• Non ci sono risultati.

IL SISTEMA DELLA CORRUZIONE: DALLE INDAGINI EMPIRICO-CRIMINOLOGICHE ALLA LEGGE 6 NOVEMBRE 2012, N. 190

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "IL SISTEMA DELLA CORRUZIONE: DALLE INDAGINI EMPIRICO-CRIMINOLOGICHE ALLA LEGGE 6 NOVEMBRE 2012, N. 190"

Copied!
234
0
0

Testo completo

(1)

1

INDICE

INTRODUZIONE ... 4

1. La corruzione come “male del secolo” ... 4

CAPITOLO I ... 9

IL SISTEMA DELLA CORRUZIONE: DIMENSIONI, CAUSE ED EFFETTI ... 9

1.Il ruolo dell’indagine empirico-criminologica nella prospettiva del diritto penale ... 9

2.Brevi cenni storici ... 14

3.Analisi quantitativa della corruzione ... 18

3.1 Studio della cifra della frequenza del comportamento criminale corruttivo ... 19

3.2 Il ruolo delle vittime e propensione alla denuncia ... 24

3.3 La stima della cifra nera ... 29

3.4 La verifica della distribuzione geografica della criminalità ... 34

3.5 L’effettività dei meccanismi di controllo formale ... 43

4.Analisi qualitativa della corruzione ... 47

4.1 La corruzione burocratico-amministrativa-pulviscolare ... 49

4.2 La corruzione politico-amministrativa-sistemica ... 51

4.3 Il pactum sceleris nella corruzione sistemica ... 61

4.3.1 La perdita di “dualità” del patto corruttivo ... 61

4.3.2. La trasformazione del contenuto del pactum sceleris ... 64

4.3.3 Trasformazione del bene giuridico offeso ... 68

5.Analisi dei fattori che favoriscono la diffusione della corruzione ... 75

5.1 I fattori endogeni ... 76

5.2 I fattori esogeni ... 76

(2)

2

5.2.2 Sul piano economico-imprenditoriale ... 83

5.2.3 La qualità della governance ... 86

6.Il prezzo della tangente ... 90

6.1 I costi economici della corruzione ... 90

6.2 I costi non economici. La corruzione contamina la democrazia. ... 93

6.3 La corruzione omicida ... 94

CAPITOLO II ... 98

LA LEGGE 6 NOVEMBRE 2012 N. 190 ... 98

1. Il contesto internazionale in cui è maturata la riforma ... 99

1.2 Sul piano internazionale ... 103

1.2.1. Le principali fonti internazionali in materia di corruzione ... 105

1.2.2. Gli organi di controllo per l’attuazione degli obblighi internazionali ... 109

1.3. Sul piano interno ... 113

1.3.1. L’inchiesta giudiziaria “Mani pulite” ... 114

1.3.2. Dalla Legge n. 86/1990 alla legge n. 190/2012 ... 119

2. La nuova struttura dei delitti di corruzione ... 124

2.1. La corruzione per l’esercizio della funzione ... 126

2.2. La c.d. corruzione impropria susseguente ... 127

2.3. La rimodulazione dei soggetti attivi dei reati di corruzione ... 128

2.4. “Per l’esercizio della funzione” e “per un atto d’ufficio” ... 129

2.5. “Per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri” ... 133

2.6. La locuzione “danaro o altra utilità” in luogo del termine “retribuzione” per definire l’oggetto della dazione ricevuta dal pubblico ufficiale... 135

2.7. Art. 318 c.p. e art 319 c.p. ... 138

2.8. Profili di diritto intertemporale ... 140

2.9. Il trattamento sanzionatorio ... 148

(3)

3

3. La concussione e l’induzione indebita a dare o promettere denaro o altra

utilità ... 151

3.1 Nel codice Zanardelli ... 151

3.2 Nel codice Rocco ... 156

3.3 La Legge 6 novembre del 2012, n.190... 161

3.3.1 Lo sdoppiamento dell’ art. 317 c.p. ... 163

3.3.2. La punibilità del privato indotto ... 164

3.3.3 L’esclusione dell’incaricato di pubblico servizio dall’art.317 (I.p.s.) ... 169

3.4. Artt. 317- 319 quater c.p. e artt. 318-319 c.p. ... 171

3.5. La condotta di induzione e la c.d. concussione ambientale ... 178

3.6. Profili di diritto intertemporali ... 181

3.7. Art. 317 c.p.- 319 quater c.p. ... 183

3.8. L’individuazione del momento consumativo del delitto di cui all’art. 319-quater c.p. ... 192

3.9. Il delitto di induzione indebita e il delitto di istigazione alla corruzione. ... 193

4. Il traffico di influenze illecite art. 346-bis c.p. ... 195

4.1 I vincoli internazionali ... 197

4.2 Artt. 346-346 bis c.p. e i profili successori di diritto intertemporale ... 199

4.3 La clausola di riserva ... 204

4.4 Punti di criticità ... 206

CAPITOLO III ... 208

INTERVISTA SULLA LEGGE 6 NOVEMBRE 2012, N. 190, A PIERCAMILLO DAVIGO ... 208

(4)

4

INTRODUZIONE

1. La corruzione come “male del secolo”

“La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei

corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano”1. Trent’anni fa la definizione “questione morale” irrompeva sulla scena. Era il 28 luglio del 1981, quando Enrico Berlinguer rilasciava questa intervista a Eugenio Scalfari.

Come ieri ancora oggi. Nel rapporto per l’anno 2011 del Group of States

against corruption (GRECO)2 si legge, infatti, che “la corruzione è profondamente radicata in diverse aere della pubblica amministrazione, nella società civile, così come nel settore privato. Il pagamento delle tangenti sembra pratica comune per ottenere licenze e permessi, contratti pubblici, finanziamenti, per superare gli esami universitari, esercitare la professione medica, stringere accordi nel mondo calcistico, ecc.(…) La corruzione in Italia è un fenomeno pervasivo e sistemico che influenza la società nel suo complesso”.

La corruzione non è più fenomeno episodico ed isolato, ma è diventata "sistema", cioè prassi stabile e strutturata, rete istituzionalizzata di relazioni e scambi illeciti, coinvolgente un po' tutti i gruppi sociali, dalle élites ai comuni cittadini impegnati in piccole attività illegali di routine. Il "danno" prodotto dalla corruzione come "sistema" assume dimensioni macroscopiche e ad amplissimo spettro: esso si estende in quantità e qualità, diventa trasversale

1 Enrico Berlinguer, da un'intervista a la Repubblica del 28 luglio 1981

2 Rapporto di valutazione GRECO sull’Italia del 27 maggio 2011, in Greco Eval RC- I/II Rep 2011, 1E.

(5)

5

perché, oltre a pregiudicare il corretto svolgimento dell'attività amministrativa, coinvolge l'economia pubblica, il funzionamento del mercato, la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche. Sul piano criminologico, dunque, i fenomeni corruttivi esibiscono una dannosità polivalente e dall'orizzonte pressoché smisurato, che inevitabilmente fuoriesce dai confini dell'inquadramento codicistico della corruzione tra i reati contro la pubblica amministrazione.

Ed è proprio l’inarrestabile diffusione sistemica del fenomeno corruttivo in Italia, le sue funeste conseguenze nel tessuto sociale ed economico, connesse alla necessità di attuare gli obblighi discendenti da accordi internazionali che hanno spinto il Governo a presentare un disegno di legge anticorruzione: la legge 6 novembre 2012, n. 190 recante «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella Pubblica Amministrazione».

Con la legge anti corruzione, per la prima volta a più di vent’anni dalle inchieste di “Mani pulite”, la classe politica ha affrontato il problema della repressione penale dei reati di corruzione.

Per comprendere la ratio che ha guidato il legislatore, occorreva, a mio avviso, analizzare preliminarmente l’intervenuta metamorfosi quantitativa e qualitativa del fenomeno corruttivo e, successivamente, il contesto socio-politico in cui è maturata la riforma. Il mio lavoro di tesi parte, infatti, dall’osservazione del Professor Giovanni Fiandaca: “un diritto penale

moderno, sempre più orientato all’effettività, non può concepire le figure criminose come entità ideali sovranamente indifferenti alle realtà effettuali sottostanti”3. Quindi, nella prima parte della tesi, ho ricostruito il quadro criminologico della corruzione. Nella seconda parte, ho analizzato gli effetti che le trasformazioni socio-criminologiche della corruzione hanno prodotto sulla dimensione normativa e giuridica della corruzione e, in questa fase, ho sviscerato le principali modifiche apportate dalla legge 6 novembre 2012 n. 190 al codice penale. È solo sulla base dei risultati delle indagini empirico criminologiche che fotografano le mutate peculiarità della realtà

3 G. FIANDACA, Esigenze e prospettive di riforma dei reati di corruzione e concussione, Riv. it. Dir. proc. pen., 2000, 03, 883.

(6)

6

corruttiva che il diritto penale può predisporre adeguate tecniche e misure di repressione del fenomeno per prevenirla e combatterla. L’approfondimento scientifico del fenomeno criminoso è, infatti, alla radice della formulazione di efficaci politiche anticorruzione.

In una terza fase, a seguito dello studio della normativa, essendo emersa una mia personale perplessità circa il fatto che la legge 6 novembre 2012, n. 190 possa costituire un efficace strumento di repressione rispetto alla morfologia assunta dalla corruzione, ho voluto avere in merito ad essa l’autorevole giudizio di chi conosce forse meglio di chiunque altro, non solo, le strutture dogmatiche ma, soprattutto, anche quelle criminologiche ed applicative del fenomeno corruttivo, mi riferisco al Dott. Piercamillo Davigo.

Dall’intervista che ho personalmente fatto al Dott. Davigo è emerso come una politica di contrasto alla corruzione può essere davvero efficace ed incisiva se cresce il “consenso” intorno alla convinzione secondo cui si tratta di un fenomeno che sta danneggiando e deteriorando il Paese, l’economia, la vita quotidiana dei singoli cittadini, e che, dunque, va contrastato e mai tollerato. Un consenso che deve crescere tra i dipendenti pubblici, di cui si impone un elevato livello di integrità e ai quali si richiede di denunciare i fenomeni corruttivi, ma che deve svilupparsi anche tra le imprese. Quanto più la corruzione è diffusa e praticata, tanto minori sono i rischi di essere denunciati o scoperti, e di conseguenza più elevato il costo della scelta di rimanere onesti. Non è un caso che la reazione sociale alla corruzione assuma per lo più le sembianze di un richiamo ai valori della legalità. Come afferma il Professore Gabrio Forti il “prezzo della tangente” è dunque pagato dalla collettività intera soprattutto in termini di regole, etiche e giuridiche, e, quindi, di diritti e di libertà, di cultura civile4. Disinteresse e rassegnazione dei cittadini sono il terreno più fertile per il ricorso o l’adeguamento alla pratica della corruzione.

Le politiche anticorruzione possono nascere anche dal basso. Secondo l’indice di percezione elaborato da Transparency International nel 2011 lo Stato i cui funzionari pubblici sono ai vertici dell’onestà nel mondo sono

4 G. FORTI(a cura di), Il prezzo della tangente. La corruzione come sistema a dieci anni da «mani pulite», Vita e pensiero, Milano, 2003, p. XV.

(7)

7

quelli della Nuova Zelanda. Nonostante non vi sia un’autorità anticorruzione, in Nuova Zelanda diversi organismi e uffici governativi operano sia in chiave di prevenzione, promuovendo principalmente la cultura del servizio pubblico presso i funzionari, che di controllo e repressione. Il secondo Paese, questa volta europeo, meno corrotto al mondo (a pari merito con la Danimarca) è la Finlandia. Qui il confronto è interessante, soprattutto perché la Finlandia ha una tradizione giuridica e fattispecie criminose molto simili a quelle italiane: qui non vi sono leggi o autorità di controllo particolarmente severe, la politica pulita finlandese è il prodotto dell’assoluta intransigenza dei cittadini verso la corruzione e di politiche che mantengono il sistema trasparente e aperto. Alti livelli di fiducia pubblica si accompagnano a istituzioni politiche efficienti e responsabili, traducendosi in una cultura politica del tutto refrattaria alla corruzione. L’immagine risultante è quella di un Paese agli antipodi rispetto all’Italia5

.

Ciò conferma che gli anticorpi della corruzione si trovano soprattutto nell’attivismo della società civile e la loro circolazione è agevolata dalla presenza di canali di comunicazione che, da un lato, creano reti di relazioni tra gruppi e cittadini, dall’altro rendono accessibile e controllabile l’esercizio del potere pubblico.

Un primo tentativo di formulazione di una politica anticorruzione proveniente dal basso è rappresentato dalla Carta di Pisa, così detta perché Pisa è stata la prima città italiana ad adottarla. Si tratta di uno strumento anticorruzione a livello locale: è un codice di condotta destinato agli enti e agli amministratori locali che intendono rafforzare la trasparenza e la legalità nella pubblica amministrazione contro la corruzione e l’infiltrazione mafiosa, fornendo, in particolare, precise indicazioni su una serie di questioni specifiche, quali la trasparenza, il conflitto d’interessi, il finanziamento dell’attività politica, le nomine in enti e società pubbliche e i rapporti con l’autorità giudiziaria.

5 A. VANNUCCI, Atlante della corruzione, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 2012, pp. 79-80.

(8)

8

Per questa ragione, riconoscere e analizzare le esperienze positive, darne conoscenza, formare una massa critica di amministratori e cittadini sensibili all’integrità pubblica, sono condizioni necessarie a riattivare i circuiti di controllo democratico.

(9)

9

CAPITOLO I

IL SISTEMA DELLA CORRUZIONE: DIMENSIONI, CAUSE ED EFFETTI

SOMMARIO: 1.Il ruolo dell’indagine empirico-criminologica nella prospettiva del diritto penale - 2.Brevi cenni storici - 3.Analisi quantitativa della corruzione - 3.1 Studio della cifra della frequenza del comportamento criminale corruttivo - 3.2 Il ruolo delle vittime e propensione alla denuncia - 3.3 La stima della cifra nera - 3.4 La verifica della distribuzione geografica della criminalità - 3.5 L’effettività dei meccanismi di controllo formale - 4.Analisi qualitativa della corruzione - 4.1 La corruzione burocratico-amministrativa-pulviscolare - 4.2 La corruzione politico-amministrativa-sistemica - 4.3 Il pactum sceleris nella corruzione politico-amministrativa-sistemica - 4.3.1 La perdita di “dualità” del patto corruttivo - 4.3.2. La trasformazione del contenuto del

pactum sceleris - 4.3.3 Trasformazione del bene giuridico offeso - 5. Analisi dei fattori che favoriscono la diffusione della corruzione - 5.1 I fattori endogeni - 5.2 I fattori esogeni - 5.2.1. Sul piano politico-amministrativo - 5.2.2 Sul piano economico-imprenditoriale - 5.2.3 La qualità della governance - 6. Il prezzo della tangente - 6.1 I costi economici della corruzione - 6.2 I costi non economici. La corruzione contamina la democrazia - 6.3 La corruzione omicida.

1. Il ruolo dell’indagine empirico-criminologica nella prospettiva del diritto penale

Nel 1882 Franz von Liszt delineava, nel celebre Programma di Marburgo, il progetto di una “scienza penale integrata”, ossia proponeva l’idea che la scienza empirica fornisse al diritto penale una base di conoscenza della dimensione quantitativa della criminalità e delle caratteristiche socio-psicologiche del deviante da servirsene in ambito politico-criminale. Dunque,

(10)

10

l’indagine quantitativa e personologica del deviante avrebbero dovuto garantire quella base di conoscenza empirico-razionale della «cruda realtà effettuale», da interpretare in analisi qualitativa del crimine, indispensabile per l’elaborazione di ipotesi di contrasto adeguate.

La sinergia tra diritto penale e criminologia si colloca in un contesto teorico entro il quale trova la propria definizione il legame bidirezionale che il diritto penale ha con la criminalità: «da un lato, il diritto penale si trova in un rapporto di dipendenza dalla criminalità, giacché esso trova la sua ragion d’essere in una fenomenologia comportamentale che gli pre-esiste e che viene percepita dalla collettività come disfunzionale alla convivenza pacifica; dall’altro lato, il diritto penale si pone in posizione di contenimento»6

: esso si legittima se e in quanto risulta adeguato ed efficace sia alla repressione e al controllo del fenomeno sia «alla tutela dei beni giuridici messi in pericolo dalle diverse forme di manifestazione della criminalità». È evidente che, in tal senso, «la criminologia costituisce un fondamentale strumento di

valutazione del livello di razionalità/legittimità del diritto penale» 7. La ricostruzione scientifica del contesto empirico-criminologico consente,

inoltre, di «ancorare l’interpretazione del diritto vigente alla realtà e di fornire soluzioni interpretative coerenti con gli scopi di tutela del diritto penale»; da tale prospettiva, essa «appare irrinunciabile al fine di elaborare soluzioni ermeneutiche capaci di garantire l’effettività delle norme incriminatrici»8

. A questo punto, dobbiamo necessariamente constatare che, a livello applicativo, proprio l’influenza del “contesto” criminologico finisce per favorire talune forzature interpretative, palesemente in conflitto con i principi fondamentali del diritto penale e, in particolar modo, con quello di legalità. Difatti, tutte le questioni interpretative affrontate dalla dottrina e giurisprudenza, sono caratterizzate «dal contrasto tra soluzioni ispirate al contesto criminologico e volte a garantire l’effettività delle norme incriminatrici e soluzioni che, pur

6 G. MANNOZZI, Combattere la corruzione: tra criminologia e diritto penale, in Dir. Pen. Proc., 2008, p. 775 ss.

7 F. VON LISZT, La teoria dello scopo nel diritto penale, trad. it. A. Calvi, (a cura di), Milano, 1962 in F. CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di contrasto” integrato”, Giappichelli, Torino, 2012, p. 10.

8 F.CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di contrasto” integrato”, Giappichelli, Torino, 2012, p. 11 ss.

(11)

11

nella consapevolezza delle trasformazioni del quadro criminologico di riferimento, appaiono più sensibili alle istanze legalitarie»9. Tutte soluzioni giurisprudenziali che risentono, da un lato, delle mutate peculiarità criminologiche del fenomeno corruttivo e, dall’altro lato, della necessità di assicurare un adeguato livello di effettività all’impianto penale della corruzione.

La conoscenza scientifica del fenomeno criminoso incide anche sulla politica-criminale, che la orienta «entro binari di razionalità evitando che il suo carattere altamente valutativo la trasformi in pura ideologia». Specificatamente, l’incrocio tra conoscenze criminologiche e politica criminale riguarda sia l’individuazione degli obiettivi di tutela, cioè l’individuazione dei beni giuridici e delle forme di aggressione che la norma incriminatrice deve selezionare, sia quello della valutazione della adeguatezza del mezzo scelto allo scopo, ossia l’individuazione degli strumenti adeguati al contrasto del fenomeno criminoso. In effetti, senza l’approfondimento scientifico del fenomeno criminoso difficilmente è possibile elaborare soluzioni efficaci sotto il profilo politico-criminale e, conseguentemente, costruire un diritto penale razionalmente fondato. Proprio «la disattenzione al livello legislativo per le caratteristiche assunte dai fenomeni criminali concorre a spingere la giurisprudenza a recuperare l’effettività del diritto penale sul piano applicativo forzando la tipicità delle norme incriminatrici, e a favorire l’insorgere di tensioni tra potere legislativo e giudiziario che, sul terreno dei delitti contro la pubblica amministrazione e, in particolare, di corruzione possono portare a vere e proprie crisi

istituzionali»10. Infine, «l’indagine empirico-criminologica del fenomeno corruttivo

contribuisce ad individuare il livello di effettività del modello di tutela vigente, a cogliere le ragioni profonde delle discrasie rispetto a quello vivente»11 e, citando Giovanni Fiandaca, «un diritto penale moderno, sempre

10

F. CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di contrasto” integrato”, Giappichelli, Torino, 2012, p. 12 ss.

11 G. MANNOZZI, Combattere la corruzione: tra criminologia e diritto penale, in Dir. Pen. Proc.,2008, p.775.

(12)

12

più orientato all’effettività, non può concepire le figure criminose come entità ideali sovranamente indifferenti alle realtà effettuali sottostanti»12. Un terreno elettivo per dimostrare l’irrinunciabilità di un modello di scienza penale integrata è costituito dai delitti contro la pubblica amministrazione – in particolare dai delitti di corruzione-, che necessitano di essere indagati nella prospettiva criminologica, statistica, economica in senso stretto e di

analisi economica del diritto. È evidente che la corruzione resta per molti aspetti un fenomeno la cui

interpretazione sconta un surplus di complessità rispetto all’analisi giuridico-criminologica di altri tipi di delitti, dovuto anzitutto al fatto che lo studio della corruzione si basa su un campione numericamente ridotto di reati «conosciuti»13. Quando singoli fatti o concatenazioni di episodi di corruzione emergono, nella maggior parte dei casi, ciò sembra dovuto al malfunzionamento dello scambio corrotto: se saltano le regole dell’accordo criminoso - per funzionare, infatti, la corruzione ha bisogno di regole «sottoculturali» proprie e condivise dagli attori e dagli «spettatori» della vicenda criminale14 - aumenta la possibilità che qualcuno sia indotto o maggiormente motivato a denunciare il fatto o comunque a collaborare con gli inquirenti15. La diffusione della corruzione, che rappresenta per certi aspetti lo specchio della democraticità, della salute economico-finanziaria, del ruolo delle istituzioni e della correttezza del rapporto autorità/individuo di un paese, richiede di essere valutata in primis sotto il profilo quantitativo, pur nella consapevolezza che la “cifra nera” può minare la validità euristica del dato statistico16. Se si esclude infatti il «disvelamento» legato alla contingenza

12 G. FIANDACA, Esigenze e prospettive di riforma, in Riv. ita. dir. proc. pen., 2000, 03, 88. 13

P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, Roma-Bari, Laterza, 2008, p. 4.

14 G. FORTI , Il diritto penale e il problema della corruzione, dieci anni dopo in Il prezzo della tangente La corruzione come sistema a dieci anni da «mani pulite», Vita e pensiero, Milano, 2003.

15

P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, op. cit., p. 5.

16 G. MANNOZZI, Combattere la corruzione: tra criminologia e diritto penale, in Dir. Pen. Proc., 2008, cit. p.775.

(13)

13

dell’inchiesta Mani pulite17

, la corruzione è costantemente caratterizzata da un alto indice di occultamento. È un fenomeno di cui si sospetta o si percepisce la presenza massiccia , ma che giunge a conoscenza dell’autorità giudiziaria in percentuali esigue, sia per la mancanza di interesse da parte dei vettori «classici» della denuncia (le vittime) a far uscire dal sommerso questo tipo di devianza 18, sia per la scarsa visibilità delle tracce del reato19. All’indagine quantitativa va abbinata quella qualitativa, ossia «l’analisi criminologica delle forme di realizzazione della corruzione, del grado di lesione del bene giuridico protetto e della dimensione del danno individuale e/o collettivo»20. Nonostante il deficit di visibilità della corruzione, le analisi qualitative condotte soprattutto in seguito al fenomeno “Tangentopoli” hanno consentito di investigare in larga misura l’eziologia, i meccanismi interni, le dinamiche, i costi, le tipologie degli «attori» e il contesto socioeconomico di un «sistema» di corruzione che aveva assunto proporzioni inimmaginate21.

17 A. VANNUCCI, Il mercato della corruzione. I meccanismi dello scambio occulto in Italia, Società aperta, Milano 1997, in P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, op. cit.

18 DI NICOLA, Dieci anni di lotta alla corruzione in P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, op. cit.

19 P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, op. cit.

20 G. MANNOZZI, Combattere la corruzione: tra criminologia e diritto penale, op. cit. 21 P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, op. cit.

(14)

14

2. Brevi cenni storici

Prima di analizzare la dimensione empirico-criminologica della corruzione in Italia, sembra opportuno sottolineare come il fenomeno corruttivo sia diffuso in tutti gli stati e sembra prescindere dal periodo storico, dalle forme di governo e dal livello di sviluppo economico22. Infatti, la corruzione è un fenomeno presente sin dall’antichità, si pensi al celebre processo contro Gaio Verre e alle orazioni di Cicerone di più di 2.000 anni fa e alle misure legislative anticorruzione presenti anche nella tradizione più antica23; attecchisce nei regimi democratici e non, e prescinde dalle caratteristiche del

sistema politico-amministrativo. Partendo dalla disamina delle vicende postunitarie, possiamo constatare che il

fenomeno corruttivo, specie quello politico, non è di recente data, visto che ha caratterizzato regolarmente la vita politica e amministrativa italiana. Nonostante la povertà della struttura capitalistica del nuovo stato italiano, la sua vita economica fu fin dall’inizio contrassegnata da una sequenza pressoché ininterrotta di scandali finanziari, prevalentemente bancari, tra i quali spicca quello della Banca romana24, nel quale furono coinvolti anche importanti personaggi politici del calibro di Crispi e Giolitti (la prima Tangentopoli d’Italia e la nascita della imperitura questione morale)25

; ma non solo: scandali che, quasi costantemente, scaturivano da perversi intrecci con la classe politica, allora fondamentalmente riconosciuta nei parlamentari

22 Cfr. B. CROCE, Storia d’Italia dal 1871 al 1915, V ed., Bari, 1934, p. 193 in F.CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di contrasto” integrato”, Giappichelli, Torino, 2012,p.14.

23 F.CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di contrasto” integrato”, Giappichelli, Torino, 2012

24

La Banca Romana fu la protagonista di illecite operazioni compiute fra il 1889 e il 1893 sotto il governatorato di Bernardo Tanlongo, un banchiere-faccendiere amico di Crispi, nominato senatore su proposta di Giolitti, in quanto generoso finanziatore occulto non solo di molti esponenti e gruppi liberali, compreso i ministri, ma dello stesso Re Umberto. La Banca Romana era uno dei sei istituti dotati del privilegio di battere moneta, cioè di emettere biglietti a corso legale. A causa di crediti eccessivi concessi all’industria edile capitolina e dei finanziamenti “politici”, la circolazione cartacea prodotta dalla Banca superò di 65 milioni il limite legale, incluse banconote false per 40 milioni stampate clandestinamente ed emesse in serie doppia. G. VOLPE Storia costituzionale degli italiani. I – L’Italietta (1861-1915), Torino, 2009, cit. p. 175.

25 G. VOLPE Storia costituzionale degli italiani. I – L’Italietta (1861-1915), Torino, 2009 cit. p. 174.

(15)

15

e nelle autorità del governo26. Nell’immediato dopoguerra, e precisamente tra il 1946 e 1947, si pensi alla vicenda giudiziaria che coinvolse i ministri DC Campilli e Vanoni, che furono sottoposti al giudizio di una commissione nominata dall’Assemblea Costituente: il primo, per avere effettuato speculazioni finanziarie mediante abuso di informazioni riservate, il secondo, per avere percepito compensi eccessivi come commissario del CNL presso la Banca dell’Agricoltura. Nel periodo repubblicano, spicca il celebre caso Lockheed27 per il quale il socialdemocratico Tanassi e il democristiano Gui, succedutisi al ministero della Difesa, furono sottoposti nel 1977 al giudizio della Corte costituzionale con l’accusa di avere percepito tangenti dalla società statunitense Lockheed in cambio della fornitura di aerei Hercules C-13028 alle Forze armate Italiane29. Sempre negli anni settanta vengono in considerazione, oltre agli scandali petroliferi legati alle tangenti, che alcuni titolari di imprese petrolifere pagavano ai partiti politici30 in cambio di provvedimenti favorevoli, i c.d. processi dei petroli che avevano ad oggetto le frodi sulle imposte di fabbricazione relative ai prodotti di lavorazione del greggio , che coinvolsero imprenditori e politici di primo piano e ampi settori della Guardia di Finanza e finanche gli uffici del Ministero delle Finanze

26 A. ALESSANDRI, Diritto penale e attività economiche, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 90. 27 Lo scandalo Lockheed riguarda gravi casi di corruzione avvenuti in diversi paesi negli anni

settanta, e in particolare Paesi Bassi, Germania Ovest, Giappone e Italia.

Nel 1976 l'aziendastatunitenseLockheed ammise di aver

pagato tangenti a politici e militari stranieri per vendere a stati esteri i propri aerei militari. 28« Gli Hercules C-130 sono aerei da trasporto di grandi dimensioni che da parte di molti tecnici erano considerati poco adatti alle caratteristiche del suolo ed alle esigenze militari italiane: il problema si palesò in tutta la sua evidenza nel 1977 quando un velivolo Hercules cadde in Italia provocando la morte di alcuni militari italiani»; F. CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di contrasto” integrato”, Giappichelli, Torino, 2012.

29

«Va ricordato come il verdetto della Corte costituzionale fece discutere visto che, mentre Tanassi, esponente di un partito di minoranza fu condannato, Gui, che apparteneva al partito di larga maggioranza che aveva guidato il governo per tutto il periodo in cui erano state pagate le tangenti dalla società Lockheed, fu assolto» in F. CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di contrasto” integrato”, Giappichelli, Torino, 2012.

30« I segretari amministrativi di tutti i partiti di governo (DC, PSI, PSDI, PRI) finirono sotto inchiesta per aver ricevuto tangenti pari al 5 per cento dei vantaggi economici ottenuti dalle compagnie petrolifere tramite leggi e politiche energetiche loro favorevoli »; A. VANNUCCI, La corruzione in Italia: cause, dimensioni, effetti in B. G. MATTARELLA-M. PELISSERO (a cura di) La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, Giappichelli, Torino, 2013.

(16)

16

preposti al controllo sulle imposte di fabbricazione31. Negli anni ‘80 poi, anche grazie alla maggiore “reattività” della magistratura, iniziano ad emergere altre vicende di corruzione particolarmente significative come ad esempio quelle che colpirono le amministrazioni locali di Torino e Savona, disvelate dai processi Zampini e Teardo, e lo scandalo del Banco Ambrosiano, istituto di credito diretto da Roberto Calvi che, attraverso fittizie operazioni commerciali con l’ENI e grazie ad alcune società controllate estere, aveva fatto confluire presso una banca di Lugano – nel noto “conto protezione” – fondi destinati alle attività del partito socialista32

. Negli stessi anni, Italo Calvino scriveva: «c’era un paese che si reggeva sull’illecito. Non che mancassero le leggi, né che il sistema politico non fosse basato su principi che tutti più o meno dicevano di condividere. Ma questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati (ne aveva bisogno perché quando ci si abitua a disporre di molti soldi non si è più capaci di concepire la vita in altro modo) e questi mezzi si potevano avere solo illecitamente cioè chiedendoli a chi li aveva, in cambio di favori illeciti. Ossia, chi poteva dar soldi in cambio di favori in genere già aveva fatto questi soldi mediante favori ottenuti in precedenza; per cui ne risultava un sistema economico in qualche modo circolare e non privo d’una sua armonia. […]»33

.

La “questione morale” sollevata nel 1981 dal segretario del PCI Enrico Berlinguer nella nota intervista con Eugenio Scalfari, primo tentativo di inserire il tema nell’agenda politica, cadde invece nel vuoto, nonostante il lungimirante disvelamento delle degenerazioni in atto nel rapporto tra partiti e società34: «la questione morale non si esaurisce più nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e

31 L. MARINI, La corruzione politica, cit. p. 349 ss. in F.CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di contrasto” integrato”, Giappichelli, Torino, 2012.

32 F. CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di contrasto” integrato”, Giappichelli, Torino, 2012.

33 I. CALVINO, Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti, da Repubblica, 15 marzo 1980 e in “Romanzi e racconti, volume terzo, Racconti e apologhi sparsi”, Meridiani, Mondadori. 34 A. VANNUCCI, La corruzione in Italia: cause, dimensioni, effetti in B. G. MATTARELLA, M. PELISSERO (a cura di) La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, Torino, 2013.

(17)

17

dell’amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell’Italia di oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello Stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti […]. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano»35. E sul finire degli anni ottanta come non ricordare lo scandalo delle c.d. carceri d’oro legato alle tangenti pagate per gli appalti relativi alla costruzione di tredici carceri, che coinvolse anche alcuni ministri della Repubblica appartenenti a partiti politici diversi. Ma sono le indagini giudiziarie degli ultimi vent’anni, e segnatamente quella denominata “Mani pulite” degli anni novanta fino a quelle del primo decennio del nuovo millennio36, che hanno evidenziato la progressiva trasformazione del fenomeno corruttivo sia sul piano quantitativo che sul piano qualitativo.

Dal nostro breve excursus storico emerge che la corruzione e lo sfruttamento delle coperture politiche hanno segnato fin dall’inizio gli scandali italiani, in una misura che non ha eguali negli altri paesi europei 37. Inoltre notiamo che la questione entra accidentalmente, a fasi alterne nel dibattito pubblico, di norma quando uno scandalo investe esponenti di spicco, attirando l’attenzione dei mass media e inducendo così la classe politica a proporre e discutere – solo eccezionalmente anche ad approvare – provvedimenti di riforma38. Infatti, in risposta ad una nuova serie di scandali recenti è maturata la legge n.190/2012 che rappresenta, a distanza di oltre vent’anni dall’inizio delle inchieste di “Mani pulite”, la prima riforma organica dello statuto della corruzione, improntata sia alla prevenzione che alla repressione di tale fenomeno.

35

La Repubblica, 18 luglio 1981.

36 A. VANNUCCI, La corruzione nel sistema politico italiano a dieci anni da “mani pulite”, in G. FORTI (a cura di), Il prezzo della tangente. La corruzione come sistema a dieci anni da “mani pulite”, Milano, 2003, p. 42 ss.

37

A. ALESSANDRI, Diritto penale e attività economiche, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 90. 38 A. VANNUCCI, La corruzione nel sistema politico italiano a dieci anni da “mani pulite”, in G. FORTI (a cura di), Il prezzo della tangente. La corruzione come sistema a dieci anni da “mani pulite”, Vita e Pensiero, Milano, 2003.

(18)

18

3. Analisi quantitativa della corruzione

Negli ultimi decenni il fenomeno della corruzione ha subito un processo di trasformazione sia sul piano quantitativo che sul piano qualitativo, difatti da fenomeno criminale occasionale è diventato un fenomeno sistemico di larghissima diffusione, cioè non riguarda solamente i piccoli burocrati ma coinvolge i vertici amministrativi e politici delle istituzioni e dei grandi enti economici39. La descrizione quantitativa di un fenomeno criminale assume rilevanza sia per il criminologo che per il giurista, in quanto costituisce la base di conoscenza preliminare e indispensabile per procedere ad analizzare il fenomeno dal punto di vista qualitativo, fornendo come risultato una disamina dotata di un buon grado di credibilità razionale e che possa condurre alla elaborazione di modelli normativi di risposta, penali o extrapenali, mirati ed efficaci dal punto di vista politico-criminale40. In tale prospettiva, «la corruzione viene in rilievo come grandezza empirica e non come grandezza normativa: dovremmo perciò più correttamente parlare non di reato di corruzione bensì di crimine di corruzione41 o, più genericamente, di criminalità corruttiva, terminologia con cui si suole indicare appunto il numero complessivo dei fatti di corruzione punibili (o puniti) in uno spazio e in un tempo determinati». La quantificazione della corruzione in Italia e, quindi, la misurazione dell’intensità di repressione di tale comportamento criminale da parte della magistratura inquirente e delle forze dell’ordine sono affidate alle statistiche ufficiali sulla delittuosità, i cui esiti possono essere adoperati, nella presente indagine, secondo diverse prospettive di ricerca:

39 F. CINGARI, Possibilità e limiti del diritto penale nel contrasto alla corruzione in F. PALAZZO (a cura di) Corruzione pubblica. Repressione penale e prevenzione amministrativa, Firenze University Press, 2011, p. 10 ss.

40 C. FIORE, La «concussione ambientale», quale spazio normativo?, in U. DINACCI et al., I delitti contro la pubblica amministrazione. Riflessioni sulla riforma, Esi, Napoli 1989, p.114 ss., in P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, Roma-Bari, Laterza, 2012, p.7.

41G. FORTI, L’immane concretezza. Metamorfosi del crimine e controllo penale, Cortina, Milano 2000, p. 52ss., in P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, op.cit.

(19)

19

1. Studio della cifra della frequenza del comportamento criminale corruttivo, sia pure con il limite di messa a fuoco costituito dalla «cifra nera»;

2. L’analisi della propensione alla denuncia da parte delle vittime dei reati di concussione e più in generale di coloro che sono a conoscenza di (o che sono stati danneggiati da) delitti di corruzione;

3. La stima della cifra nera;

4. La verifica della distribuzione geografica della criminalità;

5. La misurazione dell’effettività dei meccanismi di controllo formale legati all’attività delle forze dell’ordine e della magistratura inquirente, che possono muoversi secondo paradigmi meramente “reattivi” – quando si limitano a raccogliere le denunce da parte di vittime e danneggiati – oppure “proattivi” – quando cercano autonomamente di scoprire episodi criminosi non denunciati42.

3.1 Studio della cifra della frequenza del comportamento criminale corruttivo

Giova preliminarmente considerare come misurare la corruzione, sia amministrativa che politica, – « intesa come abuso di ruoli e risorse (per lo più pubblici, ma anche privati) al fine di ottenere vantaggi personali» – è compito non semplice, «attesa l’affidabilità solo tendenziale degli indicatori utilizzabili nel quantificare la quota non giudiziariamente emersa del fenomeno». È utile, ai fini della nostra ricerca, distinguere tra:

a) Dati appresi dalle statistiche giudiziarie;

b) Dati ricavati all’esito dell’applicazione di diverse metodologie volte a fotografare la percezione del fenomeno ( come i sondaggi condotti sulla popolazione, relativi a esperienze dirette e opinioni relative alla presenza del fenomeno e indicatori basati sulla percezione di esperti riguardo alla diffusione della corruzione).

42 P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, Roma-Bari, Laterza, 2008, p.16.

(20)

20

Dunque, il confronto tra i dati giudiziari (denunce e condanne) e quelli relativi alla percezione del fenomeno corruttivo evidenzia un rapporto inversamente proporzionale tra corruzione “praticata” e corruzione “denunciata e sanzionata”43

. Corruzione e concussione mostrano una cifra della frequenza che tende a riprodurre una curva gaussiana. Fino al 1991, alla vigilia di “Mani pulite”, le statistiche ufficiali mostravano circa 400 persone denunciate annualmente per reati di corruzione, fornendo il quadro rassicurante di un paese dove il fenomeno era marginale. La realtà era ben diversa. Un basso livello di denunce è «il segnale che le reti di corruzione si sono irrobustite e inabissate, rendendosi impermeabili a interferenze e turbolenze esterne»44. Infatti l’andamento delle denunce appare stabile fino al 1992, poi, in concomitanza con l’esplosione di Tangentopoli, conosce un aumento vertiginoso (si passa dai 235 delitti denunciati nel 1990 ai 1245 nel 1993): il picco di denunce dei delitti di corruzione e concussione si colloca negli anni 1993 e 1995 (quando ci furono quasi 2.000 crimini e oltre 3.000 persone denunciate), anno a partire dal quale il numero dei delitti denunciati comincia a decrescere, fino a che, nel 2000, esso torna ai livelli antecedenti all’avvio delle inchieste sulla corruzione degli anni ‘9045

. Rispetto a quel picco, nel 2004, ultimo anno per il quale sono disponibili dati omogenei, i numeri sono circa un terzo per i crimini, metà per le persone. Dati del ministero dell’Interno sulle sole denunce alle forze di polizia mostrano che il trend discendente, con qualche oscillazione, prosegue fino al 2010, quando si realizza presumibilmente uno dei livelli più bassi di corruzione svelata. Lo stesso andamento caratterizza le condanne per reati di concussione con una caduta in proporzione ancora più accentuata. Si passa infatti da oltre 1.700 condanne per reati di corruzione nel 1996 ad appena 263 del 2010, meno di un quinto, con una tendenza che si accentua a partire dal 2001 e in alcune

43 R.GAROFOLI, Il contrasto alla corruzione: il percorso intrapreso con la l. 6 novembre 2012, n. 190, e le politiche ancora necessarie; in diritto penale contemporaneo.

44A. VANNUCCI, La corruzione in Italia: cause, dimensioni, effetti in B. G. MATTARELLA-M. PELISSERO (a cura di) La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, Torino, 2013.

45 P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, op. cit.

(21)

21

regioni è particolarmente marcata: da 138 condanne nel 1996 a 5 nel 2006 in Sicilia; da 545 a 43 in Lombardia; da 19 a nessuna in Calabria46.

Alla quantificazione empirica dell’andamento delle denunce può essere utilmente affiancata la rilevazione dell’andamento delle condanne, il quale segue una curva analoga a quelle delle denunce: il picco di condanne per i delitti di corruzione e concussione giudicati con sentenza definitiva è per episodi realizzati tra il 1989 e il 1993. A partire dal 1994 il numero di reati commessi e successivamente accertati con sentenza definitiva si riduce drasticamente. La rilevazione quantitativa delle denunce e delle condanne per corruzione può consentire inoltre la misurazione del processo di selezione criminale (c.d. “effetto funnel”), attraverso il quale può essere calcolata la quantità di fatti che sfuggono alla capacità di chiarimento di matrice processuale, alimentando la “cifra grigia” della criminalità. Il raffronto tra le

notitiae criminis per corruzione, concussione, finanziamento illecito ai partiti

politici e abuso d’ufficio, giunte alla Procura della Repubblica di Milano, e le relative condanne definitive indica che, rispetto alle persone verso le quali è stata esercitata l’azione penale, la condanna definitiva (salvi i fascicoli trasmessi ad altra autorità giudiziaria per competenza), è giunta solo nel 40,03 % dei casi47. Infatti analizzando una mappatura regionale dell’attività di repressione, i dati forniti dal Casellario giudiziale sulle condanne, disaggregati per distretto di Corte d’appello, rivelano tuttavia un fenomeno parzialmente diverso da quello percepito ( cioè quello secondo cui, a partire dall’inchiesta di Mani Pulite, la corruzione e la concussione siano affiorate, nel nostro paese, uniformemente da nord a sud), i cui risultati statistici sono, a dir poco, sconcertanti. Intere aree geografiche del nostro paese, almeno stando al numero di condanne per delitti di corruzione e concussione passate in giudicato, non sembrano essere state neppure sfiorate dal fenomeno Tangentopoli. Nel Nord Italia, i principali luoghi di “purificazione” sono stati Milano e Torino (significativo anche l’incremento di condanne nel distretto di Corte d’appello di Trento), mentre il distretto di Corte d’appello di Genova

46 A. VANNUCCI, La corruzione in Italia: cause, dimensioni, effetti, op.cit.

47 G. MANNOZZI, Combattere la corruzione: tra criminologia e diritto penale, in Dir. Pen. Proc., 2008.

(22)

22

non sembra aver risentito dell’effetto “Mani pulite”, così come la Tangentopoli veneta e bresciana sembrano esaurirsi molto più rapidamente della corrispondente milanese o torinese. Nel Centro Italia sorprende il dato del distretto di Corte d’appello di Firenze, interessato a malapena dal fenomeno “Mani pulite”, specie se lo si confronta con quello dei distretti di Bologna e di Roma. Nell’Italia del Sud sono presenti vistose differenze nel livello di repressione della corruzione: da un lato abbiamo il caso del distretto di Corte d’appello di Lecce e Napoli, in cui la macchina giudiziaria sembra aver funzionato efficacemente nella scoperta e nell’accertamento dei reati di corruzione; dall’altro quello di Reggio Calabria, in cui in vent’anni sono state pronunciate soltanto due condanne definitive per corruzione e una sola per concussione (identica situazione per i distretti di Corte d’appello del Centro-Sud: L’Aquila, Potenza, Salerno e Campobasso). In definitiva, la repressione della corruzione è avvenuta a macchia di leopardo48, interessando significativamente solo alcuni distretti di Corte d’appello e lasciandone completamente indenni altri49. Le rilevazioni statistiche sulle esperienze personali degli intervistati rappresentano un secondo indicatore utilizzabile per stimare la diffusione della “corruzione spicciola”, le richieste di tangenti di poco conto che incidono nell’esperienza quotidiana dei cittadini50

. Malgrado «la percezione della corruzione» possa essere reputata un’ entità scarsamente afferrabile, governata da input irrazionali, rilevarla e tentare di misurarla è molto importante ai fini della nostra ricerca, dato che è proprio «la percezione del livello di corruzione nella comunità di appartenenza a minare il senso di legalità, indebolendo l’idea di oggettività delle regole vigenti nel corpo sociale»51. Nella misurazione del quantum del fenomeno corruttivo ci si trova di fronte ad una vera e propria contraddizione: mentre i dati sulla corruzione registrata, desumibili dalle statistiche delle denunce e

48

D. PULITANÒ, La giustizia penale alla prova del fuoco, in Riv. it. Dir. e Proc. pen., XL, 1997, p.7 in P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, op. cit.

49 P. DAVIGO, G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, op.cit.

50

A. VANNUCCI, La corruzione in Italia: cause, dimensioni, effetti, op. cit.

51G. FORTI, Il diritto penale e il problema della corruzione, dieci anni dopo in Id. (a cura di), Il prezzo della tangente. La corruzione come sistema a dieci anni da «mani pulite», Vita e pensiero, Milano 2003, p. 127

(23)

23

delle condanne per corruzione e concussione, si assestano a livelli medio-bassi, le stime relative al livello di percezione della corruzione raggiungono picchi elevati52. Sono di agghiacciante durezza i dati dell’Eurobarometro sulla corruzione, che ha raccolto le opinioni di un campione di 26.856 persone nei 27 Paesi dell’Unione Europea. Il sondaggio del 2012 ha rilevato che la percentuale di cittadini italiani che si sono visti chiedere una tangente nei 12 mesi precedenti è pari al 12% (la media europea è dell’8 %)53

La maggioranza degli europei è convinta che la corruzione sia un grande problema nel proprio Paese, lo dichiara il 74% degli intervistati, dato che per l’Italia sale all’87%. Circa la metà dei cittadini europei ritiene che la corruzione negli ultimi tre anni sia aumentata del 47%, ma per l’Italia tale percezione sale al 56%. La corruzione è vista come «una piovra che allunga i tentacoli in tutti gli interstizi del settore sociale, nelle istituzioni nazionali, in quelle regionali e locali, nella cultura imprenditoriale»: gli italiani registrano tale fenomeno sempre in misura maggiore di 15-20 punti percentuali rispetto alla media europea. E non si tratta solo di percezioni: il 46 % degli italiani, contro il 29% della media europea, afferma di essere personalmente colpito dalla corruzione nella vita quotidiana54.

Il Corruption Perception Index (CPI) di Transparency International55 fornisce un ulteriore strumento di stima della diffusione della corruzione, fondata sulle opinioni di osservatori privilegiati (imprenditori, giornalisti, esperti in materia, ecc.) raccolte da 13 organizzazioni indipendenti. Una conferma della validità di questo approccio deriva dalla correlazione

52

Cfr. le statistiche giudiziarie penali Istat per i reati di corruzione e concussione in F. CINGARI, Possibilità e limiti del diritto penale nel contrasto alla corruzione in F. PALAZZO (a cura di) Corruzione pubblica. Repressione penale e prevenzione amministrativa, Firenze University Press, 2011, p. 10.

53

EUROBAROMETER 76.1, Corruption, February 2012, TNS, Opinion & Social, Brussels, n. 374, p. 62, in http://ec. Europa.eu/public_opinion/archives/ebs/ebs_374_en.pdf; 2012 in A. VANNUCCI, La corruzione in Italia: cause, dimensioni, effetti in B. G. MATTARELLA-M. PELISSERO (a cura di) La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, op. cit.

54 M. DE TILLA – Presidente dell’Associazione nazionale avvocati italiani – Lotta alla corruzione: per gli avvocati italiani le “otto mosse” decisive contro il fenomeno, in Guida al diritto, n° 24, 8giugno 2013, cit. p. 11.

55

Transparency International (Ti) è un’organizzazione non governativa il cui obiettivo è contrastare e prevenire la corruzione a livello globale attraverso attività di informazione, sensibilizzazione, studio e ricerca. P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, op. cit.

(24)

24

statisticamente significativa tra questo indicatore e i sondaggi sulle esperienze dirette degli intervistati: percezione degli esperti e “realtà” della corruzione catturata dai sondaggi sono in larga misura coincidenti. Laddove il punteggio di 10 corrisponde a una perfetta trasparenza e 0 a una completa corruzione, l’Italia nel 2010 realizza il 3,9 e nel 2011 totalizza il peggior punteggio dalla prima rilevazione con criteri omogenei del 1998. Dopo un miglioramento nel 2001 le percezioni si sono fatte sempre più pessimistiche, con un crollo dal 41° posto del 2006 al 69° del 2011(a pari merito con il Ghana e la Macedonia), fino al 72° posto su 174 paesi considerati nel 2012, con ciò riscontrandosi un progressivo aggravamento della corruzione percepita negli ultimi anni. In quest’ultimo anno, nella comparazione internazionale l’Italia è considerata un paese nel quale il ricorso alle tangenti nel settore pubblico è altrettanto probabile che in Bosnia-Erzegovina, e più frequente rispetto a Macedonia, Georgia, Cuba, Malesia, Namibia, Ruanda, Ghana. Soltanto Grecia e Romania totalizzano un punteggio peggiore tra i paesi dell’UE.56 Analoga tendenza registra la Banca mondiale attraverso le ultime rilevazioni del Rating of control of corruption (RCC), che collocano l’Italia agli ultimi posti in Europa e con un trend che evidenzia un costante peggioramento negli ultimi decenni.57

3.2 Il ruolo delle vittime e propensione alla denuncia

Prendendo in considerazione la disponibilità della vittima a portare il reato a conoscenza dell’autorità, vi è da dire che c’è scarsa propensione alla denuncia derivante dal fatto che la corruzione è definibile come un reato “a

vittima muta”, caratterizzato cioè dal fatto che manca «il tipico vettore della

denuncia», manca, per diverse ragioni, un soggetto disposto a portare il reato

56 A. VANNUCCI, La corruzione in Italia: cause, dimensioni, effetti in B. G. MATTARELLA-M. PELISSERO (a cura di) La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, op. cit..

57 R. GAROFOLI, Il contrasto alla corruzione: il percorso intrapreso con la l. 6 novembre 2012, n. 190, e le politiche ancora necessarie, op. cit.

(25)

25

a conoscenza dell’autorità58. La corruzione, fondandosi su un “patto di ferro” volontario che lega i partecipanti, quasi mai questi ultimi hanno interesse a denunciarla59. Non può certo dirsi che la vittima della corruzione di per sé non esista; le vittime possono essere individuate tra soggetti pubblici o privati: la stessa società , la pubblica amministrazione, l’economia pubblica, i diritti dei singoli cittadini sono soffocati dal favoritismo corruttivo60. La questione è che la corruzione, almeno nel nostro ordinamento, è un tipico reato-contratto bilateralmente illecito (rispetto al quale sono punibili entrambe le parti), caratterizzato soprattutto «dalla massima “privatezza” nella realizzazione e dal convergente interesse al silenzio dei protagonisti del

pactum sceleris». È anche «un reato a espansione lesiva “ritardata”»: la

vittimizzazione individuale che è target di tale reato avviene progressivamente e le vittime danneggiate dai comportamenti corruttivi dei concorrenti tardano a percepirne i contorni della condotta illecita e, di conseguenza, il danno subito, garantendo alla corruzione le note di una bassissima propensione alla denuncia61. La sua forza lesiva quanto ai beni sopraindividuali dipende dal reiterarsi degli episodi delittuosi. La concussione, invece, viene qualificata come reato “a vittima inibita”, laddove per le modalità di realizzazione che caratterizzano l’iter criminis, la vittima si trova “a un bivio”62

. La sua condotta oscillerebbe lungo il crinale che separa la corruzione dalla concussione per induzione, due versanti, cioè, criminologicamente antitetici: nel primo, il privato condivide con il pubblico ufficiale il ruolo di coautore del reato; nel secondo, riveste invece il ruolo di vittima. In entrambi i casi, scarsissimo è l’interesse a denunciare da parte del

58 P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, op. cit. p. 32.

59 A. VANNUCCI, La corruzione in Italia: cause, dimensioni, effetti in B. G. MATTARELLA-M. PELISSERO (a cura di) La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, op. cit.

60

P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, Roma-Bari, Laterza, 2012, p. 34.

61 NELKEN, Tangentopoli, cit. p. 60 in P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, Roma-Bari, Laterza, 2008,p. 35.

62

Lo ipotizza PELISSERO, Il ruolo della vittima ad un bivio: il fenomeno della corruzione, in E.VENAFRO-C.PIEMONTESE (a cura di), Ruolo e tutela della vittima in diritto penale, Torino, 2004,161 in G. MANNOZZI, Combattere la corruzione: tra criminologia e diritto penale, in Dir. Pen. Proc., 2008, cit. p. 780.

(26)

26

privato, per il timore della spada della giustizia o per la preoccupazione di subire rappresaglie da parte del concusso. In aggiunta, hanno condizionato sfavorevolmente la propensione alla denuncia anche i calcoli di tipo costi-benefici compiuti dai corruttori: «la tangente non rappresenta per gli imprenditori un “costo” in senso stretto, poiché tale costo viene riassorbito con richieste di varianti in corso d’opera o di revisione dei prezzi ovvero traslato sulla collettività attraverso la fornitura di beni o servizi di qualità inferiore al pattuito, a meno che la tangente risulti sin dall’inizio troppo cara». Questo spiegherebbe perché, nonostante le decine di migliaia di tangenti pagate in Italia dagli imprenditori e l’assenza di qualsiasi pericolo per la loro incolumità fisica, si contino sulle dita di una mano quelli che hanno denunciato i loro presunti “estortori”63

. Questa condizione ha posto le vittime in una situazione di «subalternità cooperativa e collaborativa» analoga alla “zona grigia” descritta da Primo Levi, il quale, in «I sommersi e i

salvati», con questa locuzione, intendeva puntare lo sguardo non solo sulla

tragedia dei lager, ma anche su tutte quelle situazioni e quei luoghi in cui la convivenza di centinaia o migliaia di persone, dalle caserme agli uffici, dagli ospedali alle fabbriche, produce una dialettica di potere tra un vertice che comanda e una base che obbedisce; in mezzo c’è appunto la “zona grigia”, quella di coloro i quali, in vario modo e a vario titolo e responsabilità, collaborano al funzionamento della macchina di potere64. Quanto all’eziologia della corruzione, la ricerca criminologica propone diverse chiavi di lettura; se ne indica una, per tutte, in considerazione della sua miglior validità esplicativa: quella delle c.d. “sottoculture criminali” di Albert k. Cohen65, secondo la quale gli individui agirebbero in un contesto sociale ampiamente motivante e arriverebbero alla devianza mettendo in atto una serie di comportamenti progressivamente “adattativi” alle regole o agli

63

P. DAVIGO, G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, op. cit. p. 35 ss.

64 A. CISTERNA – Procuratore aggiunto presso la Procura nazionale Antimafia - Profonda riscrittura del progetto anticorruzione per battere un crimine organizzato in movimento, Guida al diritto, n° 3, 14 gennaio 2012, p. 7.

65 A. K. COHEN, The Sociology of the Deviant Act: Anomie Theory and Beyond in «American Sociological Review», 1965, vol.30, p. 5 ss. in G. MANNOZZI, Combattere la corruzione: tra criminologia e diritto penale, in Dir. Pen. Proc.,2008.

(27)

27

schemi comportamentali sottoculturali. Due sono i fattori fondamentali per comprendere la genesi del comportamento criminale, tra loro negativamente convergenti: la “situazione” – che si riferisce all’ambiente fisico, economico, sociale in cui ciascun individuo si muove – e il “quadro di riferimento”, il “filtro” cioè che il soggetto pone tra sé e il mondo, costituito, in sostanza, dalla propria Weltanschauung. Tale soluzione sembra adattarsi alla criminalità corruttiva, dato che l’opzione criminale appare riconducibile all’operare dei due fattori indicati da Cohen: la “situazione” scaturisce dalla presenza di un sistema di mercanteggiamento dei pubblici poteri ampio, diffuso, radicato66 e dall’esistenza di codici linguistici invalsi e noti persino nelle sfumature; il “quadro di riferimento” deriva dalla convinzione comune che sia “lecito” per il privato, inserirsi in tale “situazione” per trarne, mediante corruzione, profitto. Quanto più la corruzione assurge a praxis dell’esercizio dei pubblici poteri, tanto più la consapevolezza della sua rilevanza sfuma, dissolvendosi quasi del tutto, anche per opera del ricorso alle c.d. «tecniche di neutralizzazione»67 da parte di coloro che alimentano la

«pratica della tangente»68.

Vi sono ulteriori elementi che farebbero propendere per un inquadramento sottoculturale della criminalità corruttiva: soprattutto il fatto che il “mercato della corruzione” ha prodotto un insieme di regole “non scritte” opposto a quello che disciplina il corretto esercizio della pubblica amministrazione. Si tratta di regole che riposano su una base di “consenso” distorta (e in qualche caso persino “estorta”), perché volta ad attività illecite che le rende tuttavia “normativamente” valide all’interno della cerchia dei soggetti cui sono destinate. Così la pratica della tangente presenta dei “codici di comunicazione” per corrotti e corruttori e modelli comportamentali del tutto analoghi a quelli dei reati associativi, tali da inibire la denuncia degli illeciti per carenza di interesse dell’autore e della vittima. L’intreccio fra le

66 Cfr. Cass. 19 ottobre 2001, in Cass. Pen., 2002, 205 in G. MANNOZZI, Combattere la corruzione: tra criminologia e diritto penale, in Dir. Pen. Proc.,2008.

67 G. FORTI, L’immane concretezza. Metamorfosi del crimine e controllo penale, Milano, 2000, p. 499 ss. in P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, op. cit., p. 38.

68 P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, op. cit., pp. 287-288.

(28)

28

reciproche aspettative comportamentali illecite da parte dei pubblici ufficiali e dei cittadini fa si che gli individui che vogliano entrare nel mercato «legale» tendano ad adeguarsi spontaneamente69 alla «illegalità imperante»70 che ne «lubrifica» in modo occulto i meccanismi71. Nel lungo periodo, per il cittadino diventa più difficile violare le regole sottoculturali della corruzione che le norme penali a tutela del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione, create per contrastare il fenomeno corruttivo. Coronamento negativo della dinamica sottoculturale appena descritta è la depressione del fattore “propensione alla denuncia”; ma è proprio la denuncia che finisce per fungere da collante per la tenuta complessiva degli scambi corrotti. Secondo quanto affermato da Alberto Vannucci: «uno strumento a disposizione per scoraggiare la defezione dai patti è la minaccia di denuncia. Paradossalmente, il sistema legale finisce allora per garantire anche accordi illegali, giacché il consolidamento dell’omertà passa attraverso il ricatto di un possibile reciproco coinvolgimento in una denuncia penale»72. La sfida che la prassi lancia al legislatore è quella di riuscire a fare emergere la corruzione, notoriamente caratterizzata da un elevato indice di occultamento. Lo strumento per perseguire tale obiettivo è incentivare il fattore individuale di propensione alla denuncia, fattore determinante per contenere entro livelli fisiologici la “cifra nera” della criminalità corruttiva, giunta ormai a livelli preoccupanti a tali da minare non solo l’assetto delle istituzioni democratiche e del mercato, ma anche l’efficacia dissuasiva delle norme penali. L’assenza di strumenti processuali di incentivo alla denuncia dovrebbe pertanto invitare a riflettere sull’opportunità di ricorrere a norme sostanziali a struttura premiale – di cui il nostro ordinamento si è già avvalso

69 A. VANNUCCI, Il mercato della corruzione, cit, p. 67 in P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, op. cit., p. 40.

70

Cass. Pen. 13 luglio 1998, dep. 18 dicembre 1998 n. 13395, in «Cassazione penale», XL, 2000, p.587 in P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, op. cit., 2007, p. 40.

71 P. DAVIGO, La giubba del re. Intervista sulla corruzione. D. PINARDI (a cura di), Editori Laterza, Roma-Bari, 1998, cit. p. 23.

72

A. VANNUCCI, Il mercato della corruzione, cit., p. 24, richiamando le osservazioni di Donatella della Porta, Lo scambio occulto. Casi di corruzione politica in Italia, il Mulino, Bologna 1992, p.82 in P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, op. cit., p. 40.

(29)

29

per scardinare fenomeni criminali di gravità e allarme sociale inauditi – anche per eradicare la criminalità politico-amministrativa73.

3.3 La stima della cifra nera

Il primo criminologo a leggere in maniera diversa ed innovativa l’emersione della “cifra oscura” è stato Edwin Sutherland in “White Collar Crime” (1949). Opera di grande interesse dal punto di vista criminologico perché stravolge quello che era il modo di pensare del criminologo, rivoluzionando la ricostruzione dell’eziologia del crimine. Sutherland studia la criminalità dei colletti bianchi74, si dedica cioè a un settore contrapposto a quello tradizionale, cioè a quello dei crimini associati alla povertà o alle patologie personali e sociali. Si tratta di reati commessi abusando della fiducia che scaturisce dallo status sociale che il soggetto ha all’interno della collettività e dalla natura dell’attività svolta; tutto ciò costituiva una barriera rispetto alla condanna morale prima che giuridica. Infatti l’idea di Sutherland è che si trattasse di reati propri, cioè commessi da parte di soggetti qualificati, la cui violazione metteva in discussione il rapporto di fiducia tra il soggetto e l’ente di appartenenza, violazione specifica e peculiare rispetto al comune cittadino. Pertanto Sutherland fu autore di una vera e propria rivoluzione copernicana, nel metodo e nelle conclusioni. Prese dapprima in esame le statistiche sulla criminalità tradizionale, collocata nelle fasce sociali più disagiate e negli strati inferiori della gerarchia sociale e, dopo aver criticato i diffusi assunti circa le origini in termini di patologia individuale o sociale, sferrò un demolitorio attacco alle statistiche medesime. Tali statistiche erano viziate perché non veritiere rispetto all’effettiva penalizzazione secondaria(quella primaria è opera della legge, quella secondaria dell’autorità giudiziaria e delle altre agenzie di controllo), perché l’applicazione della pena era fortemente diseguale: le violazioni commesse da ceto borghese o economico

73

P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, Roma-Bari, Laterza, 2007, pp. 287-288.

74 Il “white collar crime” è il reato commesso da una persona rispettabile di elevata condizione sociale nel corso della sua occupazione, secondo la definizione di E. Sutherland.

Riferimenti

Documenti correlati

b) la preposizione “per” indica un preciso finalismo tra la mercificazione e l’esercizio delle funzioni o dei poteri; finali- smo che deve essere concreto e proporzionato dal

• di adottare lo schema di patto di integrità, predisposto dal Responsabile per la Prevenzione della Corruzione, quale misura di prevenzione alla corruzione, allegato al presente

d) concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni di carriera di cui all'articolo 24 del citato decreto legislativo n.150 del 2009. Le

L'individuazione degli attori del sistema di gestione del rischio di corruzione da parte dell'amministrazione tiene conto della strategia elaborata a livello nazionale e

Il Collegio provinciale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati ha natura di ente pubblico non economico, vigilato dal Ministero della Giustizia e dal Consiglio del

Pianifica le risorse finanziarie dell’Azienda attraverso gli strumenti di programmazione previsti dalle norme vigenti e provvede alla gestione finanziaria e fiscale della

Completamento automatizzazione del caricamento dei dati e delle informazioni nella sezione del portale istituzionale “Amministrazione Trasparente” direttamente dai vari data base

Eventuali misure discriminatorie, dirette o indirette, nei confronti del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza per motivi collegati, direttamente