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Dall’analisi proteomica è emerso che il trattamento cronico con ALC

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5. DISCUSSIONE

Questo lavoro di tesi riguarda lo studio dei meccanismi alla base dell’apprendimento sia in seguito a cambiamenti fisiologici indotti dal CFC sia in seguito a trattamento cronico con ALC, sostanza nota per migliorare performance cognitive. L’analisi è stata effettuata tramite l’utilizzo di tecniche di biologia molecolare. Dall’analisi trascrittomica è emerso che il CFC determina, 48 ore dopo il condizionamento, un aumento dell’espressione del geni codificante per l’isoforma ζ della proteina 14-3-3 e del gene codificante per la profilina 2.

Dall’analisi proteomica è emerso che il trattamento cronico con ALC

determina, da una parte, un aumento della sintesi della catena leggera

della chinesina 1 (KLC 1) e della subunità D del vettore V1 della pompa

ATPasica lisosomiale (H

+

-ATPasi); dall’altra la diminuzione della

sintesi di tutte le isoforme della proteina basica della mielina (MBP).

(2)

CONTEXTUAL FEAR CONDITIONING

5.1 CLONE 2VG1: GENE PER L’ISOFORMA ξ DELLA PROTEINA 14-3-3

I risultati ottenuti hanno mostrato che 48 h dopo l’acquisizione del condizionamento contestuale alla paura, si osserva, a livello delle strutture corticali e sottocorticali della porzione medio-temporale del cervello di ratto, una modulazione positiva della trascrizione del gene che codifica per l’isoforma ξ della proteina 14-3-3.

Il nome “14-3-3” identifica una famiglia di proteine acide di peso molecolare compreso fra 28 e 33 kDa altamente conservate e ubiquitariamente espresse (Moore and Perez, 1967). Questa famiglia di molecole interagisce con una serie di altre proteine coinvolte processi biologici fondamentali quali, la regolazione del ciclo cellulare, del traffico intracellulare, della trasduzione del segnale, dell’apoptosi e della trascrizione. Nei mammiferi sono stati identificati sette geni che codificano per altrettante isoforme delle proteine 14-3-3 denominate β, γ, ε, η, σ, τ e ζ (Chaudhri et al., 2003).

Tutte le isoforme presentano una medesima struttura caratterizzata da

una regione di dimerizzazione situata nella parte N-terminale. Il

monomero è composto da 9 α-eliche (A-I) antiparallele, delimitate da

una regione N-terminale e da una regione C-terminale. La

dimerizzazione avviene tra un elica A e un elica C o D di un altro

monomero e vice versa. Le altre α-eliche formano un solco di legame

che possiede una carica positiva e un tratto idrofobico. La carica positiva

è data da un trio di arginina e treonina conservate (vedere Fig.18) ( Fu et

(3)

al., 2000). Solitamente le proteine che interagiscono con il dimero delle 14-3-3 sono composte da un dominio globulare e una regione non strutturata contenente una serina o una treonina fosforilata in uno dei motivi di riconoscimento. I motivi specifici di riconoscimento richiesti per l’interazione con le proteine 14-3-3 sono: RSxpSxP (Xiaowen et al., 2006) e RxxxpSxP (Rittinger, 1999), dove pS rappresenta una fosfoserina e x un qualsiasi amminoacido.

Fig.18. Rappresentazione della formazione dei dimeri delle proteine 14-3-3 (modificata da Xiaowen et al., 2006)

La regolazione dell’interazione tra le proteine 14-3-3 e le loro proteine

target dipende dalla fosforilazione della proteina target in siti specifici,

ma talvolta anche della fosforilazione di una serina nella proteina 14-3-3

stessa. Tale fosforilazione della serina in siti specifici delle proteine 14-

(4)

3-3 avviene tramite chinasi che si legano alle proteine: PKC, PKA, JNK (Wilker and Yaffe, 2004). In alcuni casi le proteine target non contengono nessuno dei motivi descritti, il che dimostra che ci possono essere variazioni tollerabili della sequenza di legame. In Drosophila melanogaster sono presenti due geni codificanti per le proteine 14-3-3.

Il gene leonardo che codifica per due isoforme della proteina quasi identiche, aventi l’88% di similarità con l’isoforma ξ dei mammiferi. Il gene D14-3-3ε che codifica per una proteina con l’82% di similarità con l’isoforma ε dei mammiferi (Skoulakis and Davis, 1998). Il gene leonardo è maggiormente espresso al livello del sistema nervoso di Drosophila, nei raggruppamenti di neuroni bilaterali che si trovano nella regione dorsale-posteriore del sistema nervoso della mosca (mushroom bodies). In Drosophila mutazioni del gene leonardo determinano la compromissione dell’apprendimento e della memoria olfattiva (Skoulakis and Davis, 1998). Sono stati creati mutanti vitali del gene leonardo in cui la proteina risulta essere poco o non espressa (Skoulakis, 1996). Tali mutanti sottoposti a condizionamento classico di tipo olfattivo mostrano una diminuzione dal 25% al 35% dell’apprendimento rispetto alle mosche wild-tipe. Nei mutanti non sono stati riscontrati cambiamenti anatomici a carico del sistema nervoso. Pertanto è stato concluso che il deficit di apprendimento sia dovuto ad un diminuzione nella trasmissione sinaptica. (Broadie et al., 1997).

Alla luce dei risultati sopra riportati, è possibile affermare che la proteina Leonardo è coinvolta nei meccanismi molecolari di base nell’apprendimento e memoria in Drosophila.

L’isolamento del gene dell’isoforma ξ della 14-3-3 nel sistema nervoso

di ratto in seguito a CFC rafforza l’ipotesi che tale gene possa essere

(5)

coinvolto nei meccanismi molecolari alla base dell'apprendimento e che tali meccanismi siano evolutivamente conservati.

5.2. CLONE 5VD5: GENE PER LA PROFILINA 2

I risultati ottenuti hanno mostrato che, 48 h dopo l’acquisizione del condizionamento contestuale alla paura, si osserva, a livello delle strutture corticali e sottocorticali della porzione medio-temporale del cervello di ratto, una modulazione positiva della trascrizione del gene che codifica per la proteina profilina 2.

Le profiline sono proteine con peso molecolare di 15 kDa, abbondantemente espresse in tutte le cellule eucariotiche, dai lieviti ai mammiferi. Nei mammiferi, fino ad oggi, sono state individuate 4 isoforme. In particolare, nel topo, il gene della profilina è composto da 6 esoni che generano 4 differenti trascritti, due delle quali sono rappresentati dalle isoforme 2a e 2b della profilina. La profilina 1 è espressa in tutti i tessuti tranne nel cervello, dove invece risulta essere maggiormente espressa la profilina 2a.

Le profiline hanno tre siti di legame: il sito di binding per le sequenze proteiche ricche in prolina, il sito di binding per l’actina e il sito di binding per il fosfoinositidol 4,5 difosfato (Bjorkegren et al., 1993).

La profilina 2 in particolare interagisce con ligandi coinvolti nella traduzione del segnale, nel traffico di membrana e riciclo di vescicole.

È stata individuata per la prima volta in associazione con l’actina, di cui

regola la polimerizzazione. Nella forma globulare l’actina è complessata

con la profilina che ne blocca la polimerizzazione. La dissociazione del

complesso profilina/actina è seguita dalla successiva polimerizzazione

(6)

dell’actina (Lambrechts et al., 1997). Nei neuroni, i microfilamenti del citoscheletro sono costituiti da polimeri di actina globulare, avvolti a forma di doppia elica. Tali polimeri di actina forma una densa rete nello strato di citoplasma a ridosso della membrana plasmatica. I filamenti di actina fungono anche da corsie lungo le quali possono muoversi, lungo l’assone, organuli o proteine spinte da motori molecolari.

La polimerizazione dell’actina nella cellula è sotto il controllo di varie proteine leganti, tra cui la profilina 2 risulta essere importante per il processo di endocitosi sinaptica.(Witke et al., 1998)

Il meccanismo con cui la profilina 2 è coinvolta nella formazione e rilascio delle vescicole sinaptiche non è ancora chiaro. È stato visto che essa interagisce con la dinamina 1, molecola chiave nel processo di endocitosi sinaptica. Tale proteina è composta da un dominio N- terminale con attività GTPasica, un dominio centrale pleckstrin homology (PH) per il legame con fosfatidilinositoli e un tratto coiled- coil seguito da un dominio C-terminale ricco di proline (Sweitzer et al., 1998). La dinamina 1 esplica la sua attività GTP-asica a livello delle estremità delle vescicole ricoperte di clatrina, regolandone la scissione.

Studi in vitro condotti su neuroni ottenuti da topi KO per dinamina 1, hanno evidenziato la presenza di insolite strutture vescicolari. Tali formazioni sono, evidentemente, la conseguenza della compromissione degli stadi finali dell’endocitosi. Nei topi KO per la dinamina 1, in seguito ad intensa stimolazione elettrica esogena, è stata osservata una forte diminuzione dell’endocitosi, che si ristabiliva al termine degli stimoli. Tale proteina risulta quindi essere coinvolta nelle fasi finali dell’endocitosi ed in particolare è richiesta durante la trasmissione sinaptica ad alta frequenza. Il suo ruolo, quindi, è attività-dipendente.

(Ferguson et al., 2007). La profilina 2 si lega alla dinamina 1

(7)

riconoscendo un sito di binding poly L –proline. I siti di legami con più

alta affinità per la profilin 2 corrispondono ai siti di binding per i gruppi

SH3 dei fattori leganti la dinamina, come endofilina e anfifisina, che

risultano essere molto importanti nel processo di endocitosi, perchè

coinvolte nell’invaginazione e scissione delle vescicole. Tali molecole

legano la dinamina 1 stimolandone l’attività GTPasica, attività

fondamentale per la formazione del meccanismo responsabile del

processo di endocitosi di membrana (Takei et al., 1999). La profilina 2

compete con gli SH3-ligandi, interferendo con le funzioni della

dinamina 1 e inibendo l’endocitosi. In vitro, è stato dimostrato che, la

diminuzione della concentrazione della profilina 2 nei neuroni, aumenta

l’ up-take di membrana, mentre un aumento della concentrazione di

profilina 2 porta ad una sua diminuzione (Fabian-Fine, et al., 2003). I

vantaggi di avere un’isoforma della profilina, che inibisce il traffico di

membrana, sono quello di avere un minor rilascio casuale di vescicole e

di aumentare il range del turnover vescicolare. Il legame tra profilina 2

e actina o dinamina è regolato dal fosfodinositolo 4,3 difosfato. Il

fosfodinositolo 4,3 difosfato determina il distaccamento della dinamina

dalla profilina, così da promuovere l’endocitosi. Inoltre viene scisso il

legame tra la G-actina e la profilina in modo tale da permettere la

polimerizzazione della G-actina (vedere Fig.19) (Lambrechts et al.,

1997).

(8)

Fig.19. Modello dell’interazione della prolina 2 con l’actina e la dinamina 1 (tratto da Gareus et al., 2005)

Alla luce dei risultati ottenuti in questa tesi sperimentale quali,

l’identificazione tramite screening primario di più geni coinvolti

nell’esocitosi/endocitosi cellulare e l’aumento dell’espressione del gene

codificante la profilina 2, è possibile affermare che nelle fasi di

consolidamento delle tracce mnemoniche in seguito a CFC ci sia

maggiore reclutamento e attivazione dei processi molecolari alla base

dei meccanismi di formazione, rilascio e re-uptake delle vescicole

sinaptiche e, in particolare, che la profilina 2 possa esercitare un’azione

regolatoria a livello del traffico di membrana sinaptica.

(9)

ACETIL-L-CARNITINA

5.3. PROTEINA DELLA CATENA LEGGERA DELLA CHINESINA 1 (KLC1)

Le chinesine costituiscono una super-famiglia di proteine molto numerosa, composta da circa 100 isoforme e proteine correlate che presentano un dominio comune (dominio motore) di 340-350 amminoacidi (Sakowicz et al., 1998). Uno dei membri più diffusi di questa super-famiglia è la chinesina 1 (KLC1), detta anche chinesina;

essa è espressa in tutti i tipi di cellule eucariotiche a tutti gli stadi di

sviluppo, in particolar modo a livello del tessuto nervoso (Vale et al.,

2000). La chinesina è una proteina che, insieme alla miosina e alla

dineina, appartiene a alla famiglia proteica conosciuta con il nome di

motori proteici (molecular motors). KLC1 è la proteina responsabile del

trasporto assonale anterogrado veloce [vedere Fig.20] (Pfister et al.,

1989). La chinesina è un tetramero costituito da due catene pesanti

(KHC) di circa 120 kDa e due catene leggere (KLC) di circa 60-70 kDa

(Bloom et al., 1988). Le estremità N-terminali delle catene pesanti si

ripiegano in struttura terziaria a dare due teste globulari che legano i

microtubuli e possiedono attività ATPasica. Le estremità C-terminali

delle catene pesanti presentano una struttura secondaria ad α-elica e si

attorcigliano insieme, assumendo una conformazione coiled-coil,

importante nella dimerizzazione. Questa parte della proteina, definita

comunemente ”coda”, contiene un sito molecolare di snodo nel quale la

struttura coiled-coil si interrompe per ospitare al suo interno le catene

(10)

leggere che hanno la funzione di legare il “carico” da trasportare (De Cuevas. et al., 1992).

La catena leggera della chinesina presenta una regione N-terminale con struttura secondaria coiled-coil implicata nel contatto con le catene pesanti e 6 domini tetra-trico peptide repeats (TPR), costituiti dalla ripetizione di 34 amminoacidi, all’estremità C-terminale. I domini TPR sono implicati nell’interazione proteina-proteina in un grande gruppo di proteine strutturalmente e funzionalmente diverse. E’ stato ipotizzato che i domini TPR delle KLC sono responsabili dell’ancoraggio e del trasporto di vescicole ed organelli trasportati lungo l’assone (Vale and Milligan, 2000). Recentemente, analisi sul trasporto assonale in mutanti di Drosophila melanogaster, hanno permesso l’identificazione di una nuova proteina associata alla membrana Sunday-driver (SYD), che potrebbe essere un recettore di membrana per KLC (Bowman et al., 2000). Sembra, infatti, che SYD possa giocare un ruolo essenziale come recettore associato alla membrana per il trasporto assonale di vescicole post-Golgi, insieme ad un l’altro potenziale recettore per KLC la proteina precursore della proteina β-amiloide (APP) (Kamal et al., 2001).

L’APP è una glicoproteina integrale di membrana con una porzione extracellulare piuttosto estesa costituita da un unico dominio transmembrana da una piccola coda citoplasmatica (Selkoe, 1994). E’

sintetizzata in molti tipi di cellule e in diversi organi e, nel sistema

nervoso è sintetizzata, sia dai neuroni che dalla glia. Tuttavia la sua

funzione fisiologica nell’organismo rimane ancora in parte sconosciuta.

(11)

Fig.20: Rappresentazione dell’attivita della chinesina 1. La chinesina 1 è coinvolta nel trasporto anterogrado veloce assonale

In condizioni normali questa proteina va normalmente incontro a

proteolisi enzimatica dando origine a polipeptidi di dimensioni minori

che si associano alla matrice extracellulare (Selkoe et al., 1996). Tra tali

polipeptidi è stato studiato con particolare interesse la proteina β-

amiloide una delle maggiori componenti delle placche senili che sono

uno dei segni patologici distintivi della malattia di Alzheimer (AD). È

possibile che, in tale malattia, APP sia idrolizzata in siti che danno

origine a notevoli quantità di piccoli peptidi (Aβ

s

). Questi prodotti di

idrolisi si accumulano dando origine a fibrille resistenti ad un’ulteriore

degradazione che possiedono proprietà tossiche. Evidenze sperimentali

hanno suggerito che la proteina APP viene trasportata dal corpo

cellulare verso l’estremità del neurone dal trasporto assonale veloce e

(12)

che per la sua motilità lungo i microtubuli richiede la presenza della chinesina come proteina motore (Kamal et al., 2000). Questo suggerisce che disfunzioni nel trasporto assonale possano giocare un ruolo molto importante nella genesi e nello sviluppo di AD (Morfini et al., 2002).

Studi condotti sul modello sperimentale di AD in Drosophila hanno evidenziato che una sovraespressione del gene che codifica per APP causa deficit nel trasporto assonale e rigonfiamenti alle estremità degli assoni (Gunawardena et al., 2001), simili a quelli trovati nei mutanti syd o in molti altri mutanti con un anomalo trasporto assonale. Inoltre è stato visto, che nel ratto, una riduzione del 50% dell’espressione del gene della catena leggera della chinesina determina un aumento dei rigonfiamenti assonali e dell’accumulo di Aβ nel SNC (Stokin et al., 2005).

Nell’uomo la mutazione del gene della KLC1 sembra essere la causa leukoaraiosis (LK), malattia caratterizzata da declino cognitivo in seguito a demielinizzazione della sostanza bianca. Studi recenti hanno messo in evidenza come polimorfismi di singoli nucleotidi nell’introne 13 (variante KNS2 56836CC) del gene della KLC1 portino a suscettibilità verso LK. Questa constatazione suggerisce che tale variante porti una perdita di funzione della chinesina e che questa sia una delle cause della demielinizzazione che comporta lo sviluppo di LK (Szolnoki et al., 2007).

I risultati presentati in questa tesi sperimentale hanno evidenziato che il

trattamento cronico con ALC determina nel SNC di ratti giovani e sani,

un aumento della sintesi di KLC1 molecola coinvolta nel trasporto

assonale veloce e in malattie neurodegenerative. Questo suggerisce un

possibile ruolo di ALC nella modulazione del trasporto assonale

(13)

anterogrado veloce ed avvalora l’ipotesi di un suo ruolo neuroprotettivo nella patogenesi di malattie che portano a deficit cognitivi.

5.4. PROTEINA BASICA DELLA MIELINA

I risultati ottenuti in questo lavoro sperimentale evidenziano che il trattamento cronico con ALC determina, a livello del SNC del ratto, una diminuzione della sintesi ti tutte le isoforme della proteina basica della mielina (MBP).

Sia nel sistema nervoso centrale che in quello periferico il ruolo delle membrane mieliniche è quello di aumentare la velocità e l’efficienza della propagazione del potenziale d’azione.

.MBP è una delle componenti fondamentali della mielina, di cui

costituisce il 30% del contenuto proteico (Staugaitis et al., 1996). E’ una

delle poche proteine citosoliche che compongono il rivestimento

mielinico costituito da proteine integrali di membrana. La sequenza

amminoacidica delle isoforme più comuni delle MBP è conservata in

molte specie animali. Nei roditori sono state individuate 4 isoforme di

questa proteina derivanti dallo splicing alternativo del gene Golli-mbp,

un singolo gene costituito da 100 Kb, caratterizzato da due indipendenti

unità di trascrizione: una per le proteine Golli (gene-expressed-in-

oligodenrocyte-lineage); e l’altra per le proteine MBP. Il gene per le

proteine MBP è grande 30 Kb ed è costituito da 7 esoni (Matheus and

Blair, 2003).

(14)

Fig.21 Rappresentazione schematica dello splicing alternativo del gene MBP (modificata da Matheus and Blair, 2003)

Le isoforme di MBP differiscono per il loro peso molecolare: le più abbondanti nel sistema nervoso centrale dei roditori sono la isoforma L (14 kDa) e l’ isoforma S (18 kDa), dove rappresentano il 90% di MBP presente nella mielina. Tali isoforme hanno una sequenza amminoacidica con un’elevata similarità e differiscono soltanto per una delezione interna di 40 amminoacidi nell’estremità C-terminale. Le altre due isoforme (21 kDa e 17 kDa) sono, invece, poco espresse e differiscono dalle isoforme S e L nell’estremità N-terminale dove presentano una piccola inserzione di amminoacidi che è comune ad entrambe (Mentaberry et al., 1986).

Studi condotti su neuroni di ratto in coltura hanno dimostrato che le

isoforme dell’ MBP contenenti l’esone II, la 21 kDa e la 17 kDa, si

distribuiscono diffusamente nel citoplasma e si accumulano nel nucleo

solo ed esclusivamente durante il processo di maturazione degli

(15)

oligodendrociti dove rivestono un ruolo regolatorio fondamentale nel dare inizio alla mielinizzazione (Pedraza et al., 1997). Anche nell’Uomo le isoforme contenenti l’esone II sono principalmente espresse durante la mielinogenesi. Queste sono nuovamente espresse in processi di rimielinizzazione come è stato dimostrato nel modello sperimentale della sclerosi multipla, (Capello et al., 1997). Le isoforme L e S, prive dell’esone II, svolgono un ruolo essenziale nel compattare al rivestimento mielinico. Queste isoforme sono unicamente espresse a livello della membrana cellulare esterna degli oligodendrociti (Alliquant et al., 1991).

Dato che i normali processi della conduzione dell’impulso nervoso dipendono dalle proprietà isolanti della guaina mielinica che avvolge l’assone, un’alterazione della composizione della mielina può determinare la comparsa di gravi disturbi delle funzioni motorie e sensitive. Studi sulle isoforme della MBP hanno dimostrato che queste proteine sono in grado di risvegliare una forte risposta immunitaria.

Iniettate in ratti sani determinano la comparsa di un encefalomielite allergica, caratterizzata da focolai infiammatori locali e da processi distruttivi della guaina mielinica nel SNC. Questa malattia sperimentale è stata impiegata come modello di studio della sclerosi multipla (SM).

La SM è una malattia cronica caratterizzata dalla perdita di mielina e da livelli MBP eccessivi nel liquido cerebro-spinale dei pazienti. È stato dimostrato che in neuroni umani in colture, un eccesso di MBP richiama le cellule della risposta infiammatoria che attaccano direttamente la guaina mielinica con la conseguente degenerazione dei neuroni (Zhang et al., 2007).

In questa tesi sperimentale è stato osservato che la modulazione negativa

di MBP da parte di ALC avviene alla fine del processo di

(16)

mielinizzazione, in quanto tale processo inizia alla nascita e dura circa 40 giorni nel ratto (Baumann et al., 2001) e il trattamento è stato effettuato su ratti di 50 giorni. Questo risultato suggerisce l’ipotesi che ALC possa avere un ruolo terapeutico nelle fasi iniziali della sclerosi multipla. ALC, infatti, potrebbe portare ad una riduzione del pericolo della sintesi di MBP in eccesso e, quindi, di focolai infiammatori o degenerativi. ALC potrebbe, quindi, avere la funzione di stabilizzare il processo di mantenimento dell’integrità della mielina.

5.5. POMPA PROTONICA ATPASICA LISOSOMIALE SUBUNITÀ D DEL SETTORE V1

I risultati ottenuti hanno mostrato che il trattamento cronico con ALC determina, a livello del SNC di ratto, una modulazione positiva della trascrizione e della sintesi proteica per la subunità D del settore V

1

della pompa protonica ATasi lisosomiale (H  -ATPasi).

La pompa H -ATPasi lisosomiale è costituita da due settori funzionali,

noti come V

1

e V

0

. V

1

è il settore catalitico responsabile dell’idrolisi

dell’ATP, ed è costituito da otto differenti subunità (A-H). V

0

è

costituito da cinque subunità (a, c, c’, c”, d) ed è responsabile della

traslocazione dei protoni dal citosol al lume lisosomico (Beyenbach and

Wieczorek 2006).

(17)

A A

B A B

C B

E G2

F

V

1

CITOPLASM

LUMEN

H

D

A A

B A B

C B

E G2

F

V

1

CITOPLASM

LUMEN

H

A A

B A B

C B

E G2

F

V

1

CITOPLASM

LUMEN

H

D

Fig.22: struttura molecolare della H -ATPasi

I lisosomi sono organelli delimitati da membrana che contengono diversi enzimi capaci di idrolizzare ogni tipo di macromolecola biologica in prodotti a basso peso molecolare che possono poi essere trasportati nel citosol attraverso la membrana lisosomiale. Tali enzimi sono delle idrolasi acide e hanno attività ottimale a pH acido. L’alta concentrazione lisosomiale di protoni è mantenuta dalla pompa H - ATPasi situata nella membrana lisosomiale.

Le sostanze prodotte dai normali processi digestivi nei lisosomi,

possono diffondere attraverso la membrana lisosomiale ed essere

nuovamente utilizzate dalla cellula. Il materiale non più digeribile si

accumula invece in vescicole dette corpi residui per essere poi espulsi

dalla cellula tramite esocitosi. I corpi residui, che contengono molto

materiale lipidico, rimangono a lungo nella cellula e l’ossidazione delle

sostanze in essi contenute porta ad un loro accumulo intracellulare. Tale

(18)

materiale, costituito da acidi grassi polinsaturi e materiale proteico, è indicato come lipofuscina o come “pigmento della vecchiaia” poiché si accumula nelle cellule in età adulta, in particolare in quelle nervose e muscolari. I corpi residui possono occupare gran parte del volume del corpo cellulare dei neuroni. L'accumulo di pigmentato nei corpi residui può eventualmente interferire con le normali vie degradative e secretorie del lisosoma (Sulzer et al., 2008).

Alcuni studi hanno dimostrato che la lipofuscina induce la disfunzione lisosomiale contribuendo alla patogenesi della degenerazione maculare senile della retina e di altre malattie neurodegenerative associate con eccesso di lipofuscina. È stato dimostrato che la lipofuscina A2-E è un potente inibitore della pompa protonica ATPasica lisosomiale (Bergmann et al., 2004).

Un gruppo di patologie neurodegenerative progressive infantili, sono caratterizzate dall’accumulo di proteine idrofobiche nei lisosomi (lipofuscine ceroidi), soprattutto dei neuroni. Questi accumuli sono principalmente composti dalla subunità c dell’ATP-sintasi mitocondriale (Haltia et al., 1973). Esistono diversi tipi di lipofuscinosi ceroidi causate dalla mutazione di otto diversi geni tutti denominati CLN (CLN1- CLN8). Le forme di CLN più comuni sono: la forma infantile caratterizzata da mutazioni del gene CLN2 e la forma giovanile caratterizzata da mutazioni nel gene CLN3 detta anche sindrome di Betten (Ezaki and Kominami 2004).

In particolare, nella sindrome di Batten, mutazioni al gene CLN3

provocano la perdita di funzione lisosomaile e la compromissione della

degradazione subunità c della pompa ATPsintasi mitocondriale

(Fossale, 2004). Studi condotti su individui affetti dalla lipofuscinosi

ceroide giovanile hanno dimostrato che questa patologia è

(19)

accompagnata da una diminuizione del trasporto lisosomiale di arginina, e dell’attività della pompa H -ATPasi lisosomiale. Tale pompa è coinvolta nel mantenimento del pH del lume lisosomiale. Dato che e il pHlisosomiale nei malati di sindrome di Batten giovanile è maggiore, è stato ipotizzato che la mutazione del gene CLN3 porti ad una disfunzione della pompa lisosomiale e quindi ad un minore trasporto di arginina all’interno del lisosoma (Ramirez-Montealegre and Pearce, 2005). L’ arginina è il principale substrato per la produzione di ossido nitrico (NO) (Wu and Morris, 1998) coinvolto nella regolazione delle funzioni cellulari, nella risposta immunitaria e come neurotrasmettitore retrogrado (Blaise et al., 2005). Infatti, in topi KO per il gene CLN3, la mancanza di produzione di NO determina convulsioni che sono uno dei principali sintomi della sindrome giovanile di Batten (Pearce, 2003).

In questa tesi sperimentale è stato dimostrato che, in seguito a

trattamento cronico con ALC nel SNC di ratto, la sintesi della proteina

H -ATPasi aumenta. Ciò suggerisce che ALC possa dare inizio a

meccanismi compensatori nei lisosomi per stabilizzare la funzione degli

enzimi idrolitici tramite la sintesi di proteine ex-novo. Tale funzione

suggerisce che ALC possa avere un ruolo neuroprotettivo verso le forme

giovanili di lipofuscinosi.

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