• Non ci sono risultati.

CAMPO BASE 24H

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "CAMPO BASE 24H"

Copied!
75
0
0

Testo completo

(1)CAMPO BASE 24H.

(2) CAMPO BASE 24H La stazione incompiuta di nella rete delle popolazioni. Tesi di Laurea Magistrale in Architettura Lorenzo Avigo - 874431 Relatore: Luca Basso Peressut Correlatori: Francesca Danesi, Cristina F. Colombo, Matteo Sacchetti AA. 2018-2019 Scuola di Architettura, Urbanistica e Ingegneria delle Costruzioni Politecnico di Milano. San Cristoforo in movimento.

(3) Un (nuovo) nomadismo è arrivato oggi a permeare la maggior parte degli aspetti del mondo contemporaneo. Anche se la mobilità è parte della storia umana, solo oggi le figure coinvolte sono arrivate a rappresentare una parte consistente e crescente della popolazione mondiale. Come constata Z. Bauman, nomadismi volontari e non, fermo restando la profonda differenza che separa i due tipi di esperienza, rappresentano la stessa realtà che globalmente coinvolge l’economia, la produzione, i processi sociali e culturali. Tutti partecipano dell’etica e della cultura nomadi: il viaggio costituisce l’essenza della loro esistenza.. A (new) nomadism has arrived today to permeate most aspects of the contemporary world. Although mobility is part of human history only today the figures involved have come to represent a significant and growing amount of the world’s population. As Z. Bauman notes, voluntary and non-voluntary nomadisms, without prejudice to the profound difference that separates the two types of experience, represent the same reality that globally involves the economy, production, social and cultural processes. Everyone participates in nomadic ethics and culture: the journey is the essence of their existence.. Le nuove possibilità di movimento generate dallo sviluppo delle tecnologie dei trasporti ampliano in maniera esponenziale il territorio, che costituisce il nostro spazio di vita, e ci consentono di accedere a una mobilità che giorno per giorno diviene condizione necessaria per l’integrazione degli individui nei nuovi stili di vita.. The new possibilities of movement generated by the development of transport technologies expand exponentially the territory, which constitutes our living space, and allow us to access a mobility that day by day becomes a necessary condition for the integration of individuals in the new lifestyles.. In questo scenario mutevole della metropoli, il cittadino tende ad assumere connotati di mobilità spaziale e temporale sempre più dinamici e fluttuanti, sempre meno legati a modelli di insediamento definitivi ma proiettati verso un atteggiamento “nomadico”, tanto fisico quanto disciplinare, e ciò avviene nonostante l’essere umano sia ancora caratterizzato da un forte bisogno d’identità e appartenenza. Oggi si assiste ad un vero e proprio consumo della città, ad ondate di individui dalla mobilità zizgzagante che entrano ed escono dalle città per fruire di servizi culturali, specialistici , per partecipare a grandi eventi, per lavoro o per gestire affari, per intrattenere relazioni, per pura flânerie. La città, che è un oggetto stabile e progettato e simultaneamente plastico e mutabile, plasmato dalle pratiche sociali delle popolazioni urbane e dai diversi ritmi d’uso, è il luogo di eventi transitori, memorie, di incontro ( e scontro) tra crescenti popolazioni in movimento e abitanti. Essa cambia fisionomia per organizzare al meglio il nomadismo quotidiano e si orienta verso ideali di mobilità e flessibilità, ibridazione. Partendo da tali considerazioni, il progetto si inserisce all’interno dello scheletro dell’incompiuto ampliamento della stazione di San Cristoforo, ripensando lo scarto di un’infrastruttura all’interno di un grande vuoto urbano che rappresenta un’area di futuro sviluppo urbanistico di Milano, porta di accesso meridionale alla città e margine tra l’urbanizzato e il parco agricolo sud. L’edificio si articola in una serie di volumi concatenati e attraversabili che occupano l’interno della struttura esistente come un parassita. Gli spazi sono organizzati senza una definizione funzionale rigida, articolati tra interno e esterno in base ad un gradiente da collettivo ad individuale. La flessibilità spaziale e temporale, permette diverse possibili funzioni e asseconda i bisogni e i ritmi d’uso degli utenti. L’edificio si costituisce come “campo base” per le popolazioni in movimento nella città, punto di incontro, di scambio e convivenza tra abitanti temporanei e stanziali, aperto a diversi modi di abitare lo spazio e di occuparlo nel tempo.. abstract. In this changing scenario of the metropolis, the citizen tends to assume increasingly dynamic and fluctuating spatial and temporal mobility connotations, less and less linked to definitive settlement models but projected towards a “nomadic” attitude, both physical and disciplinary, and this takes place despite the Human being is still characterized by a strong need for identity and belonging. Today we are witnessing a real consumption of the city, to waves of individuals with zizgzagante mobility that enter and leave the city to benefit from cultural, specialized services, to participate in major events, for work or to manage business, to entertain relationships, for pure flânerie. The city, which is a stable and planned object and simultaneously plastic and changeable, shaped by the social practices of urban populations and by the different rhythms of use, is the place of transitory events, memories, of meeting (and confrontation) between growing populations in movement and inhabitants. It changes its appearance to better organize everyday nomadism and is oriented towards ideals of mobility and flexibility, hybridization. Starting from these considerations, the project fits within the skeleton of the unfinished extension of the San Cristoforo station, rethinking the rejection of an infrastructure within a large urban void that represents an area of ​​future urban development in Milan, southern gateway to the city and margin between the urbanized and the southern agricultural park. The building is divided into a series of linked and traversable volumes that occupy the interior of the existing structure like a parasite. Spaces are organized without a rigid functional definition, articulated between inside and outside based on a collective to individual gradient. Spatial and temporal flexibility, allows different possible functions according to users’ needs and rhythms of use. The building is constituted as a “base camp” for the populations in motion in the city, a meeting point, a place of exchange and coexistence between temporary and permanent inhabitants, open to different ways of living space and occupying it over time..

(4) indice. 10 12 16 20. Verso un nuovo nomadismo Essere liquidi e leggeri Architettura e nomadismo. Nomadismo utopico. Il contributo italiano. 28. Città ludica. New Babylon. 36 44. La città nel secolo debole Popolazioni urbane in movimento. City users. Flaneurs 2.0. Nomadi digitali. 62 68 72 76. 6. Nomadi dalla nascita. Abitare temporaneo Milano in numeri Milano degli scarti. Mappatura Area di Progetto. Lo scheletro. Il progetto della stazione ieri e oggi. Il quartiere. Milano 2030. 105. Progetto. Bibliografia e sitografia 7.

(5) Nomadi dalla nascita. Dopo 100.000 anni dalla comparsa dell’homo sapiens ancora il 90% degli uomini erano nomadi cacciatori e raccoglitori. Tale percentuale è andata crollando nel tempo, i nomadi (in senso stretto, culturale) all’alba della scoeprta dell’America erano l’l % della popolazione, lo 0,001 % nel 1970, lo 0,0003 % dei 7 miliardi di esseri umani oggi 1.. “I nomadi hanno inventato l’essenziale: il fuoco, la caccia, le lingue, l’agricoltura, l’allevamento, i calzari, le vesti, gli strumenti, i riti, l’arte, la pittura, la scultura, la musica, il calcolo, la ruota, la scrittura, la legge, il mercato, la ceramica, la lavorazione dei metalli, l’equitazione, il timone, la marina, Dio, la democrazia. Agli stanziali che verranno, e anzitutto a Roma, lasciano l’invenzione dello Stato, delle imposte, della prigione, del risparmio, poi del fucile e della polvere da sparo.” Jacques Attali, L’uomo nomade. Introducendo il discorso sull’abitare temporaneo e le forme del nomadismo è utile anticipare una breve introduzione antropologica, ripercorrendo sinteticamente il tema nel corso della nostra evoluzione, cercando di capire quali fattori hanno portato allo sviluppo del fenomeno sotto nuove forme. Il termine nomade ha assunto oggi un significato molto ampio ed è utilizzato per indicare numerosi individui, dagli ultimi superstiti di antiche popolazioni, a marinai e pellegrini, da mendicanti e senzatetto fino a turisti, utenti di internet e navigatori virtuali, passando per migranti, rifugiati politici, esploratori, artisti e circensi. L’appartenenza di queste persone a categorie estremamente differenziate trova il suo punto comune nel viaggio, da intendere come elemento centrale della loro vita. sono accomunati dalla vicinanza e dall’inevitabile rapporto con gli “stanziali”, persone che abitualmente risiedono in luogo fisso e che, in molti casi, ne temono la diversità. La stanzialità negli ultimi secoli è stato il tratto distintivo delle società occidentali. Eppure non è che una piccola parentesi nella storia umana. L’uomo come viaggiatore si è evoluto ed ha scoperto o inventato ciò che oggi costituisce il substrato di tutte le civiltà: fuoco, linguaggio, arte, scrittura, musica, agricoltura, navigazione e perfino religione e democrazia. Per circa sei milioni di anni gli antropoidi hanno vissuto in viaggio, nella precarietà e nell’incertezza, spinti dalla sopravvivenza. L’evoluzione fisica e culturale è avvenuta grazie a questo continuo e necessario movimento. Allo stesso modo mitologie, riti e religioni sono resistiti solo in quanto capaci di dare un senso al viaggio. 8. La storia degli ultimi 5000 anni ci è nota quasi esclusivamente attraverso i racconti degli stanziali, per questo è stata spesso interpretata in maniera etnocentrica come una successione di nazioni “civili” contro “orde di barbari” invasori dato che la politeia connessa alla stanzialità è vista come sviluppo massimo della società. In Occidente la stanzialità prende definitivamente il sopravvento con l’impero romano, benchè la sua grandezza fosse basata su esplorazioni, conquiste e mobilità. Nel XII secolo compare per la prima volta in Occidente, la figura del nomade urbano: mercanti alla deriva, schiavi in rivolta, servi della gleba, individui ai margini della società, che viaggiano da una città all’altra cercando di sopravvivere. Il feudalesimo agricolo medievale rappresenta la forma più chiusa di stanzialità, che rimane caratteristica dominante della società fino al XV quando la scoperta dell’America e l’era delle grandi esplorazioni allargono notevolmente i confini del mondo conosciuto. Il nomadismo mercantile porta a partire dalla metà del XVII secolo ad una prima mondializzazione, con il progresso tecnologico dei trasporti, di cui il transatlantico e la locomotiva ne sono i simboli. Il nomadismo americano è incarnato dalla figura del cowboy, che rappresenta idealmente la libertà e vive di leggi proprie, e del hobo, lavoratore agricolo occasionale, migrante e spesso clandestino, che attraversa il paese sulla rete ferroviaria in cerca di lavoro, figura molto vicina al nomadismo urbano contemporaneo. L’industrializzazione europea dell’ 800 apre a nuovi flussi legati al lavoro saltuario precario operaio, generando una massa di lavoratori mobili, per i quali i concetti di famiglia, stabilità e patria sono molto sfumati. Dalla metà del XIX secolo la mobilità si associa ai concetti di velocità, libertà, solitudine. Il nomadismo conosce una nuova prosperità, soluzione per sfuggire alla noia e alla routine. Con la nascita del turismo come abitudine della classe borghese, si ha una definitiva separazione fra nomadi elitari e nomadi della necessità. Invenzioni fondamentali come l’automobile, il telegrafo e il telefono nel XX secolo annunciano una proliferazione della mobilità urbana. L’ internazionalizzazione delle imprese conduce alla mobilità di merci e dipendenti a scala mondiale, che riprende dopo il periodo buio dei totalitarismi europei e del protezionismo americano (qui in particolare fiorisce la Beat generation, i cui anti-eroi sono nomadi urbani, intellettuali viaggiatori). Nel 2019 sono 4,5 miliardi le persone che si sono spostate in aereo, raddoppiate in 10 anni, e si prevede un costante aumento. Il nomadismo temporaneo legato al 9.

(6) turismo coinvolge un miliardo di persone e rappresenta un decimo della produzione di ricchezza mondiale. La città si adatta sempre di più ad habitat del nomade urbano, che si sposta quotidianamente nelle diverse aree cittadine, trovando nella strada e nei luoghi pubblici valori superiori che nella casa. Oggi più di 500 milioni di persone possono essere considerate nomadi del lavoro o della politica: gli immigrati, i rifugiati, gli espatriati, i senza fissa dimora e i migranti di ogni sorta. Più di un miliardo di persone viaggia ogni anno per piacere o per obbligo. Ogni anno, 10 milioni di persone espatriano: questo, da qui a cinquant’anni, potrà indurre più di 1 miliardo di individui a vivere fuori del paese natale 2. Questa nuova erranza diffusa riflette il desiderio di libertà di circolazione dell’uomo del terzo millennio, del nomade creativo, del lavoro o dello studio, ma testimonia anche la consistente crescita del nomadismo per necessità, dovuto a condizioni di povertà, effetti dei cambiamenti climatici, catastrofi naturali, guerre e carestie. I numeri sono i più alti mai registrati: a fine 2018 sono 70,8 milioni le persone in tutto il mondo costrette a fuggire dal proprio paese, di queste circa 25,9 sono rifugiati 3 .. Adrian Paci, Home to go, 2001. -------------------------------------------------------------------------------------------1 2 3. U. Fabietti; Mondi in movimento. Dal nomadismo delle origini a quello globale, Dialoghi sull’uomo, Pistoia, 2015. J. Attali, L’uomo nomade, Spirali, Milano, 2006 Dati UNHCR 2018 (fonte: www. UNHCR.it). 10. 11.

(7) Verso un nuovo nomadismo. “Imprimere al divenire il carattere dell’essere è una suprema prova di potenza” Nietzsche. organizzate tornano a muoversi per il mondo e tutto ciò non è affatto cosciente nei suoi attori, si tratta di un fenomeno silenzioso. E’ la tendenza generale di un’epoca che si fonda sull’erranza, che offre un approccio all’altro e al mondo meno aggressivo, più affettuoso e più ludico. L’uomo moderno è intimamente intriso dalla spinta all’errare, in quanto mette in atto migrazioni giornaliere (come quelle del lavoro e del consumo), migrazioni stagionali (turismo) e mobilita’ sociale (massicci spostamenti di popoli causati dalle disparità economiche). Tutto ciò nasconde dietro di sé un istinto all’avventura. La tecnostruttura, internet, l’aereo e le reti elettroniche sono diventate un modo per trasgredire la morale comune, di avventurarsi, nel bene e nel male, in nuove esperienze scientifiche, culturali, sessuali e religiose, pungolando ulteriormente l’immobilismo della società moderna, un nomadismo che non è solo fisico ma anche culturale, disciplinare. Il desiderio d’erranza è spinta di libertà dai meccanismi della divisione del lavoro ed esprime la necessita’ dell’ozio, l’importanza della vacuità e del non-fare.. Secondo una tesi promossa da molti sociologi, come Attali, Maffesoli ma anche Augè e Bauman, le società postmoderne sono segnate da un processo di nomadizzazione, che si orienta verso nuove forme di mobilità degli individui. Il paradosso è il carattere distintivo dei momenti della storia in cui il nuovo fa fatica ad affermarsi sul vecchio, sui valori stabiliti. Anche nella nostra epoca è evidente tale situazione. Il benessere si diffonde ma polarizza, dall’altra parte la difficoltà di vivere resiste, alla fiducia crescente nel futuro si contrappone un diffuso sentimento di insicurezza. Maffesoli individua la causa del “dramma contemporaneo” nel desiderio d’erranza che tende a contrastare l’obbligo di residenza prevalso durante tutto l’arco della modernità. Ora che il mito del progresso infinito si è saturato, arriva prepotente quello dell’effervescenza dionisiaca: di fronte a una società che afferma di essere perfetta e piena, si manifesta la necessità del vuoto, dell’immateriale. La modernità si è impegnata a far entrare tutto dei ranghi, a codificare e a identificare, ad assegnare a tutto una residenza non c’è da sorprendersi se, a fronte di questa saturazione, i sentimenti di appartenenza, cittadinanza e responsabilità appaiano sempre più attenuati. Con l’avvento della sedentarietà, la nascita di villaggi, comunità poi comuni, stati e nazioni, il nomadismo è diventato totalmente antitetico alla forma dello stato moderno, che immobilizza le masse con un organizzazione meccanica e razionale della società con lo scopo di dominarle. L’ideale del potere è l’assoluta immobilizzazione. La società può girare come un buon meccanismo, oppure guastarsi. La nostra società, infatti, si è inceppata. l’immobilità mostra i suoi segni di cedimento e la circolazione riprende: hippies, poeti, giovani sbandati e turisti intrappolati nelle vacanze 12. Nella città contemporanea l’esistenza non è più centrata su un’identità comunitaria, prevale l’eterogeneità, il sentimento di appartenenza di un individuo è più tribale che nazionale e si differenzia secondo consumi, interessi, lifestyle, tutto ciò che offre la possibilità di far sentire insieme ed essere insieme un determinato gruppo di persone 4 . Il movimento è infatti elemento dominante nel nuovo millennio, sia sul piano antropologico che su quello sociale. Le città si espandono e cambiano rapidamente fisionomia, per organizzare al meglio il nomadismo quotidiano di migliaia di abitanti; il mercato del lavoro ha come caratteristica la flessibilità, che mira alla formazione di un nomadismo delle professionalità e degli impieghi. Nel contempo, la tecnologia agevola gli aspetti nomadi del quotidiano, accrescendone le potenzialità attraverso nuovi strumenti quali smartphone e internet, che permettono un rapido accesso alle informazioni, che circolano a velocità mai conosciute. Tutto concorre alla formazione di una nuova figura di nomade urbano, che abbandonata la casa come luogo privilegiato della sua esistenza, si proietta verso un esterno mutevole. La tecnologia di largo consumo è al centro di tale nomadismo individuale; consente di lavorare, divertirsi, informarsi, intrattenere relazioni (tutte attività tipicamente sedentarie) in movimento, spostando continuamente la residenza nel luogo in cui di volta in volta, per un tempo variabile, ci si trovi a sostare. Il ritorno al nomadismo, secondo Jacques Attali, porta ad un’inedita classificazione delle categorie sociali, per cui gli individui si dividono in infranomadi, sedentari e nomadi volontari.. 13.

(8) Altro principio fondante del nomadismo è la deterritorializzazione, come rifiuto della stanzialità definitiva su un territorio specifico.. Nel primo gruppo, oltre ai nomadi per tradizione, vengono inseriti tutti coloro ai quali il movimento e lo sradicamento sono imposti dalla necessità: i senzatetto, i lavoratori migranti, i rifugiati politici, i commessi viaggiatori. Nel secondo, ci sono tutti quelli la cui attività o le cui scelte ostacolano la partecipazione al nomadismo contemporaneo: i commercianti, gli impiegati pubblici, i dipendenti di imprese con base locale, gli artigiani, i bambini e gli anziani. Nel terzo gruppo, infine, le persone che dominano il nomadismo e ne fanno il proprio orizzonte personale e professionale: i dirigenti pubblici e privati, i professionisti in ogni settore, gli scienziati, i tecnici e i ricercatori, gli sportivi, gli artisti, i turisti; si tratta di soggetti che trovano nello spostamento continuo la condizione privilegiata per diffondere e mettere a frutto le proprie conoscenze, idee, capacità fisiche o intellettuali 5.. Tutto lo spazio a disposizione, cioè il mondo, è un possibile campo d’azione dei nuovi nomadi. Il termine deterritorializzazione indica una progressiva e generalizzata perdita di rilevanza della localizzazione di un territorio, sia per quanto riguarda le attività che per le relazioni umane. E’ un fenomeno che porta gli uomini ad allacciare legami non più in base ai confini nazionali ma in relazione a interessi comuni. L’appartenere a nessun luogo e il conseguente sradicamento non è più patologia ma fisiologia del gruppo sociale. Questo modus vivendi non può che entrare in conflitto con la struttura territoriale e statale dei sistemi vigenti. Politica, giustizia, sanità, istruzione, sono tasselli che compongono il sostrato della società attuale, efficienti esclusivamente in contesti di stanzialità o radicamento a un territorio definito da frontiere. Questa incompatibilità non a caso, porta storicamente a lotte e incomprensioni tra stanziali e nomadi, che vengono discriminati dai sistemi statali sedentari, considerati ospiti indesiderati o veri e propri nemici, ghettizzati ove non assimilati 6.. L’uomo contemporaneo conduce già una vita parzialmente nomade, distinta da rapidi spostamenti e capacità di interconnessione. La stabilità tipica della sedentarietà sta diventando nelle grandi metropoli sempre più marginale e la società stanziale vede segni di declino, mentre l’incertezza è il sentimento più diffuso. E’ l’analisi del nomadismo tradizionale ed antico, che ancora riesce a sopravvivere in molte aree del pianeta, che può farci comprendere il possibile scenario della futura condizione urbana. Il nomade, anzitutto, non accumula; contrariamente a ciò che l’uomo stanziale ha sempre cercato di fare, utilizza e trasmette soltanto oggetti anch’essi nomadi: conoscenze, racconti mitici, il fuoco, le tecniche. Utensili e abitazioni vengono fabbricati di volta in volta e a ciò che potrebbe ostacolare lo spostamento non viene dato valore. Allo stesso modo, il nomade urbano di oggi, vivendo la realtà dei consumi, inizia a prenderne le distanze, in un processo di avanzamento che lo porta a comprendere che il bene più importante sono le informazioni, le conoscenze e le tecniche di cui dispone; l’epoca economica in cui il profitto è legato alla produzione di cose e di beni materiali sta per essere superata, a favore della produzione e del commercio di idee. Non è più importante il prodotto, ma le informazioni che possono essere scambiate per la sua possibile realizzazione. In secondo luogo, il nomade conosce e concepisce l’ambiente che lo circonda attraverso i suoi spostamenti; il viaggio è l’essenza del nomadismo e della sua condizione terrena. Agli occhi del nomade il mondo è dato dall’intreccio delle vie e delle strade che percorre, piene di corrispondenti insidie e promesse. Il labirinto è il simbolo universalmente riconosciuto di questo nomadismo costellato da percorsi e incertezze. Metafora attuale è la rete virtuale, piena di analogie con il labirinto nomade: nasce dall’intreccio mutevole dei percorsi possibili per collegare luoghi, informazioni, idee e persone; offre una rappresentazione della realtà traslata in un universo fittizio, nel quale si può viaggiare. 14. -------------------------------------------------------------------------------------------4 5 6. M. Maffesoli, Del nomadismo. Per una sociologia dell’erranza, Franco Angeli, Milano, 2007 J. Attali, op. cit. F. Macioce, Globalizzazione e Nomadismo, centro studi TCRS, Università di Roma Tor Vergata, 2004. 15.

(9) Essere liquidi e leggeri. “Alcuni degli abitanti del mondo sono in perpetuo movimento; per tutti gli altri, è il mondo che si rifiuta di stare fermo”. Zygmunt Bauman, Modernità liquida. Il termine modernità liquida, coniato dal filosofo Z. Bauman, è sempre più usato per descrivere la contemporaneità e i nuovi fenomeni socio-economici che stiamo vivendo. La modernità è oggi più simile ad un corpo liquido, perchè non è in grado di conservare la propria forma a lungo; come un fluido non fissa lo spazio ed è plasmata dal tempo. I fluidi viaggiano con estrema facilità e sono così associati all’idea di leggerezza, di variabilità e mobilità. Bauman vede tra le caratteristiche del presente la crisi degli Stati nazionali di fronte ai poteri delle forze supernazionali. Viene meno un’entità che garantiva agli individui una soluzione omogene ai problemi e ai conflitti della società e con essa vengono meno le ideologie, e in generale ogni comunità di valori che permetteva al singolo di sentirsi parte di qualcosa che ne interpretava i bisogni. Con la crisi del concetto di comunità emerge un individualismo sfrenato. Questo “soggettivismo” ha minato le basi della modernità, l’ha resa fragile, da cui una situazione in cui, mancando ogni punto di riferimento, tutto si dissolve in una sorta di liquidità, di relativismo. Centrale diventa l’autoaffermazione dell’individuo, libero di scegliere ed adottare i propri modelli di felicità ed un modus vivendi individuale, spesso degenerante nella spettacolarizzzazione, nell’apparire come valore, nel consumismo sempre più accelerato.. Tutto diventa “a tempo”: relazioni, lavori, oggetti, edifici. Viviamo in un mondo di flessibilità universale e privo di prospettive, una perpetua Unsicherheit che penetra tutti gli aspetti della vita individuale. In una situazione dove il lavoro è diventato a tempo e precario, risulta difficile il radicarsi di relazioni durature quali la famiglia in senso tradizionale. Così in un epoca di “legami deboli” prevale la coabitazione, la convivenza soggetta alla temporalità, più che il matrimoio tradizionale. Durante la modernità i costumi nomadi erano malvisti poiché la nozione di cittadinanza portava con se’ quello di insediamento mentre essere apolidi significava l’esclusione dalla comunità rispettosa dalla legge e da questa protetta, con conseguenti discriminazioni giuridiche. “ Se tutto ciò vale ancora per i senzatetto e per la variegata classe del “sottoproletariato” (…) l’epoca della incondizionata superiorità della sedentarietà sul nomadismo e il dominio del sedentario sul nomade, sta ormai giungendo rapidamente al termine. Oggi stiamo assistendo alla vendetta del nomadismo sul principio della territorialità e dell’insediamento. Nello stadio fluido della modernità, la maggioranza sedentaria è governata dall’élite nomade ed extraterritoriale” 7. Le persone che hanno maggiore possibilità di successo in una modernità in cui il rapporto tra spazio e tempo si è disgiunto sono quindi coloro per cui lo spazio non conta e la distanza non è un fastidio, persone dall’esistenza nomade, un insieme di tribù urbane fatte di giovani generazioni in un movimento globale e globalizzato 8. Il consumo è diventato la prerogativa dell’esistenza, ma non si tratta solo di prodotti mercificati. L’economia oggi è legata soprattutto a particolari processi di consumo collegati a servizi e beni immateriali, alle informazioni e alle attività creative e culturali delle industrie culturali. L’economia della conoscenza sostiene l’economia reale e svolge il ruolo di motore di innovazione e di integrazione nelle reti globali. A partire dalla fine degli anni ’70 infatti la ricchezza non viene più prodotta dalla sola industria manifatturiera, ma dal settore dei servizi, che si rivolge sia alle aziende che alle persone; in particolare da quelle attività intellettuali legate alla ricerca e alla creazione di nuove idee. La conseguenza di queste trasformazioni è che sono cresciute le occupazioni di tipo intellettuale e le categorie professionali ad alto reddito. Se infatti nel suo Stadio Pesante , il capitale era inchiodato al suolo quanto i lavoratori, oggi il capitale viaggia liberamente (…) può fermarsi ovunque e non è costretto a restare in alcun posto se non fino a quando gli aggrada, è extraterritoriale, volatile e volubile. Se prima la quantità, la dimensione era sinonimo di potere, oggi la grande trasformazione è verso l’incorporeità del lavoro intellettuale umano, principale fonte del capitale odierno 9 .. La modernità solida eleva la durata eterna a principale stimolo e principio operativo, la modernità fluida non le assegna alcuna funzione. Il breve periodo ha sostituito il lungo periodo ed eletto l’istantaneità, la velocità, il transitorio a propri ideali supremi. 16. 17.

(10) Le città hanno dovuto attrarre dunque queste nuove categorie di utenti crescendo di competitività e basando la propria attrattività sull’offerta di servizi sempre innovativi e all’avanguardia. La mobilità è una conseguenza insita nella società dei servizi poiché si tratta di una società basata sulla produzione di “conoscenza” sul know how e da sempre la conoscenza è considerata il carburante ideale per spingere le persone a muoversi, guidate dalla curiosità di entrare in contatto con luoghi, oggetti e persone prima sconosciuti.. René Magritte, Golconda, 1953. -------------------------------------------------------------------------------------------7 8 9. Z. Bauman, Modernità liquida, Laterza, Bari, 2002 A. Petrillo, Nomadismo il futuro dei territori., Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2011 Z. Bauman, op. cit.. 18. 19.

(11) Architettura e nomadismo. “L’edificio è mobile in quanto qualsiasi tipo di utilizzo da parte dell’utente o di un gruppo deve essere possibile e realizzabile” Yona Friedman, L’architettura mobile. nei suoi progetti: sollevare la casa dal terreno, agganciarla a una struttura centrale che la mantiene sospesa, alleggerire il suo peso e distribuire sempre più uniformemente le forze in tensione, rendere la casa mobile, ripieghevole e portatile, una sorta di “tenda ad alta tecnologia” in cui autonomia ed autosufficienza sono obiettivi fondamentali Il progetto pone le basi per la successiva Dymaxion deployment unit (DDU), commissionata a Füller dall’esercito statunitense e riprodotta in 200 esemplari facilmente smontabili, trasportati in tutto il mondo per scopi militari durante la Seconda Guerra.. L’architettura, nel mondo occidentale, è associata inconsciamente all’idea di sedentarietà. Le origini di questa visione coincidono con la nascita dei primi insediamenti umani e con il conseguente e graduale abbandono della vita nomade, quando caccia e raccolta, alla base della sopravvivenza, sono sostituiti progressivamente da agricoltura ed allevamento come forme primarie di sostentamento. Oggi pensare all’architettura solo sulla base del radicamento dell’uomo in un determinato luogo è restrittivo, la disciplina deve confrontarsi con i due bisogni umani fondamentali: abitare e spostarsi. L’impulso verso soluzioni abitative differenti è da ricercare nel rapido progresso della tecnologia, dei trasporti, dei materiali e non meno importante, dell’informazione, che ha distinto tutto il ‘900. Inoltre i tempi di guerra della prima metà del secolo hanno portato nuova spinta allo sviluppo di tecniche volte più alla praticità che all’estetica, dovute al bisogno di soluzioni abitative temporanee di rapida realizzazione. I primi prototipi di un’architettura mobile sono prodotti delle ricerche in campo militare, volte alla produzione di abitazioni adattabili a diversi contesti da destinare ai soldati al fronte. Uno dei primi ad esplorare il campo delle abitazioni mobili è l’inventore statunitense Buckminster Füller il cui scopo era la produzione di massa di case a basso costo. Nella Dymaxion House (1927), a strategia di Füller è legata a principi che si ripetono 20. Bukminster Füller, Dymaxion house, 1927. 21.

(12) E’ invece del 1944 il padiglione 6x6 di Jean Prouvè, la cui ricerca progettuale è espressione del rapporto tra architettura e costruzione, con la volontà di trasferire la tecnica dell’industria alla disciplina architettonica. Il progetto doveva dare una rapida risposta all’emergenza abitativa degli sfollati della Lorena. L’applicazione dei nuovi materiali e delle ricerche sulla prefabbricazione leggera in acciaio e in alluminio, permettono la realizzazione di un oggetto architettonico, facilmente montabile e all’occorrenza smontabile e trasferibile 10.. Nomadismo utopico. Con la fine del secondo conflitto mondiale riprendono le sperimentazioni, guidate da nuovi impulsi e dalla speranza di rinascita delle nazioni, in pieno clima di ricostruzione. E’ in questa fase storica che le ricerche verso un’architettura mobile e temporanea raggiungono l’apice, aprendo nuove prospettive sotto la spinta di un benessere economico in crescita. Da queste premesse nella metà degli anni ’60 nasce il concetto di cellula abitativa, come nuovo spazio organico modulare, che permette di vivere in qualsiasi contesto grazie alla sua adattabilità e rispecchia la visione di un tessuto urbano in continuo mutamento, secondo il principio dell’intercambiabilità. Il Metabolismo richiama il principio futurista secondo il quale la città moderna è una macchina dinamica costituita da parti mobili e variabili. L’estetica metabolista trova così uno sbocco naturale nella ricerca di capsule e cellule che si integrano a formare megastrutture. La megastruttura è un’organizzazione, quasi un organismo, che ammette gradi di libertà e si evolve nel tempo, senza perdere coerenza e riconoscibilità. E’ così possibile pensare ad una città vivente, metabolica, con una identità e una permanenza, che si adatta facilmente all’incessante transitare del mondo e delle merci, delle comunicazioni e al veloce cambiamento di costumi e abitudini 11.. J. Prouvé, Maison Démontable 6x6, 1944. -------------------------------------------------------------------------------------------10. Muovendosi con simili ideali, ma attraverso un approccio completamente differente, Yona Friedman nel 1959 propone per la prima volta la Ville Spatiale, un’ipotetica città realizzata su strutture tridimensionali sospese da piloni, in cui l’abitante può muovere liberamente la sua stanza nella trama della struttura. Friedman amplia in questo modo i principi dell’architettura mobile con l’idea di creare uno spazio urbano elevato, dove le persone possono vivere e lavorare in abitazioni progettate secondo il proprio gusto personale, attraverso metodi antesignani della moderna auto costruzione. La sua essenza fluttuante è quella di una città effimera composta da architetture temporanee che sempre si adattano, si trasformano, compaiono e scompaiono, in un ritmo quasi stocastico. La città e l’architettura, non sono più pensati come oggetti immutabili del tempo, ma come processi temporanei che si adattano continuamente alla realtà immanente, dispositivi mobili per una società mobile. Al centro vi è l’idea che le persone possono improvvisare la città e l’architettura. Ciò significa che la città non dovrebbe resistere ai suoi abitanti, ma assecondarli verso una nuova elasticità progettuale, pensando strutture che possono essere abitate da una grande varietà di individui e scopi 12.. C. Masotti, Manuale di architettura di emergenza e temporanea, Sistemi editoriali, 2011. 22. 23.

(13) Interessante è anche la ricerca sviluppata dal gruppo di avanguardia architettonica Archigram, incentrata sull’interrelazione tra comunicazione, mobilità e città, che anticipa utopicamente il successivo impatto delle tecnologie digitali sul comportamento umano. Walking city (Ron Herron, 1964) è costituita da edifici intelligenti o robot in formato gigante, baccelli contenitori di vita, capaci di vagare tra le città e i territori di uno scenario post apocalittico. Instant City (1970) è un dispositivo fatto di oggetti in movimento e tecnologia che crea temporaneamente una comunità attraverso un evento audiovisivo, sviluppandosi dal nulla o sovrapponendosi alle strutture di una comunità esistente. L’architettura scompare e diventa rete di informazione, evento, intrattenimento, spettacolo, strutture per una popolazione in movimento. Con Cushicle (Michael Webb, 1968). La sperimentazione si estende fino alla fusione totale tra habitat e corpo umano. E’ un’unità abitativa in due parti che, come una tenda, può essere trasportata sulle spalle e montata con facilità. La prima parte è una struttura base gonfiabile, una sorta di chaise-longue che funge da sedia e da letto e che può essere attrezzata con un casco contenente televisore e radio. La seconda parte è la tenda che, all’occorrenza, copre la sedia-letto ed è attrezzata con un sistema di riscaldamento. Una dotazione di cibo e di acqua completa l’unità rendendola autosufficiente 13.. Yona Friedman, Ville Spatiale, 1959. -------------------------------------------------------------------------------------------11 12. Peter cook, Instant city, 1968. 24. 13. M. Biraghi, Storia dell’architettura contemporanea 2, Einaudi, 2008 Yona Friedman: Architecture of Trial and Error, intervista a cura di Louisina Channel, 2017 M. Biraghi, op cit.. 25.

(14) Nel 1972 si tiene al MoMa di New York la mostra “Italy: The New Domestic Landscape” curata da Emilio Ambasz, che apre le porte alla progettazione italiana nel mondo. In questa occasione Zanuso presenta l’ unità di emergenza per Fiat-Anic, Il tema è quello della prefabbricazione applicato alla capsula abitativa trasportabile, allacciandosi alle analoghe sperimentazioni svolte da Buckminster Füller. Il progetto dimostra una grande attenzione agli effetti di moltiplicazione territoriale, affrontando il tema della serialità e spostando il campo di progetto dall’abitazione singola al quartiere in situazioni limite, che viene concepito per un’intera comunità e integrato ad una rete più grande.. Il contributo italiano. Nel mondo del design, Joe Colombo è al centro del dibattito progettuale di quegli anni, con approcci che ispirano in seguito i Radicali italiani. La sua opera spazia dai singoli oggetti fino ad arrivare a disegni sempre più complessi tesi a una ricerca modulare sull’abitare del futuro. L’adattabilità e il modulo sono alla base del suo lavoro: crea ambienti abitativi conformi al dinamismo della vita moderna, utilizzando le più recenti tecnologie dei media audiovisivi. Molti dei suoi primi oggetti per la casa sono su ruote, dunque mobili; lo spazio instaura in tal modo una relazione con gli elementi in movimento libero. Colombo compone questi arredamenti in vere e proprie unità, i Monoblocchi.. Sullo stesso tema della cellula abitativa lavora Alberto Rosselli. La Casa Mobile è un ambiente mobile ed estensibile che trasmette un nuovo modo di concepire l’ambiente e la struttura abitativa, all’interno di una nuova territorialità in cui gli insediamenti escono dal controllo della progettazione urbana e propongono le soluzioni del provvisorio e della mobilità. La capsula è interamente realizzata in alluminio e montata su una scocca in acciaio sulla quale sono fissate le guide di scorrimento per le parti mobili. Il modulo è estensibile nelle quattro direzioni, passando da un minimo di 10 mq quando trasportato a un massimo di 28 mq. Il suo appartamento del 1968, arredato con il Cabriolet Bed e la parete multifunzionale Rotoliving, gli interni Visiona 1 e l’unità abitativa completamente arredata Total Furnishing Unit, fondono insieme le singole funzioni dell’abitare e del vivere in sculture abitative simili a macchine. Visiona 1 riflette l’idea di cellule abitative autonome, ognuna con una singola funzione: una cellula bagno, una cellula notte, una cellula cucina e un central-living. Si tratta di unità chiuse su loro stesse e contengono tutto ciò che è necessario per l’abitante. Il dinamismo diventa il concetto base che porta alla reinterpretazione del “minimo esistenziale”, in cui Colombo pone in primo piano l’individuo e la modifica dell’ambiente in cui vive; lo spazio intorno diventa così neutrale poiché le capsule non hanno nessun rapporto con esso.. Mario Bellini, invece di un ambiente domestico, espone Kar-a-sutra, una vettura per i nuovi nomadi che può essere utilizzata per viaggiare, per mangiare, per chiacchierare e per dormire. L’automobile diviene uno spazio umano mobile, per un’umanità costantemente e sempre più in movimento 14.. Joe Colombo, Total furnishing unit, 1972. -------------------------------------------------------------------------------------------14. E. Ambasz, Italy: The New Domestic Landscape, Achievements and Problems of Italian Design, The Museum of Modern Art, New York, 1972.. 26. 27.

(15) Città ludica. “la deriva si definisce come tecnica di passaggio prematuro attraverso vari ambienti. Il concetto di deriva è indissolubilmente legato al riconoscimento degli effetti della natura psicogeografica e all’affermazione di un comportamento ludico-creativo, cosa che si oppone totalmente alle nozioni classiche di viaggio e passeggiata”. Tre anni dopo viene organizzata la prima deambulazione surrealista. La città surrealista è un organismo che produce e nasconde nel suo grembo territori da esplorare, paesaggi in cui perdersi e in cui provare senza fine la sensazione del meraviglioso quotidiano. Il surrealismo utilizza il camminare come mezzo attraverso cui indagare e svelare le zone inconsce della città, quelle parti che sfuggono al progetto e che costituiscono l’inespresso e il non traducibile nelle rappresentazioni tradizionali. I situazionisti accuseranno i surrealisti di non aver portato alle estreme conseguenze le potenzialità del progetto dadaista. Il “fuori dall’arte”, l’arte senza opera e senza artista, il rifiuto della rappresentazione e del talento personale, la ricerca di un’arte anonima collettiva e rivoluzionaria.. Guy Debord, Théorie de la dérive in Oeuvres. L’erranza primitiva ha continuato a vivere nella religione (il percorso come rito), e nelle forme letterarie (il percorso come narrazione), trasformandosi in percorso sacro, danza, pellegrinaggio, processione. E’ solo nell’ultimo secolo che il percorso, svincolandosi dalla religione e dalla letteratura, ha assunto lo statuto di puro atto estetico: dal Dadaismo al Surrealismo, dall’Internazionale Lettrista all’Internazionale Situazionista e dal minimalismo alla land art. Dalla città banale di Dada, alla città onirica onirica dei surrealisti, a quella ludica e nomade dei situazionisti, quella che viene scoperta dalle erranze degli artisti è una città liquida, dove si formano spontaneamente gli spazi dell’altrove, un arcipelago urbano da navigare andando alla deriva. Una città in cui gli spazi dello stare sono le isole del grande mare formato dallo spazio dell’andare. Nel 1921 i Dadaisti parigini organizzano un’erranza in aperta campagna. E’ una critica aperta verso le tradizionali modalità di intervento urbano, campo d’azione tradizionalmente di pertinenza dei soli architetti ed urbanisti; tale azione fu considerata il primo ready made urbano che attribuisce ad un qualcosa di vuoto, e non ad un oggetto, un valore simbolico. Dada passa dal portare un oggetto banale nello spazio dell’arte al portare l’arte (rappresentata dagli artisti) in un luogo banale della città. Invito alla prima visita dadaista, Parigi, 14 aprile 1921. 28. 29.

(16) Dopo la visita Dada e la deambulazione surrealista, viene coniato un nuovo termine: deriva, un’attività ludica collettiva che non solo mira alla definizione delle zone inconsce della città, ma che appoggiandosi al concetto di “psicogeografia”, intende investigare gli effetti psichici che il contesto urbano ha sull’individuo. La deriva è la costruzione e sperimentazione di nuovi comportamenti nella vita reale, la realizzazione di un modo alternativo di vivere la città, uno stile di vita che si situa fuori e contro le regole della società borghese e che intende essere il superamento della deambulazione surrealista. Alla città inconscia e onirica surrealista si sostituisce con i situazionisti una città ludica e spontanea. Giocare significa uscire deliberatamente dalle regole, inventare le proprie regole, liberare l’attività creativa dalle costrizioni socioculturali, progettare azioni estetiche e rivoluzionarie che agiscano contro il controllo sociale. Alla base delle teorie situazioniste vi era la supposizione di una imminente trasformazione dell’uso del tempo nella società: con il mutamento dei sistemi di produzione e il progredire dell’automazione, si sarebbe ridotto il tempo del lavoro in favore del tempo libero. Bisognava quindi salvaguardare dal potere l’utilizzo di questo tempo non produttivo che altrimenti sarebbe stato convogliato nel sistema di consumo capitalista attraverso la creazione di bisogni indotti. E’ la descrizione del processo di spettacolarizzazione dello spazio oggi in atto in cui si impone ai lavoratori di produrre anche durante il tempo libero consumando all’interno del sistema i propri redditi. Se il tempo dello svago si trasformava sempre più in tempo del consumo passivo, il tempo libero doveva essere un tempo da dedicare al gioco, doveva essere un tempo non utilitaristico ma ludico. Diventava quindi urgente una rivoluzione fondata sul desiderio: cercare nel quotidiano i desideri latenti della gente, provocarli, risvegliarli, e sostituirli a quelli imposti dalla cultura dominante. Così facendo l’uso del tempo e l’uso dello spazio, sarebbero sfuggiti alle regole del sistema e si sarebbe arrivati ad auto costruire nuovi spazi della libertà. La costruzione di situazioni era dunque il modo più diretto per realizzare nella città nuovi comportamenti e per sperimentare nella realtà urbana i momenti di quella che sarebbe potuta essere la vita in una società più libera 15.. Guy Debord, The naked city, 1957. -------------------------------------------------------------------------------------------15. F. Careri, Walkscapes. Camminare come pratica estetica, Einaudi, Torino, 2006. 30. 31.

(17) Le “placche” di Debord sono diventate dei settori collegati in una sequenza continua di città diverse e di culture eterogenee, una struttura labirintica in cui potranno perdersi gli abitanti di tutto il mondo. Non si tratta più di una città sedentaria radicata nel suolo, ma di una città nomade sospesa nell’aria, una Torre di Babele orizzontale che sovrasta territori immensi per avvolgere tutta la superficie terrestre. L’intera città è pensata come un unico spazio per la deriva continua, in cui si concretizza lo slogan situazionista “abitare è essere ovunque a casa propria”.. New Babylon. E’ attraverso New Babylon di Constant che la teoria della deriva acquista contemporaneamente una base storica e una tridimensionalità architettonica. Nel 1956 ad Alba, il nomadismo si inserisce nella storia dell’architettura come critica alle fondamenta della società occidentale e inaugura un nuovo territorio su cui si svilupperanno le avanguardie architettoniche dei decenni successivi. Visitando un accampamento nomade, Constant trova un intero apparato concettuale con cui propone di scardinare le basi sedentarie dell’architettura funzionalista. Comincia ad immaginare una città pensata per una nuova società nomade, “un campo nomade alla scala planetaria”, a cui lavorerà dal 1959 al 1974. E’ una città ludica, un’opera collettiva edificata dalla creatività architettonica di una nuova società errante, di una popolazione che costruisce e ricostruisce all’infinito il proprio labirinto in un nuovo paesaggio artificiale.. La società che abita New Babylon non è quella utilitarista; al contrario, è la società ludica teorizzata da Johan Huizinga e in seguito ripresa e sviluppata dall’Internazionale Situazionista a cavallo degli anni’60. Una società in cui l’uomo, liberato dall’automatizzazione del lavoro produttivo, diviene capace di sviluppare la propria crescita attraverso il gioco e lo sviluppo creativo, slegato dagli obblighi lavorativi, questo homo ludens scoprirà una vita in perenne viaggio attraverso le regioni della Terra, sempre in cerca di nuovi stimoli e nuove possibilità di esperienza: una vita errante modellata sulla dérive situazionista e dedicata a una società di nomadi estesa ovunque. L’homo ludens è un individuo pienamente libero e cosciente di poter agire sul mondo che abita, ricreandolo continuamente attraverso la creatività e il libero gioco, considerato da Costant la forma fondamentale di apprendimento. Il disorientamento favorisce il gioco, l’avventura, l’incontro e lo scambio creativo. Gli abitanti di questo sistema si riapproprieranno dell’attitudine primordiale volta all’autodeterminazione del proprio ambiente, recuperando l’istinto verso la costruzione dello spazio umano. Nomadismo e città sono diventati un solo grande territorio labirintico che viaggia intorno al mondo. Una città ipertecnologica e multiculturale che si trasforma di continuo nello spazio come nel tempo. New Babylon non finisce in nessuno luogo, non conosce frontiere o collettività. Ogni luogo è accessibile da tutti 16.. Il progetto si sviluppa congiuntamente alla teoria dell’ urbanismo unitario, una nuova attività creativa di trasformazione dello spazio urbano che assume il mito dadaista del superamento dell’arte e lo trasla in un primo tentativo di superamento dell’architettura. Nell’urbanismo unitario l’insieme delle arti concorreranno alla costruzione dello spazio dell’uomo. Gli abitanti si riapproprieranno dell’attitudine all’autodeterminazione del proprio ambiente e del recupero dell’istinto alla costruzione della propria casa e quindi della propria vita. L’architettura farà così parte di un’attività più estesa e come le altre arti scomparirà a vantaggio di un’attività unitaria che considera l’ambiente urbano come terreno relazionale di un gioco di partecipazione. Si tratta di una architettura megastrutturale e labirintica, costruita in base allla linea sinuosa del percorso nomade. A New Babylon il camminare materializza nuovamente un’architettura concepita come spazio dell’andare.. New Babylon è ancora un riferimento costante nel dibattito artistico e culturale: in molti riconoscono in essa un progetto profetico di alcune caratteristiche della società contemporanea; essa ha anticipato l’architettura dei flussi, dell’evento, dell’iperconnettività e l’attuale fenomeno della globalizzazione.. L’urbanismo unitario di Constant da vita ad una nuova città situazionista. Se nelle mappe di Debord la città compatta era stata esplosa in pezzi, in quelle di Constant questi pezzi sono stati ricomposti per formare una nuova città. Non c’è più separazione tra le zolle urbane e il mare vuoto su cui sfrecciavano le scie della deriva. A New Babylon la deriva, i quartieri e lo spazio vuoto sono diventati una unità inscindibile. -------------------------------------------------------------------------------------------16. 32. F. Careri, Constant. New Babylon, una città nomade, Testo&Immagine, 2001. 33.

(18) Constant, Ode a I’Odeon, 1969. Constant, New Babylon nord, 1971. 34. 35.

(19) La città nel secolo debole. “Il concetto di debolezza, di cui parliamo, non sottintende nessun valore negativo o di incapacità; esso indica piuttosto un processo particolare di modificazione e conoscenza che segue logiche naturali, non geometriche, processi diffusi e non concentrati, stretegie reversibili e auto-equilibranti” Andrea Branzi, Modernità debole e diffusa. L’habitat naturale del nomade del terzo millennio è la città contemporanea, ambiente straripante di idee e informazioni, un intreccio di spazi pubblici e privati di sosta e di transito, insieme di elementi eterogenei che sono lo specchio della nostra società. L’uomo si sposta continuamente all’interno di questo sistema alla ricerca di “oasi urbane”, a seconda dei bisogni e dei desideri da cui è spinto. Negli ultimi anni si assiste nello spazio urbano alla graduale scomparsa dei legami delle persone con luoghi specifici, per funzioni quali lo studio, il lavoro, l’apprendimento, il riposo. Questo fenomeno si riscontra nell’enorme calo della domanda di spazi chiusi tradizionali, come uffici o aule, e contemporaneamente un aumento proporzionale della ricerca di ambienti semi-pubblici che possono essere appropriatamente allestiti ad hoc a seconda delle esigenze. Questa variazione, derivata dai nuovi comportamenti dell’uomo urbano, è probabilmente il più grande cambiamento in campo architettonico riscontrato finora nel XXI secolo. Nel ‘900 l’architettura riguardava la progettazione di strutture specializzate: uffici per il lavoro, mense per mangiare, aule didattiche e così via. Le motivazioni erano principalmente di carattere pratico, ad esempio favorire la vicinanza tra i lavoratori e gli strumenti del loro lavoro, come telefoni fissi, fax e schedari. Inoltre l’economia dei materiali e le tecniche legate alla prefabbricazione favorivano la nascita di strutture ripetitive e semplici. La nuova architettura invece è già protesa alla realizzazione di spazi intenzionalmente multifunzionali e polivalenti. L’estetica di queste nuove costruzioni si lega ai concetti di qualità ambientale, alla fusione con l’elemento naturale sempre nell’ottica di una architettura sempre più relazionale. 36. La ripetizione scompare così a favore della flessibilità. Questo nuovo approccio all’architettura sta man mano cambiando l’aspetto di intere città, tradizionalmente distinguibili in un centro urbano per il lavoro e lo svago e zone di periferia come spazi residenziali. Il nomadismo urbano rende invece i quartieri, come gli edifici, multifunzionali, eterogenei trasformando l’assetto urbanistico. Parti della città un tempo monofunzionali stanno gradualmente diventando quartieri a uso misto, più affini ai nuovi bisogni comportamentali. L’altro aspetto legato al neo-nomadismo urbano è il mutamento delle abitudini inerenti viaggi e percorsi degli individui nella città. Fino a pochi anni fa gli spostamenti seguivano un modello radiale, per cui le persone si spostavano da casa, solitamente in periferia, al luogo di lavoro in centro. Ora sempre più persone fanno viaggi concatenati, in un sistema intrecciato. Grazie alla tecnologia tascabile si è in grado di restare tutto il giorno in contatto con colleghi e familiari che si trovano altrove, impegnati in altre migrazioni urbane; questo crea un sistema in movimento non più riconoscibile in un modello collettivo, ma distinti dal caso e dalla persona. L’ambiente urbano del nuovo millennio si distingue come un insieme eterogeneo di spazi distribuiti nella città in modo apparentemente casuale e quindi imprevedibile. In questo contesto gli individui, già a partire dal secondo dopoguerra, nel pieno dell’espressione del boom economico, iniziano a cambiare le proprie abitudini, aprendosi maggiormente verso l’esterno, riflettendo una società che rapidamente si sviluppa e cambia volto. Lo spazio domestico si adatta di conseguenza: viene meno la tradizionale struttura dell’appartamento per la famiglia borghese: la sala da pranzo e il salotto, spazi legati alla rappresentanza perdono valore a favore di nuove impostazioni nell’assetto degli interni, che favoriscono l’ingresso della tecnologia nelle case, la divisione tra funzioni domestiche e spazi di distribuzione si fa più sfumata così come gli spazi della privacy, un tempo valore sacrosanto che la casa doveva proteggere. Ad essere messo in discussione è il limite tra pubblico e privato; nuove esigenze da soddisfare necessitano soluzioni spaziali, tipologiche, tecniche e costruttive che possano soddisfare le nuove richieste. Il cambio sostanziale nei modi di vivere, e quindi nella casa degli ultimi dieci anni, si riassume nel passaggio dall’universalismo del razionalismo moderno alla volontà di espressione dell’individualità. Il modo di pensare e vivere la casa riflette dunque l’affermazione del trend sociale dell’individualismo. Negli ultimi anni si è definitivamente delineata la figura di un soggetto che necessita di libertà di scelta, di movimento. Egli vive all’interno delle logiche della metropoli, attraversata da infiniti percorsi individuali e composta da una moltitudine di luoghi per l’esaltazione dei desideri. 37.

(20) Il cambiamento comportamentale individuale ha come conseguenza una modificazione della dialettica dentro/fuori nella casa: lo spazio interno è protagonista di una crescente estensione, con una compenetrazione tra spazio interno-privato e spazio esterno-pubblico sempre più sfumata. La differenza rispetto al passato risiede allora nella perdita, totale o parziale, di funzioni tipicamente domestiche, causa la moltitudine di servizi offerti dalla città. Lo spazio urbano è diventato infatti la proiezione di ciò che un tempo era esclusivamente riservato alla propria casa, riformulando i concetti d’uso della stessa. Ci sono pertanto casi in cui si sfrutta il sistema di ristorazione, take-away e consegna a domicilio in sostituzione alla tradizionale cucina, frequentatori di piscine e palestre che necessitano sempre meno di un bagno casalingo per l’uso quasi giornaliero di docce e spogliatoi, studenti e lavoratori che si aggregano nei nuovi spazi polivalenti, ma anche in piazze, parchi pubblici e caffetterie, nuovi spazi della produttività, proliferano nuove forme di ospitalità come bed&breakfast, Airbnb , couchsurfing. Fattori di questa traslazione di azioni sono la maggior efficienza del trasporto urbano, l’accessibilità di servizi un tempo elitari, la capacità tramite la tecnologia digitale di poter rimanere in contatto con il mondo in qualsiasi momento, i sistemi di geolocalizzazione inclusi negli smartphone; il che ci consente di vivere la città in modo totalmente differente, eliminando insicurezze passate che rinchiudevano in routine quotidiane, riconoscibili e familiari. Il neo-nomade sta rapidamente prendendo possesso delle città, suo habitat naturale, in favore di nuove forme di socialità condivisa 16.. Un’interessante sperimentazione su nuovi modi di abitare condiviso è la Rental Space Tower di Fujimoto con la Daito Trust Construction, in cui si sfumano i confini della “proprietà esplicita” e dei “beni comuni”. Daito è uno dei principali sviluppatori giapponesi di unità abitative multifamiliari nelle aree urbane, basati su un sistema di fiducia. Fujimoto sfida la nostra ossessione di “possedere” una casa o occupare spazi privati. Nella torre, quello che possiedi è una piccola camera da letto. Piuttosto che cercare di massimizzare lo spazio privato per i singoli residenti, la torre strategicamente dà spazio della comunità lasciando spazi funzionalmente indefiniti. C’è un potenziale illimitato per le aree comunitarie, che diventano luoghi di creazione di reti quando si verifica una collisione culturale - intellettuale tra gli abitanti 17. Il nomadismo urbano, al di là delle influenze sulla dimensione domestica, ha come peculiarità il movimento all’interno della città, contraddistinto da brevi e rapidi spostamenti da un luogo specifico ad un altro. L’uomo mobile trascorre moltissimo tempo in viaggio, ritrovandosi a vivere stazioni ferroviarie, fermate degli autobus, metropolitane, aree pedonali, piazze, centri commerciali e parchi pubblici come nuove aree di transizione all’interno del tessuto urbano. Sono questi non-luoghi che nel terzo millennio risultano al centro del dibattito architettonico ed urbanistico internazionale, come aree privilegiate di rigenerazione e riqualificazione urbana. In una nuova società che ha negli spostamenti la propria ragion d’essere, è chiaro che questi luoghi sono parti imprescindibili delle città, oltre che funzionalmente e fisiologicamente indispensabili alla vita delle persone. La città non è più un sistema isolato, ma parte di una matrice interconnessa che trascende spazio e tempo. La nuova tribù nomade del XXI secolo cerca spazi pubblici e aree di lavoro che si adattano alle sue caratteristiche. Poiché la comunità nomade è in costante crescita, la necessità che tale sistema venga realizzato è sempre più impellente. Si potrà sviluppare all’interno dei “vuoti urbani”, ovvero tutte quelle aree inutilizzate o abbandonate della città, come nei luoghi pubblici e nelle grandi aree verdi. Gli usi e le funzioni saranno sovrapposti, poichè il nomade trae beneficio da un ambiente in continuo cambiamento. Mentre la società moderna si fondava sul primato della scienza, della razionalità, della fede in un progresso lineare, quella postmoderna rinvia all’istintività, alla segmentazione e alla precarietà delle condotte umane, alla certezza dell’incertezza. Molti fenomeni tendono a caratterizzare gli spazi in maniera soltanto provvisoria o in forma di flussi. La città si trasforma in un insieme di spazi promossi a luoghi attraverso l’attribuzione, spesso occasionale, di senso da parte degli attori, lo spazio pubblico in generale è caratterizzato da una imprevedibilità: accanto agli spazi pieni, dotati di dispositivi regolatori che guidano l’agire umano nell’uso della città, si situano quelli vuoti, che aprono a molteplici opzioni d’uso e lettura.. Rental House, Sou Fujimoto, 2016. 38. 39.

(21) Il vuoto operativo è riempito oggi dallo spontaneismo dei comportamenti individuali e delle iniziative locali, dalla riforma costante delle normative e dall’azzeramento dei vincoli. Liberalizzazione, flessibilità, fluidità, libero accesso rappresentano nel loro insieme il processo inverso a ciò che il moderno solido aveva realizzato. L’utilizzo del territorio urbano in forme meno codificate e più duttili corrisponde alle diverse necessità che l’individuo o i gruppi svolgono nel tempo, spesso nell’arco della stessa giornata, e che richiedono una grande autonomia gestionale ed una disponibilità di spazio e di strutture del tutto diverse da quelle previste dai meccanismi specializzati della fabbrica e della società ad essa legata. “La modernità debole e diffusa che segna l’inizio del XXI secolo è il risultato di un processo di raffinamento di una cultura che spazia oggi oltre le discipline del progetto, per investire i processi di trasformazione enzimatica del territorio e dell’ambiente” 18 Modificare secondo le proprie esigenze abitative, produttive e commerciali o promozionali uno spazio ereditato da precedenti processi di dismissione, produce una sorta di metabolismo urbano, difficile da prevedere e governare, perché legato a flussi discontinui di una nuova economia relazionale. Spesso il funzionamento interno della città supera le tipologie e si risolve (come negli incubators), tutto attraverso l’uso di computer ed elementi di arredo. Nella città dell’imprenditorialità di massa e del lavoro diffuso, i luoghi della produzione diventano realtà sfumate, prive di specializzazione, a basso livello di identità, veri e propri funzionoidi in grado di adattarsi alle diverse necessità degli operatori Si è prodotto un inarrestabile processo di dismissione di tutte le funzioni previste, e si sta diffondendo l’uso improprio di quasi tutte quelle esistenti, si lavora in casa e si abita in ufficio, ad esempio. Spesso le normative vigenti non sono adeguate a questo tipo di fenomeno di fluidificazione funzionale, molte volte è un problema capire se un edificio è usato come abitazione o come ufficio. In entrambi i casi ci sono sedie, tavoli, archivi, divani, computer, servizi. I modelli di urbanizzazione debole fanno riferimento ad un concetto di reversibilità e di attraversabilità tipiche dell’agricoltura, indicano infatti un modo di intendere le strutture come una realtà provvisoria, leggera, elastica, collocata dentro ad un territorio costruito ma integrato alla produzione agricola. E’ un’architettura relazionale, non definita da funzioni precise, ma disponibile a molte attività diverse. Un’architettura in cui torna la componente tempo. Favelas ad alta tecnologia, integrate nella natura, costruite utilizzando materiali leggeri, maneggevoli. Una struttura duttile e aperta, che rappresenta una via di mezzo tra gli attuali impianti agricoli ed un sottosistema urbano e che trova luogo negli spazi interni della città contemporanea. Andrea Branzi, Vertical House, 1997. 40. 41.

(22) Le città si identificano sempre più come agglomerati di servizi con una durata d’attività limitata, un palinsesto funzionale in continua trasformazione, si sviluppano attraverso micro-dispositivi che permettono l’adattabilità degli spazi ad una diversificazione funzionale simultanea o alternata. Lo spazio urbano si modifica attraverso cicli funzionali di medio periodo che cambiano l’aspetto, l’uso e la frequentazione di intere parti della città. Si tratta oggi di immaginare una architettura non impegnata a realizzare progetti definitivi, tipici della modernità classica, ma sottosistemi imperfetti e incompleti 19. I processi di ri-uso delle strutture dismesse, insieme all’uso improprio di quelle esistenti, determina una continua ri-funzionalizzazione dinamica della città. Di conseguenza le tradizionali tipologie urbane definite dalla carta di Atene redatta nel 1933 dal CIAM, basata sulla distinzione tra zone funzionali risulta obsoleta. E’ questo l’oggetto del manifesto “Per una Nuova Carta di Atene” presentato alla XII Biennale di Architettura di Venezia da Branzi. Dieci principi, “modesti suggerimenti”, come scrive lui stesso, per leggere e interpretare la nuova condizione della città postmoderna che si presenta senza perimetri e senza un modello unitario di riferimento. Una città che, secondo Branzi, va continuamente ri-pensata, ri-adattata, riprogettata alla ricerca di equilibri provvisori 20.. , Andrea Branzi, Agricoltura residenziale (modello di urbanizzazione debole), 2007. 1. La città come una favelas ad alta tecnologia. 2. La città come un computer ogni 20mq. 3. La città come luogo di ospitalità cosmica. 4. La città come un tutto-pieno microclimatizzato. 5. La città come un laboratorio genetico. 6. La città come un plancton vivente. 7. Ricercare modelli di urbanizzazione debole. 8. Realizzare confini sfumati e attraversabili. 9. Realizzare infrastrutture reversibili e leggere. 10. Realizzare grandi trasformazioni attraverso micro-progetti. -------------------------------------------------------------------------------------------16 17 18 19 20. 42. S. Ehmann, The New Nomad. Temporary spaces and life on the move, Gestalten, 2015. www.divisare.com /projects/325092-sou-fujimoto-architects-vincent-hecht-rental-space-tower A. Branzi, Modernità debole e diffusa. Il mondo del progetto all’inizio del XXI secolo, Skira, Milano, 2006, p. 35 A. Branzi, op. cit. A. Branzi, Nuova carta di Atene. Manifesto, 12ma Biennale di Venzia, 2008. 43.

(23) Popolazioni urbane in movimento. “A questo punto all’uomo non resta che il destino del viandante, il quale, a differenza del viaggiatore che percorre la via per arrivare a una meta, aderisce di volta in volta ai paesaggi che incontra andando per via, e che per lui non sono luoghi di transito in attesa di quel luogo, Itaca, che fa di ogni terra una semplice tappa sulla via del ritorno. (...) Il nomadismo è la capacità di disertare le prospettive escatologiche per abitare il mondo nella casualità della sua innocenza, non pregiudicata da alcuna anticipazione di senso” U. Galimberti, Ombre del sacro. Nelle società storiche lo spostamento e la mobilità erano attività ritenute difficili, pericolose, costose, quasi sconvenienti, ma nella vita contemporanea, invece, sono diventati elementi necessari e positivi. Si assiste oggi allo spostamento di grandi masse di persone, una “città in movimento, la cui mobilità è prima che un fatto fisico, uno stato mentale. L’estensione della città-metropoli ha portato ad una tale frammentazione dello spazio urbano che, anche per svolgere le più comuni attività quotidiane, si ha l’esigenza di muoversi su grandi distanze. Anche in tal senso si può parlare di nomadismo, fenomeno che si manifesta in un insediamento con forme abitative strettamente legate alla temporaneità e che, inevitabilmente, modificano le tradizionali relazioni instaurate tra il singolo, lo spazio urbano e lo spazio intimo dell’abitazione. Questi moderni cavalieri erranti si propongono come antesignani di una profonda trasformazione socioculturale: ad ogni nuova mutazione corrisponde uno sradicamento e, in questo caso, il cambiamento porta con sé il superamento della stabilità permanente e della sedentarietà fisica e soprattutto psicologica. È l’irresistibile ascesa di un modello comportamentale e professionale indipendente, flessibile e creativo, proiettato verso un’identità aperta e multiforme. L’attuale nomadismo è uno stato mentale, una metafora esistenziale, consapevolezza che la 44. realtà è transitoria e che vivere richiede un costante esercizio di adattamento. Le motivazioni che spingono alla mobilità sono molte e personali, e vanno dalla curiosità al desiderio di conoscenza e di arricchimento del proprio bagaglio culturale. A partire dall’era industriale questa pratica è mutata, e alla necessità si è affiancata la volontà. L’articolazione contemporanea delle pratiche di mobilità e del conseguente uso dei servizi impone agli individui forme inedite di adattamento, legate a questioni di carattere tecnologico, logistico e organizzativo 21. La trasformazione del sistema produttivo che viene comunemente descritta come passaggio al postfordismo, dal punto di vista territoriale , significa soprattutto la diffusione sul territorio delle funzioni produttive e di scambio, grazie allo sviluppo parallelo dei due macrosistemi tecnologici delle comunicazioni fisiche e di quelle immateriali. Il macrosistema della tecnologia dei trasporti, in combinazione con quello della trasmissione delle informazioni e delle comunicazioni personali mobili è il principale responsabile dello stacco rivoluzionario nei flussi di spostamenti simile a quello realizzato in seguito all’introduzione dell’automobile. Se prima lo spostamento avveniva dalla campagna alla città, oggi avviene dalla città al mondo intero. Questo fenomeno è tanto sociale quanto spaziale poiché avviene all’interno di spazi, e la città in particolare è il luogo in cui la mobilità raggiunge i suoi massimi livelli. Il pendolarismo non rappresenta più l’unica (e oggi forse neppure la principale) componente della mobilità urbana. Gli spostamenti fisici nelle città e tra le città sono in misura crescente determinati da esigenze di consumo oppure da rapporti produttivi legati alla prestazione di servizi. L’evoluzione della città ha visto di volta in volta presentarsi sulla scena nuove popolazioni urbane., cioè gruppi di individui che frequentano la città in misura diversa per svolgervi attività altrettanto differenziate. Alla città tradizionale contraddistinta dalla corrispondenza tra popolazione diurna e notturna – chi lavora risiede anche nella stessa città- si è andata nel tempo sostituendo la città di prima generazione caratterizzata dall’afflusso di pendolari dalle aree periurbane della metropoli in concomitanza con il processo di industrializzazione dell’economia (dagli anni ‘20 fino al secondo dopoguerra). L’aumento della qualità di vita e la disponibilità di tempo libero conseguente alla crescita delle società più avanzate sono alla base di flussi bidirezionali, dalla città a luoghi di villeggiatura o altre città. Ci troviamo in questo caso di fronte al fiorire di città di seconda generazione che vedono la presenza non solo di residenti e pendolari, ma anche dei cosiddetti city users, intendendo con questo termine i turisti, gli ospiti di passaggio nella città, coloro che ne utilizzano i servizi più sofisticati. Si aggiunge infine una quarta popolazione, i businessmen, coloro che si recano in città per affari o scambi, essi si fermano in città per un periodo di tempo limitato, per riunioni d’affari, incontri, convegni, ... e concorrono alla nascita delle città di terza generazione, in cui si prospettano forme preoccupanti di omologazione e polarizzazione sociale. Queste quattro popolazioni 45.

Riferimenti

Documenti correlati

L’incidenza del genere sulla salute e sulla qualità della vita: approcci teorici e interpretativi/Uomini e donne di fronte al nuovo paradigma della promozione

Lo sviluppo di accessi vascolari simultanei, di tecniche di iniezione a flusso forzato (pressure cooker) e l’utilizzo della via venosa hanno ulteriormente ampliato il

Se d’improvviso un Dirigente scolastico, come nel caso di quello dell’Istituto Buniva, senza consultarsi con gli organi di rappresentanza dei genitori, degli allievi

• l tempo come costruzione sociale rappresenta un complemento sinergico rispetto alla concezione durkheimiana del tempo come istituzione di una società..

Principi di conservazione, fissazione e processazione dei tessuti e delle cellule a fini diagnostici; principali colorazioni istologiche, istochimiche nella diagnostica in

Il sistema solare: il sole più nove pianeti Il sistema solare: il sole più nove

I errore di underflow: numero troppo piccolo viene rappresentato come 0. Formati standard proposti da IEEE (Institute of Electrical and

Valutazione La valutazione è effettuata mediante la proposizione di compiti di realtà che permetteranno agli alunni di mobilitare le competenze civili acquisite, si farà