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Analisi dei processi idraulici in terreni insaturi, potenzialmente instabili, attraverso la sperimentazione con modello fisico in scala

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Academic year: 2021

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Gennaro Spolverino 2

INTRODUZIONE ... 6

... 12

PROPRIETÀ DEI TERRENI PARZIALMENTE SATURI ... 12

1.1. Caratterizzazione del mezzo ... 14

1.2. Legge di Darcy ... 15

1.2.1. Condizioni di flusso tridimensionale ... 18

1.3. Fenomeni capillari e di adesione ... 19

1.4. Flusso idrico in un mezzo poroso ... 22

1.5. Suzione ... 24

1.6. Flusso idrico in un mezzo insaturo ... 26

1.7. Curva di ritenzione idrica del suolo ... 28

1.7.1. Modellazione della curva di ritenzione idrica del suolo ... 32

Modello di Campbell (1974) ... 32

Modello di Brooks & Corey (1964) ... 33

Modello di van Genuchten (1980) ... 33

Modello di van Genutchen e Mualem (1976) ... 34

Modello di van Genutchen e Burdine (1953) ... 34

Modello di Fredlund & Xing (1994) ... 34

1.8. Funzione di conducibilità idraulica ... 35

1.8.1. Modellazione della funzione di conducibilità idraulica ... 35

... 38

MODELLO FISICO DI LABORATORIO ... 38

2.1. Il modello fisico e i suoi componenti ... 40

2.2. Sistema di monitoraggio ... 44

2.2.1. Tensiometri ... 46

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Gennaro Spolverino 3

2.2.3. TDR Device ... 50

2.2.4. Trasduttori di spostamento a tecnologia Laser ... 52

2.2.5. Sistema di acquisizione immagini e tecnica PIV ... 54

2.2.6. Sistema pioggia ... 56

2.2.7. Pluviometri ... 58

... 59

SET-UP DEGLI STRUMENTI E MATERIALE PER LA

SPERIMENTAZIONE ... 59

3.1. Utilizzo e calibrazione della strumentazione ... 59

3.1.1. Tensiometri ... 59

Calibrazione dei tensiometri ... 61

3.1.2. Trasduttori di pressione ... 64

Calibrazione dei trasduttori ... 64

3.1.3. Trasduttori di spostamento ... 68

Calibrazione dei trasduttori di spostamento ... 68

3.1.4. TDR ... 69

Valutazione della forma d’onda e calcolo dell’offset delle sonde TDR ... 70

Algoritmo per il calcolo della lunghezza apparente ... 74

Tipologie di sonde TDR ... 74

Costruzione sonde TDR... 76

3.1.5. Videocamere ... 80

Settaggio delle videocamere ... 80

3.1.6. Sistema pioggia ... 81

Settaggio del sistema pioggia ... 82

3.2. Materiale per la sperimentazione ... 83

3.2.1. Materiale piroclastico del massiccio campano ... 83

3.2.2. Modalità di prelievo del terreno ... 86

3.3. Caratterizzazione del materiale ... 87

3.3.1. Peso specifico dei grani ... 87

3.3.2. Caratterizzazione granulometrica ... 89

3.3.3. Determinazione del coefficiente di permeabilità con il permeametro di Guelph ... 93

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Gennaro Spolverino 4

Misure dell’efflusso dell’acqua dal permeametro. ... 98

3.4. Risposta dielettrica del materiale ... 103

3.4.1. Misure del contenuto d’acqua volumetrico ... 105

3.4.2. Determinazione sperimentale della risposta dielettrica del terreno ... 109

Risultati della sperimentazione ... 113

3.5. Costruzione della curva di ritenzione idrica del suolo ... 124

3.5.1. Descrizione della prova ... 124

3.5.2. Risultati della prova ... 127

3.6. Sintesi dei risultati ... 132

... 134

SPERIMENTAZIONE CON IL MODELLO FISICO ... 134

4.1. Ricostituzione del deposito di terreno ... 135

4.1.1. Operazioni preliminari alla posa in opera del terreno ... 135

Setacciatura e contenuto d’acqua... 135

Fondo del canale e sostegno al piede del deposito ... 136

Set-up del sistema a pioggia ... 136

4.1.2. Ricostituzione del deposito ... 137

Posa in opera del terreno ... 137

Posa in opera dei sensori e allestimento di una prova ... 137

4.1.3. Esecuzione di una prova di infiltrazione... 139

4.2. Prova n.1 – Omogeneo: Deposito omogeneo di cenere

piroclastica ... 140

4.2.1. Risultati della sperimentazione ... 142

Fase di infiltrazione con il deposito orizzontale ... 142

Fase di evaporazione con il deposito orizzontale ... 145

Fase di ridistribuzione con il deposito inclinato ... 147

Fase di infiltrazione con il deposito inclinato ... 148

Costruzione della curva di ritenzione idrica del suolo... 151

4.2.2. Modellazione matematica della prova ... 153

4.3. Prova n.2 – Stratificato: Deposito stratificato di pomici e cenere

... 157

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Gennaro Spolverino 5

4.3.1. Risultati della sperimentazione ... 159

Prima fase di infiltrazione con il deposito inclinato ... 159

Fase di evaporazione con il deposito inclinato ... 161

Seconda fase di infiltrazione con il deposito inclinato ... 165

Terza fase di infiltrazione con il deposito inclinato ... 165

4.4. Prova n.3 – Stratificato: Deposito a tre strati di cenere, pomici e

cenere ... 168

4.4.1. Risultati della sperimentazione ... 173

4.4.2. Ripristino del deposito ... 177

4.4.3. Seconda fase di pioggia con il deposito inclinato ... 179

Prima fase di pioggia ... 183

4.5. Prova n.4 - Stratificato: Deposito a tre strati di cenere, pomici e

cenere ... 188

4.5.1. Risultati della sperimentazione ... 192

Fase di infiltrazione in deposito orizzontale ... 192

Fase di evaporazione in deposito orizzontale ... 200

Seconda fase di pioggia in deposito orizzontale ... 203

Seconda fase di evaporazione in deposito orizzontale ... 209

Inclinazione e fase di redistribuzione ... 211

Fase di pioggia con il deposito inclinato ... 213

Bilancio idrologico ... 217

Valutazione dell’infiltrazione ... 226

4.6. Sintesi dei risultati ... 233

CONCLUSIONI ... 235

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Gennaro Spolverino 6

INTRODUZIONE

Ogni anno eventi pluviometrici, anche molto diversi per durata ed intensità, innescano frane superficiali e profonde sui versanti o colate fangoso-detritiche lungo gli impluvi naturali e le aste torrentizie, che producono danni rilevanti e un inaccettabile numero di vittime. La loro pericolosità è legata alla rapidità d’innesco, alla mancanza di indizi premonitori e all’elevata intensità di distribuzione dei singoli fenomeni sul territorio. Tra le varie tipologie di frane, lo studio dei fenomeni franosi rapidi riveste un ruolo prevalente nell’attività di ricerca, in quanto questi rientrano tra i più catastrofici eventi di frana. Lo studio e la previsione delle frane indotte da pioggia quindi, è un campo che riveste grande importanza. La letteratura tecnica propone numerose attività di ricerca, volte sia a comprendere i processi alla base dell’innesco di un fenomeno franoso, che a migliorare i sistemi previsionali, con un ruolo delle discipline idrauliche che appare sempre più rilevante. Nella comprensione dei processi che inducono a meccanismi di rottura, a seguito di precipitazioni, riveste infatti un ruolo molto importante l’analisi dei processi di infiltrazione e di circolazione nel sottosuolo. Il processo fisico di variazione della saturazione del terreno in un versante è controllata dalle caratteristiche delle precipitazioni, della geometria del versante e dalle proprietà idrologiche dei materiali del versante (Lu et al., 2011). La maggior parte dei meccanismi che causano la variazione di umidità nel terreno dipendono dalla gravità e dai gradienti di potenziale matriciale (Richards, 1931). In un versante saturo, in assenza di un gradiente di umidità e con precipitazioni costanti, il flusso è prevalentemente parallelo al pendio verso il basso. In condizioni di parziale saturazione invece, c’è sia la gravità, sia i gradienti di contenuto d’acqua che influiscono sul movimento dei fluidi, portando a modelli di flusso complessi. Durante la pioggia, nelle fasi iniziali, l'infiltrazione è praticamente ortogonale al pendio, poiché il gradiente capillare prevale su quello gravitazionale (equazione di Darcy-Buckingham); continuando a piovere, se l'intensità della pioggia e le caratteristiche dello strato di terreno in cui il processo di infiltrazione si sta verificando lo permettono, tende a formarsi in prossimità della superficie uno strato a contenuto d'acqua costante, pressoché saturo; quando ciò accade, il gradiente di capillarità si riduce fin quasi ad annullarsi e il processo di infiltrazione diventa quasi verticale, perché guidato solo

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Gennaro Spolverino 7 dal gradiente gravitazionale. Qualora poi, lo strato saturo insiste su un bedrock impermeabile (o uno strato molto meno permeabile), si può verificare la situazione in cui si attivi un gradiente parallelo al pendio superiore alla componente del gradiente gravitazionale e in questo caso il flusso diventa prevalentemente parallelo alla superficie del pendio. In versanti parzialmente saturi caratterizzati da più strati di deposito con caratteristiche granulometriche e idrauliche molto diverse tra loro, l’analisi dei flussi d’acqua risulta ancora più complesso. Oltre alla gravità e ai gradienti di umidità, bisogna tener conto anche degli effetti che si generano all’interfaccia dei diversi materiali. Alcuni autori infatti, (Damiano et al., 2017; Shackelford et al., 1994; Mancarella & Simeone, 2012) hanno mostrato che, a causa di effetti che si creano all’interfaccia tra uno strato insaturo fine e uno strato di terreno più grossolano, si possono produrre meccanismi di ritenzione dell’acqua che originano disturbi all’infiltrazioni verso il basso. Per alcuni autori (es. Mancarella & Simeone, 2012), il materiale meno permeabile, per effetto della tensione superficiale, ha la tendenza a trattenere l’acqua, impedendo che la stessa passi nello strato inferiore, per altri (es. Damiano et al., 2017) invece, l'effetto si manifesta a causa della piccola conduttività idraulica dei terreni a grana grossa insatura, facendo riferimento quindi all’andamento delle curve caratteristiche idrauliche dei due terreni in contatto. In questi casi, l’infiltrazione dell’acqua nel materiale grossolano è limitato fin quando non si hanno bassi valori di suzione di matrice (Stormont & Anderson, 1999; Khire et al., 2000) e le linee di flusso delle acque sotterranee subiscono una rifrazione che ne influenza la direzione (Miyazaki, 1988).

Per riprodurre e investigare l’evoluzione dell’infiltrazione in pendii insaturi, potenzialmente instabili, si possono utilizzare modelli fisici in scala ridotta. Questi modelli permettono di determinare le caratteristiche idrauliche e meccaniche di uno specifico terreno, analizzando i processi di infiltrazione e tenendo sotto osservazione le grandezze fisiche responsabili dell’innesco franoso. Esistono diverse configurazioni che differiscono in base alle dimensioni e alla strumentazione installata. Vari autori (Iverson & LaHusen, 1989; Eckersley, 1990; Spence & Guymer, 1997; Wang & Sassa, 2001; Okura et al., 2002; Lacerda et al., 2003; Olivares et al., 2009) hanno utilizzato dei modelli fisici per l’analisi dell’infiltrazione e dei fenomeni franosi. Quelli maggiormente usati, permettono una modellazione di pendio indefinito con l’installazione di diverse apparecchiature in grado di misurare ogni grandezza necessaria alla comprensione del fenomeno. L’utilizzo di questi modelli consente di analizzare il comportamento di depositi di dimensioni maggiori rispetto ai provini utilizzati per le prove di laboratorio, in modo da

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Gennaro Spolverino 8 limitare gli effetti di contorno ed avere condizioni prossime a quelle presenti in sito. Altro vantaggio di questi modelli è la possibilità di tenere conto del contributo al processo di moto fornito dalla porosità strutturale (e in qualche caso anche dalla macroporosità), che ha una lunghezza caratteristica spesso ben maggiore rispetto alle dimensioni del provino che si usa per le classiche prove di laboratorio. Questo influenza soprattutto il comportamento in prossimità della saturazione (quando i pori strutturali sono anch'essi pieni d'acqua e partecipano al processo di moto). In molti casi infatti, con le tradizionali prove di laboratorio, non si riescono a stimare in modo corretto il valore della conducibilità satura (che infatti, interpretando prove di campo, risulta spesso uno o due ordini di grandezza maggiore di quella stimata) e l’andamento della parte iniziale della curva di ritenzione idrica del suolo. Queste caratteristiche, molto importanti quando si studiano processi idrologici che portano il terreno a saturarsi, se erroneamente stimate, possono portare ad errori grossolani anche lontano dalla saturazione. In base agli obiettivi prefissati, questi modelli sono realizzati con criteri differenti, per cui non tutte le sperimentazioni sono sempre confrontabili. Ad esempio, per la loro sperimentazione, Iverson & LaHusen (1989) hanno realizzato un pendio modello ricostituito con sabbie uniformi di origine granitica. La rottura del pendio (lungo 10m, largo 4m, profondo 1m, con pendenza di 30°) è stata innescata con un sistema di simulazione di pioggia. Durante le prove, sono state eseguite misure di pressioni neutre a differenti profondità e gli autori hanno concluso che le rapide deformazioni di taglio indotte dalla rottura producono variazioni di pressioni neutre che modificano in maniera significativa le interazioni tra i grani. In fase di rottura, lo spostamento relativo tra le particelle non avviene più in regime attritivo ma in regime collisionale che si accompagna alla fluidificazione del terreno. Eckersley (1990) invece ha realizzato un modello fisico di pendio per lo studio dei fenomeni di colata in depositi di scarti di miniera. Il modello è costituito da un canale orizzontale sul quale è costruita una scarpata ad inclinazione imposta. Il fenomeno di rottura è stato indotto immettendo acqua nel modello attraverso tre diffusori posti alle spalle della scarpata ed alimentati da un serbatoio a carico costante. Durante la sperimentazione sono stati monitorati i valori di pressione dell’acqua e le tensioni totali. Con queste prove, l’autore ha concluso che il fenomeno di instabilità non drenata del terreno, che in alcuni casi arriva a liquefare, caratterizza la fese post-rottura. Wang & Sassa (2001) hanno messo a punto un sistema per lo studio in piccola scala di colate indotte da piogge artificiali. L’apparecchiatura è costituita da un canale ad inclinazione variabile largo 24 cm, alto 15 cm e lungo 180 cm. La rottura del deposito è innescata da un sistema di

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Gennaro Spolverino 9 simulazione della pioggia. Durante la sperimentazione sono stati monitorati la pressione neutra con un trasduttore posto sul fondo e gli spostamenti del terreno. Gli autori hanno individuato i principali fattori che influenzano il comportamento delle colate di fango innescate da piogge. Essi hanno concluso che le modalità di rottura del pendio sono fortemente legate alla porosità iniziale del deposito, che gioca un ruolo fondamentale nella generazione delle sovrapressioni neutre. Olivares et al. (2009) hanno messo a punto un modello costituito da un canale a inclinazione variabile che riproduce uno schema di pendio indefinito. Il canale è lungo 180 cm, alto 50 cm e largo 80 cm. La rottura avviene mediante una pioggia simulata uniforme. Il canale è strumentato con delle telecamere, dei tensiometri, dei trasduttori di pressione neutra, dei traduttori di spostamento e delle sonde TDR. Gli autori, mediante una serie di prove su terreni caratterizzati da una differente porosità iniziale, hanno investigato circa l’influenza della densità del terreno sul meccanismo di rottura e sulle caratteristiche cinematiche post-rottura.

Lo scopo di questo lavoro è comprendere i meccanismi che controllano i processi idraulici in terreni parzialmente saturi, potenzialmente instabili. A tal fine, sarà completato un canale artificiale (la cui componente principale è stata realizzata nell’ambito del Programma Operativo Nazionale - Ricerca e Competitività 2007-2013, nel Progetto SILA “Sistema Integrato di Laboratori”) in grado di misurare le principali grandezze che controllano sia il fenomeno di collasso indotto dall’infiltrazione, sia l’evoluzione post-rottura della frana. Si tratta di un modello fisico ben strumentato che consente di approfondire le conoscenze sulla dinamica evolutiva dell’innesco franoso, consentendo così di ampliare le conoscenze del fenomeno e di valutare nel contempo le procedure più adeguate di mitigazione del rischio. A differenza di altri modelli fisici di pendio, il canale è di dimensioni notevoli ed è possibile quindi analizzare volumi di terreno maggiori e riprodurre più fedelmente il fenomeno naturale, limitando al massimo gli effetti al contorno. Inoltre, la possibilità di investigare spessori più prossimi a quelli reali, permette di studiare il comportamento di coltri di assegnate caratteristiche e gradi di addensamento con stati tensionali più vicini a quelli reali, giungendo così ad una interpretazione dei fenomeni di rottura più veritiera. Sarà avviata una specifica attività sperimentale adattando di volta in volta il prototipo e, completata la componente elettrica, saranno realizzate la messa a punto e la calibrazione di tutti i sensori.

Il materiale che sarà adoperato per le prove sperimentali è del terreno piroclastico campano dall’area di Sarno (SA). Questa zona, insieme ad altri comuni delle

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Gennaro Spolverino 10 provincie di Salerno e Avellino, il 5 - 6 Maggio 1998, sono stati colpiti da numerose colate rapide di fango che hanno costretto l’intera regione Campania ad una situazione di emergenza con impatti drammatici sulla popolazione e sull’economia. Più di 160 vittime ci sono stati in quel catastrofico evento, quando diversi fenomeni franosi rapidi sono stati causati dalle piogge persistenti che per giorni hanno interessato l’Appennino Campano (Bilotta et al., 2005; Cascini et al., 2008). La zona è caratterizzata da terreni di natura piroclastica, prodotti delle diverse fasi eruttive del complesso vulcanico Somma-Vesuvio, dei campi Flegrei e di altri vulcani presenti nella Regione Campania non più attivi. La stratigrafia del luogo è costituita da un’alternanza di depositi incoerenti, granulometricamente variabili, dalle sabbie, sabbie limose e limi (ceneri), alle ghiaie e sabbie con ghiaia (pomici).

Saranno realizzate diverse prove sperimentali con lo scopo di analizzare e comprendere la predisposizione all’instabilità di questi terreni e, ricostruendo le diverse stratigrafie che è possibile riscontrare in sito, saranno investigati e analizzati i processi di infiltrazione e circolazione delle acque sotterranee, con particolare attenzione al ruolo che potranno assumere gli strati maggiormente grossolani di pomici. Sarà analizzata l’evoluzione dell’infiltrazione, con particolare riguardo ai fenomeni che si potranno verificare all’interfaccia tra gli strati granulometricamente differenti. Di questi terreni inoltre, sarà effettuata una caratterizzazione con delle prove di laboratorio geotecniche e idrauliche.

Il lavoro di Tesi è articolato in quattro capitoli.

Nel primo capitolo, si analizzeranno le proprietà dei terreni parzialmente saturi, con particolare riguardo ai fenomeni di infiltrazione e di circolazione delle acque sotterranee. Saranno descritti i fenomeni capillari e di adesione che si verificano nei terreni parzialmente saturi e, introducendo il concetto di suzione, verrà descritta la relazione costitutiva che lega tale grandezza alla quantità d’acqua presente nel terreno. Di questa relazione inoltre, denominata “curva di ritenzione idrica del suolo” saranno mostrati i principali modelli di letteratura.

Il secondo capitolo invece, sarà dedicato alla descrizione del modello fisico di pendio in scala ridotta. Oltre al canale e ai suoi componenti, saranno descritti tutti i sensori che compongono il sistema di monitoraggio.

Nel terzo capitolo saranno indicate le modalità di utilizzo e calibrazione della strumentazione e sarà descritto il materiale utilizzato per la sperimentazione. In particolare, si mostrerà la caratterizzazione geotecnica (peso specifico dei grani, curva granulometrica delle ceneri piroclastiche) e quella idraulica del terreno (conducibilità idraulica delle pomici, curva di ritenzione idrica delle ceneri). Al fine

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Gennaro Spolverino 11 di determinare le relazioni di calibrazione specifiche delle sonde TDR, sarà mostrata anche la risposta dielettrica delle ceneri piroclastiche.

Nel quarto capitolo, verranno descritte tutte le fasi preliminari all’esecuzione di una prova sperimentale con il modello fisico e saranno illustrate le quattro prove eseguite con il modello fisico di pendio. In particolare, sarà descritta una prova eseguita con un deposito omogeneo di cenere vulcanica; una prova con un deposito stratificato costituito da uno strato di cenere sovrapposto ad uno di pomici; due prove eseguite su dei pendii formati da tre strati (due di ceneri con in mezzo uno strato di pomici).

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Gennaro Spolverino 12

PROPRIETÀ DEI TERRENI PARZIALMENTE SATURI

L’acqua presente in natura circola e si trasforma nell’idrosfera seguendo dei percorsi che costituiscono il cosiddetto ciclo idrologico (Figura 1.1). Il ciclo dell’acqua infatti, descrive la successione dei fenomeni di flusso e circolazione dell’acqua all’interno dell’idrosfera con i relativi cambiamenti di stato fisico (liquida, aeriforme e solida), ovvero i continui scambi di massa idrica tra atmosfera e crosta terrestre attraverso le acque superficiali, le acque sotterranee e gli organismi. Ha due componenti principali: lo stoccaggio (o accumulo, come ad esempio oceani, mari e laghi) e il movimento. L’acqua compie diversi cicli che comprendono processi fisici come l’evaporazione, la condensazione, la precipitazione, l’infiltrazione, lo scorrimento e il flusso sotterraneo. Quando la precipitazione cade al suolo, parte di essa va ad alimentare lo scorrimento superficiale e parte si muove verso il basso in fessure, articolazioni e pori nel terreno. L’ingresso di acqua nel sottosuolo è chiamato infiltrazione. L’infiltrazione quindi, è la transizione dell’acqua dalla superficie alle acque sotterranee.

Figura 1.1: Ciclo idrologico.

Un terreno può essere considerato come un sistema multifase, costituito da uno scheletro di particelle solide e tra esse dei vuoti, che possono essere riempiti da acqua o gas. Il volume totale (Vtot) quindi, è dato dalla somma di queste tre aliquote

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Gennaro Spolverino 13

Figura 1.2: Schematizzazione trifasica del terreno.

La frazione solida (di volume Vs) è costituita dall’insieme delle particelle solide,

ovvero i grani; la fase liquida (di volume Vw) invece è composta dal liquido che può

riempire, completamente o parzialmente, gli spazi vuoti tra i grani; anche la fase aeriforme (di volume Va) può riempire interamente o in parte gli spazi vuoti fra i

grani ed è formata da un elemento gassoso (generalmente aria). Nel caso in cui la frazione occupata dai vuoti (di volume Vv) è tutta riempita d’acqua, il terreno è in

condizioni di completa saturazione; viceversa, se gli spazi vuoti sono tutti occupati dalla fase aeriforme, il terreno è in condizioni asciutte. La condizione di parziale saturazione si ha qualora gli spazi vuoti sono occupati in parte da acqua e in parte da aria. La matrice solida è ciò che influenza maggiormente l’infiltrazione, pertanto è importante caratterizzarla mediante la tessitura e la struttura. La tessitura rappresenta la composizione delle dimensioni dei grani del suolo ed è espressa mediante la curva granulometrica, che si costruisce diagrammando la percentuale in peso di materiale con diametro caratteristico minore o uguale a predeterminati valori soglia. La struttura invece, definisce lo stato di aggregazione delle particelle in situ. La fase liquida o aeriforme è costituita rispettivamente dal liquido o dall’elemento aeriforme che può riempire, completamente o parzialmente, gli spazi vuoti fra i grani. Per infiltrazione, si intende il fenomeno per il quale l’acqua presente sulla superficie del terreno penetra al suo interno. Esso si differenzia dalla filtrazione che interessa invece il movimento degli ammassi sotterranei. La quantità d’acqua che può infiltrarsi nel sottosuolo è influenzata da numerosi fattori tra cui le caratteristiche del terreno, la capacità di ritenzione, la conducibilità e le condizioni di umidità del suolo. Questo movimento avviene sotto la spinta sia della forza gravitazionale che per capillarità.

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Gennaro Spolverino 14

1.1.Caratterizzazione del mezzo

Il complesso solido-aria costituisce la trama di una terreno o di una roccia, ovvero il supporto nel quale può inserirsi l’acqua. Per analizzare tale complesso, è necessario determinare le proprietà più rilevanti a caratterizzarlo come mezzo idoneo a consentire la presenza e la circolazione dell’acqua. Oltre alla tessitura e la struttura, si possono definire alcune proprietà fisiche e meccaniche proprie di un terreno, necessarie alla quantificazione dei processi fisici che lo interessano. In relazione alle aliquote Vs, Vw, Va, ovvero Vs e Vv, possiamo definire:

- Porosità totale (0<n<1):

= (1.1)

- Indice dei vuoti o porosità effettiva (e):

= = 1 − (1.2)

- Contenuto d’acqua volumetrico (0<θ<n):

= (1.3)

- Grado di Saturazione (0<Sr<1):

= (1.4)

Quando il grado di saturazione è pari a zero (Sr=0) il terreno è secco, quando assume valore pari a uno (Sr=1) è saturo, mentre per valori compresi tra uno e zero, ossia una condizione intermedia tra le due, il terreno è definito parzialmente saturo. In un deposito di terreno, al variare della profondità, si distinguono zone a diverso grado di saturazione, in cui l’acqua presente nei vuoti è in condizioni diverse. Lo strato più superficiale, che di norma è la sede di attività biologica vegetale e animale (in cui è presente un contenuto di sostanza organica che può essere anche molto rilevante, che può influenzare fortemente le caratteristiche idrauliche del mezzo), è anche la zona in cui avvengono i fenomeni evapo-traspirativi che provvedono a convogliare nuovamente in atmosfera parte dell’acqua meteorica. In questa porzione di terreno, il contenuto d’acqua può variare, in termini di quantità, dal valore massimo raggiungibile θs (contenuto d’acqua a saturazione) fino al valore

minimo θr (contenuto d’acqua residuo), entrambi parametri caratteristici del

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Gennaro Spolverino 15 in quanto in essa vi è la coesistenza di aria e di acqua in quantità tali da non saturare il terreno. Segue quindi una zona satura, dove l’acqua riempie tutti i pori intercomunicanti del terreno e fluisce, secondo la legge di Darcy, con movimento che ha componenti essenzialmente orizzontali (il processo di infiltrazione nel saturo è chiamato più propriamente con il termine di filtrazione). Al contatto tra la zona satura e la zona insatura si trova la frangia capillare, dove fenomeni di capillarità determinano la risalita dell’acqua lungo i canalicoli (condotti formati dalla successione dei pori interconnessi); l’altezza di risalita è differente in funzione della diversa dimensione dei canalicoli: minore è la dimensione caratteristica dei capillari, maggiore è l’altezza di risalita dell’acqua.

1.2.Legge di Darcy

I moti di filtrazione di un fluido avvengono da punti a energia maggiore a quelli a energia minore. In ciascun punto, facendo riferimento a processi isotermi e a iso-concentrazione (ovvero processi a temperatura costante in cui si trascura il contributo all’energia potenziale derivante dall’eventuale presenza di concentrazioni variabili di sali disciolti che producono pressione osmotica e gradienti di densità), l’energia totale è data dalla somma dell’energia cinetica (legata alla velocità del fluido) e dell’energia potenziale (legata alla posizione del punto nel campo gravitazionale e alla pressione del fluido). In generale, si distinguono tre aliquote di energia, le quali possono essere espresse in termine di carico (che corrisponde all’energia per unità di peso del liquido). La formulazione del carico effettivo (o totale) o altezza totale H è riportata nell’equazione 1.5.

= + + (1.5)

In cui:

- z è il carico geometrico, pari alla distanza verticale del punto considerato da un piano orizzontale di riferimento arbitrario (z = 0);

- è il carico di risalita dell’acqua rispetto al punto considerato, per effetto della sua pressione u, rapportato al peso specifico dell’acqua

γ

w;

- è il carico cinetico dovuto alla velocità v delle particelle del fluido (essendo g l’accelerazione di gravità).

Mentre il binomio dell’equazione 1.6 mostra la formulazione del carico piezometrico h.

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Gennaro Spolverino 16 Secondo il teorema di Bernoulli, si ha che per un fluido perfetto, incomprimibile, in moto permanente, soggetto solo all’azione di gravità, il carico totale è costante lungo una data traiettoria (equazione 1.7):

= + + 2 = !" (1.7)

In un tubo di flusso inclinato con all’interno un campione di terreno permeabile (Figura 1.3), controllato da due piezometri posti a monte e a valle del terreno, si osserva che il carico totale misurato dal piezometro di valle risulta inferiore a quello di monte. Ciò significa che nell’attraversare il campione di terreno, l’acqua subisce una perdita di carico Δh. Trascurando le perdite di carico in assenza del terreno, la differenza di carico rappresenta la perdita di energia dovuta al flusso dell’acqua nel terreno, ossia l’energia necessaria a superare la resistenza opposta dal terreno.

Figura 1.3: Perdite di carico in condizioni di flusso monodimensionale in un campione di terreno.

Dato che nei terreni la velocità di flusso è marginale, risulta trascurabile anche il carico cinetico, quindi il carico piezometrico può essere ritenuto rappresentativo dell’energia totale nel punto considerato. La perdita di carico per unità di lunghezza del percorso è definito gradiente idraulico (equazione 1.8).

# =∆ℎ% (1.8)

In cui:

- i è il gradiente idraulico; - L è la lunghezza del percorso.

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Gennaro Spolverino 17 Le sperimentazioni condotte da Darcy, hanno mostrato che la portata che defluisce da un volume di sezione costante, con all’interno un campione di sabbia, risulta proporzionale alla sua sezione A e alla differenza di carico tra le estremità del campione Δh, mentre è inversamente proporzionale alla lunghezza della colonna di sabbia L (Figura 1.4).

Figura 1.4: Schematizzazione dell’apparato sperimentale della legge di Darcy.

La legge di Darcy quindi, stabilisce che tra il flusso e la cadente esista una relazione proporzionalità riportata nell’equazione 1.9:

& = −' ( ∆ℎ% = −' ( # (1.9)

Dove il segno negativo dell’equazione indica che la direzione del flusso è nel verso in cui il gradiente idraulico decresce.

Il parametro k rappresenta la conduttività idraulica. Esso lega il fluido al mezzo poroso attraversato, ed è funzione del peso specifico del fluido γ, della viscosità del fluido μ, della grandezza media dei pori del mezzo d (equazione 1.10).

' =)*+ (1.10)

Il valore C invece, riassume le caratteristiche del terreno quali l’addensamento e la struttura della massa del terreno, la distribuzione e la forma delle particelle. È possibile definire una velocità apparente di filtrazione v, come rapporto tra la portata di filtrazione Q e la sezione attraversata A (equazione 1.11)

(18)

Gennaro Spolverino 18

1.2.1.Condizioni di flusso tridimensionale

La legge di Darcy, pur essendo stata ricavata in condizioni di flusso monodimensionale in un mezzo omogeneo ed isotropo, può essere estesa anche a condizioni di flusso tridimensionale. In particolare, la legge assume la forma più generale riportata nell’equazione 1.12

, = −-,. ∙ 0. (1.12) In cui: -,. = 1''2232 ''3323 ''3424 '42 '43 '44 5 0. = 6##32 #4 7 (1.13)

Secondo Childs (1957) e Liakopulos (1965), il tensore del secondo ordine [Kij] è

simmetrico, ossia Kij = Kji e quindi, delle nove componenti, solo sei risultano

indipendenti. Inoltre, essendo ortogonali le direzioni del tensore [Kij], se si orienta il

sistema di riferimento (x, y, z) parallelamente a tali direzioni, gli unici elementi non nulli del tensore sono quelli presenti sulla diagonale. In più, se il mezzo è isotropo, il valore di k è il medesimo in tutte le direzioni (equazione 1.14).

'22 = '33 = '44= '(9, ;, ) (1.14) In un mezzo anisotropo invece, la permeabilità k, varia con la direzione. In questo caso il flusso non è perpendicolare alle linee equipotenziali e isopieziche, poiché il vettore velocità non si dispone parallelamente a quello che caratterizza il gradiente idraulico. Fisicamente, visto che le resistenze al moto non sono le stesse in tutte le direzioni, l’acqua tende a muoversi seguendo le direzioni di minore resistenza, ovvero di maggiore permeabilità. In tale condizione, è necessario individuare un nuovo sistema ortogonale di riferimento (x’, y’, z’), rispetto al quale il tensore [Kij],

che in x, y, z presentava nove componenti non nulle, possa avere solo le componenti diagonali non nulle (equazione 1.15)

-,. = 1

'2=2= 0 0

0 '3=3= 0

0 0 '4=4=

5 (1.15)

Il nuovo sistema di riferimento è caratterizzato dagli assi principali di anisotropia, che consentono di semplificare il problema. Fisicamente, il gradiente idraulico lungo una delle direzioni di anisotropia, può dar luogo ad un vettore di velocità solo nella stessa direzione.

(19)

Gennaro Spolverino 19

1.3.Fenomeni capillari e di adesione

Il terreno al di sopra del piano di falda risulta saturo fino ad una certa altezza e parzialmente saturo nel tratto ancora più sopra. Questo vuol dire che l’acqua all’interno del terreno non è soggetta solo alla forza gravitazionale, altrimenti il terreno dovrebbe risultare asciutto immediatamente sopra la falda, ma è soggetta anche a fenomeni capillari che sono responsabili della sua risalita.

Un esempio di capillarità è riportato in Figura 1.5. Nell’immagine un tubo di vetro di piccolo diametro è immerso per un’estremità in acqua; l’acqua all’interno del tubo risale fino ad una certa altezza e l’interfaccia di separazione acqua-aria nel tubo risulta concava.

Figura 1.5: Esempio di fenomeno capillare.

Questa superficie di separazione, a causa di forze di attrazione molecolare, si comporta come una membrana elastica in uno stato uniforme di tensione, soggetta a differenti pressioni dalla parte del liquido e dalla parte del gas. L’altezza di risalita capillare hc dipende dal diametro del tubo; la membrana di separazione liquido-gas,

detta menisco, sorregge la colonna d’acqua essendo tesa alla parete del tubo capillare. Per l’equilibrio in direzione verticale, è possibile definire l’altezza di risalita capillare, come mostrato nell’equazione 1.16.

ℎ? = 2 ∙ @ ∙ cos D (1.16)

In cui:

- T è il valore della tensione superficiale della membrana;

- α è l’angolo di contatto del menisco con la parete verticale del tubo;

- r è il raggio del tubo capillare.

Sulla superficie di separazione aria-acqua, esterna al tubo capillare, la pressione dell’acqua è pari alla pressione atmosferica, ne consegue che tale pressione caratterizza anche i punti interni al tubo, situati alla stessa quota del pelo libero.

(20)

Gennaro Spolverino 20 All’interno del tubo invece, la pressione dell’acqua è inferiore alla pressione atmosferica, varia linearmente con l’altezza e assume il valore minimo uw,min sul

menisco (pari al valore riportato nell’equazione 1.17).

,E,F ? (1.17)

A causa delle forze elettriche che condizionano la disposizione delle molecole dipolari, sia le une rispetto alle altre (facendo nascere la tensione superficiale), sia rispetto alle pareti solide, la membrana risulta concava. Infatti, l’angolo di contatto α assume un valore particolare, che, insieme alla dimensione del vuoto (o del tubicino), determina la curvatura del menisco. Nei terreni avviene un fenomeno del tutto analogo. Tra i grani del terreno si formano dei vuoti che vanno a costituire un sistema di canali, lungo i quali l’acqua risale per capillarità. I canali sono continui, ma a sezione variabile, per cui l’acqua risale a diverse altezze, formando zone completamente sature e zone parzialmente sature (Figura 1.6).

Figura 1.6: Formazione nel terreno di zone a diversi gradi di saturazione.

La natura, la forma, le dimensioni, la granulometria e lo stato di addensamento delle particelle solide del terreno, determinano la forma e le dimensioni dei canalicoli e quindi determinano l’altezza di risalita capillare. L’equazione 1.18 è un’espressione empirica approssimata dell’altezza di risalita capillare nei terreni.

? ∙ H)G

IJ (1.18)

In cui:

- e è l’indice dei vuoti;

-

D10 è il diametro efficace (dimensione della particella tale che il 90% abbia

diametro superiore;

-

CS è una costante empirica dipendente dalla forma dei grani e dalle impurità

(21)

Gennaro Spolverino 21 Oltre alla capillarità, si verifica un altro fenomeno che permette al terreno di trattenere l’acqua, ossia l’adesione. A causa di questo fenomeno, attorno ai grani di terreno si forma un sottilissimo strato di acqua pellicolare.

La ritenzione per adesione dipende dalle cariche elettriche superficiali delle particelle, che hanno la capacità di attirare l’acqua grazie alle forze elettrostatiche riconducibili al tipo ione-dipolo. Si genera quindi un’attrazione elettrostatica grazie alla quale l’acqua tende a formare un velo. Lo spessore di questo velo dipende dall’intensità del campo elettrostatico generato dalle particelle solide. Si crea un’interazione fra acqua e particelle all’interfaccia della superfice e la sua intensità aumenta all’aumentare del rapporto superficie/volume. Per questo motivo, le forze di attrazione sono tanto più intense, quando minori sono le dimensioni delle particelle. Terreni a grana fine infatti, hanno una capacità di ritenzione molto maggiore rispetto a quelli a grana grossa. La capacità di ritenzione è quindi la proprietà che hanno i terreni di trattenere acqua allo stato liquido sia per fenomeni di adesione, sia per fenomeni capillari. In generale, all’interno del terreno, l’acqua può essere presente in diverse forme (Figura 1.7):

- Acqua libera o gravifica, che riempie gli spazi liberi intergranulari, è soggetta solo alle forze gravitazionali e genera percolazione.

- Acqua pellicolare e di adsorbimento, che avvolge la particella ed è mantenuta dalle cariche polari.

- Acqua capillare, mantenuta dalle tensioni superficiali, si genera qualora lo spazio intergranulare è abbastanza stretto da permettere l’instaurarsi dei fenomeni capillari.

(22)

Gennaro Spolverino 22 La condizione di parziale saturazione si ha quando l’acqua non riempie tutti gli spazi intergranulari. In generale è possibile definire tre diverse configurazioni di stato insaturo: a isole d’aria, a pendolo e mista. La prima, definita a isole d’aria, si ha quando il grado di saturazione è elevato, l’aria all’interno del terreno non è continua ma forma delle sacche. La seconda, a pendolo, si ha quando il grado di saturazione è basso; in questo caso è la fase liquida non continua ed è presente solo nei menischi in corrispondenza dei contatti interparticellari. La terza infine, è quella mista, che si forma quando il grado di saturazione è intermedio, in cui coesistono, in zone diverse del terreno, le due condizioni di saturazione precedenti.

1.4.Flusso idrico in un mezzo poroso

Per meglio analizzare il flusso idrico all’interno di un mezzo poroso, si ricorre ad un elemento infinitesimo di terreno di dimensioni dx, dy, dz (Figura 1.8), attraversato da un flusso d’acqua.

Figura 1.8: Elemento infinitesimo di terreno.

Con l’ipotesi che il fluido e il mezzo siano incomprimibili e dunque che i rispettivi pesi specifici non varino nel tempo (

γ

w=cost,

γ

s=cost), si può definire la portata in peso

d’acqua entrante nell’elemento in direzione x, qex, e quella uscente nella stessa

direzione, qux (equazione 1.19 e 1.20).

KL2= ∙ 2∙ *; ∙ * (1.19)

K 2 ∙ M 2 NN9 ∙ *9O ∙ *;* 2 (1.20)

In cui:

- Vx è la componente nella direzione dell’asse x del vettore velocità apparente

di filtrazione.

(23)

Gennaro Spolverino 23 La variazione tra la portata in peso d’acqua entrante e quella uscente dall’elemento di terreno, per la condizione di continuità, è pari alla variazione del peso di acqua nell’unità di tempo (equazione 1.21).

PKL2+ KL3+ KL4Q − PK 2+ K 3+ K 4Q =NRN" (1.21) In cui:

- Pw è il peso dell’acqua contenuta nell’elemento di terreno.

Unendo l’equazione 1.20 e l’equazione 1.21, si può scrivere l’equazione 1.22. − ∙ SNN9 +2 NN; +3 NN T ∙ *9 ∙ *; ∙ * =4 NRN" (1.22) Introducendo la legge di Darcy, si ottiene l’equazione 1.23.

− ∙ S'2N ℎN9 +N'2N9 +NℎN9 + '3N; +N ℎ N'3N; +NℎN; + '4N ℎN +N'4N +NℎN T ∙ *9 ∙ *; ∙ * =NRN" (1.23)

Qualora la permeabilità risulti costante in tutte le direzioni (equazione 1.24), l’equazione 1.23 si semplifica con l’equazione 1.25.

N'2

N9 =N'N; =3 N'N = 0 4 (1.24)

∙ S'2N ℎN9 + '3N ℎN; + '4N ℎN T ∙ *9 ∙ *; ∙ * =NRN" (1.25) Il peso dell’acqua può essere scritto nel modo riportato nell’equazione 1.26.

R = U ∙ RG = ∙ = ∙ ∙ = ∙ G∙ ∙ (1.26)

In cui:

- w = Pw/Ps è il contenuto d’acqua in peso;

- e, Sr sono rispettivamente l’indice dei vuoti e il grado di saturazione (equazione 1.2 e 1.4).

Derivando l’equazione 1.26 rispetto al tempo si ha l’equazione 1.27. NR

N" = ∙ G∙ M ∙NN" + ∙NN"O (1.27) Il volume del secco dell’elemento di terreno, può essere scritto come nell’equazione 1.28. La derivata del peso dell’acqua rispetto al tempo quindi, può essere scritta come riportato nell’equazione 1.29. Eguagliando infine l’equazione 1.29 con l’equazione 1.25, si ottiene l’equazione generale del flusso (equazione 1.30).

(24)

Gennaro Spolverino 24

G =*9 ∙ *; ∙ *(1 + ) (1.28)

NR

N" = (1 + ) ∙ M ∙NN" + ∙NN"O ∙ *9 ∙ *; ∙ * (1.29)

S'2N ℎN9 + '3N ℎN; + '4N T =N ℎ (1 + ) ∙ M ∙1 NN" + ∙NN"O (1.30) L’equazione generale del flusso si semplifica qualora:

- la filtrazione risulti permanente, ossia e = cost, Sr= cost;

- il mezzo è omogeneo ed idraulicamente isotropo, ossia kx = ky = kz = k

- il mezzo è incompressibile, ossia

γ

w = cost,

γ

s = cost.

Con queste ipotesi, si semplifica nell’equazione 1.31, definita equazione di Laplace. SN ℎN9 +N ℎN; +N ℎN T = ∇ ℎ = 0 (1.31)

1.5.Suzione

Nei terreni parzialmente saturi, a causa della tensione superficiale e dei fenomeni capillari, la pressione dell’aria ua risulta sempre maggiore alla pressione dell’acqua

nei pori uw. La differenza tra queste due pressioni definisce la suzione di matrice

(equazione 1.32).

! = ( W− ); < W (1.32)

In condizioni naturali, la pressione dell’aria è pari alla pressione atmosferica, ne consegue che può essere posta pari a zero (ua=0). In questo caso quindi, il valore

della suzione di matrice è pari all’opposto del valore della pressione dell’acqua nei pori (equazione 1.33).

! = − (1.33)

A causa della suzione, un terreno insaturo a contatto con acqua libera tende a richiamarla al suo interno. Oltre alla suzione di matrice, esiste un’altra componente che tende a richiamare acqua, definita suzione osmotica π, dovuta alla presenza di sali disciolti nell’acqua interstiziale e quindi alla differenza di potenziale elettro-chimico tra l’acqua interstiziale e l’acqua libera. La suzione totale ψ quindi, è il risultato della somma delle due componenti (equazione 1.34).

(25)

Gennaro Spolverino 25 In Figura 1.9, sono messe a confronto le variazioni di suzione totale, ψ, suzione di matrice s, e suzione osmotica π, al variare del contenuto d’acqua w di un terreno.

Figura 1.9: Andamento della suzione in funzione del contenuto d’acqua (Fredlund & Rahardjo, 1993).

È possibile osservare che la variazione di contenuto d’acqua influenza poco la componente osmotica della suzione, mentre fa variare in maniera significativa la suzione di matrice. In un terreno parzialmente saturo quindi, le variazioni di contenuto in acqua Δw sono associabili prevalentemente a variazioni di suzione di matrice Δs. La suzione totale può essere descritta come la pressione negativa cui deve essere soggetta l’acqua pura tale da essere in equilibrio, attraverso una membrana semipermeabile (permeabile alle sole molecole di acqua e non ai sali) con l’acqua interstiziale. La Figura 1.10 mostra in maniera in maniera concettuale la suzione totale come somma della due componenti, in cui è possibile definire:

Figura 1.10: componenti della suzione totale.

- la suzione di matrice, s, come la pressione negativa cui deve essere soggetta una soluzione acquosa identica in composizione all’acqua interstiziale, tale da essere in equilibrio, attraverso una membrana permeabile con l’acqua interstiziale;

(26)

Gennaro Spolverino 26 - la suzione osmotica, π, come la pressione negativa cui deve essere soggetta

l’acqua pura in modo da essere in equilibrio, attraverso una membrana semipermeabile con una soluzione acquosa identica in composizione all’acqua interstiziale.

La componente osmotica della suzione dipende dal contenuto salino dell’acqua ed è quindi presente sia nei terreni saturi che parzialmente saturi. La variazione della suzione osmotica può avere, in termini ridotti, effetti di deformazioni volumetriche e resistenza meccanica dei terreni, tuttavia la componente responsabile principale dei problemi di instabilità dei terreni è la suzione di matrice. Le variazioni di suzione totale quindi, sono provocate principalmente da una variazione del contenuto d’acqua del terreno. Dunque, in un terreno parzialmente saturo, esiste una corrispondenza tra suzione di matrice e contenuto d’acqua.

1.6.Flusso idrico in un mezzo insaturo

Nei terreni insaturi, poiché sono presenti sia l’acqua che l’aria all’interno degli spazi liberi intergranulari, il moto è bifasico (liquido-gassoso), ne consegue che è necessario apportare delle modifiche alla legge che regola i processi di propagazione dei flussi nei mezzi porosi (legge di Darcy). In questi terreni, per effetto della ritenzione capillare, il fluido possiede un’energia pari al potenziale di ritenzione capillare (o suzione

ψ

). A questa energia, per ottenere l’energia totale del fluido, va aggiunta la quota piezometrica (equazione 1.35).

= ℎ + Z (1.35)

Sostituendo il valore dell’energia totale del fluido nella legge di Darcy e assumendo che il moto sia solo verticale, si ottiene l’equazione 1.36.

4= −'N(ℎ + Z)N = −' M*ℎ* +*Z* NN O (1.36) In cui:

- =

\ è il contenuto d’acqua volumetrico, ovvero il rapporto tra il volume

di acqua e il volume totale.

Per il carico piezometrico si ha la derivata totale, invece che parziale, poiché la pressione è distribuita con legge è idrostatica.

Sviluppando l’equazione 1.36, si ottiene l’equazione 1.37.

(27)

Gennaro Spolverino 27 In cui:

-

H = ']^]_ è la diffusività dell’acqua nel suolo.

Operando un bilancio della massa idrica, è possibile definire un’ulteriore equazione costitutiva. Il bilancio di massa si applica ad un volume di controllo V, costituito da un tubo di flusso subsuperficiale delimitato da due sezioni trasversali. Nell’equazione 1.38 si riporta il bilancio, in cui il primo termine rappresenta la variazione della massa d’acqua immagazzinata nel volume di controllo, mentre il secondo termine rappresenta i flussi in uscita dalle sezioni trasversali.

* *" `a * . + ` a 4 *( . c = 0 (1.38) In cui:

- ρw è la densità di massa dell’acqua;

- A è la superficie totale delle sezioni trasversali di ingresso ed uscita della corrente nel tubo di flusso;

Con un elemento di volume di acqua infinitesimo, è accettabile considerare ρw

costante; con questa assunzione, il primo termine dell’equazione 1.38 può essere espressa come nell’equazione 1.39.

*

*" ` a *

.

=*" (a *9 *; * ) = a *9 *; ** NN" (1.39) I flussi in uscita dalle sezioni trasversali possono essere espressi in termini di flussi netti (equazione 1.40). Inoltre, sostituendo l’equazione 1.39 e 1.40 nell’equazione 1.38 e dividendo per ρw dx dy dz, si ha l’equazione 1.41.

` a. 4 *( c = a M 4+ N 4 N * O *9 *; − a 4*9 *; = a *9 *; * NN 4 (1.40) N 4 N +NN" = 0 (1.41)

Infine, combinando le due equazioni costitutive, si ottiene l’equazione 1.42, che rappresenta la forma monodimensionale dell’equazione di Richards (1931), ossia l’equazione del moto vario in un mezzo poroso insaturo, nell’incognita θ.

N

(28)

Gennaro Spolverino 28

1.7.Curva di ritenzione idrica del suolo

Come detto in precedenza, esiste una relazione costitutiva che lega la quantità d’acqua presente nel terreno con la suzione di matrice (Fredlund & Rahardjo, 1993; Bear, 1979; Hillel, 1982). La rappresentazione di questa relazione definisce la curva di ritenzione idrica del suolo (SWRC Soil Water Retention Curve). L’analisi della SWCC è fondamentale per comprendere il comportamento dei terreni insaturi (Fredlund et al., 1996), in quanto definisce la capacità del terreno di trattenere l’acqua ad un certo livello di suzione. In Figura 1.11 si mostra la forma tipica di una curva di ritenzione idrica, in cui sull’asse delle ordinate è riportato il grado di saturazione Sr e sull’asse delle ascisse, in scala logaritmica, la suzione totale. Al crescere della suzione si individuano tre differenti parti della curva.

Figura 1.11: Curva di ritenzione idrica del suolo.

- La prima parte, a bassi valori di suzione, è definita “boundary effect zone”; in questa zona si osserva che la variazione di suzione non produce una significativa variazione del grado di saturazione. Il terreno si presenta essenzialmente saturo e l’acqua all’interno dei pori è continua. Il termine della prima parte si ha quando si raggiunge quel valore di suzione tale da permettere la formazione delle prime bolle d’aria all’interno dei pori più grandi. Questo limite di suzione è definito infatti “valore di ingresso dell’aria” (ψb air-entry value).

- La seconda parte è definita “transition zone”, o zona di transizione. In questa fase i valori di suzione sono compresi tra il valore di ingresso dell’aria (ψb) e

(29)

Gennaro Spolverino 29 il valore di suzione che delimita le condizioni residuali (ψr). Si osserva che il

contenuto d’acqua diminuisce sensibilmente al crescere della suzione. All’interno dei pori coesiste la fase gassosa (aria) e la fase liquida (acqua), che dunque appare discontinua.

- Nella terza parte infine, detta “residual zone of unsaturation” o residua di non saturazione, a grandi incrementi di suzione corrispondono piccole riduzioni della quantità d’acqua nel terreno. I vuoti all’interno del terreno sono caratterizzati principalmente dalla presenza di aria, resiste solo una piccola componente di acqua capillare e acqua adsorbita dalle particelle. La curva mostra un asintoto quasi orizzontale che tende al valore del grado di saturazione residuo (Srresiduo) (invero il grado di saturazione tende a zero per

altissimi valori di suzione).

La granulometria del terreno e lo stato di addensamento delle particelle determina la forma della curva di ritenzione (Figura 1.12). In particolare le curve dei terreni a grana grossa (sabbie e ghiaie), sono caratterizzate da bassi valori di ψb e ψr. Questi

terreni, avendo pori interconnessi di grandi dimensioni, riescono meno a trattenere l’acqua al loro interno e quindi hanno una curva di ritenzione idrica molto ripida nella zona di transizione. I terreni a grana fine (argille) viceversa, avendo particelle con elevata superficie specifica e quindi forti legami elettro-chimici con le molecole d’acqua, riescono a trattenere maggiormente l’acqua al loro interno, per cui hanno una curva di ritenzione idrica caratterizzata da alti valori di ψb e ψr e da una minore

pendenza della curva nella zona di transizione.

(30)

Gennaro Spolverino 30 Tuttavia la relazione tra il grado di saturazione e la suzione (Sr-

ψ

), per un terreno di assegnata composizione granulometrica e mineralogica, non risulta univoca. La forma della curva infatti, dipende anche dalla distribuzione dei pori che può variare pur mantenendo costante la granulometria. Una variazione di stato tensionale produce una variazione di volume che influenza la distribuzione porosimetrica (Simms & Yanful, 2002; Cuisinier & Laloui, 2004).

La forma della curva inoltre, dipende dalla storia idraulica del terreno. Durante il processo di riduzione del contenuto d’acqua dalle condizioni sature, la relazione Sr-

ψ

segue l’andamento della curva principale di essiccazione; durante il processo inverso, ovvero di aumento del contenuto d’acqua dalle condizioni secche, la relazione è descritta da un’altra curva, definita principale di imbibizione. Le due curve, che delimitano i possibili stati del terreno, si differenziano anche nel caso di un terreno non deformabile (Bear, 1979). Come mostra la Figura 1.13, Le due curve principali formano un’isteresi. Entrambi i percorsi hanno come limite il contenuto d’acqua a saturazione (θs) e il contenuto d’acqua residuo (θr). A parità di suzione, il

terreno in fase di essiccazione tende a trattenere una maggiore quantità di acqua rispetto a processi umettanti. Con riferimento alla figura, si nota che ad una assegnata suzione

ψ

1, il contenuto d’acqua volumetrico può avere valori compresi

tra θ1,imb. e θ1,ess., in funzione della storia idraulica del terreno.

Figura 1.13: Isteresi della curva di ritenzione idrica del suolo.

L’ampiezza del ciclo di isteresi è più pronunciata nella zona di transizione in cui l’acqua all’interno dei pori è tenuta principalmente da meccanismi capillari. Il dominio di isteresi è definito dalle due curve principali e all’interno di queste

(31)

Gennaro Spolverino 31 ricadono tutte le condizioni di drenaggio ed imbibizione. Esistono infiniti percorsi che vanno dall’una all’altra curva e tutti sono pressoché reversibili. I percorsi all’interno del dominio di isteresi formano un anello chiuso. Con riferimento alla Figura 1.13, in condizioni di completa saturazione, la relazione θ-

ψ

è definita dal punto B e, durante il processo di essiccazione, le coppie di valori θ-

ψ

seguono l’andamento della curva principale, fino a raggiungere le condizioni secche definite dal punto A. Durante questa fase però, è possibile che si verifichi un processo di imbibizione; in questo caso, i valori θ-

ψ

andranno a definire un’altra curva interna al ciclo di isteresi (tratto CB). Inoltre, se questo nuovo processo di imbibizione termina prima che si raggiungano le condizioni di completa saturazione, la successiva fase di essiccazione descriverà una curva che parte dall’interno del cappio di isteresi e raggiunge nuovamente la curva principale di essiccazione (tratto DC). Cosa del tutto analoga succede se si parte dal punto A, ovvero da condizioni completamente secche.

I fenomeni che regolano l’isteresi delle curve caratteristiche non sono ancora del tutto chiari, tuttavia Hillel (1982) ha cercato di dare alcune spiegazioni circa i fattori che influenzano il fenomeno:

- La disuniformità delle dimensioni dei singoli pori che dà luogo al cosiddetto “effetto bottiglia di inchiostro”. Quando l’acqua rientra in canali molto stretti richiede un incremento locale di suzione. Nel suolo si verifica un fenomeno di instabilità in cui l’interfaccia non può avanzare fino a quando non viene riempito anche un meato vicino. L’equilibrio viene raggiunto con un diverso valore di θ (Figura 1.14a).

- Le modalità con cui un menisco capillare raggiunge una condizione di equilibrio. L’angolo di contatto all’interfase solido-liquido infatti, è maggiore quando il liquido avanza rispetto a quando invece recede (Figura 1.14b); ciò comporta che, a parità di contenuto d’acqua, per il maggiore raggio di curvatura raggiunto nel processo di saturazione, la suzione è minore rispetto a quella che si registra in fase di desaturazione;

- L’eventuale aria occlusa all’interno dei pori durante un processo di saturazione può ridurre il contenuto d’acqua corrispondente ad una assegnata suzione.

- I fenomeni di rigonfiamento o di ritiro associati alle variazioni di suzione, possono modificare la tessitura del terreno da cui dipende l’andamento della curva caratteristica.

(32)

Gennaro Spolverino 32

Figura 1.14: a) Effetto bottiglia di inchiostro; b) angolo di contatto all’interfase solido-liquido.

1.7.1.Modellazione della curva di ritenzione idrica del suolo

La funzione di ritenzione idrica è espressione delle proprietà idrauliche dei terreni e caratterizza la risposta idrologica di un suolo. Per determinare tale relazione è possibile adottare tecniche sperimentali che permettono di misurare la suzione e il contenuto d’acqua volumetrico del terreno sia durante una fase umettante, sia durante un processo evaporativo. Queste tecniche restituiscono una serie di punti discreti che possono essere interpolati con delle equazioni matematiche continue. Sono stati proposti numerosi approcci per la rappresentazione matematica della curva di ritenzione e quelli comunemente adottati per applicazioni idraulico-idrologico sono: il modello di Brooks & Corey (1964), il modello di Campbell (1974), il modello di van Genuchten (1980), il modello di Fredlund & Xing (1994). I parametri utilizzati in questi modelli matematici implicano la definizione di valori specifici relativi al contenuto di acqua o di suzione a condizioni specifiche (ad es., la saturazione, la saturazione residua, il valore d’ingresso d’aria) e delle costanti empiriche che vengono calibrate per interpolare la forma generale della curva.

Modello di Campbell (1974)

Campbell (1974) propose la relazione riportata nell’equazione 1.43 Z( ) = ZdM

GO ed

(1.43) In cui:

-

ψ

b rappresenta il valore di suzione di ingresso dell’aria (Figura 1.11);

- θs è il valore del contenuto d’acqua a saturazione;

- b rappresenta la pendenza della retta interpolatrice dei punti sperimentali valutati in scala logaritmica.

(33)

Gennaro Spolverino 33 Questo modello risulta di semplice applicazione ed ha come parametri, due valori sperimentali e un solo valore di calibrazione. Questo modello però non tiene conto del valore di contenuto d’acqua residuo del terreno, per cui ipotizza che questo parametro sia inesistente o trascurabile.

Modello di Brooks & Corey (1964)

Diversamente, il modello di Brooks & Corey (1964) tiene conto anche del contenuto d’acqua residuo del terreno θr. Inoltre, gli autori dividono la curva in due zone: la

prima caratterizzata da valori della suzione minori del valore di ingresso d’aria, la seconda invece con valori maggiori di quello di ingresso d’aria. La formulazione del modello è riportata nell’equazioni 1.44.

= G f Z Y Zd − g G − g = M Z ZdO eh f Z i Zd (1.44) In cui:

-

λ che è l’inverso di b, rappresenta un indice caratteristico della distribuzione dei pori.

Il parametro λ assume bassi valori per ampie distribuzioni delle dimensioni dei pori, viceversa alti valori per strette distribuzioni. In genere 0,2<λ<2. In questo modello si assume che il terreno resti saturo fino al valore di ingresso dell’aria.

Modello di van Genuchten (1980)

La formulazione proposta da van Genutchen (1980) risulta essere una delle più utilizzate in ambito tecnico. Nel 1980 l’autore dimostrò come fosse possibile utilizzare il suo modello al fine di stimare i parametri di permeabilità. Il modello proposto si basa su di una equazione a tre parametri, presentando il contenuto d’acqua come una funzione della suzione. L’equazione 1.45 riporta l’espressione di tale modello. − g G− g = 1 j1 8D Z<FkE (1.45) In cui:

- αvg, n, m sono parametri di interpolazione.

Il campo di validità in cui utilizzare questa espressione è compreso tra il valore di ingresso d’aria ed il valore residuo della suzione.

(34)

Gennaro Spolverino 34

Modello di van Genutchen e Mualem (1976)

Mualem (1976) propose di adottare n ed m (parametri del modello di van Genutchen), come dei valori ben precisi e legati tra di loro. Nell’equazione 1.46 è riportata la relazione che lega questi parametri e l’equazione della curva risultante dalla semplificazione. l = − 1 g G g 1 j1 8D Z<FkmIeIFn (1.46)

Attraverso questa semplificazione il modello di van Genutchen, passa da tre a due parametri. Il campo di validità della formulazione di Mualem rimane uguale a quello individuato da van Genutchen nella versione originale.

Modello di van Genutchen e Burdine (1953)

Burdine (1953) propose una diversa interpretazione dei parametri n ed m del modello di van Genutchen. Nell’equazione 1.47 è riportata la relazione che lega questi parametri e l’equazione della curva risultante dalla semplificazione.

l = − 2 − g G− g = 1 j1 8D Z<FkmIeFn (1.47)

Anche in questo caso il modello di van Genutchen passa da un equazione a tre parametri ad una a due parametri.

Modello di Fredlund & Xing (1994)

L’espressione fornita da Fredlund & Xing (1994) presenta un fattore di correzione, che consente di estendere il campo di indagini oltre il valore di suzione residua. La formulazione di questo modello è riportata nell’equazione 1.48.

− g G − g =

1

oln ( + mZrnFsE (1.48)

In cui:

-

e corrisponde al numero di Eulero;

-

a corrisponde al punto di flesso della curva di ritenzione;

-

n, m sono parametri di calibrazione.

(35)

Gennaro Spolverino 35

1.8.Funzione di conducibilità idraulica

Oltre alla curva di ritenzione idrica del suolo, esiste un’altra relazione che esprime le proprietà idrauliche dei terreni e caratterizza la risposta idrologica di un suolo, ovvero la funzione di conducibilità idraulica che lega la permeabilità alla suzione, k(

ψ

). In prossimità dell’interfaccia aria-acqua, si sviluppano delle pressioni negative che dipendono dalla struttura del materiale e dal grado di saturazione. La diminuzione di umidità nel suolo comporta, da un lato, l’aumento di resistenze al moto dell’acqua attraverso i pori, e dall’altro, una riduzione di volume disponibile al trasporto di acqua, causata dalla presenza di aria nei meati. Ciò si traduce in una variazione del coefficiente di permeabilità k in funzione del contenuto d’acqua nel suolo θ che a sua volta ne determina il valore di suzione

ψ

. In condizioni di parziale saturazione una parte dei pori del terreno è occupata dalla fase gassosa e il processo di filtrazione può quindi interessare solo la porzione di pori occupata dall’acqua. Inoltre i percorsi di moto disponibili, risultano più tortuosi a causa degli ostacoli rappresentati dai pori occupati dalla fase gassosa. Al diminuire del contenuto d’acqua (e quindi all’aumentare della suzione) questi fenomeni si amplificano e il moto dell’acqua risulta sempre meno facilitato. Le relazioni che legano il coefficiente di permeabilità k sia con il contenuto d’acqua volumetrico θ, sia con la suzione

ψ

, sono fortemente non lineari.

1.8.1.Modellazione della funzione di conducibilità idraulica

Nel campo della modellistica dei flussi in zona insatura, emerge quindi la necessità di definire anche la forma funzionale di tali legami. Diversi autori hanno proposto delle modellazioni empiriche, altri invece hanno proposto delle espressioni analitiche che sono state sviluppate combinando dei modelli teorici di distribuzione dei pori con una funzione di ritenzione idrica.

Esistono numerosi modelli di funzione di conducibilità idraulica insatura di tipo empirica; di seguito, nell’equazione 1.49, si riporta solo un esempio proposto da Campbell (1974). ' = 'GM GO F (1.49) In cui:

-

n è un parametro adimensionale;

(36)

Gennaro Spolverino 36 La stessa equazione, può essere espressa in termini di potenziale capillare (equazione 1.50).

' = 'G(DZ)e dtud (1.50)

In cui:

-

bè lo stesso parametro indicato dallo stesso autore per la modellazione della curva di ritenzione idrica (equazione 1.43);

-

α =1/

ψ

b.

Burdine (1953) invece, deriva la funzione di permeabilità idraulica considerando che le proprietà idrauliche dei mezzi porosi sono riconducibili alla loro distribuzione porosimetrica. Definendo Θ e kr rispettivamente il contenuto d’acqua adimensionale

e la permeabilità relativa, così come riportato nelle equazione 1.51 e 1.52, l’autore deriva la relazione riportata nell’equazione 1.53.

Θ = − g G− g (1.51) 'g ='' G (1.52) 'g(Θ) = Θw xJyZ (9) *91 xJIZ (9) *91 (1.53) In cui:

-

ψ

(x)rappresenta la suzione corrispondente al valore x del contenuto d’acqua;

-

l è un parametro che tiene conto della tortuosità del flusso attraverso i pori e

che l’autore assume pari a 2.

Allo stesso modo, Mualem (1976) propose la relazione riportata nell’equazione 1.54.

'g(Θ) = Θwz

xJyZ(9) *91

x 1JIZ(9) *9{ (1.54)

In questo caso l’autore suggerisce che, in base alle osservazioni effettuate su diversi terreni, il valore medio di l è pari a 0,5.

Nelle relazioni proposte da Burdine (1953) e da Mualem (1976) si può introdurre una qualsiasi formulazione della curva di ritenzione idrica del suolo, tuttavia solo per alcune è possibile ottenere un integrale di forma chiusa (van Genuchten, 1980).

(37)

Gennaro Spolverino 37 Di seguito si riportano le relazioni ottenute introducendo l’equazione della curva di ritenzione di van Genuchten (1980) nel modello di Mualem (1976) (equazione 1.55)

l = 1 − 1/ 'g(Θ) = Θ I o1 − M1 − ΘEIOEs ; (0 Y l Y 1) 'g(ψ) =~1 − (DZ)EeI•1 + (DZ)F€eE• •1 + (DZ)FE (1.55)

e nel modello di Burdine (1953) (equazione 1.56). l = 1 − 2/ 'g8Θ< Θ o1 − M1 − Θ I EOEs ; (0 Y l Y 1; i 2< 'g8ψ< 1 − (DZ) Fe •1 + (DZ)FeE •1 + (DZ)F E (1.56)

Nelle equazioni di seguito invece, si riportano le relazioni ottenute introducendo l’equazione della curva di ritenzione di Brooks & Corey (1964) nel modello di Mualem (1976) (equazione 1.57)

'g(Θ) = Θ‚th 'g(ψ) = (DZ)e e‚h

(1.57)

e nel modello di Burdine (1953) (equazione 1.58). 'g(Θ) = Θuth 'g(ψ) = (DZ)e euh

(1.58)

Fuentes et al., (1992) hanno concluso che risultano valide per tutti i tipi di suoli solo le curve di ritenzioni idriche ricavate combinando l’equazione di van Genuchten con la teoria di Burdine (m=1-2/n), e le funzioni di conducibilità idraulica ricavate con l’equazione di Brooks & Corey. Questo è dovuto alla limitazione che esiste per il parametro di forma m quando si utilizza la teoria di Mualem: 0,15 ≤ m ≤ 1,00.

Figura

Figura 1.3: Perdite di carico in condizioni di flusso monodimensionale in un campione di terreno
Figura 1.6: Formazione nel terreno di zone a diversi gradi di saturazione.
Figura 1.12: Curve di ritenzione idrica del suolo di terreni a grana grossa e a grana fine
Figura 2.4: a) Fondo impermeabile e attritivo. b) Posa del materiale sul fondo impermeabile
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