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Capitolo 2 Fluidodinamica computazionale per sistemi reattivi multifase

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Capitolo 2

Fluidodinamica computazionale per sistemi reattivi

multifase

2.1. Introduzione

La fluidodinamica computazionale (CFD) si occupa dell’analisi di sistemi che coinvolgono moto di fluidi, scambio termico e fenomeni connessi quali reazioni chimiche, tramite l’ausilio di computers. La CFD risolve le equazioni di conservazione, trasporto e costituitive per uno o più fluidi in un dominio di interesse. Alla base della risoluzione vi è una discretizzazione di tale dominio in un numero di celle o elementi (tramite metodi noti come metodi a volumi finiti, a elementi finiti, alle differenze finite, ecc). La CFD costituisce, potenzialmente, uno strumento predittivo in grado di simulare fenomeni fisici estremamente complessi fornendo risultati coerenti con la realtà con tempi e costi decisamente ridotti rispetto a quelli necessari alla sperimentazione. Rispetto a quest’ultima, vantaggi della CFD in sede di analisi progettuale sono legati all’indipendenza rispetto a fattori di scala (la CFD può essere direttamente applicata alla scala industriale) e alla possibilità di valutare, in modo relativamente semplice, le risposte dei sistemi al variare delle condizioni geometriche e operative. I campi di applicazione dei codici CFD sono molteplici ed includono tra gli altri: l’industria aerospaziale e automobilistica per la progettazione di velivoli e motori a combustione interna, l’industria elettronica per l’analisi di sistemi di raffreddamento di componenti di circuiti elettrici e l’industria energetica per lo studio di sistemi di combustione ad elevata efficienza. In particolare, l’esigenza sempre crescente di diminuire l’impatto ambientale di alcune realtà produttive, ha portato negli ultimi anni ad un notevole sviluppo dell’applicazione della fluidodinamica computazionale nello studio dei processi di formazione e dispersione di specie inquinanti derivate dalla combustione.

Tuttavia, non è ancora possibile impiegare la CFD in sostituzione della sperimentazione: i codici di calcolo sono spesso basati su modellazioni e rappresentazioni semplificate delle realtà fisiche che, come tali, non garantiscono la validità assoluta del risultato. È, quindi, necessario affiancare alla CFD una procedura di validazione, che accerti la correttezza della modellazione utilizzata e l’attendibilità dei risultati ottenuti.

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2.2. Modellazione multifase

I modelli matematici per lo studio del moto dei fluidi si basano sull’ipotesi del continuo, che permette di studiare una porzione infinitesima di fluido come se fosse un punto geometrico: il valore puntuale di una qualsiasi proprietà intensiva (densità, pressione, temperatura, velocità) è uguale al suo valore medio misurato in un volume elementare. Sulla base di tale ipotesi, l’analisi del moto e dei fenomeni connessi di scambio termico e reazioni chimiche sono governati dai principi di conservazione della massa, della quantità di moto e dell’energia.

La descrizione del moto di un fluido e la derivazione delle equazioni relative, può avvenire secondo due modalità:

modello Lagrangiano, tramite il quale è seguito il moto delle singole particelle di fluido le cui proprietà variano con il tempo;

modello Euleriano, nel quale si prende a riferimento un volume fisso nello spazio, e si analizza la variazione nel tempo delle grandezze associate alle diverse particelle che vanno ad occupare tale volume.

In considerazione di ciò, nel caso dei sistemi multifase gli approcci numerici utilizzati nei codici di calcolo sono:

modello Euleriano-Euleriano (E-E); modello Euleriano-Lagrangiano (E-L).

In entrambi i modelli la fase continua è schematizzata con un approccio di tipo Euleriano. Nel modello E-E anche la fase dispersa è modellata in riferimento Euleriano. Quindi le 2 fasi (continua e dispersa) sono caratterizzate da una propria frazione volumetrica. Sono poi considerati fenomeni di scambio (di quantità di moto, energia e specie chimiche) all’interfaccia. Le equazioni di bilancio sono risolte indipendentemente per ogni singola fase, ma con termini che tengono conto di queste interazioni tramite opportune equazioni costitutive. Tale modello è particolarmente indicato per flussi multifase dove le frazioni volumetriche delle fasi siano paragonabili.

L’approccio E-L è in genere usato per descrivere fasi disperse diluite, come ad esempio per il moto di gocce o particelle in un gas, oppure per il moto di bolle in un liquido. In tale approccio la fase dispersa è modellata in riferimento lagrangiano, andando quindi ad integrare l’equazione del moto. L’assunzione di base per l’applicazione di questo modello è che la fase discreta sia sufficientemente diluita ossia che la sua frazione volumetrica sia trascurabile

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rispetto a quella del fluido (<10-12%). L’approccio E-L offre il vantaggio di permettere una migliore descrizione dei fenomeni relativi alla fase dispersa. Ciò risulta importante nel caso di fenomeni complessi quali ad esempio evaporazione di gocce e combustione di carbone. Le fasi continue e dispersa possono interagire secondo varie modalità. In particolar modo, quando la fase dispersa è molto diluita e non si hanno fenomeni di scambio di energia e materia, può essere ipotizzato che il moto della fase continua influenzi quello della fase dispersa ma non viceversa, per cui si parla di “one-way coupling”. Nel caso di influenza reciproca si parla di “two-way coupling”.

2.2.1. Modellazione della combustione di polverino di carbone con

approccio Euleriano-Lagrangiano

Un sistema di combustione di polverino di carbone è un sistema bifase reattivo gas-solido, nel quale la fase discreta è costituita dalle particelle di carbone disperse nella fase continua di gas. L’approccio più indicato alla risoluzione del sistema in questione è quello Euleriano-Lagrangiano che, a scapito di un elevato costo computazionale, permette una modellazione dettagliata dei processi fisici sulle particelle. A causa dei fenomeni di scambio di materia ed energia tra le fasi, il tipo di interazione tra queste è di tipo “two-way coupling”.

2.2.1.1. Descrizione della fase continua

Le leggi di conservazione si possono esprimere come segue:  Bilancio di massa: 0      i i x u t i =1,2,3 (2.1)

 Bilancio della quantità di moto:

i i j . i j i j i j g x x p x u u t u              j =1,2,3 (2.2)  Bilancio dell’energia: rad i j j i i i i i Q x u Dt Dp x q x hu t h               , (2.3)

(4)

 Conservazione delle singole specie chimiche: k i k i i i k k w x J x u Y t Y            k =1,2,….,Nc (2.4)

Nelle equazioni riportate, gli indici i e j indicano le componenti di un vettore tridimensionale, mentre k denota una specie chimica presente nel sistema. Gli altri termini presenti nelle equazioni hanno il seguente significato:

- : densità del fluido;

- u : vettore delle velocità del fluido;

- Y : vettore delle frazioni massicce delle specie chimiche; - h : entalpia specifica del fluido;

- Nc : numero di specie chimiche; - p : pressione statica del fluido;

-

g

: forza di volume per unità di massa; -  : tensore degli sforzi viscosi;

- Jk: flusso diffusivo della specie chimica k; - q : flusso diffusivo di calore;

- w : velocità di reazione massica del componente k; k - Qrad : flusso di calore radiante.

Le equazioni sopra descritte non costituiscono un sistema determinato ed è necessario introdurre una serie di equazioni costitutive per la risoluzione delle grandezze incognite. In particolare il termine di pressione p può essere espresso tramite la legge dei gas perfetti, mentre il flusso diffusivo delle specie chimiche, Jk, attraverso la legge di Fick. Inoltre, nell’ipotesi di poter ritenere il fluido newtoniano, il tensore degli sforzi viscosi è espresso dall’equazione di Newton:                          i i j i i j j i j i x u x u x u , , 3 2  (2.5)

dove  rappresenta la viscosità del fluido, e ij il simbolo di Kronecker.

La risoluzione diretta (DNS) delle equazioni di conservazione è possibile solo nel caso di flussi con bassi numeri di Reynolds, condizione che si verifica raramente nei casi di studio. La

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completamente anche le più piccole scale dei fenomeni in gioco. Il livello di dettaglio ottenuto è massimo e non vi sono perdite sostanziali di informazioni. Tuttavia, all’aumentare del numero di Reynolds (Re) si riducono le dimensioni delle strutture vorticose più piccole ed il costo computazionale delle simulazioni risulta, pertanto, proibitivo. In particolare si può dimostrare come il costo computazionale di una DNS sia proporzionale a Re11/4. Inoltre, anche se la risoluzione delle equazioni fosse possibile, l’elevato grado di dettaglio spaziale e temporale ottenibile avrebbe scarso interesse pratico, dato che nell’ambito delle applicazioni ingegneristiche, l’attenzione è posta sui valori medi delle grandezze in gioco, come ad esempio la velocità media di consumo del combustibile o il tasso medio di formazione delle specie inquinanti. Le equazioni di conservazione vengono quindi mediate sulla base di una descrizione statistica del flusso turbolento utilizzando gli approcci RANS1, per sistemi non reattivi, o FANS2 per flussi reagenti.

Esiste un terzo approccio per la risoluzione delle equazioni di conservazione, la Large Eddy Simulation (LES) nel quale sono risolte direttamente le scale energetiche più grandi mentre quelle più piccole sono modellate. L’approccio LES riesce a fornire un’accuratezza migliore delle RANS in quanto la diretta modellazione delle strutture vorticose maggiori riesce a catturare vari fenomeni di instabilità che possono essere presenti. Da considerare, infine, che il costo computazionale di una simulazione LES di un flusso turbolento e reattivo è notevolmente maggiore delle RANS (o FANS) ma ovviamente più basso di quello necessari per una DNS.

Nel presente lavoro di tesi l’approccio utilizzato per la risoluzione numerica è di tipo FANS. Come accennato in precedenza è possibile definire due differenti tipologie di media: la media secondo Reynolds e la media secondo Favre.

La media secondo Reynolds decompone la generica variabile  in una componente fluttuante

 ed una componente media  :      (2.6)

 

   T dt t T 1 con 0 (2.7)

Tale decomposizione è impiegata prevalentemente nell’analisi fluidodinamica di sistemi non reagenti. Nella descrizione di flussi reattivi è necessario tener conto della forte variazione di densità locale del fluido.

1

Reynolds Averaged Navier-Sokes

2

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La media secondo Favre decompone la variabile  in una componente fluttuante   ed una componente media  pesata secondo la densità:

      (2.8)    (2.9)

Dall’equazione (2.8) moltiplicando per la densità e mediando nel tempo si ha:

  

            (2.10) Dalla (2.7) si ottiene: 0    (2.11) Applicando la relazione (2.8) alle equazioni di conservazione (2.1)-(2.4) si ottengono le FANS:

 Equazione di conservazione della massa totale:

0       i i x u t i =1,2,3 (2.12)

 Equazione di conservazione della quantità di moto:

i i j . i j i j i i j i j g x x p x u u x u u t u                   j=1,2,3 (2.13)

 Equazione di conservazione dell’entalpia specifica:

rad i j j i i i i i i i Q x u Dt p D x q x u h x u h t h                   , (2.14)

 Equazione di conservazione della massa delle singole specie chimiche:

k i k i i i k i i k k w x J x u Y x u Y t Y                 k=1,2,….,Nc (2.15)

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Tali equazioni sono risolvibili nelle variabili medie di Favre eccetto che per i termini:  Stress di Reynolds uiuj espressi utilizzando i modelli di turbolenza;

 La velocità di reazione delle specie chimiche w , valutata tramite il modello di k combustione;

 Il flusso di calore radiante Qrad, valutato tramite il modello di radiazione.

 Flussi turbolenti di calore hui e di materia Ykui modellati ricorrendo all’ipotesi di trasporto del gradiente:

i k kt t i k x Y Sc u Y       (2.16) i t t i x h u h       Pr (2.17)

dove t è la viscosità turbolenta, valutata tramite i modelli di turbolenza, mentre Sckt e Prt

rappresentano, rispettivamente, il numero di Schmidt turbolento della specie k e il numero di Prandtl turbolento.

2.2.1.1.1. Modelli di turbolenza

I modelli di turbolenza permettono di esprimere il tensore degli sforzi di Reynolds in funzione delle variabili mediate nel tempo. Si dividono in due classi principali:

 modelli di diffusione per gradiente;  modelli diretti.

I modelli di diffusione per gradiente (Eddy viscosity models) sono basati sull’ipotesi di Boussinesq, che permette di descrivere gli stress di Reynolds in funzione del gradiente di velocità media del fluido secondo la relazione:

ij i j j i t j i k x u x u u u 3 2                   (2.18) dove  è la viscosità turbolenta (eddy viscosity) e t k è l’energia cinetica turbolenta, definita come:

    3 1 2 1 i j iu u k (2.19)

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Le ipotesi del trasporto del gradiente e di Boussinesq spostano il problema di chiusura delle equazioni di conservazione alla determinazione della viscosità turbolenta  . Lo svantaggio t di questi modelli è che si assume come una quantità scalare isotropa, il che non è sempre t verificato. Sono stati proposti diversi modelli per la determinazione della viscosità turbolenta, che si classificano in: a) modelli a zero equazioni (zero-equation models); b) modelli ad una equazione (one-equation models); c) modelli a due equazioni (two-equation models).

I modelli diretti (Reynolds-Stress Model) realizzano la chiusura delle equazioni di

Navier-Stokes mediate, tramite la risoluzione di equazioni di trasporto per i singoli componenti del tensore degli stress di Reynolds. I modelli diretti hanno un costo computazionale decisamente più alto rispetto ai modelli di diffusione per gradiente, ma permettono una predizione più accurata dei fenomeni turbolenti non dovendo considerare l’approssimazione di isotropia implicita nell’ipotesi di Boussinesq.

Nelle simulazioni descritte nel presente lavoro di tesi sono stati utilizzati 4 modelli di turbolenza del tipo a diffusione per gradiente a 2 equazioni:  standard, RNG, k-standard e k-SST Shear Stress Transport).

Modello k- standard

E’ un modello semi-empirico. La viscosità turbolenta è definita dalla seguente relazione:

2 k C t  (2.20)

dove C 0.09 è una delle 5 costanti del modello che richiede la risoluzione di due equazioni di trasporto aggiuntive per l’energia cinetica turbolenta k e per la sua dissipazione . Il modello k- standard è numericamente molto stabile ma presenta alcune limitazioni, in particolare:

 le equazioni sono ricavate per elevati numeri di Reynolds e poco indicate alla simulazione dei flussi in prossimità di pareti solide, a basso numero di Reynolds, dove il trattamento del flusso è realizzato a mezzo di espressioni algebriche;

 limitata accuratezza nel caso di flussi con forte vorticosità o anisotropia della turbolenza.

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Modello k-RNG

Il modello k-RNG è una variante del modello k- standard, derivato utilizzando una rigorosa tecnica statistica denominata teoria di renormalizzazione di gruppo. Nella forma è simile al modello k-standard, ma include una serie di correzioni che possono essere riassunte nei seguenti punti:

 la variante RNG si avvale di una formulazione analitica del numero di Prandtl turbolento mentre la versione standard prevede un valore costante definito dall’utente; esso è quindi intrinsecamente più generale;

 mentre il modello originale è tipicamente un modello “high Reynolds”, il RNG prevede per la eddy viscosity un’espressione differenziale di derivazione analitica che tiene conto degli effetti dei bassi numeri di Reynolds;

 introducendo un nuovo termine nell’equazione di trasporto di , relativo alla velocità di deformazione, questo modello risulta potenzialmente più accurato del precedente, in presenza di flussi ad elevata vorticosità (ad esempio nel caso di alti numeri di swirl).

Modello k-standard

Il modello k-standardè un modello empirico basato sulle equazioni di trasporto dell’energia cinetica turbolenta (k) e la velocità di dissipazione specifica (ω), determinata da un rapporto tra e k. Il modello è basato sulle formulazioni di Wilcox (1998) che includono gli effetti dovuti ai bassi numeri di Reynolds e riesce a predire con buona accuratezza i flussi in prossimità di parete.

Modello k-SST (Shear Stress Transport)

Il modello differisce dal k-standard per la definizione di viscosità turbolenta, modificata per tenere conto del contributo del trasporto degli stress turbolenti. Inoltre, per sfruttare l’accuratezza del k- agli alti numeri di Reynolds e quella del k- in zone “low Reynolds”, combina i due modelli, controllando il passaggio con due funzioni interpolanti (blending functions). Questa operazione richiede una trasformazione delle equazioni del k- per poterle esprimerle in funzione di k ed 

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2.2.1.1.2. Modelli di combustione

Nel caso di flussi reagenti e approccio FANS occorre definire la velocità di reazione,

k

w , che appare come termine di sorgente nell’equazione di conservazione delle specie chimiche mediata secondo Favre. Ciò rappresenta un problema chiave nella modellazione dei flussi reagenti. In generale, una reazione di combustione può essere descritta in termini di M reazioni elementari che coinvolgono NC componenti:

k N k j k k N k j k R R C C   

  1 '' 1 ' per j1,2,...,M (2.21)

dove k j è il coefficiente stechiometrico del componente R nella reazione elementare j, k definito come: ' '' j k j k j k   . (2.22)

La velocità di reazione netta per il componente k è data dalla relazione:

  M j j j k k k W Q w 1  (2.23)

dove W è il peso molecolare della specie k. Il termine k Qj rappresenta il grado di avanzamento della reazione j, esprimibile come:

                    C kj C kj N k k k j r N k k k j f j W Y k W Y k Q 1 1 '' ' (2.24)

dove kf j e krj rappresentano, rispettivamente, le costanti cinetiche diretta ed inversa della

reazione j, mentre        k k W Y

è la concentrazione molare della specie k. Le costanti cinetiche sono generalmente espresse utilizzando la relazione di Arrhenius e la costante di equilibrio,

eq K :                 T exp RT exp aj f j j aj j j f j f T T A E T A k (2.25) eq j f j r K k k  (2.26)

dove Af,j è il fattore pre-esponenziale, j è l’esponente della temperatura mentre Ea,j e Ta,j

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Dalle espressioni riportate per il calcolo della velocità di reazione si evince che il termine wk è fortemente non lineare e non può essere espresso semplicemente in funzione delle frazioni massiche medie, Yk , della densità media,  e della temperatura media, T . Per la chiusura del termine wk è necessario ricorrere a modelli derivanti da analisi fisiche. Il grado di avanzamento di una reazione dipende da due aspetti: l’efficienza di miscelamento dei reagenti e la cinetica di reazione vera e propria. L’importanza relativa dei due fenomeni è valutabile tramite il numero di Damkhöler:

chem turb Da  (2.27) dove turb e chem sono rispettivamente i tempi di miscelamento turbolento e della cinetica chimica. Fornisce una misura del grado di interazione tra chimica e turbolenza:

numeri di Damkhöler elevati (Da>>1) corrispondono a reazioni chimiche molto veloci rispetto agli altri processi;

numeri di Damkhöler piccoli (Da<<1) portano a considerare una velocità di reazione globale controllata dalla chimica delle reazioni di ossidazione, mentre i reagenti sono ben miscelati per effetto del moto turbolento.

Sulla base di queste considerazioni, alcuni tra i modelli che possono essere utilizzati per la valutazione di wk sono:

Modello Finite Rate Chemistry (FR), che considera come parametro controllante la cinetica chimica (Da<1);

Modello Eddy Dissipation (EDM), applicato allo studio di fiamme non premiscelate nel quale si consideri controllante il fenomeno di miscelamento dei flussi reagenti;

Modello combinato Eddy Dissipation/ Finite Rate Chemistry che permette di tener conto sia della cinetica chimica che del miscelamento turbolento nella valutazione della velocità di reazione.

Nel presente lavoro di tesi è stato utilizzato il modello Eddy Dissipation che verrà brevemente descritto di seguito.

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Eddy Dissipation Model (EDM)

Nelle fiamme non premiscelate, la turbolenza provoca un lento mescolamento dei reagenti freddi con i prodotti caldi all’interno della reattore, dove la combustione avviene rapidamente. In questi casi risulta controllante per il sistema, il grado di mescolamento (lento) rispetto alla velocità di reazione (veloce), e le velocità cinetiche di reazione, spesso sconosciute, possono essere trascurate. Il modello in questione, assume che la velocità di reazione possa essere direttamente collegata al tempo richiesto per il mescolamento dei reagenti a livello molecolare. Secondo questo schema, il grado di avanzamento medio della reazione elementare j-esima è valutato tramite la frazione molare media dei reagenti o dei prodotti:

 

 

              

P k kj p k P k kj R k MIX j W W R B R k A Q , min min (2.28)

con A e B costanti del modello. Il grado di avanzamento Qj, è pertanto limitato dalla specie

chimica presente in difetto all’interno del sistema. Tale modello è indicato solo per la descrizione di reazioni semplificate a 1 o 2 step.

2.2.1.1.3. Modelli di radiazione e spettrali

Il termine che compare nell’equazione di conservazione dell’entalpia specifica Qrad,

rappresenta il flusso di calore radiante che può essere assorbito ed emesso da una fiamma. La radiazione costituisce il meccanismo di scambio termico dominante nei sistemi di combustione a causa delle elevate temperature in gioco. L’equazione di trasporto dell’energia termica radiante (Radiative Transfer Equation o RTE) può essere espressa come:

 

 

  

   4 0 , 4 , , 4 , , d s s s r I T a s r I a ds s r dI s s (2.29) dove: - è la lunghezza d’onda;

- Iè l’intensità della radiazione emessa in corrispondenza della lunghezza d’onda ;

-  è il coefficiente di assorbimento del gas (funzione di );

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-  indica la probabilità che la radiazione incidente sia riflessa dalla direzione s a s ; -  rappresenta la costante di Stefan-Boltzmann [5.67 x 10-8W/m2 K4];

- è l’angolo solido.

L’equazione (2.29) è un’equazione integro-differenziale del primo ordine, funzione delle coordinate spaziali, della direzione e della lunghezza d’onda. La sua risoluzione analitica è pertanto complessa, risolvibile solo in casi molto semplici. In generale, si ricorre quindi a modelli e semplificazioni che permettono di approssimare la dipendenza direzionale e spettrale della RTE.

Nelle nostre simulazioni sono stati utilizzati e confrontati 2 modelli di radiazione: DTRM (Discrete Transfer Radiation Model) e DO (Discrete Ordinates) Radiation Model, basati entrambi sulla dipendenza angolare della radiazione emessa.

Discrete Transfer Radiation Model

L’equazione che descrive la variazione dell’intensità della radiazione emessa lungo un tratto ds è definita da: T4 a aI ds dI   (2.30) Tale equazione viene integrata lungo una serie di raggi che discretizzano l’intero angolo solido e si assume che la radiazione venga emessa isotropicamente. Viene trascurato il comportamento diffusivo del mezzo (scattering) nei confronti della radiazione e l’emissività della particella solida.

Discrete Ordinates Radiation Model

L’angolo solido viene discretizzato utilizzando un numero finito di direzioni, a ciascuna delle quali è associato un fattore peso, lungo le quali viene risolta la RTE. L’intensità della radiazione in ciascuna direzione è ritenuta uniforme e risulta funzione della sola coordinata spaziale. Il DO Model permette di considerare i fenomeni di scattering e il contributo radiativo delle particelle solide.

Per quanto riguarda la valutazione della dipendenza spettrale di I, essacostituisce uno dei

problemi più complessi nella risoluzione dell’equazione di trasporto della radiazione. Si può utilizzare una approssimazione di comportamento grigio del mezzo, considerando le proprietà radiative costanti in tutto lo spettro di lunghezze d’onda; oppure il modello Weighted Sum of

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Gray Gases (WSGG) che assume che l’assorbimento e l’emissione di energia radiante da parte di un mezzo gassoso sia rappresentabile come somma pesata dei contributi di N gas grigi della miscela, caratterizzati da proprietà radiative costanti.

2.2.1.2. Descrizione della fase dispersa

La fase discreta è costituita dalle particelle di carbone disperse nella fase continua di gas. Il software numerico consente l’analisi dell’interazione mutua tra le fasi nei fenomeni di scambio di materia ed energia (two-way coupling), e il calcolo della traiettoria delle particelle. Il moto delle particelle è influenzato dal fluido, sia per effetto dell’attrito viscoso, sia in conseguenza delle diverse velocità delle due fasi; allo stesso modo le particelle esercitano una componente d’attrito sulla fase fluida. L’analisi numerica della fase discreta permette di seguire la traccia delle particelle dal loro punto di iniezione fino alla fuoriuscita dal dominio (Tracking Lagrangiano). Ogni particella iniettata, data l’impossibilità numerica di seguire tutte le particelle, rappresenta il comportamento medio di un gruppo di particelle e genera termini di sorgente che interagiscono con le equazioni di bilancio di materia, energia e quantità di moto del fluido. Il Tracking Lagrangiano viene effettuato ogni n(3) iterazioni della fase continua. Uno schema semplificativo della procedura di calcolo è mostrato nel diagramma a blocchi di figura 2.1.

Figura 2.1 – Scambio di materia, energia e q.m tra le fasi (sinistra); procedura di calcolo (destra)

(15)

2.2.1.2.1. Equazione del moto della particella

La traiettoria delle particelle è determinata da un equazione di bilancio di forze scritta in un riferimento Lagrangiano:

p

x p D p p F g m F dt u dm     (2.31) dove FD è la forza di attrito agente sulle particelle, quindi:

u u

u u A C FD D p,D pp  2 1 (2.32) dove:

- mp = massa della particella ;

- u : velocità del fluido; - u : velocità della particella; p - : densità del fluido;

- p : densità della particella;

- 4 2 p D , p d

A : area della particella proiettata nel piano normale alla direzione del moto relativo; con dp diametro della particella;

Il coefficiente di attrito CD, è definito dalla relazione di Morsi and Alexander (1972):

           2 32 1 24 p p p D Re a Re a a Re C (2.33)

con a1, a2, a3 costanti empiriche. Rep è il numero di Reynolds della particella, definito utilizzando il diametro della particella come lunghezza caratteristica, la velocità relativa come velocità, e densità e viscosità della fase gas.

d u u

Rep p p

 (2.34) Il termine F è la forza di attrito che il fluido esercita sulla particella; D mpg

p

è la

somma della forza di gravità e di galleggiamento (quest’ultima trascurabile nella combustione di poverino di carbone) mentre Fx, , tiene conto di forze addizionali nel sistema (ad es. forze

non stazionarie come massa virtuale, forza centripeta, di Coriolis, forze dovute a gradienti di pressione nel fluido che circonda la particella, ecc.). Nel presente caso di combustione di polverino di carbone tutte queste forze sono trascurabili.

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La dispersione turbolenta è modellata utilizzando un approccio stocastico (Random Walk Model - RDM). Il software integra l’equazione di bilancio di quantità di moto per un numero rappresentativo di particelle (number of tries), utilizzando la velocità istantanea del fuido

u u

u  . Quest’ultima viene ricostruita a partire dalle caratteristiche turbolente del sistema (ad esempio dai valori di energia cinetica turbolenta k e dissipazione ). Un sufficiente numero di traiettorie così calcolate permette di determinare una rappresentazione statistica della deviazione del flusso di particelle dovuto alla turbolenza.

2.2.1.2.2. Scambio termico della particella

Viene definita una equazione di bilancio termico che mette in relazione la temperatura della particella, Tp allo scambio convettivo e radiativo sulla superficie della

stessa.

4 4

) ( p p p R p p p p p hA T T A T dt dT c m    (2.35) dove:

- cp = calore specifico della particella; - Ap = superficie della particella;

- T = temperatura locale della fase continua;

- h = coefficiente di scambio convettivo; - p = remissività della particella;

-= costante di Stefan-Boltzmann [5.67 x 10-8W/m2 K4]; - 4 / 1 4      

R G temperatura della radiazione;

-

    4 d I

G intensità della radiazione incidente.

Si assume che la distribuzione di temperatura all’interno della particella sia uniforme. Il termine radiativo viene trascurato per il Discrete Transfer Radiation Model.

Tale legge è applicata quando la temperatura della particella è inferiore alla temperatura di vaporizzazione Tvap (2.36) e quando la frazione di volatili è stata consumata (2.37):

vap

p T

T  (2.36)

(17)

dove mp,0 è la massa iniziale della particella, mp è la massa all’istante considerato e fv,0 è la

frazione di volatili contenuta nel combustibile.

Il coefficiente di scambio convettivo, h, è valutato secondo la seguente relazione (Ranz e Marshall, 1952) in funzione del Reynolds della particella e del numero di Prandtl.

3 1 2 1 6 0 0 2 p/ / p Pr Re . . k hd Nu    (2.38) dove:

k = conducibilità della fase discreta;

k cp

Pr (2.39)

L’equazione di bilancio (eq. 2.34) è relativa allo scambio termico della particella allo stato inerte: fase di riscaldamento prima della devolatilizzazione e scambio termico delle ceneri. Nelle condizioni definite da (2.36) e (2.37), non si ha scambio di massa tra le fasi e il combustibile non è interessato da reazioni chimiche.

Il calore ceduto o assorbito dalla particella nell’attraversamento di ogni singola cella di calcolo appare come termine di sorgente/scomparsa di calore nella successiva risoluzione dell’equazione di bilancio dell’energia per la fase continua.

2.2.1.2.3. Modelli di devolatilizzazione

La legge di devolatilizzazione è applicata quando la temperatura del combustibile raggiunge Tvap e fino a che la frazione di volatili non è stata completamente rilasciata.

vap p T T  (2.40)

1 v,0

p,0 p f m m    (2.41) Il processo di devolatilizzazione è estremamente complesso e sono stati utilizzati e confrontati due diversi modelli che ne descrivono lo sviluppo:

1. Two Competing Rates Kobayashi Model; 2. CPD Model

Il Two Competing Rates Kobayashi Model è un modello a due step che prevede due reazioni, una alle basse temperature e una alle alte temperature, caratterizzate da parametri cinetici e frazioni di volatili prodotti differenti.

(18)

La quantità di volatili prodotta è determinata dalla seguente relazione:

 

            t t ash p v dt dt R R R R m m t m 0 0 2 1 2 2 1 1 0 , exp (2.42) dove:

- mv(t) = massa di volatili prodotta fino al tempo t; - mash = massa delle ceneri;

- mp,0 = massa iniziale della particella;

-1 = coefficiente di produzione di volatili alle basse temperature; -2 = coefficiente di produzione di volatili alle alte temperature;

ed R1 e R2 sono definiti secondo la relazione di Arrhenius:

) / (E RTp e A R    (2.43) I coefficienti 1 e 2 sono i “fattori peso” relativi alla produzione di volatili rispettivamente

alle basse e alte temperature

Il Chemical Percolation Devolatilization (CPD) Model descrive il processo di devolatilizzazione basandosi sulle trasformazioni chimiche e fisiche della struttura del carbone durante le fasi di riscaldamento della particella. In questo modello il carbone è schematizzato con una struttura a matrice macromolecolare i cui elementi costitutivi (aromatic clusters) sono interconnessi tramite una serie di legami chimici (Figura 2.2). Durante il processo di pirolisi si determina la rottura di tali legami e la formazione di due classi di frammenti: una a più basso peso molecolare, che viene direttamente rilasciata dalla matrice del carbone in fase gas, e una a più elevato peso molecolare che può ricombinarsi al reticolo solido. La devolatilizzazione è analizzata modellando le cinetiche dei processi di rottura dei legami chimici che portano alla formazione di gas, tar e char solido. Una rappresentazione schematica del processo è riportata in Figura 2.3, dove £ è il numero di legami chimici (bridge) originariamente presenti nel reticolo di carbone.

(19)

Figura 2.2 – Struttura chimica rappresentativa del carbone

Durante il riscaldamento questi legami divengono reattivi (£*) e sono interessati da due processi distinti. Nel primo caso reagiscono per formare catene laterali (side chains) che vengono poi rilasciate dalla matrice solida sotto forma di gas leggeri (g1); nel secondo caso divengono char bridge (c) con rilascio di prodotti gassosi (g2).

Figura 2.3 – Legami chimici I parametri di input al modello sono:

 Frazione iniziale di legami nel reticolo del carbone, p0;  Frazione iniziale di char bridge, c0;

 Numero di coordinazione del reticolo,  +1;

 Peso molecolare medio degli anelli aromatici, Mw,1;  Peso molecolare medio delle catene laterali, M .

(20)

Tali parametri sono conosciuti per una serie di carboni; nel caso questi non si conoscano, Genetti (1999) ha suggerito una correlazione per la derivazione dei parametri a partire dalle analisi ultimate e proximate del carbone.

Lo scambio termico della particella durante la devolatilizzazione è determinato dalla seguente relazione:

4 4

) ( fg p p R p p p p p p p h A T dt dm T T hA dt dT c m     (2.44) dove il termine fg p h dt dm

rappresenta il calore assorbito durante la pirolisi, con hfg = calore

latente.

2.2.1.2.4. Modelli di ossidazione del char

La reazione di combustione del char ha inizio quando la frazione di volatili è completamente rilasciata dalla particella:

1 v,0

p,0

p f m

m   (2.45) ed ha luogo fino a che la frazione di combustibile fcomb è stata consumata:

1 v,0 comb

p,0

p f f m

m    (2.46) I modelli di combustione del char permettono di descrivere le reazioni eterogenee che avvengono nel processo di combustione del carbone. Si assume che la particella abbia una struttura sferica porosa con uno strato limite attraverso il quale si ha la diffusione dell’ossigeno prima della reazione alla superficie del char.

La velocità di ossidazione delle particelle è determinata principalmente da tre parametri:

Diffusione dell’ossigeno nella particella deff;  Reattività del char kR;

Superficie reattiva SR;

Tali parametri variano nel corso del burnout e influenzano la velocità di reazione.

Esistono diversi modelli che permettono di determinare la velocità di reazione del processo di combustione; nel presente lavoro è stato adottato il Kinetic/Diffusion Surface Reaction Rate

(21)

Model nel quale la velocità di reazione è influenzata sia dalla diffusione dell’ossigeno nella particella che dalla cinetica chimica.

Figura 2.4 – Rappresentazione schematica dei parametri deff ,kR , SR

La velocità di diffusione dell’ossigeno è definita dalla seguente relazione:

p p eff d T T C d 75 . 0 1 2 /    (2.47) con:

C1: rateo di diffusione dell’ossigeno; Tp: temperatura della particella; T: temperatura del gas;

dp: diametro della particella

La velocità di reazione di ossidazione del char è valutabile come:

E RTp

R C e

k2  / (2.48) dove C2 ed E sono rispettivamente il fattore pre-esponenziale e l’energia di attivazione.

La velocità di reazione complessiva della particella è data da:

1 1 1        R eff ox R R eff R eff ox R p k d p S k d k d p S dt dm (2.49) outer O2 diffusion film

(22)

ed è controllata dal più piccolo tra deff e kR; SR è la superficie della particella e pox è la

pressione parziale dell’ossigeno.

Il bilancio termico della particella durante la combustione del char è determinato dalla seguente relazione:

4 4

) ( p h p reac p p R p p p p p H A T dt dm f T T hA dt dT c m     (2.50) dove Hreac è il calore rilasciato dalla combustione. Solo una frazione (1-fh) di energia prodotta

dalla reazione eterogenea appare come termine di sorgente nell’equazione di bilancio termico della fase gas; la particella assorbe una frazione di questo calore, fh, direttamente.

2.2.1.3. Modelli di formazione degli NOx

Le emissioni di NOx sono legate principalmente alla formazione di ossido nitrico NO (in piccola parte diossido d’azoto NO2 e ossido nitroso N2O). La descrizione dei processi di formazione è estremamente complessa e può essere effettuata utilizzando modelli basati su relazioni semi-empiriche. I valori di concentrazione di NO sono generalmente molto bassi ed è possibile trascurare l’influenza delle reazioni di formazione sullo sviluppo del campo di temperatura e di concentrazione delle specie. La modellazione dei meccanismi di formazione degli NO è pertanto effettuata in una operazione di post-processing.

In un processo di combustione di polverino di carbone la produzione di NOx è legata principalmente ai meccanismi di formazione termico e fuel.

Thermal-NO

Il meccanismo thermal-NO è legato alla conversione dell’azoto atmosferico (N2) ed è descritto dalle seguenti reazioni chimiche secondo il modello proposto da Zeldovich:

N NO N O2   (2.51) NO O O N2   (2.52) In condizioni stechiometriche e per miscele ricche di combustibile risulta significativo anche il contributo della reazione:

H NO OH

(23)

Le costanti dirette e inverse delle reazioni (eq. 2.51) e (eq. 2.52) sono esprimibili come (Hanson and Salimian, 1984):

T f x e k ,1 1.8 108 38370/   kr x e T / 420 7 1 , 3.8 10   (2.54) T f x e k ,2 1.8 104 4680/   kr x e T / 20820 3 2 , 3.81 10   (2.55) La reazione di ossidazione dell’azoto atmosferico è fortemente endotermica e caratterizzata da una energia di attivazione molto elevata. Essa risulta, pertanto, significativa solo per temperature superiori ai 1800 K e la quantità formata dipende dalla temperatura della fiamma, dalla concentrazione locale di ossigeno e dai tempi di residenza dei reagenti nelle zone ad alta temperatura. La velocità di formazione può essere espressa come:

] ][ [ ] ][ [ ] ][ [ ] ][ [ 2 ,2 2 ,1 ,2 1 , O N k N O k NO N k NO O k dt NO d r r f f thermal     (2.56)

La concentrazione dei radicali [N] può considerarsi stazionaria [ ] 0

dt N d

.

La relazione (eq. 2.56) diviene quindi:

                   ] [ ] [ 1 ] [ ] [ ] [ 1 ] ][ [ 2 ] [ 2 2 , 1 , 2 2 , 2 1 , 2 2 , 1 , 2 1 , O k NO k O k N k NO k k N O k dt NO d f r f f r r f thermal       s m gmol 3 (2.57)

La concentrazione dei radicali O può essere determinata dalla seguente relazione (Westemberg, 1971):

 

 

m gmol ] [ 10 97 . 3 2 3 / 31090 2 / 1 5 2 / 1 2       k O x TeO O p T (2.58)

Le reazioni di formazione degli NOx sono fortemente influenzate dal campo di temperatura; nel caso di flussi turbolenti, la presenza di forti gradienti locali può determinare incrementi significativi del tasso di produzione dell’NO in fiamma.

Per tenere conto di questo effetto la costante cinetica di tipo Arrhenius delle reazioni è integrata con una funzione di densità di probabilità di temperatura (PDF). La PDF è valutata sulla base della temperatura media T e della varianza della temperatura T .

(24)

Fuel-NO

Il meccanismo di reazione Fuel-NO prende in considerazione l’azoto presente nel combustibile, ovvero quello facente parte dei composti organici di cui è elemento costitutivo. Nel fronte di fiamma questi composti pirolizzano ed i prodotti vengono ossidati da radicali con la formazione di composti secondari (principalmente HCN e NH3). Essi reagiscono successivamente attraverso due reazioni competitive formando N2 ed NO in dipendenza delle concentrazioni di ossigeno nelle zone di fiamma interessate:

 la trasformazione ad NO avviene principalmente per reazione con ossigeno molecolare o

con specie ossigenate in ambiente ossidante;

 la trasformazione ad N2 ha luogo fondamentalmente a spese di NO in atmosfera povera

di ossigeno.

Figura 2.5 – Meccanismo di formazione fuel-NO

2.2.1.4. Descrizione del processo numerico

Nella Figura 2.6 è illustrato uno schema semplificativo che descrive il processo numerico del sistema in esame. Il dominio di calcolo, per il quale sono definite le condizioni al contorno ed iniziali, è discretizzato in celle elementari, per ognuna delle quali sono risolte le equazioni di bilancio che permettono di determinare le grandezze caratteristiche medie del fluido. La traiettoria delle particelle è influenzata dalle condizioni locali di velocità u , densità  e viscosità  del gas, mentre il moto delle stesse e i processi di devolatilizzazione e combustione forniscono i termini di sorgente di massa, quantità di moto ed energia per la fase continua. L’interazione mutua tra le fasi, che tiene conto anche dei fenomeni turbolenti, è modellata con un approccio two-way coupling.

(25)

Figura 2.6 – Schema semplificato della modellazione numerica di un processo di combustione di polverino di carbone

Il bilancio termico delle particelle è legato al contributo di scambio convettivo col gas

g g

conv f h T

Q  , e radiativo Qrad,pf

Tp,p

. Per quanto riguarda la fase gassosa, il

contributo radiativo nell’equazione di bilancio dell’energia è relazionato alle proprietà di assorbimento/emissione del gas, a, funzione della concentrazione locale delle specie.

Infine, l’analisi dei processi di formazione degli NOx è effettuata in una operazione di post-processing tenendo conto dei campi di temperatura, velocità e concentrazione delle specie ricavati dalle simulazioni numeriche.

, , ,T u Termini sorgente Two-way coupling

CO H O

f a 2, 2 p Fase gas Equazioni di bilancio: Massa, q.m., Energia, Specie chimiche

 Modello di turbolenza  Modello di combustione

Fase discreta (combusting particles)

Equazioni di bilancio: Massa, q.m, Energia

 Modello discrete phase

 Modello combustione Condizioni iniziali & Condizioni al contorno

 Modello di radiazione

Partial solution Post-processing NOx SOLUTION

Qrad

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