– I.F.M. n. 6 anno 2008
LUCA PELLE (***)
EFFETTI DELLA DENSITÀ D’IMPIANTO IN POPOLAMENTI DI DOUGLASIA
Nella realizzazione di impianti di arboricoltura da legno la scelta del sesto d’im- pianto costituisce un elemento di grande importanza. Esso ha implicazioni importanti sulla gestione del soprassuolo dal punto di vista ecologico, colturale ed economico e ne condiziona la dinamica evolutiva. Differenti densità d’impianto hanno effetti diversi sull’accrescimento delle singole piante e del soprassuolo nel suo complesso. Questo studio, condotto in piantagioni di douglasia in Calabria, si è posto l’obiettivo di valutare gli effet- ti della densità di impianto sui principali parametri di interesse dendro-auxometrico del soprassuolo. Le densità d’impianto poste a confronto variano da 2500 a 833 piante a etta- ro. I risultati conseguiti a 40 anni dalla piantagione, evidenziano come la scelta delle distanze d’impianto negli impianti di arboricoltura da legno assume una grande importan- za poiché condiziona il modulo colturale da adottare nella gestione.
Parole chiave: Pseudotsuga menziesii; densità d’impianto; rimboschimenti; moduli colturali.
Keywords: Pseudotsuga menziesii; planting density; afforestation; cultivation modules.
1. P REMESSA
Da diversi anni si rileva un rinnovato crescente interesse per le produ- zioni legnose fuori foresta. Ciò in parte è legato alla disponibilità di terreni agricoli abbandonati, in parte è favorito dalla Politica Agraria Comune (PAC) e dal sistema set-aside che offre la possibilità di usufruire di contributi per la realizzazione di piantagioni con specie legno-cellulosiche destinate alla pro- duzione di biomasse. Oggi, di fronte alla grave crisi energetica che sta interes- sando tutto il mondo con gravi ricadute in termini non solo finanziari ed eco- nomici ma anche ecologici che, appunto per questo, riguardano la qualità
(*) Accademia Italiana di Scienze Forestali.
(**) Dipartimento di Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e il Territorio. Università degli Studi del Molise.
(***) Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agrari e Forestali. Università Mediterranea di Reg-
gio Calabria. Autore corrispondente: Pasquale Marziliano; pasquale.marziliano@unirc.it
della vita, c’è l’esigenza di differenziare le fonti di approvvigionamento di energia. In tale contesto è di fondamentale importanza l’analisi delle possibi- lità di produrre elevate quantità di biomasse legnose e lo studio di idonei moduli colturali al fine di massimizzare la produzione e di contenere i costi.
2. S ESTI E DISTANZE DI IMPIANTO IN ARBORICOLTURA DA LEGNO
In sede di progettazione di impianti di arboricoltura da legno e, più in generale, di rimboschimento, la scelta del sesto e delle distanze di impianto riveste un ruolo particolarmente importante. Un parametro questo che con- diziona gli interventi da attuare durante il ciclo di coltivazione e i costi da sostenere, soprattutto nei primi anni dopo la piantagione. È noto, infatti, che la densità iniziale di una piantagione ha implicazioni di carattere ecolo- gico, colturale ed economico nella gestione del soprassuolo (C IANCIO et al., 1984; LA M ARCA , 1985; M ENGUZZATO e T ABACCHI , 1995).
Oggi, nella realizzazione di impianti destinati sia alla produzione di biomassa sia alla ricostituzione di sistemi forestali, si nota una certa tenden- za ad adottare sesti d’impianto più ampi rispetto al passato, quando l’ado- zione di distanze molto piccole tra le piante era la regola. Ciò era frutto di considerazioni sia di ordine colturale – gli alberi cresciuti in popolamenti densi avevano caratteristiche migliori – sia per una tradizione che proveniva dalla scuola forestale tedesca.
Quando la mano d’opera era abbondante e a buon mercato e il costo delle piantine relativamente basso, questi aspetti hanno portato alla costitu- zione di piantagioni molto dense, mantenute tali anche a età relativamente avanzate. L’assenza di interventi colturali – sfollamenti e diradamenti – tro- vava una giustificazione nel prezzo di macchiatico negativo e nella scarsa richiesta di assortimenti di piccole dimensioni. Questo comportamento ha favorito perdite per autodiradamento, a volte anche estremamente gravi, dovute alla forte concorrenza fra i soggetti, per danni di origine meteorica o per attacchi di patogeni. Ancor oggi non è difficile osservare piantagioni estremamente dense, anche a età avanzate, che presentano una intrinseca debolezza strutturale dovuta alla non applicazione dei diradamenti.
Negli ultimi anni sulla base di considerazioni colturali e finanziarie
legate ai costi del materiale di impianto, alle spese per la messa a dimora,
alla possibilità di effettuare le cure colturali con mezzi meccanici, alla
opportunità di ritardare il primo diradamento in modo da poter utilizzare
piante di maggiori dimensioni, sono stati adottati sesti con distanze d’im-
pianto maggiori. Invero, finora poca considerazione è stata attribuita agli
effetti della densità d’impianto sull’accrescimento delle singole piante e del
soprassuolo e sulle condizioni ecologiche che si determinano sotto copertu- ra con il relativo condizionamento sull’evoluzione della piantagione (M EN -
GUZZATO e T ABACCHI , 1995; C ANTORE e I OVINO , 1998).
In campo forestale, in merito alle problematiche legate ai sesti e alle distanze di impianto in genere e, in particolare, a quelle da adottare nelle piantagioni di douglasia (Pseudotsuga menziesii (Mirb) F RANCO , var. men- ziesii), le esperienze condotte sono piuttosto limitate. Si ricordano le espe- rienze iniziate da C IANCIO sulla Catena Costiera in Calabria (C IANCIO et al., 1984) e proseguite da M ENGUZZATO e T ABACCHI , (1995) che illustrano i risultati conseguiti a 15 e a 25 anni dall’impianto nelle piantagioni oggetto di questo studio e quelle di LA M ARCA (1985) che riferisce su piantagioni sempre di douglasia in Toscana.
Il presente lavoro rappresenta un continuum delle osservazioni fatte da C IANCIO et al. (1984) e da M ENGUZZATO e T ABACCHI (1995) e si propone di valutare gli effetti che la densità di impianto ha sui principali parametri di interesse dendrometrico e sull’accrescimento del soprassuolo nel suo complesso a distanza di 40 anni dalla piantagione.
Si sottolinea come a tutt’oggi in Italia non esistano sperimentazioni su questo aspetto che coprano un periodo di tempo così lungo. In questo senso il presente studio rappresenta un contributo per una migliore e più approfondita comprensione delle dinamiche evolutive che avvengono nelle piantagioni di douglasia a diverso sesto e densità d’impianto.
3. M ATERIALI E METODO
Lo studio è stato condotto in Calabria, sul versante occidentale della Catena Costiera, in località Serra Salinaro in Comune di Fuscaldo, provin- cia di Cosenza, a 900-1000 m di quota. Per quanto riguarda le caratteristi- che della stazione, le modalità di impianto e le caratteristiche selvicolturali e dendro-auxometriche dei soprassuoli alle diverse età, si rimanda agli studi condotti da C IANCIO et al., (1984), M ENGUZZATO e T ABACCHI (1995) e C AN -
TORE e I OVINO (1998).
Si ricordano gli aspetti principali della sperimentazione. Sono state analizzate sei piantagioni di douglasia, con densità di impianto variabili da 2500 a 833 piante a ettaro. Ciascuna tesi era rappresentata da una area di grandi dimensioni, 5000 m 2 , senza ripetizioni, all’interno della quale è stata delimitata una parcella di 900 m 2 , dove sono stati condotti i rilievi per defi- nire le caratteristiche dendrometriche delle singole piante e del soprassuolo nel suo complesso.
Le piante di ogni area di saggio sono state numerate con vernice inde-
lebile, per cui è possibile conoscere l’accrescimento di ciascuna di esse. Di ognuna sono stati misurati a petto d’uomo i due diametri ortogonali e l’al- tezza totale.
I rilievi, iniziati nel 1982, sono stati ripetuti, con le stesse modalità, nel 1992, 1999 e 2007, a distanza di 15, 25, 32 e 40 anni dalla piantagione. All’in- terno delle singole parcelle gli interventi colturali sono stati limitati alla sola asportazione, per ragioni fitosanitarie, delle piante morte o secche in piedi.
Le tesi poste a confronto sono state:
Tesi A - sesto in quadro, 2500 piante a ettaro con distanze di impianto di m 2 x 2 m;
Tesi B - sesto a rettangolo, 2000 piante a ettaro con distanze di impianto di m 2 x 2,5 m;
Tesi C - sesto a rettangolo, 1667 piante a ettaro con distanze di impianto di m 2 x 3 m;
Tesi D - sesto a rettangolo, 1250 piante a ettaro con distanze di impianto di m 2 x 4 m;
Tesi E - sesto a rettangolo, 1000 piante a ettaro con distanze di impianto di m 2,5 x 4 m;
Tesi F - sesto a rettangolo, 833 piante a ettaro con distanze di impianto di m 3 x 4 m.
Per ognuna di queste tesi è stato così possibile avere informazioni sulla mortalità, sulla distribuzione delle piante in classi di diametro, sul dia- metro medio e dominante, sull’altezza media e dominante e sulla produzio- ne legnosa che è possibile ottenere in assenza di diradamenti. Per la cubatu- ra delle piante e del soprasuolo è stata utilizzata la tavola generale a doppia entrata dell’Inventario Forestale Nazionale (1985).
4. R ISULTATI DOPO QUARANTA ANNI
4.1. Mortalità
Nella Tabella 1 sono riportate le osservazioni effettuate nel 2007 e i risultati delle elaborazioni, oltre ai rilievi effettuati in precedenza.
C IANCIO et al. (1984) avevano evidenziato come a 15 anni dall’impianto, la densità aveva avuto un effetto significativo sull’accrescimento del diametro e sulla produzione complessiva, mentre la mortalità sembrava non risentire delle differenti condizioni di densità. Infatti, non si era evidenziata alcuna relazione statisticamente significativa tra mortalità e densità d’impianto.
M ENGUZZATO e T ABACCHI (1995), a 25 anni dall’impianto, hanno
riscontrato che la mortalità era influenzata dalla densità e decresceva, in
modo evidente, con l’aumentare delle distanze d’impianto.
Nel 2007, a 40 anni dalla piantagione, tale indicazione è confermata:
la densità determina una diversa entità di mortalità. La Figura 1 evidenzia l’andamento della mortalità cumulata registrata nelle varie tesi fino all’età di 40 anni. I valori più elevati, con il 62% delle piante morte rispetto a quelle messe a dimora, si osservano nella tesi A dove la densità era massima. Nelle altre tesi sono stati registrati valori significativamente più bassi: 45% di piante morte nella Tesi C, 37% nella Tesi B e D e il 19 e 20%, rispettiva- mente, nelle Tesi E ed F.
È interessante osservare l’andamento della mortalità registrata nella Tesi F, quella con distanze d’impianto più ampie, nella quale la mortalità è avvenuta per la quasi totalità nei primi 15 anni. In seguito, le perdite sono state di entità assolutamente trascurabile (Figura 1). Nelle rimanenti tesi, invece, la mortalità presenta un andamento crescente con l’età.
Un altro aspetto interessante è quello riscontrato a 15 anni di età,
Tabella 1 – Principali parametri dendrometrici relativi ai sei popolamenti esaminati.
ADS Anno Età N. piante Mortalità Mortalità G DG H med Vol ad ettaro annuale (m
2) (cm) (m) (m
3)
A 1982 15 1989 20% 20% 32,04 14,3 12,5 239,00
A 1992 25 1634 35% 18% 49,83 19,7 19,9 579,18
A 1999 32 1333 47% 18% 56,27 23,2 24,0 760,81
A 2007 40 946 62% 29% 60,61 28,5 29,4 975,39
B 1982 15 1860 7% 7% 32,76 15,0 12,2 234,23
B 1992 25 1699 15% 9% 54,86 20,3 19,2 600,21
B 1999 32 1398 30% 18% 60,35 23,4 23,8 799,31
B 2007 40 1280 36% 8% 72,53 26,9 28,6 1131,38
C 1982 15 1538 8% 8% 31,92 16,2 13,1 242,11
C 1992 25 1409 16% 8% 51,53 21,6 21,4 628,94
C 1999 32 1151 31% 18% 57,44 25,2 25,6 809,58
C 2007 40 925 45% 20% 65,71 30,1 29,8 1045,46
D 1982 15 1122 10% 10% 24,37 16,6 11,9 166,23
D 1992 25 1056 16% 6% 44,63 23,2 19,9 492,30
D 1999 32 900 28% 15% 51,55 27,0 23,4 649,57
D 2007 40 778 38% 14% 62,07 31,9 28,2 913,90
E 1982 15 967 3% 3% 23,38 17,5 11,8 155,47
E 1992 25 933 7% 3% 45,79 25,0 19,5 487,33
E 1999 32 889 11% 5% 55,10 28,1 23,7 696,00
E 2007 40 811 19% 9% 66,26 32,2 28,6 992,55
F 1982 15 689 17% 17% 20,12 19,3 11,8 130,02
F 1992 25 689 17% 0% 41,24 27,6 19,0 410,99
F 1999 32 678 19% 2% 51,67 31,1 24,4 654,81
F 2007 40 667 20% 2% 66,83 35,7 27,9 947,62
quando i valori di mortalità più elevati sono stati rilevati nella tesi a maggio- re densità (Tesi A con il 20% di piante morte) e in quella a minore densità (Tesi F con il 17%).
Per quanto riguarda la mortalità, sulla base delle analisi effettuate e dei risultati conseguiti a 40 anni dall’impianto, è possibile raggruppare le 6 tesi in 3 gruppi omogenei: il primo gruppo, rappresentato dalla tesi A, è caratterizzato da una mortalità piuttosto elevata; il secondo, formato dalle Tesi B, C e D, presenta una mortalità più contenuta; il terzo, con i valori di mortalità inferiori, è composto dalle Tesi E ed F. (Figura 1).
Nella Figura 2 è riportato l’andamento della mortalità registrata in occasione dei rilievi rispetto alla densità del periodo immediatamente pre- cedente. Dall’esame dei grafici emergono differenze alle varie età del soprassuolo. In particolare, per la Tesi A i periodi maggiormente critici sono stati: (i) i primi 15 anni dell’impianto – 20% di individui morti rispet- to al numero di piante messe a dimora; (ii) il periodo compreso tra 32 e 40 anni dalla piantagione – 29% di individui morti rispetto al numero di pian- te presenti a 32 anni.
Un periodo critico per quasi tutte le tesi, a eccezione della E e F, ossia quelle con distanze d’impianto maggiori, è stato quello compreso tra 25 e 32 anni di età quando la mortalità è stata, mediamente, del 17%, contro il 10% osservato nel periodo immediatamente precedente e l’11% nei primi 15 anni. In tutti i casi, le piante maggiormente interessate dalla mortalità sono state quelle di minori dimensioni.
A 40 anni dalla piantagione la densità più elevata si registra nella Tesi B con 1280 piante a ettaro, superiore del 26% rispetto alla Tesi A.
Figura 1 – Andamento della mortalità in funzione dell’età.
4.2. Distribuzione delle piante in classi di diametro
La distribuzione delle piante in classi di diametro presenta un anda- mento a campana per tutte le tesi e per tutti i periodi considerati, con evi- denti differenze tra le tesi alle diverse età (Figura 3). Nell’insieme, all’au- mentare delle distanze d’impianto si ha uno spostamento della seriazione dei diametri verso le classi diametriche superiori.
Nella Tesi A, a 15 anni di età, la forma della distribuzione era tenden- zialmente mesocurtica. A seguito di ciò, la distribuzione delle piante in clas- si di diametro presenta un andamento fortemente appiattito, con code molto lunghe. Ne è testimonianza il valore della deviazione standard (7,27 cm), di gran lunga superiore ai valori di deviazione standard, riferiti al 2007, per le altre Tesi. A partire dal 1992 (a 25 anni dall’impianto), è evi- dente una forte asimmetria sinistra, presente anche nel 1999, mentre si atte- nua leggermente nel 2007. Questo andamento sta a indicare una forte con- correnza tra gli individui che, con il passare degli anni, ha portato la popo- lazione ad avere una forma fortemente platicurtica.
La Tesi B presenta problemi di asimmetria sinistra a partire dal 1999, che si accentuano maggiormente nel 2007, quando la concorrenza tra gli individui diventa molto forte. Non sono presenti invece particolari forme per quanto riguarda la curtosi.
La Tesi C presenta un andamento lievemente asimmetrico sinistro nei diversi anni, mentre per quanto riguarda la curtosi non è stata osservata alcuna tendenza particolare, anche se è evidente una certa propensione verso forme platicurtiche.
Nelle Tesi D, E e F le tendenze osservate nelle tre precedenti Tesi
Figura 2 – Variazioni della mortalità rispetto al periodo immediatamente precedente.
caratterizzate da distanze d’impianto minori, appaiono opposte. Infatti, in queste Tesi la forma delle curve di distribuzione dei diametri è tendenzial- mente simmetrica, con una lieve tendenza verso l’asimmetria destra, più accentuata nella Tesi D e quasi assente nella F. Anche per quanto riguarda la curtosi non si palesano andamenti particolari. Questo fatto sta a indicare che, finora, nei popolamenti a distanze d’impianto maggiori, i fenomeni di concorrenza tra gli individui sono molto meno significativi rispetto a quelli che si hanno nelle tesi a densità più elevata.
4.3. Diametro medio e diametro dominante
Il diametro medio, calcolato a partire dall’area basimetrica, come atte- so, è significativamente correlato con le distanze d’impianto e aumenta al crescere dello spazio a disposizione di ciascuna pianta (Figura 4). A 40 anni
0 200 400 600 800 1000 1200
0 10 20 30 40 50
Diametro a m 1.30 (cm)
N u m e ro p ian te a d et ta ro
15 anni 25 anni 32 anni 40 anni
TESI A
0 200 400 600 800 1000 1200 1400
0 10 20 30 40 50 60
Diametro a m 1.30 (cm)
N u m e ro p ian te ad e tt a ro
15 anni 25 anni 32 anni 40 anni
TESI B
0 200 400 600 800 1000
0 10 20 30 40 50
Diametro a m 1.30 (cm)
N u m e ro p ian te ad e tt a ro
15 Anni 25 anni 32 anni 40 anni
TESI C
0 100 200 300 400 500 600
0 10 20 30 40 50
Diametro a m 1.30 (cm)
N u m e ro p ian te ad e tt a ro
15 anni 25 anni 32 anni 40 anni
TESI D
0 100 200 300 400 500 600
0 10 20 30 40 50
Diametro a m 1.30 (cm)
N u m e ro p ian te ad e tta ro
15 anni 25 anni 32 anni 40 anni
TESI E
0 100 200 300 400 500
0 10 20 30 40 50
Diametro a m 1.30 (cm)
N u me ro p ia n te a d e tt a ro
15 anni 25 anni 32 anni 40 anni