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2021_04_15_Relazione tecnica illustrativa - Valutazione Rischio Idraulico (4342 KB)

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Rif.int. comm. 2109 _ pag. 1 di 44 Yannick Da Re

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Federico Tonet via Friuli n. 7 - Quaternario 3 - 31020 San Vendemiano (TV) |

Tel. 0438.400762 - Fax 0438.401248 | nuovaagepisrl@pec.it - nuovaagepisrl@gmail.com |

COMUNE, PROVINCIA:

Santa Lucia di Piave, Treviso

LAVORI:

VALUTAZIONE RISCHIO IDRAULICO PER L’AMBITO INERTI DEL PIAVE SRL COMITTENTI:

INERTI DEL PIAVE SRL PRATICA 2021/329 OGGETTO:

Relazione Tecnica Illustrativa

I TECNICI Yannick Da Re Iscr. Ing. TV A2257 Largo Cavallotti, 5.

Vittorio Veneto. TV.

tel. 043853442

yannick.dare@idrogeo.org Federico Tonet

Iscr. Geol. Veneto 604 via Friuli n. 7 - Quaternario 3 - 31020 San Vendemiano (TV) tel. 0438.400762

nuovaagepisrl@pec.it - nuovaagepisrl@gmail.com | DATA:

Aprile 2021 COMMESSA:

2109 – Rev.0 FIRME:

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SOMMARIO

1 Premessa e normativa vigente 5

2 Quadro conoscitivo 8

2.1 Inquadramento geografico storico del bacino fluviale di interesse 8

3 Cartografia pianificatoria idraulica 23

4 Inquadramento geologico 27

5 Valutazione Rischio Idraulico 31

5.1 Costruzione del modello idraulico dell’ambito 32

5.2 Parametri idraulici 35

5.3 Risultati della simulazione 36

5.3.1 Simulazione con t=10 h 37

5.3.2 Simulazione con t=36 h 38

5.3.3 Simulazione con t=50 h 39

5.3.4 Simulazione con t=69 h 41

5.3.5 Simulazione con t=192 h 42

5.4 Sezioni topografiche 43

6 Conclusioni 44

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1 PREMESSA E NORMATIVA VIGENTE VISTI

• La richiesta di integrazione pervenuta dalla Provincia di Treviso ufficio VIA del 29/03/2021 con nota prot 2021/0017535in riferimento alla domanda di Verifica assoggettabilità alla VIA per il rinnovo dell'autorizzazione di cui all’oggetto (prot. Prov. n.ro 10759 del 24/02/2021 e n.ro 10807 del 25/02/2021), la quale richiedeva quanto segue:

Per meglio comprendere la quota dell'area dove si trova l'impianto anche nei confronti del rischio che la stessa possa essere raggiunta dall'acqua in caso di piena del Fiume Piave, si chiede di produrre un elaborato che rappresenti, attraverso sezioni quotate (con quote ragguagliate ai riferimenti topografici/altimetrici dell'area) la situazione dell’area a partire dall’alveo attivo attuale del fiume Piave fino alla sommità arginale passando per l'impianto. Eventuali documenti in possesso del proponente che possano fin d'ora escludere con certezza ogni rischio di raggiungimento dell'acqua della quota dell'impianto in caso di piena sono ritenuti utili; le valutazioni devono considerare tutti i fattori di rischio presenti nell’impianto quali cisterne per l’accumulo di gasolio ed i cumuli di rifiuti. La documentazione va condivisa con l’ufficio preposto del Genio Civile di Treviso con un parere espresso sulle risultanze delle analisi.

• la normativa vigente in materia ed in particolare:

Direttiva Europea Quadro sulle Acque 2000/60/CE D.L. 3 aprile 2006 n.152

"Norme in materia ambientale"

Legge 179 del 31 luglio 2002

"Disposizioni in materia ambientale"

D.L. 18 agosto 2000 n.258 (rinvio al D.L. 11 maggio 1999 n.152)

"Disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo 11 maggio 1999 n.152, in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, a norma dell'art. 1, comma 4, della legge 24 aprile 1998, n.128."

D.L. 11 maggio 1999 n.152

"Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole"

D.P.R. 18 febbraio 1999 n.238

Regolamento recante norme per l'attuazione di talune disposizioni della legge 5 gennaio 1994 n.36, in materia di risorse idriche

Legge 3 agosto 1998 n. 267

"Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, recante misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regione Campania” (G.U. n. 183 del 7 agosto 1998).

D.P.C.M. 4 marzo 1996

"Disposizioni in materia di risorse idriche" (S.O. n. 47, G.U., s.g., n. 62 del 14.3.1996).

Legge 5 gennaio 1994 n. 37

"Norme per la tutela ambientale delle aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque pubbliche". (S.0. n. 11 alla G.U. - s.g. - n. 14 del 19 gennaio 1994).

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Legge 5 gennaio 1994 n. 36

"Disposizioni in materia di risorse idriche". (S.0. n. 11 alla G.U. - s.g. - n. 14 del 19 gennaio 1994).

Legge 7 agosto 1990 n. 253

"Disposizioni integrative alla legge 18 maggio 1989 n. 183, recante norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo". (G.U. -s.g. - n. 205 del 3 settembre 1990).

Legge 7 agosto 1990 n.241

"Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo"

Regio Decreto 14 agosto 1920 n.1285

"Regolamento per le derivazioni e utilizzazioni di acque pubbliche"

Regio Decreto 8 maggio 1904 n. 368

Regolamento sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi.

Regio Decreto 25 luglio 1904 n.523

"Testo unico delle disposizioni sulle opere idrauliche"

Legge regionale 26 marzo 1999 n.10

"Disciplina dei contenuti e delle procedure di valutazione di impatto ambientale".

Legge Regionale 8 maggio 1980 n. 52

"Interventi per la manutenzione e la sistemazione dei corsi d' acqua di competenza regionale" (B.U.R. 31/1980).

Leggeregionale 23 aprile 2004, n. 11

“Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio”

D.G.R.V. 06 ottobre 2009 n.2948

“Nuove indicazioni per la formazione degli strumenti urbanistici. Modifica delle delibere n.

3637/2002, n. 1322/2006 e n. 1841/2007 in attuazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 304 del 3 aprile 2009.”

D.G.R.V. 29 settembre 2009 n.2884

Piano di Tutela delle Acque. Approvazione di ulteriori norme di salvaguardia. (art. 121 del D.Lgs. n.152/2006; artt.19 e 28 L.R. 33/1985).

PIANO DI TUTELA DELLE ACQUE

Art. 121, Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”

ALLEGATO D della D.G.R.V. 15 maggio 2012 n.842 e aggiornamenti fino a DGRV 1023/2018

Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Tutela delle Acque PAT / PI ATTUALMENTE IN VIGORE

P.A.I. redatto dall’autorità di Bacino per il Bacino del Piave

SI REDIGE, la presente relazione idraulica al fine mettere in luce le aree soggette a maggior rischio idraulico nel caso in cui si verifichi un evento meteorico estremo.

Si evidenzia che la presente va a sostituire il capitolo idraulico ed idrogeologico presentato con gli elaborati di screening di cui ai prott. 10759 del 24/02/2021 e 10807 del 25/02/2021.

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SIMBOLOGIA UTILIZZATA:

h= altezza di pioggia dell’evento pluviometrico considerato Tr= tempo di ritorno dell’evento pluviometrico considerato φ = coefficiente di deflusso

τc= tempo di corrivazione

S= superficie del bacino considerato [km², hm²]

Q=portata calcolata [l/sec, m³/sec]

u= coefficiente udometrico = S

Q [l/sec·hm²]

j= intensità di precipitazione = h/t [mm/h]

Ks= coefficiente di scabrezza di Strickler [m1/3sec1] A= area della sezione liquida [m²]

D= diametro della condotta [m]

P= perimetro bagnato [m]

RH= raggio idraulico = A/P [m]

y= altezza del pelo libero misurata dal fondo [m]

i= pendenza del fondo [%]

g= peso specifico [N/m³]

Fr= numero di Froude [Ø]

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2 QUADRO CONOSCITIVO

2.1 INQUADRAMENTO GEOGRAFICO STORICO DEL BACINO FLUVIALE DI INTERESSE

La guida ed il riferimento del presente paragrafo è lo studio idrologico-storico dell’Ing. Giuseppe Pattaro del 1903, ed il piano stralcio per la sicurezza idraulica del medio e basso corso del Piave redatto dall’Autorità di Bacino ed in particolare il § 2.3 a cui si rimanda per approndimenti.

Il Piave ha origine nelle Valli dell’Oregone e di Sesis, da due sorgenti poste sui fianchi del Monte Paralba a 2.340 m.s.l.m.m., al confine fra le provincie di Belluno e Udine e a poca distanza dal confine con l’Austria. Tali flussi convogliano poco al di sopra di S. Pietro di Cadore ed il fiume inizia a scorrere entro la strettissima valle che porta a Perarolo lungo sostanzialmente l’asse Nord-Sud, incontrando S.Stefano, Lozzo, Lorenzago, Domegge e Pieve, dove è presente un invaso artificiale dovuto alla realizzazione della diga nel triennio 1946-1949. Lungo tale tratto vengono a riversare le loro acque nel Piave i torrenti Padola, Molinà, Ansiei e Boite.

Proseguendo nel suo percorso, il fiume incontra le località di Ospitale, Castellavazzo, Longarone, Fortogna e Ponte nelle Alpi, e raccoglie le acque dei torrenti Tovanella, Vajont, Maè, Desedan ed il fiumicello Rai emissario del Lago di S. Croce.

Nella località di Ponte nelle Alpi, si assiste ad una deviazione piuttosto brusca dell’asse fluviale, che inizia a scorrere in direzione Nord-Est / Sud-Ovest verso la città di Belluno. In questo tratto incontra le località di Salce, Limana, Trichiana e Mel, assorbendo i tributi dell’Ardo, del Cicogna, del Limana e del maggiore affluente, il Cordevole. Dopo tale affluente, il Piave inizia a modificare nuovamente il suo percorso, riportandosi verso la direzione di scorrimento Nord-Sud una volta giunto a Pederobba. Lungo questo tratto, tocca Marziai, Vas, Segusino e Fener, incidendo con le sue acque la ruga dei monti che formano confine fra le provincie di Belluno e Treviso attraverso la stretta di Quero e raccogliendo le portate del Sonna, del Caorame e del Tegorzo.

Raggiunta quindi la fascia collinare della Pianura Veneta, il corso d’acqua muta nuovamente la sua direzione di scorrimento, che si attesta lungo l’asse Nord-Ovest / Sud-Est, che mantiene fino alla sua foce nel Mare Adriatico presso il porto di Cortellazzo. Durante questo ultimo tratto lambisce gli abitati di Onigo, Vidor, Falzè, Nervesa, Priula, Cimadolmo (dove è presente l’attività estrattiva oggetto del presente studio), Saletto, Ponte di Piave, Salgareda, Zenson, Noventa, Fossalta, S.

Donà, Musile, Grisolera e Revedoli.

Quest’ultimo tronco raccoglie i tributi dei torrenti Curogna, Raboso e Solido nella fascia collinare, e quelli dei fiumicelli Negrisia e Fontana bianca nella pianura, dove si riscontrano altresì numerose canalizzazioni di origine antropica a vario uso.

Osservando nel suo complesso l’andamento planimetrico del Piave, è possibile riscontrare alcune peculiarità geometriche interessanti:

a) In linea d’aria, la foce ed la sorgente, distanti circa 122km, risultano quasi allineate lungo lo stesso meridiano;

b) La prima parte del percorso montano del Piave segue con buona approssimazione un arco di circonferenza con raggio 50km, per poi raccordarsi linearmente con una semicirconferenza di raggio 12 km durante il passaggio fra i monti che segnano il confine fra le provincie di Belluno e Treviso, per poi procedere quasi secondo una linea retta inclinata di circa 40%

rispetto all’orizzontale verso la foce, attraversando la Pianura Veneta;

Si riporta nell’immagine seguente la visualizzazione grafica di quanto finora esposto, su base cartografica Google Satellite.

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Dal punto di vista morfologico è possibile distinguere, come avviene per la gran parte dei corsi d’acqua principali, tre unità principali:

I. Tronco torrentizio, che si estende dalla sorgente lungo tutto il Cadore ed il Bellunese, e risulta caratterizzato da alveo di larghezza variabile, influenzata dai monti circostanti, e pendenze anche superiori all’ 1%, a volte limitate da alcune opere antropiche di trattenuta.

Dal punto di vista granulometrico, le elevate pendenze possono trasportare materiale lapideo di notevoli dimensioni durante eventi alluvionali intensi Il limite di tale prima unità può essere assunto indicativamente a Fener.

II. Tronco fluviale-torrentizio, che si estende da Fener a Zenson di Piave, si riscontrano pendenze moderate, dell’ordine dello 0,35% fra Fener e Priula, dello 0,18% fino a Bocca

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Callalta (oggeto del modello idraulico che verrà illustrato nel presente Studio) ed infine dell’

0,12% fino a Zenson. Le velocità comunque importanti che si riescono a sviluppare vanno a creare un letto di ciottoli e ghiaie, suddiviso in rami di flusso che sovente mutano il loro corso, spostandosi entro l’alveo.

III. Tronco fluviale, che raggiunge da Zenson la foce, dove si riscontrano pendenze molto ridotte, che da un massimo di 0,017% decrescono fino a sotto al 0,010% avvicinandosi al Mare Adriatico. In questo tratto il fiume scorre lungo alveo incassato e stretto fra sponde fisse, sulle quali sono state realizzate adeguate arginature di contenimento delle piene ai fini della difesa idraulica degli insediamenti antropici, ed il trasporto solido in condizioni di portata media consente il deposito di materiali sempre più fini, in accordo con la pendenza decrescente. Risulta più marcato, avvicinandosi alla foce, l’effetto di interazione fra corso d’acqua e mare, e, nel caso di piena, il profilo rigurgito dovuto alla condizione al contorno del Mare Adriatico ed alla stretta presente a Zenson.

Negli anni, si è assistito ad una progressiva riduzione della portata transitante, che, considerato il punto di chiusura del bacino montano (Nervesa della Battaglia), dai 130 m3/s medi di inzi ‘900 con una magra di 40-50 m3/s, si è giunti alla necessità dell’intervento antropico per mantenere una portata minima di 5 m3/s nei mesi estivi. Tale modifica di regime idrologico ha altresì causato un notevolissimo aumento della vegetazione all’interno dell’alveo del fiume come si evince dal raffronto tra queste due foto aerre. La prima del 1954 e la seconda da google maps 2021.

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Per quanto riguarda le piene storiche si rimanda al § 2.3 già citato in precedenza del piano stralcio dal quale estrapoliamo qui solo le piene del 1882, del 1966 ed integriamo quella del 2018 (essendo lo studio del 2001):

16 settembre 1882 - La piena che interessò l’intero bacino del F. Piave nel settembre del 1882, fu causata da un evento meteorologico a vasta scala, che diede luogo, come la definisce IL GAZZETTINO del 12 settembre, ad ”una sventura poco meno che globale” che colpì oltre, che gran parte dell’alta Italia dal Ticino al Tagliamento, l’Austria, la Germania, parte del Belgio, i Paesi Bassi ed, oltre oceano, gli Stati Uniti. L’Ufficio centrale di meteorologia presso il Ministero dell’Agricoltura e del Commercio alla fine di settembre pubblicò (L’ADIGE, 4 ottobre1882) il bollettino d’informazioni relativo alla seconda decade del mese, che riporta: “Le piogge copiosissime, torrenziali che si verificarono in questa decade, ma specialmente dal 1 al 19, le quali furono cagione di così tremendi disastri nel Veneto, si devono alla persistenza di due depressioni atmosferiche, le quali persistettero per ben 7 giorni l’una di qua l’altra di là delle Alpi, mantenendo i loro centri in continua oscillazione. La depressione al di là dei monti si mantenne quasi sempre a NNE;

la posizione del centro di quella al di qua oscillò tra il Golfo di Genova ed il Veneto. In causa della reciproca posizione di questi due cicloni furono le Alpi del Nord e del NE quelle sulle quali si operò la massima condensazione del vapore acqueo…Si aggiunga a quest’enorme quantità d’acqua la neve caduta, la quale, sotto l’influenza delle piogge e delle correnti meridionali, si sarà sciolta, e che in alcuni casi basterebbe da sola a produrre le piene...”. Tale piena, che il VOLLO, (1942), definì “il triste caposaldo delle funeste vicende idrauliche nei fiumi veneti” si manifestò probabilmente in tutti gli affluenti del Piave; notizie sicure si hanno circa le piene del Padola, del Liera, del Boite e dei suoi affluenti: Secco e Valbona, del Maè, del Cordevole e dei suoi affluenti: Fiorentina, Biois, Tegosa, Gazzaro, Mis, del Aldeghe, del Grande e del Verses e del Rai. I danni furono concentrati, per lo più, sulla rete viaria per crolli di ponti e franamenti di strade. Più rilevanti furono nel Comelico (10 vittime) e nell’Alpago per frane e a Cencenighe (parecchi morti) per il verificarsi di allagamenti. Negli “Annali di Agricoltura” del 1882, a proposito degli effetti morfologici indotti dalle piene e del loro rapporto con il disboscamento dei monti, si rileva:

Nel Comelico inferiore il Piave straripò per l’enorme massa d’acqua e di materiale che colava dai suoi versanti e “inghiaiò”

la strada nazionale presso Santo Stefano.

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Tel. 0438.400762 - Fax 0438.401248 | nuovaagepisrl@pec.it - nuovaagepisrl@gmail.com | Il torrente Digone le cui sponde sono costituite da rocce di scisto micaceo si caricò di una grande quantità di detriti e disalveò.

Nel Padola i cui fianchi vallivi erano ricoperti di foreste resinose, non furono registrati danni.

Nel bacino dell’Ansiei, nei giorni dal 15 al 17, cadde una pioggia torrenziale, ma, mentre nel distretto di Auronzo non si ebbero danni gravi, fatto sicuramente imputabile alla protezione offerta dalla folta vegetazione a foreste d’abeti, che ricopre non solo la vallata, ma tutto il circondario, in altre zone, come nelle frazioni di Reane e Rizzo, dove i boschi erano stati sostituiti da pascoli, si verificarono erosione e scoscendimenti che, in concomitanza con l’innalzamento del letto del torrente, determinarono l’asporto dei muri a secco di difesa e dei terreni adiacenti.

Il torrente Boite, il cui bacino è in generale meno boscato di quello del distretto di Auronzo, nell’occasione della piena del settembre del 1882, come in quelle precedenti, si caricò straordinariamente di pietrisco.

Il Piave nei pressi di Longarone apportò gravissimi danni per l’inondazione e la distruzione degli opifici e della strada nazionale.

La vallata di Zoldo è ben boscata, ma il Maè, che scaturisce da una morena dolomitica, nel discendere si caricò di un elevata quantità di detrito, anche di grosse dimensioni, che depositò in località Dont provocando danni alla strada per Forno di Zoldo.

Si registrò un elevato trasporto solido anche per il Pramper che deviò il Maè contro il Paese inghiaiandolo.

Dal Mis furono asportati i terreni in cui la coltivazione era stata “ incautamente spinta fino alle ripe e perfino dentro il letto del torrente stesso”. I danni del torrente Aldega si limitarono alla corrosione delle proprie sponde, all’innalzamento del suo letto e all’asporto di alberi.

Anche l’alveo del Fiorentina e quello del Pettorina subirono un notevole innalzamento. Il detrito trascinato nel Cordevole insieme a quello proveniente direttamente dai versanti dello stesso, produsse un allagamento nell’abitato di Caprile e

“l’inghiaiamento” delle campagne circostanti.

Il notevole innalzamento del letto del torrente Biois fu dovuto oltre che all’erosione delle proprie sponde alla grande quantità di materiale detritico proveniente dal Marmolada.

Il Tegnas disalveò ed allagò parecchi fondi coltivati seppellendone una parte.

Il torrente Runal, il cui letto era più alto del paese di Farra d’Alpago, inghiaiò la campagna attorno al paese il quale rimase protetto da una diga.

Nel Bacino del Tesa e della Val Turcana si verificarono delle frane superficiali dovute, probabilmente, alla coltivazione di versanti poco stabili.

Anche il Veses ed il Caorame trasportarono un’ingente quantità di ghiaia e massi nel Piave.

La vallata del Piave , stretta fino a Belluno si allarga da Belluno a Feltre, qui il fiume subì per tutta l’estensione un innalzamento sensibile e la forza della corrente divelse delle isole boscate a selci ontani e pioppi, cresciute nel suo alveo, chiamate Saletti.

“In comune di Feltre l’innalzamento del letto del torrente Colmeda ad opera della corrosione delle sue sponde e del trasporto solido del suo affluente Porfila, determinò il disalveamento la parte bassa della città fu salvata dal pronto innalzamento degli argini e dalla demolizione del ponte della strada nazionale che era stato ostruito dalle ghiaie.”

Anche in pianura la piena del settembre 1882 ebbe un effetto devastante. Gli argini furono sormontati per un’estensione totale di 29.450 metri; straripamenti si verificarono in molte delle zone non arginate, mentre negli argini si verificarono numerose rotte.

Gli allagamenti, aggravati dal contemporaneo straripamento del Monticano, le cui acque si unirono a quelle del Piave, si estesero a quasi tutto il territorio da Nervesa al mare.

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Tel. 0438.400762 - Fax 0438.401248 | nuovaagepisrl@pec.it - nuovaagepisrl@gmail.com | Nella sola Noventa 1500 persone rimasero senza tetto. In alcuni punti l’acqua invase il territorio con un’altezza di 5 metri trasportando rilevanti quantità di sabbia e ghiaia che si depositarono formando spessi strati. Anche le case furono invase dalle acque con un’altezza che in alcuni casi superava i due metri … I territori nei Comuni di Noventa e di San Donà rimasero allagati per un periodo di tempo che arrivò ai due mesi (CALEFFA, GOVI, VILLI 1992). Le rotte arginali causate da sormonto e concentrate nella fase di decrescita della piena furono 6: di cui le più importanti erano in destra una a Zenson di 160 metri di ampiezza e due in Comune di Jesolo nelle località Canal Calmo e Gaiola delle ampiezze rispettivamente di 50 e 210 metri; altre sei, di piccole dimensioni, si manifestarono nel territorio dello stesso comune per la lunghezza complessiva di 140 metri. Anche in sinistra si ebbero tre rotte; la prima presso l'abitato di Salgareda della lunghezza di 134 metri, la seconda a Montiron di 80 metri e la terza a Sabbionera, in Comune di Noventa, di 200 metri.

Inoltre sempre in sinistra, si manifestarono tre rottacci nel tratto compreso tra ponte di Piave e Salgareda per una lunghezza totale di 47 metri.

Le piogge cominciarono ai primi di settembre ed alla metà del mese si manifestarono le più elevate altezze idrometriche, che culminarono durante il pomeriggio e la sera del 16 settembre, dopo di che, si ebbe la decrescita interrotta da varie riprese.

“La piena durò sette giorni impiegando solamente sedici ore per raggiungere il colmo e centoquarantasette ore per discendere al segno di guardia”.

A Zenson venne raggiunta, al colmo, l'altezza di 10,80 m, superando così di 0,74 m il livello di massima piena conosciuto (I851); a Priula la quota idrometrica al colmo fu di 3,45 m (superando di m. 0,53 la massima piena del 1825).

E’ a questa piena che si deve il taglio del meandro di Musile.

Alleghiamo di seguito la carta alluvionale redatta dall’autorità di bacino per la piena del 1882.

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Tel. 0438.400762 - Fax 0438.401248 | nuovaagepisrl@pec.it - nuovaagepisrl@gmail.com | 3/6 novembre 1966 - Il nubifragio che causò l’evento alluvionale del novembre 1966 fu contraddistinto da una diffusa e contemporanea distribuzione delle piogge che si verificarono con continuità e con persistenza dalle ore 6 del 3 novembre per circa 40 ore; l’intensità di pioggia, inoltre, aumentò nel tempo. La situazione fu, aggravata dal verificarsi contemporaneo dell’alta marea che ostacolò il deflusso delle acque fluviali, oltre ad allagare con la propria acqua vasti tratti della pianura costiera. In tale occasione in quasi tutti i corsi d’acqua furono superati i massimi livelli idrometrici precedenti. Sul Piave, all’idrometro di Segusino, il colmo fu raggiunto alle ore 18 del 4 novembre 1966 con incremento medio orario di 0,20 metri e altezza massima di 6,48 metri superiore di 1,20 alla massima registrata in corrispondenza della piena del 3 settembre 1965.

Scriveva la Rassegna Economica a cura della Camera di Commercio Industria ed Artigianato ed Agricoltura di Belluno Sui “I danni dell’alluvione nella Provincia di Belluno (3–4 novembre 1966)”: ”L’alluvione del 3 e 4 novembre ha assunto caratteristiche e proporzioni eccezionalmente catastrofiche. I torrenti ed i fiumi di montagna, gonfiati oltre misura dallo scioglimento repentino di abbondante neve caduta nei giorni precedenti, nonché da precipitazioni

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Tel. 0438.400762 - Fax 0438.401248 | nuovaagepisrl@pec.it - nuovaagepisrl@gmail.com | particolarmente intense e continue hanno distrutto chilometri e chilometri di strade, hanno asportato abitazioni, opifici, stalle, hanno sommerso interi paesi con massi e melme. Una buona parte dei terreni sciolti, posti in pendio e poggianti su strati di marna e di argilla imbevutisi in maniera eccezionale di acqua, sono scivolati verso valle, provocando dissesti di estensioni enormi in tutte le vallate della provincia. L’enorme massa di terra e di detriti rocciosi portati a valle dalle acque hanno riempito gli alvei dei torrenti e dei fiumi, i quali oggi scorrono spesso alcuni metri al di sopra del vecchio letto, con la minaccia di nuove inondazioni alla più piccola piena. Il vento ha imperversato con una violenza particolare recando danni specialmente gravi ai boschi. Le vittime umane sono state 24 ed i danni vengono stimati intorno ai 50 miliardi di lire.”

Nel bacino montano le località maggiormente colpite sono state: California e Gosaldo , interamente distrutti, Caprile , Forno di Zoldo, Puos d’Alpago, Ponte di Piave, Fossalta di Piave.

Il fenomeni di allagamento più importante si ebbero presso il Lago di Santa Croce, essendosi estesi non soltanto nelle zone circostanti il lago, ma, anche, a tutto il fondovalle del T. Rai, dal Lago di Santa Croce al Piave. I torrenti Tesa, Valda e Runal depositando lungo l’alveo il materiale solido che trasportavano provocarono rigurgiti ed allagamenti di vaste zone e i centri di Puos e Farra d’Alpago.

A Cencenighe Agordino alla confluenza del Cordevole con il Biois tutte le case furono asportate e fu travolto il cimitero, le vittime umane furono 10.

Vittime anche a Falcade (11) per la caduta di una frana, a Vallada (2) ed ad Agordo (1). Ingenti danni si registrarono anche nel Comelico per numerose frane;10 furono le vittime.

La nota di commento alla carta delle alluvione del novembre 1966 nel Veneto e nel Trentino alto Adige (Atti del XX Congresso Geografico Italiano, 1971, V II Tomo I “ Le calamità naturali nelle Alpi.”) riporta: “Le numerose frane hanno interessato quasi esclusivamente i terreni di copertura, un aspetto caratteristico è costituito, infatti, dalle piccole frane comunemente chiamate “ boe” provocate dall’eccezionale imbibizione del terreno; dissesti più imponenti si sono verificati dove vengono a giorno gli scisti prepermiani come nella valle del Mis…Nel bacino del Cordevole e del Maè, ,l’erosione di torrenti, l’intenso ruscellamento e le frequenti frane, anche di grandi proporzioni hanno in più luoghi sconvolto il paesaggio delle valli. Tra le zone più colpite si ricordano ancora l’ampia conca di Cortina, modellata su terreni marnosi ed arenacei del Carnico inferiore. Intensamente colpita anche l’area dell’Alpago, in cui sono diffuse le formazioni flyscioidi dell’Eocene-Oligocene spesso ricoperte da depositi morenici”. Effetti morfologici rilevanti si sono verificati, anche, sui massicci dolomitici della Croda Grande e del Monte Pizzon nell’Agordino, delle Cime di Mezzodì e del Bosconero nello Zoldano. Qui le forti pendenze i frequenti Camini, le fessure e i valloni hanno favorito l’incanalamento delle acque verso il piede delle pareti trascinando una gran quantità di detriti che, però, raramente raggiunsero la valle.

I livelli idrometrici dei corsi d’acqua maggiori hanno superato tutti i valori raggiunti precedentemente e l’elevata erosione laterale provocò molte frane per scalzamento. Il fenomeno fu particolarmente grave nei luoghi, come Selva di Cadore e Rivamonte Agordino nei quali i depositi morenici, costituenti i versanti, erano già stati resi instabili dall’elevata infiltrazione.

Nella val Fiorentina, nella val Visdende e nella valle del Mis, durante l’alluvione, il fondovalle fu più volte momentaneamente ostruito da frane di grossi blocchi frammisti a tronchi d’albero, che diedero luogo alla formazione di laghi. Sotto la spinta delle considerevoli masse d’acqua le ostruzioni hanno ceduto e le potenti ondate hanno spazzato i fondo valle. Dove queste valli erano strette, come la valle del Torrente Gosalda, affluente del Mis, le erosioni laterali hanno provocato dei cedimenti a catena e l’apporto in alveo di ulteriore materiale. Colpiti da questo fenomeno l’abitato di California (Gosaldo) che ne rimase completamente distrutta, Don e Caprile.

In pianura si verificarono 14 rotte arginali di cui 12 in destra tra Boccacallalta e Saletto, e 2 in sinistra a monte di Ponte di Piave. (MLLPP, Ufficio Idrografico del Magistrato alle Acque - Venezia “La piena dei fiumi veneti nel novembre del 1966 – Caratteri generali.”)

Furono allagate le zone a nord del Montello alla confluenza del fiume Raboso, e una vasta fascia di pianura quasi continua da Nervesa, al mare, compresa tra il Sile in destra ed il Livenza in sinistra.

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Tel. 0438.400762 - Fax 0438.401248 | nuovaagepisrl@pec.it - nuovaagepisrl@gmail.com | Come mostra la Carta dell’alluvione del novembre 1966 nel Veneto e nel Trentino Alto Adige, ed effetti morfologici ed allagamenti (Atti del XX Congresso Geografico Italiano, 1971, V II Tomo I “ Le calamità naturali nelle Alpi.”) le superfici allagate raggiunsero l’estensione di circa 20.000 ettari, estendendosi praticamente a tutte le zone di bonifica in sinistra Piave. Dalle fonti cronachistiche si è ricavata notizia della rotta di Fagaré in Comune di S. Biagio di Callalta e del allagamento della maggior parte del territorio comunale dei Comuni di Zenson, Fossalta, Meolo, Monastier e Musile.

Di seguito la carta alluvionale della piena del 1966:

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Lo schema a tabella delle pagine seguenti evidenzia in grassetto località e date di eventi di inondazione subiti quando l’assetto planimetrico delle opere di regimazione e difesa idraulica era simile a quello attuale. Il simbolo (§) evidenzia le rotte a cui è lecito pensare sia seguito un evento di inondazione.

La lettera A sta per Autunno.

COMUNI IN DESTRA PIAVE Località

DATA COMUNI IN SINISTRA PIAVE Località

DATA PEDEROBBA

Le Crode 1966/11

VIDOR

Golena a sud di Tessitura 1966/11 CROCETTA DEL MONTELLO

Rivette

Territorio comunale

1953/10 1966/11

MORIAGO DELLA BATTAGLIA

*(dal Rosper) Isola dei morti

1950/12 1966/11 NERVESA

1828/10

SERNAGLIA DELLA BATTAGLIA

1966/11

Primi Gregori Case Brait (a sud)

Terr. comunale 1882/A

Campagnole 1953/10

Campagnole 1966/11

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Tel. 0438.400762 - Fax 0438.401248 | nuovaagepisrl@pec.it - nuovaagepisrl@gmail.com | SPRESIANO

Terr, comunale

Tra Corazzin e Palazzon tra (§)

1882/09 1966/11

SUSEGANA Terr. comunale

Grave

1882/09 1928/10 MASERADA SUL PIAVE

1858/00

SANTA LUCIA DI PIAVE

1882/09

Candelù Terr. comunale

Case Pradano 1928/11

Candelù 1951/11

Maserada 1953/11

Maserada 1956/09

Terr. Comunale 1965/09

Candelù 1966/11

BREDA DI PIAVE Saletto (§)

Saletto (§) Casoni e Saletto Sette Casoni San Bartolomeo

1882/09 1926/0 1953/10 1966/11 1966/11

MARENO DI PIAVE

Terr. comunale 1882/09

SAN BIAGIO DI CALLATA S: Andrea di Barbana (§) S: Andrea di Barbana (§) Territorio Comunale Fagarè

Terr, Comunale S. Andra di Barbana (§)

1823/10 1825/12 1882 1953/10 1965/09 1966/11

CIMADOLMO Cimadolmo

Cimadolmo (§) Stabiuzzo (§) Terr. comunale Biffis

Stabiuzzo (§)

1825/09 1825/12 1882/09 1882/A 1936/01 1951/11 1966/11

Fagarè e (§) Case le Grave 1951/11

Savoini 1953/10

San Michele (presso) 1966/11 MONASTIER

Terr. Comunale 1966/11 ORMELLE

Territorio Comunale Loc. Roncadelle Terr. comunale

1882/A 1926/09 1966/11 ZENSON

Abitato (§)

A monte e a valle dell’abitato Ter. comunale

Terr, comunale Terr, comunale Terr, comunale Terr, comunale

1825/12 1851/11 1882/09 1903/10 1953/10 1965/09 1966/11

PONTE DI PIAVE A monte dell’abitato (§) Territorio comunale Territorio comunale Abitato

Presso P di P.

Territorio comunale Case Bazzo , Borgo Fontana Borgo Lorenzoni

Borgo Roma Fontane

1868/10 1882/09 1885/10 1951/11

1953 1965/09 1966/11

FOSSALTA DI PIAVE Terr, Com. (§)

Terr. Comunale (95%)

1851/11 1966/11

SALGAREDA Salgareda (§)

Montiron (§) Territorio comunale Salgareda Territorio comunale Salgareda

Terr. comunale (tutto)

1825/12 1851/11 1882/A 1885/10 1903/11 1953/10 1966/11

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Tel. 0438.400762 - Fax 0438.401248 | nuovaagepisrl@pec.it - nuovaagepisrl@gmail.com | MUSILE

Musile (§) Fronte Moretto (§) Fronte Moretto Fronte Moretto Loc. Gonfo

Terr. Comunale (99%)

1851/11 1882/10 1885/10 1889/10 1903/10 1966/11

NOVENTA A monte di Noventa (§) A valle di Noventa Lampol (§) Terr. comunale Sabbionera (§) Romanziol (§) La Favorita (§) Sabbionera (§) Terr. Comunale

1825/12 1825/12 1851/11 1882/A 1882/09 1882/09 1882/10 1882/10 1966/11 SAN DONA’

Musetta (§) Musetta (§) Arg sin (§)

1823/10 1825/12 1828/10

ERACLEA Grisolera (§)

Terr. comunale Terr. comunale

1851/11 1882/A 1966/11

Terr. comunale (§) 1882/09

Intesatura (§) 1882/10

Gonfo Musetta 1889/10

Svolta Goffolo 1889/10

Testadura (§) 1903/10

Terr. Comunale 1966/11

MEOLO

Terr. Comunale (90%) 1966/11 JESOLO

1882/09 Loc. Gaiola (§)

Loc. Canal Calmo (§) 1882/09

Loc. Gaggiola 1889/10

27/30 Ottobre 2018 – VAIA (fonte ARPAV)

Da sabato 27 ottobre alla mattinata di martedì 30 il Veneto è stato interessato da una prolungata fase di marcato maltempo, con precipitazioni estremamente abbondanti sulle zone montane e pedemontane, anche a carattere di forte rovescio e temporale, e un marcato rinforzo dei venti meridionali, soprattutto sulle zone montane e costiere, che in alcune fasi sono stati molto forti. Sulla pianura centro meridionale le precipitazioni sono state più discontinue e di entità assai inferiore. Spesso si sono verificati rovesci e temporali con intensità di pioggia particolarmente elevate: in alcune stazioni, soprattutto del Bellunese e nella seconda parte di lunedì, sono state registrate precipitazioni di 30-50 mm in un’ora, valori ancor più significativi in considerazione della stagione. La mappa mostra le precipitazioni (in mm) cadute sul Veneto tra il 27 ed il 30 ottobre 2018.

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Tel. 0438.400762 - Fax 0438.401248 | nuovaagepisrl@pec.it - nuovaagepisrl@gmail.com | Di seguito si riportano alcuni valori di precipitazione, misurati dalle stazioni pluviometriche Arpav durante l’intero evento.

Bellunese centrale: 715.8 mm a Soffranco (Longarone), 658 mm a Sant’Andrea (Gosaldo), 636 mm a Col di Prà (Taibon Agordino) 565.4* mm ad Agordo, 548.2 mm a Cencenighe e 430.6 mm a Forno di Zoldo.

Bellunese meridionale: 439.2 mm a Valpore (Seren del Grappa), 432.6 mm a Feltre e 411.8 mm a Col Indes (Tambre d’Alpago).

Prealpi Vicentine occidentali: 431 mm a Rifugio la Guardia (Recoaro Terme), 430.4 mm a Contrà Doppio (Posina), 426.6 mm a Castana, 423.6 mm a Valli del Pasubio e 415.4 mm a Turcati (Recoaro Terme).

Significativi anche i 595.4 mm caduti a Sappada.

Per diverse stazioni del bellunese, i quantitativi di precipitazione registrati nell’intervallo tra 1 e 4 giorni costituiscono record assoluti almeno dal 1992, anno di attivazione della rete di monitoraggio Arpav. Per effetto delle elevate temperature favorite dal flusso sciroccale, il limite della neve si è mantenuto prevalentemente al di sopra dei 2200-2400 m di quota per tutta la durata dell’evento.

Di seguito la misurazione di portata eseguita sul Ponte di Piave da ARPAV (relazione 05/19)

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Riportiamo ora delle foto relative all’evento del 2018 realizzate nei pressi dell’area occupata dall’impianto della Inerti del Piave, oggetto della presente:

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Tel. 0438.400762 - Fax 0438.401248 | nuovaagepisrl@pec.it - nuovaagepisrl@gmail.com | Piena 30/10/18

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3 CARTOGRAFIA PIANIFICATORIA IDRAULICA

Riportiamo di seguito la cartografia di settore partendo per la carta delle pericolosità idrauliche redatta dall’Autorità di Bacino:

L’area in oggetto si trova quindi all’interno dell’area fluviale

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Riportiamo ora la tavola delle criticità:

Riportiamo ora le varie tavole del Piano di Gestione del Rischio di Alluvioni 2015-2021 redatto dal Distretto idrografco delle Alpi Orientali con indicate le aree allagabili con tempo di ritorno 300 anni:

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4 INQUADRAMENTO GEOLOGICO

L’ambito su cui insiste l’area di studio ricade in una situazione di alta pianura in prossimità del passaggio con la bassa pianura comprendente la linea delle risorgive.

La genesi del territorio dal punto di vista geologico è legata alla storia tettonica e strutturale della catena alpina e ai diversi cicli glacio-eustatici che hanno partecipato all’evoluzione dei sistemi deposizionali della Pianura Veneto – Friulana. L’alta pianura è caratterizzata dalla presenza della parte più prossimale dei grandi conoidi alluvionali, depositati dai corsi d'acqua principali quando il loro regime era nettamente diverso da quello attuale e caratterizzato soprattutto da portate molto elevate (per lo scioglimento dei ghiacciai durante la fase cataglaciale) e da un conseguente trasporto solido imponente a causa dello smantellamento degli apparati morenici che intasavano le valli prealpine.

Il sottosuolo della media Pianura Veneta è caratterizzato dall’alternanza di livelli limoso argillosi impermeabili con letti ghiaioso-sabbiosi alluvionali.

Questi contengono falde in pressione che, verso monte, sono idraulicamente collegate al grande acquifero unitario, di tipo freatico, presente nel sottosuolo ghiaioso indifferenziato dell’alta pianura veneta. La sezione tipo, rappresentata nella figura seguente espone al meglio quanto descritto.

Schema del sottosuolo dell’Alta e Bassa Pianura

L'assetto geolitologico generale risulta dunque abbastanza semplice poiché si è formato in seguito alle successive deposizioni del Piave durante il periodo Olocenico. Al contrario non è altrettanto facile definire con esattezza la granulometria dei sedimenti, Infatti la posizione a cavallo tra l'alta e la bassa pianura comporta una loro continua variazione, risultando così difficilmente identificabili, poiché le variazioni sono continue. La successione litostratigrafica del sottosuolo risulta di significativa importanza. L’alternanza di letti a permeabilità ridotta che isolano orizzonti ghiaioso- sabbiosi portano alla formazione di una serie di acquiferi artesiani potenzialmente sfruttabili. Il Fiume Piave nel tratto oggetto di studio è inquadrabile all’interno del geosistema planiziale, che è compreso tra il geosistema collinare e la linea delle risorgive.

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In particolare, a valle di Nervesa, è presente un materasso alluvionale costituito in prevalenza da depositi grossolani, ghiaiosi e molto permeabili. I ciottoli dello scheletro sono ben arrotondati, spesso mostrano una debole isoorientazione che può simulare una pseudostratificazione. Localmente, a rilevante profondità, sono presenti letti cementati che vanno a costituire i conglomerati. L’alveo fluviale è costituito da ghiaie e sabbie con ciottoli depositate in epoca recente; essi sono ancora oggetto di rimaneggiamento da parte dei flussi idrici, perlomeno in occasione delle piene più significative. Si tratta quindi di sedimenti sciolti con bassa densità e pseudostratificazione quasi indistinta; spesso sono saturi. A volte riescono a drenare le piene del fiume grazie all’alta permeabilità.

Scendendo verso Sud e abbandonata l’alta pianura, i depositi di ghiaie e sabbie grossolane lasciano spazio a sedimento sempre più fine costituito da sabbie, limo e argille fino ad arrivare alla foce. La progressiva differenziazione delle strutture sedimentarie da monte a valle, determina conseguentemente caratteri idrogeologici differenti. Si passa infatti da un sistema acquifero indifferenziato di tipo freatico a monte, ad un sistema multifalde a valle, in stretta connessione l’uno con l’altro.

Estratto della Carta Litostratigrafica del Veneto

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Come si può notare dall’estratto della Carta Litostratigrafica del Veneto, l’alta pianura che va dallo sbocco del fiume Piave in pianura, cioè da Nervesa della Battaglia fino a circa l’inizio delle Grave di Papadopoli è caratterizzata da ghiaie e sabbie. Scendendo verso valle fino ad arrivare circa a San Donà di Piave troviamo delle alternanze di ghiaie e sabbie con limi e argille che vanno a costituire la fascia della media pianura e infine, il tratto terminale è caratterizzato da limi e argille in prevalenza, tipico sedimento della bassa pianura.

Da un punto di vista idraulico l’area di intervento si colloca nel tronco intermedio del Piave con caratteristiche di fiume torrentizio, tale tratto va indicativamente da Fener a Zenson di Piave, conservando delle pendenze rilevanti: da Fener a Ponte Priula circa 3.5‰, a Bocca Callalta 1.8‰, e di qua fino a Zenson di Piave circa 1.2‰. Anche in questo tratto intermedio, come nel tronco superiore essenzialmente torrentizio, scorre con forte velocità su un vasto letto di ciottoli e ghiaie, suddiviso in rami che spesso mutano il loro corso. La larghezza dell’alveo non è mai superiore a 1000 m.

Tronco intermedio F. Piave: Fener – Zenson di Piave

In particolare si colloca a circa 8,5 km dalla stretta di Nervesa, in corrispondenza della quale il corso del Piave si allarga a ventaglio fino alla fascia delle risorgive dove la transizione con l’unità del Piave di Nervesa di Bassa Pianura si realizza attraverso digitazioni coincidenti con le principali paleo- direttrici fluviali. Il Piave, caratterizzato da un tipico letto largo a canali intrecciati attraversa l’unità in senso mediano, in direzione sudest. La transizione tra Alta e Bassa Pianura è ben marcata dalla

Tronco Intermedio F.

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fascia delle risorgive. Numerose le tracce di paleoalvei specialmente lungo le principali direttrici di antico scorrimento del Piave rappresentate da dossi che si dispongono a ventaglio sulla superficie dell’unità.

L’alveo attuale del Piave in corrispondenza dell’area di intervento è contraddistinto da fondo mobile, molto largo e poco profondo, per la gran parte di tipo braided.

Il sistema a canali intrecciati. Nei paleocanali si trovano i suoli più profondi, mentre nelle barre i suoli più sottili e ghiaiosi. (dalle note Illustrative ARPAV “Carta dei suoli del Veneto – anno 2005)

Il suo tracciato è stato interessato da migrazioni laterali dell’alveo con fenomeni di erosione di sponda, deposizione di barre fluviali e abbandono di tracciati.

Il profilo trasversale del fondo è caratterizzato da una curva concava verso l’alto che evolve verso valle diventando praticamente orizzontale alla foce. Evidentemente, le pendenze condizionano la velocità di scorrimento dell’acqua, le quali, la quale è nell’ordine di più m/s nei tronchi montani, diminuiscono gradatamente verso la foce fino a ridursi, in condizioni di magra ordinaria a 0.2-0.3 m/s. A tale diminuzione contribuisce anche il flusso di marea, la cui influenza si fa sentire fino a Zenson a circa 30 km dalla foce. L’area di cui trattasi non è dunque condizionata da tale fenomeno.

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5 VALUTAZIONE RISCHIO IDRAULICO

Al fine di poter procedere alla redazione del modello idraulico si è reso necessario ricostruire una condizione al contorno in termini di idrogramma di piena.

Si è fatto riferimento quindi al” Piano Stralcio per la sicurezza idraulica del medio e basso corso del bacino del fiume Piave”, adottato dal Comitato Istituzionale il 15 dicembre 2008, approvato con D.P.C.M. 2 ottobre 2009, ed infine pubblicato sulla G.U. n.23 del 29 gennaio 2010.

In tale documento è presente un’accurata sintesi degli studi e dei dati relativi alla piena del 1966, evento risultato di fondamentale importanza per l’individuazione ed il dimensionamento delle opere di difesa idraulica dei territori attraversati dal Piave. Punto di partenza per la ricostruzione di tale evento sono state le osservazioni pluviometriche, registrate per 36 ore in 22 strumenti distribuiti sul bacino del Piave, con densità di circa 1/200 km2, di cui si riporta estratto delle elaborazioni.

Peculiarità di tale evento è stata la forma degli ietogrammi, che per la maggior parte ha riportato un’intensità crescente nel tempo fino quasi al termine della precipitazione, comportando quindi una portata al colmo molto rilevante.

Relativamente agli idrogrammi di piena generati, tale Studio ha individuato, tramite l’attività dell’Autorità di bacino, la propagazione dell’idrogramma di piena nel tratto terminale, rispetto ai punti di chiusura posti a Segusino, Nervesa della Battaglia e Zenson di Piave, di cui si riporta grafico riepilogativo tratto dal documento.

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