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Luigi Mastroroberto

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Academic year: 2022

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Year XVIII ISSN 2035 – 1046

IL RISARCIMENTO DEL DANNO ALLA PERSONA DA SPERIMENTAZIONE: ASPETTI PROBLEMATICI.

Luigi Mastroroberto*

Quando mi è stato affidato il compito di predisporre un intervento sui danni da sperimentazione clinica e sulle conseguenti procedure di risarcimento, per prima cosa, convinto di trovare agevolmente una casistica utile a questo scopo, ho consultato due primarie compagnie italiane che operano in questo settore ed ho anche ho consultato i dati accessibili dell’ANIA. Da nessuna di queste fonti è stato però possibile trovare informazioni utili: ad oggi risultano segnalazioni sporadiche, nonostante esistano da molti anni, almeno dalla metà degli anni 90, contratti di assicurazione che forniscono una tutela specifica per le sperimentazioni cliniche.

E già questo porta ad una prima sostanziale osservazione: è pur vero che le polizze di assicurazione di questo tipo rientrano a buon diritto nel più vasto capitolo dei danni da responsabilità medica, ma è anche vero che, trattandosi di un prodotto

“autonomo” che limita la prestazione a questa singola fattispecie, esso di per sé, non comportando esborsi per sinistri, dovrebbe rappresentare uno strumento assicurativo che, per la compagnia che lo emette, consente apprezzabili margini di guadagno, ovvero la possibilità, restando invariato il premio, di fornire garanzie più ampie.

Le compagnie che operano in Italia (non solo quelle nazionali, ma anche quelle estere) non hanno però colto questa diversità e, continuando a considerare questi prodotti assicurativi al pari di quelli che tutelano più specificamente la responsabilità sanitaria, anche rispetto alla copertura di questo particolare rischio hanno attuato

* Medico Legale, Vice Presidente dell’Ass. “M. Gioia”, Bologna.

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politiche o di ritiro dal settore o di fornitura di prodotti con garanzie assai limitate e a costi elevati.

Non avendo dunque casistica a disposizione per analizzare il tipo di sinistri che si correlano alle sperimentazioni cliniche e gli esborsi medi che questi comportano, per fornire un contributo medico legale su questo argomento ho confrontato 10 contratti assicurativi relativi a sperimentazioni per lo più ancora in corso, tutti stipulati a partire dal secondo semestre del 2009, per verificare se ed in che modo essi rispondono ai requisiti previsti dal decreto del Ministero della Salute del 14/7/2009, quello che definisce i “Requisiti minimi per le polizze assicurative a tutela dei soggetti partecipanti alle sperimentazioni cliniche dei medicinali”.

Ma, prima di illustrare ciò che è emerso dall’analisi, ricordo che un contratto di assicurazione, da un punto di vista elementare ed in estrema sintesi, nel descrivere il tipo di copertura che fornisce, da un lato dà la definizione dell’oggetto della tutela, dall’altro però elenca una serie di circostanze e di eventi che, pur presentando i requisiti descritti nell’oggetto della tutela, vengono ritenuti dall’assicuratore eccessivamente rischiosi e, per questo, esplicitamente esclusi dalla copertura.

Ciò premesso, quale dovrebbe essere l’oggetto dell’assicurazione è ben specificato dal decreto del 14 luglio 2009, all’articolo 1, comma 2:

“La polizza assicurativa deve garantire specifica copertura al risarcimento dei danni cagionati ai soggetti dall’attività di sperimentazione, per l’intero periodo della stessa, a copertura della responsabilità civile dello sperimentatore e del promotore, senza esclusione dei danni involontariamente cagionati in conseguenza di un fatto accidentale e/o imputabili a negligenza, imprudenza o imperizia…”.

In questo articolo dunque, il legislatore ha voluto estendere la copertura assicurativa non solo ai fatti derivanti da una responsabilità dello sperimentatore, ma anche a fatti accidentali, che il Ministro, in una nota di commento di questo articolo, ha definito come eventi di cui sia incerta la possibilità di verificarsi.

Quindi sono fatti che non sono dipendenti necessariamente dalla responsabilità di qualcuno, ma che in qualche modo danneggiano la persona oggetto della sperimentazione.

Ricordo peraltro che in Italia esistono già delle coperture di questo genere, anche al di fuori delle sperimentazioni cliniche, come ad esempio quella stipulata dall’associazione italiana donatori a tutela dei donatori di midollo osseo. Con essa i donatori sono assicurati per i danni derivanti da qualsiasi tipo di evento, sia esso conseguenza della responsabilità di un terzo, sia esso del tutto accidentale, purché l’evento attenga le circostanze di tempo e di luogo legate all’atto di donare il midollo.

A fronte però di questa pregevole intenzione di fornire la più ampia copertura possibile a chi si sottopone ad una sperimentazione clinica, il decreto diviene

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contradditorio quando, al successivo comma 1 dell’articolo 2, parla più specificamente dell’oggetto della tutela:

“Sono oggetto della copertura assicurativa la morte, tutte le menomazioni permanenti e/o temporanee dello stato di salute, i danni patrimoniali correlati, che siano conseguenza diretta della sperimentazione e riconducibili alla responsabilità civile di tutti i soggetti che operano nella realizzazione della sperimentazione stessa”.

E’ evidente la contraddizione con l’articolo precedente, perché in questo si vincola la possibilità di riconoscere il risarcimento solo per conseguenze dirette della sperimentazioni riconducibili a responsabilità di qualcuno, escludendo evidentemente la possibilità di tutelare anche eventi accidentali non da responsabilità, che invece, come detto, erano ammessi dall’art. 1.

Ad ogni modo, esaminando i contratti che oggi sono in circolazione, rispetto all’oggetto della tutela quelli da me analizzati effettivamente forniscono una definizione dell’oggetto della tutela che si adegua a quanto è stato previsto dal decreto.

A differenza però delle norme contenute nel decreto e della sua ambizione di fornire la più ampia copertura dei soggetti che si sottopongono alle sperimentazioni, tutte le polizze esaminate contengono invece una elencazione, più o meno lunga, in talune particolarmente dettagliata, di rischi che, pur rispondendo ai requisiti dell’oggetto della tutela, vengono specificamente esclusi.

La elencazione che segue propone le esclusioni più frequenti nei vari contratti esaminati, quelle che sono state commentate anche in sede ANIA proprio perché più diffuse. Si tratta comunque di un elenco ampiamente incompleto, sia per numero, ma sia anche per “folklore” delle varie delimitazioni:

 La garanzia non opera per i sinistri derivanti da possibili eventi avversi sui quali il paziente sia stato correttamente informato.

 Esclusione a priori dei danni che derivano da consenso informato carente.

 Esclusione dei danni che derivano da attività invasive e chirurgiche (non sperimentali).

 La garanzia non opera per sperimentazioni non regolarmente autorizzate e/o svolte intenzionalmente in maniera difforme da quanto autorizzato dalle autorità competenti.

 Per reclami dovuti al fatto che la formulazione farmaceutica soggetta a sperimentazione non realizza gli scopi curativi previsti.

 La garanzia non opera per danni congeniti o malformazioni provocate in donne incinte partecipanti alla sperimentazione.

 Per danni genetici.

 Per danni nucleari di qualsiasi tipo.

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 Per reclami dovuti ad immunodeficienza acquisita da HIV o ad errate e/o mancate diagnosi di tale sindrome.

 Per danni derivanti dai seguenti prodotti farmaceutici … (anticoncezionali, ormoni, fibrati e statine, antiaritmici, tossina botulinica... ecc.).

Su alcune di queste clausole vale tuttavia la pena di soffermarsi, per far meglio comprendere come il capitolo “esclusioni dalla garanzia” delle polizze di assicurazione e di queste polizze in particolare possa notevolmente ridurre la portata della copertura, fino anche a snaturarla rispetto a ciò che invece è definito nell’oggetto della tutela, ossia nella dichiarazione di intenti che apre il contratto.

Ed iniziamo con la norma che esclude la garanzia per sinistri derivanti da possibili eventi avversi sui quali il paziente sia stato correttamente informato.

Questa è una delimitazione chiaramente predisposta per incentivare la predisposizione di un modello di consenso che sia il più dettagliato possibile. Essa però allo stesso tempo fa scattare la non copertura della garanzia qualora si dovesse verificare qualcosa che era prevedibile. Con tutta evidenza dunque, questa clausola, escludendo la copertura per gli eventi avversi prevedibili, ignora la enorme differenza che vi è fra il sottoporsi ad un trattamento motivato da condizioni di salute compromesse (ed è evidente che in questi casi gli eventi avversi, proprio perché prevedibili, rappresenterebbero delle complicanze e non dei danni dovuti a responsabilità di terzi) ed il sottoporsi invece volontariamente ad una sperimentazione clinica, a fini scientifici, per saggiare un effetto del farmaco che non è ancora del tutto noto.

A peggiorare ulteriormente le cose c’è poi l’esclusione a priori dei danni che derivano da consenso informato carente, che dunque toglie dalla copertura anche quanto era forse teoricamente prevedibile, ma di cui non è stata data notizia al soggetto che si sottopone alla sperimentazione.

Va da sé che il combinato disposto dei due articoli, limita enormemente il numero di casi in cui la polizza realmente fornisce la sua copertura.

E’ dunque consequenziale affermare che, quando i contratti di assicurazione prevedono una clausola del genere, chi, all’interno del comitato etico è chiamato a dare un parere sulla regolarità della copertura assicurativa, dovrebbe valutare con molta attenzione le polizze, essendo evidente che, con queste delimitazioni, si corre il rischio di non avere alla fine nessuna concreta tutela assicurativa.

Per quanto riguarda l’esclusione dei danni che derivano da attività invasive e chirurgiche, (alcuni contratti aggiungono “non sperimentali”, altri no) va rilevato che i due termini utilizzati “ invasive e chirurgiche” sottendono evidentemente una distinzione fra attività chirurgiche ed attività invasive, lasciando dunque indefinita la natura della esclusione ovvero ponendo il rischio che per attività invasive si intendano anche

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semplici atti medici che in qualche modo però si realizzano attraverso una cruentazione dei tessuti.

Ad esempio – ed è stata la stessa ANIA che, nel commentare la clausola, ha citato questo esempio – è noto che circa il 30% delle sperimentazioni in Italia riguardano i trattamenti oncologici ed è frequente il caso della somministrazione di farmaci che siano tossici per i tessuti. E’ frequente dunque un danno al paziente che deriva dal rompersi della vena attraverso la quale si sta infondendo la sostanza da sperimentare. Lo stravaso del farmaco nei tessuti circostanti può, a seconda della sostanza iniettata, determinare danni a volte significativi, dai quali possono residuare postumi altrettanto significativi. E se la polizza esclude le conseguenze di attività invasive diverse dalla attività chirurgica, è legittimo il dubbio, che la stessa ANIA si è posta, circa la copertura o meno di queste lesioni e conseguenti menomazioni.

La garanzia non opera nemmeno per danni congeniti o malformazioni provocate in donne incinte partecipanti alla sperimentazione, per danni genetici, per danni nucleari di qualsiasi tipo, per reclami dovuti ad immunodeficienza acquisita da HIV e ad errata e mancata diagnosi di tale sindrome, nonché per danni derivanti da diversi prodotti farmaceutici, che generalmente non hanno nulla a che vedere con la sostanza che viene sperimentata.

Già questa elencazione dà forse un’idea di come l’articolo che definisce le esclusioni della garanzia sia sostanzialmente indiscriminato. Per far meglio comprendere però come questi contratti siano davvero poco attinenti alla materia da trattare, dimostrandolo in particolare nella elencazione dei rischi esclusi, mi sembra significativo riportare quanto rilevato in un contratto di assicurazione stipulato per la sperimentazione di un antidiabetico, da saggiare in pazienti con diabete mellito di tipo 1, una sostanza in realtà molto simile a quelle che esistono oggi già in commercio come anti-diabetici orali:

“… sono esclusi danni riconducibili o causati da prevenzione, trasmissione, infezione, trattamento, diagnosi o mancata diagnosi per presenza di:

encefalopatia spongiforme trasmissibile o patologie note – ma non soltanto – come Kuru, malattia di Creutzfeldt-Jacob, variante della malattia di Creutzfeldt-Jacob, nuova variante della malattia di Creutzfeldt-Jacob, malattia di Gerstmann-Straussler- Scheinker, insonnia familiare fatale”.

Un esempio dunque a mio parere emblematico, a dimostrazione di come oggi questi contratti di assicurazione sono copiati da generiche esperienze, probabilmente più estere che italiane, inserendo indiscriminatamente esclusioni che non hanno alcuna attinenza con la sperimentazione che si vuole assicurare.

In sostanza, l’attuale sistema assicurativo delle sperimentazioni cliniche si basa su prodotti quasi per intero precostituiti, che solo molto grossolanamente ed in maniera generica vengono adattati alle singole sperimentazioni.

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Oggi dunque vi è la necessità che in questo settore entrambe le parti contraenti, sia l’assicurazione che l’assicurato, entrino molto più approfonditamente nel merito della specifica sperimentazione da fare e costruiscano intorno ad essa un contratto che, rispondendo ai requisiti previsti dal decreto del 2009, cerchi realmente di tutelare il soggetto sul quale viene effettuata la sperimentazione dai rischi che concretamente corre, sia come conseguenza di fatti dovuti a responsabilità dello sperimentatore, ma sia anche da eventi avversi, magari anche prevedibili, che comunque rappresentano per lui un possibile pericolo.

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