Heinz Waibl Heinz Waibl Heinz Waibl design d’autore Heinz Waibl Heinz Waibl Heinz Waibl Heinz Waibl Heinz Waibl
Heinz Waibl
DesignVerso è il prototipo editoriale di una “collana di design” concepita come elaborato didattico nel Laboratorio di Fondamenti del Progetto. Ogni numero della collana è immaginato dagli studenti come monografia dedicata a personaggi illustri del design.
Responsabili di progetto Manuela Balossi
Sara Barzaghi Sebastiano Motta Federico Ricco Valentina Seghezzi Docenti
Prof.ssa Cristina Boeri Prof.ssa Daniela Calabi Prof.ssa Raffaella Bruno Cultori
Dott.ssa Beatrice Borghi
Dott.ssa Monica Fumagalli Iliprandi Dott. Lorenzo Rabaioli
Tutor
Dott. Marco Valli
Laboratorio di Fondamenti del Progetto Scuola del Design | Politecnico di Milano Corso di Laurea Triennale in Design della Comunicazione
a.a. 2020-21 - C2
Un progetto a cura di A metà tema in collaborazione con:
Multiverso | Archivio AIAP
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Editoriale
“Heinz Waibl. Design d’autore” è un progetto monografico la cui struttura editoriale si articola a partire dalla vita stessa del designer. Le cinque rubriche che compongono la rivista sono organizzate secondo una logica ricorsiva: per ogni sezione, i passi più significativi dell’arco temporale preso in considerazione danno il via all’argomentazione generale.
Successivamente si presentano le sinergie instaurate da Waibl con altri designer e i legami nati al di là del lavoro, per poi concludere con approfondimenti tematici relativi agli argomenti trattati nella sezione corrispondente. Il discorso trova il suo epilogo con “Un segno nel vuoto”, una rubrica allegata in cui si intende fornire al lettore uno spunto di riflessione sul tema del vuoto che nel corso delle risorse presentate si caratterizza sotto diversi punti di vista. Il fine è comprenderlo per imparare a non temerlo perché se usato correttamente può avere notevole valore espressivo, rappresentare grande profondità e sviluppare la sensibilità dell’assenza.
Tutto questo è design d’autore: ricerca creativa che genera un’opera non necessariamente artistica, ma che porta su di sé l’impronta della personalità di chi l’ha creata. Il segno che Heinz Waibl ha impresso sulla carta con rigore e fantasia e lasciato nei ricordi di chi l’ha conosciuto.
A metà tema
Elenco delle fonti 129
time
Frequenta il liceo artistico “Beato Angelico” di Milano.
Tra i banchi conosce Massimo Vignelli, con cui nascerà uno stretto rapporto professionale e di amicizia.
Entra in contatto con Achille e Pier Giacomo Castiglioni con cui realizza diversi progetti. Nello Studio Boggeri stringe rapporti con Franco Grignani, Giovanni Pintori, Bruno Munari e Albe Steiner. In questi anni avviene anche l’incontro con Max Bill.
Massimo Vignelli Achille Castiglioni
Pier Giacomo Castiglioni Franco Grignani
Albe Steiner Giovanni Pintori Bruno Munari Max Bill
1946/1950 1931
Heinz Waibl nasce a Verona il 21 dicembre.
Flos
Gasparotto Olivetti
La Rinascente
MaS Edison RAI Pagina
Riceve il premio Compasso d’Oro insieme a una menzione d’onore per il progetto Scafaletto Jolly.
Ha anche fatto parte della commissione responsabile dell’assegnazione del premio.
Come libero professionista realizza i marchi di numerose aziende tra cui MAS, Edison, RAI e la copertina della rivista Pagina.
1951/1976 1957/1961
Frequenta il primo biennio della facoltà di Architettura presso il Politecnico di Milano.
Successivamente, decide di intraprendere la professione di graphic designer.
Nasce un rapporto che sarà fondamentale per tutta la sua vita, quello con Max Huber, per il quale inizia a lavorare come praticante.
Studio Signo
Laura Micheletto Giulio Cittato
Premio Compasso d’Oro Membro ADI
Ferrovie Nord Nava Design BTicino
Fonda con Laura Micheletto lo Studio Signo a Milano e i due si sposano a Venezia. Le immagini coordinate, i logotipi e i manifesti prodotti hanno grande successo.
Nel 1987 il calendario a strappo “Impatto 365” viene selezionato per il XIV premio Compasso d’Oro ADI. Nel 1988 viene presentato “Alle radici della Comunicazione visiva” e l’anno successivo viene pubblicato il catalogo
“Progettando 1950 - 1990. Heinz Waibl”.
Raggiunge Massimo Vignelli a Chicago.
In collaborazione con la Unimark International realizza interventi per aziende come American Airlines, JcPenney Trans Union e Levy’s.
Sono questi anche gli anni dell’incontro con Giulio Cittato e dell’esperienza sudafricana a Johannesburg prima del ritorno in Europa.
1967/1971 1971/1974
1974/1989
Nino Di Salvatore gli affida la cattedra di Visual Design alla Scuola Politecnica di Design di Milano, insieme a Bob Noorda, Max Huber e altri fino al 2004.
Viene proposto come membro AGI (Alliance Graphique Internationale). Verrà nominato presidente del comitato italiano nel 1994.
American Airlines JCPenny
Trans Union Levy’s
Nino Di Salvatore Max Huber
Bob Noorda Presidente AGI
Heinz Waibl muore a Schio il 19 Agosto.
2020
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CLASSE 1931
Alessia Brughera Chiara Gatti
Quando il rigore diventa creativo
L’allegro rigore di Heinz mago dei loghi e delle réclame
METODO E ISTINTO
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Nella Milano del secondo dopoguerra si respira un clima di grande fervore culturale. È in quest’atmosfera «partico- larissima, vivace e vibrante», come l’ha definita il critico d’arte Gillo Dorfles che inizia il viaggio creativo di Heinz Waibl, graphic designer nato a Verona nel 1931, a cui il m.a.x. museo di Chiasso dedica una mostra antologica, la prima mai organizzata su di lui. Nemmeno ventenne, Waibl si trova già immerso in un dinamico contesto fatto di preziosi incontri, scambi e collaborazioni che saranno fondamentali per la sua formazione e per tutta la sua carriera di grafico durata sessant’anni. Per cominciare, c’è la frequentazione del maestro svizzero Max Bill, impegnato in quel periodo a diffondere i principi della
scuola del Bauhaus e le teorie della pittura astratta elaborate da Kandinsky, nonché a sostenere l’integrazione delle arti nella vita quotidiana. Seguono l’ap- prendistato presso lo Studio Boggeri, uno dei più prestigiosi della capitale lombarda, e la collaborazione con lo storico dell’arte Sigfried Giedion per la fase di impaginazione della prima edizione del celebre testo Space, Time and Architecture. Poi è la volta dell’in- contro con un’altra grande personalità artistica svizzera, il designer Max Huber, con cui Waibl allaccia non solo un rapporto professionale che può essere considerato uno dei più determinanti per il suo percorso, ma anche un forte legame di amicizia, documentati in mostra da una sezione fotografica
Ritratto di Heinz Waibl, 1974. © Mario Mulas
“
“
Dietro un nome aspro, Heinz Waibl, che solo
gli specialisti conoscono, mentre i suoi lavori sono entrati nell’immaginario collettivo per freschezza e levità, si nasconde
la storia di un talento brillante.
Chiara Gatti CLASSE 1931
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di scatti risalenti agli anni Cinquanta, in cui i due vengono immortalati in momenti di lavoro e di svago insieme a colleghi e amici, e da una serie di opere e serigrafie che Huber dedica a Waibl, spesso citato come il suo allievo prediletto. Sarà proprio Max Huber, con cui Waibl lavora assiduamente dal 1950 al 1954 e poi in successive col- laborazioni, a trasmettergli i fondamenti della scuola elvetica, caratterizzati da un estremo rigore basato su modularità geometrica ed essenzialità, requisiti, questi, che rimarranno sempre peculiari della sua grafica. Le sue geometrie allegre, i suoi colori e le lettere in libertà nello spazio bianco, pulitissimo, hanno segnato per quarant’anni l’Italia della pubblicità, dei rotocalchi, delle cover di dischi o dei logotipi per aziende a caccia di un’immagine identitaria all’epoca del boom economico. Il suo tratto sobrio, un po’ tedesco ha disegnato le palline da tennis della Pirelli, sulle locandine che tappezza- rono l’Italia negli anni del miracolo;
ha tradotto in figure i suoni di Radio Rai quando, negli anni Cinquanta, i microfoni cantavano «La radio arriva ovunque»; e ha inventato decori per le réclame della Rinascente, con fiori optical abbinati agli slogan
«Tutte magre, abbronzate, depilate, profumate», in un tempo in cui i fianchi larghi erano un vezzo e non un’osses- sione.
Gli anni sessanta si contraddistinguono per un’incessante attività legata allo studio e alla realizzazione di logotipi per aziende; con il boom economico le imprese investono nella loro ricono- scibilità d’immagine, legando il marchio all’obiettivo di ottenere la permanen- za nella memoria del compratore. Il processo in sé non è nuovo, ma Waibl riesce a rendere il disegno della lettera, della sigla o della parola in maniera pregnante, caricando cioè il marchio di quel “significato visivo” indipendente- mente dal valore letterale, che pur resta leggibile, facendo così coincidere segno e idea. La costruzione del logotipo nasce in Waibl sempre da una costru- zione razionale di geometria euclidea, da proporzioni e invenzioni, attraverso cui ottiene forme nuove ma sempre
radicate sulla base di una conoscenza esatta, riferendosi in tal modo piena- mente ai fondamenti teorici espressi da Max Bill, ovvero a un pensiero di carattere logico; utilizzando le parole del maestro: “Ciò significa che ogni parte della pratica creativa corrispon- de passo dopo passo a operazioni e verifiche di carattere logico”.
Le sequenze sono costruite sempre su forme astratto-geometriche, mai figurative. La chiarezza compositiva, il rigore, l’equilibrio, la logicità delle scelte grafiche sono i valori che più caratteriz- zano Waibl nella costruzione dei logotipi.
I vari esempi provano quali sono i termini attraverso cui l’artista opera la conversione della lettera e della parola in un simbolo grafico, che tende a confi- gurarsi come un ideogramma.
DESIGN È
TRADUZIONE
L’apertura del proprio studio e le prime committenze
METODO E ISTINTO
Heinz Waibl
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DESIGN È TRADUZIONE
Marchio per Ceteco, 1959
Logotipo per Rivolta, 1959 Marchio per Centroforme, 1973 Marchio per Officine Calabresi, 1961
Marchio per Gavina, 1961 Marchio Ranchetti fotoriproduttori, 1961
METODO E ISTINTO
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Antonio Boggeri, nel suo scritto del 1969 intitolato Appunti sul marchio, esprime in maniera estremamente chiara le ca- ratteristiche che un “buon marchio” deve avere, e ciò che racchiude in sé:
I requisiti […] di immediata identificazio- ne , assenza di confusione, alto indice di ricordabilità e durata nel tempo […].
Dicendo che un marchio deve essere moderno ma non di moda, astratto ma non ermetico, formalmente ineccepibile,
soprattutto inventato e dunque inedito, si vuole porre nella giusta misura e difficoltà un compito che, per il fatto di esaurirsi e concentrarsi tutto in un disegno a bianco e nero, che nulla perda di percettibilità nelle molteplici applicazioni, conduce a una severa limitazione dell’area delle ricerche [..] il marchio assolve un compito fondamen- tale della comunicazione visiva, stabilire
un certo rapporto tra azienda e mercato, DESIGN È TRADUZIONE
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fra prodotto e consumo […] il marchio serve a fecondare quella immagine- ritratto dell’azienda che nella percezione occulta del consumatore qualifica i l prodotto e lo colloca al posto giusto.
La creazione grafica per Waibl ottempera a quei requisiti. È sempre stata -come ha sottolineato Aldo Colonetti- costruzione di forme nel segno di una razionalità intesa come unico modello di riferimento; soltanto
avendo sullo sfondo un atteggiamento metodologico del genere è possibile, come d’altronde ha sempre fatto Waibl, introdurre nell’attività progettuale l’origi- nalità, ovvero quegli elementi trasgres- sivi che sono in grado i rendere un’im- magine unica e indipendente rispetto alla produzione esistente. Dominando la regola si può trasgredire con creatività e coerenza, tanto da rendere singolare e memorabile il logotipo.
METODO E ISTINTO
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L’incontro con Max Huber come è avvenuto?
A pagina 16, 17: carta da imballo per MaS Magazzini allo Statuto, 1955-1959
Massimo Vignelli, mio caro amico e compagno di banco al liceo, un giorno mi raccontò estasiato di aver conosciuto il grafico Max Huber che, a sue detta, “sembrava proprio un maestro del Bauhaus”! Io gli chiesi di presentarmelo e andammo assieme al suo studio. Io e Vignelli avevamo dodici anni in meno di Huber, ci sentivamo giovani allievi desiderosi di imparare. Nel primo incontro ricordo che c’erano anche Remo Muratore, Pietro Ottinetti ed Ezio Bonini, vi fu subito intesa tra di noi. Terminato il liceo artistico ho iniziato a frequentare il Politecnico di Milano, ma non mi sentivo coinvolto dalle lezioni, preferivo
“fuggire” e raggiungere lo studio di Max Huber, lo trovavo molto più stimolante.
ERI UN MODELLO DA SEGUIRE
Lettera di Heinz Waibl a Max Huber
Caro Max,
Sono passati 12 anni da quando sei mancato. Ci siamo visti per la prima volta a Milano nel 1947 in casa di Enrico, cugino di Massimo Vignelli in via Turati, che si chiamava allora via Albania.
Eri piccoletto, solido, con pantaloni di velluto a coste, t-shirt bianca, Montgo- mery sigaretta in bocca; un testimone vivo proiettato dal Bauhaus di Dessau in questo contesto di dopoguerra milanese. Eri un’immagine vivente di quel mondo che noi conoscevamo solo attraverso le letture. Da allora decidemmo di seguire il tuo percorso.
Eri un modello da seguire. Nel 1948 ti visitammo in via Settembrini, dove avevi lo studio in quell’abbaino tanto magico pieno di triangoli. Allora da studenti facevamo coppia con Massimo e venivamo a spiare i tuoi progetti e ti chiedevamo come facevi a creare quei capolavori di immagine grafica;
“Io non penso, faccio!” ci rispondevi, con una gran risata. Tutto ascoltando dischi jazz di Jelly Roll Morton, Louis Armstrong e Bix Beiderbecke. Quella volta che mi chiamasti per andare alla stazione centrale a prendere George Heinz Waibl
METODO E ISTINTO
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Max Huber. © archives.rinascente.itChi è Max Huber
Max Huber e Heinz Waibl, 1963 ERI UN MODELLO DA SEGUIRE
Vantongerloo in visita a Milano. Erano giornate formidabili; George mi chiamo Heinz le porteur; avevo il privilegio di portare il suo bagaglio. Il jazz era sempre al centro della tua esistenza.
Conoscemmo allora Louis Armstrong, Benny Goodman, Sidney Bechet, Teddy Wilson e tanti altri. Il tuo wash board con la scritta storyville e campanello era sempre pronto per accompagnare i dischi 78 giri. Ammiravamo le copertine delle custodie dei dischi fatti con ritagli di vecchi manifesti. Specialmente quello di Lionel Hampton fatto con retini grossi e cerchi colorati. Ti ricordi Max che siamo andati al teatro lirico a sentire il concerto jazz con l’orchestra di Roy Eldridge? All’uscita del teatro Roy urlando ti chiamava: “Max the little man of Mars”. Max la tua vita è stata formi- dabile, come usavi dire quando qualche cosa ti entusiasmava moltissimo.
Andavamo in Lambretta con giradischi e la cartella con la corda a tracolla per andare alle feste degli amici. Ti venivo a trovare due volte alla settimana all’ospedale di Mendrisio. Mi parlasti della segnaletica che non è fatta per comunicare agli ammalati. Quante idee ancora inespresse. Il tuo ultimo gesto;
il punto viola di vino rosso sul lenzuolo.
“Heinz geh du schon ich komme schon”
era una frase che mi ripetevi ogni tanto in occasioni particolari, anche con dedica scritta “Heiz va intanto, io verrò dopo”. Era come una presenza annun- ciata. Max sei stato il più milanese dei milanesi. Max siamo stati fortunata, ci ha fatto sognare noi giovani di allora.
E infine il tuo amore per il Giappone.
Aoi ne è la prova.
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A TEMPO DI JAZZ
Si, ascoltavamo molta musica mentre si disegnava, ma anche nel tempo libero. Max Huber mi avvisava quando arrivavano a Milano i “grandi” del jazz e così ci organizzavamo per andare a conoscerli personalmente. Ricordo l’emozione nell’incontrare celebri maestri quali Benny Goodman o Louis Giampiero Bosoni
Wikipedia
Max Huber: maxieland jazz!
Max Huber e il Jazz
La passione per la musica e in particolare per il jazz, dunque accomunava sia lei che Max Huber?
Armstrong, in zona San Babila, con Max Huber che cercando di avvicinarli e parlare con loro riusciva addirittura a stringerli la mano e a instaurare un rapporto di amicizia. Per festeggiare il compleanno ci regalavamo dischi, allora in vinile. Nel 1952, per il mio ventunesimo compleanno, Max mi regalò il disco di Bob Crosby e dalla sua orchestra, South Rampart Street Parade, con dedica autografa scritta a pennarello sull’etichetta del disco stesso.
METODO E ISTINTO
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Max Huber, Jazztime, copertina per primo numero della rivista omonima
Sin da giovane Max Huber ha coltivato una viva passione per il jazz. Secondo molti critici l’originalità della sua opera è consistita proprio nella particolare fusione tra la sua solida formazione di artista concreto, improntata al sintetico rigore della scuola Bauhaus, e la sua controllata libertà compositiva fuori dalla gabbia precostituita, molto simile a quella dell’andamento sincopato della musica jazz. Se da una parte la lunga frequentazione con il vivace clima culturale di Milano alla fine degli anni Trenta, e ancor più del dopoguerra, ha costituito un terreno fertile per la sua speciale qualità progettuale, su un altro piano è indubbio che il suo proverbiale senso del ritmo, della continua varia- zione sul tema, della virtuosistica arte d’improvvisare tipica del jazz, si deve leggere come un filo rosso costante nel suo lavoro. Max Huber disegnò diversi
progetti di comunicazione per attività che avevano connessioni con l’ambien- te musicale: riviste, poster, copertine di dischi, scenografie e interni. Tra tutti i generi musicali, il jazz è quello che più di tutti lo colpì e che lo portò a caratte- rizzare molte delle sue opere successi- ve, non solo a livello comunicativo ma anche stilistico e di forma, dando a ogni composizione un ritmo dinamico, senza apparenti griglie. Huber scompone le immagini, le taglia e le riadatta, metten- dole in equilibrio con il testo e a volte sovrapponendoli, ma mantenendo uno stile coerente e caratteristico. I seguenti artefatti comunicativi sono la piena espressione di questo stile grafico che ha fatto da filo conduttore per diversi anni nella carriera dell’arti-sta, e crono- logicamente ne mostrano l’evoluzione stilistica in rapporto al contesto culturale
in continuo cambiamento. A TEMPO DI JAZZ
29 La Rinascente, pubblicità, 1951 A pagina 26,27: Max Huber, Jazztime, copertina per quarto numero della rivista omonima
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UN FELICE SENSO DI EQUILIBRIO
Mario Piazza
Heinz Waibl: ritmo, armonia, sintesi, design
Nella puntuale introduzione al libro Disegno grafico in pubblicità del 1962, Pier Carlo Santini sostiene che Waibl
«appartiene alla nutrita schiera di coloro che conformano il loro fare ad un ordine di relazioni, di ritmi, di sequenze astrat- to-geometriche, riducendo ad esse non raramente, attraverso la creazione di traslati allusivi, elementi di figuralità».
Da empirista che ha appreso sul campo, nel sodalizio formativo (1950-54) e nell’amicizia con Max Huber, la grafica di Waibl si sviluppa in una sorta di rare- fazione di strumenti verso le soluzioni ideative e compositive. L’inventiva del progetto è resa con il minimo scarto e dentro quel quadro progettuale strettamente modernista, di derivazione Bahaus. Di certo le lezioni di Huber e della grafica concreta svizzera sono
il riferimento di base. Il significato dell’opera, del progetto coincide con gli elementi che lo costituiscono.
Si tratta quindi di definire un programma, infondere un ritmo agli elementi,
raggiungere un’armonia geometrica e generare una figura. Muoversi in questo quadrilatero “normativo” è lo statuto pro- gettuale di Waibl, e non teme la messa alla prova nel campo più arduo: quello della parola- persona, il logotipo.
È «il disegno della lettera, della sigla, della parola strettamente conseguen- te al contenuto disegnato […] nel tentativo di renderlo significante di quel contenuto indipendentemente dal valore letterale della parola che resta leggibile, facendo così coincidere segno e idea».
[…] Questo sottile modo di figurare la parola trova in Waibl una coerente
MAESTRO DI ELEGANZA
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Heinz Waibl, Milano, 1962
”
“ Sin dai primissimi lavori (la pubblicità per Alluminio, quella per i Magazzini
allo Statuto di Roma), era possibile individuare la presenza d’una volontà di “trasgredire” certe
situazioni, già allora
cristallizzate, e d’altra parte di non lasciarsi “corrompere”
dalle coeve avventure
“radicali” e “ornamentali”
che, nel frattempo, avevano irretito molta grafica
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MAESTRO DI ELEGANZA Gillo Dorfles
esigenza di rispetto dei valori da comu- nicare. Il progetto, mai intransigente, è il tentativo di interpretare in forma moderna un contenuto. Questo assunto ha consentito a Waibl di porre la propria qualità di disegno al servizio di élite imprenditoriali, company multinazionali e soggetti popolari e mass-market.
Nel 1961, ad esempio, Waibl collabora con lo studio dei fratelli Castiglioni alla grafica per allestimenti fieristici, in un clima di incroci quotidiani
fra diverse e simbiotiche professionalità.
Incontra aziende e nascono necessità anche immediate di collaborazione, come per Flos e Gavina, due marchi storici del design italiano. Dall’immagine del nascente made in Italy al mercato popolare. Tra il 1955 e il 1959 Waibl
realizza un articolato lavoro d’immagi- ne per i Magazzini allo Statuto, a Roma.
Il contatto avviene grazie all’architetto Romolo Donatelli. I Magazzini sono un “mercato” molto popolare nella città.
Anche in questo caso il logotipo di Waibl appare quasi un’elementare insegna con le sole iniziali, MaS. Ma nella città dell’epigrafia, il logotipo popolare cela finezze tipografiche. Stando alla lettera, Waibl allinea due maiuscole la “M”
e la “S” con nel mezzo la “a” minuscola, la preposizione semplice che unisce Magazzini e Statuto. Il tutto ha però la stessa altezza, il minuscolo si alza e si armonizza con il maiuscolo.
Un’ulteriore prova di abilità Waibl la offre per il simbolo del programma televisivo Tele Mike (1987). Le sigle
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UN FELICE SENSO DI EQUILIBRIO
televisive per intrinseca ragione sono transitorie, ma in Italia Mike Bongiorno è la televisione. È necessario “sporcare”
il rigore elvetico della formazione, ma solo in apparenza. Waibl individua un simbolo nel simbolo, gli occhiali tipici di Mike. Li disegna in forma schematica ma fedele e li pone sopra una scritta- scenario che si piega sulla prima asta della “M” maiuscola di Mike. Uno stretto carattere lineare articola in una assono- metria il logo. Il contrasto sorprende.
Si è catturati dal controllo geometrico subliminale e dalla simpatia elementare della figurazione. In una parola: è Mike!
Nel percorso di Waibl una seconda im- portante stagione si affaccia a partire dal 1967 con la chiamata di lavoro presso la Unimark International, il grande studio fondato fra gli altri dal compagno di liceo Massimo Vignelli.
Al palinsesto degli strumenti di deri- vazione bauhausiana ed helvetica si aggiunge il canone del modernismo dell’International Style. Il progetto è
capacità di organizzazione e traduzione in un sistema visivo, facilità di gestione dell’image complessiva, efficacia della sintesi espressiva. L’Unimark International, nata contemporaneamen- te nel 1965 negli Stati Uniti e in Italia, nel 1968 poteva contare su uffici a New York, Chicago, Detroit, Cleveland, Johannesburg e Milano. Waibl lavora a New York e Chicago, e co-dirige la sede di Johannesburg coadiuvato da numerosi assistenti e collaboratori.
Sono gli anni del grande successo, del business del design. È il polo hard dell’immagine coordinata, che «dentro ad un orizzonte strutturalista […] si sforzava di concepire il mondo o forse di ridurlo ad un insieme di elementi primi atomici, molari». Questi assunti, hanno diretto il lavoro di Waibl al ritorno in Italia e alla fondazione nel 1974 di una propria struttura, Signo, con Laura Micheletto e in una prima fase con Giulio Cittato. Ma nell’approccio di Waibl è sempre presente una sorta di
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MAESTRO DI ELEGANZA
pragmatica prudenza. Quella sorta di autocontrollo delle forme, che negli anni dello “stile milanese” si caratteriz- zava in una riduzione degli elementi con cui attivare il progetto, ora negli anni della maturità si configura come senso del limite per il grafico, come una necessità di servizio verso la com- mittenza. I progetti non tradiscono le esperienze internazionali, ma evitano il dato assertivo e talvolta spavaldo dello stile “unico”. Non negano la necessità di sistema e di piano, ma vogliono anche realizzare un vestito “su misura”, adatto e sentito dal richiedente.
L’incontro tra le procedure di controllo della composizione, resa elementare, e l’abilità ad individuare una sintesi, una stilizzazione in chiave quasi sempre astratta è forse la caratteristica principa- le della grafica di Waibl. Il metodo, la costruzione e il controllo dell’insieme vengono spesso praticate attraverso l’uso di metafore e allusioni visive.
La formazione con Huber e anche
la vicinanza operativa con architetti e designer (memorabili restano gli allesti- menti con i fratelli Castiglioni, Romolo Donatelli, lo studio B.B.P.R., Ettore Sottsass jr.) hanno consentito a Waibl di strutturare le superfici visive in modo da essere chiare, originali e moderne.
Il tenace controllo e la riduzione al limite degli elementi con cui svolgere il progetto grafico sono di certo una costante e una peculiarità. Un altro elemento nella grafica di Waibl è il felice senso di equilibrio, con cui dispone gli elementi per le soluzioni progettuali.
La parsimonia dell’agire non è mai l’a- desione a uno schema, la scorciatoia di un abile mestierante, ma un silenzioso interrogarsi su cosa vale la pena tenere, cosa togliere o aggiungere, per meglio esprimere e far comprendere il progetto.
E questo al di là della dimensione del cliente (dalla company internazionale al negozio di arredamento) e della tipologia del lavoro (dalla pagina pubbli-
citaria alla grafica ambientale). UN FELICE SENSO DI EQUILIBRIO 37
Mas, 1955-59 sacchetto di carta
Tele Mike, 1987 logotipo
Pagina, 1962 logotipo
Alluminio, 1955 annuncio pubblicitario Flos, 1961
annuncio pubblicitario
Pirelli, 1958
annuncio pubblicitario Pirelli, 1958
annuncio pubblicitario
Cucina & cultura, 1984 poster
Mas, 1955-59
pieghevoli L’ufficio moderno, 1959
copertina Rai, 1961
pieghevole Lambretta, 1959
annuncio pubblicitario Intel ‘85, 1985
annuncio pubblicitario Mimmo di Cesare, 1989
poster Max Mayer, 1975
monografia aziendale Contenotte, 1983
poster Contenotte, 1981
poster Gasparotto, 1959
poster
Tutte le immagini provengono dall’archivio AIAP CDPG
Achille Castiglioni
Era il più timido
COMPAGNO DI BANCO...
E DI VITA
“Negli anni cinquanta c’era da Max Huber un giovane ragazzo alto alto, magro, un po’ austriaco che portava ancora i calzoni corti: era allegro, curioso, disponibile. Le migliori qualità necessarie per affrontare la vita. Tra il mio studio a Porta Nuova e quello di Huber in via Principe Amedeo, c’erano pochi passi e allora non c’era il fax. Heinz discuteva con Max una proposta, poi usciva, prendeva un po’
d’aria, magari un bianchino, si presen- tava e giustificava a noi la scusa di un riscontro, prendendo per strada un campari, si tornava a lavorare da noi o da loro. Quante notti tra il cinquanta e il sessanta trascorse insieme durante gli allestimenti per la Rai, per la Montecatini e per l’Agip: e per la XII Triennale, insieme abbiamo realizzato
un importante intervento grafico - architettonico. Bellissime quelle serate
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MAESTRO DI ELEGANZA Achille Castiglioni. ©archiportale.comChi è Achille Castiglioni
COMPAGNO DI BANCO... E DI VITA
passate nel nostro studio dibattendo con Pier Giacomo e me una partecipa- zione collettiva per la Rai alla Fiera di Milano.C’erano tutti e Heinz era il più giovane, il più timido e per questo forse il più coraggioso tra i Munari, gli Steiner, gli Huber, i Provinciali, i Tovaglia, i Banca, i Bianconi e gli Iliprandi. Certo, sono sicuro che questi personaggi abbiano inciso sulla sua personalità in modo molto milanese. Ricordo con tenerezza il suo “battesimo del volo”
in aereo da Milano a Stoccarda per uno dei primi lavori realizzati insieme su un vecchio bimotore dove i vuoti d’aria facevano volare stoviglie, vassoi, posate e bagagli. Dopo la sua parentesi americana ci siamo incontrati all’ADI, alla scuola di Nino Di Salvatore e nel suo nuovo studio che nel ’74 diventa Signo, una struttura dove Heinz non solo mantiene le sue migliori qualità espressive, ma ne propone altre su nuovi orizzonti. Negli anni ottanta ritrovo il divertimento di lavorare insieme per grandi aziende, quelle maggiormente impegnate sul piano della comunicazione. Oggi le proposte e le varianti di lavoro devono essere veloci, vanno e vengono con ritmi più frenetici; ma l’incontro nei nostri studi rimane, nonostante fax e computer, il lavoro di sempre; legato soprattut- to alle nostre capacità di laboratorio:
due passi nel parco e ancora un buon campari. Così è per quel giovane dai calzoni corti diventato più grande, ma con la stessa voglia di partecipazione alla vita che aveva trent’anni fa, e ancora allegro, curioso e sempre disponibile.”.
Achille Castiglioni
41 Lettera da Achille Castiglioni a Heinz Waibl, 1997
Mario Piazza
LA RIVISTA
NELLA RIVISTA
Come collocare Heinz Waibl nella storia della grafica italiana? Qual è la sua cifra, la sua idea del progetto? C’è una linea che emerge negli oltre cinquant’anni di mestiere? Cosa si può riconoscere?
Forse, per capirlo, può servire un eser- cizio poco ortodosso. È una spia, un indizio depositato inconsapevolmente dall’autore medesimo, al di fuori dalla pratica corrente, dalle esigenze di tro- vare la soluzione adatta al committente.
È un momento autoriflessivo, il fermarsi davanti allo specchio, un mattino, dopo anni di lavoro. è una doppia pagina, per l’esattezza, le pagine quattro e cinque di un libro compilato dallo stesso Waibl.
Si intitola “Progettando” 1950-1990, ed è stato editato nel 1991, quasi trent’anni dopo il libro a cura di Pier Carlo Santini “Disegno grafico in pubblicità”, che raccoglieva i primi frutti del progettare. Queste pagine sono subito dopo il frontespizio e prima delle introduzioni di amici e critici, e delle immagini dei lavori.
Sono il vero incipit, quello scritto da Waibl. Non un testo, ma elencazioni.
Nelle pagine vengono infatti allineati dei nomi raggruppati in quattro diverse categorie: le aziende, gli enti e associa- zioni, i maestri, gli amici, gli incontri;
i fotografi; i grafici allievi e assistenti.
Le due stelle di Waibl
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MAESTRO DI ELEGANZA Copertina di “Progettando” 1950-1990, Heinz Waibl, 1991
LA RIVISTA NELLA RIVISTA
Nella prima colonna c’è per filo e per segno chi ha realizzato il volume, dall’editore allo stampatore. È una sorta di mappa, una serrata sintesi che disvela tutto Waibl; basta avere qualche informazione e immagine nella memoria e ci si può quasi permettere di non sfogliare il libro.
Sono liste concrete. E un peculiare carattere di Waibl è la pragmaticità, non a caso il titolo “Progettando”.
E il progettare lo si fa per dei clienti, per un credo professionale, ma soprattutto perché si sono incontrate delle persone, dei maestri, degli amici, lo si fa con altri e per insegnare agli altri.
Semplice. Scorrendo i nomi, rigorosa- mente in ordine alfabetico, si possono vedere gli scenari attraversati da Waibl:
la Milano degli anni cinquanta; l’espe- rienza della grafica “multinazionale”, le scuole e l’insegnamento, il consolida- mento professionale. La grafica di Waibl si specchia in questa doppia pagina, c’è una chiarezza di metodo, un’esigen- za di dare ordine in forma semplice e onesta, c’è una necessità modulare, un disporre con criterio gli elementi in gioco. E c’è anche una sorpresa, certo sommessa e trattenuta, ma esplicita. Nelle prime pagine di un libro ci si aspetta di trovare l’indice e invece c’è il planning di una vita dedicata
al progettare. Non pare casuale che il breve testo di Roberto Sambonet,
“Appunti da un’intervista a H.W.”, sia quasi una traslazione poetica dello schema a elenchi di apertura. Nella puntuale introduzione al libro del 1962, Santini dice infatti che Waibl “appar- tiene alla nutrita schiera di coloro che conformano il loro fare ad un ordine di relazioni, di ritmi, di sequenze astrat- to-geometriche, riducendo ad esse non raramente, attraverso la creazione di traslati allussivi, elementi di figuralità”.
In forma solo testuale e tipografica, questa doppia pagina sembra aderire a tali principi, così pure la grafica e la vita di Waibl. Una conferma ci viene dalla bella copertina per il primo numero della rivista “Pagina” del novembre 1962. Questa volta o schema tipografico
è una figurazione astratta e sofisticata.
I direttori di questa rivista internazionale della grafica contemporanea erano Pier Carlo Santini e Bruno Alfieri, quest’ulti- mo ne era anche l’editore. Suo di certo è il nome azzeccato. Alfieri, oltre che critico ed editore, è stato l’inventore delle riviste della cultura modernista al progetto, sempre titolandole con nomi originali (che rispecchiavano le sue molte passioni) da “Zodiac” per Olivetti a “Lotus” per l’architettura, a “Metro”
per l’arte contemporanea, a “Pacco”
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“Pagina”, n.1, novembre 1962, copertina
per gli imballaggi e, appunto, a “Pagina”
per la grafica Waibl, che è anche l’auto- re del layout di quasi tutti i numeri usciti della rivista, disegna un vero proprio manifesto per la copertina del primo numero. Se la rivista si chiama “Pagina”, la copertina è e deve esserne proprio la pagina uno. Un’umile e ambiziosa pagina uno universale, che esemplifichi l’assunto di una rivista internazionale, in tre lingue, che vuole “verificare come la grafica sia lo specchio assai fedele di una cultura e dei suoi contenuti”.
La testata, in un minuscolo corsivo graziato, sta in alto bandierata a destra, sotto l’intera superficie della copertina,
Logotipo per “Pagina”, 1961
attraversata da decise linee nere parallele, la memoria più astratta della tessitura di un testo tipografico, ma anche un’immagine, un grande quadrato optical. E poi il tocco, quello che ci permette davvero di capire che ciò che vediamo è una pagina.
Con lo stesso carattere della testata, ma in corpo più piccolo, Waibl compone l’abbreviazione “pag 1”. È il numero di pagina, che sta al piede sotto la gabbia del testo. Il segreto del progetto sta tutto lì. É la sapiente lettura del calvinista modello elvetico e l’interpretazione, da maestro, di una linea italiana, bizzosa e ludica.
Heinz Waibl guarda gli esecutivi di “Pagina” per una tesi di laurea, 2011. © Andrea Farinati
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The United States had welcomed the Bauhaus masters, united in their European diaspore, with great generosity. Walter Gropius, Ludwig Mies van der Rohe, László Moholy- Nagy, Josef Albers and Herbert Bayer had become the bearers, in various American cities, also of the research and experimentation of systematic European graphic design, a cultural operation that aimed to refound the identity of American business culture.
This also explains the success of Unimark International - founded in the early 1960s in Chicago by Bob Noorda and Massimo Vignelli with the objective of designing “institutional Nicoletta Ossanna Cavadini
visual systems.” Unimark laid the foundation of “good design” that could change the world by combining American marketing tecniques with modernist European design. Vignelli persuaded Heinz Waibl to come and work in America, where he arrived in 1967 and was accepted as a European
bearer of the knowledge of composition of Rationalist design, like the other Italian graphic designers Giulio Cittato, Piero Ottinetti and Armando Milani.
The United States thus had a cultural model of Western development, where symbols and visual communication were understood as “icons” speaking a language comprehensible
ITALIAN ROOTS, AMERICAN SPIRIT
The American Period: a European in the United States
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NEW LIFE, NEW STYLE ITALIAN ROOTS, AMERICAN SPIRIT
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internationally. It is no coincidence that Pop Art, born in the United States in the 1960s, expressed itself by stressing the close ties between art and advertising: its greatest exponent, Andy Warhol, was a graphic designer by training and his first job was as art director for a chain of department stores. In this general context, Heinz Waibl found the optimal situation to do his work; unsurprisingly he designed logotypes for major corporations or institutions in the new continent, such as American Airlines (the American flag carrier), the important JCPenney chain stores (with a nationwide network), and multinational companies that had
grown up in the United States, such as Levi’s, Transunion Corporation and Maison Blanche. Waibl’s career in America, interpreted in these terms, reveals a gradual revision of the abstract-theoretical type of approach that had characterized his early work. The spatial and compositional organization formed by graphic elements and lettering, based on printers’ fonts, were gradually replaced by a different principle: to make the letter, the initial or the word the dominant feature, as the graphic module of the message, focusing the viewer’s attention wholly on this artefact.
We no longer have just the monogram Bandiera statunitense. © Samuel Branch
NEW LIFE, NEW STYLE
but the strong identity of a letter or symbol, around which the lettering is set, often being represented in full.
The American experience gained by Waibl in Chicago and New York, and then completed in Johannesburg, was updated on the most modern tendency to develop the corporate image or brand image, which when it comprises the total image of a whole product goes under the name of the product image.
The innovative vision of American culture came to embody the visual identity in all forms of communication, leading to the complex phenomenon that is known as corporate identity.
In America in the 1960s Heinz Waibl learned the new method of communication which, while focusing attention on a strong graphic image, sought to vary it in all its aspects and across a wide range of media.
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Unimark International Heinz Waibl Logotipo per i grandi magazzini Levy’s Co., Tucson, USA, 1969
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NEW LIFE, NEW STYLE
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ITALIAN ROOTS, AMERICAN SPIRIT
Unimark International Heinz Waibl Logotipo per i grandi magazzini JCPenney, Chicago, USA, 1969
NEW LIFE, NEW STYLE
DesignCulture
American Airlines
TITLE
American Airlines
DESIGNERS
Heinz Waibl, Massimo Vignelli
FIRM
Unimark International
YEAR 1967
CLIENT
American Airlines
MEDIUM Logotype
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AN AIRLINE THAT HAS FLOWN... ITALIAN
Unimark International Massimo Vignelli e Heinz Waibl immagine coordinata per American Airlines, 1968
AN AIRLINE
THAT HAS FLOWN
...ITALIAN
NEW LIFE, NEW STYLE AN AIRLINE THAT HAS FLOWN... ITALIAN 57 Applicazione logo American Airlines su Boeing 757
Unimark was appointed to design American Airline’s corporate identity by Henry Dreyfuss, a famous industrial designer who was hired to develop the interior of the planes.Massimo Vignelli and Heinz Waibl set the logotype in plain and legible Haas Helvetica and made it half-red and half- blue to use the colours of USA’s national identity.
“We wanted to make one word of American Airlines. There were no other logos then that were two colours of the same word. So we took the space away and split it by colour. We proceeded by logic, not emotion. Not trends and fashions” (M. Vignelli). A double ‘A’
monogram version featuring a stylised eagle was also used on the tail of the planes. The graphic design of the eagle was attributed to Vignelli for many
years, until he revealed that he actually refused to draw it: “I wanted the eagle to be real. It has to have every feather.
If you do an eagle, do it with the dignity of an eagle. Don’t stylise the eagle and make a cartoon out of it” (M. Vignelli).
However, American Airlines pilots threatened to go on strike because they wanted the eagle since it always symbolised the company, so the office of Henry Dreyfuss drew it. The prefe- rence for a plain logotype without the eagle reveals Vignelli’s design attitude at best. In fact, Vignelli was above all a great typographer. He was able to make a typeface expressing all its strength and character. He always focused on the very function that the graphics had to perform — so preferring plain typography, where nothing more Something special in the air
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NEW LIFE, NEW STYLE AN AIRLINE THAT HAS FLOWN... ITALIAN
was needed — because aware that simplicity is always stronger than complexity. And by focusing on clarity and simplicity and then choosing a plain typeface instead of a stylised symbol, this design also represents an expression of that timelessness, so long praised by Vignelli. “Fifty years ago (early ’60s), there were very few logos in general. Somebody started to do logos and people started thinking that logos were important. Now there is a plethora and so many don’t make sense. You see the pages of the sponsors of a concert of an exhibition and, at the bottom, there are 50 different logos. It’s ridiculous. A word is so much better” (M. Vignelli).
The logotype and identity system designed by Unimark lasted until 2013,
when a new identity developed by Futurebrand was adopted raising a lot of critiques. It was judged by many as
“one of the worst branding decisions ever made” (Alissa Walker). Vignelli in particular was very upset about it:
“There was no need to change. It’s been around for 45 years, the whole world knows it. This is the typical mistake that company presidents make:
‘I’ll change the logo and the company will look new.’ But it’s the same company. They’re not going to solve their problems. I will not be here to make a bet, but this new logo won’t last another 25 years” (M. Vignelli).
This was one of the projects through which Massimo Vignelli mostly contributed to the fortune and fame of Helvetica in the USA.
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Logotipo American Airlines, 1969
Dear Massimo,
I also turn 80 in 2011 but on 21 December: parallel destinies but in different ways. Do you remember when I wrote asking you “which path to take”
in 1966? Your reply was “Come to Chicago,” to Unimark, we need your there, of course. Later I met Ralph in Milan and the deal was done. I received the book about Unimark and it’s really great. I’m present in it the way I really should be. Formidable the combination of Vignelli, Eckerstrom, Doblin, Noorda.
I see I follow you in your memories. We met at the exam for admission to Brera and I had my leg in plaster. Of course we weren’t admitted. And again sitting on the sidewalk in Piazza Cavour talking about Kandinsky and Max Bill, the Bauhaus. My grandma’s strudel - my mother’s goulash, the Lambro Jazz Band, Max in Via Peri, your trip to Pentagram in London, the visit to the barracks in Via Vincenzo Monti, your mascarpone with coffee at the art school refectory, the long telephone conversations spent talking about
DEAR MASSIMO
Letter of Heinz Waibl to Massimo Vignelli Heinz Waibl
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NEW LIFE, NEW STYLE Massimo Vignelli. © Gary HustwitChi è Massimo Vignelli
“
”
Because it’s too small, it’s provincial, the ceiling is too low. I came to New
York thinking that the ceiling was high, but then I found that the ceiling here
doesn’t exist.
“Why did you leave Milan?”
“Why did you leave Milan?”
Massimo Vignelli
Massimo Vignelli DEAR MASSIMO
concrete art and design, the visit to BBPR Nathan Rogers, Domus, Roberto Leydi’s parties, that famous one when Giotto Stoppino and I took you home.
When you took me to the station because I was leaving for the call-up.
It would be a good sign to recall these key events in my, in our development.
The 1962 Venice Art Biennale poster, a visit to Campo dei Fiori in Varese at the architecture conference where you met Lella. And we were always together.
Then again the visit to Max’s studio home in Via Settembrini, the drinking...
The meeting with Bruno Munari in the evening in Via Manzoni, Asnago and Vender’s studio, where utopias were born Franco Albini and Franca Helg, the earthquake at my home in Via Pacini. I played the bass in Piazza Piola for your exam in Art History with the Lambretta. The Libreria Salto, your mom Naomi, your cousin Enrico?, Etc etc. A big hug to you and Lella The Archive is magnificent
Heinz
P.S. You’re really good, but these memories are our energy!
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Italian graphic design has had a lasting influence on the American visual and cultural landscape. From Fortunato Depero’s move to New York City in 1928 to Unimark International’s corporate identity work of the 1960’s
and 70’s, Italian graphic designers were living and publishing important work in the U.S in the last century.
Their enthusiasm, experimental attitudes and new modern approaches attracted prominent clients in progressive cities
including New York and Chicago, and gave them the opportunity to create iconic projects such as the New York City Subway System Map, designed by Massimo Vignelli (1972). Italian Types features works by Fortunato Depero, Paolo Garretto, Costantino Nivola, Leo Lionni, George Giusti, Albe Steiner, Erberto Carboni, Romaldo “Aldo”
Giurgola, Roberto Mango, Giovanni Pintori, Bruno Munari, Franco Grignani, Heinz Waibl, Giulio Cittato, Bob Noorda Melania Gazzotti
ITALIAN TYPES IN AMERICA
Italian Types. Graphic Designers from Italy in America
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NEW LIFE, NEW STYLE Leo Lionni, Fortune, 1960
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NEW LIFE, NEW STYLE
Estratto dal retro del libro Italian Types. Graphic Designers from Italy in America.
A cura di Patricia Belen, Greg D’Onofrio and Melania Gazzotti, 2019. Corraini Edizioni, Italia
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ITALIAN TYPES IN AMERICA
ITALIAN TYPES IN AMERICA
and Massimo Vignelli. The advertise- ments, posters, magazines, albums, book covers and corporate identity featured in the exhibition offer an overview of the achievements of Italians in the field of graphic design in America, and address their distinctive graphic language. The selection includes designers who worked for American clients while living in Italy and others who created new lives by moving to America. Whether they succeeded
right away or suffered hardships, their personal and professional experiences shed light not only on graphic design, but also identity, politics, migration, historiography and the journey of the human spirit. On the occasion of the exhibition, Corraini Editore will publish a catalogue with essays by Steven Heller, Patricia Belen, Greg D’Onofrio, Alessandro Colizzi and Alexander Tochilovsky, with designer biographies by Melania Gazzotti.
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George Giusti, Great Ideas for Western Man Advertisement, 1955
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Sul finire degli anni sessanta, si va esaurendo la figura del grafico-artista e si fa sempre più avanti quella del graphic design, che comprende anche capacità organizzative legate al mondo della comunicazione strategica.
In questo frangente Heinz Waibl rientra a Milano nel 1971, facendo tesoro dell’efficienza e organizzazione della metodologia lavorativa applicate negli Stati Uniti, in particolare nello sviluppo dei sistemi di identità visiva e di grafica coordinata. Fonda a Milano, nel 1974, lo Studio Signo con Laura Micheletto, mantenendo viva l’amicizia e collaborazione con i maestri della
IL RITORNO
E LA MISSIONE
Nicoletta Ossanna Cavadini
Il rientro a Milano: un americano in Europa
COSTRUIRE UN’IDENTITÀ
scuola grafica svizzera, Max Bill e Max Huber in particolare, e con gli studi di architettura, quello dei fratelli Castiglioni in primis. Al rientro in Italia, nel 1981, entra a far parte dello studio anche Giulio Cittato, che però muore prematuramente cinque anni dopo. Inizia con il 1974 anche l’attività didattica di Waibl, già svolta negli anni cinquanta all’Umanitaria e seguita con la cattedra di visual design alla Scuola Politecnica di Milano.
Questa esperienza, portata avanti per circa trent’anni, gli permette di tenere aggiornata la sperimentazione nel settore della grafica e nel contempo
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IL RITORNO E LA MISSIONE
di offrire agli studenti momenti di approfondimento presso il proprio studio, che diviene così luogo di formazione e di ritrovo della nuova generazione di grafici, analogamente a ciò che avveniva all’interno delle Arti Grafiche Nava, ove i due fratelli Felice e Peppino crearono nella capitale lombarda una vera e propria fucina di sperimentazione del design. In tale ambito Heinz Waibl, come molti altri grafici, ebbe modo di mettere a punto una serie di prodotti che gli valsero riconoscimenti in campo internazionale, come quello per la serie della Porsche Design. Innumerevoli le ditte che,
a partire dagli anni settanta, si affidano a lui per la creazione del loro logotipo Alivar, Cinzano, Max Meyer, Vanini Venezia, Bticino, Motta, Cinova, Gruppo Cartolnvest. A queste, e a molte altre, si aggiungono poi le numerose istituzioni alle quali lo Studio Signo fornisce li proprio contributo. nel campo della grafica: come AMIU Bologna, Ferrovie Nord Milano. PubliSer Empoli, Quadrifoglio Firenze, Istituto Ramazzini, Museo Archeologico Montelupo
Fiorentino. Museo La Civitella di Chieti, Regione Emilia Romagna, la Polizia Municipale della stessa Regione, la nuova Provincia dì Biella e i siti
79 Duomo di Milano, Città metropolitana di Milano, 2020. © Ian Lee
archeologici di Pompei oltre che, in tempi recenti, il logotipo del premio internazionale “Klima Energy Award”, promosso dalla Provincia di Bolzano.
Nel 1974 Waibl entra a far parte della più importante associazione di categoria, Alliance Graphique lnternationale (AGI), grazie al sostegno di Franco Grignani e Walter Ballmer, associazione di cui sarà presidente per otto anni, daI 1995 al 2003. Nello stesso 1974 entra a far parte anche dell’Associazione per il Disegno Industriale (ADI). In tutta la sua vasta produzione, aggiornata aIle esigenze della comunicazione contemporanea della corporate image, Heinz Waibl rimane fedele alla formazione astrattogeometrica di reminiscenza bauhausiana, alla psicologia della
Gestaltung, alla chiarezza compositiva e al rigore della costruzione del messaggio che lo rendono valido nel tempo. Il modulo grafico, da lui sempre elaborato nella fase iniziale, rimane come regola entro la quale progettare un logotipo capace di avere permanenza nella memoria dell’osservatore. La forma del contenuto, anche se molto stilizzata, parte sempre da un’idea che rende significante l’immagine visualizzata, facendo coincidere segno e concetto, segno e idea. In questi fondamenti Waibl pur con la sua cifra distintiva rimane coerente con gli esposti teorici di Max Bill, da lui ben conosciuti, in cui il processo progettuale logico regola anche la pratica creativa e quindi la comunicazione visiva contemporanea.
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COSTRUIRE UN’IDENTITÀ Manifesto per l’inaugurazione dello Show-room Nava-Porsche Design, Studio Signo, Milano, 1979
Nel 1974 Heinz Waibl e Laura Micheletto fondano lo studio Signo mettendo a frutto un insieme di diverse esperienze professionali, maturate in ambienti e periodi differenti, ma portatrici di simboli e culture destinate ad arricchire il settore della grafica e del visual design. Nello studio si adottano e si utilizzano anche le più avanzate tecniche organizzative e di marketing che Laura Micheletto aveva sperimen- tato e appreso nella sua precedente attività di redattrice e dirigente d’azienda nel settore editoriale
IL REGNO DEI SEGNI
Lo Studio Signo Barbara Mottolese
e della comunicazione. Le esperienze condotte nella grafica aziendale e nell’editoria portano Laura Micheletto, fin dai primi anni Sessanta, a occuparsi del settore dell’immagine coordinata delle aziende, allora ancora ai primi passi in Italia. È in questi anni che comincia a costruire la sua originale identità di “manager della comunicazio- ne visiva”, specializzandosi nella defi- nizione strategica e nel coordinamento dei progetti di immagine aziendale.
Il ruolo fondamentale di Laura
Micheletto consiste nel fare da “ponte”
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COSTRUIRE UN’IDENTITÀ Rielaborazione invito per inaugurazione Studio Signo per Congresso AGI “Coexistence”, Svizzera, 2015
83
IL REGNO DEI SEGNI
tra il brief iniziale della committenza e la fase progettuale, il debriefing, filtrando le informazioni iniziali e traducendole in elementi utili alla realizzazione del progetto. Si è formato così un sodalizio carico di potenzialità e in grado di allacciare proficui rapporti con le più importanti imprese industriali e di servizi, di dialogare con il settore pubblico e privato, di mettere in campo collaborazioni specialistiche di alto profilo. L’attività di Waibl troverà in Giulio Cittato (1936-1986), già collabo- ratore di Vignelli a New York, un riferi- mento progettuale di reciproca sintonia.
Il loro incontro a Chicago nel 1967, ha dato subito vita a una cordiale amicizia.
L’esperienza americana in comune e l’affinità progettuale hanno fatto sì che, tornati entrambi in Italia nel 1981, Cittato, benché stabilitosi a Venezia, si associasse allo studio Signo di Heinz Waibl e Laura Micheletto. con cui ha collaborato fino al 1986, anno della sua morte prematura. Negli anni Settanta, Cittato, tra i suoi vari lavori, progetta l’immagine grafica dei magazzini Coin e della Società dei trasporti lagunari di Venezia. La lunga esperienza didattica di Waibl, iniziata a Milano
prima all’Umanitaria poi alla Scuola Politecnica di Design, ha contribuito a fare di Signo un vero incubatore di talenti ove si sono formate due generazioni di grafici italiani, svizzeri, e tedeschi. Il metodo di lavoro è stato messo in piena luce attraverso progetti e realizzazioni che hanno trasmesso il medesimo entusiasmo e l’inconfondi- bile impronta di una cultura dalle solide radici e in costante evoluzione.
Le diverse esperienze e la professio- nalità delle persone che operano nello studio Signo, consentono di risolvere i problemi di lavoro nella loro globalità, indipendentemente dalla loro
dimensione e complessità, trasferendo spesso, da un campo a un altro, l’uso di metodologie e tecnologie proprie dei settori più avanzati. Heinz Waibl fa parte di quel gruppo di visual designer che “appartengono al regno dei segni”. Le sue opere colpiscono per la modernità dei caratteri grafici, per la forza estetica dei tratti, per la certezza comunicativa dei simboli; il suo, insomma, è un cattu- rare l’attenzione visiva per trasferire, immediato e diretto, il contenuto di un messaggio.
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COSTRUIRE UN’IDENTITÀ
Heinz Waibl e Laura Micheletto all’inaugurazione dello Studio Signo, 1974
A pagina 86, 87: Studio Signo, progettazione texture per imballaggi BTicino, 1998 IL REGNO DEI SEGNI
85
Chi è Giulio Cittato
“
”
I quattro anni di sua assenza da Milano ci sono sembrati un’eternità. E sebbene il
suo modo di lavorare fosse molto cambiato, abbiamo continuato a collaborare con quel “nuovo” Waibl
post-americano: era molto preciso, come sempre,
ma più aperto verso
declinazioni della corporate image, e come sempre
lavoravamo insieme in maniera spensierata e giocosa.
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IL REGNO DEI SEGNI
Logo Studio Signo, Milano
Irma Castiglioni
La prima impressione è visiva. Quando ci viene presentata una persona, ancora prima che la persona parli, l’impressione che noi riceviamo è di tipo visivo.
Osservando il suo modo di vestire, la scelta che questa persona ha fatto dei colori, dei tessuti, delle textures, delle forme, da mettersi addosso per presentarsi agli altri; ci comunica un modo di pensare e di esistere. Se poi andiamo a casa sua e osserviamo i suoi mobili e tutto l’arredamento, che carta da lettere ha, che opere d’arte, che libri;
noi avremo visivamente l’immagine globale della persona, del suo mondo, dei suoi pensieri. Ancora prima che la persona ci parli, noi abbiamo già saputo se è una persona vera o falsa, se è conservatore o rivoluzionario, se ha una cultura moderna o classica, se ha spirito
SOLIDITÀ
E COERENZA
Bruno Munari
L’immagine coordinata
romantico o scientifico, e via dicendo.
Da queste prime impressioni visive noi ricaviamo delle impressioni che
determineranno il nostro comportamento nei riguardi di questa persona. Questa immagine di sé, nel caso di grandi industrie o grandi aziende, si chiama
“immagine coordinata” o “immagine aziendale” o “corporate image”. Se noi pensiamo a una grande industria o azienda che ha questa immagine noi anche la vediamo: vediamo il colore dei suoi automezzi, vediamo la linea coerente dei suoi prodotti e dei suoi imballaggi, troviamo che i caratteri tipografici sono stati scelti da esperti che determinano un certo gusto.
L’edificio nel quale ha la sede e le sue officine sono stati progettati da architetti dello stesso livello. Vediamo un marchio
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COSTRUIRE UN’IDENTITÀ SOLIDITÀ E COERENZA
ben fatto, ben progettato, chiaro e leggibile, facile da memorizzare.
Tutta la segnaletica interna ed esterna, nei loro edifici, è chiara, semplice, coerente col resto. Tutti gli stampati, dal biglietto da visita alla pubblicità hanno la stessa coerenza. Le azioni che questa azienda compie, per mezzo del suo ufficio di pubbliche relazioni, sono di ottimo livello culturale anche se sono rivolte a un vasto pubblico. Insomma qualunque aspetto visivo di questa azienda è stato curato da un esperto dalla sensibilità attuale, da qualcuno che è informato su tutto ciò che avviene oggi nel campo della cultura più viva.
Questo tipo di «immagine globale» che una industria o una azienda ci mostra, stabilisce subito, per via visiva, un rapporto di simpatia e di fiducia con il
pubblico, il quale è portato a pensare:
se questa azienda ha studiato tutto ciò che è visibile, avrà anche studiato nel modo migliore anche il prodotto che mi offre. AI contrario, una azienda o industria che si presenti con un manifesto disegnato da un grafico di terzo ordine, con caratteri tipografici poco leggibili, con accordi di colore di venti anni fa, con un prodotto presentato in un imballaggio generico o di cattivo gusto, consegnato al negozio di vendita con un camion qualunque, senza un marchio riconoscibile o con un marchio illeggibile perché troppo pieno di immagini (stabilimenti, stelle, rami di alloro...) eccetera eccetera, non dà certamente al consumatore una garanzia che il proprio prodotto sia ben fatto. Tutta questa confusione si
91 Heinz Waibl, Manifesto “Les Maîtres de la carrosserie italienne”
per la mostra “Design Automobile” 1990
suppone di trovarla anche nel prodotto.
Ecco quindi che cade la fiducia e nascono molti dubbi, proprio perché il compratore non ha un rapporto visivo con l’industria, non la riconosce in nessun aspetto, l’immagine globale è confusa e si mescola con tutte le altre.
Non si definisce. Non si identifica.
Non ha un carattere, un aspetto visivo, una immagine chiara. Naturalmente non è detto che tutte le immagini globali si assomiglieranno, anzi dovranno essere tutte diverse, pur essendo tutte nella nostra epoca, partecipi di un clima culturale attuale. Ed è il progettista grafico, il visual designer che assieme al graphic designer, agli architetti e agli esperti dei vari rami, progetterà e coordinerà questa immagine. In un primo tempo vi sarà una messa a fuoco
del problema generale, e cioè si dovrà definire che tipo di immagine si vuoi comunicare e a che tipo di pubblico ci si vuoi rivolgere. In seguito si raccoglieranno dei dati sull’ambiente di questo tipo di pubblico (giovani, anziani, sportivi, casalinghe, mamme, studenti, ecc.) per conoscere i punti di contatto sui quali iniziare
l’identificazione dell’immagine generale.
Seguirà una verifica per conoscere se esiste già qualche «immagine globale»
in questo campo in altri paesi.
Sia per conoscenza che per non ripetere una «immagine” già esistente.
Si elencheranno tutti i casi dove questa
«immagine globale» verrà applicata:
estetica industriale negli edifici e interni, arredamento degli uffici, tutti gli stampati, tutti i mezzi di trasporto
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COSTRUIRE UN’IDENTITÀ SOLIDITÀ E COERENZA
dell’azienda, dalla bicicletta del fattorino al treno merci. Tutta la segnaletica interna ed esterna. Saranno scelti uno o due colori di base che dovranno essere presenti in ogni caso. Saranno scelti uno o due caratteri tipografici da usare sempre, salvo casi speciali, in vari corpi e densità. Sarà stabilito anche un modo di usare questi caratteri, se dovranno essere impaginati in modo compatto o in altri modi. Saranno definiti dei fattori visivi di situazioni particolari per tutte le manifestazioni pubblicitarie. Le
«relazioni pubbliche» organizzeranno manifestazioni di un certo tipo che sia dello stesso livello della «immagine globale». Cinema, televisione e qualunque altro mezzo di comunicazio- ne visiva, dovranno comunicare nello stesso spirito. Questo non vuol dire
monotonia, come un inesperto potreb- be pensare, bensì grande variazione nello stesso stile. Ogni stile, nelle epoche passate, ci ha dato grande varietà di immagini, però noi le
possiamo individuare e non confondere con immagini di altri stili. Perché il Liberty ha (per esempio) un certo tipo di linea curva, che si presenta in mille modi, ma diversa da una linea razionale fatta col compasso. Un’industria e un’azienda senza «immagine globale» e quindi senza immagine o con immagine confusa, appare (per riprendere il primo esempio) come una persona che si presenta con giacca sportiva su calzoni da smoking, a piedi nudi e un soprabito di plastica militare. Oppure in un completo grigio medio economico con camicia bianca e cravatta blu medio.
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Heinz Waibl, Progettazione marchio e logotipo per la Westen, 1976
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