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Falegname. Il figlio del. Via Crucis con san Giuseppe. Canto iniziale. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

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Academic year: 2022

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Canto iniziale

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Certo, San Giuseppe era già morto quando Gesù è andato incontro alla sua passione,

ma possiamo immaginare i pensieri di un padre di fronte ad un figlio che abbraccia la croce.

Se i Vangeli non ci offrono parole che escono dalla bocca dello sposo di Maria, questa Via Crucis vuole essere un tentativo di mettere sulle labbra di Giuseppe alcuni pensieri che possiamo dedurre dal poco che conosciamo di lui e vuole essere anche un ricordo per tutti noi di trovarci nella comunione dei Santi.

Questo testo nasce in occasione del 150° anniversario della dichiarazione di San Giuseppe quale Patrono della Chiesa Universale.

Non mancheranno quindi alcuni riferimenti (citazioni) alla Lettera Apostolica “Patris Corde” di Papa Francesco (PC).

Saranno 14 stazioni tradizionali aperte dall’invocazione “Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo - perché con la tua santa croce hai redento il mondo”, da un brano biblico e da un commento legato a da San Giuseppe. Segue poi una preghiera o delle invocazioni o un ritornello cantato.

I l figlio del Falegname

Via Crucis con san Giuseppe

(2)

PRIMA STAZIONE Gesù è condannato a morte

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo. Perché con la Tua santa croce hai redento il mondo.

Dalla Parola di Dio

«Pilato disse: “Non trovo nessuna colpa in quest’uomo”. Nonostante questo, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso» (Lc 23,4; Mt 27,26).

In Gesù non trovarono alcuna colpa perché come Giuseppe anche lui era “uomo giusto”. Ma nonostante questa verità preferirono seguire la strada della menzogna condannandolo a morte.

Secondo le scritture e le profezie era questo il sentiero da percorrere per giungere alla Salvezza.

Proprio Giuseppe, su suggerimento dell’angelo, impose il nome al figlio di Maria: «Tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21). Come è noto, dare un nome a una persona o a una cosa presso i popoli antichi significava conseguirne l’appartenenza, come fece Adamo nel racconto della Genesi (Patris Corde, PC). Seppur figlio di Dio, il Cristo era anche figlio dell’uomo e ha imparato ad essere uomo proprio da Giuseppe. In quel momento la sua umanità è abitata dai sentimenti che nascerebbero in ciascuno di noi trovandoci nella medesima situazione:

paura, pressione, sconforto…

Anche Giuseppe in un certo momento della sua vita si è sentito “condannato”, si è sentito morire di fronte alla notizia che gli ha cambiato l’esistenza, la gravidanza di Maria. Subito la paura, la vergogna, la delusione si fanno avanti nel suo cuore. Ma poi quel sogno consolante trasforma la sua condanna nel progetto che Dio aveva anche per lui. E come il figlio Gesù, anche Giuseppe ha accolto con fiducia l’Amore più grande!

Diciamo insieme: Salvaci, Signore!

-

Quando veniamo condannati ingiustamente…

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Quando siamo schiacciati dalla violenza e dal male…

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Quando non troviamo la strada della verità e della vita piena…

SECONDA STAZIONE Gesù prende la croce fino al Calvario Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo. Perché con la Tua santa croce hai redento il mondo.

Dalla Parola di Dio

«Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Golgota» (Gv 19,16-17).

Anche se tutti erano fuggiti, soprattutto quelli che chiamavano “i suoi”, Gesù non era del tutto solo.

C’era qualcosa che lo riportava a casa, a quella casa di Nazaret che lo ha visto crescere in sapienza, età e grazia, insieme a Maria e Giuseppe.

Quel legno con cui da ragazzo aveva preso una certa confidenza, imparando il lavoro del falegname, ora era divenuto carico pesante.

Quel legno che sostentava la vita di tutta la sua famiglia (da Giuseppe Gesù ha imparato il valore, la dignità e la gioia di ciò che significa mangiare il pane frutto del proprio lavoro) ora, quel legno, stava per portarlo via per sempre dai suoi cari.

Quel legno che aveva imparato a lavorare, trasformandolo in qualcosa di utile, ora si presentava come strumento di morte, ma anche come porta per salvare l’umanità.

Quel legno aveva il profumo di Giuseppe. Anche se suo padre li aveva lasciati da tempo, in quel momento oltre a pensare al Padre Celeste Gesù non poteva non ricordare colui che più volte gli aveva salvato la vita. Da lui aveva imparato a modellare un pezzo di legno, ora quel Legno sarà segno d’Amore per l’eternità.

Cantiamo insieme: Noi ti preghiamo, uomo della croce, Figlio e fratello, noi speriamo in te.

Noi ti preghiamo, uomo della croce, Figlio e fratello, noi speriamo in te.

(3)

TERZA STAZIONE Gesù cade sotto il peso della croce

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo. Perché con la Tua santa croce hai redento il mondo.

Parola di Dio

«Egli si è caricato le nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori» (Is 53,4).

Fa parte della natura umana cadere a terra! Se non riesci a mantenerti in piedi con le tue forze la gravità ti butta a terra. Gesù tocca con mano le cadute dell’uomo: l’uomo fragile segnato dalla malattia che consuma, l’uomo sofferente che ha il volto bagnato dalle lacrime, l’uomo debole che si lascia dominare da sensazioni ed emozioni, l’uomo schiavo che si lascia divorare dalle cose. Se le altre volte si è fatto vicino all’uomo caduto, tendendo la mano, stavolta è lui a cadere sotto il peso della croce. Forse una voce dall’alto gli avrà sussurrato: “Non temere”!

Come Dio ha detto a suo padre: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere» (Mt 1,20), sembra ripetere anche a noi: “Non abbiate paura!”. Occorre deporre la rabbia e la delusione e fare spazio, senza alcuna rassegnazione mondana, ma con fortezza piena di speranza, a ciò che non abbiamo scelto eppure esiste. Accogliere così la vita ci introduce a un significato nascosto. La vita di ciascuno di noi può ripartire miracolosamente, se troviamo il coraggio di viverla secondo ciò che ci indica il Vangelo. E non importa se ormai tutto sembra aver preso una piega sbagliata e se alcune cose ormai sono irreversibili. Dio può far germogliare fiori tra le rocce. Anche se il nostro cuore ci rimprovera qualcosa, Egli «è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa» (1 Gv 3,20).

Preghiamo insieme : Gesù donaci la grazia di non peccare più e di pentirci dal profondo del nostro cuore dei nostri piccoli o grandi errori, ripetuti senza la minima consapevolezza che ogni peccato da noi commesso è un’offesa a Te, a noi stessi e alla Chiesa. Amen.

QUARTA STAZIONE Gesù incontra sua Madre

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo. Perché con la Tua santa croce hai redento il mondo Parola di Dio

«Che cosa renderò uguale a te per consolarti, vergine figlia di Sion? Grande come il mare la tua rovina» (Lam 2,13).

Maria, giovane vedova, ora attraversa uno dei dolori più grandi per una madre: vedere morire il figlio. Ma, anche se nella sofferenza, sa accogliere e accettare quella croce! In questo è simile al suo sposo. La vita spirituale che Giuseppe ci mostra non è una via che spiega, ma una via che accoglie.

Solo a partire da questa accoglienza, da questa riconciliazione, si può anche intuire una storia più grande, un significato più profondo. Sembrano riecheggiare le ardenti parole di Giobbe, che all’invito della moglie a ribellarsi per tutto il male che gli accade risponde: «Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare il male?» (PC)

L’incontro tra lo sguardo di Maria e quello di Gesù è generativo. In lei Gesù trova gli occhi che gli hanno dato la vita, in Lui Maria vede gli occhi per cui è stata resa Immacolata. Lei lo ha generato alla vita, Lui le dona la vita eterna.

Poco dopo Maria sarà chiamata ad essere nuovamente Madre: di Giovanni, della Chiesa!

Quando nella nostra vita incontriamo qualche croce sembra che tutto si fermi, ci sentiamo particolarmente sterili e bloccati. Da Maria vogliamo imparare ad essere generativi, anche se una pandemia incombe sulla nostra esistenza, anche se la morte fa rumore intorno a noi. Vogliamo generare vita nuova, vogliamo essere portatori di speranza, vogliamo dire ad alta voce che il dolore non è l’ultima parola.

Diciamo insieme: Maria, prega per noi

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Adesso e nell’ora della nostra morte…

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Nei momenti di gioia, come in quelli di dolore…

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Quando siamo pronti ad arrenderci…

(4)

QUINTA STAZIONE Il Cireneo aiuta Gesù

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo. Perché con la Tua santa croce hai redento il mondo.

Parola di Dio

«Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, che veniva dalla campagna, gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù» (Mt 27,32; Lc 23,26).

Simone di Cirene avrebbe preferito tornare a casa, dalla sua famiglia, quel giorno. Si trova invece a portare la croce insieme a quello sconosciuto. Anche se il momento per lui è inopportuno accetta ed obbedisce a quell’ingrato compito che cambierà la sua vita e quella della sua famiglia.

L’obbedienza è un tratto costitutivo del cristiano: non si lascia spostare dal primo vento che soffia su di lui, ma è obbediente a Dio e alla sua Parola.

L’obbedienza è lo stile della Sacra Famiglia: in ogni circostanza della sua vita, Giuseppe seppe pronunciare il suo “fiat”, come Maria nell’Annunciazione e Gesù nel Getsemani. Giuseppe, nel suo ruolo di capo famiglia, insegnò a Gesù ad essere sottomesso ai genitori (cfr Lc 2,51), secondo il comandamento di Dio (cfr Es 20,12). Nel nascondimento di Nazaret, alla scuola di Giuseppe, Gesù imparò a fare la volontà del Padre. Tale volontà divenne suo cibo quotidiano (cfr Gv 4,34). Anche nel momento più difficile della sua vita, vissuto nel Getsemani, preferì fare la volontà del Padre e non la propria e si fece «obbediente fino alla morte […] di croce» (Fil 2,8). Per questo, l’autore della Lettera agli Ebrei conclude che Gesù «imparò l’obbedienza da ciò che patì» (5,8). (PC)

Cantiamo insieme: Noi ti preghiamo, uomo della croce, Figlio e fratello, noi speriamo in te.

Noi ti preghiamo, uomo della croce, Figlio e fratello, noi speriamo in te

SESTA STAZIONE La Veronica asciuga il volto di Gesù Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo. Perché con la Tua santa croce hai redento il mondo.

Parola di Dio

«Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per potercene compiacere. Disprezzato e reietto dagli uomini» (Is 53,2-3).

E’ commovente e consolante il gesto della Veronica che si prende cura, anche se per un istante, del volto Santo di Cristo. In quel momento il volto della Veronica rappresenta tutti i volti che il Signore ha incontrato e di cui si è preso cura. Sì, perché l’amore ritorna!Nel volto della Veronica Gesù intravede il volto di Zaccheo, del lebbroso, della samaritana, di Lazzaro, Marta e Maria, dei suoi discepoli, anche di Giuda…

Le mani delicate della Veronica sono le mani che il figlio di Dio ha stretto nei suoi miracoli. Ora si compie il miracolo del dono di sé: Gesù offre il suo volto per tutti i volti sofferenti. In questa offerta intravediamo la logica di S.Giuseppe. La felicità di Giuseppe non è nella logica del sacrificio di sé, ma del dono di sé. Non si percepisce mai in quest’uomo frustrazione, ma solo fiducia. Il suo persistente silenzio non contempla lamentele ma sempre gesti concreti di fiducia. Il mondo ha bisogno di padri, rifiuta i padroni, rifiuta cioè chi vuole usare il possesso dell’altro per riempire il proprio vuoto; rifiuta coloro che confondono autorità con autoritarismo, servizio con servilismo, confronto con oppressione, carità con assistenzialismo, forza con distruzione. (PC)

Preghiamo insieme: Grazie Gesù perché ci dai l’opportunità di apprezzare il gesto di questa donna coraggiosa, che Ti viene incontro per donarti un temporaneo sollievo, per asciugare il tuo volto e i tuoi occhi, perché Tu veda meglio le debolezze del genere umano. Ti offriamo l’operato di quanti, nel tuo nome, si fanno “Veroniche” lungo le strade tortuose di questo mondo. Amen.

(5)

SETTIMA STAZIONE Gesù cade per la seconda volta

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo. Perché con la Tua santa croce hai redento il mondo.

Parola di Dio «Abbiamo un Sommo Sacerdote che sa compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, come noi, escluso il peccato» (Eb 4,15).

Il figlio del falegname cade ancora una volta, schiacciato dal peso della croce. Ma non si arrende, si rialza!

Se la prima tappa di ogni vera guarigione interiore è accogliere la propria storia, ossia fare spazio dentro noi stessi anche a ciò che non abbiamo scelto nella nostra vita, serve però aggiungere un’altra caratteristica importante: il coraggio creativo. Esso emerge soprattutto quando si incontrano difficoltà. Infatti, davanti a una difficoltà ci si può fermare e abbandonare il campo oppure ingegnarsi in qualche modo. Sono a volte proprio le difficoltà che tirano fuori da ciascuno di noi risorse che nemmeno pensavamo di avere.

Durante le sue cadute Gesù, insieme al dolore, forse ha continuato a sentirsi custodito da Giuseppe. Così ogni bisognoso, ogni povero, ogni sofferente, ogni moribondo, ogni forestiero, ogni carcerato, ogni malato sono “il Bambino” che Giuseppe continua a custodire. Ecco perché San Giuseppe è invocato come protettore dei miseri, dei bisognosi, degli esuli, degli afflitti, dei poveri, dei moribondi. Ed ecco perché la Chiesa non può non amare innanzitutto gli ultimi, perché Gesù ha posto in essi una preferenza, una sua personale identificazione.

Diciamo insieme: Rialzaci, Signore!

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Quando il peccato ci fa toccare il fondo…

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Quando perdiamo la speranza…

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Quando la solitudine rende tutto più pesante…

OTTAVA STAZIONE Gesù parla alle donne di Gerusalemme

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo. Perché con la Tua santa croce hai redento il mondo.

Parola di Dio «Lo seguiva una gran folla di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Gesù, voltandosi verso le donne, disse: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli... Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?”» (Lc 23,27-31).

Gesù, il Figlio, incontrando le donne di Gerusalemme si fa padre per loro e le consola. Maestro per lui nell’arte della paternità è stato sicuramente Giuseppe. Essere padri significa introdurre il figlio all’esperienza della vita, alla realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze. Forse per questo, accanto all’appellativo di padre, a Giuseppe la tradizione ha messo anche quello di “castissimo”. Non è un’indicazione meramente affettiva, ma la sintesi di un atteggiamento che esprime il contrario del possesso. La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. Solo quando un amore è casto, è veramente amore.

L’amore che vuole possedere, alla fine diventa sempre pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelici. Dio stesso ha amato l’uomo con amore casto, lasciandolo libero anche di sbagliare e di mettersi contro di Lui. La logica dell’amore è sempre una logica di libertà, e Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera. Non ha mai messo sé stesso al centro. Ha saputo decentrarsi, mettere al centro della sua vita Maria e Gesù. (PC)

Anche Gesù in questo momento della Passione si decentra e non mette al centro se stesso, ma quelle donne in lacrime, consolandole.

Cantiamo insieme: Noi ti preghiamo, uomo della croce, Figlio e fratello, noi speriamo in te.

Noi ti preghiamo, uomo della croce, Figlio e fratello, noi speriamo in te

(6)

NONA STAZIONE Gesù cade per la terza volta

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo. Perché con la Tua santa croce hai redento il mondo.

Parola di Dio «Se facendo il bene sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. Anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme» (1 Pt 2,20-21).

Anche la strada della Santità è fatta di cadute!Essere santi non significa non aver sbagliato mai. La vita dei santi è una prova concreta che è possibile vivere il Vangelo. Gesù ha detto: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29) ed essi a loro volta sono esempi di vita da imitare.

San Paolo ha esplicitamente esortato: «Diventate miei imitatori!» (1 Cor 4,16). Pietro sottolinea che Cristo ci ha lasciato un esempio, anche nella sofferenza, perché ne seguiamo le orme. San Giuseppe lo dice attraverso il suo eloquente silenzio. Davanti all’esempio di tanti Santi e di tante Sante, Sant’Agostino si chiese: «Ciò che questi e queste hanno potuto fare, tu non lo potrai?». E così approdò alla conversione definitiva esclamando: «Tardi ti ho amato, o Bellezza tanto antica e tanto nuova!». Non resta che implorare da San Giuseppe la grazia delle grazie: la nostra conversione. In questo modo anche le nostre cadute diventeranno un punto di per rialzarci e cambiare rotta.

Preghiamo insieme: Donaci, o Gesù, la forza di combattere i dubbi che attanagliano la nostra mente e non ci fanno credere fermamente in Te. Aumenta la nostra fede con la forza della preghiera e dell’ascolto di Te, che sei la Parola di Dio vivente. Amen.

DECIMA STAZIONE Gesù è spogliato delle vesti

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo. Perché con la Tua santa croce hai redento il mondo.

Parola di Dio «I soldati si spartirono le sue vesti tirandole a sorte. La tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: “Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca”» (Mt 27,34-35; Gv 19,23-24).

Se dici “Giuseppe” nella Sacra Scrittura viene subito in mente anche il figlio di Giacobbe. Se parli poi della tunica tolta a Gesù prima della crocifissione, come non pensare a quella tolta e insanguinata dai fratelli dello stesso Giuseppe dell’Antico testamento?!

La fiducia del popolo cristiano in San Giuseppe è riassunta nell’espressione “Ite ad Ioseph”, che fa riferimento al tempo di carestia in Egitto quando la gente chiedeva il pane al faraone ed egli rispondeva: «Andate da Giuseppe; fate quello che vi dirà» (Gen 41,55). Si trattava di Giuseppe figlio di Giacobbe, che fu venduto per invidia dai fratelli (cfr Gen 37,11-28) e che – stando alla narrazione biblica – successivamente divenne vice-re dell’Egitto (cfr Gen 41,41-44). Come discendente di Davide (cfr Mt 1,16.20), dalla cui radice doveva germogliare Gesù secondo la promessa fatta a Davide dal profeta Natan (cfr 2 Sam 7), e come sposo di Maria di Nazaret, San Giuseppe è la cerniera che unisce l’Antico e il Nuovo Testamento. (PC)

Sia Giuseppe dell’AT che quello del NT hanno in comune un cuore che sa provare tenerezza. Gesù ha visto la tenerezza di Dio in Giuseppe: «Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono» (Sal 103,13).

Diciamo insieme: Rivestici di te, Signore!

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Quando ci vergogniamo di quello che siamo …

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Quando abbiamo paura degli ostacoli della vita…

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Quando riempiamo la vita di cose superflue…

(7)

UNDICESIMA STAZIONE Gesù è inchiodato sulla croce

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo.Perché con la Tua santa croce hai redento il mondo.

Parola di Dio «Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra» (Lc 23,33).

La storia della salvezza si compie «nella speranza contro ogni speranza» (Rm 4,18) attraverso le nostre debolezze. Troppe volte pensiamo che Dio faccia affidamento solo sulla parte buona e vincente di noi, mentre in realtà la maggior parte dei suoi disegni si realizza attraverso e nonostante la nostra debolezza. È questo che fa dire a San Paolo: «Affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l'allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: “Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”»

(2 Cor 12,7-9). Se questa è la prospettiva dell’economia della salvezza, dobbiamo imparare ad accogliere la nostra debolezza con profonda tenerezza. Giuseppe avrà sentito certamente riecheggiare nella sinagoga, durante la preghiera dei Salmi, che il Dio d’Israele è un Dio di tenerezza, che è buono verso tutti e «la sua tenerezza si espande su tutte le creature» (Sal 145,9).

Cantiamo insieme: Noi ti preghiamo, uomo della croce, Figlio e fratello, noi speriamo in te.

Noi ti preghiamo, uomo della croce, Figlio e fratello, noi speriamo in te

DODICESIMA STAZIONE Gesù muore sulla croce

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo. Perché con la Tua santa croce hai redento il mondo.

Parola di Dio «Gesù, gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. E, chinato il capo, spirò» (Lc 23,46; Gv 19,30).

Silenzio

Preghiamo insieme: O Gesù, volgo il mio povero sguardo a Te che sei morto in croce, divenuta con Te il segno più evidente di un amore immenso e condiviso. Fa’ che dall’albero della croce sorgano tempi di vita e di risurrezione per tutti gli uomini di questo mondo. Possa la croce non essere più simbolo di morte e di violenza, a causa di un cuore senza amore. Amen.

(8)

TREDICESIMA STAZIONE Il corpo di Gesù è deposto dalla croce

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo. Perché con la Tua santa croce hai redento il mondo.

Parola di Dio «Dopo questi fatti, Giuseppe d’Arimatea... chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù» (Gv 19,38).

S.Giuseppe accoglie tra le sue braccia il piccolo Gesù appena nato, Giuseppe d’Arimatea prende tra le braccia il corpo senza vita di Gesù di Nazaret.

Il nome Giuseppe significa: “Dio accresca, aumenti”. Giuseppe vide crescere Gesù giorno dopo giorno «in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52). Come il Signore fece con Israele, così egli “gli ha insegnato a camminare, tenendolo per mano: era per lui come il padre che solleva un bimbo alla sua guancia, si chinava su di lui per dargli da mangiare” (cfr Os 11,3-4). (PC) Giuseppe d’Arimatea si è fatto strumento delle mani di Dio deponendo il Figlio nella sua tomba. Lì Dio non muore, ma cresce e aumenta nella pienezza di vita, nella risurrezione.

Nel cuore di questo Giuseppe le Parole seminate dal Maestro attecchiscono come un seme che muore per portare frutto. Da ascoltatore diventa discepolo! Da impaurito si fa coraggioso! Da incostante diventa fedele! Sia così anche per la nostra fede, spesso incerta e titubante.

Diciamo insieme: Ascoltaci, Signore!

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Rendici testimoni credibili del tuo amore…

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Mostraci la gioia senza tramonto…

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Illumina sempre il nostro volto con la tua benedizione…

QUATTORDICESIMA STAZIONE Il corpo di Gesù è posto nel sepolcro Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo. Perché con la Tua croce hai redento il mondo

Parola di Dio «Avvolse il corpo di Gesù in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era ancora stato deposto» (Lc 23,52-53).

La “buona notizia” del Vangelo sta nel far vedere come, nonostante la prepotenza e la violenza dei dominatori terreni, Dio trovi sempre il modo per realizzare il suo piano di salvezza. Anche la nostra vita a volte sembra in balia dei poteri forti, ma il Vangelo ci dice che ciò che conta, Dio riesce sempre a salvarlo, a condizione che usiamo lo stesso coraggio creativo del carpentiere di Nazaret, il quale sa trasformare un problema in un’opportunità, anteponendo sempre la fiducia nella Provvidenza. Se certe volte Dio sembra non aiutarci, ciò non significa che ci abbia abbandonati, ma che si fida di noi, di quello che possiamo progettare, inventare, trovare.

Alla fine di ogni vicenda che vede Giuseppe come protagonista, il Vangelo annota che egli si alza, prende con sé il Bambino e sua madre, e fa ciò che Dio gli ha ordinato (cfr Mt 1,24; 2,14.21). In effetti, Gesù e Maria sua Madre sono il tesoro più prezioso della nostra fede. Nel piano della salvezza non si può separare il Figlio dalla Madre, da colei che «avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce».

Giuseppe anche ora protegge la Chiesa e continua a proteggere il Bambino e sua madre: anche noi amando la Chiesa, continuiamo ad amare “il Bambino e sua madre”.

Cantiamo insieme: Noi ti preghiamo, uomo della croce, Figlio e fratello, noi speriamo in te.

Noi ti preghiamo, uomo della croce, Figlio e fratello, noi speriamo in te.

(9)

Preghiera a San Giuseppe Salve, custode del Redentore, e sposo della Vergine Maria.

A te Dio affidò il suo Figlio;

in te Maria ripose la sua fiducia;

con te Cristo diventò uomo.

O Beato Giuseppe, mostrati padre anche per noi, e guidaci nel cammino della vita.

Ottienici grazia, misericordia e coraggio, e difendici da ogni male. Amen.

BENEDIZIONE Canto finale

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