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Academic year: 2021

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(1)

LeLing12: Ancora sui determinanti.

A ¯ rgomenti svolti:

• Sviluppi di Laplace.

• Prodotto vettoriale e generalizzazioni.

• Rango e determinante: i minori.

• Il polinomio caratteristico.

E ¯ sercizi consigliati: Geoling 14.

Sviluppo di Laplace

Lo sviluppo di Laplace di un determinante det(A) n × n permette di ridurre il calcolo a quello di n determinanti (n − 1) × (n − 1). Ecco la formula dello sviluppo secondo la riga i-esima (dove A = (a

ij

)):

det(A) = (−1)

i+1

a

i1

det(A

i1

) + · · · + (−1)

i+n

a

in

det(A

in

)

dove A

ij

e’ la matrice (n − 1) × (n − 1) che risulta della A cancellando la riga i-esima e la colonna j -esima. Ecco lo sviluppo seconda la colonna j -esima:

det(A) = (−1)

j+1

a

1j

det(A

1j

) + · · · + (−1)

j+n

a

nj

det(A

nj

) Esempio 0.1. Ecco lo sviluppo usando la prima riga.

1 2 1 3 4 1 5 6 1

= 1

4 1 6 1

− 2

3 1 5 1

+ 1

3 4 5 6

= (4 − 6) − 2(3 − 5) + (3.6 − 5.4) = 0

Vediamo la dimostrazione dello sviluppo secondo la prima riga. Osservare che la linearita’ del determinante dimostrata nella dispensa precedente implica

det(A) =

n

X

j=1

a

1j

det

 E

j

A

2

.. . A

n

(2)

dove E

j

e’ la base canonica delle righe, cioe’ E

j

e’ nulla tranne nel posto j dove ha 1. Dunque per terminare la dimostrazione dobbiamo calcolare i determinanti

0 0 · · · 0 1 0 0 · · · 0

a

21

a

22

· · · a

2(j−1)

a

2j

a

2(j+1)

· · · · · · a

2n

.. . .. . · · · .. . .. . · · · .. . · · · .. . a

n1

a

n2

· · · a

n(j−1)

a

nj

a

n(j+1)

· · · · · · a

nn

Notiamo che tutta la colonna j -seima non interviene nel calcolo, cioe’

0 0 · · · 0 1 0 0 · · · 0

a

21

a

22

· · · a

2(j−1)

0 a

2(j+1)

· · · · · · a

2n

.. . .. . · · · .. . .. . · · · .. . · · · .. . a

n1

a

n2

· · · a

n(j−1)

0 a

n(j+1)

· · · · · · a

nn

Siccome scambiando due colonne il determinate cambia segno, risulta:

det

 E

j

A

2

.. . A

n

= (−1)

j−1

1 0 0 · · · 0 0 0 · · · 0

0 a

21

a

22

· · · a

2(j−1)

a

2(j+1)

· · · · · · a

2n

.. . .. . · · · .. . · · · .. . · · · .. . 0 a

n1

a

n2

· · · a

n(j−1)

a

n(j+1)

· · · · · · a

nn

= (−1)

1+j

det(A

1j

)

Mettendo tutto insieme risulta lo sviluppo di Laplace rispetto alla prima riga: det(A) = a

11

det(A

i1

) ± · · · ± a

1n

det(A

1n

).

Osservare che il determinante

a b c d

= ad − bc e’ un caso particolare dello sviluppo di Laplace.

Prodotto vettoriale

Dato un vettore del piano R

2

− → v = a b



vogliamo trovare un vettore perpendicolare

→ w = x y



. Consideriamo il determinate

x y a b

. Sappiamo che questo determinate e’

zero quando x = a e y = a come risulta della formula

x y a b

= xb−ya = x y



·  b

−a

 . Dunque il vettore − → w =  b

−a



e’ perpendicolare a − → v = a b



, cioe’ a b



·  b

−a



= 0.

(3)

Questo argomento si generalizza allo spazio R

3

e permette di risolvere il problema di trovare un vettore − → w perpendicolare a due vettori dati − → v

1

, − → v

2

. Infatti, siano − → v

1

=

 a

1

b

1

c

1

,

→ v

2

=

 a

2

b

2

c

2

 e − → w =

 x y z

 . Consideriamo il seguente determinante:

x y z

a

1

b

1

c

1

a

2

b

2

c

2

= x

b

1

c

1

b

2

c

2

− y

a

1

c

1

a

2

c

2

+ z

a

1

b

1

a

2

b

2

dove l’uguaglianza e’ conseguenza dello svillupo di Laplace respetto alla prima riga.

Possiamo interpretare quest’ultima uguaglianza come un prodotto scalare, cioe’

x y z

a

1

b

1

c

1

a

2

b

2

c

2

= x

b

1

c

1

b

2

c

2

− y

a

1

c

1

a

2

c

2

+ z

a

1

b

1

a

2

b

2

=

 x y z

 ·

b

1

c

1

b

2

c

2

a

1

c

1

a

2

c

2

a

1

b

1

a

2

b

2

dunque il vettore − → w =

b

1

c

1

b

2

c

2

a

1

c

1

a

2

c

2

a

1

b

1

a

2

b

2

e’ perpendicolare a − → v

1

e − → v

2

.

Il vettore − → w si chiama prodotto vettoriale di − → v

1

e − → v

2

e lo si denota con − → v

1

× − → v

2

. In modo analogo, usando un determinante n × n e lo sviluppo di Laplace si puo’

risolvere il problema di trovare un vettore − → w ∈ R

n

perpendicolare a n − 1 vettori dati.

Il prodotto vettoriale visto geometricamente

Abbiamo visto che il prodotto vettoriale − → v

1

× − → v

2

e’ perpendicolare a − → v

1

e − → v

2

. Siccome sappiamo che i vettori perpendicolari a − → v

1

e − → v

2

costituiscono una retta, per individuare

→ v

1

× − → v

2

basta conoscere il suo modulo, cioe’ la lunghezza, e il suo verso.

Proposizione 0.2. Il modulo di − → v

1

× − → v

2

e’ |− → v

1

||− → v

2

| sin(θ), dove 0 ≤ θ < π e’ l’angolo

tra − → v

1

e − → v

2

.

(4)

Dimostrazione. Ricordiamo che il determinante det(

→ v

1

× − → v

2

→ v

1

→ v

2

) e’ il volume

1

del parellelepipedo generato dai tre vettori − → v

1

× − → v

2

, − → v

1

, − → v

2

:

V olume(− → v

1

× − → v

2

, − → v

1

, − → v

2

) = det(

→ v

1

× − → v

2

→ v

1

→ v

2

) = |− → v

1

× − → v

2

|

2

. Osserviamo allora che:

|− → v

1

||− → v

2

| sin(θ) = Area(− → v

1

, − → v

2

) = det(

→v1×−→v2

|−→v1×−→v2|

→ v

1

→ v

2

) = |− → v

1

× − → v

2

|

2

Siccome il determinate det(

→v1×−→v2

|−→v1×−→v2|

→ v

1

→ v

2

) e’ positivo, si conclude che la regola della mano destra e’ adatta per trovare il verso di − → v

1

× − → v

2

. Dunque − → v

1

× − → v

2

e’ l’unico vettore che e’ perpendicolare a − → v

1

, − → v

2

che ha lungheza uguale all’area Area(− → v

1

, − → v

2

) del parallelogramma gener- ato da − → v

1

e − → v

2

e il cui verso si trova usando la regola della mano destra.

Il prodotto vettoriale − → v × − → w si puo’ anche inter- pretare in termini di un giro (o rotazione) di 90

gradi.

Infatti, supponendo che − → v ⊥ − → w , allora − → v × − → w e’ il vettore che si ottiene girando 90

in verso anti-orario il vettore − → w nel piano normale a − → v .

1

Questo poiche’ il determinante nasce nel tentativo di calcolare l’area o volume dell paralelopipedo

generato tra i vettori.

(5)

Rango e determinante: i minori

Ricordare che il determinante ha senso soltanto per le matrici quadrate. Se la matrice non e’ quadrata possiamo calcolare certi determinati chiamati minori. Un minore d’ordine k della matrice A e’ il determinate di una matrice k × k che risulta scegliendo k righe e k colonne della matrice A. Ad esempio, ogni numero a

ij

e’ un minore d’ordine 1.

Esempio 0.3. Il determinate

1 2 3 4

= −2 e’ un minore d’ordine 2 della matrice

1 8 2

0 6 −3

3 −1 4

1 1 1

, che corrisponde a scegliere la prima e terza riga e la prima e terza

colonna. Anche il determinante

6 −3

−1 4

= 21 e’ un minore della matrice A. Ecco

un minore d’ordine 3 :

1 8 2

0 6 −3

3 −1 4

= −87

Osservare che una colonna C =

 c

1

c

2

.. . c

n

e’ non nulla se e solo se almeno un minore e’

non nullo. Infatti i minori sono i numeri c

1

, · · · , c

n

e dunque ovviamente C e’ non nulla se almeno uno di questi numeri e’ non nullo. Questo e’ vero in generale, cioe’ per una matrice A n × m qualsiasi; ossia A e’ non nulla se e solo se almeno un minore e’ non nullo. Notare che possiamo dire che una matrice ha rango zero se e solo se tutti i minori sono nulli. Questa osservazione si generalizza e diventa il teorema di Kronecker

2

. Teorema 0.4. Una matrice A n × m ha rango ρ(A) = k se e solo se esiste un minore non nullo d’ordine k e tutti i minori d’ordine > k sono nulli.

Dimostrazione . Sia M

k

un minore d’ordine k . Se ci fosse una combinazione lineare non banale tra le k righe (risp. k colonne) coinvolte nella costruzione di M

k

allora questa combinazione lineare sarebbe anche una combinazione lineare non banale tra le k righe che si trovano dentro al minore d’ordine M

k

. Questo implica M

k

= 0. Questo dimostra che M

k

= 0 se k > ρ(A). Per dimostrare che se k = ρ(A) allora esiste un minore d’ordine k non nullo possiamo assumere che A e’ una matrice con k colonne,

2

Leopold Kronecker (1823 - 1891) matematico tedesco.

(6)

cioe’ facciamo attenzione semplicemente a k colonne linearmenti independenti. Siccome il rango righe e’ uguale al rango colonne esitono anche k righe linearmente independenti.

Dunque il minore k × k cosi’ costruito deve essere non nullo, poiche’ le k righe sono linearmente independenti. 2

Scelta delle variabile libere

Puo’ capitare di dover risolvere un sistema lineare lasciando libere qualche variabile.

Osservare che nel metodo di Gauss-Jordan spiegato all’inizio di questo corso le variabili libere sono le ultime, cioe’ se x

1

, x

2

, · · · , x

n

allora le ultime variabli · · · , x

n−1

, x

n

sono quelle che si cerca di lasciare libere. Cosa succede se vogliamo lasciare libere le variabili x

1

, x

2

?. O piu’ in generale, se vogliamo che un insieme x

i1

, x

i2

, · · · , x

il

siano variabili libere. Nella pratica semplicemente si cambia l’ordine, cioe’ si mettono in fondo alla matrice dei coefficienti le colonne delle x

i1

, x

i2

, · · · , x

il

e si procede con il metodo di Gauss-Jordan.

Esempio 0.5. Vogliamo risolvere il sistema  x

1

+ 2x

2

+ 7x

3

+ 5x

4

= 1 3x

1

+ 4x

2

+ 8x

3

+ 3x

4

= 0



, lasciando libere le varibili x

1

, x

2

. Dunque usiamo la seguente matrice del sistema:

7 5 1 2 1

8 3 3 4 0



Notare che la prima colonna corrisponde alla incognita x

3

, la seconda alla x

4

, la terza alla x

1

e l’ultima alla x

2

. Adesso procediamo con Gauss-Jordan:

7 5 1 2 1

8 3 3 4 0



→ 1

57 17 27 17

8 3 3 4 0



→ 1

57 17 27 17

0

−197 137 127 −87



1

57 17 27 17

0 1

−1319 −1219 198



→ 1 0

1219 1419 −319

0 1

−1319 −1219 198



Dunque il sistema e’ equivalente a:  x

4

+

1219

x

1

+

1419

x

2

=

−319

x

3

+

−1319

x

1

+

−1219

x

2

=

198

Ecco la soluzione del sistema con le variabili x

1

, x

2

libere:

 x

1

x

2

x

3

x

4

=

 0 0

8

−319 19

 + x

1

 1 0

13

−1219 19

 + x

2

 0 1

12

−1419 19

(7)

Invece nel seguente sistema x

1

, x

2

non possono essere libere nella soluzione generale.

Esempio 0.6.  x

1

= 1

3x

1

+ 4x

2

+ 8x

3

+ 3x

4

= 0

Dopo questi esempi la domanda naturale e’ quando possiamo scegliere un gruppo di incognite x

i1

, x

i2

, · · · , x

il

come variabli libere ? Ecco la risposta.

Teorema 0.7. Sia (A|B) un sistema compatibile con n incognite x

1

, x

2

, · · · , x

n

. Le incognite x

i1

, x

i2

, · · · , x

il

si possono scegliere come variabili libere se e soltanto se il rango di A e’ uguale al rango della matrice che risulta da A dopo aver cancellato le colonne delle variabili x

i1

, x

i2

, · · · , x

il

. Inoltre, questo e’ possibile se e soltanto se esiste un minore d’ordine l non nullo nella matrice che risulta da A dopo aver cancellato le colonne delle variabili x

i1

, x

i2

, · · · , x

il

.

La dimostrazione e’ un semplice corollario della teoria sviluppata fino ad ora.

E’ interessante osservare che il teorema precedende e’ una versione lineare del Teorema della funzione implicita studiato nel corso di Analisi. Questo teorema permette di definire una funzione (vettoriale) usando un sistema di equazioni non necessariamente lineare.

Il polinomio caratteristico

Una matrice quadrata A ha associato un polinomio molto importante che si calcola usando il concetto di determinante. Questo polinomio si chiama polinomio caratteristico;

eccolo qui:

χ

A

(x) = det(A − xId) =

a

11

− x a

12

· · · a

1n

a

21

a

22

− x · · · a

2n

.. . .. . . .. .. . a

n1

a

n2

· · · a

nn

− x

Cioe’ si sottrae la x lungo la diagonale di A e si calcola il determinante.

Esempio 0.8. Ecco il polinomio caratteristico della matrice A = 1 2 3 4

 :

χ

A

(x) =

1 − x 2 3 4 − x

= (1 − x)(4 − x) − 6 = x

2

− 5x − 2.

(8)

Notare che mettendo 0 al posto della x risulta det(A) dunque il termine costante del polinomio caratteristico e’ il determinante di A.

Proposizione 0.9. Il polinomio caratteristico di una matrice n × n ha grado n.

Dimostrazione. E’ molto facile usando lo sviluppo di Laplace. 2 Ecco il polinomio caratteristico della matrice A = a b

c d

 :

χ

A

(x) =

a − x b c d − x

= x

2

− (a + d)x + (ad − bc)

Notare che il polinomio caratteristico della matrice nulla n × n e’ (−1)

n

x

n

e’ quello della matrice identica n × n e’ (1 − x)

n

.

Ecco un teorema importante.

Teorema 0.10. Sia A una matrice e P una matrice invertibile. Allora il polinomio caratteristico di A e’ uguale al polinomio caratteristico di P AP

−1

.

Dimostracione. La formula di Binet implica

det(P (A − xId)P

−1

) = det(P )det(A − xId)det(P

−1

) = det(A − xId) = χ

A

(x)

ma det(P (A − xId)P

−1

) = det(P AP

−1

− xId) = χ

P AP−1

(x) 2

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