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Rene senile:insufficienza renale nell’anziano C 45

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Rene senile: insufficienza renale nell’anziano

Teresa Cammarota, Giuseppe Piccoli, Antonino Sarno, Claudio Rabbia, Giovanni Bonenti, Gilda Olivieri

L’invecchiamento progressivo della popolazione nei paesi occidentali e l’elevata inci- denza di ultrasessantenni avviati al trattamento dialitico regolare stanno focalizzando l’attenzione sulle nefropatie degli anziani e sulla fisiopatologia del rene senile [1, 2].

Invecchiamento renale

Con il progredire degli anni intervengono generalmente importanti modificazioni strut- turali dei reni che ne determinano una riduzione di peso, di volume, delle dimensioni globali e dello spessore della corticale.

Mediamente, tra i 50 e gli 80 anni di vita il diametro longitudinale renale può dimi- nuire anche di 2 cm, con una perdita di un 40% di volume [3].

Negli anziani, in genere i reni hanno una superficie liscia o finemente granulare;

solo una minoranza presenta aree cicatriziali. Il grasso sinusale aumenta e l’area sinu- sale è in genere ampia. Cisti renali sono comuni: oltre la quinta decade il loro numero e il loro volume tendono a crescere. Nei glomeruli si espande la matrice mesangiale e la membrana basale si ispessisce; si accresce il numero dei glomeruli sclerotici, parti- colarmente di quelli corticali, e la massa nefronica si riduce [4]. Contemporaneamen- te ad alterazioni delle arteriole afferenti ed efferenti glomerulari, prevalentemente in sede midollare, si instaurano shunt tra arteriola afferente ed efferente. Compaiono dif- fusi fenomeni di fibrosi interstiziale, soprattutto nella midollare.

Il corrispettivo funzionale di queste modificazioni strutturali è rappresentato da una riduzione dei valori del filtrato glomerulare, mediamente da 130 a 80 ml/min tra i 30 e gli 80 anni [5], con un’accentuazione dopo i 65 anni [6]. Esistono peraltro ampie variazioni individuali, e una perdita sensibile di funzione renale non è inevitabile.

Nonostante la diminuzione dei valori della clearance della creatinina, quelli della crea- tininemia tendono a mantenersi a lungo invariati per la sua minor produzione da parte delle masse muscolari che, con l’invecchiamento, vanno incontro a una riduzione.

Il flusso ematico renale, particolarmente quello corticale, diminuisce; la frazione di filtrazione [7] e le resistenze vascolari aumentano [8]. Si riducono la riserva funziona- le renale [8], la capacità di concentrare le urine, di eliminare prontamente un carico di acqua e di sodio e di trattenere il sodio in situazioni di restrizione acuta. È invece con- servata la capacità di trattenerlo in condizioni di riduzione cronica del suo apporto [9].

La nicturia diventa comune. L’albuminuria aumenta con l’età [10, 11]; la microal- buminuria, la cui prevalenza è elevata in presenza di diabete, di ipertensione arteriosa e di nefroangiosclerosi [11, 12], è un predittore di mortalità accresciuta nei soggetti anziani non diabetici [13].

Un numero elevato di cisti corticali può contribuire al decremento funzionale, ma cisti

renali isolate di dimensioni modeste sono ininfluenti sulla situazione funzionale.

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Nessuno degli studi che hanno messo in evidenza queste alterazioni anatomo-funzionali degli anziani ha tuttavia escluso i pazienti con fattori comorbidi capaci di alterare le strutture renali [2, 9, 14]. Pertanto, il problema della reale responsabilità nella loro pato- genesi del solo invecchiamento resta al momento insoluto, e nel singolo caso è spesso incer- to quanto un decremento funzionale sia dovuto solo all’età e quanto all’intervento, even- tualmente combinato, di numerosi processi patologici, spesso associati (Tabella 1).

Tabella 1. Processi patologici più comunemente responsabili, spesso in associazione, delle alter- azioni anatomo-funzionali croniche dell’anziano

a) Nefroangiosclerosi, aterosclerosi, malattia renovascolare, embolia colesterinica, ipertensione arteriosa

b) Dislipemia, iperuricemia, obesità, sindrome metabolica, fumo di tabacco, insufficienza cardiaca, diabete, infezioni attuali o pregresse eventualmente inosservate, danni da farmaci (in particolare antinfiammatori , analgesici e antibiotici), fattori dietetici (?)

c) Nefropatie primitive e secondarie parenchimali vascolari, glomerulari, interstiziali, ostruzione delle vie urinarie, nefrolitiasi

In base a queste osservazioni si può affermare che, nell’anziano, alterazioni renali isto- patologiche e funzionali sono comuni, ma anche che una sensibile perdita di funzione renale non è inevitabile, e che la compromissione ha spesso una patogenesi polifattoriale.

Malattie renali nell’anziano

Tutte le patologie glomerulari, vascolari e tubulointerstiziali già riscontrabili nelle età precedenti possono essere osservate nell’anziano, peraltro con una prevalenza diffe- rente dalle età precedenti.

La nefroangiosclerosi è la nefropatia cronica più comune. È caratterizzata da una fibroplasia intimale arteriosa, con riduzione delle cellule muscolari della parete e sosti- tuzione con una neointima composta da strati concentrici di collagene, che interessa elet- tivamente le arterie interlobulari; è caratterizzata inoltre da jalinosi arteriolare, obso- lescenza glomerulare e fibrosi interstiziale. I suoi rapporti con l’ipertensione arteriosa sono controversi sin dalle prime descrizioni di questa malattia, che Fahr riteneva esse- re una lesione primitiva, mentre Volhard la considerava come conseguenza dell’iper- tensione arteriosa essenziale. È verosimile che entrambe le ipotesi possano essere vali- de. La seconda eventualità è però più frequente.

Il Baltimore Longitudinal Study of Ageing [4, 15], nel quale 446 persone sono state

seguite anche per 24 anni, suggerisce che la riduzione dei valori di filtrato glomerulare

sia strettamente collegata all’ipertensione: in assenza di ipertensione arteriosa o di altre

cause identificabili di malattie renali, un terzo degli anziani aveva valori stabili di filtra-

to glomerulare su tutto il periodo esaminato. Questa osservazione concorda con il fatto

che nella pratica clinica il rapporto della lesione renale con un’ipertensione arteriosa di

lunga durata in genere è ben evidente, e spesso coesistono fattori cardiovascolari di

rischio (dislipemia, intolleranza ai glicidi, fumo di tabacco, obesità).

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La diagnosi di nefroangiosclerosi è d’abitudine clinica (Tabella 2); nella pratica cli- nica essa può essere sovrastimata, in quanto la sua presentazione è aspecifica e può essere simile a quella di altre nefropatie croniche oligosintomatiche.

Piuttosto comune nella terza età è la malattia renovascolare, termine con il quale si indicano i processi morbosi e le alterazioni anatomiche che, riducendo il lume delle arterie renali principali, determinano una condizione di ischemia renale [16].

Tabella 2. Elementi diagnostici in favore di una nefroangiosclerosi

Riduzione della clearance della creatinina con:

- Proteinuria in limiti fisiologici o poco al di sopra

- Sedimento urinario con alterazioni minori (cilindruria jalina, microematuria molto modesta)

- Assenza anamnestica e attuale di segni e sintomi di altre nefropatie parenchimali - Ipertensione arteriosa di lunga data, in genere non ben corretta

- Aterosclerosi a carico di altri distretti vascolari (aortico, periferico, cardiaco, ecc.) - Eventuali pregressi episodi di ipertensione grave

Sclerolipomatosi sinusale; riduzione dei diametri renali; riduzione dello spessore della corticale associate alla riduzione dei valori di clearance o eventualmente isolate Negatività dell’eco-Doppler per stenosi delle arterie renali principali; aumento delle resistenze parenchimali intrarenali

La biopsia renale, raramente indicata, può consentire la diagnosi in un quadro clinico-laboratoristico dubbio

In questo contesto si distinguono l’ipertensione renovascolare e la nefropatia ischemica.

Schematicamente, l’ipertensione renovascolare può essere definita come condizione di ipertensione sistemica senza insufficienza renale, conseguente a un danno primitivo delle arterie principali di un solo rene, in grado di attivare il sistema renina-angiotensina.

Per nefropatia ischemica si intende invece una sindrome caratterizzata dalla riduzione del filtrato glomerulare e dalle alterazioni funzionali, ormonali e anatomiche seconda- rie all’ipoperfusione renale per una stenosi emodinamicamente significativa di entram- be le arterie renali (o di un’arteria renale in un rene unico).

Per quanto questa differenziazione mantenga un indubbio valore teorico e descrit- tivo, dal punto di vista pratico si preferisce spesso impiegare il termine di stenosi arte- riosa renale, mono- o bilaterale, completato eventualmente da quello di “efficace” (per indicare le lesioni emodinamicamente significative, in genere superiori al 60-70% del lume vasale) e dal riferimento alla patologia di base, nell’anziano più comunemente aterosclerotica (Tabella 3).

La sua prevalenza cresce con l’età: una stenosi di grado severo (> 50%) è stata ripor-

tata nel 5% in pazienti deceduti con età < 64 anni, nel 18% in quelli deceduti tra 64-75

anni e ben nel 42% nei pazienti deceduti oltre i 75 anni. Nel 50% di tutti i casi la stenosi

risultava bilaterale. Essa è inoltre elevata in presenza di lesioni ostruttive aterosclero-

tiche di altri distretti: nel 14,1-43,8% delle vasculopatie periferiche degli arti inferiori

[16], nel 39% delle arteriopatie ileofemorali [17], nel 13-48% di stenosi coronariche

[16], nel 38% degli aneurismi aortici [17].

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Non deve quindi stupire che negli ultimi anni questa diagnosi sia diventata piutto- sto comune. L’interesse nei suoi confronti è largamente giustificato dalla sua capacità di indurre o aggravare l’ipertensione arteriosa e di provocare danni morfo-funzionali sino all’atrofia parenchimale e all’insufficienza renale irreversibile, e dal fatto che l’angio- plastica può risolvere o migliorare l’ipertensione arteriosa, migliorare o proteggere la funzione renale e avere un effetto positivo su concomitanti problemi cardiovascolari secondari alla lesione renale.

Il sospetto diagnostico può essere suggerito da numerosi segni e sintomi (Tabella 4):

i più comuni sono la comparsa improvvisa di un’ipertensione arteriosa grave o un suo

Tabella 3. Eziologia delle stenosi dei grossi vasi arteriosi renali

- Malattia aterosclerotica - Displasia fibromuscolare

- Arteriti (es. arterite di Takayashu, arterite di Kawasaki) - Sindrome da antifosfolipidi

- Aneurisma dissecante dell’arteria renale - Aneurisma dissecante dell’aorta addominale

- Compressione esterna da tumore (incluso il feocromocitoma) - Cisti renali

- Traumi addominali

Tabella 4. Principali elementi di sospetto per una stenosi arteriosa dei grossi vasi renali

- Comparsa improvvisa di uno stato ipertensivo in età > 50-55 anni - Anamnesi di forte consumo di sigarette

- Asimmetrica riduzione dei diametri renali - Soffio addominale sisto-diastolico

- Ipertensione “refrattaria” alla terapia (tre farmaci a pieno dosaggio)

- Difficoltà al controllo pressorio in pressione arteriosa in precedenza ben controllata - Episodi di flash edema

- Aumento della creatinina dopo:

a) somministrazione di ACE inibitori

b) un trattamento ipotensivo efficace (riduzione pressoria al di sotto di una pressione di perfusione renale critica)

c) un trattamento diuretico o diarrea profusa specie in presenza di ACE inibitori (la deplezione di sodio tende a convertire una condizione di ipertensione sodiodipendente (tipica delle stenosi bilaterali) in renino dipendente d) somministrazione di FANS, specie in presenza di ACE inibitori e diuretici

- Rapido incremento o andamento irregolare di ascesa della creatininemia in assenza di alterazioni urinarie di rilievo

- Presenza di un contesto anatomo-clinico evocatore di associazione ACE, acetil-colinesterasi; FANS, farmaci anti-infiammatori non steroidei

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inspiegato aggravamento, una riduzione rapida dei valori di clearance della creatini- na, eventualmente conseguente all’impiego di ACE (acetil-colinesterasi) inibitori, o anche la comparsa ricorrente di edema polmonare acuto (flash edema) in assenza di una importante cardiopatia di base, che può essere evitato con l’angioplastica renale [18].

La dimostrazione della o delle stenosi arteriose è affidata alla diagnostica per immagini, ecodoppler, scintigrafica e angiografica.

La condizione di stenosi arteriosa renale aterosclerotica “efficace”, a seconda dei casi superiore al 60-75%, deve essere distinta dalla semplice malattia aterosclerotica dei grossi vasi per consentire una scelta corretta tra trattamento medico conservativo e di angioplastica, non esente da rischi, oltreché locali, di embolizzazione colesterolica, e anche di un rapido peggioramento funzionale renale.

Nelle indicazioni hanno naturalmente un peso decisivo la gravità della stenosi, in gene- re da considerarsi come preocclusiva quando supera l’80-85%, e i dati sulla storia natura- le della malattia. A questo riguardo, inizialmente era stata descritta un’evolutività in un 30-50% dei casi, con un rischio occlusivo del 14-18% entro 3-5 anni. Gli attuali trattamenti medici sembrano aver migliorato la situazione: la stenosi non progredisce nel 50% dei casi e la progressione pare oggi più lenta che in passato. Il rischio occlusivo parrebbe ridot- to intorno al 3%. Meno del 10% dei pazienti evolverebbe verso una insufficienza renale cronica (IRC) progressiva.

L’unica prova certa dell’esistenza di una stenosi efficace è costituita dalla normaliz- zazione o dal miglioramento della funzione renale e dell’ipertensione arteriosa post angioplastica. In questo ambito rimane quindi aperto il problema della corretta indi- cazione alla rivascolarizzazione, nella quasi totalità dei casi endovascolare (percuta- neous transluminal arterial stentig), nella cui scelta si integrano abitualmente numerosi argomenti clinici, laboratoristici molto individualizzati.

L’embolia colesterinica costituisce un’altra causa di insufficienza renale, talora a rapida progressione. Raramente primitiva, essa consegue per lo più a manovre endoar- teriose, a interventi di cardiochirurgia o a un trattamento anticoagulante. La dia- gnosi è clinico-laboratoristica (lesioni cutanee, ipo C3, eosinofilia; talora peggiora- mento della funzione renale, sintomi gastroenterici, reperto positivo all’esame del fun- dus) e occasionalmente bioptica; la diagnostica per immagini ha al momento un ruolo limitato.

Le glomerulonefriti, primitive e secondarie, vasculiti renali e nefropatie interstiziali rappresentano due gruppi di malattie diffuse tra gli anziani e di grande interesse pratico.

La diagnosi di certezza è abitualmente bioptica. Fanno eccezione le pielonefriti acute, nelle quali il sospetto è posto su basi clinico-laboratoristiche, ma l’accertamento è affi- dato alla diagnostica per immagini che, nelle forme secondarie, ha in genere anche il ruolo di identificare le eventuali condizioni predisponenti (calcolosi, ostruzione, reflusso vescico-ureterale).

Tra le nefropatie secondarie ha acquistato una grande importanza la compromissio- ne renale in corso di diabete, anch’essa a genesi polifattoriale; negli USA è attualmente la prima causa per valori di incidenza tra i pazienti che iniziano la dialisi; in Italia è la seconda, dopo la nefroangiosclerosi.

Tra le nefropatie congenite merita ricordare la policistosi renale, spesso associata a

quella epatica e che non eccezionalmente viene riconosciuta solo nella terza età.

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Un’altra condizione di frequente riscontro nell’anziano è la patologia ostruttiva acuta e cronica (Tabella 5), anurizzante nelle forme bilaterali acute, spesso invece con poliu- ria anche di rilievo in quelle croniche. L’ostruzione può presentarsi con o senza IRC o con un episodio di insufficienza renale acuta (IRA).

Tabella 5. Principali cause di patologia renale ostruttiva nell’anziano

• Urolitiasi

• Ostruzione ureterale intrinseca o estrinseca neoplastica

• Sclerosi periureterale

• Patologie vescicali: vescica neurologica, neoplasie

• Ipertrofia e neoplasie prostatiche

• Ptosi vescicale grave (prolasso e tumori dell’utero, degli annessi e della vagina)

• Aneurisma dell’aorta addominale

In caso di ostruzione completa o subtotale monolaterale, con funzionalità del rene controlaterale parzialmente o totalmente conservata, la diuresi è in genere normale; se il rene controlaterale è danneggiato è invece abituale un’insufficienza renale, e si può avere un’oliguria; l’anuria è dovuta a ostruzione bilaterale delle vie escretrici o a ostruzione in rene unico (per assenza congenita o acquisita o per esclusione funzionale del rene con- trolaterale). La malattia può decorrere a lungo in modo asintomatico od oligosinto- matico, sino alla comparsa di un’IRC, o di un’IRA.

L’ostruzione acuta o cronica delle vie urinarie determina un’ischemia renale rifles- sa, che a sua volta causa atrofia tubulare e fibrosi interstiziale e glomerulare, tanto più grave nel rene senile, già soggetto a importanti processi degenerativi, e questo fatto deve essere tenuto presente nella decisione sul momento di rimozione dell’ostacolo, che deve essere tempestiva, se si vogliono impedire danni irreversibili.

Questa successione di eventi è particolarmente importante nell’anziano, nel quale il recupero del danno anatomo-funzionale post-ostruttivo è in genere più lento e non di rado incompleto. Il decorso clinico dopo la rimozione dell’ostacolo può essere molto deli- cato, soprattutto in caso di poliuria post-ostruttiva per la labilità cardio-circolatoria dell’età senile.

Insufficienza renale acuta. Nell’anziano la forma più comune è quella “prerenale”

da ipoperfusione, rapidamente reversibile con la correzione del disordine emodina- mico causale, collegato a disidratazione, eventualmente dovuta a eccessivo uso di diu- retici o a perdite intestinali, ipovolemia, infarto miocardico, insufficenza cardiaca, infe- zioni gravi, ecc.

In crescita è l’incidenza dell’insufficienza renale acuta iatrogena, a mediazione emo- dinamica, da antinfiammatori non steroidei e da ACE inibitori, spesso combinati, fre- quentemente con l’intervento scatenante della disidratazione. Non è raro che un’insuf- ficienza renale acuta di questo tipo riveli l’esistenza di una stenosi renale bilaterale in precedenza silente.

Un’insufficienza renale acuta può conseguire a gran parte delle glomerulonefriti

primitive e secondarie, a vasculopatie (in particolar modo a quelle vasculitiche) e a

lesioni interstiziali acute. Come già ricordato, nell’anziano non sono rare le forme ostrut-

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tive che, in presenza di insufficienza renale acuta, devono essere sistematicamente esclu- se con la diagnostica per immagini, contemporaneamente alla valutazione della mor- fologia renale, fondamentale per differenziare le nefropatie acute da quelle croniche in fase terminale.

La diagnostica per immagini delle nefropatie dell’anziano

La presentazione clinico-laboratoristica delle nefropatie dell’anziano è quanto mai varia, comprende tutte le grandi sindromi (nefrosica, nefritica acuta, nefritica cronica, ecc.) ed è spesso aspecifica.

Nel loro iter diagnostico e, per quanto in precedenza ricordato, forse ancor più che nelle età precedenti, è affidato un ruolo importante alla diagnostica per immagini, alla quale si chiede preliminarmente di fornire informazioni sulla morfologia parenchi- male e delle vie urinarie.

L’indagine strumentale fondamentale, e molto spesso unica, per la valutazione mor- fologica dei reni e delle vie urinarie è l’ecografia, che merita quindi un particolare rilie- vo. Nel soggetto adulto sono considerate normali le dimensioni renali quando il diametro longitudinale è compreso tra 9,5-10 e 12-12,5 cm, con una differenza tra i due lati (a favore del rene sinistro) sino a 1 cm, e una variabilità interindividuale relativa soprat- tutto all’habitus costituzionale.

In accordo con gli studi sulla riduzione del volume e dei diametri renali nel corso del- l’invecchiamento, nella pratica clinica, a partire dai 60 anni di età, è convenzionalmen- te ritenuta compatibile con la norma una diminuzione del diametro longitudinale, rispetto ai valori dell’adulto, sino a 1 cm per ogni decade successiva. Si tratta ovvia- mente di una valutazione di massima, perché piuttosto raramente è possibile disporre di un esame ecografico precedente con accurata descrizione morfo-strutturale dei reni.

Contemporaneamente, si ritiene “fisiologica” nell’anziano una modesta riduzione di spessore del parenchima, cui si associano spesso l’ampliamento e la disomogeneità strutturale del seno pielico per sclerolipomatosi (Fig. 1) [19].

Altra modificazione ecostrutturale propria del rene senile è un modesto incremen- to della ecogenicità del parenchima, in particolare della midollare, con ridotta defini- zione o scomparsa della giunzione cortico-midollare, che è per contro molto accen- tuata nel rene del bambino e generalmente netta nel rene dell’adulto.

La valutazione dell’ecogenicità del parenchima renale e la definizione di normalità sono un problema aperto dell’ecografia, in quanto legate a diverse variabili (tipo di apparecchiatura, regolazione dei guadagni e dei fuochi, tipo costituzionale del pazien-

Fig. 1. Paziente di 82 anni, con parametri di fun- zionalità renale in range: rene del diametro longitudinale di 9 cm circa, con lievi irregolarità marginali, modesto assottigliamento del paren- chima e ampliamento del seno pielico per scle- rolipomatosi

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te, esperienza dell’operatore) che non consentono una precisa classificazione di riferi- mento se non nelle alterazioni più marcate.

Convenzionalmente è ritenuta normale l’ecogenicità del parenchima renale quando risulta modicamente inferiore a quella del parenchima epatico, che peraltro è molto spesso incrementata per il frequente riscontro di steatosi, per cui sembra più obiettivo il confronto con il parenchima splenico [20].

Nell’adulto, un’ecostruttura del parenchima renale simile a quella del fegato (grado A) può già essere espressione di nefropatia [21, 22], anche se il valore predittivo positivo è molto basso [23]; quest’ultimo aumenta in modo molto significativo quando l’incre- mento della ecogenicità è più marcato (grado B > a quella del fegato; grado C = a quel- la del seno pielico) (Figg. 2-4).

Fig. 2. Nefropatia interstiziale: rene di dimen- sioni in limiti di norma, con margini regolari e parenchima di spessore nel complesso con- servato e di ecogenicità accentuata (> paren- chima epatico)

Fig. 3. Glomerulonefrite: rene di dimensioni normali, con margini regolari e parenchima di spessore conservato e di struttura nettamen- te iperecogena, simile a quella del seno pielico

Fig. 4. Nefropatia diabetica: rene di dimensio- ni normali, con margini regolari e alterazione dell’ecostruttura parenchimale, caratterizzata dalla presenza di una stria iperecogena peri- midollare

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Ciò significa che nella valutazione ecografica del rene dell’anziano non bisogna pren- dere in considerazione il grado A dell’ecogenicità parenchimale, ma segnalare solo gli incrementi di grado B e C.

Quantunque non consenta di affermare la normalità strutturale del parenchima renale, un aspetto ecografico dei reni corrispondente a quello di un adulto “normale”, o compati- bile con l’età del paziente, è molto utile per escludere che sia avvenuta un’evoluzione impor- tante verso la sclerosi parenchimale. Questo dato è particolarmente importante, per esem- pio, quando, in presenza di una sindrome nefrosica o di una sindrome nefritica cronica, si debba porre una diagnosi differenziale tra una nefropatia in fase “florida”, potenzialmen- te trattabile con successo, e una manifestazione terminale di una nefropatia cronica evolu- ta in maniera irreversibile, e si debba decidere se eseguire o meno una biopsia renale.

Nella diagnostica delle singole nefropatie l’integrazione con i dati clinici e di labo- ratorio è sempre fondamentale, in quanto alterazioni morfologiche macroscopiche, espressione di un’involuzione legata all’età, non possono in genere essere distinte da quelle di una nefroangiosclerosi o di un’altra nefropatia parenchimale cronica diffusa non molto avanzata (Fig. 5). Fanno eccezione le patologie caratterizzate da alterazioni morfologiche localizzate (es. lesioni cicatriziali), che in genere hanno una causa vasco- lare o cicatriziale post-infiammatoria, oppure elettive o prevalenti di un rene, anch’es- se il più spesso da causa vascolare, o post-ostruttiva, o post-infiammatoria. Per quan- to riguarda le lesioni infiammatorie della pielonefrite acuta l’ecografia può mettere in evidenza un ingrossamento del rene in toto o in parte; può evidenziare un’area ipoe- cogena, o occasionalmente iperecogena. Possono essere dimostrate aree ascessuali, ma in un 50% dei casi il parenchima renale appare normale [24].

Non tutte le nefropatie croniche dell’anziano determinano una riduzione dei volu- mi che, anzi, in alcuni casi, possono essere aumentati, per esempio in corso di nefropatia diabetica iniziale e di amiloidosi.

In base a questi rilievi, nei soggetti adulti e nella terza età, anche per consentire valu- tazioni comparative nel tempo, assumono quindi importanza particolare la descrizione accurata delle dimensioni renali, del profilo dei due organi, dello spessore del parenchi- ma e della sua ecogenicità, anche quando rientrino nella norma, e la segnalazione di cisti e di un’eventuale sclerolipomatosi sinusale. Fondamentale è inoltre la segnalazione di calcificazioni o di macro- o microlitiasi e di un’eventuale dilatazione delle vie urinarie.

Anche in caso di insufficienza renale di sospetta origine ostruttiva l’indagine di prima istanza è in effetti l’ecografia, che ha innanzitutto il ruolo di confermare l’ostruzione con la dimostrazione della dilatazione mono- o bilaterale delle cavità escretrici.

Fig. 5. Nefroangiosclerosi: rene di dimensioni ridotte, con margini nel complesso regolari, marcato assottigliamento del parenchima e ampliamento del seno pielico per sclerolipo- matosi

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In queste situazioni la metodica presenta elevata accuratezza diagnostica (> 95%), anche se sono possibili falsi positivi (pelvi ampie, iperidrazione, cisti pielogene, necrosi papillare, ecc.) e falsi negativi (ostruzione di recente insorgenza, calcolosi “a stampo”, ecc.).

In caso di fondato sospetto clinico di nefropatia ostruttiva acuta, a fronte di un reper- to ecografico negativo per dilatazione delle cavità escretrici, è opportuno ripetere l’e- cografia a distanza di 12-24 ore, in modo che la dilatazione stessa possa rendersi apprez- zabile: ciò è particolarmente importante nel paziente anziano, nel quale la ridotta com- pliance renale può impedire una rapida e apprezzabile dilatazione calico-pielica.

L’ecografia permette in genere di differenziare le nefropatie ostruttive acute da quel- le croniche, o le ostruzioni di recente insorgenza da quelle di vecchia data (anche in assenza di insufficienza renale): nel primo caso il rene presenta dimensioni normali o aumentate e il parenchima è generalmente di spessore conservato e di ecogenicità accen- tuata (Fig. 6); nel secondo caso il rene presenta dimensioni ridotte, anche in maniera mar- cata, con assottigliamento del parenchima, di struttura più o meno iperecogena (Fig. 7).

L’indagine ecografica non deve comunque mai essere limitata alle logge renali, ma, in particolare nel sospetto di nefropatia ostruttiva, deve essere estesa a tutto l’ambito addominale, con sistematica esplorazione del decorso ureterale, dello spazio retrope-

Fig. 6. Nefropatia ostruttiva acuta. a, b Rene di dimensioni aumentate, con parenchima di spessore nel complesso conservato e di strut- tura lievemente iperecogena e con idrourete- ronefrosi da litiasi dell’uretere medio prossi- male (freccia). c Conferma radiografica del cal- colo ureterale radiopaco (freccia)

a

c

b

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ritoneale e dello scavo pelvico. In tal modo è possibile, nella maggioranza dei casi, met- tere in evidenza la sede dell’ostacolo e, in una percentuale minore ma comunque apprez- zabile di pazienti, anche la natura della causa ostruente.

Nello studio delle alterazioni vascolari del distretto renale l’eco-color-Doppler ha assun- to un ruolo importante poiché permette una valutazione combinata morfo-funzionale, integrando gli aspetti ecografici con la valutazione del flusso. È una metodica di basso costo, ampiamente riproducibile e priva di controindicazioni. Se eseguita da un opera- tore esperto, per stenosi superiori al 50% la sensibilità è risultata del 92% e la specifi- cità del 95% [25]. Oltre alla indicazione del grado di stenosi, essa consente di monito- rizzarne agevolmente l’evoluzione e di determinare le resistenze intraparenchimali. È peraltro operatore-dipendente, ed è di difficile esecuzione negli obesi e quando il flus- so ematico è molto ridotto.

La maggior parte delle stenosi risiede nel terzo prossimale del vaso, in particolare le lesioni ateromasiche, che risultano spesso indovate a livello dell’ostio, ove le placche ateromasiche dell’aorta protrudono nel lume dell’arteria renale; un esame corretto deve comprendere l’analisi del flusso, oltre che all’ostio, all’ilo e in sede intraparenchimale.

Le ripercussioni emodinamiche di una stenosi ostiale possono infatti esaurirsi in pochi cm, accompagnandosi a un flusso a livello dell’ilo apparentemente normale. Per contro un flusso normale a livello dell’arteria renale può associarsi a un tracciato patologico intraparenchimale, espressione di nefroangiosclerosi.

Per quanto riguarda la valutazione diretta, vengono impiegati vari parametri, in par- ticolare la velocità di picco sistolico, che in condizioni normali è < 100-150 cm/sec, oppure il rapporto di velocità aorto-renale, che deve essere < 3,5, o infine l’aliasing, inteso come mosaico di colori nella sede della stenosi.

I criteri indiretti sono invece le modificazioni dello spettro velocitometrico, rap- presentate dal cosiddetto tardus parvus pattern e dall’indice di resistenza (IR), espres- sione del rapporto tra flusso sistolico e diastolico.

I processi di invecchiamento del rene, con coinvolgimento arteriosclerotico dei vasi intraparenchimali, causano un incremento delle resistenze: nei pazienti anziani il riscon- tro di un IR > 0,7 è piuttosto comune (Fig. 8). Valori superiori a 0,8 all’80% hanno un significato prognostico negativo. Altrettanto importante è la simmetria, che normal- mente non dovrebbe superare il valore di 0,1.

Fig. 7. Nefropatia ostruttiva cronica: rene di dimensioni modicamente ridotte, con marcato assottigliamento del parenchima e idronefrosi

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L’esecuzione dell’eco-color-Doppler è indicata nei pazienti che presentano segni e sin- tomi sospetti per una stenosi dei grossi vasi arteriosi renali (Tabella 4), ma si tende a ese- guirla sempre più sisstematicamente in tutti i pazienti anziani ipertesi con insufficienza renale ingravescente.

Purtroppo non esistono indicatori certi di previsione di risultato della rivascolariz- zazione, anche se esistono elementi predittori di scarsa risposta, quali le resistenze intraparenchinali aumentate (IR ≥ 0,8), e le ridotte dimensioni del rene (diametro lon- gitudinale < 7-8 cm) e un rilevante assottigliamento del parenchima.

Negli ultimi 20-25 anni, contemporaneamente all’affermazione dell’ecografia, nella dia- gnostica per immagini delle nefropatie dell’anziano l’urografia endovenosa è divenuta un esame quasi completamente obsoleto, soppiantata dalla tomografia computerizzata (TC) e dall’uro-TC, che peraltro, anche per i problemi di potenziale nefrotossicità dei mezzi di contrasto (MDC) iodati, particolarmente rilevanti in presenza di insufficienza renale, trovano indicazioni fondamentalmente nella patologia neoplastica (Fig. 9), nella

Fig. 9. Nefropatia ostruttiva da massa adenopatica. Rene sinistro di dimensioni aumentate (a), con evidente effetto parenchimografico e dilatazione delle cavità escretrici, non opacizzate, da com- pressione dell’uretere distale da parte di voluminosa tumefazione linfoghiandolare (b)

Fig. 8. Rene senile: indice di resistenza intraparen- chimale > 0,7

a b

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precisa definizione della patologia ostruttiva e, per l’angio-TC spirale, nello studio della malattia reno-vascolare (sensibilità 98%; specificità 94%) [26].

Un’importante eccezione è rappresentata dalle pielonefriti acute, spesso non iden- tificate dall’esame ecografico. All’esame TC con MDC, i reperti più comuni di questa malattia interstiziale da tempo nota [27], ma recentemente oggetto di rinnovata atten- zione [24, 28-35], sono rappresentati da aree mal definite, in genere cuneiformi, di densità ridotta irradiantisi dalla papilla nella midollare verso la corticale, con o senza rigonfiamento. La riduzione dell’enhancement è dovuta alla riduzione della concen- trazione del mezzo di contrasto nei tubuli, causata dall’edema interstiziale, dall’i- schemia e dall’ostruzione dei tubuli da parte di leucociti e di detriti cellulari. Posso- no inoltre essere messe in evidenza bande lineari di iper- e ipoattenuazione orienta- te parallelamente agli assi tubulari. Le aree ipodense possono risolversi o evolvere verso l’ascessualizzazione.

La TC spirale senza MDC, ancor più dell’esame radiografico diretto dell’addome, ha avuto in questi anni una sistematica diffusione, talora anche senza un esame ecografico preliminare, per la dimostrazione dei calcoli radiopachi situati lungo l’uretere al di fuori dei tratti esplorabili ecograficamente (sotto-giuntale e terminale).

Mantiene il suo valore diagnostico la pielografia percutanea, che può rappresenta- re la fase iniziale di una procedura di radiologia interventistica eventualmente com- pletata da una seconda fase terapeutica, con posizionamento di cateteri pielostomici o di stent ureterali.

L’affinamento delle tecniche della risonanza magnetica sta consentendo una rapida diffusione anche in ambito nefrologico delle indicazioni di questa metodica, partico- larmente interessante nei soggetti nefropatici per l’ impiego di un mezzo di contrasto praticamente non nefrotossico. Le indicazioni in ambito nefrologico sono al momento quelle della TC. Nell’evidenziazione di una malattia renovascolare sono state riportate una sensibilità del 96% e una specificità del 74% [25]. Come per l’angio-TC, è importante ricordare la possibilità di evidenziare arterie accessorie, ma anche la scarsa capacità di evidenziare lesioni in sede arteriosa media e distale [26].

Oltre all’alto costo, la claustrofobia e l’impossibilità di esecuzione in presenza di metalli (il più comune, il pacemaker) ne limitano l’impiego.

Un cenno merita infine la scintigrafia renale, che consente di ottenere informazio- ni interessanti, oltreché morfofunzionali comparative tra i due reni, di particolare inte- resse quando si debba decidere se eseguire o meno una nefrectomia (il caso più comu- ne è quello delle gravi lesioni post-ostruttive) nell’iter diagnostico della malattia reno- vascolare. In questa malattia, sensibilità (86%) e specificità (93%) sono elevate; limita- zioni importanti sono peraltro costituite dalla riduzione dell’accuratezza nell’IRC, nelle lesioni bilaterali o nel rene unico.

Nella nostra esperienza, alla presenza di una positività della scintigrafia con il test del-

l’ACE inibizione si può attribuire un importante valore indicativo dell’esistenza di una ste-

nosi efficace [36], mentre una positività dell’eco-Doppler per una stenosi con negatività

di questo test consente un atteggiamento di attesa, con la sola terapia medica.

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