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EFFETTI DELLA DENSITÀ D’IMPIANTOIN POPOLAMENTI DI DOUGLASIA

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– I.F.M. n. 6 anno 2008

LUCA PELLE (***)

EFFETTI DELLA DENSITÀ D’IMPIANTO IN POPOLAMENTI DI DOUGLASIA

Nella realizzazione di impianti di arboricoltura da legno la scelta del sesto d’im- pianto costituisce un elemento di grande importanza. Esso ha implicazioni importanti sulla gestione del soprassuolo dal punto di vista ecologico, colturale ed economico e ne condiziona la dinamica evolutiva. Differenti densità d’impianto hanno effetti diversi sull’accrescimento delle singole piante e del soprassuolo nel suo complesso. Questo studio, condotto in piantagioni di douglasia in Calabria, si è posto l’obiettivo di valutare gli effet- ti della densità di impianto sui principali parametri di interesse dendro-auxometrico del soprassuolo. Le densità d’impianto poste a confronto variano da 2500 a 833 piante a etta- ro. I risultati conseguiti a 40 anni dalla piantagione, evidenziano come la scelta delle distanze d’impianto negli impianti di arboricoltura da legno assume una grande importan- za poiché condiziona il modulo colturale da adottare nella gestione.

Parole chiave: Pseudotsuga menziesii; densità d’impianto; rimboschimenti; moduli colturali.

Keywords: Pseudotsuga menziesii; planting density; afforestation; cultivation modules.

1. P REMESSA

Da diversi anni si rileva un rinnovato crescente interesse per le produ- zioni legnose fuori foresta. Ciò in parte è legato alla disponibilità di terreni agricoli abbandonati, in parte è favorito dalla Politica Agraria Comune (PAC) e dal sistema set-aside che offre la possibilità di usufruire di contributi per la realizzazione di piantagioni con specie legno-cellulosiche destinate alla pro- duzione di biomasse. Oggi, di fronte alla grave crisi energetica che sta interes- sando tutto il mondo con gravi ricadute in termini non solo finanziari ed eco- nomici ma anche ecologici che, appunto per questo, riguardano la qualità

(*) Accademia Italiana di Scienze Forestali.

(**) Dipartimento di Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e il Territorio. Università degli Studi del Molise.

(***) Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agrari e Forestali. Università Mediterranea di Reg-

gio Calabria. Autore corrispondente: Pasquale Marziliano; pasquale.marziliano@unirc.it

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della vita, c’è l’esigenza di differenziare le fonti di approvvigionamento di energia. In tale contesto è di fondamentale importanza l’analisi delle possibi- lità di produrre elevate quantità di biomasse legnose e lo studio di idonei moduli colturali al fine di massimizzare la produzione e di contenere i costi.

2. S ESTI E DISTANZE DI IMPIANTO IN ARBORICOLTURA DA LEGNO

In sede di progettazione di impianti di arboricoltura da legno e, più in generale, di rimboschimento, la scelta del sesto e delle distanze di impianto riveste un ruolo particolarmente importante. Un parametro questo che con- diziona gli interventi da attuare durante il ciclo di coltivazione e i costi da sostenere, soprattutto nei primi anni dopo la piantagione. È noto, infatti, che la densità iniziale di una piantagione ha implicazioni di carattere ecolo- gico, colturale ed economico nella gestione del soprassuolo (C IANCIO et al., 1984; LA M ARCA , 1985; M ENGUZZATO e T ABACCHI , 1995).

Oggi, nella realizzazione di impianti destinati sia alla produzione di biomassa sia alla ricostituzione di sistemi forestali, si nota una certa tenden- za ad adottare sesti d’impianto più ampi rispetto al passato, quando l’ado- zione di distanze molto piccole tra le piante era la regola. Ciò era frutto di considerazioni sia di ordine colturale – gli alberi cresciuti in popolamenti densi avevano caratteristiche migliori – sia per una tradizione che proveniva dalla scuola forestale tedesca.

Quando la mano d’opera era abbondante e a buon mercato e il costo delle piantine relativamente basso, questi aspetti hanno portato alla costitu- zione di piantagioni molto dense, mantenute tali anche a età relativamente avanzate. L’assenza di interventi colturali – sfollamenti e diradamenti – tro- vava una giustificazione nel prezzo di macchiatico negativo e nella scarsa richiesta di assortimenti di piccole dimensioni. Questo comportamento ha favorito perdite per autodiradamento, a volte anche estremamente gravi, dovute alla forte concorrenza fra i soggetti, per danni di origine meteorica o per attacchi di patogeni. Ancor oggi non è difficile osservare piantagioni estremamente dense, anche a età avanzate, che presentano una intrinseca debolezza strutturale dovuta alla non applicazione dei diradamenti.

Negli ultimi anni sulla base di considerazioni colturali e finanziarie

legate ai costi del materiale di impianto, alle spese per la messa a dimora,

alla possibilità di effettuare le cure colturali con mezzi meccanici, alla

opportunità di ritardare il primo diradamento in modo da poter utilizzare

piante di maggiori dimensioni, sono stati adottati sesti con distanze d’im-

pianto maggiori. Invero, finora poca considerazione è stata attribuita agli

effetti della densità d’impianto sull’accrescimento delle singole piante e del

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soprassuolo e sulle condizioni ecologiche che si determinano sotto copertu- ra con il relativo condizionamento sull’evoluzione della piantagione (M EN -

GUZZATO e T ABACCHI , 1995; C ANTORE e I OVINO , 1998).

In campo forestale, in merito alle problematiche legate ai sesti e alle distanze di impianto in genere e, in particolare, a quelle da adottare nelle piantagioni di douglasia (Pseudotsuga menziesii (Mirb) F RANCO , var. men- ziesii), le esperienze condotte sono piuttosto limitate. Si ricordano le espe- rienze iniziate da C IANCIO sulla Catena Costiera in Calabria (C IANCIO et al., 1984) e proseguite da M ENGUZZATO e T ABACCHI , (1995) che illustrano i risultati conseguiti a 15 e a 25 anni dall’impianto nelle piantagioni oggetto di questo studio e quelle di LA M ARCA (1985) che riferisce su piantagioni sempre di douglasia in Toscana.

Il presente lavoro rappresenta un continuum delle osservazioni fatte da C IANCIO et al. (1984) e da M ENGUZZATO e T ABACCHI (1995) e si propone di valutare gli effetti che la densità di impianto ha sui principali parametri di interesse dendrometrico e sull’accrescimento del soprassuolo nel suo complesso a distanza di 40 anni dalla piantagione.

Si sottolinea come a tutt’oggi in Italia non esistano sperimentazioni su questo aspetto che coprano un periodo di tempo così lungo. In questo senso il presente studio rappresenta un contributo per una migliore e più approfondita comprensione delle dinamiche evolutive che avvengono nelle piantagioni di douglasia a diverso sesto e densità d’impianto.

3. M ATERIALI E METODO

Lo studio è stato condotto in Calabria, sul versante occidentale della Catena Costiera, in località Serra Salinaro in Comune di Fuscaldo, provin- cia di Cosenza, a 900-1000 m di quota. Per quanto riguarda le caratteristi- che della stazione, le modalità di impianto e le caratteristiche selvicolturali e dendro-auxometriche dei soprassuoli alle diverse età, si rimanda agli studi condotti da C IANCIO et al., (1984), M ENGUZZATO e T ABACCHI (1995) e C AN -

TORE e I OVINO (1998).

Si ricordano gli aspetti principali della sperimentazione. Sono state analizzate sei piantagioni di douglasia, con densità di impianto variabili da 2500 a 833 piante a ettaro. Ciascuna tesi era rappresentata da una area di grandi dimensioni, 5000 m 2 , senza ripetizioni, all’interno della quale è stata delimitata una parcella di 900 m 2 , dove sono stati condotti i rilievi per defi- nire le caratteristiche dendrometriche delle singole piante e del soprassuolo nel suo complesso.

Le piante di ogni area di saggio sono state numerate con vernice inde-

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lebile, per cui è possibile conoscere l’accrescimento di ciascuna di esse. Di ognuna sono stati misurati a petto d’uomo i due diametri ortogonali e l’al- tezza totale.

I rilievi, iniziati nel 1982, sono stati ripetuti, con le stesse modalità, nel 1992, 1999 e 2007, a distanza di 15, 25, 32 e 40 anni dalla piantagione. All’in- terno delle singole parcelle gli interventi colturali sono stati limitati alla sola asportazione, per ragioni fitosanitarie, delle piante morte o secche in piedi.

Le tesi poste a confronto sono state:

Tesi A - sesto in quadro, 2500 piante a ettaro con distanze di impianto di m 2 x 2 m;

Tesi B - sesto a rettangolo, 2000 piante a ettaro con distanze di impianto di m 2 x 2,5 m;

Tesi C - sesto a rettangolo, 1667 piante a ettaro con distanze di impianto di m 2 x 3 m;

Tesi D - sesto a rettangolo, 1250 piante a ettaro con distanze di impianto di m 2 x 4 m;

Tesi E - sesto a rettangolo, 1000 piante a ettaro con distanze di impianto di m 2,5 x 4 m;

Tesi F - sesto a rettangolo, 833 piante a ettaro con distanze di impianto di m 3 x 4 m.

Per ognuna di queste tesi è stato così possibile avere informazioni sulla mortalità, sulla distribuzione delle piante in classi di diametro, sul dia- metro medio e dominante, sull’altezza media e dominante e sulla produzio- ne legnosa che è possibile ottenere in assenza di diradamenti. Per la cubatu- ra delle piante e del soprasuolo è stata utilizzata la tavola generale a doppia entrata dell’Inventario Forestale Nazionale (1985).

4. R ISULTATI DOPO QUARANTA ANNI

4.1. Mortalità

Nella Tabella 1 sono riportate le osservazioni effettuate nel 2007 e i risultati delle elaborazioni, oltre ai rilievi effettuati in precedenza.

C IANCIO et al. (1984) avevano evidenziato come a 15 anni dall’impianto, la densità aveva avuto un effetto significativo sull’accrescimento del diametro e sulla produzione complessiva, mentre la mortalità sembrava non risentire delle differenti condizioni di densità. Infatti, non si era evidenziata alcuna relazione statisticamente significativa tra mortalità e densità d’impianto.

M ENGUZZATO e T ABACCHI (1995), a 25 anni dall’impianto, hanno

riscontrato che la mortalità era influenzata dalla densità e decresceva, in

modo evidente, con l’aumentare delle distanze d’impianto.

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Nel 2007, a 40 anni dalla piantagione, tale indicazione è confermata:

la densità determina una diversa entità di mortalità. La Figura 1 evidenzia l’andamento della mortalità cumulata registrata nelle varie tesi fino all’età di 40 anni. I valori più elevati, con il 62% delle piante morte rispetto a quelle messe a dimora, si osservano nella tesi A dove la densità era massima. Nelle altre tesi sono stati registrati valori significativamente più bassi: 45% di piante morte nella Tesi C, 37% nella Tesi B e D e il 19 e 20%, rispettiva- mente, nelle Tesi E ed F.

È interessante osservare l’andamento della mortalità registrata nella Tesi F, quella con distanze d’impianto più ampie, nella quale la mortalità è avvenuta per la quasi totalità nei primi 15 anni. In seguito, le perdite sono state di entità assolutamente trascurabile (Figura 1). Nelle rimanenti tesi, invece, la mortalità presenta un andamento crescente con l’età.

Un altro aspetto interessante è quello riscontrato a 15 anni di età,

Tabella 1 – Principali parametri dendrometrici relativi ai sei popolamenti esaminati.

ADS Anno Età N. piante Mortalità Mortalità G DG H med Vol ad ettaro annuale (m

2

) (cm) (m) (m

3

)

A 1982 15 1989 20% 20% 32,04 14,3 12,5 239,00

A 1992 25 1634 35% 18% 49,83 19,7 19,9 579,18

A 1999 32 1333 47% 18% 56,27 23,2 24,0 760,81

A 2007 40 946 62% 29% 60,61 28,5 29,4 975,39

B 1982 15 1860 7% 7% 32,76 15,0 12,2 234,23

B 1992 25 1699 15% 9% 54,86 20,3 19,2 600,21

B 1999 32 1398 30% 18% 60,35 23,4 23,8 799,31

B 2007 40 1280 36% 8% 72,53 26,9 28,6 1131,38

C 1982 15 1538 8% 8% 31,92 16,2 13,1 242,11

C 1992 25 1409 16% 8% 51,53 21,6 21,4 628,94

C 1999 32 1151 31% 18% 57,44 25,2 25,6 809,58

C 2007 40 925 45% 20% 65,71 30,1 29,8 1045,46

D 1982 15 1122 10% 10% 24,37 16,6 11,9 166,23

D 1992 25 1056 16% 6% 44,63 23,2 19,9 492,30

D 1999 32 900 28% 15% 51,55 27,0 23,4 649,57

D 2007 40 778 38% 14% 62,07 31,9 28,2 913,90

E 1982 15 967 3% 3% 23,38 17,5 11,8 155,47

E 1992 25 933 7% 3% 45,79 25,0 19,5 487,33

E 1999 32 889 11% 5% 55,10 28,1 23,7 696,00

E 2007 40 811 19% 9% 66,26 32,2 28,6 992,55

F 1982 15 689 17% 17% 20,12 19,3 11,8 130,02

F 1992 25 689 17% 0% 41,24 27,6 19,0 410,99

F 1999 32 678 19% 2% 51,67 31,1 24,4 654,81

F 2007 40 667 20% 2% 66,83 35,7 27,9 947,62

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quando i valori di mortalità più elevati sono stati rilevati nella tesi a maggio- re densità (Tesi A con il 20% di piante morte) e in quella a minore densità (Tesi F con il 17%).

Per quanto riguarda la mortalità, sulla base delle analisi effettuate e dei risultati conseguiti a 40 anni dall’impianto, è possibile raggruppare le 6 tesi in 3 gruppi omogenei: il primo gruppo, rappresentato dalla tesi A, è caratterizzato da una mortalità piuttosto elevata; il secondo, formato dalle Tesi B, C e D, presenta una mortalità più contenuta; il terzo, con i valori di mortalità inferiori, è composto dalle Tesi E ed F. (Figura 1).

Nella Figura 2 è riportato l’andamento della mortalità registrata in occasione dei rilievi rispetto alla densità del periodo immediatamente pre- cedente. Dall’esame dei grafici emergono differenze alle varie età del soprassuolo. In particolare, per la Tesi A i periodi maggiormente critici sono stati: (i) i primi 15 anni dell’impianto – 20% di individui morti rispet- to al numero di piante messe a dimora; (ii) il periodo compreso tra 32 e 40 anni dalla piantagione – 29% di individui morti rispetto al numero di pian- te presenti a 32 anni.

Un periodo critico per quasi tutte le tesi, a eccezione della E e F, ossia quelle con distanze d’impianto maggiori, è stato quello compreso tra 25 e 32 anni di età quando la mortalità è stata, mediamente, del 17%, contro il 10% osservato nel periodo immediatamente precedente e l’11% nei primi 15 anni. In tutti i casi, le piante maggiormente interessate dalla mortalità sono state quelle di minori dimensioni.

A 40 anni dalla piantagione la densità più elevata si registra nella Tesi B con 1280 piante a ettaro, superiore del 26% rispetto alla Tesi A.

Figura 1 – Andamento della mortalità in funzione dell’età.

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4.2. Distribuzione delle piante in classi di diametro

La distribuzione delle piante in classi di diametro presenta un anda- mento a campana per tutte le tesi e per tutti i periodi considerati, con evi- denti differenze tra le tesi alle diverse età (Figura 3). Nell’insieme, all’au- mentare delle distanze d’impianto si ha uno spostamento della seriazione dei diametri verso le classi diametriche superiori.

Nella Tesi A, a 15 anni di età, la forma della distribuzione era tenden- zialmente mesocurtica. A seguito di ciò, la distribuzione delle piante in clas- si di diametro presenta un andamento fortemente appiattito, con code molto lunghe. Ne è testimonianza il valore della deviazione standard (7,27 cm), di gran lunga superiore ai valori di deviazione standard, riferiti al 2007, per le altre Tesi. A partire dal 1992 (a 25 anni dall’impianto), è evi- dente una forte asimmetria sinistra, presente anche nel 1999, mentre si atte- nua leggermente nel 2007. Questo andamento sta a indicare una forte con- correnza tra gli individui che, con il passare degli anni, ha portato la popo- lazione ad avere una forma fortemente platicurtica.

La Tesi B presenta problemi di asimmetria sinistra a partire dal 1999, che si accentuano maggiormente nel 2007, quando la concorrenza tra gli individui diventa molto forte. Non sono presenti invece particolari forme per quanto riguarda la curtosi.

La Tesi C presenta un andamento lievemente asimmetrico sinistro nei diversi anni, mentre per quanto riguarda la curtosi non è stata osservata alcuna tendenza particolare, anche se è evidente una certa propensione verso forme platicurtiche.

Nelle Tesi D, E e F le tendenze osservate nelle tre precedenti Tesi

Figura 2 – Variazioni della mortalità rispetto al periodo immediatamente precedente.

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caratterizzate da distanze d’impianto minori, appaiono opposte. Infatti, in queste Tesi la forma delle curve di distribuzione dei diametri è tendenzial- mente simmetrica, con una lieve tendenza verso l’asimmetria destra, più accentuata nella Tesi D e quasi assente nella F. Anche per quanto riguarda la curtosi non si palesano andamenti particolari. Questo fatto sta a indicare che, finora, nei popolamenti a distanze d’impianto maggiori, i fenomeni di concorrenza tra gli individui sono molto meno significativi rispetto a quelli che si hanno nelle tesi a densità più elevata.

4.3. Diametro medio e diametro dominante

Il diametro medio, calcolato a partire dall’area basimetrica, come atte- so, è significativamente correlato con le distanze d’impianto e aumenta al crescere dello spazio a disposizione di ciascuna pianta (Figura 4). A 40 anni

0 200 400 600 800 1000 1200

0 10 20 30 40 50

Diametro a m 1.30 (cm)

N u m e ro p ian te a d et ta ro

15 anni 25 anni 32 anni 40 anni

TESI A

0 200 400 600 800 1000 1200 1400

0 10 20 30 40 50 60

Diametro a m 1.30 (cm)

N u m e ro p ian te ad e tt a ro

15 anni 25 anni 32 anni 40 anni

TESI B

0 200 400 600 800 1000

0 10 20 30 40 50

Diametro a m 1.30 (cm)

N u m e ro p ian te ad e tt a ro

15 Anni 25 anni 32 anni 40 anni

TESI C

0 100 200 300 400 500 600

0 10 20 30 40 50

Diametro a m 1.30 (cm)

N u m e ro p ian te ad e tt a ro

15 anni 25 anni 32 anni 40 anni

TESI D

0 100 200 300 400 500 600

0 10 20 30 40 50

Diametro a m 1.30 (cm)

N u m e ro p ian te ad e tta ro

15 anni 25 anni 32 anni 40 anni

TESI E

0 100 200 300 400 500

0 10 20 30 40 50

Diametro a m 1.30 (cm)

N u me ro p ia n te a d e tt a ro

15 anni 25 anni 32 anni 40 anni

TESI E

Figura 3 – Poligoni di frequenza del numero delle piante alle diverse età.

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dall’impianto, il diametro medio è compreso tra 26,9 (Tesi B) e 35,7 cm (Tesi F).

Per quanto riguarda il diametro dominante M ENGUZZATO e T ABACCHI

(1995) avevano evidenziato come nel 1992 tale parametro fosse solo margi- nalmente legato alla densità. Complessivamente, a 40 anni dall’impianto, tale tendenza viene confermata, seppur con una precisazione. Nelle tesi con distanze d’impianto minori (Tesi A, B, C e D) sembra non esserci alcuna correlazione tra diametro dominante e densità (Figura 5), mentre prenden- do in considerazione le tesi con distanze d’impianto maggiori (Tesi D, E e F) emerge una evidente correlazione positiva tra densità e diametro domi- nante (Figura 5).

Questo sembrerebbe indicare come la densità che segna il passaggio tra condizioni ove non c’è correlazione tra diametro dominante e densità e

10 15 20 25 30 35 40

A B C D E F

Tesi

Diametro medio (cm)

15 anni 25 anni 32 anni 40 anni

Figura 4 –Variazione del diametro medio alle diverse età.

15 20 25 30 35 40 45

A B C D E F

Tesi

Diametro dominante (cm)

15 anni 25 anni 32 anni 40 anni

Figura 5 – Variazione del diametro dominante alle diverse età.

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situazioni ove, invece, questa condizione è evidente corrisponde a una den- sità di impianto di 1250 piante a ettaro. Da ciò scaturisce che densità supe- riori a tale valore soglia non hanno effetto sul diametro dominante; densità più basse, invece, hanno effetti significativi.

Questo risultato è in parziale contraddizione con quanto evidenziato da LA M ARCA (1985) in piantagioni di douglasia della Toscana, con densità d’impianto variabili da 833 a 2500 piante a ettaro, nelle quali si evidenziava l’esistenza di una correlazione sempre positiva tra densità d’impianto e dia- metro dominante.

4.4. Altezza media e altezza dominante

L’altezza media, pur evidenziando una certa tendenza a decrescere all’aumentare delle distanze d’impianto, soprattutto per le tesi con spaziatu- re più ampie, non appare significativamente legata alla densità (Figura 6).

Le differenze di altezza media tra le diverse tesi sono sempre molto conte- nute: il valore minimo e quello massimo variano dal 7% a 40 anni dall’im- pianto al 12% a 25 anni. Il valore più alto si riscontra, in tutti gli anni di osservazione, nella Tesi C, quello più basso nella Tesi F.

Si nota però un diverso accrescimento longitudinale dei popolamenti a densità elevata rispetto a quelli più radi, come appare nella Figura 7, che riporta lo sviluppo delle curve ipsometriche alle diverse età per le Tesi A (distanze d’impianto minori) e F (distanze d’impianto maggiori). Nelle piantagioni molto dense, a 15 anni di età, la curva è decisamente più ripida rispetto a quella della Tesi F, con una curva decisamente più piatta. Nella Tesi A, al variare della classe di diametro si osserva una maggiore differen- ziazione dell’altezza delle piante, a conferma della maggiore competizione che si instaura tra i singoli individui. Nelle piantagioni effettuate con

10 15 20 25 30 35

A B C D E F

Tesi

Altezza media (m)

15 anni 25 anni 32 anni 40 anni

Figura 6 – Variazione dell’altezza media alle diverse età.

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distanze d’impianto maggiori, invece, la minore competizione che si deter- mina nei primi anni tra gli individui, fa sì che le piante assumano valori di altezza crescenti all’aumentare del diametro, ma con differenze fra una clas- se e l’altra decisamente inferiori.

Nella Tesi F, solo a partire da 32 anni di età, si osserva una maggiore ripidità della curva ipsometrica, a testimonianza che la competizione e la concorrenza nella ricerca della luce, in piantagioni a densità limitata, si veri- fica più tardi rispetto a popolamenti a densità elevate. Tutto ciò ha conse- guenze molto importanti nella definizione del modulo colturale da applica- re nella gestione di popolamenti con densità diverse. All’interno di queste due situazioni (distanze d’impianto minori e distanze d’impianto maggiori) si collocano le curve ipsometriche delle piantagioni con distanze d’impianto intermedie, tanto più vicine alla Tesi A quanto minore è la distanza d’im- pianto e tanto più prossime alla Tesi F quanto maggiore è la distanza d’im- pianto.

L’altezza dominante supera di poco quella media. All’età di 40 anni è compresa tra un massimo di 34 e un minimo di 30 m. Analogamente a quanto osservato per l’altezza media, i valori non appaiono significativa- mente correlati con la densità, anche se sono tendenzialmente decrescenti con l’aumentare delle distanze d’impianto.

4.5. Area basimetrica

Per quanto riguarda l’area basimetrica, in letteratura si riscontra come, a parità di fertilità, nei popolamenti giovani questo parametro decresce all’au- mentare della distanza d’impianto (B RAMBLE et al., 1949; T HONON , 1963;

H ARMS e C OLLINS , 1965; B ARTOLI , 1971; B ARTOLI e D ECOURT , 1971; LA

M ARCA , 1985).

5 10 15 20 25 30 35 40

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

Diametro a m 1.30 (cm)

Al te z z a ( m )

15 anni 25 anni 32 anni 40 anni Piantagione con sesto di 2 m x 2 m

5 10 15 20 25 30 35 40

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

Diametro a m 1.30 (cm)

Al te z z a ( m )

15 anni 25 anni 32 anni 40 anni Piantagione con sesto di 3 m x 4 m

Figura 7 – Andamento delle curve ipsometriche al crescere dell’età nella tesi A (a sinistra) e F (a destra).

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Nelle piantagioni realizzate a Serra Salinaro, l’area basimetrica presen- ta valori decrescenti all’aumentare delle distanze d’impianto fino a 32 anni di età. A 40 anni dalla piantagione, non è stata trovata alcuna correlazione significativa tra distanza d’impianto e area basimetrica (Figura 8).

Si può notare che all’aumentare dell’età, la correlazione tende a diven- tare sempre più debole, fino a scomparire del tutto a 40 anni di età. A que- sta età il valore più elevato si riscontra nella Tesi B con 72,53 m 2 ha -1 , quello più basso nella Tesi A con 60,61 m 2 ha -1 , nelle altre Tesi varia da 62,07 m 2 a 66,83 m 2 ha -1 . Viene dunque confermato che, in popolamenti giovani, tale parametro è correlato con la densità, mentre all’aumentare dell’età del soprassuolo la correlazione perde di significato.

R

2

= 0,87 R

2

= 0,68 R

2

= 0,49 R

2

= 0,01

15 25 35 45 55 65 75

A B C D E F

Tesi A re a b a s im e tr ic a ad e tt a ro ( m

2

)

15 anni 25 anni 32 anni 40 anni 15 anni 25 anni 32 anni 40 anni

Figura 8 – Valori dell’area basimetrica a ettaro nelle tesi poste a confronto alla stessa età.

4.6. Volume e incremento medio annuo

Il volume manifesta un andamento analogo a quello dell’area basime- trica (Figura 9). È significativamente decrescente con l’aumentare delle distanze di impianto fino a 32 anni di età. Il coefficiente di correlazione, sempre statisticamente significativo al livello probabilistico del 95%, è 0,92 a 15 anni, 0,85 a 25 e 0,75 a 32 anni. Al livello probabilistico del 99%, il coefficiente di correlazione all’età di 32 anni, non è significativo, così come a 40 anni (r = 0,47).

Si può dunque affermare che le differenze di volume esistenti fra

impianti più densi e quelli più radi vanno progressivamente diminuendo con

l’aumentare dell’età. Con densità prossime a quelle usualmente adottate nel

nostro Paese, la produzione totale alla scadenza del turno si presume che non

presenterà significative variazioni in funzione della densità d’impianto.

(13)

A 40 anni di età, comunque, i valori più elevati sono stati osservati nelle Tesi B e C, rispettivamente con 1131 e 1045 m 3 ha -1 , mentre quello più basso è stato riscontrato nella Tesi D con 914 m 3 ha -1 . Interessante è anche il volume riscontrato nella Tesi E, quella con distanza d’impianto maggiore, con 993 m 3 ha -1 .

L’incremento medio annuo, a 40 anni dalla piantagione, presenta valori elevati in tutte le Tesi. Mediamente è 24,7 m 3 ha -1 anno -1 , con differenze stati- sticamente non significative tra le diverse densità d’impianto. Le differenze risultavano, invece, significative nelle precedenti osservazioni (Figura 10).

La Figura 10, inoltre, mette in evidenza come a 15 e a 25 anni dalla messa a dimora, si possono suddividere le Tesi poste a confronto in due

R

2

= 0,85 R

2

= 0,72 R

2

= 0,56 R

2

= 0,22

0 200 400 600 800 1000 1200

A B C D E F

Tesi

V o lu m e a d e tt a ro ( m

3

) 15 anni

25 anni 32 anni 40 anni 15 anni 25 anni 32 anni 40 anni

Figura 9 – Valori del volume a ettaro nelle tesi poste a confronto alla stessa età.

Figura 10 – Variazioni dell’incremento medio annuo di volume nelle tesi poste a confronto.

(14)

gruppi, abbastanza ben definiti: (i) il primo comprendente le Tesi A, B e C, con valori dell’incremento superiori a quelli delle altre tre Tesi con sesti d’impianto più ampi. Inoltre, nell’ambito dei due gruppi, le differenze tra le Tesi erano inferiori nel primo gruppo (Tesi A, B e C), leggermente più ampie nel secondo gruppo (Tesi D, E ed F). Questa distinzione è ben evi- dente fino a 25 anni dalla piantagione; quindi diminuisce a 32 anni fino a scomparire a 40 anni dalla piantagione.

L’incremento medio annuo più elevato si è registrato nella Tesi C, a 40 anni, con 26,1 m 3 ha -1 anno -1 mentre, alla stessa età, quello minimo è stato riscontrato nella Tesi D con 22,9 m 3 ha -1 anno -1 .

5. C ONCLUSIONI

Le esperienze sulla densità di impianto condotte a Serra Salinaro in popolamenti di douglasia interessano un arco temporale di 40 anni. Un periodo, sufficientemente ampio in rapporto ai turni generalmente proposti nel nostro Paese per le piantagioni di douglasia, che consente di individua- re alcune linee di tendenza per quanto riguarda i principali parametri selvi- colturali e dendro-auxometrici in assenza di diradamenti.

Sulla base dei risultati emersi, è evidente come l’adozione di distanze di impianto minori determini perdite per autodiradamento piuttosto eleva- te, la cui prevenzione è legata alla tempestiva e precoce esecuzione delle cure colturali.

L’esecuzione di diradamenti precoci trova un ostacolo nelle ridotte dimensioni degli alberi eliminati, soprattutto quando si adottano interventi di tipo basso e di grado debole. Nel caso di distanze d’impianto maggiori è pos- sibile posticipare l’inizio degli interventi intercalari e utilizzare materiale di maggiore diametro con ricadute positive anche sul prezzo di macchiatico.

L’aspetto negativo legato alla adozione di distanze di impianto mag- giori, come evidenziato da M ENGUZZATO e T ABACCHI (1995), è legato al periodo più lungo durante il quale è indispensabile eseguire le cure coltura- li per assicurare la completa affermazione delle piantine. Infatti, nel caso di piantagioni dense, la chiusura della copertura dovuta all’ampliamento delle chiome delle piante, avviene in tempi relativamente brevi, certamente infe- riori rispetto a quanto avviene nei sesti con distanze d’impianto maggiori.

Mentre può essere sufficiente eseguire le cure colturali per i primi 3-4 anni

dopo la piantagione se le distanze d’impianto sono minori, è necessario

aumentare questo numero di anni anche fino a 10 anni, quando le distanze

d’impianto sono maggiori (M ENGUZZATO e T ABACCHI , 1995). Peraltro, nel

caso della douglasia, la chiusura della chioma tende a eliminare la vegeta-

(15)

zione del sottobosco. Un altro aspetto negativo, relativo all’adozione di distanze d’impianto ampie, è legato alla minore resistenza alla compressio- ne assiale (C ELLINI , 2001).

All’aumentare della distanza d’impianto crescono anche i valori del diametro medio e la distribuzione delle piante in classi di diametro si spo- sta, in modo abbastanza evidente, verso le classi di diametro più elevate.

Inoltre, volendo ottenere piante di grosse dimensioni è necessario adottare sesti e distanze d’impianto piuttosto ampie, con densità inferiori a 1250 piante a ettaro.

La produzione, espressa sia in termini di area basimetrica sia di volu- me, nei primi 30 anni della piantagione, è inversamente proporzionale alla densità del soprassuolo, ma quando le piante sono adulte questa correlazio- ne perde di significato e le differenze si attenuano molto. In termini di massa, le differenze tra il valore massimo (Tesi C) e minimo (Tesi D) che, a 25 anni dalla messa a dimora delle piantine, era pari al 36%, a 40 anni si è ridotta al 13%. Si presume che con il passare degli anni tali differenze ten- deranno progressivamente a ridursi fino ad annullarsi.

SUMMARY

Effects of planting density on Douglas fir stands

Planting scheme to adopt in wood-oriented plantations is an extremely important factor. Planting density has ecological, cultural and economic implications on stand management and different densities have different effects on single plants and the whole stand growth. Density is able to condition the system evolutional dynamics. This study, carried out in Douglas fir stands in Calabria, proposes an evaluation, after 40 years from the planting, of planting scheme density effects on main stand dendro-auxometric parameters. Compared planting densities are six and they range from 2500 to 883 trees/hectare. The right planting distance in plantations has a very important meaning, and it influences in a evident way the hypothetical cultural model for the plantation.

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