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CAPITOLO 1 IL VANTAGGIO COMPETITIVO

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 1

IL VANTAGGIO COMPETITIVO

Negli ultimi anni si è assistito ad un notevole intensificarsi della concorrenza in quasi tutti i settori industriali e per questo motivo sono solo pochi i settori che possono garantire rendimenti sicuri. Per far sì che l’impresa sia “diversa” dalle altre, occorre adottare strategie che abbiano come obiettivo quello di stabilire una posizione di vantaggio competitivo.

Un vantaggio competitivo è definibile quale capacità distintiva di un’impresa di presidiare, sviluppare e difendere nel tempo, con maggiore intensità dei rivali, una capacità “market driving” o una risorsa critica che possono divenire fattori critici del suo successo1.

Per spiegare l’origine del vantaggio competitivo, Porter introduce un concetto che ha successivamente incontrato un notevole successo in tutta la letteratura in materia di strategia, quello di valore: “il vantaggio competitivo nasce fondamentalmente dal valore che un’azienda è in grado di creare per i suoi acquirenti, che fornisca risultati superiori alla spesa sostenuta dall’impresa per crearlo. Il valore è quello che gli acquirenti sono disposti a pagare: un valore deriva dunque dall’offrire prezzi più bassi della concorrenza per vantaggi equivalenti, o dal fornire vantaggi unici che controbilancino abbondantemente un prezzo più alto”2.

Un vantaggio competitivo può essere dovuto al perseguimento di una delle seguenti condotte di mercato volte a conseguire:

a. Una superiorità nella struttura dei costi dell’impresa rispetto a quella dei rivali; b. Una differenziazione dei prodotti e servizi rispetto ad offerte analoghe da parte

dei concorrenti;

c. Una focalizzazione delle attività e delle risorse dell’impresa in ben protette nicchie di mercato;

1 Valdani E. “Marketing strategico. Un’impresa proattiva per sviluppare capacità market driving e

valore.” EtasLibri. 1999

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A. I vantaggi del costo.

Se l’impresa persegue una strategia centrata sui costi, essa si propone di diventare il produttore a più basso costo nel settore industriale di appartenenza. Per raggiungere questo obiettivo l’impresa deve essere in grado di controllare i “cost-drivers”, cioè tutte quelle variabili che influenzano l’andamento dei costi delle attività generatrici del valore.

Poiché tutti i concorrenti presenti in un mercato devono adottare un livello di prezzi più o meno simile per i loro prodotti, il poter disporre di costi relativamente più contenuti rispetto alla concorrenza significa poter disporre di un margine di redditività più consistente, che può essere impiegato con profitto per elevare la qualità dei prodotti o dei servizi offerti, diminuire i prezzi di vendita oppure per rinforzare o sviluppare ogni altro vantaggio competitivo utile per la difesa delle posizioni dell’impresa.

L’analisi e il confronto della propria struttura di costo con quella dei concorrenti divengono, quindi, una componente fondamentale del processo di analisi dei vantaggi competitivi più significativi.

La quantificazione della consistenza del vantaggio o dello svantaggio di costo può essere stimata relativamente alla struttura “attuale” dei costi dell’impresa e dei suoi concorrenti, oppure può essere calcolata stimando il “potenziale” vantaggio derivato da certi cambiamenti desiderabili o imposti.

L’acquisizione dei vantaggi di costo è perseguibile con diverse modalità3:

o L’impoverimento dei prodotti. L’approccio più diretto per contenere i costi è senza dubbio quello di impoverire il prodotto o il servizio di tutte quelle componenti o quei servizi periferici giudicati superflui e non fondamentali per certi gruppi di clienti. Questa diminuzione di costo può trasformarsi in un vantaggio concorrenziale poiché altri concorrenti potrebbero trovarsi nell’impossibilità di imitare l’impresa in questa condotta, non solo per incapacità ma anche per la necessità di mantenersi coerenti con quel livello di immagine con cui il mercato li percepisce.

3 Valdani E. “Marketing strategico. Un’impresa proattiva per sviluppare capacità market driving e

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Le conseguenze derivate dall’impoverimento del prodotto sono spesso anche quelle che incentivano una lotta di ribassi dei prezzi. L’azienda deve quindi essere conscia delle conseguenze sulla sua performance economico-finanziaria. o Il ridisegno ingegneristico del prodotto (product reengineering). Utilizzare un

surrogato o eliminare certe componenti dal prodotto originario, certe volte, può comportare un sostanziale vantaggio di costo.

o Il rapporto privilegiato con certi fornitori di materie prime può rappresentare una garanzia sia per la costanza e la puntualità degli approvvigionamenti, sia proteggendo l’impresa da variazioni di prezzo che potrebbero compromettere l’economicità della sua gestione.

o Nei settori industriali labor intensive, rilevanti vantaggi di costo possono essere conseguiti acquistando prodotti o componenti o disponendo di impianti produttivi in paesi in cui il costo della manodopera sia particolarmente contenuto.

o Molte imprese possono avvantaggiarsi di benefici derivanti da sovvenzioni e da aiuti (finanziamenti, sgravi fiscali, sovvenzioni a fondo perduto) erogati da istituzioni ed enti pubblici o previsti dalle normative adottate dal governo che assicurano un vantaggio di costo significativo.

o La localizzazione geografica. Una localizzazione geografica vantaggiosa (vicinanza alle fonti di approvvigionamento, a vie di comunicazione) può concorrere al conseguimento di un vantaggio di costo rispetto ad altri concorrenti penalizzati da costi di trasporto e di trasferimento.

o L’adozione di processi produttivi automatizzati e dei più avanzati sistemi di produzione integrati rappresenta un mezzo per ridurre notevolmente i costi di produzione.

Un’impresa che persegue una strategia di leadership di costo concentra i suoi sforzi e i suoi investimenti per ridurre significativamente le strutture dei costi del suo prodotto o servizio rispetto ai rivali. La domanda che l’impresa deve comunque porsi è se tale strategia può essere perseguita nel lungo termine.

La risposta deve considerare le manovre competitive di altri rivali poiché il ritorno sull’investimento per un produttore leader di costo e la sua libertà di manovra si

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riducono man mano che altre imprese iniziano a perseguire strategie di riduzione dei costi e dei prezzi. Il leader di costo può contrastare tali manovre, ma con la prospettiva di partecipare ad una guerra di prezzo che deprimerà la redditività di tutte le imprese e quindi di tutto il settore.

B. I vantaggi della differenziazione.

La differenziazione della gamma dei prodotti e dei servizi rappresenta per l’impresa la seconda modalità per acquisire una posizione di vantaggio rispetto ai propri concorrenti. Per analizzare la differenziazione, occorre esaminare sia l’impresa (il lato dell’offerta) sia i suoi clienti (il lato della domanda). L’analisi dal lato dell’offerta indica ciò che l’impresa può fare per creare un prodotto unico nel suo genere; tuttavia, il punto critico è se tale differenziazione crea valore per il consumatore e se il valore creato sia maggiore del costo della differenziazione.

Poiché differenziazione è sinonimo di unicità, per ottenere un vantaggio da questa tecnica è richiesta una buona dose di creatività; l’applicazione di schemi e tecniche standardizzate non è sufficiente.

Quindi dal lato dell’offerta, l’impresa deve essere consapevole delle risorse e competenze con cui può creare unicità e farlo meglio dei concorrenti. Dal lato della domanda, l’elemento cruciale è la comprensione dei clienti, dei loro bisogni e delle loro preferenze.

L’analisi della domanda ci consente di determinare le caratteristiche del prodotto che permettono di creare valore per i clienti, la disponibilità dei clienti a pagare per avere un bene differenziato e la posizione competitiva ottimale per l’impresa in termini delle variabili di differenziazione. In sostanza, l’elemento fondamentale per una differenziazione di successo è capire i consumatori.

Le tecniche per analizzare le loro preferenze sono varie4:

- Il multidimensional scaling. Permette di rappresentare graficamente le percezioni dei consumatori sulle somiglianze e differenze esistenti tra prodotti concorrenti, e di interpretare le dimensioni dell’analisi in termini di caratteristiche fondamentali del prodotto.

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- La conjoint analysis. E’ uno strumento efficace per analizzare l’intensità delle preferenze del consumatore per i diversi attributi del prodotto. La tecnica comporta, innanzitutto, l’identificazione degli attributi che caratterizzano un prodotto e, in secondo luogo, la classificazione di prodotti ipotetici che possiedono differenti combinazioni di tali caratteristiche. I risultati possono essere usati per stimare la percentuale di clienti che preferirebbero un nuovo ipotetico prodotto a prodotti concorrenti già disponibili sul mercato.

- L’analisi dei prezzi edonistici. Studia le differenze di prezzo tra prodotti concorrenti, mette in relazione queste differenze con le diverse combinazioni di attributi offerte da ciascun prodotto e calcola il prezzo di mercato implicito di ogni caratteristica.

Individuare le preferenze dei consumatori non è sufficiente, occorre stabilire se concentrarsi sul mercato complessivo o su un segmento specifico.

Per guadagnare una posizione di vantaggio competitivo sul mercato complessivo, un’impresa deve identificare i bisogni generali che il prodotto soddisfa e il filo rosso che unisce i diversi clienti in termini di motivazioni e criteri di scelta. Per pervenire a una differenziazione focalizzata, invece, è necessario concentrarsi sui fattori che segmentano il mercato.

La sfida insita nella differenziazione generalizzata è la tendenza a essere spiazzata dalla differenziazione focalizzata: in generale, i clienti preferiscono un prodotto mirato rispondente alle loro particolari preferenze a un prodotto studiato per venire incontro a un’ampia gamma di gusti.

Allo stesso tempo, la differenziazione focalizzata su un segmento è soggetta ad alcuni rischi. A parte i costi unitari più elevati che si sostengono nel rivolgersi ad un mercato ristretto piuttosto che ampio, esiste il pericolo che i segmenti di mercato subiscano trasformazioni oppure che la segmentazione iniziale attuata dall’impresa sia inadeguata. Passando all’analisi dell’offerta, l’impresa per ottenere un vantaggio competitivo deve avere la capacità di offrire unicità. Possiamo considerare dieci determinanti di unicità5:

1. Scelte di politica aziendale. Si tratta della più importante determinante di unicità, dato che ogni impresa gode di un’ampia discrezionalità nella scelta delle attività

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da svolgere e delle modalità con cui svolgerle. Per esempio, un’impresa può risultare unica per le caratteristiche e le prestazioni offerte dai propri prodotti, per l’intensità con cui viene svolta una determinata attività, per la migliore qualità degli input utilizzati e così via.

2. Collegamenti all’interno della catena del valore o con gli operatori posti a valle o a monte. Un’impresa può risultare unica grazie a una distintiva capacità di coordinare le diverse attività all’interno della sua catena del valore.

3. Fattore tempo. Un’impresa può risultare unica per la tempistica adottata nello svolgimento di alcune attività. Talvolta, l’unicità è dovuta alla scelta di essere i primi a svolgere una data attività: un esempio è dato dalle imprese che per prime lanciano un nuovo prodotto, scoprono un nuovo mercato. Altre volte, l’unicità deriva dalla scelta di muoversi sempre con maggior cautela, come quelle imprese che preferiscono assumere sempre una posizione di follower nel lancio di un nuovo prodotto o di una nuova tecnologia.

4. Collocazione geografica. L’unicità di un’impresa può essere il frutto della scelta di collocare l’attività, o parte di essa, in specifiche aree geografiche.

5. Interrelazioni. Talvolta, un’impresa può risultare unica nello svolgimento di certe attività grazie alle possibilità di condivisione delle risorse e/o di trasferimento delle competenze derivanti dalla sua presenza in molteplici settori. 6. Apprendimento e sue ricadute. Nello svolgimento di talune attività, il

progressivo accumulo di esperienza consente a un’impresa di risultare unica. 7. Integrazione. Tramite un superiore livello di integrazione verticale, un’impresa

può controllare o coordinare meglio le attività della sua catena del valore, risultando così unica nell’ambito competitivo in cui opera.

8. Grado di utilizzo della capacità produttiva. La scelta di sovradimensionare la struttura impiantistica, di vendita e di assistenza può rendere unica un’impresa. L’esistenza di una riserva di capacità inutilizzata potrebbe infatti permetterle di fare fronte a eventuali picchi della domanda.

9. Fattore scala. Nello svolgimento di una determinata attività, un’impresa può risultare unica operando su un livello di scala non raggiungibile da altri.

10. Fattori istituzionali. Risultano, talvolta, un’importante fonte di unicità garantendo, per esempio, la possibilità di svolgere in esclusiva talune attività.

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Tali determinanti variano da attività a attività e da settore a settore quindi un’impresa che voglia costruire un vantaggio di differenziazione dovrà decidere in quale attività della catena del valore ricercare una differenziazione e individuare le determinanti che occorre azionare a tal fine.

C. I vantaggi della focalizzazione.

La scelta dell’impresa di concentrare le sue risorse per operare in una “nicchia” protetta del mercato rappresenta la terza modalità per acquisire un vantaggio concorrenziale. Il vantaggio competitivo che ne deriva dipende dal fatto che “la segmentazione può contribuire a selezionare territori meno vulnerabili rispetto a nuovi concorrenti ovvero territori dove i concorrenti sono più deboli”. L’obiettivo dell’impresa è quindi di soddisfare i bisogni specifici del segmento scelto in modo migliore rispetto ai concorrenti che si indirizzano alla totalità del mercato.

La focalizzazione implica anche una scelta precisa tra i due tipi di vantaggio competitivo citati in precedenza. L’impresa infatti si concentra su un particolare segmento attraverso una azione di differenziazione oppure attraverso un intervento strategico sui costi.

Con la strategia di focalizzazione l’impresa tenta di acquisire una specifica specializzazione:

 nel servire un particolare gruppo di clienti;

 concentrando le sue risorse in una fase particolare del processo produttivo;  in una particolare area geografica del mercato;

 nel soddisfare specifiche esigenze della clientela;  in certi funzioni o benefici assicurati dal prodotto.

I vantaggi della focalizzazione si verificano quindi quando l’impresa è capace di sfruttare le differenze tra un segmento e il resto del mercato. È tuttavia importante che l’impresa sia consapevole che i segmenti strategicamente rilevanti in un settore evolvono nel corso del tempo, in quanto la natura e il comportamento degli acquirenti sono soggetti a rapide evoluzioni e cambiamenti. Di conseguenza, l’impresa dovrebbe

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continuamente riesaminare la scelta del segmento a cui si è rivolta con la strategia di focalizzazione.

1.1 I fattori chiave del vantaggio competitivo

Dopo questa analisi occorre analizzare i fattori chiave di vantaggio competitivo e di successo aziendale. Tra tutti rivestono una particolare rilevanza quello della soddisfazione del cliente e quello delle risorse e competenze distintive.

 La soddisfazione del cliente.

Sotto la pressione dell’azione dei concorrenti diretti e di una gamma sempre più ampia di prodotti sostitutivi, la strategia di differenziazione si deve orientare allo specifico bisogno del cliente più che sulla astratta definizione delle caratteristiche del prodotto. La condivisione del principio della centralità del cliente evidenzia che la capacità di soddisfare pienamente e di superare le aspettative della domanda rappresenta la migliore difesa contro le manovre dei concorrenti.

La customer satisfaction definisce la manifestazione delle capacità dell’impresa di generare valore per i suoi clienti e di saper anticipare e gestire le loro attese, dimostrando competenze e responsabilità nel rispondere e soddisfare i bisogni espressi esclusivamente nel loro interesse6.

La soddisfazione della clientela è quindi:

 una manifestazione di capacità, perché deve essere evidente e tangibile in ogni azione perseguita da un’impresa che pensa e agisce come fosse essa stessa un cliente;

 generare valore, perché ogni esperienza conseguita dal cliente con l’impresa sia percepita significativamente superiore al prezzo pagato;

6 Valdani E. “Marketing strategico. Un’impresa proattiva per sviluppare capacità market driving e

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 saper anticipare e gestire, perché l’impresa non può permettersi di essere colta di sorpresa dai bisogni espressi dalla domanda e quindi deve dimostrare un comportamento preventivo e proattivo rispetto ai cambiamenti in atto;

 le attese della clientela, perché il centro focale dell’attenzione è definito dal rapporto che l’impresa deve sviluppare con i propri clienti per comprendere le loro reali attese e per soddisfarle;

 dimostrando responsabilità, perché l’impresa riconosce che in certe situazioni è suo dovere educare, guidare e assistere i propri clienti per evitare che possano subire perdite nell’utilizzo e consumo dei prodotti e servizi offerti.

L’analisi della soddisfazione del consumatore rappresenta perciò un momento conoscitivo di importanza centrale ai fini dell’acquisizione e del consolidamento dei vantaggi competitivi difendibili nel lungo periodo.

Un’impresa che pone al centro della propria attenzione la clientela riconosce che ciascun cliente rappresenta un valore patrimoniale che va difeso e valorizzato. Gli sforzi devoluti alla soddisfazione della clientela in portafoglio non precludono inoltre l’acquisizione di nuovi clienti. I clienti soddisfatti tendono,infatti, a comunicare esplicitamente le ragioni del loro compiacimento e rappresentano quindi una fonte efficace per attrarre nuova clientela.

Secondo la logica descritta il successo competitivo viene determinato essenzialmente dalla conoscenza dei bisogni dei consumatori e dalla dedizione completa al loro soddisfacimento. Si deve considerare il cliente non tanto come forza competitiva, quanto piuttosto come una forza-guida, cioè un soggetto a cui finalizzare gli sforzi, le decisioni, gli obiettivi strategici stessi di tutta l’impresa.

 Le risorse e le competenze distintive.

Un altro tema in materia di strategie è quello delle risorse e delle competenze aziendali, intese come fattore primario verso il quale l’impresa deve orientarsi per la conquista del vantaggio competitivo.

L’approccio alla strategia fondato sulle risorse, noto come Resource Based Theory, è caratterizzato da una valutazione della posizione competitiva dell’impresa basata su quello che essa è in grado di fare, prima che sui bisogni che cerca di soddisfare.

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La logica della strategia non è quella dell’allocazione delle risorse come mero adattamento ad opportunità astrattamente considerate, ma è costituita dallo sviluppo delle risorse e delle competenze necessarie per affrontare il presente e per far maturare le opportunità che possono derivare dalle tendenze emergenti dei mercati.

Le risorse e le competenze possedute e la capacità di svilupparle, permettono di realizzare un vantaggio competitivo di lungo periodo.

Ma quali sono queste risorse e competenze aziendali che devono essere considerate fondamentali per la creazione di vantaggio competitivo di lungo periodo?

Il punto è che, per la creazione di un determinato vantaggio competitivo, l’apporto di ogni singola risorsa o competenza non dipende solo dal suo valore intrinseco, ma soprattutto dagli effetti di complementarità e di sinergia che derivano dall’interrelazione tra risorse e competenze nell’ambito dei soggetti che sostanziano la gestione. Proprio la combinazione di risorse e competenze dà luogo alle competenze distintive, che costituiscono la base del successo strategico dell’impresa.

Le risorse e competenze distintive, che consentono a una determinata impresa di produrre in modo più economico e/o di rispondere meglio alle esigenze della clientela, sono quelle7:

1. in grado di generare valore, nel senso che contribuiscono a mantenere rilevante il divario di produttività tra l’azienda e i suoi concorrenti in termini di maggiore capacità di creare valore per il cliente e/o di superiore capacità di contenere i costi aziendali; 2. rare o comunque non diffuse tra i concorrenti attuali o potenziali;

3. non perfettamente imitabili dai concorrenti;

4. organizzate, nel senso che l’azienda è perfettamente cosciente del loro potenziale di utilizzo e si adopera per farne un elemento competitivo centrale del suo sistema di offerta.

Tali risorse e competenze nascono come “specifiche” anche se non sempre si è in grado, sin dall’inizio, di comprenderne la portata innovativa né le reali potenzialità sul fronte della costruzione di un vantaggio competitivo. Si tratta, peraltro, di risorse e competenze non diffuse nel settore e non ancora oggetto di attenzione da parte dei concorrenti. Nella misura in cui diventano parte di un disegno strategico più ampio e consentono all’impresa una superiore capacità di ridurre i costi o una superiore

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attrattività della propria offerta, diventano competenze distintive. Sono queste le risorse e competenze più critiche e centrali per la messa a punto di una formula imprenditoriale e per la sua sostenibilità.

La sostenibilità del vantaggio competitivo dipende dalle caratteristiche delle risorse e competenze distintive in termini di:

 durevolezza  mobilità  replicabilità

Quanto più una risorsa o competenza distintiva è in grado di rimanere tale nel tempo, tanto più può costituire una fonte di vantaggio competitivo duraturo.

La durevolezza dipende dalla loro natura e dall’azione di agenti di cambiamento quali l’innovazione tecnologica, i comportamenti sostitutivi dei concorrenti e l’evoluzione dei gusti dei consumatori.

La mobilità si ricollega all’aspetto dell’acquisizione da parte dei concorrenti intenzionati a imitare l’azienda leader.

La replicabilità, infine, si riferisce alla possibilità che le risorse e competenze distintive possano essere riprodotte in altre aziende. Quanto più le risorse/competenze fonte di vantaggio sono il risultato di un lungo e complesso processo di sviluppo e accumulazione, tanto più esse sono difficilmente replicabili in tempi brevi.

Se il processo di imitazione da parte dei concorrenti va a buon fine, le risorse/competenze passano dall’essere distintive all’essere critiche di settore. Quando tutti i concorrenti le utilizzano al fine della creazione dei propri prodotti, allora diventano competenze igieniche (di base, necessarie per la sopravvivenza nel settore, ma la cui utilità ai fini della creazione del valore per il cliente è limitata).

La durata del vantaggio competitivo dipende non solo dalla specificità e dalla scarsità dei fattori rilevanti, ma anche dai “meccanismi di isolamento” cioè dalla capacità dell’impresa di isolare, proteggere, creare una barriera all’imitazione e al trasferimento delle risorse rilevanti.

Un’importante barriera all’imitazione è offerta dai diritti di proprietà. Questi diritti consentono diversi gradi di tutela; nel caso di conoscenze brevettabili (prodotti, marchi, ecc.), si può costituire una tutela giuridica forte di questi diritti di proprietà, con

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sanzioni pesanti per chi li viola (per esempio per il software copiato senza licenza si hanno sanzioni sia amministrative che penali).

Efficaci barriere all’imitazione possono derivare anche da risorse e conoscenze non brevettabili, ma specifiche dell’impresa; per esempio l’immagine, la reputazione, il know-how. Si tratta di risorse e competenze non tutelabili in maniera forte, ma difficili da replicare, perché specifiche dell’impresa. Alcune delle risorse di conoscenza si proteggono con meccanismi che bloccano la diffusione delle informazioni, come il segreto industriale e commerciale.

Con riferimento alle risorse a debole protezione di proprietà, i tipi di ostacoli all’imitazione che possono rendere durevole il vantaggio competitivo sono i seguenti: 1. Diseconomie delle tecniche di produzione. In alcuni casi l’imitazione di prodotti è ostacolata dai lunghi tempi per la loro messa a punto e dal conseguente rischio di arrivare sul mercato quando le condizioni non sono più favorevoli; in altri casi l’imitazione è ostacolata dalla elevata dimensione minima efficiente della produzione. 2. La deterrenza all’imitazione. Si tratta della minaccia di azioni di rappresaglia che le imprese imitate possono attuare con rilevanti danni per l’imitatore.

3. La complementarietà delle risorse. La presenza di un sistema di interrelazioni forti tra le risorse che attiva il vantaggio competitivo limita l’imitazione perché essa da sola non è in grado di riprodurre le condizioni di vantaggio competitivo.

4. Ambiguità causale. La difficoltà a capire quali sono veramente i fattori che contano nel determinare il vantaggio competitivo è uno degli ostacoli più importanti; spesso un’abile azione di mascheramento da parte dell’impresa di successo che gode del vantaggio competitivo provoca un’ambiguità nell’interpretazione di quali sono i fattori che lo generano, scoraggiando l’imitazione; talvolta anche coloro che appartengono all’impresa hanno difficoltà nel determinare le relazioni di causa-effetto che portano al vantaggio competitivo.

5. Path dependency. La dipendenza del vantaggio competitivo dall’accumulo graduale e cumulativo di know-how, di conoscenze, strettamente connessi con l’evoluzione storica dell’impresa, con la serie di eventi e di esperienze che hanno caratterizzato l’impresa rendono difficile e comunque non conveniente l’imitazione.

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La seconda minaccia al mantenimento del vantaggio competitivo deriva dalla possibilità che le risorse strategiche su cui esso si fonda, possano trasferirsi ad imprese concorrenti. Se un’impresa non può imitare le risorse della concorrente, può però cercare di appropriarsene, favorendo il trasferimento delle conoscenze. Se la mobilità delle risorse strategiche può pregiudicare la stabilità del vantaggio competitivo, l’impresa dovrà costituire efficaci ostacoli alla mobilità.

I principali fattori di ostacolo alla mobilità delle risorse sono:

Tacitness delle conoscenze; si tratta di favorire la presenza di conoscenze tacite,

cioè non codificate. Le conoscenze codificate, ovvero quelle formalmente esplicitate, sono più facilmente trasferibili. Le conoscenze tacite possono essere trasferite ma sono caratterizzate da una forte ambiguità causale, cioè è difficile la loro corretta valutazione per chi è esterno all’impresa, per un problema di asimmetria informativa che rende estremamente rischiosa l’eventuale acquisizione delle risorse.

Complessità delle risorse; si tratta della presenza di risorse strategiche che sono

strettamente interdipendenti da altre, con la difficoltà oggettiva di capire da cosa origina il vantaggio competitivo, poiché è difficile identificare e separare le risorse che determinano il vantaggio.

Specificità delle risorse; la presenza di risorse che traggono il loro valore

dall’essere strettamente connesse, legate all’impresa limita la loro mobilità e fa sì che l’impresa possa beneficiarne a lungo. La specificità delle risorse avvantaggia chi si avvale di queste risorse e svantaggia chi le possiede, in quanto non trasferibili.

In sintesi, le barriere alla mobilità, fanno sì che le risorse, se hanno valore, possano diventare risorse strategiche e contribuire a rendere il vantaggio competitivo dell’impresa duraturo nel tempo. Al contrario, l’assenza di barriere alla mobilità, cioè la presenza di mercati efficienti delle risorse, fa sì che anche le risorse che hanno valore, in quanto possano facilmente trasferirsi, non creino vantaggi competitivi durevoli.

In sostanza, la strategia consiste soprattutto nello sviluppo interno e nell’acquisizione delle risorse e competenze che assicurano all’impresa un vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti.

La teoria tradizionale delle risorse e delle competenze (resource based perspective) ha il pregio di sottolineare l’importanza della dotazione di risorse e competenze specifiche dell’impresa nel determinare posizioni di vantaggio competitivo rispetto ai rivali.

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Essa appare, tuttavia, più efficace per le imprese operanti in settori a basso tasso di innovazione e competitività, piuttosto che nei settori più dinamici dell’economia moderna.

Per le imprese operanti nei settori tradizionali è certamente di primaria importanza la protezione delle risorse e delle competenze distintive che determinano il vantaggio competitivo in atto. Ma questa impostazione non fornisce utili schemi interpretativi e normativi per le imprese operanti nei settori ad alto tasso di sviluppo tecnologico e d’innovazione dei prodotti e in ambienti e settori dinamici e fortemente competitivi. In questi settori le dinamiche evolutive dei mercati e dell’ambiente mettono rapidamente in crisi anche le strutture di impresa ben funzionanti, le risorse e competenze distintive acquisite ed i “meccanismi di isolamento”. In tali contesti la più efficace difesa del vantaggio competitivo sta nella consapevolezza del suo limite temporale, nell’indagine dei fattori di cambiamento e nell’attivazione di processi rivolti alla sua ricostruzione, attraverso l’innovazione dei processi e dei prodotti.

La strategia di successo non ha fondamento sul passato ma sul futuro; per creare valore occorre identificare le nuove opportunità e sviluppare all’interno dell’impresa i processi tecnologici, organizzativi e manageriali per sfruttarle con efficienza.

Questa impostazione è in perfetta sintonia con l’approccio delle dynamic capabilities di Teece, Pisano e Shuen8 il quale, estendendo la resource based perspective, enfatizza lo

sviluppo delle capacità di management e delle combinazioni di skills organizzativi, funzionali e tecnologici, come nuove sorgenti del vantaggio competitivo.

Le condizioni di successo delle strategie di sviluppo risiedono nella visione del futuro del business, nella capacità di predisporre un progetto di trasformazione della struttura aziendale coerente e attendibile, nel dispiegamento delle capacità organizzative necessarie alla sua realizzazione e nella leadership autorevole delle risorse umane più qualificate.

Visione del futuro significa individuare le tendenze evolutive fondamentali che

modificano i termini della competizione nel settore. La percezione del futuro di un

8 Teece, Pisano e Shuen (1997) hanno denominato competenze dinamiche (dynamic capabilities) la

capacità delle aziende di integrare, creare e riconfigurare competenze interne ed esterne per far fronte a rapidi cambiamenti dell’ambiente. Queste competenze non sono comuni; in molti casi le competenze molto sviluppate in alcune tecnologie e nei prodotti esistenti hanno rappresentato delle barriere all’acquisizione e allo sviluppo di nuove competenze necessarie per nuovi processi e prodotti.

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settore deve derivare da una profonda comprensione dei trends macroeconomici, sociali e di business che modellano il settore: cambiamenti della tecnologia, della situazione demografica e geo-politica, stili di vita ecc.9

Capacità di progettazione significa essere in grado di elaborare un piano a lungo

termine coerente e attendibile di trasformazione della struttura aziendale in sintonia con gli obiettivi da realizzare, in rapporto alle tendenze evolutive e ciò richiede di conoscere a fondo i processi vecchi e nuovi di creazione del valore.

Capacità di attuazione significa saper trovare le soluzioni organizzative efficaci allo

scopo, idonee a realizzare quanto programmato e a far funzionare in modo efficiente il sistema.

Infine, occorre capacità di leadership, ovvero capacità di installare un sistema di valori condivisi, di costruire i link necessari tra le persone, di guidarne con coerenza l’attività operativa.

In definitiva, nei settori più dinamici e competitivi, caratterizzati da rapido progresso tecnico, l’impresa potrà ricostituire posizioni di vantaggio competitivo attraverso l’innovazione di processo, programmando le adeguate trasformazioni della struttura aziendale, volte ad aumentare i livelli di produttività dei fattori produttivi e ridurre i costi per unità di prodotto.

9 P. Drucker “Il Management della società prossima ventura” Etas, Milano. 2003; W. M. Becker, V. M

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