B0. Quando ciò accade, il sistema assorbe energia dal trasmettitore a radiofrequenza e ciò genera un segnale rivelabile. Infatti l’induttanza L della bobina, in presenza di magnetizzazione nucleare cambia da L a

L '=L(1+4πχ )=L[1+4π (χ '+iχ '')]

dove χ è la suscettività complessa dei nuclei. Trascurando la capacità, l’impedenza della bobina di resistenza R percorsa da una corrente Ie0t sarà quindi

Z '=R+0L '=R+0L[1+4π (χ '+iχ '')]

e il segnale di tensione dovuto alla sola precessione degli spin sarà in prima approssimazione

(10)

Fig. 7

δV=Ie0t⋅ (Z '− Z )=Ie0t⋅ 4π (χ '+iχ '')

δV viene rivelato, amplificato, e integrato eliminando la portante a ω0 . La Fig. 8 mostra il segnale finale alla risonanza, come appare sullo schermo di un oscillografo triggerato con la scansione effettuata dalle bobine di modulazione del campo. In alto è mostrato l’assorbimento (proporzionale a χ'' ), in basso la dispersione (proporzionale a χ' ).

Fig. 8

(11)

2.3) NMR in regime impulsivo

Negli ultimi decenni, l’NMR-CW è stata sostituita da una tecnica impulsiva, in cui la stessa bobina viene eccitata da un forte impulso a r. f., dell’ordine del kV, e subito dopo si raccoglie il segnale dei nuclei che è dell’ordine delle decine di microvolt. L’assorbimento e la dispersione si ottengono poi dalla trasformata di Fourier del segnale. Per comprendere il funzionamento della Fourier-transform NMR conviene effettuare un cambiamento di sistema di riferimento.

L’ impulso di corrente produce nella bobina un campo oscillante a r. f. B1(t) perpendicolare a B0 (ad es. lungo y come in Fig. 9). Nel sistema del laboratorio, !

M precede intorno alla risultante di entrambi i campi. Tuttavia, in un sistema di riferimento rotante alla frequenza

ω0 intorno all’asse z, !

M precede solo intorno a B1, quindi nel piano xz (Fig. 9), alla frequenza ω1=γ B1. Se B1 viene applicato con un impulso a r. f. di breve durata

Δt =2π/4ω1, nel riferimento rotante Mz si gira esattamente di 90° (Fig. 9), da z a x.

Fig. 9

Avremo allora una magnetizzazione Mxy = Mz in modulo, che nel sistema di riferimento del laboratorio precede intorno a z e la cui proiezione lungo y è un campo sinusoidale che induce un debole segnale alla frequenza

ω0 nella bobina stessa (che verrà amplificato e rivelato).

Si noti che, per ragioni tecniche, conviene che ω1 differisca per qualche kHz da ω0; con una tecnica di rivelazione eterodina, ω0viene eliminata e resta ω1 - ω0. L’eliminazione della portante a ω0 equivale a porsi nel sistema rotante.

2.4) I tempi di rilassamento T1 e T2

Quando l’impulso a r. f. cessa, inizia il rilassamento della magnetizzazione che tende a riallinearsi lungo z per riportare i livelli Zeeman nucleari verso l’equilibrio termico. Questo avviene scambiando energia con gli altri gradi di libertà del reticolo, e con un tempo caratteristico detto tempo di rilassamento spin- reticolo, o longitudinale, T1:

Mz(t)=Mz(0)(1 − exp(−t /T1) (9)

Ancora prima che ciò avvenga, tuttavia, gli spin possono sfasarsi tra loro nel piano xy, con un tempo di rilassamento spin-spin o trasversale T2:

(12)

Mxy(t)=Mxy(0)(1−exp(−t /T2) (10)

La Fig. 10 mostra la composizione dei due rilassamenti nel sistema di riferimento del laboratorio; la Fig. 11 fa vedere come si sfasano gli spin nel piano xy.

Fig. 11

L’evoluzione di M in Fig. 10 è quindi descritta dalla seguente Equazione di Bloch:

(11)

dove M=MxyLa Fig. 12 illustra lo smorzamento del segnale nella bobina dovuto allo sfasamento nel piano xy (Free Induction Decay, FID) e la sua trasformata di Fourier, che determina l’allargamento della riga di risonanza a ω0.

Fig. 12 Fig. 10

(13)

Ciò avviene principalmente a causa di:

- interazioni dipolo-dipolo degli spin dei nuclei fra loro e con quelli degli elettroni (contributo

T2dip), la cui Hamiltoniana è data da

H = µ ! 1⋅ !

µ 2

r3 −3(! µ 1⋅!

r )(! µ 2⋅!

r )

r5

dove

r è la distanza tra i rispettivi momenti magnetici !

µ ! 1 e

µ ! 2;

- disomogeneità del campo B0 tra un punto e l’altro del campione e quindi delle frequenze di precessione (contributo T2*). Si ha quindi, sommando le rispettive probabilità indipendenti,

1/T2 =1/T2dip +1/T2*

Il T2 si misura ad esempio con una coppia di impulsi a r. f. 90°-180° separati da un ritardo variabile τ.

Il primo ribalta Mz nel piano xy; il secondo rifasa gli spin invertendo la loro precessione (come dei ciclisti in pista, partiti tutti insieme ma sgranati dalle diverse velocità, che fanno improvvisamente dietro-front) e così neutralizza T2*, dato che le disomogeneità statiche del campo provocano uno sfasamento reversibile.

Lo sfasamento che resta è quello irreversibile dovuto all’interazione dipolo-dipolo. Quindi, variando τ, si ricostruisce la (10) e si ricava

T2dip(Fig. 13).

Fig. 13

Il T1 si può misurare invece con una coppia di impulsi a r. f. 180°-90° o 90°- 90°, separati da un ritardo variabile TR. Il secondo caso è illustrato in Fig. 14. il primo impulso a 90° ribalta Mz nel piano xy; Mz quindi inizialmente è nulla e tenderà a ricrescere con il tempo T1. Il secondo 90° misura la sua ampiezza dopo TR ribaltandola di nuovo nel piano xy (e quindi inducendo un segnale s nella bobina) in funzione di TR .

(14)

Fig. 14

2.5) Il Chemical shift.

Una delle più interessanti applicazioni dell’NMR è quella per l’analisi chimica delle sostanze.

Infatti se

B ! 0 è il campo effettivo che vedrebbe uno spin isolato, quello visto dallo spin di un nucleo che sta in una molecola o in un solido è

B ! eff = ! B 0+ !

B locdove

B ! loc è la risultante di tutti i campi locali dovuti, in particolare, alla presenza degli elettroni orbitali degli atomi vicini. La vera frequenza di risonanza non sarà quindi

ω0B0 ma ωeffBeff =γ !

B0+ !

Bloc (12)

Un esempio chiaro e famoso di questo effetto è lo spettro NMR dell’etanolo CH3CH2OH (Fig.

15). Le tre risonanze corrispondono ad altrettanti ambienti intorno ai protoni: il gruppo CH3, il gruppo CH2 e l’OH, dove essi sperimentano diversi campi locali e quindi hanno diverse

ωeff =γBeff. Una raffinata analisi degli spettri ha portato a ricostruire perfino complicate strutture come quelle delle proteine, in casi in cui la diffrazione dei raggi X non può essere d’aiuto. Ciò viene fatto ad es. impiantando nel sito - di cui si vuole ricostruire l’intorno - nuclei di deuterio al posto di quelli di idrogeno, e studiando la risonanza NMR del deuterio.

Fig. 15

(15)

2.6) NMR Imaging

Questa è certamente l’applicazione più nota dell’NMR, grazie alla sua potenza diagnostica;

infatti, usando la risonanza dell’ 1H, la “risonanza magnetica” consente una mappatura del contenuto di OH, e quindi dell’acqua libera o legata, in ogni tessuto vivente. Grazie all’NMR si vedono quindi in grande dettaglio anche i tessuti molli, che sono trasparenti ai raggi X. Per ottenere le immagini, si aggiunge al campo

B ! 0 un gradiente di campo parallelo a

B ! 0 (cioè lungo z). Si ha B0≡ B0(z)=B0+!

∇B ⋅ z=B0+Az;

il gradiente si ottiene (in linea di principio) circondando i poli del magnete con due bobine avvolte in senso inverso e alimentate da una forte corrente costante I. La frequenza di risonanza diventa quindi una funzione di z:

ω(z)(B0+Az) e per ogni z l’ampiezza del segnale è proporzionale alla densità N di nuclei idrogeno presenti. Si ottiene quindi una mappatura di N(z) lungo z.

Spostando il campione, o il campo, lungo x e y, e ripetendo ogni volta l’acquisizione, si ottiene una mappa 2D o 3D della densità dei protoni, quindi dell’acqua presente nel campione. E’

proprio la distribuzione dell’acqua nei tessuti molli a darci la loro immagine NMR. Usando tecniche evolute e alti campi si ottengono analoghe mappe di altri nuclei; per esempio, ponendosi sulla risonanza del fosforo, si ottiene la distribuzione della concentrazione di P nel cervello; tuttavia, data la piccola concentrazione di nuclei P rispetto a quelli H, le immagini richiedono tecniche raffinate e esposizioni più lunghe. Si possono ottenere anche mappe dei tempi di rilassamento T1 e T2, che danno informazioni sulla funzionalità degli organi, sulla presenza di zone cancerose, e così via.

Gli alti campi necessari per ottenere un buon rapporto S/N nella raccolta delle immagini sono ottenuti con grandi magneti a superconduttore, il cui schema in sezione è mostrato nella Fig.

15.

Fig. 16

(16)

Le bobine, che hanno resistenza nulla (e quindi vi scorre una corrente per un tempo

indefinito) sono raffreddate a 4.2 K da un bagno di elio liquido, che a sua volta è separato da una camicia di vuoto da un altro bagno di azoto liquido. Anche tra quest’ultimo e l’ambiente c’è il vuoto.

Nella NMR per diagnostica umana si usano tuttavia bobine di Helmholtz, (Fig.

17) che consistono in due avvolgimenti posti a distanza uguale al loro raggio e percorse dalla stessa corrente nello stesso verso. Si ottiene nello spazio fra loro un campo molto omogeneo (Fig. 18), nonostante le grandi dimensioni delle bobine, che permettono di infilarvi un corpo umano. Anch’esse sono costituite da superconduttori (leghe di Nb)e raffreddate da He liquido. Recentemente il CNR di Genova ha sviluppato bobine di MgB

2

: un superconduttore scoperto una quindicina di anni fa che, avendo una temperatura critica di 32 K, può

funzionare con un criogeneratore (v. Cap. 9) senza quindi la necessità di rifornirsi di He liquido.

Fig. 17

Fig. 18

(17)

Fig. 19. Immagine sagittale di un cervello umano ottenuta con la risonanza magnetica.

3) LA SPETTROSCOPIA DI FOTOEMISSIONE

3.1) Generalità

E’ una tecnica in cui un fotone di energia hν viene assorbito da un conduttore (Fig. 20) e gli

Fig. 20

strappa un elettrone

di core: Ei≈ 1keV di valenza: Ei≈ 10eV

⎧⎨

⎩ il quale, se

hν− Ei− Φ=Ecin>0 , dove Φ è la funzione lavoro, esce dal metallo ed entra nel rivelatore che ne misura l’energia cineticaE≡Ef e k!

. Infatti le energie sono riferite al livello di Fermi EF che, avendo il significato di un potenziale chimico, è lo stesso per campione e rivelatore grazie alla massa comune (Fig. 21) che consente fra i due lo scambio di particelle (elettroni).

Quindi la misura fornisce Fig. 21

ER =E− ΦR =hν −Ei− ΦR.

dove ΦR è l’energia potenziale dell’elettrone nel rivelatore. Noti hνeΦR si trovano quindi i livelli Ei . Inoltre Se Ei è uno stato di valenza, la determinazione di E

( )

k! consente di ricostruire la banda nella zona di Brillouin. A causa della ricombinazione con le lacune rimaste nei livelli atomici o nelle bande, solo gli elettroni generati

(18)

entro 10 ÷20Å dalla superficie escono nel vuoto e sono rivelati. La fotoemissione è quindi una spettroscopia di superficie. Quest’ultima deve essere perfettamente definita e pulita. Il campione e l’apparato si trovano quindi in ultra-alto vuoto (p<108torr). Solitamente il campione viene direttamente clivato o sfaldato sotto ultra vuoto per ottenere la migliore superficie.

Fig. 22

Il rivelatore di elettroni, mostrato in Fig. 22, contiene una lente elettrostatica in ingresso, per focalizzare gli elettroni, e il deflettore, una doppia cupola emisferica di raggi R1 e R2. Solo gli elettroni di energia cinetica pari all’energia di passo Ep percorrono la traiettoria semicircolare tra i due elettrodi tra i quali la d.d.p. è V0 e giungono sul detector. Si ha

Ep= eV0

R1/ R2R2/ R1

Variando V0 si misura sul detector la corrente Ip

( )

V0Ip

( )

E .

Il detector è costituito da uno schermo fluorescente, che converte gli elettroni (opportunamente moltiplicati) in fotoni e da una camera CCD che fa la mappa bidimensionale dei fotoni (e quindi degli elettroni) tenendo la fenditura di uscita completamente aperta. Sulla mappa una coordinata dà l’energia, l’altra l’angolo di incidenza e quindi l’impulso degli elettroni usciti dall’analizzatore.

Sia nell’ultravioletto che nei raggi X la migliore sorgente di fotoni è un sincrotrone, anche se la fotoemissione può essere effettuata con successo in ogni laboratorio ben attrezzato.

(19)

3.2) Il modello a tre passi

La corrente degli elettroni primari Ip (escludendo quindi quelli prodotti dall’urto degli elettroni fotoemessi con gli atomi del metallo,Is, che determinano un “fondo” da sottrarre) si può determinare con un modello a tre passi:

1. Eccitazione del fotoelettrone dallo stato occupato

(

ρi1

)

a Ei <0 allo stato libero m

2 E k

2 2 f

=! mediante interazione di dipolo:

(

,

) ( ) ( )

'

( ) ( )

3 3 '

,

2 h E E E E d k d k

k r k h

E P

f

i f i f i f

!

! !

!⋅ − − ⋅ − ⋅ ⋅

∑∫∫

ψ ε ψ δ ν δ

ν (13)

dove la prima δ conserva l’energia nel campione, la seconda nel rivelatore.

2. Trasmissione del fotoelettrone fino alla superficie a E = cost. La trasmittanza degli strati superficiali si può scrivere:

( ) ( ) ( )

( )

λ

( )

ν λ

+

ν λ

= λ

h E

1

h E E

T

ph e

ph

e (14)

con λe

( )

E = libero cammino medio dell’elettrone

λph

( )

hν =lunghezza di penetrazione del fotone nel solido

3. Superamento da parte degli elettroni della barriera di potenziale Φ alla superficie. La probabilità2:

( )

⎪⎩

⎪⎨

⎧ +Φ > +Φ

= −

altrove 0

E E per E

1 E 2 1 E

D i i (15)

tiene conto della riflessione dalla barriera.

In definitiva, se n

( )

hν sono i fotoni di energia hν che arrivano al secondo, e se si raccoglie su un angolo solido Ω=4π (tutti i valori di k! k

):

(

E h

)

n

( ) (

h P E h

) ( ) ( )

T E D E

Ip , ν = ν ⋅ , ν ⋅ ⋅ (16)

Poiché T(E) e D(E) sono funzioni lentamente variabili di E, che contribuiscono con un “fondo”

e una accettabile distorsione, torniamo al passo 1). Qui, anche l’elemento di matrice del momento di dipolo è una funzione lentamente variabile di E. Quindi, inviando luce monocromatica (UV) a energia hν:

( )

∑ ∫∫

δ

(

ν +

)

δ

(

)

f i

3 3 f

k i k f

p E h E E E E d k d k

I

,

' ' (17)

2 L’effetto tunnel è escluso perché la barriera si estende nel vuoto con una larghezza infinita

(20)

dove, come detto, la prima δ conserva l’energia nel processo di assorbimento del fotone, la seconda in quello di rivelazione dell’elettrone.

Esse definiscono nello spazio k!

le superfici Ei !

( )

k =Ef

( )

k! hν =E

( )

k! e Ef

( ) ( )

k! =Ek! . Il secondo membro della (17) è perciò l’intersezione di queste superfici integrata su tutto lo spazio k!

, e sommata su tutte le coppie di stati i e f . Si chiama densità congiunta degli stati (JDOS). Per hν>> Ei

( )

k la densità degli stati finali è così alta che la JDOS coincide con la densità degli stati iniziali, e la fotoemissione misura la struttura a bande del solido (integrata su k!

) come nella Fig. 23

Fig. 23, dove il tratteggio indica gli stati occupati.

Fig. 24 Spettro di fotoemissione del

superconduttore ad alta temperatura critica BSCCO, con Tc = 88 K: a) T>Tc, b) T<Tc. Lo 0 sulle ascisse coincide con EF. A T>Tc ρ

( )

EF0, a T<Tc ρ

( )

EF =0 per l’apertura della gap

superconduttiva di energia Δ.

3.3) L’ARPES

Per ottenere la struttura a bande E !

( )

k nello spazio k!

, gli elettroni emessi vengono analizzati anche in k!

(Angle-Resolved Photoemission Spectroscopy, ARPES) misurando l’angolo con cui entrano nel rivelatore.

La Fig. 25 mostra ad esempio la struttura cristallina di un cuprato superconduttore ad alta temperatura critica Tc (YBCO), che conduce per lacune. Si notino al centro i piani a simmetria quadrata CuO2 (con il Cu al centro e gli ossigeni ai 4 vertici), in cui si muovono le lacune e, al di sotto di Tc = 90 K, le coppie di Cooper che determinano la superconduttività del materiale.

La Fig. 26 mostra (a sinistra) la superficie circolare di Fermi nello spazio k a due dimensioni (kx, ky), che ci si aspetta per le lacune nel reticolo quadrato CuO2 e (a destra) i dati sperimentali ARPES, che evidenziano le circonferenze quasi complete della superficie di Fermi della prima zona di Brillouin, in eccellente accordo con la teoria. La scala della densità degli stati va dal nero (zero) al giallo (max).

(21)

Fig. 25

Fig. 26

La spettroscopia degli stati profondi di core è invece effettuata con raggi X e consente l’analisi chimica delle superfici (Electron Spectroscopy for Chemical Analysis, ESCA).

(22)

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