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La fragilità come fattore di rischio di ipoglicemia nell’anziano

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Lavoro originale

La fragilità come fattore di rischio di ipoglicemia nell’anziano

RIASSUNTO

L’ipoglicemia è una condizione patologica causata da un basso livello di glucosio nel sangue che risulta insufficiente a sostenere le richieste energetiche dell’organismo. Solo di recente è stata colta l’importanza dell’ipoglicemia nell’anziano come fattore di rischio di morbilità e mortalità.

Dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2009 nell’Unità Operativa di Geriatria dell’Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi di Varese, i ricoveri per ipoglicemia severa risultano 81.

Tra i fattori di rischio per la fascia di età più avanzata si evince l’importanza dei rilievi socioambientali e della terapia in atto, ma soprattutto una scarsa informazione sui rischi dell’ipoglicemia.

Risulta fondamentale disporre, soprattutto per l’anziano, di un team multidisciplinare e di un programma di educazione sanita- ria sulla prevenzione dell’ipoglicemia allargato.

SUMMARY

The fragility as risk factor of hypoglycaemia in the elderly Hypoglycaemia is a condition caused by low blood sugar which is insufficient to support the body’s energy requirements. Only recently was taken the importance of hypoglycaemia in the eld- erly as a risk factor for morbidity and mortality.

From 1 January 2000 to 31 December 2009 in Unità Operativa di Geriatria dell’Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi di Varese, hospitalizations for severe hypoglycaemia are 81.

Among the risk factors for the older age patients, showing the importance of environmental and social survey and of current treatment but also a lack of information on the risks of hypogly- caemia.

It is crucial to have, especially for the elderly, a multidisciplinary team and an extended health education program on the preven- tion of hypoglycaemia.

Introduzione

L’ipoglicemia è una condizione causata da un basso livel- lo di glucosio (inferiore a 70 mg/dl) nel sangue insufficien- te a sostenere le richieste energetiche dell’organismo

1

. La

P. Marnini, P. Stefanoni, P. Rapazzini, C. Borsani, A. Acchini

Unità Operativa di Geriatria, Azienda Ospedaliera – Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi, Varese Corrispondenza: Unità Operativa di Geriatria, Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi, viale Borri 57, 21100 Varese

e-mail: stefanonipatrizia@libero.it G It Diabetol Metab 2011;31:66-70 Pervenuto in Redazione il 03-08-2010 Accettato per la pubblicazione il 03-03-2011

Parole chiave: ipoglicemia, anziano Key words: hypoglycaemia, elderly

sintomatologia, che dipende da meccanismi di autorego-

lazione e dai segni di neuroglicopenia, compare secondo

una gerarchia precisa che si correla al progressivo calo

della glicemia

2,3

. Le risposte autonomiche sono infatti

caratterizzate da sintomi adrenergici (palpitazioni, tremori,

ansia) e sintomi colinergici (sudorazione, senso di fame,

parestesie) determinati dalla stimolazione delle fibre sim-

patiche, colinergiche e adrenergiche e dal rilascio di nora-

drenalina dalla midollare del surrene. I fenomeni neurogli-

copenici rappresentano invece la diretta conseguenza

della privazione glicemica neuronale a livello del sistema

nervoso centrale e sono costituiti da modificazioni del

comportamento, stato confusionale, astenia, convulsioni e

perdita di coscienza

3

, tipici dell’ipoglicemia severa. La pre-

(2)

senza di una sintomatologia correlata ai livelli stessi di gli- cemia, è di fondamentale importanza, perché consente al soggetto di prendere tempestivamente provvedimenti, ma nell’ipoglicemia severa il paziente nella maggior parte dei casi non è in grado di porvi rimedio, così come in caso di ipoglicemia asintomatica (inavvertita, unawareness, o silente). Nell’anziano, per le caratteristiche proprie e intrin- seche del processo di invecchiamento, il quadro clinico viene a modificarsi rispetto a quello presentato nel giova- ne. Con l’incrementare dell’età, i sintomi dell’ipoglicemia possono infatti perdere mano a mano di intensità e pre- sentarsi con caratteristiche differenti. Uno studio britanni- co svolto su sette persone non diabetiche, di età compre- sa tra 65 e 80 anni e sei giovani di età compresa tra i 24 e i 49 anni, ha dimostrato che il limite soglia dei sintomi è significativamente più basso nel gruppo più anziano

3

. Dai dati in letteratura si può quindi affermare che nel giovane la risposta sintomatica all’ipoglicemia è originata a livelli ematici di glucosio più alti rispetto a quelli in cui vengono compromesse le funzioni cognitive e ciò permette al sog- getto di intervenire precocemente.

Ulteriori studi svolti allo scopo di valutare il ruolo dell’invec- chiamento sulla risposta controregolatoria all’ipoglicemia, sono di difficile interpretazione, soprattutto perché nel sog- getto anziano sono spesso presenti situazioni di comorbilità a cui è difficile dare un ruolo nel controllo dell’omeostasi gli- cemica

4

. Da non dimenticare la polifarmacologia e le patolo- gie intercorrenti che insieme alla comorbilità interferiscono con il quadro clinico, portando al concetto di “anziano fragi- le”. Non solo le problematiche cliniche, ma anche gli aspetti psicoaffettivi (deficit cognitivo, deflessione del tono dell’umo- re ecc.), così come fattori estranei allo stretto ambito clinico, quali il cambio di domicilio o l’istituzionalizzazione, condizio- nano la fragilità dell’anziano

5

.

In questo lavoro abbiamo analizzato le caratteristiche di sog- getti diabetici ultrasessantacinquenni ricoverati in un ospe- dale per acuti con ipoglicemia severa e, in particolare, sono stati presi in considerazione gli aspetti socioambientali e cul- turali, il possibile ruolo svolto dalla comorbilità e dalla polifar- macoterapia, la relazione tra terapia ipoglicemizzante e seve- rità del quadro clinico all’ingresso, l’influenza di patologie intercorrenti. In considerazione della complessità del pazien- te anziano, si è fatto ricorso alla valutazione multidimensio- nale (global assessment)

6

.

Materiale e metodi

Lo studio è di tipo retrospettivo e prende in esame i pazien- ti ultrasessantacinquenni giunti al Pronto Soccorso dell’Azienda Ospedaliera – Ospedale del Circolo e Fon - dazione Macchi di Varese (presidio di Varese) dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2009 con diagnosi di ipoglicemia e successivamente ricoverati presso l’Unità Operativa di Geriatria dello stesso nosocomio. Sono stati esclusi i pazien- ti di età inferiore a 65 anni e i pazienti che avevano presen- tato ipoglicemia durante la degenza. Inoltre è stato ritenuto

requisito fondamentale per rientrare nello studio che l’evento ipoglicemico fosse definibile come severo secondo le linee guida proposte dalla Società Italiana di Diabetologia

1

. Per quanto riguarda le caratteristiche socioambientali, sono stati considerati il livello di scolarità, il grado di autosufficien- za e la situazione abitativa (il paziente vive da solo, con il coniuge, assistito parzialmente da figli o altri parenti, vive con badante o è ricoverato in struttura di lungodegenza). Dal punto di vista più strettamente clinico sono stati valutati: la causa dell’ipoglicemia, lo stato di vigilanza e i livelli glicemici al momento dell’arrivo in pronto soccorso, la terapia ipogli- cemizzante domiciliare, eventuali altre terapie in atto – in par- ticolare l’assunzione di quattro farmaci o più oltre alla terapia specifica per il diabete mellito è stata considerata tra i fatto- ri di rischio di ipoglicemia – la presenza di patologie intercor- renti, gli indici di funzionalità renale e l’indice di comorbilità e di severità tramite il Comulative Illness Rating Scale (CIRS)

7

. Quest’ultimo è uno strumento standardizzato per ottenere una misura della salute somatica dell’anziano sulla base della severità clinica e funzionale di 14 categorie di patologie. Sulla base della storia clinica, dell’esame obiettivo e della sintoma- tologia presentata viene definito il livello di gravità per ognu- na delle categorie. Si ottengono così due indici: l’Indice di severità, che risulta dalla media dei punteggi delle prime 13 categorie (escludendo la categoria patologie psichiatriche/

comportamentali) e l’indice di comorbilità, che rappresenta il numero delle categorie nelle quali si ottiene un punteggio superiore o uguale a 3.

Durante lo studio si è valutata la degenza in termini di dura- ta e decorso ed è stata riconsiderata la terapia ipoglicemiz- zante alla dimissione: in particolare si sono considerate la sospensione e le modifiche della terapia diabetologica.

I risultati sono stati espressi come valore medio ± deviazione standard o come percentuale.

Risultati

Sono stati ricoverati 81 diabetici con ipoglicemia severa (pari

al 3,7% di tutti i pazienti affetti da diabete mellito). Degli 81

pazienti il 58% è rappresentato da donne; l’età media è di

81,3 anni, la durata media della degenza è stata di 14,9 gior-

ni; il 7,4% (6 pazienti su 81) dei pazienti è deceduto durante

il ricovero. Per quanto riguarda i rilievi socioambientali è risul-

tato un basso livello di scolarità (il 90,1% ha frequentato la

scuola per 5 anni o meno) e un’elevata preponderanza dei

soggetti che vivono a domicilio in condizione di solitudine

(Fig. 1); correlando poi l’età e il sesso dei soggetti nelle diver-

se tipologie domiciliari, è emerso che l’età media di coloro

che vivono da soli è di 84,3 anni, mentre quelli che vivono

con il coniuge è di 77,5 anni, di questi ultimi, 13 sono maschi

e 6 femmine, mentre il rapporto fra uomini e donne si inver-

te a favore delle donne negli altri casi. Infine il 58% dei sog-

getti risultava solo parzialmente autosufficiente, di contro il

24,7% non era autosufficiente. A questo proposito un altro

elemento evidente è l’aumento delle giornate di degenza al

diminuire del grado di autosufficienza.

(3)

Si è potuto riscontrare che il 51,9% dei pazienti giunti per ipoglicemia era in terapia con più di quattro farmaci, mentre solo il 7,4% assumeva la sola terapia ipoglicemizzante.

In merito alla terapia antidiabetica il 63% dei pazienti assume- va solo ipoglicemizzante orale, il 21% solo insulina e il 16% dei casi era trattato con l’associazione ipoglicemizzante orale + insulina. La tabella 1 rappresenta la distribuzione relativa dei farmaci antidiabetici assunti dai pazienti in esame.

L’associazione metformina + glibenclamide (47%) era la più frequente, la stessa combinazione era anche più utilizzata in associazione con l’insulina (53,8%). L’ipoglicemia si verifica- va spesso in quei pazienti nei quali l’insulina era somministra- ta in associazione precostituita (insulina ad azione rapida + insulina ad azione intermedia) (70%).

Solo nel 23,5% dei casi il controllo e l’efficacia terapeutica erano stati affidati al diabetologo (Tab. 2).

Al triage, per quanto riguarda lo stato di vigilanza, nel 27%

dei casi il paziente era vigile, ma sempre un 27% dei casi giungeva in stato di coma.

Per quanto riguarda la correlazione stato di vigilanza e livel- li di glicemia dei pazienti all’arrivo in pronto soccorso, i livel- li glicemici medi (47,7 mg/dl) erano più elevati nei soggetti vigili e diminuivano progressivamente mano a mano che lo stato di vigilanza risultava compromesso (Tab. 3).

Dalla correlazione farmaco/stato di vigilanza è emerso inoltre che l’associazione metformina + glibenclamide da sola o associata all’insulina (tra l’altro il trattamento farmacologico ipoglicemizzante più utilizzato) non solo era responsabile della maggior parte degli episodi ipoglicemici, ma nel 36,4%

anche dei casi di coma.

Le patologie intercorrenti nei giorni precedenti l’evento ipogli- cemico si sono dimostrate un importante fattore di rischio: il 61,7% aveva presentato in precedenza uno o più sintomi, in particolare 28 soggetti su 81 erano iporessici, 17 pazienti presentavano tosse/dispnea, febbre e astenia in 11 casi rispettivamente, vomito in 9 soggetti. Alla dimissione, infatti, in 14 casi è stata posta diagnosi di infezione delle vie urina- rie, in 12 pazienti di infezioni delle vie respiratorie e in 3 si è riscontrato un processo flogistico localizzato al piede. Altre patologie riscontrate sono state sindrome influenzale, gastroenterite e colicistite acuta.

Figura 1 Rilievi socioambientali: un’elevata preponderanza di soggetti vive in solitudine e/o è assistito parzialmente.

Tabella 1 Terapia ipoglicemizzante in atto.

Terapia Totale Maschi Femmine

Ipoglicemizzanti orali 51 (63%) 23 28

Insulina 17 (21%) 4 13

Entrambi 13 (16%) 7 6

Ipoglicemizzanti orali

Metformina + glibenclamide 24 (47%) 11 13

Gliclazide 11 (21,6%) 4 7

Glibenclamide 9 (17,6%) 4 5

Glimeperide 5 (9,8%) 3 2

Metformina + glimeperide 1 (2%) 1 0

Repaglinide 1 (2%) 0 1

Insulina

Insulina ad azione rapida 4 ( 23,5%) 0 4

Insulina bifasica 4 (23,5%) 0 4

Insulina rapida + intermedia 8 (47,1%) 3 5 Insulina ad azione intermedia 1 (5,9%) 1 0 Associazione

Metformina + glibenclamide

+ insulina 7 (53,8%) 5 2

Metformina + insulina 3 (23,1%) 0 3 Glibenclamide + insulina 2 (15,4%) 1 1 Gliquidone + insulina 1 (7,7%) 1 0

Tabella 2 Controllo terapia ipoglicemizzante.

Totale Maschi Femmine

Diabetologo 19 (23,5%) 7 12

Età media 81,1

Durata degenza 12,3

Medico curante 62 (76,5%) 27 35

Età media 81,4

Durata degenza 15,7

Tabella 3 Stato di vigilanza all’arrivo in pronto soccorso.

Totale (81) Glicemia

Vigile 22 (27,2%) 47,7 ± 14,5

Età media 82,1 ± 5,82

Durata degenza media 12,8 ± 7,07

Confusione 17 (20,9%) 38 ± 14,1

Età media 79,9 ± 5,52

Durata degenza media 15,1 ± 10,6

Sopore/torpore 20 (24,7%) 33,5 ± 13,5

Età media 81,2 ± 6,5

Durata degenza media 18,3 ± 13,2

Coma 22 (27,2%) 23,8 ± 5

Età media 81,9 ± 6,9

Durata degenza media 13,9 ± 7,54

(4)

L’indice di CIRS ha permesso di appurare che i soggetti vigili avevano in media un indice di severità di 1,73 e di comorbilità di 3,81; i soggetti in coma presentavano una CIRS di 1,53 e 3,13 rispettivamente. Dei pazienti in coma al momento dell’in- gresso 2 sono deceduti, mentre altri 2 presentavano un danno irreversibile (in un caso si trattava di un’emorragia subaracnoi- dea, nell’altro di un ictus cerebri di tipo ischemico). Da segna- lare l’elevato numero di decessi (7,4% dei casi) anche se solo in un caso, che ha esordito con un quadro di ictus cerebri, è stato possibile correlare il decesso all’episodio ipoglicemico stesso. Negli altri casi la causa di morte è stata attribuita in due casi a scompenso cardiocircolatorio, in un caso a emorragia digestiva, in un altro a broncopolmonite e nell’ultimo caso a neoplasia pancreatica.

Per quanto riguarda la terapia ipoglicemizzante consigliata alla dimissione, dai nostri dati si evince che in 16 casi è stata com- pletamente sospesa mantenendo solo indicazione alla dieta, solo in 12 pazienti è stata confermata la terapia in atto, mentre in 21 casi è stata diminuita la posologia della terapia che già era in uso. In 26 casi la terapia è stata completamente modificata.

Discussione

Scopo dello studio è stato soprattutto quello di rilevare i potenziali elementi in grado di favorire o determinare nel sog- getto anziano l’insorgenza o il peggioramento dell’evoluzio- ne di una crisi ipoglicemica, evidenziando non solo i rischi che la terapia ipoglicemizzante potrebbe comportare nel trattamento del soggetto anziano, rischio tra l’altro ancora oggetto di discussione rapportato ai potenziali benefici. Lo studio The Action to Control Cardiovascular Risk in Diabetes Study Group. Effects of Intensive Glucose Lowering in Type 2 Diabetes (ACCORD)

8

è stato interrotto prima del termine prefissato per eccessivo numero di decessi nel gruppo sot- toposto a trattamento intensivo rispetto al gruppo controllo.

Per quanto riguarda le gravi sequele cardiovascolari e neuro- logiche

9,10

, nel nostro studio abbiamo rilevato in una percen- tuale pari rispettivamente al 4,9% e al 7,4% danni cerebrali irreversibili ed exitus. In un recente lavoro gli autori non solo confermano che l’ipoglicemia severa contribuisce alla com- parsa di eventi cardio-cerebrovascolari gravi, ma dimostrano che l’episodio ipoglicemico stesso può essere considerato un marker di vulnerabilità nei confronti di tali eventi

11

. Nel nostro studio la maggioranza dei pazienti era di sesso femminile (58% dei casi) e tale prevalenza si è riscontrata anche per quanto riguarda i decessi (57% degli exitus erano donne), mentre la durata media della degenza era sostan- zialmente equivalente per i maschi e per le femmine con un’ampia variabilità del numero delle giornate di degenza e una media che si assesta intorno ai 15 giorni.

Tra i fattori di rischio che abbiamo considerato, lo stato sociale e il grado di istruzione, rappresentano cause frequen- ti e imputabili del verificarsi degli episodi ipoglicemici: la mag- gior parte dei nostri pazienti giunti in pronto soccorso in stato di coma, viveva solo o era assistito da figli o parenti solo in modo discontinuo e, in prevalenza, solo parzialmente auto-

sufficiente. Un dato interessante, inoltre, è quello relativo al grado di istruzione, nella nostra popolazione prevale, infatti, un basso livello di scolarità (minore o uguale a 5 anni).

L’insufficienza renale è considerata da più parti uno dei fatto- ri di rischio principali nello sviluppo di un effetto farmacologi- co avverso in generale

12

o di un episodio ipoglicemico nel particolare in quanto nel soggetto normale la gluconeogene- si renale può supplire fino al 45% della carenza di glucosio durante digiuni prolungati

13

. Lo studio condotto da Haim Ben-Ami e collaboratori riporta, infatti, che 27 dei pazienti considerati (pari al 26,4%) mostravano ridotta funzionalità renale e ridotto introito energetico

14

.

Nel nostro studio, tuttavia, non emergono dati che confer- mano quelli della letteratura. I valori di creatininemia e di azo- temia risultano, infatti, solo lievemente alterati senza mai deli- neare quadri di insufficienza renale moderata o grave (creati- ninemia media 1,23 mg/dl).

Ricordiamo che la patologia da farmaci rappresenta un proble- ma di salute pubblica soprattutto nelle persone ultrasessanta- cinquenni. Alcuni studi hanno dimostrato che la comparsa di effetti indesiderati da farmaci sia 2 volte più frequente nei sog- getti di età superiore a 65 anni e nel 10-20% questi effetti con- ducano all’ospedalizzazione

15

, non solo, ma come il 30-60%

degli effetti indesiderati da farmaci sia prevedibile e quindi evi- tabile

16

. Più del 50% dei pazienti da noi ricoverati per ipoglice- mia era in terapia con più di quattro farmaci.

Altro fattore di rischio da noi considerato è stato la presenza di patologie intercorrenti, presenti e diagnosticate nel 45,7%

dei casi; non diagnosticate al momento della dimissione nel 23,5% dei casi pur in presenza di sintomi nei giorni prece- denti l’episodio ipoglicemico. Quindi il 69,2% dei casi ha manifestato sintomi riferibili a patologie sottostanti, ma nes- suno dei soggetti ha riferito una modificazione della terapia ipoglicemizzante, il che ci fa supporre che il dato relativo alla presenza di patologia intercorrente sia in realtà sottostimato (verosimilmente per mancanza di diagnosi) o che siano inter- corsi altri eventi responsabili della modificazione del metabo- lismo glucidico o della farmacocinetica dell’ipoglicemizzante.

Patologie intercorrenti più spesso riscontrate nel nostro studio sono state le infezioni del tratto respiratorio e delle vie urinarie.

Questo dato è in accordo con quanto rilevato da Haim Ben- Ami

14

che collocava le infezioni tra i principali fattori di rischio.

Per quanto riguarda gli ipoglicemizzanti è emerso, in accor- do con la letteratura

17,18

, il ruolo favorente l’ipoglicemia della glibenclamide (da sola o in associazione con la metformina e/o l’insulina, soprattutto intermedia), ascrivibile alla sua lunga durata d’azione e alla presenza in circolo di metaboliti attivi. Anche l’associazione precostituita insulina rapida + insulina intermedia è frequentemente responsabile dell’even- to. Si conferma quindi la maggiore affidabilità delle sulfonil - uree a breve durata d’azione

19,20

.

Per quanto riguarda infine lo stato di vigilanza è emersa la

nota correlazione tra concentrazione ematica di glucosio e

sensorio: nel 27,2% dei casi, i pazienti giungevano in coma

con il riscontro di una glicemia media di 23,8 mg/dl, in accor-

do con la letteratura

21

; dai dati ottenuti, non sembra che il

grado di vigilanza e i livelli glicemici siano influenzati dall’età

dei soggetti o influenzino la durata della degenza.

(5)

L’anziano deve essere considerato quindi come un modello complesso, la cui analisi deve essere multidimensionale.

Numerose evidenze scientifiche, infatti, hanno dimostrato la superiorità della valutazione multidimensionale (VMD)

5,6

, rispetto a quella tradizionale, nella gestione del paziente anziano fragile, in termini di riduzione delle ospedalizzazioni, delle istituzionalizzazioni, della disabilità, della morbilità, della mortalità e quindi dei costi sociosanitari diretti e indiretti.

L’approccio al paziente anziano deve essere personalizzato, molte sono infatti le variabili che devono essere considerate (capacità cognitive, rischio vascolare, patologie coesistenti, disabilità e grado di dipendenza).

Dalla nostra analisi sono emersi nell’anziano fragile, come elementi di criticità nell’insorgenza dell’ipoglicemia, tre fatto- ri: la situazione socioambientale, le patologie intercorrenti e soprattutto la mancanza di una figura professionale di riferi- mento in grado di gestire la terapia ipoglicemizzante. I prin- cipali fattori di rischio individuati (Tab. 4) di ipoglicemia nel- l’anziano fragile, ci permettono di suggerire la necessità della presenza di una rete socioassistenziale che favorisca la cura e la gestione del paziente diabetico, dalla quale non si può prescindere se si vogliono diminuire mortalità e morbilità.

L’anziano diabetico fragile necessita quindi di un team multi- disciplinare nel quale non può mancare il diabetologo e di un programma di educazione sanitaria sulla prevenzione dell’i- poglicemia allargato all’ambito famigliare.

Solo così la medicina e la società in generale potranno garan- tire un’assistenza adeguata a quella popolazione che, tra pochi decenni, costituirà un quarto dell’intera popolazione.

Conflitto di interessi

Nessuno.

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Tabella 4 Fattori di rischio di ipoglicemia nell’anzia- no fragile.

– Situazione socioambientale (solitudine, bassa sco- larità, stato funzionale, scarsa educazione sanitaria) – Patologie intercorrenti

– Scarso controllo della terapia ipoglicemizzante in

atto

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