In base all’ IEEE Standard Definitions of Terms for Antennas, l’antenna è definita come un mezzo per la radiazione o ricezione di onde radio.
In altre parole è la struttura di transizione tra lo spazio libero e un mezzo guidante, come mostrato nella figura 1.1 qua sotto.
La struttura guidante o linea di trasmissione può avere la forma di un cavo coassiale o di una guida d’onda ed è usata per trasportare energia elettromagnetica dalla sorgente di trasmissione all’antenna o dall’antenna al ricevitore.
Il circuito equivalente del sistema di figura 1.1, nel modo di trasmissione è mostrato nella figura 1.2 della pagina successiva, in cui la sorgente è rappresentata da un generatore ideale, la linea di trasmissione è rappresentata da una linea con impedenza caratteristica Zc e l’antenna è
rappresentata dal carico ZA connesso alla linea di trasmissione.
Figura 1.2 Equivalente di Thevenin dell’antenna nel modo di trasmissione
Dove:
Rl rappresenta le perdite per conduzione del dielettrico
Rr rappresenta il contributo di radiazione dell’antenna
XA tiene conto della parte reattiva dell’impedenza di ingresso dell’antenna
Nei sistemi di comunicazione wireless, affinché sia garantita una buona qualità del sistema, l’antenna costituisce uno dei componenti più critici da dover progettare,.
1.1 Funzionamento delle antenne
Parlando di antenne, la prima cosa che ci si chiede è senza dubbio quale sia il meccanismo attraverso cui si origina la radiazione elettromagnetica, ovvero come, a partire dai campi elettromagnetici generati dalla sorgente e guidati all’interno della linea di trasmissione e nell’antenna si formano delle onde di spazio libero.
Per capire ciò andiamo allora ad analizzare alcune sorgenti di radiazione.
1.1.1 Antenna a cavo singolo
Come è ben noto, una caratteristica dei cavi conduttori è il movimento al suo interno delle cariche elettriche e la creazione di un relativo flusso di corrente.
Considerando un cavo circolare di sezione A, volume V e una carica totale Q che si muove lungo l’asse z (asse del filo) con velocità uniforme vz, se il cavo è realizzato con un materiale elettrico
Invece di esaminare tutti i vari casi in cui la carica può essere distribuita all’interno del conduttore, l’analisi sarà effettuata solo nel caso di cavo sottile, poi, i risultati saranno estesi alle altre possibili distribuzioni di carica.
Se la corrente varia nel tempo si ha che:
Nel caso di un cavo lungo l allora, tale equazione può essere scritta come:
Tale formula fornisce la relazione fondamentale tra corrente e carica ed è anche la relazione fondamentale delle radiazioni elettromagnetiche.
Osservando tale formula è evidente allora che per creare una radiazione si deve avere una corrente che varia nel tempo, oppure una accelerazione (decelerazione) di carica.
Per creare una accelerazione di carica, come mostrato nella figura qua sotto il cavo deve essere: curvo, inclinato, discontinuo o interrotto.
Figura 1.3 Configurazioni del cavo per avere radiazione
In alternativa una corrente tempo variante o una accelerazione periodica di carica può essere ottenuta se una carica oscilla secondo un movimento periodico, come mostrato nella figura 1.4 della pagina seguente, nel caso di un dipolo a λ/2.
z l z l z a q dt dV q dt dI = = z l z a lq dt dI l =
Figura 1.4 Distribuzione della corrente in funzione del tempo per un’antenna filare a λ/2
Se invece la carica si muove con velocità uniforme, se il filo è dritto e di estensione infinita non si origina alcuna radiazione.
Un semplice meccanismo di comprensione qualitativo di come si può ottenere una radiazione è fornito considerando una sorgente di impulsi attaccata ad un capo di un cavo conduttore che all’altro estremo è terminato a massa attraverso un carico Zl ,come mostrato nella figura 1.3d.
Quando il cavo viene alimentato le cariche (gli elettroni liberi) si mettono in movimento in base alle linee di forza del campo elettrico creato dal generatore di impulsi.
Le cariche che si trovano dalla parte del generatore di impulsi accelerano, mentre decelerano durante la riflessione all’altro capo; i campi irradiati sono allora prodotti sia ai capi del cavo che nella parte restante del cavo stesso.
Una radiazione più forte con uno spettro frequenziale più esteso si ottiene se l’impulso è di durata più compatta, mentre, l’oscillazione armonica di una carica nel tempo produce idealmente la radiazione di una singola frequenza, pari alla frequenza di oscillazione della carica stessa. Abbiamo perciò che l’accelerazione delle cariche è ottenuta attraverso la sorgente esterna che forza le cariche in movimento e produce il campo radiato associato.
La decelerazione delle cariche alla fine del cavo invece, è ottenuta attraverso delle forze interne associate al campo indotto dovuto alla concentrazione di carica che si è “creata” alla fine del cavo.
1.1.2 Antenna a due cavi
Adesso consideriamo una sorgente di tensione connessa a due conduttori di una linea di trasmissione che è a sua volta connessa all’antenna. Ciò è mostrato nella figura seguente:
Figura 1.5 Sorgente, linea di trasmissione, antenna e distacco delle linee di campo elettrico.
Applicando una tensione ad una linea di trasmissione si crea un campo elettrico nella zona tra i due conduttori; le linee di forza del campo elettrico (tangenti al campo elettrico in ogni punto) hanno la tendenza ad azionare gli elettroni liberi (facilmente separabili dagli atomi) associati ad ogni conduttore, forzandoli in movimento.
Tale movimento di carica crea una corrente che a sua volta da origine ad un campo magnetico. Le linee di campo magnetico formano sempre degli anelli chiusi che circondano i conduttori che trasportano corrente.
Le linee di campo tra i due conduttori aiutano a mostrare la distribuzione di carica; se si assume che la sorgente di tensione è sinusoidale ci si aspetta un campo elettrico tra i due conduttori che è anch’esso sinusoidale e di periodo uguale a quello della sorgente applicata.
La creazione di campi magnetici ed elettrici variabili nel tempo forma delle onde elettromagnetiche che viaggiano lungo la linea di trasmissione, come mostrato nella figura 1.5a.
A questo punto bisogna capire come le onde guidate (all’interno del conduttore) sono liberate dall’antenna per formare le onde in spazio libero che sono indicate come anelli chiusi nella figura 1.5b.
Prima di esprimere ciò, per focalizzare meglio il problema si può fare un parallelo tra le onde guidate/onde in spazio libero e le onde che si creano nell’acqua in seguito al lancio di un sasso. In seguito al lancio del sasso in acqua si creano delle onde che, partendo dal punto di impatto del sasso viaggiano verso l’esterno. Se il fenomeno di perturbazione dell’acqua viene rimosso le onde continuano a viaggiare; se invece il disturbo persiste si creano di continuo nuove onde che seguono le precedenti.
Una cosa analoga a quanto appena descritto avviene con le onde elettromagnetiche (EM) create da un disturbo elettrico.
Se il disturbo elettrico iniziale ha breve durata, le onde EM viaggiano nella linea di trasmissione poi nell’antenna ed infine vengono radiate come onde nello spazio libero; il fenomeno persiste per una breve durata anche in seguito alla rimozione del “disturbo” elettrico.
Quando le onde EM si trovano all’interno della linea di trasmissione o nell’antenna la loro esistenza è associata con la presenza di carica all’interno del conduttore; quando invece le onde sono irradiate vengono rappresentate attraverso degli anelli chiusi e non ci sono cariche che sostengono la loro esistenza. Ciò ci fa concludere che le cariche elettriche sono necessarie per eccitare i campi ma non sono necessarie per sostenerli e possono esistere campi anche in assenza di cariche.
Come già affermato, ciò è analogo a quanto accade per le onde che si formano nell’acqua.
1.2 Irradiazione di un dipolo
Cerchiamo a questo punto di esprimere il meccanismo con cui le linee di forza del campo elettrico sono liberate dall’antenna per formare le onde in spazio libero; si può mostrare ciò attraverso l’esempio di una piccola antenna a dipolo; sebbene il meccanismo illustrato sia un po’ semplificato, permette lo stesso di visualizzare la creazione delle onde in spazio libero.
Nella figura 1.6a della pagina successiva sono mostrate nel primo quarto di periodo le linee di forza create tra i bracci di un piccolo dipolo alimentato al centro, durante tale intervallo le
Figura 1.6 Formazione e distacco delle linee di campo elettrico per un dipolo corto
Durante il secondo quarto di periodo le tre linee viaggiano per un ulteriore spazio pari a λ/4 raggiungendo una distanza totale di λ/2, la densità di carica sul conduttore inizia invece a diminuire.
Si può pensare che ciò sia ottenuto introducendo cariche di segno opposto che alla fine del primo mezzo periodo vanno a neutralizzare le cariche sul conduttore. Anche adesso si considerano 3 linee di forza create dalle cariche di segno opposto, le quali durante il secondo quarto di periodo percorrono una distanza pari a λ/4 e sono mostrate in figura 1.6b.
Il risultato finale allora è che nel primo quarto di periodo ci sono tre linee di forza puntate verso l’alto, mentre nel secondo quarto lo stesso numero di linee è diretto verso il basso.
Così facendo non si ha carica netta sull’antenna, allora le linee di forza devono essere forzate a liberarsi dal conduttore e ad unirsi insieme formando degli anelli chiusi, ciò è mostrato in figura 1.6c.
Nella seconda metà del periodo accade l’analoga procedura ma in direzione opposta; dopo ciò il processo si ripete e continua all’infinito formando un campo elettrico simile a quelli mostrati nella figura 1.7.
Figura 1.7 Linee di campo elettrico delle onde in spazio libero per un’antenna a λ/2 a t=0, T/8,T/4 e 3T/8
1.3 Distribuzione di corrente in una sottile antenna filare
Al fine di illustrare la creazione della distribuzione di corrente in un dipolo lineare e la seguente radiazione iniziamo con l’osservare la geometria di una linea di trasmissione a due cavi senza perdite, come mostrata nella figura 1.8a.
Come già detto in precedenza nel caso di una linea di trasmissione senza perdite, il movimento delle cariche all’interno della linea di trasmissione da origine ad un’onda viaggiante di corrente di modulo I0/2 lungo ognuno dei due cavi; quando tale corrente arriva alla fine di ogni cavo
subisce una completa riflessione (uguale modulo e fase variata di 180°). L’onda viaggiante riflessa, combinata con l’onda viaggiante incidente forma in ogni cavo un’onda pura stazionaria di forma sinusoidale mostrata nella figura 1.8a della pagina seguente.
Per una linea di trasmissione a due cavi bilanciati la corrente in un cavo ha lo stesso modulo dell’altra ma è sfasata di 180°; inoltre se lo spazio tra i due cavi è molto piccolo (s<<λ) i campi radiati dalla corrente in ogni cavo sono essenzialmente cancellati da quelli dell’altro; in definitiva si ha una quasi ideale linea di trasmissione non radiativa.
Figura 1.8 Distribuzione della corrente in una linea di trasmissione a sue cavi senza perdite, linea di trasmissione allargata e dipolo lineare
Nel caso in cui un tratto di linea lungo 0≤ z ≤ l/2 inizia ad inclinarsi, come mostrato nella figura 1.8b qua sopra, si può assumere che la distribuzione di corrente nei cavi rimanga inalterata, ma, poiché i due cavi non si trovano più uno sull’altro, i campi radiati da uno necessariamente non cancellano quelli dell’altro perciò si ottiene ha una radiazione netta da parte della linea di trasmissione.
Nel caso in cui la linea viene ulteriormente inclinata si giunge alla configurazione nota come dipolo, mostrata in figura 1.8c.
In quest’ultima configurazione se l<λ la fase dell’onda stazionaria di corrente in ogni braccio è la stessa lungo tutta la lunghezza inoltre spazialmente è orientata nella stessa direzione, ciò fa si che i campi radiati dai due bracci del dipolo si rinforzano uno con l’altro.
Figura 1.9 Distribuzione di corrente su dipoli lineari
Se il diametro di ogni cavo è molto piccolo (d<<λ) l’onda stazionaria ideale di corrente lungo i bracci del dipolo è sinusoidale con un nullo alla fine di ogni braccio; nella figura 1.9 sono mostrati gli andamenti delle correnti nel caso di dipolo alimentato al centro e di lunghezza l<<λ , l=λ/2, λ/2<l<λ e λ<l<3λ/2.
Nel caso di dipolo molto piccolo (λ/50<l<λ/10) la distribuzione di corrente può essere approssimata di forma triangolare.
Dalla figura 1.9d mostrata qua sopra, si può notare che nel caso di dipolo più lungo di λ la distribuzione di corrente subisce un’inversione di fase di 180° tra mezzi cicli vicini perciò i campi irradiati da alcune parti del dipolo non rinforzano quelli creati dalle altre, ciò causa una interferenza significativa e degli effetti di cancellazione nella formazione della radiazione totale.
1.4 Tipologie di antenne
Attualmente in commercio ci sono molti tipi di antenne ognuna delle quali copre dei differenti campi di applicazione.
Tra le varie tipologie di antenne possiamo individuare:
1.4.1 Antenne filari
Sono le più comuni, sono usate in moltissimi campi di applicazione; possono essere realizzate attraverso svariate forme: spirali, dipoli, dipoli ripiegati etc.
1.4.2 Antenne ad apertura
Sono molto utilizzate in applicazioni aeronautiche poiché possono essere allineate molto bene alle strutture e possono essere ricoperte con un dielettrico necessario per proteggerle dalle ardue condizioni operative.
1.4.3 Antenne a microstriscia
Sono le antenne analizzate in questo lavoro di tesi; vengono molto utilizzate in applicazioni commerciali; sono costituite da un patch posto al di sopra di un piano di massa. Sono semplici sia da analizzare che da fabbricare, hanno un profilo molto basso che le rende adattabili a superfici planari e non planari, hanno un costo contenuto, sono molto robuste se montate su superfici rigide e risultano molto versatili sia dal punto di vista dell’impedenza di ingresso sia per la frequenza di risonanza.
1.4.4 Array di antenne
Sono state sviluppate poiché molte caratteristiche radiative non sono semplici da ottenere attraverso un singolo elemento radiativo; sono particolarmente utili se si vuole ottenere una radiazione massima in alcune particolari direzioni piuttosto che in altre.
1.4.5 Antenne a riflettore
Vengono molto utilizzate nelle applicazioni spaziali in cui i segnali devono percorrere tratti lunghissimi (milioni di miglia); tali antenne giungono ad avere diametri anche fino a 300 metri.
1.4.6 Antenne a lente
In origine vennero utilizzate per allineare l’energia incidente divergente, prevenendo la dispersione del segnale in direzioni indesiderate.
Vengono usate ad alte frequenze e in applicazioni in cui sono usate le antenne a riflettore parabolico; la loro classificazione avviene in base alla forma o al materiale con cui sono realizzate.
1.5 Caratteristiche e parametri fondamentali delle antenne
L’andamento della radiazione dell’antenna o antenna pattern è definito come la funzione matematica o una rappresentazione grafica delle proprietà radiative dell’antenna in funzione delle coordinate spaziali; in figura 1.10 è mostrata una conveniente scelta delle coordinate; nella maggior parte dei casi l’andamento della radiazione è determinato nella regione di campo lontano.
Figura 1.10 Sistema di coordinate per l’analisi dell’antenna
1.5.1 Lobi del diagramma di radiazione
Generalmente un andamento radiativo è costituito da più lobi che possono essere classificati come: lobo principale, minore, laterale e posteriore. Un lobo è una porzione dell’andamento della radiazione confinato da regioni di intensità di radiazione relativamente debole.
Nella figura 1.11 della pagina successiva è mostrato un tipico andamento radiativo costituito da più lobi.
Figura 1.11 (a) Lobi di radiazione e beamwidths di un’antenna pattern.
(b) Grafico lineare dell’antenna pattern con i lobi e i beamwidths associati
Il lobo maggiore è definito come quello contenente la direzione di massima radiazione, i lobi minori invece sono tutti gli altri e di solito rappresentano le radiazioni nelle direzioni indesiderate, devono perciò essere minimizzati; il livello dei lobi minori è di solito espresso come il rapporto tra la densità di potenza del lobo in questione e quella del lobo maggiore.
Di solito il raggiungimento di livelli dei lobi laterali inferiori a –30dB richiedono molta attenzione di progetto; nel caso di applicazioni radar è importante realizzare bassi rapporti dei lobi laterali, in quanto deve essere minimizzata l’indicazione di falsi obbiettivi da parte dei lobi laterali.
1.5.2 Regioni di campo
Lo spazio che circonda l’antenna, come mostrato in figura 1.12 solitamente è diviso in tre regioni:
• radiazione in campo vicino reattivo • radiazione in campo vicino
Figura 1.12 Regioni di campo dell’antenna
Sebbene per definire i confini delle varie regioni siano stati stabiliti vari criteri, tali confini non risultano essere unici. Definiamo ora le differenze che si hanno nelle varie regioni.
Radiazione in campo vicino reattivo
E’ definita come la porzione di regione del campo vicino che immediatamente circonda l’antenna laddove predominano i campi reattivi. Nella maggior parte delle antenne i confini di tale regione sono comunemente presi ad una distanza dall’antenna pari a:
Dove D è la massima dimensione dell’antenna e λ la lunghezza d’onda.
Radiazione in campo vicino
E’ definita come quella regione di campo situata tra la regione di campo vicino reattivo e la regione di campo lontano, laddove predominano i campi radiativi e la distribuzione angolare di campo è dipendente dalla distanza dall’antenna. Se l’antenna ha la dimensione massima che non è comparabile con la lunghezza d’onda tale regione può non esistere.
Il confine interno di questa regione è preso essere a distanza mentre il confine esterno a distanza
λ 3 62 , 0 D R < λ 3 62 , 0 D R > λ 2 2D R<
Radiazione in campo lontano
E’ definita come quella regione di campo dove la distribuzione angolare di campo è essenzialmente indipendente dalla distanza dall’antenna. Se l’antenna ha una dimensione massima pari a D, tale zona è comunemente presa ad una distanza superiore a dall’antenna. Nel caso in cui l’antenna ha la dimensione massima D che è paragonabile a la regione di campo lontano può essere presa approssimativamente ad una distanza uguale a dall’antenna, dove γ è la costante di propagazione del mezzo.
In questa regione le componenti di campo sono essenzialmente trasverse e la distribuzione angolare è indipendente dalla distanza radiale dove sono fatte le misure.
E’ evidente che il confine esterno di tale regione è posto all’infinito.
1.5.3 Densità di potenza della radiazione
Come è ben noto le onde EM sono usate per trasportare informazioni da un punto ad un altro attraverso un mezzo senza fili; è evidente allora assumere che l’energia e la potenza siano associate a dei campi elettromagnetici.
La quantità usata per descrivere la potenza associata con un’onda EM è il vettore di Poynting istantaneo definito come:
W=E× H dove W è il vettore di Poynting istantaneo (W/m2)
E è l’intensità di campo elettrico istantaneo (V/m) H è l’intensità di campo magnetico istantaneo (A/m)
Il vettore di Poynting dunque è una densità di potenza, la potenza totale attraverso una superficie chiusa può essere ottenuta integrando la componente normale del vettore di Poynting sopra l’intera superficie, ovvero:
dove:
P è la potenza totale istantanea (W)
è il vettore unitario normale alla superficie da è l’area infinitesima di una superficie chiusa (m2)
In applicazioni in cui i campi variano nel tempo spesso è più utile considerare la densità di potenza media che è ottenuta integrando il vettore di Poynting istantaneo sul periodo e dividendo per il periodo stesso.
λ 2 2D γ π π γ 2 D ∫∫ ∫∫ ⋅ = ⋅ ⋅ = ∧ S S da W dS W P n n ∧
Nel caso di variazioni nel tempo di tipo armonico si definiscono i campi complessi E ed H che sono collegati ai rispettivi campi E ed H (che sono quelli istantanei) attraverso le seguenti
relazioni:
E(x,y,z,t)=Re[E(x,y,z)ejωt]
H(x,y,z,t)=Re[H(x,y,z)ejωt]
Sfruttando tali relazioni e il fatto che Re[Eejωt]=(1/2)[Eejωt+E*e-jωt] si può scrivere che:
W=E×H=(1/2)Re[E×H*]+(1/2)Re[E×Hej2ωt]
In tale equazione si nota che il primo termine non è funzione del tempo e rappresenta la densità di potenza media, mentre il secondo ha una dipendenza frequenziale doppia rispetto a quella base.
Dato che la parte reale del termine (E×H*
)/2 rappresenta la densità di potenza media, pare evidente chiederci cosa rappresenta la parte immaginaria di tale termine; è evidente che ciò rappresenta la densità di potenza reattiva (immagazzinata) associata con il campo EM.
Il fattore ½ che compare in tutte le relazioni di sopra sta ad indicare che i campi E ed H sono espressi in valori di picco.
Nella zona di campo lontano, la densità di potenza associata ai campi EM di un’antenna è predominantemente reale ed è definita come densità di radiazione. Sviluppando le equazioni appena elencate la potenza media radiata da un’antenna può essere scritta come:
Spesso trattando di antenne si sente parlare di radiatore isotropico; ciò non è altro che una ipotetica antenna senza perdite che ha la stessa radiazione in tutte le direzioni; sebbene sia ideale e dunque non fisicamente realizzabile, spesso è usata come riferimento per esprimere le proprietà direttive delle antenne reali.
A causa della sua radiazione simmetrica, in tal caso il vettore di Poynting non sarà funzione delle coordinate sferiche θ e φ, sarà perciò solo dipendente dalla distanza radiale dall’antenna, pertanto
la potenza totale radiata sarà data da:
∫∫ ⋅ = ∫∫ ⋅ ⋅ = ∫∫ × ⋅ = = ∧ S rad S av S av rad P W dS W da E H dS P n Re( ) 2 1 * ∫∫ ⋅ = ∫ ∫ ⋅ = = ∧ ∧ S r r rad W dS W r r sin d d r W P a a π π π φ θ θ 2 0 0 0 2 2 0 0 [ ( )] [ ] 4
Un’antenna direzionale invece è un’antenna che ha la capacità di irradiare e ricevere onde EM che è migliore in alcune direzioni piuttosto che in altre; di solito si parla di antenne direzionali quando la sua massima direttività è significativamente più grande rispetto a quella di un dipolo in λ/2.
A volte si sente parlare anche di antenne omnidirezionali, tale termine sta ad indicare un’antenna che ha una radiazione non direzionale in un dato piano, mentre ha un andamento direzionale in ogni altro piano ortogonale; dunque un andamento omnidirezionale è uno speciale tipo di andamento direzionale.
Nel caso di antenne polarizzate linearmente (vedremo in seguito), spesso le performance sono descritte in termini di andamenti nei piani principali E ed H.
Il piano E è definito come il piano contenente il vettore campo elettrico e la direzione di massima radiazione; il piano H invece è il piano contenente il vettore di campo magnetico e la direzione di massima radiazione.
1.5.4 Intensità di radiazione
L’intensità di radiazione in una data direzione è definita come la potenza irradiata da un’antenna per unità di angolo solido.
E’ un parametro di campo lontano che può essere ottenuto semplicemente moltiplicando la densità di radiazione per il quadrato della distanza, ovvero:
U=r2Wrad dove U è l’intensità di radiazione (W/unità di angolo solido)
Wrad è la densità di radiazione (W/m2)
In alternativa può essere definita in dipendenza del campo elettrico nella zona di campo lontano attraverso:
dove:
Eθ , Eφ sono le componenti di campo elettrico nella zona di campo lontano
Z0 è l’impedenza intrinseca del mezzo in cui si trasmette il segnale.
Dalla conoscenza di ciò è anche possibile ricavare la potenza totale radiata, che è pari a:
dove dΩ è l’elemento di angolo solido, che vale: dΩ = sinθdθdφ
Andiamo adesso a valutare alcuni dei parametri caratteristici che contraddistinguono il funzionamento delle antenne.
( )
=(
)
≅ ⎡⎢⎣ 0(
)
2 + 0(
)
2⎥⎦⎤ 0 2 0 2 , , 2 1 , , 2 ,φ θ φ θ φ θ φ θ Eθ Eφ Z r E Z r U(
)
(
)
r e E r E jkr − = θ φ φ θ , , , 0 ∫∫ ∫ ∫ Ω ⋅ Ω = ⋅ = 2π π θ θ φ 0 0 d d sin U d U PradTra le varie proprietà della radiazione, i parametri di maggiore interesse sono:
• Direttività • Guadagno • Efficienza
• Half Power Beamwidth (HPBW) • Larghezza di banda
• Polarizzazione
• Polarization Loss Factor (PLF) • Impedenza d’ingresso
• Aree equivalenti e vettore lunghezza effettiva • Radar Cross Section (RCS)
1.5.5 Direttività
Nel corso degli anni il termine direttività ha subito una variazione riguardo alla sua definizione infatti, nella versione dell’IEEE Standard Definitions of Terms for Antennas del 1983 venne stabilita una nuova definizione di direttività che sostituiva il termine guadagno direttivo della versione precedente dello standard (del 1973).
La direttività di un’antenna è definita come il rapporto tra l’intensità di radiazione in una data direzione dell’antenna e l’intensità di radiazione mediata in tutte le direzioni. L’intensità di radiazione media è uguale alla potenza totale radiata dall’antenna divisa 4π.
In alternativa, la direttività di una sorgente non isotropica è definita come il rapporto tra la sua intensità di radiazione in una data direzione e l’intensità di radiazione di una sorgente isotropica, ovvero: ⇒ ESPRESSIONE ESATTA
Dove U0 è l’intensità di radiazione di una sorgente isotropica.
Ovviamente si nota che la direzione di massima direttività coincide con quella in cui si ha la massima intensità di radiazione.
(
)
(
)
(
)
rad P U U U D θ ,φ θ,φ 4π θ,φ 0 = =Nel caso di coordinate polari allora la direttività massima totale D0 è data da: D0=Dθ+Dφ dove le direttività parziali sono definite come:
Dove Uθ= intensità di radiazione in una data direzione contenente la componente di campo θ
Uφ= intensità di radiazione in una data direzione contenente la componente di campo φ
(Prad)θ= potenza irradiata in tutte le direzioni contenenti la componente di campo θ (Prad)φ= potenza irradiata in tutte le direzioni contenenti la componente di campo φ
La direttività di un’antenna rappresenta una figura di merito che fornisce un’ indicazione delle proprietà direzionali dell’antenna paragonate a quelle di una sorgente isotropica.
La direttività ha valori compresi tra 0≤ D ≤ Dmax
Spesso, invece di utilizzare l’espressione esatta mostrata nella pagina precedente, per calcolare la direttività di un’antenna è più conveniente utilizzare un’espressione più semplice (approssimata), valida nel caso in cui si ha un lobo principale predominante e dei lobi minori che sono trascurabili:
⇒ EQUAZIONE DI KRAUS
Dove Ωa è il raggio di angolo solido definito come l’angolo solido attraverso cui fluisce tutta la
potenza dell’antenna se l’intensità di radiazione è costante (e uguale al massimo valore di U) per tutti gli angoli all’interno di Ωa.
θ1r invece, è la larghezza di raggio a metà potenza in un piano (espressa in radianti) e θ2r è la
larghezza di raggio a metà potenza in un piano ad angolo retto con il precedente. Se θ1 e θ2 sono conosciuti in gradi, l’espressione precedente diventa:
Dove θ1d e θ2d sono le stesse grandezze espresse in gradi.
In alternativa, la massima direttività dell’antenna può essere calcolata con la seguente formula approssimata che prende il nome di formula di Tai Pereira:
⇒ EQUAZIONE DI TAI e PEREIRA
(
)
θ(
θ)
φ θ π rad rad P P U D + = 4(
) (
θ φ)
φ φ π rad rad P P U D + = 4 r r a D 2 1 0 4 4 θ θ π π ≅ Ω =(
)
d d d d D 2 1 2 1 2 0 253 , 41 / 180 4 θ θ θ θ π π ⋅ = ⋅ ≅ ⎟⎟ ⎠ ⎞ ⎜⎜ ⎝ ⎛ + = 2 1 0 1 1 2 1 1 D D DIn cui:
Perciò sostituendo a D1 e D2 le espressioni qua sopra, nel caso di angoli espressi in radianti si ottiene:
Nel caso di angoli espressi in gradi invece si ottiene:
Per fare una valutazione comparativa tra le due formule approssimate appena enunciate si può valutare un esempio in cui l’intensità di radiazione è data da:
0≤ θ ≤ π/2 0≤ φ ≤ 2π altrove
dove n è un numero reale positivo.
2 2 2 0 2 2 1 2 0 1 2 ln 16 2 ln 2 1 2 ln 16 2 ln 2 1 1 2 1 r r r r d sin D d sin D θ θ θ θ θ θ θ θ ≅ ≅ ≅ ≅ ∫ ∫ 2 2 2 1 2 2 2 1 0 181 , 22 2 ln 32 r r r r D θ θ θ θ + = + ≅ 2 2 2 1 0 815 , 72 d d D θ θ + ≅
(
)
( )
⎩ ⎨ ⎧ = 0 cos ,φ 0 θ θ B n UConfrontando le formule si nota che la formula di Tai e Pereira fornisce un valore di direttività che è sempre inferiore rispetto al valore ottenuto con la formula esatta, inoltre tale differenza diminuisce all’aumentare di n.
La formula di Kraus invece, per piccoli valori di n fornisce un valore di direttività inferiore rispetto a quello esatto, mentre per grandi valori di n ne fornisce uno superiore.
In base a tali osservazioni si può concludere che la formula di Tai e Pereira è più accurata per grandi valori di n; mentre per n<11,28 la formula di Kraus risulta più accurata.
Anche nel caso di antenne con diagrammi di radiazione di tipo omnidirezionali mostrati nella figura 1.14, ed espressi dalla seguente relazione:
0≤ θ ≤ π 0≤ φ ≤ 2π possono essere ottenute delle formule approssimate per valutare la direttività; un è esempio è dato dalla seguente formula di McDonald:
⇒ EQUAZIONE DI McDONALD
Figura 1.14 Andamento omnidirezionale con e senza lobi minori
In alternativa alla formula di McDonald può essere usata la seguente formula di Pozar:
⇒ EQUAZIONE DI POZAR
( )
θ n sin U =[
]
2 0 0027 , 0 101 d d HPBW HPBW D − = d HPBW D0 =−172,4+191⋅ 0,818+ 1La formula di McDonald in generale è più accurata nel caso di andamenti omnidirezionali con lobi minori come mostrato nella figura 1.14a della pagina precedente.
La formula di Pozar invece è più accurata nel caso di andamenti omnidirezionali con lobi minori di intensità molto bassa (come mostrato nella figura 1.14b).
Le due formule approssimate appena viste possono essere usate per progettare antenne omnidirezionali con specifiche caratteristiche nel diagramma di irradiazione.
1.5.6 Guadagno
Un’altra grandezza utile per descrivere le performance di un’antenna è il guadagno.
Il guadagno di un’antenna è strettamente collegato alla direttività, ciò è una misura che tiene conto sia dell’efficienza dell’antenna sia delle capacità direzionali.
Il guadagno assoluto di un’antenna (in una data direzione) è definito come il rapporto dell’intensità di radiazione in una data direzione rispetto all’intensità di radiazione che otterrei se la potenza in ingresso all’antenna fosse irradiata isotropicamente.
Poiché l’intensità di radiazione corrispondente alla potenza irradiata isotropicamente è uguale alla potenza accettata in ingresso dall’antenna divisa 4π, si ha che:
Il guadagno è una grandezza adimensionale.
In riferimento alla figura 1.15a che segue si può dire che la potenza totale irradiata (Prad) è
collegata alla potenza totale in ingresso (Pin) attraverso la formula seguente: Prad=ecdPin Dove ecd è l’efficienza di radiazione dell’antenna che sarà definita successivamente.
( )
(
sorgenteisotropicaideale)
P U esso aleainingr potenzatot diazione ensitàdira Gain in φ θ π π int 4 , 4 = =
In accordo a quanto stabilito dallo standard IEEE, il guadagno non include le perdite derivanti dal disadattamento di impedenza (perdite per riflessione) e dal disadattamento di polarizzazione; queste due perdite sono definite rispettivamente attraverso l’efficienza di riflessione e il fattore di perdita di polarizzazione (PLF).
Sfruttando la relazione appena definita, si può scrivere che:
Analogamente a quanto fatto per la direttività si può definire il guadagno parziale di un’antenna per una data polarizzazione in una data direzione come la parte di intensità di radiazione corrispondente ad una fissata polarizzazione diviso l’intensità totale di radiazione che dovrebbe essere ottenuta se la potenza accettata in ingresso dall’antenna venisse irradiata isotropicamente. Si ha dunque che per una data direzione, il guadagno totale G0 è dato dalla somma dei guadagni parziali relativi ad ognuna delle due polarizzazioni ortogonali: G0=Gθ+Gφ dove Gθ e Gφ sono definiti come:
Generalmente, quando si parla di guadagno ci si riferisce sempre al guadagno massimo.
1.5.7 Efficienza
L’efficienza dell’antenna è ciò che prende in considerazione la riflessione, la conduzione e le perdite del dielettrico
L’efficienza totale dell’antenna e0 è usata per tenere conto delle perdite ai terminali di ingresso e all’interno della struttura dell’antenna.
Riferendoci alla figura 1.15b della pagina precedente, si può dire che le perdite sono causate da: 1)Riflessioni dovute al disaccoppiamento tra linea di trasmissione e antenna.
2) Perdite causate dalla conduzione e dal dielettrico. In generale l’efficienza totale può essere scritta come:
e0=ereced
dove: e0 = efficienza totale
er = efficienza di riflessione (disaccoppiamento) ⇒ er = (1-|Γ|2)
ec = efficienza di conduzione
ed = efficienza del dielettrico
(
θ,φ)
4π(
θ ,φ)
e D(
θ ,φ)
P U e G cd rad cd ⎥ = ⋅ ⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡ ⋅ = in in P U G P U G φ φ θ θ π π 4 4 = =Γ= coefficiente di riflessione di tensione ai terminali di ingresso dell’antenna;
Dove Zin è l’impedenza di ingresso dell’antenna mentre Z0 è l’impedenza caratteristica della
linea di trasmissione.
Di solito ec e ed sono molto difficili da calcolare ma possono essere determinati sperimentalmente. Attraverso prove sperimentali si riesce a valutare solo l’effetto congiunto e non i due singoli effetti perciò di solito è più conveniente scrivere: e0= erecd = ecd(1-|Γ|2)
dove ecd = eced = efficienza di radiazione dell’antenna che è il termine che relaziona la direttività con il guadagno.
L’efficienza di conduzione del dielettrico ecd è definita come il rapporto di potenza distribuita dalla resistenza di radiazione Rr rispetto alla potenza distribuita da Rr e Rl, perciò l’efficienza di radiazione può essere scritta come:
Dove la resistenza Rl è usata per rappresentare le perdite di conduzione del dielettrico.
1.5.8 Half Power Beamwidth (HPBW)
Ciò non è altro che la larghezza del raggio a metà potenza già introdotta nel definire la direttività.
E’ definita come l’angolo tra le due direzioni in cui l’intensità di radiazione è la metà del valore massimo valutato nel piano contenente la direzione di massima intensità di radiazione.
Ciò rappresenta una figura di merito delle antenne e spesso è necessario effettuare un compromesso tra tale grandezza e il livello del lobo laterale; in particolare se HPBW diminuisce, il livello del lobo laterale aumenta e viceversa, è inoltre usata anche per descrivere le capacità di risoluzione dell’antenna di distinguere tra due sorgenti radiative adiacenti.
Di solito il più comune criterio di risoluzione afferma che la capacità di risoluzione di un’antenna di distinguere due sorgenti è uguale alla metà del beamwidth, che di solito è usato per approssimare HPBW. 1.5.9 Larghezza di banda 0 0 Z Z Z Z in in + − = Γ l r r cd R R R e + =
condizioni limitanti, ad esempio una larghezza di banda 10:1 indica che la frequenza superiore è 10 volte più grande rispetto a quella più bassa.
Nel caso di antenne a banda stretta invece la larghezza di banda è definita come la percentuale del rapporto tra la differenza di frequenze (minime e massime) e la frequenza centrale, cioè:
ad esempio, una banda del 5% indica che la differenza di frequenza accettabile è del 5% rispetto alla frequenza centrale.
Poiché le varie grandezze di interesse di un’antenna non variano tutte allo stesso modo non si ha un’unica caratterizzazione della larghezza di banda.
1.5.10 Polarizzazione
La polarizzazione di un’antenna, in una data direzione coincide con la polarizzazione dell’onda trasmessa (radiata); quando la direzione non è definita si considera sempre quella in cui si ha il massimo guadagno.
La polarizzazione dell’onda radiata è definita come la proprietà di un’onda EM che descrive la direzione tempo variante e la relativa ampiezza del vettore campo elettrico; più specificatamente descrive la figura e il verso con cui viene tracciato l’andamento del campo elettrico in funzione del tempo in un punto fissato dello spazio, osservandolo lungo la direzione di propagazione. Dunque, la polarizzazione è la curva tracciata dal punto finale della freccia che rappresenta il campo elettrico istantaneo; una tipica traccia di come ciò varia in funzione del tempo è mostrata nella figura 1.16.
Figura 1.16 Rotazione di un’onda piana elettromagnetica ed ellisse di polarizzazione a z=0 in funzione del tempo.
100 % 0 min max − ⋅ = f f f B
La polarizzazione di un’onda radiata dall’antenna in una specifica direzione in un punto dello spazio posto nella zona di campo lontano non è altro che la polarizzazione dell’onda piana che rappresenta l’onda radiata in tale punto.
Principalmente si hanno tre tipi di polarizzazione:
• Lineare • Circolare • Ellittica
Se il vettore che descrive il campo elettrico in un punto dello spazio in funzione del tempo è sempre diretto lungo una linea il campo è detto polarizzato linearmente.
In generale comunque la figura che il campo elettrico traccia è un’ellisse e il campo è detto essere polarizzato ellitticamente.
Polarizzazioni circolari e lineari sono dei casi speciali di quella ellittica e possono essere ottenuti quando l’ellisse diventa una linea dritta o un cerchio.
La rotazione del campo elettrico può essere di tipo orario (anche detta polarizzazione della mano destra) o di tipo antiorario (polarizzazione della mano sinistra)
Il campo elettrico istantaneo di un’onda piana che viaggia nella direzione delle z negative può essere scritto come:
In accordo con l’equazione già enunciata all’inizio della trattazione, le componenti istantanee dei campi sono collegate alle loro copie complesse attraverso le seguenti relazioni:
dove Ex0 e Ey0 sono rispettivamente il modulo massimo delle componenti lungo x ed y del campo elettrico.
Analizziamo adesso più nello specifico ognuno dei tre tipi di polarizzazione appena enunciati.
Polarizzazione Lineare
(
z t)
E(
z t)
E(
z t)
E , ax x , ay y , ∧ ∧ + =( )
[
( )]
[
( )]
(
)
( )
[
( )]
[
( )]
(
)
y y kz t j y kz t j y y x x kz t j x kz t j x x kz t E e E e E t z E kz t E e E e E t z E y x φ ω φ ω φ ω ω φ ω ω + + = = = + + = = = + + + − + + + − cos Re Re , cos Re Re , 0 0 0 0Dunque, per l’onda con polarizzazione lineare la differenza di fase tra le due componenti deve essere: ∆φ=φy-φx = nπ con n= 0,1,2,3….
Polarizzazione Circolare
Un’onda armonica è polarizzata circolarmente in un dato punto dello spazio se, il vettore campo elettrico in quel punto traccia un cerchio in funzione del tempo.
Le condizioni necessarie e sufficienti per ottenere ciò sono le seguenti: • Il campo deve avere due componenti ortogonali lineari
• Le due componenti devono avere lo stesso modulo
• Le due componenti devono avere una differenza di fase di multipli dispari di 90° Si ha perciò che:
n=0,1,2….. rotazione orarie
n=0,1,2….. rotazione antiorarie
Nel caso in cui la direzione di propagazione dell’onda è invertita (direzione delle z positive) le fasi per le rotazioni devono essere scambiate.
Il senso di rotazione è determinato facendo ruotare la componente di fase che è in anticipo verso la componente che è in ritardo e osservando le rotazioni di campo guardando l’onda che parte dall’osservatore. La componente che ha una fase compresa tra 0° e 180° è considerata essere quella che guida, mentre quella con fase tra 180° e 360° è considerata essere quella in ritardo.
Polarizzazione Ellittica
Un’onda sinusoidale è polarizzata ellitticamente se il vettore di campo elettrico in un punto dello spazio in funzione del tempo traccia un’ellisse.
Le condizioni necessarie e sufficienti per ottenere una polarizzazione ellittica sono: • Il campo deve avere due componenti lineari ortogonali
• Le due componenti di campo possono avere stesso modulo o modulo differente.
• Se le due componenti di campo non hanno lo stesso modulo la differenza di fase tra le due deve essere diversa da 0° e da multipli di 180° ( altrimenti avrei una polarizzazione lineare). Se
0 0 2 2 1 2 2 1 y x y x x y E E E E n n = ⇒ = ⎪ ⎪ ⎩ ⎪⎪ ⎨ ⎧ ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛ + − ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛ + + = − = ∆ π π φ φ φ
le due componenti hanno lo stesso modulo la differenza di fase tra le due non deve essere un multiplo dispari di 90° ( altrimenti ottengo una polarizzazione circolare )
ovvero:
n=0,1,2….. rotazione orarie
n=0,1,2….. rotazione antiorarie
In questo caso la curva tracciata in un punto dello spazio in funzione del tempo è in generale un’ellisse inclinata, come mostrato nella figura 1.16 a pagina 25.
Il rapporto tra l’asse maggiore e l’asse minore è definito rapporto assiale (AR) ed è uguale a:
1≤ AR ≤ ∞ dove si ha che:
L’inclinazione dell’ellisse rispetto all’asse y è invece rappresentata dall’angolo τ:
Nel caso in cui l’ellisse è allineata con gli assi principali [ τ = nπ/2 con n=0,1,2….] l’asse maggiore (minore) è uguale a Ex0 (Ey0) o ad Ey0 (Ex0) e il rapporto assiale diventa uguale a Ex0/
Ey0 oppure Ey0/ Ex0.
1.5.11 Polarization Loss Factor (PLF)
0 0 2 2 1 2 2 1 y x y x x y E E E E n n ≠ ⇒ ≠ ⎪ ⎪ ⎩ ⎪⎪ ⎨ ⎧ ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛ + − ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛ + + = − = ∆ π π φ φ φ OB OA ore asse re assemaggio AR= = min
(
)
[
]
12 2 1 2 0 2 0 4 0 4 0 2 0 2 0 2 cos 2 2 1 ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡ ⎭ ⎬ ⎫ ⎩ ⎨ ⎧ + + + + ∆ ⋅ = Ex E y E x E y Ex E y φ OA(
)
[
]
12 2 1 2 0 2 0 4 0 4 0 2 0 2 0 2 cos 2 2 1 ⎥⎦ ⎤ ⎢⎣ ⎡ ⎭ ⎬ ⎫ ⎩ ⎨ ⎧ + − + + ∆ ⋅ = Ex E y E x E y Ex E y φ OB(
)
⎥ ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ ∆ − − = π − φ τ tan 2 cos 2 1 2 2 0 2 0 0 0 1 y x y x E E E Edove è il vettore unitario che rappresenta il vettore di polarizzazione dell’antenna ricevente.
La perdita di polarizzazione può essere considerata introducendo il fattore di perdita di polarizzazione (PLF) definito come:
dove Ψp è l’angolo compreso tra i due vettori unitari.
Nel caso di polarizzazione accoppiata, il PLF è unitario e l’antenna estrarrà la massima potenza dall’onda incidente.
Nella figura seguente è mostrato il vettore unitario di polarizzazione dell’onda incidente e dell’antenna e il fattore di perdita di polarizzazione (PLF).
Figura 1.17 Vettore unitario di polarizzazione dell’onda incidente ; dell’antenna e fattore di perdita di polarizzazione (PLF).
Se la polarizzazione dell’onda incidente è ortogonale alla polarizzazione dell’antenna di ricezione, allora non ci sarà alcuna potenza estratta dall’antenna e il PLF sarà 0.
In figura 1.18 è illustrato il PLF relativo a due tipi di antenne: filari e ad apertura:
Figura 1.18 Fattore di perdita di polarizzazione (PLF) per antenna filare ad apertura e lineare
a a a E E =ρ∧⋅ ρa 2 2 cos p a w PLF = ρ∧ ⋅ρ∧ = Ψ w ρ∧ a ρ∧ ) (ρw ∧ ) (ρa ∧
Basandoci sulla definizione di onda trasmessa e ricevuta, la polarizzazione di un’antenna nel modo di ricezione è relazionata a quella del modo di trasmissione secondo quanto segue:
• Nello stesso piano di polarizzazione l’ellisse ha lo stesso rapporto assiale, lo stesso senso di polarizzazione (rotazione) e la stessa orientazione spaziale.
• I sensi di polarizzazione e le orientazioni spaziali sono specificati guardando le ellissi di polarizzazione nelle rispettive direzioni in cui si propagano le onde.
In base a tale analogia, la polarizzazione di un’antenna, così come definisce lo standard IEEE del 1983 sarà quasi sempre definita nel modo di trasmissione; la polarizzazione in ricezione può essere usata per specificare le caratteristiche di polarizzazione di un’antenna non reciproca che può arbitrariamente trasmettere e ricevere differenti polarizzazioni.
La perdita di polarizzazione è un fattore che deve essere sempre preso in considerazione nel progetto di un sistema di comunicazione, poiché in alcuni casi può rappresentare un fattore molto critico.
1.5.12 Impedenza d’ingresso
L’impedenza d’ingresso è definita come l’impedenza presentata da un’antenna ai suoi terminali, può essere ricavata dal rapporto tra la tensione e la corrente ad una coppia di terminali oppure dal rapporto tra le componenti di campo elettrico e magnetico in un determinato punto.
Il nostro interesse è focalizzato sull’impedenza di ingresso valutata tra i punti a, b della figura 1.19.
Il rapporto tra la tensione e la corrente a questi terminali, senza alcun carico attaccato definisce l’impedenza dell’antenna come: ZA= RA+ jXA
Dove:
ZA è l’impedenza dell’antenna ai terminali a-b
RA è la resistenza dell’antenna ai terminali a-b
XA è la reattanza dell’antenna ai terminali a-b
La componente resistiva è costituita da due contributi: RA=Rr+Rl In cui:
Rr è la resistenza di radiazione dell’antenna
Rl è la resistenza di perdita dell’antenna
Se si assume che l’antenna è attaccata ad un generatore con impedenza interna Zg= Rg+ jXg In cui :
Rg è la resistenza dell’impedenza del generatore
Xg è la reattanza dell’impedenza del generatore
si può rappresentare l’antenna e il generatore attraverso il circuito equivalente della figura 1.19b. Tale circuito non può essere usato per rappresentare antenne con dielettrici con perdite o antenne sopra un piano di massa poichè in tale condizioni la resistenza di perdita non può essere rappresentata in serie con la resistenza di radiazione.
Per valutare la quantità di potenza distribuita per radiazione da Rr e la potenza dissipata in Rl come calore, per prima cosa si deve valutare la corrente che circola nel circuito, che è data da:
Mentre il suo modulo è dato da:
Vg indica il picco del generatore di tensione
Si ottiene allora che la potenza distribuita dall’antenna per radiazione è data da:
(
r l g) (
A g)
g g A g t g g X X j R R R V Z Z V Z V I + + + + = + = =(
)
(
)
[
2 2]
12 g A g l r g g X X R R R V I + + + + =(
) (
)
⎥⎥⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ + + + + ⋅ ⋅ = = 2 2 2 2 2 1 2 1 g A g l r r g r g r X X R R R R V R I Pmentre quella dissipata in calore è data da:
La potenza rimanente invece viene dissipata come calore sulla resistenza interna del generatore e vale:
Nel caso di antenna in trasmissione, com’è ben noto, la massima potenza distribuita all’antenna si ottiene quando si realizza l’accoppiamento complesso coniugato tra l’impedenza interna del generatore e l’impedenza d’ingresso dell’antenna, ovvero quando:
Rr+Rl=Rg
XA=-Xg Sotto tale condizione le relazioni enunciate poco fa assumono la seguente forma:
Allora possiamo scrivere che la potenza nella resistenza interna del generatore è data da:
Dunque la potenza fornita dal generatore durante accoppiamento coniugato è:
(
) (
)
⎥⎥⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ + + + + ⋅ ⋅ = = 2 2 2 2 2 1 2 1 g A g l r l g l g l X X R R R R V R I P(
) (
)
⎥⎥⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ + + + + ⋅ ⋅ = = 2 2 2 2 2 1 2 1 g A g l r g g g g g X X R R R R V R I P(
)
(
)
(
)
(
)
2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 8 1 8 1 8 8 8 1 4 2 g g l r g l r g g g l r l g l l r r g l r r g r R V R R V R R R V P R R R V P R R R V R R R V P = ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡ + ⋅ ⋅ = ⎥ ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ + ⋅ = ⎥ ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ + ⋅ = + ⋅ ⋅ = ⎥ ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ + ⋅ =(
)
(
)
⎥⎥⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ + + ⋅ = ⎥ ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ + ⋅ = + = 2 2 2 2 8 8 r l l r g l r g g l r g R R R R V R R R V P P P(
)
⎥⎥⎦ = ⋅⎢⎣⎡ + ⎥⎦⎤ ⎤ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ + = = g g g g g s R R V R R V V I V P 1 4 2 2 1 2 1 2 * *Idealmente se avessi a disposizione un’antenna senza perdite (cioè Rl=0) allora in caso di adattamento coniugato metà della potenza totale fornita dal generatore verrebbe irradiata dall’antenna mentre l’altra metà verrebbe dissipata come calore all’interno del generatore.
Nel caso di antenna in ricezione le relazioni poco fa trovate definiscono la potenza trasferita al carico e la potenza scatterata dall’antenna nel modo di ricezione; risulta evidente allora che nel caso di adattamento coniugato tra l’impedenza d’ingresso dell’antenna e l’impedenza del carico, la massima potenza che finisce sul carico è pari alla metà della potenza captata dall’antenna, poiché metà viene persa al suo interno.
Nella figura seguente è mostrato l’utilizzo dell’antenna nel modo di ricezione:
Figura 1.20 Antenna e circuito equivalente nel modo di ricezione
L’impedenza d’ingresso dell’antenna è generalmente una funzione che dipende dalla propria geometria, dalla frequenza, dal metodo di eccitazione e dalla vicinanza di oggetti.
1.5.13 Aree equivalenti e vettore lunghezza effettiva
Quando un’antenna funziona nel modo di ricezione, come mostrato nella figura seguente nel caso di antenna filare, è usata per catturare onde elettromagnetiche e per estrarre potenza da esse. Per ogni antenna si può definire una lunghezza equivalente e un certo numero di aree equivalenti, tali quantità sono appunto usate per descrivere le caratteristiche di ricezione di un’antenna.
Figura 1.21 Onda piana uniforme incidente sopra un’antenna a dipolo
La lunghezza effettiva di un’antenna (se lineare o ad apertura) è una quantità usata per determinare la tensione indotta ai terminali dell’antenna a circuito aperto quando un’onda EM la investe.
E’ una grandezza di campo lontano particolarmente utile che relaziona la tensione a circuito aperto ai capi dell’antenna con il campo elettrico incidente su di essa; ovvero:
V0=Ei⋅le dove: V0 è la tensione a vuoto ai capi dell’antenna
Ei è il campo elettrico incidente sull’antenna
le è la lunghezza effettiva dell’antenna
Ad ogni antenna possono essere associate un certo numero di aree equivalenti usate per descrivere le caratteristiche di cattura di potenza; una di queste aree equivalenti è l’area effettiva (apertura) che, in una data direzione è definita come il rapporto tra la potenza disponibile ai terminali di un’antenna ricevente e la densità di flusso di potenza di un’onda piana incidente sull’antenna da quella direzione ( nel caso in cui la polarizzazione dell’antenna coincide con quella dell’onda piana incidente). Si ottiene dunque:
L’area effettiva è l’area che moltiplicata per la densità di potenza incidente fornisce la potenza distribuita al carico.
Considerando il circuito equivalente mostrato nella figura 1.20 si ha che l’area effettiva è data dalla seguente formula :
Dove Rt e Xt costituiscono l’impedenza di carico
In condizione di massimo trasferimento di potenza, cioè con Rl +Rr =Rt e XA =- Xt l’area effettiva assume il suo valore massimo e vale:
Quando ciò viene moltiplicata per la densità di potenza incidente fornisce la massima potenza che può essere distribuita al carico.
Come si è già detto, in condizione di adattamento coniugato solamente metà della potenza catturata dall’antenna viene distribuita al carico, l’altra metà viene persa nell’antenna attraverso scattering e dissipazione, per tenere conto di ciò si può dunque definire l’area equivalente di scattering e di perdita.
L’area di scattering viene definita come l’area equivalente che, moltiplicata per la densità di potenza incidente fornisce la potenza reirradiata dall’antenna; in condizione di adattamento coniugato equivale a:
Quando ciò viene moltiplicata per la densità di potenza incidente fornisce la potenza scatterata. L’area di perdita è definita come quell’area equivalente che moltiplicata per la densità di potenza incidente fornisce la potenza dissipata in calore attraverso Rl .
In condizione di adattamento coniugato si ottiene:
In ultimo si può definire l’area di cattura che è quell’area equivalente che moltiplicata per la densità di potenza incidente fornisce la potenza totale catturata (intercettata) dall’antenna.
Sotto adattamento coniugato si ottiene:
(
) (
)
⎥⎥⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ + + + + ⋅ = 2 2 2 2 r l t A t t i t e X X R R R R W V A(
)
⎥⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡ + ⋅ = ⎥ ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ + ⋅ = l r i t l r t i t e R R W V R R R W V A 1 8 8 2 2 2 max ( ) ⎥⎥⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ + ⋅ = 2 2 8 r l r i t S R R R W V A(
)
⎥⎥⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ + + + ⋅ = 2 2 8 r l t l r i t C R R R R R W V A ( ) ⎥⎥⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ + ⋅ = 2 2 8 r l l i t l R R R W V AIn generale si ha che Area di cattura = Area effettiva +Area di scattering + Area di perdita
A questo punto può anche essere definita l’efficienza di apertura εap come il rapporto tra l’area
effettiva massima Aemax dell’antenna e la sua area fisica Ap.
1.5.14 Radar Cross Section (RCS)
Come ben sappiamo l’antenna è un dispositivo duale, cioè può essere utilizzato sia per trasmettere che per ricevere segnali elettromagnetici.
La radar cross section (o area di echo) di un oggetto, indicata con il simbolo σ, è definita come l’area che intercetta quella quantità di potenza che, se scatterata isotropicamente produce al ricevitore una densità di potenza uguale a quella scatterata dal bersaglio in considerazione. Analiticamente si ha che:
Dove si ha che: σ = Radar cross section (m2)
R = Distanza di osservazione del bersaglio (m) Wi = Densità di potenza incidente (W/m2)
Ws = Densità di potenza scatterata (W/m2)
Ei (Es) =campo elettrico incidente (scatterato) (V/m) Hi (Hs) =campo magnetico incidente (scatterato) (A/m)
Nel progetto di bersagli a basso profilo e a bassa osservabilità costituisce il parametro che deve essere minimizzato, per bersagli complessi come aerei, missili, navi, carri armati etc è un
areafisica iva areaeffett A A p e ap max max = = ε 2 2 2 2 2 2 2 2 4 4 4 4 lim lim lim lim i s R i s R i s R s i R H H R E E R W W R W R W π π π σ π σ ∞ → ∞ → ∞ → ∞ → = ⎥ ⎥ ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ ⋅ = = = ⋅
In molte applicazioni le antenne sono montate sulla superficie di altri bersagli complessi (aerei, missili etc) e diventano parte del bersaglio totale del radar. In tali configurazioni molte antenne, specialmente quelle ad apertura causano un grosso contributo alla RCS, perciò nel progetto di bersagli a bassa osservabilità il tipo di antenna e il suo posizionamento costituiscono un punto cruciale del progetto.
L’RCS può essere controllata principalmente modellando la forma dell’oggetto o scegliendo opportunamente i materiali. La scelta della forma viene effettuata in base alla particolare direzione in cui deve essere scatterata l’energia, la scelta dei materiali invece è fatta in modo tale da voler intrappolare l’energia incidente all’interno del bersaglio e dissiparla in calore.
A questo punto, dopo aver analizzato le varie caratteristiche delle antenne in trasmissione e in ricezione, non ci resta altro che valutare alcune relazioni fondamentali che regolano il funzionamento delle antenne.
1.6 Relazione tra massima direttività ed area effettiva massima
A questo punto è possibile analizzare il legame tra la massima direttività e la massima area effettiva di un’antenna. Per ricavare la relazione tra direttività ed area effettiva massima viene presa in considerazione la configurazione seguente:
Figura 1.22 Due antenne separate da una distanza R
Nel caso in cui l’antenna n° 1 è isotropica, a distanza R irradia una densità di potenza pari a:
Dove Pt è la potenza totale irradiata.
Nel caso in cui l’antenna non è isotropica, cioè ha proprietà direttive, tale equazione diventa:
2 0 4 R P W t π = 2 0 4 R D P D W Wt t t t π = =
In tale configurazione la potenza ricevuta e trasferita al carico dall’antenna n°2 è data da:
Rovesciando tale relazione si ottiene anche:
Se i ruoli delle due antenne si scambiano, cioè la n°1 diventa l’antenna di ricezione e la 2 quella di trasmissione si può scrivere:
Pare evidente allora che aumentando la direttività dell’antenna aumenta anche la sua area effettiva secondo una proporzionalità diretta, perciò la stessa relazione può essere scritta anche nel caso di aree effettive massime come segue:
Se l’antenna 1 è isotropica allora D0t=1 e la sua area effettiva massima può essere espressa come:
Perciò si nota che l’area effettiva massima di un’antenna isotropica si può ricavare dal rapporto tra l’area effettiva massima e la massima direttività di ogni altra antenna.
Per l’antenna isotropica allora l’area effetttiva massima risulta:
In generale allora l’area effettiva massima di una generica antenna è relazionata alla sua massima direttività attraverso la seguente formula:
Tale formula è valida nel caso in cui non si hanno perdite di conduzione del dielettrico (efficienza di radiazione ecd=1), l’antenna è accoppiata al carico ( efficienza di riflessione er=1) e
la polarizzazione dell’onda incidente è la stessa di quella dell’antenna in ricezione (PLF=1). Considerando la presenza di perdite causate dalla conduzione e dal dielettrico, tale relazione assume la seguente forma:
2 4 R A D P A W Pr t r t t r π = =
(
4 R 2)
P P A D t r r t = ⋅ π r r t t A D A D = max 0 max 0 r r t t A D A D = r r t D A A 0 max max = π λ 4 2 max = t A 0 2 max 4 D Ae = ⋅π
λ
cd e D e A = ⋅ 0 ⋅ 2 max 4π λSpesso l’analisi e il progetto di sistemi di comunicazione e di radar richiede l’uso dell’equazione di trasmissione di Friis e dell’equazione del Radar Range. Sarà fornita adesso una breve trattazione che ne descrive la formulazione.
1.7 Equazione di trasmissione di Friis
E’ un’equazione che relaziona il trasferimento di potenza tra due antenne separate da una distanza (D=dimensione maggiore dell’antenna) cioè poste nella zona di campo lontano una rispetto all’altra.
Nel caso in cui l’antenna trasmittente è isotropica e Pt è la potenza ai suoi terminali di ingresso
allora, come già scritto poco fa la densità di potenza irradiata a distanza R vale:
dove et è l’efficienza di radiazione dell’antenna trasmittente.
Nel caso di antenna non isotropica invece, la densità di potenza irradiata in direzione (θt ,φt) vale:
Ricordandoci l’espressione dell’area effettiva poco fa ricavata si ha che:
Da cui è semplice ricavare:
Risulta evidente che tale equazione è stata ottenuta considerando che entrambe le antenne siano accoppiate con i rispettivi carichi e/o linee di alimentazione (efficienza di riflessione=1) e che la polarizzazione dell’antenna in ricezione sia la stessa dell’onda incidente (PLF=1)
Tenendo in considerazione anche i fattori appena citati la relazione assume la forma generale seguente:
Nel caso di antenne con polarizzazioni allineate, riflessione accoppiata (nulla) e nel caso di massima radiazione direzionale si ottiene:
λ 2 2 D R > 2 0 4 R P e W t t π =
(
)
(
)
2 2 4 , 4 , R D P e R G P Wt t t t t t t t t t π φ θ π φ θ ⋅ = =(
)
(
) (
)
(
)
2 2 2 2 4 , , 4 , r t t r t t t t r r r t r r r r t r r R D D P e e W D e W A P λ ρ ρ π φ θ φ θ π λ φ θ = ⋅ ⋅ ∧ ⋅ ∧ = ⋅ =(
) (
)
(
)
2 2 4 , , λ π φ θ φ θ ⋅ = R D D e e P P t t t r r r r t t r(
) (
)
(
) (
)
(
)
2 2 2 2 2 4 , , 1 1 t r r r r t t t r t cdr cdt t r R D D e e P P ρ ρ λ π φ θ φ θ ∧ ∧ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ Γ − ⋅ Γ − =(
)
2 2 0 0 4 ⎟⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛ ⋅ = R G G P P t r t r λ πLe ultime tre equazioni scritte prendono il nome di equazioni di Friis. Il fattore è definito fattore di perdita dello spazio libero e tiene in considerazione le perdite dovute allo spargimento sferico dell’energia trasmessa dall’antenna.
1.8 Equazione del Radar Range
Usando la definizione di radar cross section si può considerare che la potenza trasmessa incidente sul bersaglio sia inizialmente catturata e poi reirradiata isotropicamente.
In riferimento alla figura 1.22 a pagina 37, la quantità di potenza catturata da un bersaglio Pc può
essere ottenuta moltiplicando la densità di potenza incidente per la radar cross section σ, cioè:
Poiché la potenza catturata dal bersaglio viene reirradiata isotropicamente la densità di potenza scatterata può essere scritta come:
La quantità di potenza distribuita al carico in ricezione è invece data da:
Dove Ar è l’area effettiva dell’antenna in ricezione.
L’equazione scritta poco fa può anche essere scritta come il rapporto tra la potenza ricevuta e quella all’ingresso, cioè:
Tale equazione è usata per collegare la potenza ricevuta con quella trasmessa tenendo in