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Seminario di studio dedicato a “Musei, mutamenti istituzionali e riorganizzazione del Ministero dei beni, delle attività culturali e del turismo” – Bologna 22 e 23 novembre 2014.

Conclusioni

Premessa

Ai primi di agosto ICOM Italia ha espresso “a caldo” un suo parere favorevole su quanto previsto in materia di musei dal progetto di decreto di riorganizzazione del MiBACT, il dpCM n.

171, approvato il successivo 29 agosto1.

A settembre sono state inviate al Ministro, al Capo di gabinetto e al Capo dell’Ufficio legislativo alcune osservazioni di merito sul Decreto, presentate e discusse con quest’ultimo. Giunte forse troppo tardi per essere accolte, restano valide e si spera se ne tenga conto nei decreti attuativi2.

Per approfondire l’analisi del decreto, il 22-23 novembre ICOM Italia ha organizzato presso il Mambo di Bologna un Seminario di studio dedicato a “Musei, mutamenti istituzionali e riorganizzazione del Ministero dei beni, delle attività culturali e del turismo”. La prima sessione – “Mutamenti istituzionali: un nuovo scenario per i musei e gli istituti della cultura” – è stata introdotta da Claudio Leombroni3, la seconda – “La riorganizzazione del Ministero dei beni, delle attività culturali e del turismo e i musei” – da Lorenzo Casini4 che ha illustrato con grande chiarezza le motivazioni e gli obiettivi del decreto in materia di musei5.

Gli esiti del seminario ci portano a confermare il giudizio positivo espresso ad agosto, condividendo pienamente, per quanto riguarda i musei, lo “spirito” del dpCM, sollecitandoci anche a collocare le sue previsioni nel quadro dei più generali mutamenti del quadro istituzionale. La situazione complessiva che si profila rende urgente e decisivo un rinnovato protagonismo delle organizzazioni dei professionisti del patrimonio culturale per condizionare le scelte che Stato, Regioni ed Enti locali faranno, in buona parte proprio a partire dall’attuazione della riorganizzazione del MiBACT.

Le relazioni introduttive e le conclusioni del seminario – affidate per la prima sessione del Seminario a Claudio Rosati e per la seconda a Daniele Jalla – sono qui proposte, come convenuto al termine dei lavori di Bologna, in forma di contributo al dibattito interno a ICOM Italia, a quello delle Associazioni della Conferenza permanente delle associazioni museali italiane, di AIB e ANAI e come base di discussione per la formulazione di un documento comune MAB da presentare al Ministro Franceschini (che ha dato la sua disponibilità di massima a intervenire) a fine gennaio a Roma.

1. Conclusioni alla prima sessione: “Mutamenti istituzionali: un nuovo scenario per i musei e gli istituti della cultura”

Un riferimento, per decenni, di musei, sistemi museali e fondazioni, è scomparso quasi di punto in bianco. In questo vuoto (“caos nei territori”, lo definisce il presidente dell'Unione Province Italiane) il museo sconta ancor di più il fatto di essere, come ci hanno detto da tempo osservatori esterni autorevoli (Corte dei Conti nel 2005 e Istat nel 2012), un'istituzione strutturalmente debole. Ho visto in questi giorni colleghi prostrati. Si sentono in una specie di terra di nessuno senza l'indicazione di una meta cui guardare.

Se siamo, dunque, in una notte buia e tempestosa dobbiamo cercare spiragli di luce là dove si presentino. Ma prima dobbiamo staccarci dalla coperta alla quale ci siamo aggrappati da troppo tempo: quella di una specie di autosufficienza ontologica per cui il museo è di per sé intoccabile. Dobbiamo, insomma, confrontarci sul campo della responsabilità sociale del museo. Nel periodo in cui si accorpano ospedali e si serrano aziende, non possiamo chiuderci a priori a nuove possibilità organizzative. In Toscana (Montelupo Fiorentino) sono stati riuniti in

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uno stesso edificio, non senza fatica e con qualche lacerazione, museo, archivio e biblioteca sulla base di un progetto che ne esalta gli elementi di unitarietà.

La stessa proposta di moratoria, fatta a suo tempo da Hugues De Varine6, avrebbe meritato una riflessione più approfondita proprio sul piano della filosofia culturale. Spesso l'abbiamo bollata, invece, come economicista.

L'avvio della Provincia riformata e dei nuovi livelli istituzionali aprono per i musei, gli archivi e le biblioteche, pur in un'incertezza preoccupante, uno scenario di sviluppi diversi che vedono il territorio di riferimento acquistare, come ha messo in evidenza Claudio Leombroni nella sua relazione, una dimensione essenzialmente funzionale. Lo spiraglio di luce, che ci piaccia o no, viene da questa dimensione di concretezza.

Marco Cammelli ha messo di recente in evidenza come, da quasi un ventennio, sia dominante nel nostro paese la “strampalata idea (…) secondo la quale è possibile amministrare senza amministrazione affidandosi semplicemente a leggi (prima) e a giudici o addirittura procure della repubblica dopo”. Ora siamo costretti a misurarci, pur drammaticamente senza risorse, sul piano dell'amministrazione. L'alternativa è la chiusura o la riduzione dei servizi. Per la riforma Del Rio le scelte dei futuri assetti dei servizi dovranno, infatti, essere motivate in base alle funzioni e a criteri di necessità e adeguatezza.

Non sono principi astratti. Quando parliamo di reti o sistemi ci confrontiamo inevitabilmente con questi criteri, pur in un ambito di sostenibilità culturale. Ed è questo il campo su cui possiamo dare il nostro contributo a partire dai coordinamenti regionali ICOM e MAB. Peraltro il rispetto del criterio di adeguatezza implica già un disegno di aree di rete o di sistema più vaste delle attuali. Questa volta dobbiamo giocare in anticipo facendo valere la nostra capacità di proposta. Per questo motivo concordo con l'orientamento emerso nella discussione di ricercare soluzioni caso per caso. Lo richiede lo stesso principio di differenziazione, anche se occorrono, certo, orientamenti generali in modo da evitare la frammentazione di impostazione che ha caratterizzato finora la legislazione regionale in materia.

Nel passaggio delle competenze di valorizzazione o, in alcuni casi, di gestione, alla nuova Provincia o all'unione dei Comuni o all'area metropolitana, che a differenza degli altri livelli istituzionali ha autonomia statuaria e quindi un potere di scelta, la soluzione dovrà essere valutata, quindi, secondo le circostanze. Non è una prerogativa nostra, ma possiamo dare comunque il nostro contributo.

L'ambito privilegiato d'azione resta, in ogni caso, quello regionale, non solo per le competenze che la Regione continua ad avere, almeno per il momento, ma anche per il nuovo assetto che si verrà a determinare con i sistemi museali regionali a seguito della riforma del MiBACT che resta ancora tutta da valutare sul terreno dell'applicazione.

I musei hanno esperienza e saperi per partecipare a progettazioni di reti e sistemi che salvaguardino, nell'architettura istituzionale che potranno avere, la fruizione del patrimonio e ne garantiscano la qualità. Quello che sta succedendo in questi giorni a Roma nel campo del volontariato conferma che i musei debbano partecipare pienamente, in questo caso, a progetti che non stravolgano la partecipazione dei volontari che ha come fini, ricordiamocelo, la promozione della reciprocità che crea legami sociali, del senso di appartenenza civica al patrimonio, della mediazione di prossimità che attenui l'autoreferenzialità dell'istituzione e non, in prima battuta, il risparmio dei costi nella gestione del museo.

Ho introdotto questo tema non per complicare ulteriormente un quadro già affollato di criticità, ma per sottolineare come non si possa prescindere dalla nostra voce. Come sapete, il governo sta pensando a una nuova legge sul terzo settore. Si parla, a questo proposito, di estensione del servizio civile (che, intanto, viene ridotto per mancanza di risorse) e di misure premiali verso comportamenti donativi dei cittadini. Volontari che terranno aperto un museo?

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Non lo so, ma è certo che dovremmo stare attenti anche a quello che succederà in questo campo.

Una conclusione. Giovanni Battista Cavalcaselle, al quale si devono molte raccolte statali e comunali dopo le leggi di soppressione, temeva per le sorti dei beni ecclesiastici nel trasferimento ai Comuni. Possiamo dire ora che non è successo nulla che di quello si paventava.

La notte resta buia e tempestosa ma dobbiamo, almeno, nutrire la fiducia nel nuovo che, in parte, non ebbe il grande Cavalcaselle.

Claudio Rosati – Presidente del Comitato dei Probiviri di ICOM Italia

2. Conclusioni alla seconda sessione: La riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e i musei

Un “nuovo” sistema museale italiano

Per quanto riguarda i musei, la riorganizzazione del Ministero introduce nella normativa statale modificazioni che hanno un valore “epocale”.

Con questo provvedimento infatti, da un punto di vista giuridico, si conclude il lento processo che dalla fine degli anni Novanta ha portato alla lenta emersione del museo italiano come soggetto e come istituto, ponendo fine a quella eclissi del museo che ha caratterizzato la normativa e la cultura del museo statale per tutto il Novecento.

Il dpCM 171/14 si caratterizza anche per il carattere “costituivo” delle sue norme che non si limitano infatti a:

- dare una definizione del museo finalmente corrispondente a quella di riferimento a livello internazionale, adottando quella dell’ICOM;

- prevedere per i musei statali livelli diversi di autonomia, tutti comunque ispirati all’idea che esso vada considerato come istituto;

- collocarli nel quadro di un sistema nazionale articolato su scala regionale in sistemi “misti”, comprensivi dei musei degli enti territoriali e privati;

ma affida la loro responsabilità e quella dei processi di adeguamento a standard internazionali a un’apposita Direzione generale.

Questo insieme di elementi consente in primo luogo di affermare che la struttura organizzativa del Ministero dal 2015 assume un carattere omogeneo rispetto al rapporto fra tutela e valorizzazione, fra uffici addetti alla tutela territoriale, le Soprintendenze, e gli “istituti della cultura”, archivi, biblioteche e musei, come già era in campo archivistico e bibliotecario7 e ora avviene anche in ambito museale.

In secondo luogo ai musei statali si riconosce quell’identità di istituto, caratterizzato da finalità e da funzioni proprie e strutturati sulla base di norme che ne definiscono l’organizzazione e il funzionamento, attribuendo loro diversi gradi di autonomia finanziaria e gestionale.

Infine si prevede la costruzione di un Sistema museale nazionale, statale, ma aperto alla cooperazione con Regioni ed Enti locali affinché a livello regionale prendano vita sistemi misti unitari, comprensivi di tutti i musei indipendentemente dalla proprietà.

L’autonomia dei musei

Si tratta della prima organica risposta a esigenze emerse già negli anni Sessanta nell’ambito del confronto sui musei sviluppatosi all’interno della Commissione Franceschini, quando già i

“musei non statali” avevano conquistato questo status con l’approvazione della L. 1080/608. La dichiarazione LXXIII, indicava l’opportunità di adottare “particolari disposizioni […] per l’organizzazione e per il funzionamento dei Musei”9.

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Le stesse esigenze furono ribadite nel 1990 nel Documento finale della Prima conferenza nazionale dei musei10, dando vita a un breve quanto intensa stagione di proposte legislative coerenti con le conclusioni della Conferenza, iniziata e conclusa nel 199211.

Seguirono, negli anni successivi, le proposte di autonomia, limitate ai maggiori musei statali elaborate dal ministro “tecnico” Antonio Paolucci, oggetto di un ampio dibattito, ma rimaste inattuate in un momento in cui riprendeva il dibattito sull’autonomia dei musei nell’intero ambito pubblico.

Ne risentirono previsioni del D.lgs 368/9812 che prevedeva la possibilità di dotare talune soprintendenze di un’autonomia speciale e la facoltà del Ministero di costituire o partecipare a associazioni, fondazioni o società. Il DPR 414/2000 andava oltre, individuando un’organizzazione periferica costituita anche da “musei e altri istituti di conservazione dotati di autonomia”, all’origine della costituzione di alcune Soprintendenze speciali per i poli museali di Venezia, Firenze, Napoli, Roma…13.

Questa rapida carrellata sulla nascita e l’evolversi delle aspirazioni all’autonomia gestionale e scientifica dei musei e sulle risposte tardive e parziali che esse hanno avuto nell’ultimo mezzo secolo risponde all’obiettivo di evidenziare che il dpCM 171/14 da un lato soddisfa richieste espresse da molti decenni da parte della comunità museale e delle sue organizzazioni, ma anche all’interno stesso del Ministero e che, dall’altro, esso sfugge alla parzialità delle precedenti risposte, caratterizzandosi per l’organicità e completezza del disegno di “riforma”

dei musei statali14.

Ci sembra in conclusione che le premesse per l’effettiva costruzione di un sistema museale italiano (che ha costituito il principale obiettivo perseguito da ICOM Italia, in particolare nell’ultimo decennio), siano state poste.

Per questo, dopo anni in cui ci è toccato di esercitare tutto il nostro spirito critico nei confronti dei provvedimenti governativi, con la sola eccezione dell’adozione dell’Atto di indirizzo in materia di standard del 2001, cui ICOM e le altre associazioni museali hanno del resto partecipato con entusiasmo e fiducia, ci si possa ora impegnare senza riserve nell’attuazione della “riforma” promossa dal Ministro Franceschini in ambito museale, collaborando, criticamente e costruttivamente, ad essa.

Norme e politiche

Le norme costituiscono solo uno degli elementi delle politiche che, per essere attuate, necessitano di obiettivi e tempi definiti, di risorse umane ed economiche e di una costante valutazione al fine di correggerle e migliorale.

Troppe riforme sono restate sulla carta per limitare il giudizio alle sole norme.

Attuare la riforma comporterà il non facile scorporo dei musei dalle strutture di cui hanno sinora fatto parte, dotarli di statuti e regolamenti, ma anche di risorse umane, economiche e strumentali “proprie”, creare profili professionali oggi non previsti formalmente nei ruoli del Ministero, dai direttori ai conservatori ai responsabili dei servizi educativi e della sicurezza…

Operazione complessa, da realizzare sulla base di standard e criteri comuni15, ma anche con attenzione clinica e stimolando la partecipazione attiva di tutto il personale, utilizzando il loro coinvolgimento come occasione di formazione e aggiornamento. E anche un processo da realizzare in tempi definiti, realistici e concordati per evitare le paralisi e gli sbandamenti tipici dei processi di cambiamento non guidati e seguiti professionalmente.

Chi condurrà questo processo? Come sarà realizzato, dal centro alla periferia? In quali tempi?

Con quale gradualità? Molto dipenderà dalle competenze e dalle professionalità riunite nella nuova Direzione generale musei, quanto dalla sua capacità di articolarsi regionalmente

Difficile inoltre pensare che dall’autonomia e dal conseguente miglioramento della qualità dei servizi non emergano maggiori costi e di conseguenza la necessità di disporre di maggiori risorse. Il Ministero dispone di queste risorse aggiuntive? Le otterrà attraverso una revisione

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interna della spesa (a scapito di chi e di che cosa?), attraverso una miglior integrazione delle politiche o riuscendo a farsi assegnare risorse aggiuntive?

Il sistema museale nazionale

L’obiettivo di costruire un sistema museale nazionale è però assai più ambizioso perché mira a costruire un sistema integrato fra tutti musei pubblici e privati, dando così fine alla storica separazione fra i musei statali e quelli degli Enti locali che ha perdurato dall’Unità in poi; una separazione che è stata individuata come pesante limite, anche per l’implicita superiorità dei primi rispetto ai secondi che esprimeva, da parte dei rappresentanti dei musei degli enti locali in occasione delle audizioni della Commissione Franceschini16. L’attribuzione alle Regioni delle competenze in materia di “musei e biblioteche locali” in seguito ampliata a quelli “di interesse locale” 17 ha di fatto mantenuto questa divisione, impedendo l’adozione di politiche museali comuni sul piano territoriale, fino ai giorni nostri. Esemplare è stata, da questo punto di vista, l’applicazione degli standard che pure derivavano dall’Atto di indirizzo sui criteri tecnico- scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei (D. Lgs. n.112/98 art. 150 comma 6), approvato con Decreto ministeriale del 10 maggio 2001. Mentre le Regioni che lo hanno recepito e lo hanno applicato adottando procedure di accreditamento dei musei non statali, quelli statali non sono stati coinvolti se non a livello delle ricerche e pubblicazioni dell’Ufficio studi del Ministero18.

Il dpCM esprime la chiara volontà politica di superare questa divisione, prima parificando lo status dei musei statali a quello degli altri musei, poi superando la logica implicita nei Poli museali di costituire sistemi limitati ai soli musei statali con la proposta di creare poli/sistemi

“misti” su scala regionale.

L’abbattimento di questo muro va colto non solo in sé, ma per il potenziale impatto che esso può avere anche in altri ambiti, come quello archivistico o bibliotecario. Se estesa anche a questi ambiti, l’appartenenza di un istituto allo Stato non dovrebbe impedirne l’adesione a sistemi misti di settore né a sistemi integrati, con tutto quello che può conseguirne in termini non solo di coordinamento, ma anche di integrazione delle politiche pubbliche in materia di musei, archivi, biblioteche con la non secondaria possibilità di realizzare anche economie di scala.

Politiche pubbliche condivise

Per raggiungere l’obiettivo di politiche pubbliche condivise è peraltro necessaria la “leale collaborazione” fra tutti gli enti interessati, dando vita a un quadro istituzionale partecipato, in primo luogo da Regioni e Enti locali, rendendo possibile la creazione di sistemi museali misti a livello regionale e sub-regionale.

Si tratta di un’architettura complessa che, da un lato, deve portare a rivedere l’intero quadro di attribuzione delle competenze, soprattutto in una situazione in cui agli Enti locali, ad esempio, non sono più riconosciute le funzioni che pure esercitano ordinariamente con il conseguente rischio di una cancellazione degli stessi trasferimenti economici a loro favore.

La crescente diminuzione della spesa destinata dagli Enti locali ai beni e alle attività culturali, la non sostituzione del personale (direttivo, in primo luogo) andato in pensione, il mancato reclutamento di nuovo personale hanno profondamente messo in crisi musei, biblioteche e archivi locali, regrediti a condizioni forse peggiori di quelle esistenti prima degli anni Settanta.

La scelta di attuare una programmazione negoziata nel campo della gestione dei musei, ma anche degli archivi e delle biblioteche e della stessa tutela, in grado di raccogliere non solo le risorse pubbliche, ma anche quelle private coordinando la spesa a livello territoriale, sembra un’opzione decisiva. Quanto prevista e quanto possibile?

Il nodo delle risorse si intreccia con quello dell’architettura dei sistemi territoriali che, da parte di MAB, vengono sempre più pensati come sistemi “integrati” tra archivi, musei e biblioteche,

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ma anche individuando un rapporto virtuoso tra enti di tutela e istituti della cultura. La creazione dei sistemi museali regionali favorirà o rallenterà un processo di integrazione funzionale sul piano culturale, ma anche essenziale in una fase di risorse scarse, tra chi fa tutela e chi opera nei musei, statali e non statali? Anche su questo aspetto l’interrogativo è aperto. Per quanto il protocollo d’intesa firmato a maggio fra ANCI e MiBACT19 costituisca un positivo segnale di dialogo fra Ministero ed Enti locali, i nodi da sciogliere, anche con le Regioni sono ancora moltissimi.

Le prove di concertazione non possono limitarsi ad aspetti sia pure importanti come il coordinamento degli orari e delle tariffe, ma irrilevanti rispetto ai ben più pesanti nodi delle architetture istituzionali, delle risorse economiche e del coordinamento della loro gestione.

Con un vantaggio, rispetto ad altri momenti: negli anni Settanta, la nascita stessa del ministero rappresentò una forma di arroccamento da parte dello Stato e corrispose a una sua auto- sottrazione dal ruolo di guida e coordinamento su scala nazionale del processo di trasferimento delle competenze alle Regioni.

Oggi invece il Ministero si trova nella possibilità di svolgere questa funzione, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e dell’autonomia di regioni ed Enti locali e promuovendo al tempo stesso un coordinamento operativo fra tutte le amministrazioni pubbliche anche in vista di quella riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione che, per quanto a stento e lentamente, è in corso di discussione.

SMN, SBN, SAN

La nascita, per ora sulla carta, del Sistema museale nazionale parifica la situazione dei musei a quella degli archivi e delle biblioteche delineando, anche all’interno del Ministero, una direzione tripartita degli istituti culturali. Tripartita e formalmente paritaria, che assegna a ciascuna delle Direzioni il compito di dirigere e coordinare il proprio comparto nel rispetto delle specificità tanto degli istituti quanto delle professionalità presenti al loro interno.

Questa differenziazione convince, ma stimola anche a pensare alla necessità di un dialogo tra le tre Direzioni finalizzato non solo a individuare gli elementi di convergenza tra i tre ambiti, a favorire lo scambio fra saperi, a promuovere progetti di comune interesse, ma anche a promuovere, a livello periferico, la creazione di sistemi integrati.

A un modello di guida e direzione tripartito sul piano verticale (corrispondente alle diverse tipologie di istituti) dovrebbe infatti poter corrispondere, ovunque si renda necessario e opportuno, un modello integrato a livello orizzontale (territoriale).

Ci sembra che questo possa essere il miglior modo per combinare unità e differenza tra saperi e pratiche la cui convergenza non può in alcun andare a scapito della loro specificità.

I colleghi degli archivi e delle biblioteche hanno evidenziato, ciascuno per il proprio ambito, le molte criticità presenti nella riorganizzazione20, con accenti molto diversi rispetto alle posizioni di ICOM Italia.

Crediamo che di esse si debba tener conto nella formulazione di una posizione comune, ma siamo anche convinti che la creazione di una Direzione generale musei possa in futuro contribuire a porre le basi per una parità non solo formale, ma sostanziale fra le tre Direzioni generali, costituita da un’equilibrata dotazione delle risorse, umane, economiche e strumentali ottenibile anche attraverso la condivisione di standard di organizzazione e funzionamento degli istituti, di criteri catalografici, di piattaforme informatiche, di progetti di digitalizzazione, di corsi di formazione, comuni.

Standard per il Sistema museale nazionale

La creazione di un Sistema museale nazionale, che nasce per impulso e sotto la direzione del MiBACT, passa attraverso una serie di accordi, nazionali e su scala regionale, con gli Enti territoriali e l’adesione ad esso da parte dei singoli musei.

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Questa adesione, che andrà promossa e sollecitata, non potrà d’altra parte essere accolta in modo generalizzato e indiscriminato, ma andrà stabilita, a nostro parere, in base al possesso da parte dei musei coinvolti nel SMN, di requisiti minimi, come accade del resto in Francia per l’acquisizione del marchio “Musées de France”21.

La costituzione di un Sistema museale nazionale costituisce una grande occasione per generalizzare a livello nazionale gli standard e i processi di accreditamento promossi sinora solo da una parte delle Regioni, ma con l’esclusione dei musei statali, individuando finalmente quei “livelli uniformi di qualità” per ben due volte definiti e però mai approvati formalmente.

Cruciale sarà anche l’adozione di una “Carta nazionale delle professioni museali” che, facendo tesoro della Carta nazionale delle professioni museali del 200522 e del Manuale europeo delle professioni museali del 200623, preveda una definizione unitaria e cogente dei principali profili dei professionisti museali.

In ultimo, non solo pensando alla creazione di sistemi integrati (musei, archivi, biblioteche), ma anche agli ultimi esiti dei lavori della Cabina di regia istituita presso il Ministero per individuare e fissare livelli uniformi di qualità non solo per i musei, ma anche per gli archivi e le biblioteche, pare naturale estendere e condividere con gli altri due Sistemi (ISB e SAN), la logica degli standard, adottando anche in questi due ambiti i criteri e i modi di funzionamento che abbiamo delineato per quanto riguarda il SMN.

Sono tutti punti che non hanno avuto spazio nel dpCM anche perché fanno parte della sua attenzione e su cui vogliamo attirare l’attenzione del Ministro e di tutti coloro che dovranno applicarne le indicazioni di ordine politico, sottoponendole all’attenzione di tutti i professionisti del patrimonio culturale.

Il ruolo dei professionisti museali (e del patrimonio culturale)

Nonostante la riorganizzazione sia frutto di una lunga elaborazione – iniziata sotto il Ministro Bray - e non siano mancate le audizioni da parte della Commissione incaricata di elaborarla, negli scorsi mesi abbiamo registrato molte lagnanze, anche da parte di soci di ICOM Italia, per la mancata consultazione dei più diretti interessati da parte del Ministro e dei vertici ministeriali nella definizione finale del dpCM.

Possiamo capire, pur dissentendone, le ragioni di questa scelta che, a decreto approvato, non può più essere seguita, se non si vuole ritardarne l’applicazione, ridurne la portata innovativa, sino a renderla, come tante, una “riforma di carta”.

La portata generale del provvedimento ci fa però dire che il coinvolgimento dei soli diretti interessati non basta, che il confronto coinvolge l’intera comunità dei professionisti del museo e del patrimonio generale, le loro associazioni.

Ci diamo per questo disponibili, in primo luogo come ICOM Italia, ma anche in stretta unità con le Associazioni riunite nella Conferenza permanente delle Associazioni museali (AMACI, AMEI, ANMLI, ANMS, SIMBDEA) e in MAB (AIB e ANAI), a promuovere un dibattito su scala nazionale, regionale e locale, coinvolgendo tutti professionisti dei musei e, in sede MAB anche degli archivi e delle biblioteche, qualunque sia l’Ente di appartenenza in un confronto generale e specifico sulle modalità di attuazione del decreto e delle sue diverse previsioni.

Crediamo che questo confronto – che non ha e non vuole avere un carattere “sindacale” – sarebbe facilitato se da parte del Ministero venissero individuate, a livello nazionale e regionale, delle sedi in cui riportare gli esiti di questo dibattito. Siamo certi infatti che da esso possano scaturire proposte di ordine generale e indicazioni specifiche, suggerimenti di miglioramento delle disposizioni e del processo di applicazione.

Pensiamo soprattutto che proprio dal coinvolgimento dei professionisti possano scaturire proposte in ordine alla formazione e all’aggiornamento dei professionisti, sicuramente necessari a tutti i livelli nella fase di costruzione del Sistema museale nazionale, anche in forma di scambio di buone pratiche tra professionisti in un confronto tra “pari” in vista di quella

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scuola di alta formazione dei professionisti del patrimonio culturale che riteniamo debba costituire un obiettivo prioritario della nuova Direzione Educazione e formazione.

Daniele Jalla - Presidente di ICOM Italia Post scriptum

La lettura del Decreto Ministeriale del 13 dicembre 2014 relativo all’“Organizzazione e funzionamento dei musei statali”24, conferma ulteriormente il giudizio espresso nelle conclusioni del Seminario di Bologna.

Il Decreto, che assume a riferimento la definizione di museo dell’ICOM nella sua interezza, fa del museo statale italiano un istituto, indipendentemente dal fatto che esso sia un “museo- ufficio” o goda di una parziale o totale autonomia tecnico-scientifica e gestionale.

Tutti i musei statali devono ora dotati di una missione, di uno statuto, di un bilancio autonomo, di un’organizzazione che prevede la figura del direttore e le figure professionali minime, in coerenza con standard definiti dalla Direzione generale musei coerenti “con il decreto ministeriale 10 maggio 2001, recante “Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei” e con gli standard elaborati dall’International Council of Museums (ICOM)”.

Questa compiuta e organica individuazione del museo, finalmente allineata con gli standard interanzionale chiude un’epoca e ne apre una radicalmente nuova.

Consideriamo del tutto secondari alcuni elementi del Decreto, che in fase di applicazione sarà opportuno approfondire come, ad esempio, la mancata citazione della figura del “responsabile delle attività educative” sviluppata nella Carta nazionale delle professioni museali del 2005, al momento compresa sotto la più generica dizione di “responsabile del fundraising, del marketing, dei servizi e rapporti con il pubblico”, in coerenza peraltro con la struttura dell’Atto di indirizzo del 2001.

Aperte alla discussione e degne di serio approfondimento ci sembrano piuttosto le modalità di costruzione del Sistema museale nazionale, “promossa e realizzata dai direttori dei poli museali regionali” “tramite apposite convenzioni stipulate con il direttore del Polo museale regionale territorialmente competente” per comprendervi “ogni altro museo di appartenenza pubblica o privata, ivi compresi i musei scientifici e i musei demoetnoantropologici”.

Con chi saranno stipulate queste convenzioni? Direttamente con i musei (e/o le amministrazioni responsabili) o piuttosto, come parrebbe più opportuno, nel quadro di accordi – su scala nazionale e regionale – con gli Enti territoriali e le loro organizzazioni nazionali (ANCI, UPI, Conferenza delle Regioni, UPI)?

Riteniamo la svolta compiuta dal Ministero troppo importante per non fare della sua nuova visione del museo un riferimento da condividere in tutte le sedi innanzitutto prima di tutto sul piano politico e culturale, sollecitando l’insieme delle pubbliche amministrazioni a riflettere sul loro ordinamento, adottando, sulla base del proprio ordinamento se non la lettera, i principi della riforma nella loro normativa.

Come ICOM Italia dovremmo per questo pensare, una volta discusso al nostro interno la

“riforma dei musei” operata dal Ministero, a individuare, anche d’intesa con il MiBACT, iniziative su scala nazionale e regionale per promuovere una visione del museo che ci è propria e che finalmente abbiamo visto riconosciuta anche sul piano normativo da parte dello Stato italiano.

DJ/23.12.14

1 Decreto del presidente del consiglio dei ministri 29 agosto 2014, n. 171, “Regolamento di

organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, degli uffici della diretta collaborazione del Ministro e dell'Organismo indipendente di valutazione della performance, a norma

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dell'articolo 16, comma 4, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89. (14G00183) (GU n.274 del 25-11-2014 ) consultabile e scaricabile dal sito del MiBACT: http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-

MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Comunicati/visualizza_asset.html_513525077.html

La “Lettera aperta al Ministro Dario Franceschini sulla riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo” del 6 agosto 2014 è consultabile e scaricabile dal sito di ICOM Italia:

http://www.icom-italia.org/images/newsletter/prot.47-214_letterafranceschini_riformamibact.pdf.

2 Vedi allegato 1.

3Dirigente dei servizi informativi e delle reti della conoscenza della Provincia di Ravenna. La sua relazione, di prossima pubblicazione, è allegata (all. 1).

4Professore di Diritto Amministrativo presso l’Università di Roma “La Sapienza” e Consigliere giuridico del Ministro Franceschini.

5 Il testo scritto della relazione di Lorenzo Casini sarà pubblicato prossimamente su “Aedon – Rivista di arti e diritto on line: http://www.aedon.mulino.it/

6 Hugues de Varine, Les musées locaux du futur. Réflexions, (Pontebernardo, 22 mai 2011). In versione italiana http://www.simbdea.it/index.php?option=com_content&task=view&id=563

7 Con la sola anomalia che le funzioni di tutela in campo librario sono attribuite dagli anni Settanta alle Regioni e che questo fatto introduce un’asimmetria di ordine istituzionale su cui forse occorrerebbe riflettere in ambito MAB, prendendo posizione su di essa.

8 L. 22 settembre 1960, n. 1080, Norme concernente i musei non statali che prevedeva che i musei una volta classificati nelle categorie di multipli, grandi, medi, minori, essi venissero dotati di un regolamento.

http://sistemimuseali.sns.it/content.php?ids=4&fun=pdf&idAU=152&c=1412&el=15&o=attiUfficiali_d ataInterna .

9 Dichiarazione LXXIII (musei), in Per la salvezza dei beni culturali, Roma 1967, I, pp.111-2 http://www.fbsr.it/media/2013/04indicivoliiiiii_1249_1360751963.pdf .

10 http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/UfficioStudi/documents/1296473894966_Not_34- 35a_pg_63-66.pdf

11 Nel 1992 furono presentati due disegni di legge, noti con il nome dei loro proponenti, gli onorevoli Chiarante e Covatta: il primo proponeva la distinzione tra “musei di minore rilevanza”, “musei non equiparati alle soprintendenze”, “musei equiparati a soprintendenza”; il secondo tra “musei-uffici”,

“musei autonomi”, “musei speciali”. Nessuno dei due fu approvato, a differenza della Legge 4/93, meglio nota come” Legge Ronchey”.

12 D.lgs 20 ottobre 1998, Istituzione del Ministero per i beni e le attività culturali a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (http://www.parlamento.it/parlam/leggi/deleghe/98368dl.htm) .

13 DPR 29 dicembre 2000, n. 441, Regolamento recante norme di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali (http://www.aedon.mulino.it/archivio/2001/1/rego.htm) .

14 L’adesione allo spirito della riforma non significa assolutamente che non si nutrano forti perplessità e anche alcune contrarietà rispetto ad alcune delle norme, espresse peraltro formalmente al Ministero, e profonde preoccupazioni sulla sua applicazione, tanto più perché essa implica consenso e partecipazione da parte di altri attori istituzionali, dalle Regioni agli Enti locali.

15 Individuati dal dpCM 171/14, per quanto riguarda i musei, negli standard elaborati dall’International Council of Museums (ICOM).

16 Si veda il suo intervento nel già citato Per la salvezza dei beni culturali in Italia 1967, T. II, pp. 952-959

17 Prevista dall’art. 117 della Costituzione e dal dPR 3/72 e così modificata da dPR 616/77.

18 Si vedano in particolare Musei pubblico territorio. Verifica degli standard nei musei statali, a cura di A. Maresca Compagna, S.C. Di Marco, E. Bucci, Gangemi Editore, Roma 2008,

http://www.ufficiostudi.beniculturali.it/mibac/export/UfficioStudi/sito-

UfficioStudi/Contenuti/Pubblicazioni/Volumi/Volumi-pubblicati/visualizza_asset.html_1775337363.html Musei di qualità. Sistemi di accreditamento dei musei d'Europa, a cura di A. Maresca Compagna e M.

Sani, Gangemi Editore, Roma 2008.

http://www.ufficiostudi.beniculturali.it/mibac/export/UfficioStudi/sito-

UfficioStudi/Contenuti/Pubblicazioni/Volumi/Volumi-pubblicati/visualizza_asset.html_1694595991.html

19 http://www.librari.beniculturali.it/opencms/export/sites/dgbid/it/documenti/Normativa/ProtDGBID- SIAE12052014.pdf

(10)

10

20 Si vedano le posizioni di AIB (http://www.aib.it/attivita/2014/46349-riforma-mibact-biblioteche- cenerentole/) e di ANAI

(http://media.regesta.com/dm_0/ANAI/anaiCMS//ANAI/000/0613/ANAI.000.0613.0001.pdf)

21 http://www.culturecommunication.gouv.fr/Aides-demarches/Protections-labels-et- appellations/Appellation-Musee-de-France

22 http://www.icom-italia.org/images/documenti/cartanazionaleprofessioni2008.pdf

23 http://www.icom-italia.org/images/documenti/manualeeuropeoprofessioni2008.pdf

24 http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/30045

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