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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.19 (1892) n.924, 17 gennaio

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, F I N A N Z A , COMMERCIO, B A N C H I , F E R R O V I E , I N T E R E S S I P R I V A T I

Anno

XIX - Voi. XXII! Domenica 17 Gennaio 1892 N. 924

|j DISTRIBUZIONE DEGLI UTILI DEGLI ISTITUTI DI CREDITO

N e l l ' u l t i m o nostro n u m e r o parlando del bilancio del Mobiliare e facendo di esso una imparziale a u a -lisi, abbiamo terminato il nostro articolo con queste parole : « È noto che molto fa discusso in queste ultime settimane, se nelle attuali condizioni non fosse stato più prudente che g l i Istituti, e fra gli altri il Mobiliare, avessero aumentate o mantenute le loro riserve non distribuendo gli interessi. È argomento degno di studio e ci riserviamo di esporre in p r o posito alcune considerazioni. » E d eccoci ora a m a n -tenere la nostra promessa.

Prima di tutto premettiamo u n principio : — g l i utili, secondo la tassativa disposizione del codice di commercio, non possono essere distribuiti se non ci sono effettivamente; q u i n d i non si può discutere se e quanto o quando si debbano dare interessi o d i -videndi quando non vi sieno; a ciò si oppone la legge. Se non che la legge,non determinando i modi coi q u a l i può essere stimata la consistenza patrimoniale di u n Istituto, specie se questo patrimonio sia in maggior parte di valori, parve mi alcuno che la questione della distribuzione degli utin si invertisse i n quest'altra : debbono gli amministratori nell'apprezzamento che fanno dei valori, tener conto della convenienza d i di-stribuire gli interessi ed i d i v i d e n d i ?

Ci occorre appena dichiarare che la nostra risposta è negativa. N o i crediamo che gli A m m i n i s t r a t o r i di u n Istituto abbiano il diritto ed il dovere, quando gli Istituti non prescrivono a l t r i m e n t i , di valutare il portafoglio titoli nel modo, che è loro dettato da una cosciente e prudente stima, senza preoccuparsi però minimamente se e (pianto da questa valutazione r i -sulterà possibile pagare i dividendi e gli interessi agli azionisti.

Su questi due punti, adunque, da parte nostra nes-sun dubbio può s o r g e r e : — gli utili non si possono distribuire se non quando si sono c o n s e g u i l i , e la valutazione del patrimonio, specie patrimonio in t i t o l i ; deve esser fatta indipendentemente da ogni conside-razione sulla distribuzione di interessi e dividendi. In u n precedente articolo abbiamo esposte alcune considerazioni che abbiamo visto condivise da molti uomini d i finanza, circa il modo d i valutare i titoli, quindi da questo lato la questione diventa s e m p l i -cissima e riguarda soltanto la sincerità del bilancio e delle cifre, che i n esso sono esposte. Nel caso del mobiliare, abbiamo visto dal bilancio che g l i utili fu-rono distribuiti prelevando la somma occorrente dalla riserva e q u i n d i nulla abbiamo da osservare.

Se n o n che coloro, i q u a l i posero la questione della distribuzione degli u t i l i , non alludevano a que-sti p u n t i testò enunciati, e piuttosto intendevano sollevare una questione di alta economia degli Istituti.

Ammesso — essi dicevano — che gli utili esi-stano in fatto, ammesso che la valutazione dei titoli sia stata fatta con coscienza e prudenza, non sa-rebbe stato conveniente, i n vista delle particolari cir-costanze nelle quali oggi si trova Ssmereato, di non distribuire per due, tre o quattro semestri nessun interesse e dividendo, e consacrare le somme rela-tive ad accrescere le riserve, o ricostituirle, se sono già state consumale, od a minorare le p e r d i t e , se perdite ancora esistono ? E non occorre dirlo, la que-stione così posta riveste una grande importanza e va esaminata sotto tutti i suoi molteplici aspetti.

I n via generale noi crediamo che u n Consiglio di A m m i n i s t r a z i o n e n o n debba arrogarsi il compito d i fare da Cassa di risparmio degli azionisti, i q u a l i sono i padroni, e q u i n d i non hanno, nè deb-bono avere bisogno di tutela. Se I' azionista crede che non sia prudente u s u f r u i r e dell'utile al di là d i una certa cifra, se teme che i n u n prossimo pe-riodo l'utile potrà essere m i n o r e , egli — che, ripe-tiamo, ha la funzione, almeno giuridicamente, d i sovrano — pensi a risparmiare l'utile che ha rice-v u t o o quella parte di u t i l e che crede eccessirice-va.

Potrà saggiamente d i m i n u i r e le oscillazioni, n o n consumando i lauti dividendi degli anni b u o n i , e servendosi di questi utili risparmiati,negli anni cattivi. Il c o m p i t o d e l l ' A m m i n i s t r a z i o n e — specie di q u e -g l i I s t i t u t i che hanno ma-g-giore il carattere della alcatorietà — non può essere quello di esercitare u n ufficio di tutela sugli azioVisti.

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34 L' E C O N O M I S T A 17 gennaio 1SS 2 L a discussione però è sorla per le condizioni

spe-cialissime, nelle quali si trova il mercato e nelle quali si trovano molti Istituti di credito ; sono v a r i anni o r m a i che i loro bilanci si chiudono con una perdita effettiva, perchè i profitti conseguiti dall'eser-cizio non compensano che in piccola parte le perdile che hanno subito i valori o le proprietà che costi-tuiscono il loro portafoglio. Perciò fu necessario pre-levare la somma degli interessi o dividendi alle azioni, dalle riserve, le quali andarono a mano a mano affievolendosi fino a ridursi quasi a zero. In questo stato di cose era opportuno'sospendere il pagamento di ogni interesse agli azionisti per ricostituire le r i -serve?

Dicono alcuni : — sarebbe stata utile misura, in quantoohè, non solamente si avrebbe avuto maggiore capitale disponibile, non solamente si avrebbe avuto il mezzo per far fronte ad ulteriori perdite avve-nire — se mai si verificassero — m a , ciò che più monta, si sarebbe rinforzata la situazione degli Isti-tuti, il pubblico ne avrebbe fatto migliore apprezzamento e sul mercato si avrebbero avute più alte q u o -tazioni.

E non v i ha alcun dubbio che tali osservazioni sono giuste e meritano tutta I' attenzione ; noi stessi saremmo inclinati ad appoggiare u n sistema che se è alquanto radicale, è però di effetto sicuro, e di incon-testato utile per la azienda. Se non che ci si affac-ciano alcune obbiezioni, che non mancano certo di pesò.'Tra i detento-i dei titoli, molti ve ne sono che contano almeno sull'interesse normale e che dall'inte-resse sulle azioni traggono più o meno parzialmente i mezzi per vivere; a che cosa si costringerebbero questi detentori, quando si sospendesse il pagamento dell'in-teresse ? — Evidentemente dovrebbero colla vendita d i una parte delle azioni procurarsi quel denaro che viene loro a mancare colla cessata distribuzione del-l'interesse. Si avrebbe quindi più o meno larga una perturbazione nel valore dei titoli, per effetto delle vendite forzate, proprio nel momento i n cui già altre cause vengono a turbare questo valore.

S i afferma, ed è giusto, che anche la distribu-zione degli interessi, prelevando i fondi della riserva, è una diminuzione del capitale rlegli azionisti, perchè le riserve appartengono appunto agli azionisti e co-stituiscono Una parte del valore della azione, ma conviene tener conto dell' elemento psicologico che è molto importante. L'azionista che vede d i m i n u i r e la riserva dell'Istituto di cui detiene le azioni, non crede e non può credere che questa diminuzione della riserva equivalga ad una diminuzione del va-lore delle azioni e peggio che questa diminuzione del valore rappresenti poi i n fondo una diminuzione nel n u m e r o delle azioni. Si sa benissimo, che l'azionista, finché rimane possessore di titoli che hanno subito un deprezzamento sul mercato, spera sempre, a ragione od a torto, di veder ritornati gli antichi prezzi, ed è per questo che molti hanno u n attaccamento speciale per certi valori sui quali pure hanno perduto delle egregie somme. Non vale il dire che appunto perchè hanno perduto t a n t o , mostrano di non essere titoli s i c u r i ; l'azionista — non l ' u o m o di borsa o di affari — suol rispondere: appunto perchè hanno perduto molto si ha meno da temere e più da sperare nel recupero delle somme già sacrificate.

E per di più va notato che, certo con non lodevole procedimento,.ma d'altra parte con molta frequen-za, gli azionisti — esclusi sempre gli u o m i n i di

af-fari — non sogliono portare a perdita patrimoniale il m i n o r valore dei titoli, nei quali hanno impiegalo parte del loro patrimonio, se non quando, abbiano bisogno di vendere questi lito'i e quindi di incon-trare materialmente la perdita. Per solito è il numero dei tìtoli che sta loro presente, e molti detentori di azioni non seguono nemmeno con bastante solleci-tudine le oscillazioni dei valori.

Per le quali considerazioni pare a noi che per ri-solvere la questione occorre fare una distinzione.

Se si tratta di u n Istituto le cui azioni sono con-ce irate in poche mani di uomini di finanza o di altri Stabilimenti, la sospensione d* interesse eviden-temente Ita u n carattere affatto particolare, poiché i detentori possono facilmente intendersi sulla c o n -venienza o no di tale sospensione ;

ma se si tratta di un Istituto, le cui azioni sieno abbastanza diffuse fra il pubblico, la misura sembra a noi grave e pericolosa per il credito del titolo, tanto più grave e pericolosa quanto più la diffusione presso il pubblico a piccole partite lasci credere che si tratta di u n impiego dì molti piccoli patrimoni. E crediamo che appunto si colleghi a questi con-celti la disposizione che si incontra in molti statuti che le prelevazioni dalla riserva sieno lasciate in arbitrio della Amministrazione quando si tratti di

rendere meno oscillanti i dividendi, ed a fortiori

gli interessi.

Del resto, non avendo inteso qui che di esprimere considerazioni più che conclusioni, sopra u n argomento delicatissimo, ci d o m a n d i a m o : — gli A m m i -nistratori prima di distribuire interessi o dividendi prelevandoli dalla riserva non farebbero bene a sen-tire gli azionisti esponendo loro il parere dell'Am-ministrazione? — Perchè vi sono le Assemblee straordinarie?

E ritorniamo q u i n d i nell'antico nostro concetto che una maggior frequenza di rapporti tra A m m i n i s t r a -tori ed azionisti sarebbe sotto tutti gli aspetti van-taggiosa.

Il trattato con la Germania e i vini italiani

La relazione dell'on. Ellena, sul trattato di c o m -mercio che sta per essere discusso in Parlamento, difende a lungo, e sotto Varii aspetti, il trattamento fatto ai vini italiani, e segnatamente quello fatto ai v i n i da taglio. In particolare vediamo 1' on. Ellena sforzarsi a dimostrare, che siano state infondate le proteste di coloro, che hanno qualificato un errore colossale la clausola per cui si ritengono v i n i da taglio, e quindi godenti la tariffa di favore di IO mar-chi, i vini che hanno 2 8 g r a m m i di estratto secco, e 12 gradi di alcool al litro. Costoro asserivano, che solo u n decimo della produzione delle Puglie, della Basilicata, della Sicilia, ha 28 g r a m m i di estratto secco, e che perciò — anche prescindendo da parecchie al-tre considerazioni svolte nel N. 920 di questo Gior-nale, il trattato da questo lato era un aborto. G.ova ritornare sull'argomento, in considerazione della sua speciale importanza, e giova mostrare, i n conside-razione della meritata stima di cui gode l'on. E lena in Parlamento, come la mancanza di pratica

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an-che un u o m o an-che, come l u i , di proposilo e sincera-mente ha v o l u t e studiare l'argomento.

Premettiamo una notizia tecnica per il p u b b l i c o che di v i n i n o n si è mai o c c u p i l o .

Quando si parla di estratto secco contenute da u n c i n o , ci sono due m o d i di i n t e n d e r l o : 1° in commercio, e volgarmente, 1' estratto secco contenuto da u n v i n o si misura con I* enoharometro H o u -dart. Allora passa per estratio secco pure il glicosio, che i vini giovanissimi contengono in quantità no-tevole ; glicosio che si trasforma dipoi in alcool e

acido carbonico.

Quando invece si parla di estratto secco in base ad una analisi chimica, resta escluso il glicosio.

Quindi, le misurazioni di estratto secco fatte con L'enoharometro Houdart danno sempre cifre SUPERIORI

a (jnelle che dà l'analisi c h i m i c a .

Q u sto fatto appare non solo ignorato dall'oli. Ellena, ma inteso p r o p r i o a rovescio ! E g l i scrive, in fatti, che il direttore della cantina sperimentale di B i r -letla ha esaminato 41 c a m p i o n i di vino con I' eun-barometro H o u d a r t e trovato g r a m m i 3 0 . 1 2 di estratto secco, e poi s o g g i u n g e : « Questo s t r u m e n t o (l'enoliarometro) dà sempre r i s u l t a l i sensibilmente

inferiori a quelli che si ottengono con I' e v a p o r a

-zione a 100 g r a d i Celsius, come è stato dimostrato dai sigg. N . G a y o n , Gli. Blarez ed E . D o u h o u r g nel Buìlelin d u Ministère de l ' a g r i c u l t u r e de F r a n c o , année 1888. »

O r bene, la faccenda sta semplicemente così : Se voi esaminate u n v i n o giovane, carico ancora di glicosio, con l'enobarometro, registrerete per estratto secco anche il glicosio, oltre il vero estratto secco;

e l'analisi c h i m i c a , cioè l'evaporazione a 1 0 0 g r a d i Celsius vi darà sempre cifre minori di quelle d e l

-l'Houdart. Ma se voi pigliate un vecchio vino francese, che non ha più glicosio, tanto l ' H o u d a r t come

l'ana-lisi per evaporazione non m i s u r e r a n n o e n t r a m b i altro che del vero estratto secco, e cioè l ' H o u d a r t farà la

cosa approssimativamente c l ' a n a l i s i la farà esatta-mente ! Se m i sono spiegato, emerge c h i a r o il qui prò quo dell'on. Ellena.

O r bene, premesso che I' estratto secco, che d o -v r a n n o possedere i nostri -v i n i per essere classificati come v i n i da taglio, e per pagare solo 1 0 m a r c h i , sia l'estratto secco vero, n o n quale misurasi con l'enobaromelro H o u d a r t , ma quale l'accerta l'analisi chimica, a fortiori, è p i ù che certo che non siamo in

grado di far passare sotto la voce di v i n o da taglio i 9 / 1 0 della nostra produzione pugliese.

Per asserire ciò mi fondo in p r i m o luogo, n o n già su 41 analisi, come quelle di Barletta che cita l'on. E l l e n a , e che v e d r e m o poi cosa dicano, ma su molte e molte centinaia di analisi, fatte negli u l

timi 5 anni nel laboratorio c h i m i c o della I L Scuola Superiore di C o m m e r c i o in B a r i ; e m i fondo sul parere di quante mai sono le p i ù g r a n d i case c o m -merciali delle Puglie ; mi baso ancora sul voto del comizio di p r o p r i e t a r i e di c o m m e r c i a n t i convocato dal Sindaco di Barletta nella p r i m a domenica di g ' n n a i o , e sul parere della Camera . d i C o m m e r c i o di Lecce, che si è potuto leggere in questi g i o r n i in tutti i g i o r n a l i dell'Italia m e r i d i o n a l e , nonché sul voto del Comizio di A g r i c o l t o r i radunato a B o m a dal Conte Giusso, e, last not least, s u l l ' i n f e r n o

sca-tenatosi alla Camera di C o m m e r c i o di B a r i quando si seppe quale houlette aveva fatto il suo Presidente,

cav. Poggiano.

I m p e r o c c h é , l'on. Ellena porta in difesa della bontà della clausola che proscrive 2 8 g r a m m i di estratto secco « l ' o p i n i o n e della Camera d i C o m m e r c i o di B a r ' . » « Essa, i n fatti, con telegramma 2 2 ago-« sto 9 1 e con lettera del 2 settembre successivo, « chiese si considerassero come v i n i da taglio q u e l l i « in cui l ' e s t r a t t o secco ascende a 3 0 g r a m m i « per litro. » Il fatto vero è alquanto diverso, e sta così : Il Presidente della Camera di C o m m e r c i o , cav, Boggiano, interrogalo dal Governo affinchè sug-gerisse un c r i t e r i o d i s t i n t i v o dei v i n i da taglio, telegrafò p r i m a , e poi scrisse, come riferisce l'on. E l -lena, ma senza consultare menomamente la Camera,

la quale seppe tardi l ' e r r o r e in cui era caduto il Boggiano, e sollevò allora u n finimondo di proteste che ancora d u r a n o e d u r e r a n n o u n pezzo! È deplorevole che il Presidente della Camera di C o m -mercio di Bari sia caduto in tale e r r o r e , e il fatto basta a discolpare il G o v e r n o di averlo seguito, per mezzo dei suoi negoziatori, i n questo e r r o r e *). Ma è assai p i ù deplorevole, che ora si voglia ne-gare l ' e r r o r e , invece di correggerlo, e che si cer-chi di nasconderlo dinanzi a coloro che non sono del mestiere, poggiandosi sulla Camera di C o m -m e r c i o , che non c' entra, citando a sproposito il

Bulletin du Ministère de l'agricolture de France,

e portando sul campo di battaglia i pareri di diret-tori di cantine sperimentali, che, o dicono q u e l l o che si fa loro dire, o dicono coso che non hanno che fare con l'argomento che qui si discute.

V e d i a m o l i questi pareri !

Ed in p r i m o luogo si tengano presenti due fatti, perchè il t r a s c u r a r l i porta a pigliare lucciole per lanterne.

L e analisi di v i n i che si fanno dalle cantine sperimentali sono SPESSISSIMO analisi di c a m p i o n i

presentali a fiere enologiche, in occasione di con-corsi e « partite scelte. » Nelle fiere enologiche, nelle esposizioni, nei concorsi, ecc., i p r o p r i e t a r i , e tal-volta anche le ditte c o m m e r c i a l i , esibiscono c a m p i o n i eccezionali, cioè presentano delle botti di vino che non si trova in commercio. Si tratta di farsi u n nome, di

ottenere una classifica o u n p r e m i o e si fa cosa che n o t o r i a m e n t e non ha nessun valore c o m m e r c i a l e . E ciò spiega i l poco utile pratico di quelle gare. O r bene, se le cantine si f o r m a n o il loro giudizio sui c a m p i o n i esposti, questo giudizio n o n ha che u n v a -lore m o l t o r e l a t i v o . Ci sono dappertutto dei grande

crus. M a , quando parliamo, d i v i n i d i Cerignola, per

pigliare u n esempio concreto, parliamo di 8 0 0 , 0 0 0 e t t o l i t r i !! E Cerignola n o n sono le Puglie ! E p p u r e Cerignola produce da sola 7 volte p i ù vino di quello che ne andrà in G e r m a n i a . Ora, che su di u n mezzo m i l i o n e d i e t t o l i t r i , e d i c i a m o pure su di u n terzo di m i l i o n e di ettolitri, v i siano 4 1 partite analizzate dalla cantina sperimentale di Barletta con 5 0 . 1 2 g r a m m i di estratto secco, m i s u r a t o con l ' H o u d a r t , cioè con glicosio, ma chi m a i si sognerebbe di negarlo ! Cosa sono i 3 0 . 1 2 g r a m m i dì estratto secco, m i s u r a t o con l ' H o u d a r t , in v i n i g i o v a n i ? Ma sono precisamente v i n i non esportabili ai t e r m i n i

' ) F a c c i a m o su questo p u n t o le nostre riserve per-chè l a discussione sui v i n i d u r a da p i ù a n n i , ed è i n c o n c e p i b i l e che i l G o v e r n o per f a r s i u n concetto c h i a r o del l i m i t e d e l l ' e s t r a t t o secco n o n a b b i a saputo escogitare n u l l a d i m e g l i o che u n t e l e g r a m m a del Presidente d i u n a C a m e r a d i Commercio.

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del trattato, perchè quei 3 0 . 1 2 gradi d i estratto secco, analizzati chimicamente dalla dogana tedesca, o an-che coli' H o u d a r t , dopo qualan-che mesetto, non avranno che 26 grammi di estratto secco vero.

Ho troppa stima d e l l ' e g r e g i o giovane, che d i r i g e la cantina sperimentale d i Barletta, per poter c r e -dere che egli pensi e dica diversamente. R i p e t o : accetto i 3 0 . 4 2 g r a m m i misurati coll'Houdart i n 4 1 p a r t i t e ; e d i c o : non si poteva confermare meglio la nostra tesi, perchè questi saranno 20 g r a m m i

quando il vino invecchia, o anche sono 2 6 lui da ora se si fa l'analisi. E sono 41 partite !

Il secondo fatto che bisogua tener presente è que-sto : P on. Elleno ripetutamente a v v e r t e , che tra ì

vini esaminali c' erano dei vini da pasto, e non da

t a g l i o ; che, a l t r i m e n t i , le analisi avrebbero date una media superiore A quella trovata di estratto secco. U r

bene, il bello è questo: che tutti i v i n i delle Puglie

sono v i n i da taglio, in senso tecnico, cioè, v i n i per miscele. N o n sarebbe serio infatti parlare di v i n o da pasto a proposito di v i n i d i cui la forza alcoobca si aggira tra 12 e 1 3 gradi e di cui l'estratto secco, i n v i n i ben formati, e posatisi, si aggira tra 2 0 e 3 4 g r a m m i con 1 / 1 0 della partita intiera tra 2 8 e 34. Accade di trovare delle partite, che raggiungono ì 5 8 " f a m m i e anche i 42, sovra cariche di glicosio, che, anche esse, si r i d u c o n o poi a 3 3 g r a m m i quando il glicosio si è trasformato. N o n esiste perciò u n c o m m e r c i o d i vino da pasto dalle Puglie, finché t r a t

-tasi di vino cresciuto in Puglia; e il saper fabbricare

in Puglia eccellenti v i n i da pasto, con tagli d i v i n i napoletani, è un altro discorso.

E p o t r e m m o ancora r i c h i a m a r e l'attenzione su di un terzo fatto, che concorre a determinare il valore da a t t r i b u i r s i spesso ai pareri delle cantine speri-mentali. C o n intenti p a t r i o t t i c i , cioè per procurare ai nostri v i n i u n collocamento all' estero , dopo la rottura delle relazioni c o m m e r c i a l i con la F r a n c i a , le cantine sperimentali hanno p i ù volte creduto di far bene esagerando le qualità d e l nostri v i n i , Si sono strombazzate queste qualità ovunque e il G o verno ha impiantato una specie d i rete di spacci u f -ficiali di v i n o all'estero. Si è fatto più u n l a v o r o d i réclame, con ottime intenzioni, che uno studio c h i -mico dei nostri v i n i . E come oggi è preso a sassate chi non essendo soddisfatto della situazione finanziaria del paese si permette di dirlo, così allora, e anche adesso, u n direttore di cantina sperimentale ha obbligo di ben conoscere il p r o p r i o ufficio sotto tutti g l i aspetti, prima d i fare delle pubblicazioni. Così si è vista la

marca Italia, che spacciavasi in Germania come vino

ufficiale, riuscire inferiore di molto a v i n i , aneli essi italiani, p r i v i d i bollo ufficiale. I n altri t e r m i n i : il parere d i u n enotecnico governativo vale talvolta tanto quanto una reclame commerciale qualsiasi.

T o r n a n d o ora ai pareri che cita l'on. Ellena, quello del Cav. Fonseca, della cantina sperimentale di Bar-letta è, come si è v i s t o , assolutamente sfavorevole alla 'sua tesi. E si sono avuti dei pareri dai profes-sori Cerletti e O t t a v i pienamente nel senso nostro. I n quanto al prof. O l i v i e r i di P a l e r m o , il suo pa-rere è riportato così incompleto d a l l ' o n . E l l e n a , che non si sa quello che dica. L e g g i a m o di una media di 3 0 g r a m m i di estratto secco. Ma dove e c o m e ? I n v i n i n u o v i e g i o v a n i ? Coli' H o u d a r t ? Glicosio com-preso? Oppure n o ? E la brevità della citazione, raf-frontata all'importanza data al parere del prof. F r e d a di R o m a n o n ci porla a reputarla troppo f a v o r e

-vole all' on. Ellena. Resta T i parere del direttore della stazione agraria di R o m a . Q u e s t i , secondo I' on E l l e n o , avrebbe scritto « che per le Provincie di Bari, Lecce e Catanzaro la media dell estratto secco è superiore ai 2 8 g r a m m i . » E poi citansi casi estremi : a Bari si a r r i v e r e b b e fino a 47, a Lecce fino a 4 8 ; a Cosenza però si scende sotto i 2 8 ; ma, a Cosenza sarebbero v i n i da pasto ! Ma si vuol fare una discussione accademica ? L a discussione come la fa l'on. Ellena, corrisponde al modo come I ha latta il Cancelliere von C o p r i v i . Pensare, che il Cancelliere von C a p r i v i potè p r o n u n z i a r e , e che I on. L l l e n a riportò « come quelle che più meritano d i essere

rammentate » le seguenti dichiarazioni : «_ che con-_

viene di porre ostacolo al consumo dei vini di Bordeaux, che in generale sono malamente mani-fatturati. » Questa roba si dice di fronte ad uno

dei più vecchi e grandiosi c o m m e r c i d Europa ! Ma, Dio buono, finché i tedeschi avranno della moneta i n tasca, e finché avranno dei palati cui piacerò u n bicchiere d i bordeaux, il c o m m e r c i o d i questo v i n o si farà , malgrado la spada del generale e g l i eno-tecnici del nostro Relatore, e « i l campo di batta-glia contro i francesi « s e r v i r à solo per m i s u r a r e su di esso il genio commerciale di quei due signori.

E n t r a m b i ci hanno messo della buona volontà per escludere i francesi dal mercato tedesco; e dell ono-revole Ellena, che ci rivela il suo progetto ali uopo,

deve dirsi, che se egli non mancasse d i pratica commerciale, ci sarebbe riuscito. E g l i ci narra, i n

-fatti, come avesse pensato ad un dazio ad valorem,

i n sostituzione dei dazi specifici,'! quali ci danneg-giano grandemente « perchè mentre ì v i n i di grande « pregio possono facilmente sottostare ad una gra-« vezza di 2 4 m a r c h i per quintale, o anche mag-ic aiore a questa misura, i v i n i italiani e portmag-ico- portico-« larmente quelli del Mezzogiorno, che hanno m

ge-li nerale valore vige-lissimo, trovano in siffatta imposta

« un grande ostacolo al loro commercio ». E u n merito dell'on. Ellena d i aver pensato a questo ar-gomento, e si può dire, che se non gli avesse fatto difetto qualche cognizione tecnica, avrebbe trovato la giusta via di uscita. È , infatti, verissimo che un alto dazio non colpisce i v i n i fini, quali sono i v i n i fran-cesi. Questi hanno e avranno ognora sul mercato germanico la parte del leone. Ma, il dazio alto col-pisce con l ' i n t i e r o suo peso tutti i v i n i d i media classificazione. Questi v i n i , p. e. i vini da pasto

ita-liani. si devono vendere dal commerciante tedesco tali e q u a l i sono, e senza rialzo di prezzo. Senonchè,

per ciò appunto, cioè, quando è dato un dazio

ele-vato, h a v v i convenienza di comperare v i n i da taglio densi, cioè pugliesi e siciliani. Questi si impiegano dal commerciante tedesco i n tagli con ì v i n i nazio-nali nella proporzione di u n 2 0 0|Q o 3 0 0 | 0 e il dazio viene diluito sopra una quantità tripla o q u i n tupla. Così fabbricasi u n eccellente Módoc, che o t -tiene prezzi buonissimi. Dunque-: il dazio alto, che non esclude i v i n i finissimi, e ammazza le classifiche medie, non solo non è proibitivo "per i v i n i « v i l i s

-simi » pugliesi, ma è precisamente protettore per essi.

Questo è il fatto c o m m e r c i a l e , la realtà. E infatti, col dazio antico si esportavano i 139 mila ettolitri, che ricorda l'on. Ellena, e che siamo minacciati di dover conservare anche n o i soltanto i n m e m o r i a nel prossimo avvenire. *

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trattato si fa, come vien proposto, -bisognerà che quel vino che passa la frontiera abbia per lo meno 2 8 grammi di estratto secco effettivo. Or bene. È noto

all'oc. Elleno che le case tedesche non vogliono avere

vini con troppo estratto secco ? Non ha egli mai sentito che un vino troppo carico di estratto secco dà alle miscele u n carattere esotico, cioè si tradisce

e perciò non serve ?

Non o' è che una sola specie di case tedesche che vogliano vini con estratto secco forte e sono quelle, che, in barba alla legge alimentaria tedesca, esercitano l ' i n d u s t r i a dei v i n i manufatturati e li

ga-rentiscono « Chemiefest », ossia, a prova di bomba

di fronte agli enotecnici e professori di chimica. L e altre case, se proponete loro tre campioni, poniamo un Barletta prima, u n Barletta extra e un debole Ruvo, c' è da scommettere 3 contro I che si fer-mano sul Ruvo, che qualche enotecnico italiano sa-rebbe capace di chiamare u n vino da pasto 1

E passo a dire due parole della tariffa sulle uve. L ' o n . Ellena, ha riferito le principali opinioni manifestatesi nel Reicbstag a proposito del dazio sul vino, avrebbe dovuto fermare la sua attenzione sulle dichiarazioni l'atte colà dal ministro Botticher a pro-posito delle uve. Per tranquillizzare i viticultori del Pastinato, del Baden, de! W i i r t e n b e r g , dell'Alsazia, i quali, con assai poco fondamento, hanno temuta una invasione di uve italiane, il ministro Botticher ha promesso una legge che vieti la fabbricazione dei vinelli, classificandoti come una adulterazione. Ora, anche se il Reichstag non gli passasse una legge in proposito, v i sono cento mezzi pratici con cui osta-colare questa operazione, la quale è uno dei princi-pali guadagni su cui specula l'acquirente di uve.

Infatti, con acqua zuccherata — e lo zucchero in

Germanio costa poco — si ottengono dei secondi

vini, m i g l i o r i di quelli malamente fermentati in viag-gio. Ora, pongasi la riduzione della differenza dei dazi sull'uva e sul vino ( d i cui parlammo nel

pre-cedente articolo), pongasi il drawback che è ancor

esso una riduzione ulteriore di quella differenza, e pongasi la soppressione della fabbricazione del se-condo vino, e dicasi poi che speculazione può re-stare ancora in gambe nel ramo uva.

L'on. Ellena dovrebbe diffidare dei regolamenti con cui l ' Am m;nist r a z i o n e tedesca condirà l e

dispo-sizioni del trattato. Il Governo tedesco ha già dira-mato la bozza di u n regolamento per l'applicazione del trattato alle principali case e autorità, allo scopo di raccogliere i pareri. Or bene, le disposizioni di questo regolamento sono talmente vessatorie, che i commercianti del Palatinato le hanno già dichiarate

proibitive dell'importazione, i n comizi di cui può

leggersi i n ogni giornale tedesco 1).

Completiamo Io scritto del nostro amico stral-ciando i seguenti articoli del testo della circolare ri-servata del Governo Germanico, intitolata: — Basi fondamentali dello schema delle disposizioni provvi-sorie sul trattamento doganale de'vini da taglio e mosti, nonché sul controllo doganale per le miscele del vino in Germania.

Art. 4." I vini da taglio ed i mosti si debbono tenere sino al loro impiego in depositi doganali e spedirsi con Bolla a cauzione.

Art. 6.» I vini bianchi possono essere senza altra for-malità ammessi ai tagli, offrendo il loro colore una

La conclusione, per parte mia, di tutto questo di-scorso è semplicemente questa: I tedeschi hanno voluto farci qualche concessione, però più apparente che reale, perchè non può dal governo tedesco per-dersi il volo di una massa enorme d i agricoltori

meridionali. Ma, temiamo che per scarsa cognizione

tecnica di ambo le parti, il risultalo riesca ancora

enormemente inferiore alle intenzioni, e che si sia fatto u n trattato che è contrario all' interesse dei vi-ticultori italiani, così che, il giorno io cui le

popola-zioni se ne accorgeranno col fatto, si perderà tutto I' effetto politico che si credeva di aver raggiunto.

MAFFEO PANTALEONI.

LI POLITICA DOGANALR DELLA GERMANIA

Nella recente stipulazione de* vari trattati di com-mercio tra la Germania, l'Austria Ungheria, l'Italia, il Belgio e la Svizzera il fatto che sopra tutti gli altri emerge e che ha realmente u n significato r i stretto, ma indiscutibile è non diremo il c a m b i a

-mento dell' indirizzo doganale, ma I* accenno a una

evoluzione nella politica commerciale, che potrebbe

essere una vittoria dell' avvenire. Noi non siamo punto persuasi che la Germania intenda tornare fra breve tempo al regime daziario anteriore al 1879 e chiunque può convincersene, leggendo il discorso del cancelliere de Caprivi, che abbiamo già menzio-nato a proposito delle famose « frasi vuote » '). Ma rimane pur sempre vero che il governo tedesco nei negoziati con le varie potenze suindicate ha porta.o alcune idee e tendenze, che gli altri governi non avevano i n nessun grado, se si eccettua l ' i d e a a b -bastanza infantile di ottenere grandi favori rimanendo

fermi, anzi ancorati nel mare magnum del

protezio-nismo. Può darsi che talune dichiarazioni germani-che siano state ad arte colorite i n senso liberale, può anche essere che il fattore politico abbia eser-citato u n certo influsso, che le lotte dei partiti non siano state affatto estranee al cambiamento soprav-venuto nelle tendenze governative, ma comunque

garanzia contro la ripeterla presentazione dello stesso vino al taglio. — Invece, l'ammissione al taglio con vini rossi provenienti dall' estero è resa dipendente dal fatto ohe esso vino estero si trova sotto c o n -trollo doganale. — Eseguita la miscela, essa si deve mettere subito in libera pratica mercè spedizioni, ovvero tenersi sotto speciale controllo sino alla spe-dizione per impedire la ripresentazione della miscela fatta a nuova miscela. — Il vino rosso indigeno non può essere ammesso al taglio, se non si prova che il vino proviene dalla Germania e che esso non sia stato ancora tagliato. Questa prova, se il vino vien presentato al taglio dal produttore, si fa mediante un apposito certificato delle autorità Comunali del luogo ove risiede il produttore ; e se invece il vino vien presentato dal negoziante, essa si fa mediante un certificato del produttore, legalizzato dalla aufotorità comunale ; in quest'ultimo caso l'auaufotorità d o -ganale o di Finanza sotto il cui controllo si deve fare il taglio, può pretendere pure 1' esibizione de're-gistri e degl' estratti legalizzati di essi, o sia pure l'esibizione delle corrispondenze per provare l'origine indigena e naturale della merce.

(6)

38 L' E C O N O M I S T A 17 gennaio 1SS 2 sia, ci pare che il fatto abbia un valore degno di I

esame. La qual cosa non è a dirsi, a cagione d'esem-pio, dell'indirizzo doganale del nostro paese, perchè il governo italiano rimane fedelissimo alla protezio-ne, anzi si fa innanzi con u n progetto di legge per accrescerla sopra molti prodotti e non abbandona u n soldo del dazio sul grano, mentre Germania e Francia, per ragioni diverse, ma che convergono allo stesso risultato, hanno attenuata la protezione sul grano tanto più gravosa ora per la scarsezza del raccolto. A differenza adunque degli Stati, con i quali ha stipulato le nuove convenzioni commerciali, a Germania si è posta nettamente la questione della riforma doganale e I' ha risoluta dopo un maturo esame in senso contrario al regime odierno. « Sulla via battuta finora noi non persisteremo » ha detto il conte de Captivi e vieu fatto naturalmente ili do-mandarsi perchè proprio ora la Germania senta la necessità di mutare strada. Cerchiamo adunque, se è possibile, la risposta a quella domanda e invece di ragionare sopra supposizioni anche fondate, con-viene rivolgersi ai documenti officiali.

La memoria (Denksclirift) con la quale sono stati

illustrati i trattati del 6 dicembre presentati al Reiehstag, nella parte generale dà le ragioni dei m u t a -mento avvenuto nella politica commerciale. E op-portuno riferirne alcuni passi « L a politica doganale e commerciale dell' Europa, così ossa esordisce, è slata nell' ultimo decennio considerevolmente influen-zata da u n vasto sistema di tariffe convenzionali, il cui punto di partenza era formato ila alcuni trattati di commercio che la Francia aveva concluso dopo il 1880 con un certo numero di Stali : Belgio,

Por-togallo, Svezia e Norvegia, Spagna, Svizzera e Paesi Bassi. A questi trattati se ne erano poscia veuuti ad aggiungere altri conclusi da quei vari Stati o tra loro o con terze potenze, quali l ' I t a l i a , !' Austria Ungheria, ecc. Mediante queste convenzioni il re-gime doganale delia maggior parte degli Stati euro-pei aveva subito per un tempo abbastanzi lungo delle modificazioni, che costituivano dei va taggi ap-prezzabili rispetto alle loro tariffe generali.

La Germania non si era associata che in tenue misura a questo movimento e non aveva stipulate che poche convenzioni. Essa, cioè, non aveva concluso dei trattati di commercio con clausole di reciprocità attenuanti i dazi della sua tariffa generale che con 1' Italia, la Spagna, la Grecia e la Svizzera. Alla mag-gior parte degli altri paesi d ' E u r o p a e cosi pure a un gran numero di paesi situali fuori d ' E u r o p a , la Germania aveva puramente accordala la clau-sola della nazione più favorita, domandando la reci-procità od anche ottenendo .da certi paesi, come la Rumenia e la Serbia, delle concessioni unilaterali. Con la Francia per effetto dell'articolo 11 del trat tato di Francofone esisteva I* obbligo di accordarsi reciprocamente u n trattamento commerciale sullo stesso piede di quello concesso a f a Gran Brettagna, al Belgio, ai Paesi Bassi, alla Svizzera, a l l ' A u s t r i a Ungheria e alla Russia. Di modo che, quantunque la Germania avesse conservato le mani libere per la sua propria politica doganale, 1* applicazione della chiusola della nazione più favorita la portava non-dimeno a partecipare ai vantaggi delle varie tariffe convenzionali europee.

Questa situazione commerciale e politica che era assai favorevole alla Germania, cambierà probabil-mente al 1° febbraio 1892, epoca alla quale cessano

la m a " " i o r parte delle convenzioni doganali della F r a n c i a e di molti altri paesi e si deve prevedere

a questa data una completa modificazione (eine

vollstandige Vmualzung) della po'itica commerciale

europea. » « . . .

'Qui adunque, viene messo innanzi quale causa prima della mutazione nell'indirizzo doganale la nuovo situazione che deve determinarsi e svolgersi fra poche settimane in Francia in seguito alla sca-denza dei trattali di commercio e all'applicazione di tariffe doganali protettive. La Germania veden-dosi pericolare, anzi vedenveden-dosi sfuggire il trattamento doganale che in base a l ' a r t . 11 del trattato di F r a n -cofone godeva in Francia e considerando la ten-denza sempre più forte all' isolamento che si mani-fèsta oltre che in Francia, in Russia e agli Stati U n i t i ha pensato ai casi propri, ossia ai suoi 3 miliardi e più di esportazione e ha mirato a p r e m u -nirsi contro le probabili future perdile su alcuni mercati, su quello francese particolarmente.

D ' a l t r a parte alla Germania non poteva sfuggire il fatto che i Meline e i Mac F i n l e y non vivono soltanto in Francia e agli Stati U.dti ma si agitano poco o molto, e a dir vero nullissimo, dappertutto; hanno anzi già ottenuto barriere doganali sempre più alte, sicché vuoi per lo spirito di imitazione che guida i popoli, come gì' individui, vuoi per la r a -gione della cosi detta difesa e per le rappresaglie era da aspettarsi, se non si applicavano i treni dei trattali, che il protezionismo avrebbe corso nuova-niente per I' Europa n e l l ' a n n o di grazia 1892.

L'evoluzione, chiamiamola pure cod, quantunque non sia che u n semplice passo corto in dietro,

l'evo-luzione nella politica commerciale tedesca si impo-neva. Quand'anche, disse il sig. de Coprivi

parafra-sando i vecchi e derisi economisti, guanti! anche

fossimo in grado di isolarci di fronte agli altri Stati, non potremmo, a lungo andare, bastare a noi stessi. Noi siamo imprescindibilmente costretti per legge naturale, per l'estensione del nostro territorio, per il clima, per le condizioni speciali del nostro suolo, a scambiare prodotti e merci cogli altri Stati.

Volendo fare il tentativo di persistere nel sistema seguito finora, la Germania, a causa delle lotte per 1' esistenza, che si fauno sempre più aspre sarebbe costretta a chiudere tra qualche tempo un' officina dopo l ' a l t r a . I Governi confederati non potevano quindi essere in dubbio che nell'attuale stato di cose era impossibile continuare a battere la via in cui si erano messi. » Pare adunque che l'isolamento economico non sorridesse troppo alla mente dei go-v e r n i confederati ; però se essi si fossero consultali

con l'Industria di Milano e forse con l'on. Ellena,

che altra volta tentarono di rispondere alle nostre osservazioni sul sofisma dell' indipendenza economica, forse avrebbero potuto rassicurarsi sui benefici ch'essa procura. Il fatto è che i governi confederati dovendo scegliere tra 1' isolamento e gli accordi commerciali preferirono quest' ultima via, ma per poterla prati-camente seguire diveniva necessario di modificare

la tariffa del 1 8 7 9 e bon grò, mal grò il governo

tedesco si preparò a compiere il sacrificio.

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dal-l'altro I' aumento della sua popolazione e finalmente l'insufficienza dei prodotti indigeni a far fronte alle domande del consumo, obbligavano a chiedere a l -l' estero un gran numero di prodotti alimentari e una grande quantità di materie prime. P e r rista-bilire T equilibrio economico che da una simile situa-zione sarebbe inevitabilmente compromesso, la Germa-nia è obbligala a esitare all' estero l'eccedenza della sua produzione. Il valore medio annuale delle ma-terie prime importate dal 1 8 8 0 al 1890 è di 2 2 0 6 milioni ili marchi, il valore delle materie prime esportate è di 1357 milioni di marchi. Nel 1889 l ' i m -portazione di queste materie ammontava a 2 8 1 8 mi-lioni di marchi, l'esportazione a 2033 mimi-lioni ; le ci-fre corrispondenti pel 1 8 9 0 Sono 2 9 6 6 milioni di marchi e 2 1 2 0 milioni. Malgrado questo aumento considerevole delle importazioni, le esportazioni dei

prodotti lavorati (Fabrikaten) non ha seguito una

progressione proporzionale. I prodotti lavorati espor-tati hanno avuto dal 1 8 8 0 al 1 8 9 0 il valore medio di 2$60 milioni e, fatta deduzione dei prodotti fab-bricati importati, un valore netto di 1211 milioni di marchi. Nel 1889 questa esportazione risulta di 2382 milioni e dedotti i prodotti lavorati di 1185 m i l i o n i ; pel 1890 le cifre corrispondenti sono 2 4 8 2 e 1286 milioni di marchi. Questi dati dimostrano sufficientemente quale quantità di lavoro è incor-porato nell'esportazione tedesca e come la popola-zione lavoratrice sia interessata in essa e l'influenza che l'esportazione può avere sullo sviluppo econo-mico della Germania.

Se si considera l ' i n s i e m e delle esportazioni tede-sche si trovano le cifre seguenti :

pel 1887 5190 milioni di marchi pel 1889 325fi milioni di marchi » 1888 3552 » » » 1890 5409 » »

dalle quali risulta chiaramente che nonostante l'au-mento del consumo interno, il nostro dominio

eco-nomico (Wirthschaflsgebiet) non è sufficiente per

assorbire tutta la produzione del paese.

La stipulazione di nilovi trattati internazionali senza tariffa speciale e con ìa sola clausola della nazione più favorita, avrebbe bpn lasciato alla Germania la possibilità dì assicurare I' esilo della sua produzione nazionale nei suoi mercati permettendogli di proteg-gerli con dazi alti, ma non avrebbe per contro of-ferto alcun mezzo di garantire alle sue esportazioni gli sbocchi esteri, che gli sono indispensabili. Dato il costante aumento della ,produzione e in ragione stessa della lotta che si trqva impegnata a questo riguardo fra tutti gli Stati cibili, non è possibile che le relazioni commerciali abbiano un carattere d u r a t u r o se non sono realmente fondate sopra un razionale scambio di merci, e il carattere stesso dello scam-bio non è senza una certa influenza sulle tariffe doganali da fissare. La Germania non avrebbe potuto contare sulla continuazione della sua cifra d' affari di esportazione,; se, date le correnti commerciali e politiche attuali, non avesse offerto agli altri paesi la possibilità di pagare i n tutto o in parte i loro acquisti con j loro prodotti. »

La lunga citazione ci pare metta chiaramente in luce l'altro fine della politica doganale inaugurata dalla Germania. Poiché l'isolamento è una utopia coltivata soltanto dai metafisici della protezione do-ganale, la Germania ha pensato alla propria espor-tazione e si è data pensiero di procurarle negli al-tri Stati una legislazione doganale meno resal-trittiva

che è possibile. Il governo tedesco ha agito ben di-versamente da quello italiano, il quale nel 1887 agli interessi gravissimi dell' esportazione ha anteposto quelli di una dozzina di fabbricanti, e per tjuanto taluue frasi del memoriale tedesco rivelino che le idee protezioniste sono tuttora le predominanti, è degno di nota l'interesse sincero e profondo ch'esso manifesta per I' esportazione dei prodotti nazionali. Ciò significa che diversamente da altri governi del continente non crede che la politica doganale debba tra-sformarsi in uu semplice strumento di favori e di fiscalità, ma possa concorrere a sviluppare gli scambi, anziché incepparli sempre di più. I l linguaggio inol-tre è mutato ; meninol-tre u n tempo parlavasi esclusi-vamente della necessità di sorreggere le industrie indigene, che stentavano a tenersi ritte, ora si ponsa al lavoro e ai prodotti, che hanno bisogno di sfoghi all'estero e non si crede più che la salute econo-mica si ottenga col promuovere a furia di dazi qual-che industria e provocando la chiusura dei mercati stranieri ili consumo. U n po' di luce evidentemente si è fatta in Germania sopra questa materia e di questa vittoria, intellettuale e morale, i liberisti hanno motivo di rallegrarsi.

LE BANCHE DI EMISSIONE

A l c u n i dei nostri lettori ci rimproverano perchè

da lungo tempo l'Economista non tratta del

riordi-namento degli Istituti di emissione. Il motivo però del nostro silenzio crediamo sia tale da giustificarci pienamente ; poiché ripetere nell'argomento i principi generali ci sembra ozioso, inquantocliè ormai ab-biamo manifestato in più occasioni il nostro pen-siero, sia nei punti fondamentali, sia negli accessori del progetto.

Noi desideriamo che il riordinamento abbia per Uose la effettiva unità di azione; crediamo che ciò si possa meglio raggiungere mediante la Banca Unica, ma se si crede di dover fare il Consorzio, purché esso sia ordinalo in modo da assicurare e non solamente da promettere la unità del servizio i m -portantissimo, che viene offerto al pubblico dalla emissione, noi accediamo anche il Consorzio. Però riserbiamo ogni nostro apprezzamento sul modo col quale verrà costituito, e sulla funzione che gli verrà demandata.

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40 L' E C O N O M I S T A 17 gennaio 1SS 2 modificazioni sono state anche nelle parti sostanziali,

numerosissime.

Tuttavia noi vogliamo sperare che l'on. Luzzatti, sul punto di far vincolare il paese ad una forma piuttosto chè ad u n altra in materia così delicata, sapendo quali conseguenze per la economia del paese ne potranno derivare, ascolterà, più che non lo faccia in altre questioni nelle quali troppo debole si palesa, la propria scienza e coscienza e metterà i n a r -ticoli di legge le sane idee, che nel suo interno afferma di sentire.

Dicesi che la recente conferenza dell' on.

Sena-tore A. Rossi sia appunto un ballon d'essai, e noi,

contenti di trovarci almeno su un argomento quasi all'unisono coll'ou. senatore di Schio, e più contenti ancora se egli è d'accordo coll'on. Ministro del Te-soro, diamo qui il riassunto del discorso pronun-ciato dall'on. Rossi, augurandoci che le sue racco-mandazioni e le sue giuste osservazioni siano ascoltate.

Ecco pertanto il riassunto della conferenza che l'on. Rossi tenne l'altro giorno a Milano davanti al Circolo industriale.

« L ' on. Rossi esordi dicendo che a Milano più che i n Senato si può parlare liberamente degli teressi del paese. Siamo alla vigilia d' una legge in-torno alla quale da 9 anni si discute senza punto concludere: una legge che deve completare quella sull' abolizione del corso forzoso.

A proposito di questo progetto trova da elogiare il Gabinetto D i Rudinì, il quale ha già sostenuto vit-toriosamente.

L ' o n . Rossi è favorevole alla Banca unica, come 1' hanno già otto Stati i n Europa. La Banca unica è l'espressione moderna del commercio e degli Stati. Afferma che nessun Stato si trovò soddisfatto delle Banche multiple del tipo italiano, e narra come in questi Stati si addivenne alla fusione delle Banche. Fa u n quadro desolante delle condizioni e delle operazioni delle attuali Banche d'emissione. Dice che lo Stato ha mancato al suo dovere di vigilanza e s ' è accorto, ora, dopo 9 anni, che i sei Istituti si fanno una guerra accanita e non sono o r m a i con-ciliabili. L e Banche d'emissione dovrebbero avere ufficio diverso da quello che ora esercitano.

Esse moltiplicarono le sedi — non, come annun-ziavano, per allargare lo sconto — ma per spacciare il loro biglietto, dare carta contro valori più solidi, contro i m m o b i l i .

Ora I' on. Di R u d i n ì nel suo discorso di Milano ha annunciato il proposito di aumentare il capitale delle Banche — e I' on. Rossi plaude a questo pro-posito, purché il nuovo capitale serva di fulcro per la Banca Unica. Qui salta a fare u n largo elogio dell'ordinamento della grandiosa Banca di F r a n cia, che ha potuto dare allo Stato I' aiuto di un m i -liardo e mezzo, salvando così ìa Repubblica, mentre le nostre banche nulla potrebbero i n questo senso. Nota che la nostra Banca Nazionale ha scarsi e p a r -ziali rapporti con le Banche estere.

Lamenta il fatto per cui ogni qual volta avviene u n disastro si r i c o r r a , a i nostri Istituti con l ' i n t e r -mediazione del Governo.

Nota che in Francia si son lasciate cadere la Società

dei Metalli e l ' i m p r e s a del Canale di Panama che

non davano sufficienti garanzie.

Accenna all' idea dell' on. Maggiorino F e r r a r i s di costituire tre gruppi di banche, e la combatte.

L e Banche hanno interessi fra loro contrari, n o n

possono andar d ' a c c o r d o ; mostrano d'esserlo ora soltanto che si è alla vigilia della rinnovazione del privilegio.

Non sarebbe in tutto contrario ad u n consorzio delle Banche, purché ai Banchi meridionali fosse affidato principalmente di esercitare il credito agrario,

L ' a u m e n t o del capitale esige il riordinamento della circolazione.

Accenna ai propositi del gabinetto attuale di por-tare il fido bancario da 3 a 4 mesi ; esigere due e non più 3 firme ; far sì che il capitale azionario vada tutto a profitto del Tesoro. L' oratore vorrebbe di p i ù : che si vietasse agli Istituti I'acquisto d ' i m mobili che non servano per la sua sede, e si v i e -tasse l ' u s o , l'abuso delle cambiali in sofferenza.

Dice che siamo alla vigilia di restaurare il corso forzoso; l'aggio s u l l ' o r o , artificialmente arrestato, va riprendendo la corsa al rialzo.

La legge di emissione va subordinata a quella di circolazione.

Esamina i bilanci economico, finanziario, di Stato, dei privati, quello comune coli'Unione latina, e pre-dica energia per risanarli.

Per consolidare il credito occorre r i n v i g o r i r e l'esportazione agricola, e dice che neanche l ' i n d u -stria può fiorire laddove non fiorisce l'agricoltura-.

Bisogna arrivare al pareggio economico.

Egli non dispera, incuora l ' o n . Luzzatti. Dopo tutto, sin qui l ' I t a l i a ha fatto sempre onore ai suoi impegni.

Quale sarà il regime futuro?

Si propone di venirlo a dire quando avrà svolta la sua interpellanza in Senato e avrà avuto la r i -sposta dal Governo. »

RIFORMA DELLA TASSA DI RICCHEZZA MOBILE

i .

Sono quotidiani i lagni dei contribuenti per gli aumentati redditi di Ricchezza Mobile, ad ogni ricor-rere della revisione biennale stabilita dalla legge.

Da una parte ahbiamo lo Stato che da tale im-posta non ha tutto il compenso che dovrebbe avere, e ne va i n cerca col metodo delle revisioni bien-nali — d a l l ' a l t r a la maggioranza dei contribuenti, che grida contro l'imposta soffocatrice dei c o m m e r c i e del risparmio, e dice « non più revisioni ».

Quali le cause di questi due fatti, i quali in ap-parenza sembrano contraddirsi a vicenda?

È bene il ricordare che l'accertamento dei redditi del cittadino si fonda, nel più dei casi, sulla sua r i c -chezza presunta, anziché su quella effettivamente ac-certata — e che I' aliquota d ' i m p o s t a raggiunge i l tasso del 13.20 per ogni 1 0 0 lire di reddito i m p o -n i b i l e : di lì le pri-ncipali difficoltà all'assetto -normale della imposta.

(9)

d'interesse, con che si danno i capitali a mutuo i n condizioni normali di mercato e di garenzie.

Essendoché tanto il capitale ch'io prendo a mutuo per l'istaurare la mia casa, quanto la tutela conser-vativa della proprietà, che lo Stato esercita su di essa, ttìnuono allo scopo identico ed ultimo di conser-varmi il profitto che ne ritraggo abitandola o ce-dendola ad altri per abitazione.

Identici lo scopo e la utilità dell' o p e r a , che mi prestano capitale e Stato, non havvi ragione perchè diverso debba essere i l compenso proporzionale da ine dovuto all'uno ed all'altro.

Egli è per ciò che la misura dell'aliquota non dovrebbe mai eccedere il cinque per cento dei red-diti colpiti dalla imposta — il quale lasso è anche il legale stabilito dal Codice civile nel caso di silenzio fra le parti.

Con un'aliquota invece così grave, quale è quella del 13.20 per cento, ogni aumento — per quanto tenue — sui redditi accertati è taglio di ferro c h i

-rurgico sulle carni vive del contribuente, specie pei redditi bastevoli appena per vivere la vita delle prime necessità.

Data la presunzione del reddito e la esagerazione dell'aliquota, si va necessariamente incontro alle di-chiarazioni infedeli da parte del contribuente, ed agli accertamenti timidi e non convinti da parte del fisco e delle Commissioni di giudizio.

D i li il facile gravame sui redditi m i n o r i in con-fronto dei grossi, i quali p i ù agevolmente riescono a sfuggire l ' i m p o s t a — il che ingenera la sperequa-zione, e q u i n d i il malcontento ed il disagio.

E che i redditi grossi sfuggono in grandi p r o p o r -zioni alla imposta ne lo dice il modesto introito di circa 123 m i l i o n i , che fin. q u i I' erario non ancora

ha potuto superare coi redditi tassati nei ruoli.

Allo stato delle cose, quale il rimedio ? II.

Il C o m m . Camelli, i n u n suo recente bellissimo lavoro sulla tassa di ricchezza mobile ' ) , con acume e competenza speciali espone una serie di dati e di considerazioni d'iiidole economica e finanziaria, ten-denti a dimostrare le diverse contraddizioni e le dif-formità di tassazioni, che nascono dalla vigente legge in causa specialmente della sottile distinzione e com-plicata traduzione dei redditi i n « nettoimponibile -tassabile » agli effetti della misura e della

applica-zione deli' aliquota d'imposiapplica-zione.

L e tavole statistico-comparative da lui compilate fanno toccar con mano come la nostra tassa sui red-diti mobiliari, mentre all'art. 1° della legge proclama teoricamente il principio economico e statutario della

« proporzionalità della imposta agli averi del cit-tadino » stabilendo l'aliquota uniforme del 13.20 per

cento per tutti indistintamente i redditi, i n linea di fatto poi pel combinato disposto degli articoli 34, 33, 3 6 , 37 la legge viene eseguita tenendo a guida e base il principio economico contrapposto — quello,

cioè, della progressività dell'aliquota non tanto per

rispetto alla quantità dei redditi soggetti alla

impo-sta (il che la legge ammette i n misura m i n i m a , pei

') L'alìquota della imposta sui redditi della ric-chezza mobile; Eoma — Tipografia A. Bertero,

otto-bre 1891.

redditi, cioè, non superiori alle lire 8 0 0 imponibili),

quanto per rispetto alla qualità dei redditi, tenendo

conto, cioè, della diversa loro orìgine e categoria.

Di guisa che lo stesso reddito netto di 100 lire

« è tassato coll'aliquota del 13.20 per cento se p r o

-« viene da interesse di capitale (Gateg. A) — è

tas-« sala al 9 . 9 0 per cento se proviene da guadagno di

« commercio (Gateg. B) — è tassato a l l ' 8 . 2 3 per

« cento se proviene da guadagno professionale (Ca-« teg. C) — è tassato al 6.60 per cento se pro-« viene da assegno di stipendio, o di pensione

vi-« ta tizia (Categ. D). »

La quale diversificazione a base di progressività

qualitativa ammette implicitamente una stranezza

m< rale e fiscale come fondamento della legge : am-mette, cioè, che in linea di massima la legge ritiene

sempre ed in qualsiasi circostanza superiore al vero

non solo i redditi quando sono accertati d ' u f f i c i o dall'Agenzia e dallo Commissioni, ma anche quando

l'una e le altre si sono limitate ad accettare tale e

quale la dichiarazione fatta dal contribuente.

Stranezza di massima, la quale dalla legge fa dire al contribuente : « voi avete dichiarato di guada-« gnare mille lire colla vostra professione di avvo-« cato — voi mentite — perchè io (legge) so che « a vece di mille ne guadagnate soltanto 6 2 3 — « epperò, nonostante la vostra denuncia maggiore, « io vi tasso per sole lire 623 anziché per mille. » ( V . art. 3 4 della legge).

Dopo d'avere dimostrate le forti sperequazioni d i tassazione, cui dà luogo l'articolo 37 della legge, i n forza del quale per la determinazione dei redditi

m i n i m i imponibili, o non imponibili, bisogna tener

conto dei redditi fondiari cumulati con quelli m o

-biliari, - . d o p o di avere discusso e sviscerato a fondo

il principio fondamentale della legge sulla

diversi-ficazione dei redditi a seconda la loro origine, —

dopo d'avere messa in evidenza la necessità i m p r e -scindibile di diminuire l'attuale gravosa aliquota se si vuole dare assetto fermo, razionale ed equo alla imposta sui redditi mobiliari, il C o m m . C a m e l l i propone :

a ) che, fermi restando 1* attuale sistema della

quotità e la quantità d'imposta pagata oggi allo Stato

pei redditi dei privati in Categoria B e C ( r e d d i t i industriali, commerciali e professionali), venga l ' a l i -quota di tassazione abbassata fino a! 3 0 | o : altezza, cui all' incirca in tempi normali funziona l'aliquota dell 'income tax i n I n g h i l t e r r a ;

b) che pei redditi di Categoria A ( redditi di capitali) ed altri redditi certi di altre categorie, resti

invariata l'attuale aliquota del 13.20 0|0.

A fine di ottenere la riduzione dell' aliquota il Comm. C a m e l l i vorrebbe che l'attuale reddito netto

presentemente accertato per ciaschedun contribuente

i n categoria B e C venisse, per legge e d'ufficio,

aumentato fino al limite necessario perchè coli' ali-quota del 3 0|0 il cittadino continui a pagare la quantità di imposta, che paga i n oggi al tasso del 13.20.

E con apposite diligenti ricerche dimostra come, a ciò conseguire, sarà necessario — su per g i ù — di triplicare quasi l'attuale reddito netto stabilito per ciaschedun contribuente.

(10)

42 L' E C O N O M I S T A 17 gennaio 1SS 2 Ingegnoso è il rimedio proposto — e semplice ne

sarebbe certamente l'attuazione.

Ma potrebbe sollevare forte opposizione per parte dei molti che, ritenendo conforme a verità e realtà il reddito definitivo pel quale figurano nei ruoli, non intendono di subire nel reddito aumento alcuno di ufficio, sia per tema di futuro innalzamento dell'alì-quota del 3 0,o, sia perchè non amano di farsi cre-dere più ricchi di quel che realmente noi siano.

Sarà bene quindi di cercare di ottenere lo scopo identico seguendo altro metodo.

F . N.

LA

Il Prof. Luigi Sampolo ha pubblicato in occasione dell' Esposizione nazionale di Palermo una interes-sante memoria, ricca di notizie e di documenti sulla origine, sui progressi, e sullo stato attuale della Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele. È un lavoro diligenrissimo e laborioso, non tanto perchè narra gli sforzi che si fecero per istituire in Palermo una Cassa di risparmio, e le vicende che resero fino al 1860 impossibile In sua istituzione, quanto per l'espo-sizione di tutti quei fatti, elementi e ragioni che con-tribuirono a rendere prospero l'Istituto. Non potendo per la lunghezza del lavoro occuparci di tutto quello che ajla creazione della Cassa si riferisce, limiteremo il nostro riassunto alla parte economica di esso.

F i n o dal 1840 si fecero dèi tentativi per istituire in Sicilia delle Casse di risparmio, ma non riusci-rono a sorgere perchè sotto il governo borbonico le belle e salutari istituzioni, che avrebbero potuto gio-vare al popolo si scrivevano r e i sovrani rescritti, ma non si curava poi di fondarle, e cosi nelle Pro-vincie meridionali le Cas-e di risparmio non pene-trarono che con la rivoluzione.

Caduta la dinastia di Napoli, il Generale Petti-nengo nel 4 861 essendo Luogotenente del Re in Sicilia, volle che il primo anniversario del plebiscito, ossia il 2 1 ottobre 1861, fosse di perenne memoria al popolo siciliano, e non credè di poter meglio rag-giungere lo scopo, che decretando la prima Cassa ìli risparmio in Palermo, e intitolandola V . E m a -nuele. F u creata centrale come quella di Firenze, con la quale altre filiali nei comuni dell'Isola avreb-bero- dovuto legarsi, e riceverne indirizzo e aiuto. Il decreto di creazione assegnava alla Cassa per dote perpetua L . 4 2 , 5 0 0 da prelevarsi dal fondo di u t i l i delle Casse di Sconto di Palermo o Messina, cioè L . 2 5 mila da quella di Palermo, e L . 17 mila dall'altra di Messina. La qual dote sarebbe nell'av-venire aumentata di altre 2 5 mila da prendersi dalle medesime Casse e nelle stesse proporzioni allor-quando si istituisse una Cassa di risparmio in una delle altre due grandi città dell' Isola. Se non che le promesse L . 4 2 , 5 0 0 furono prese parte sugli utili delle due Casse di sconto (L. 3 1 , 6 3 3 ) e parte sul bilancio di agricoltura industria e commercio ( L i -r e 10,867).

Da questa dote il Pettinengo ordinò che fossero detratti 3 3 6 libretti da L . 2 0 ciascuno da conferirsi

per estrazioni ai genitori poveri degli iscritti di leva delle classi 1 8 4 0 e 1841, in ragione d i 2 4 per pro-vincia, e così la dote diminuita di L . 6,720 si re-siduò a L . 35,780.

Le operazioni della Cassa cominciarono il 46 f e b -braio 1862, e da questo giorno fino al 31 dicembre dello stesso anno si aprirono 1,262 libretti per la somma di L . 153,083.11 con 6,349 versamenti.

L e restituzioni furono 5 6 8 per la somma di L . 59,776.18 o'tre gli interessi in L . 276.78, che compongono nel complesso L . 60,052.96.

Si eslinsero 4 3 5 libretti, rimanendone i n circo-lazione 827 con ini credito a favore dei depositanti di L . 96,392.15, comprese L . 2,462 per interessi capitalizzati.

L e somme depositate furono unicamente investite in rendita sul Gran L i b r o , e in linoni del Tesoro, versando il rimanente in conto corrente alla Ranca Nazionale.

Alla fine del 1865 i libretti in circolazione r a g -giunsero" la cifra di L . 2,235 con u n capitale di L . 325,218.21, compresi gli interessi capitalizzati in L . 8,731.45.

Il progresso come apparisce da queste cifre, ben-ché graduale era lento, ed anzi nei p r i m i mesi del 1865, le operazioni erano talmente diminuite, che l'amministrazione fu costretta a non pagare per intero gli stipendi, cosa che si protrasse fino al 1869, epoca nella quale le condizioni della Cassa andarono

mi-gliorando.

Nel 1866 la Cassa attraversò una gravissima crise che fu provocata nel maggio dalla istituzione del corso forzato del'a carta moneta, e da un movimento inconsulto di plebe avvenuto nel settembre, e dalla comparsa del cholera, clie fece nell' ottobre grande strage in città. Per tutte queste ragioni le richieste di depositi furono tanto numerose, che la Cassa diè fondo a quasi tutti i suoi averi.

Dal 1862 al 1868 vennero create in Sicilia due nuove Casse, cioè la Gassa di risparmio Principe Umberto in Catania, con u n fondo di L . 25 mila, e la Cassa di risparmio Principe Amedeo con una dotazione di L. 2 0 rrila, l'una e l'altra indipendenti da quella di Palermo.

Nel 1 8 6 8 la Cassa di risparmio di P a l e r m o es-sendo in grado di estendere le proprie operazioni, il C o n s i g l i o ' d i r e t t i v o deliberò di aprire il servizio dei conti correnti pagabili a vista, secondo le norme seguite dalla Banca Nazionale con l'interesse del 3 per cento nelle sommo inferiori a L . 5 0 0 .

Alla fine del 1 8 7 0 la Cassa di risparmio di Pa-lermo presentava la seguente situazione, a partire dall'epoca in cui cominciò le sue operazioni cioè dal 1 6 febbraio 1 8 6 2 .

Libretti emessi N. 7 5 1 6 con

4 1 , 8 7 4 versamenti per . . . L . 3,970,405.53 Interessi liquidali e capitalizzati » 70,062.43

Totale . . . L . 4,040,467.96 Libretti estinti N. 5,385 con

restituzioni per L . 3 , 7 1 4 , 6 2 2 . 7 2 p i ù interessi su

libri estinti . » 14,162.86

(11)

Al 31 dicembre 1870 libretti

in circolazione N. 2,131 per. . L . 511,682.38 I conti correnti che furono impiantati nel 1868 avevano avuto il seguente m o v i m e n t o :

Versamenti compresi gli

inte-ressi liquidati . . . \ . . L. 5,636,023.59 Prelevamenti compresi gli

in-teressi pagati » 5,312,337.98 Conti coir, al 31 dicemb. 1 8 7 0 L. 313,685.61 A partire dal 1870 non essendosi fondale Casse filiafi nei Comuni, ne vennero aperte nelle borgate del'a città con l'aiuto degli Eletti Municipali.

Nel gennaio del 1876 la Cassa di risparmio di Palermo ebbe a subire un' altra crise, che fu o r i -ginata dal fallimento del Tagliavia, al quale la Cassa aveva prestato un milione e 1 0 0 mila lire, che per altro al momento dell'apertura del fallimento il cre-dito era ridotto a sole 160 mila lire. Essendo corsa voce che la Cassa fosse compromessa per oltre u n milione, tutti i depositanti e correntisti affluirono agli sportelli di essa, tanto che in 7 giorni, mentre, fra risparmi e conti correnti, i versamenti erano stali 183 por L . 101,639, i pagamenti furono 1,957 per L . 2,010,413.80.

Come apparisce dalle cifre che abbiamo riportato la fiducia verso la Cassa non andò interamente per-duta, giacché in quei g i o r n i ' d i crise furono fatti versamenti per la somma di L. 101,659.85.

Alla fine del 1 8 8 0 cioè nel decennio 1 8 7 0 - 8 0 i versamenti alla Cassa ili risparmio erario saliti a L. 40,286,738.12 con uria rimanenza a favore dei depositanti per la somma di L . 10,508,578.92 e i conti correnti a L . 125,263,392.62, rimanendone accesi al 31 dicembre 1880 per l ' i m p o r t o di L i -re 4,908,662.09.

Nel d'ecennio 1 8 8 1 - 1 8 0 0 non accadde nulla d i anormale per la Cassa, e di importante non troviamo che questo, cioè clic, avendo il fondo di riserva superato il milione, il Consiglio di amministrazione, comprese che una Cassa ili risparmio, la quale non dà dividendi agli azionisti, e che ogni anno accresce il suo fondo di riserva, ha il dovere di soccorrere le opere, sia educative, e anche le opere di pubblica utilità. E così fino dal 1 8 8 2 furono erogate delle somme a scopo di beneficenza, le quali nel decennio ammontavano alla complessiva somma di L . 43,275. II movimento complessivo dei depositi e delle stituzioni dal 1881 al 1890 presento i seguenti re-sultati :

Risparmio

Libretti emessi N. 48,586 con

277,362 versamenti per . . . L . 74,532,073.69 Interessi liquidati » 4,429,186.20

Totale . . . L . 78,961,259.89 Libretti estinti N. 38,642 con

restituzioni per L . 73,817,389.87 Interessi estinti » 575,559.08

Totale L . 71,192,948.95 L . 74,192,948.95 Restando 7 9 4 4 libretti accesi

Pe r M 4,768,310.94

. N . 9,180 libretti in c i r c o l a

-zione a! 31 dicembre 1 8 8 0 per » 1 0 , 3 0 8 , 5 7 8 . 9 2 Ne rimanevano al 31

dicem-bre 1890 N. 1 7 , 1 2 4 p e r . . . L . 1 5 , 0 7 6 , 8 8 9 . 8 6

Conti correnti

Esistenti al 31 dicembre 1890

N. 780 per L . 4,908,062.09 Versamenti nel decennio

N. 56,925 per L . 159,188,132.37 Prelevamenti nel d e c e n n i o N. 67,938 per L. 159,293,298.14 in meno L . 103,163.77 L . 105,165.77 Conti esistenti al 51 d i c e i n -bre 1890 per L . 4,803,496.32 Il movimento complessivo dei depositi e delle restituzioni a risparmio e a conto corrente d i l l a fondazione della Cassa di risparmio di Palermo a tulio il 1890 si riassume nelle seguenti c i f r e :

N. 4 5 7 , 4 4 8 versam. a risparmio . L. 123.288,485.97 » 6 7 , 6 0 0 » a conto corr. « 288.107,517.98 Tot. 525,048 versamenti per . . . . I,. 411,396,033.95

N. 320,322 restituz. a risparmio per b. 108,211,596.11 » 122,855 a conio cor. » 283,304,051.66

Tot. N. 443,177 restituz.per L. 391,515,647.77 « 391,515,647.77 Residuale credito dei depositanti a r i

-spnrmio e a conto corr.al 31 die. 1 8 9 0 L. 19,880,386.18 Il fondo di riserva della Cassa formalo con g l i utili netti annuali era al 51 dicembre 1890 di L . 2,618,411.03, alle quali aggiungendo la dotazione che da L . 42,500 venne ridonò a L . 35,780, il fondo di riserva effettivo ascendeva a L . 2,631,191.05.

Questi resultati dimostrano I' incessante progre-dire della Cassa di risparmio di Palermo, il cui brillante sviluppo è dovuto al sentimento di p r e v i -denza che è ornai penetrato nelle famiglie di ogni classe, non che alla provvida oculatezza di coloro che la amministrarono.

(Rivista (Economica

// progetto di legge sulla riscossione delle imposte dirette. — Oli scambi tra la Francia e l'Italia ne-gli ultimi sei anni.

11 progetto dì legge sulla riscossione delle im-poste dirette. — L ' o n . Colombo, ministro delle

finanze ha presentato u n progetto di legge per m o -dificare l'ordinamento legislativo vigente in materia di riscossione delle imposte dirette e togliere g l ' i n -convenienti che oggi si velifìeano. Ma anzitutto con-viene farsi u n concetto esatto dello stato presente della questione. Per la legge dell'aprile 1871, legge organica i n materia di tributi diretti, sono devoluti al Demanio dello Stato gli i m m o b i l i espropriati per debiti d'imposta, che in tre successivi incanti non abbiano trovato acquirenti.

Riteneva il legislatore che coleste devoluzioni sa-rebbero slate u n fatto eccezionale ; ma in pratica gli effetti non corrisposero agli intendimenti ed a

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