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E’ opportuno aggiungere che per costruire in modo adeguato il Business Plan occorre fare riferimento ad un mix tra elementi qualitativi e quantitativi

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Academic year: 2021

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CONCLUSIONI

Nelle parti precedenti di questo lavoro si è avuto modo di evidenziare in più parti l’importanza informativa del Business Plan sia in termini di strumento operativo interno, sia in relazione alla comunicazione con gli stakeholders. Come strumento interno presenta sia una finalità programmatica e di autovalutazione che una funzione di controllo. Come strumento di comunicazione, inoltre, permette di rendere chiaro e fruibile il business e le sue opportunità e rischi ai possibili finanziatori.

E’ opportuno aggiungere che per costruire in modo adeguato il Business Plan occorre fare riferimento ad un mix tra elementi qualitativi e quantitativi. Gli aspetti qualitativi esprimono le principali caratteristiche della strategia operante e prospettica, le possibili evoluzioni di alcune variabili ambientali che definiscono gli scenari più probabili, le azioni realizzative, nonché le relazioni di causa-effetto tra queste e le performance aziendali. Attraverso gli elementi quantitativi si esprimono le proiezioni economico-finanziarie e le misure di performance economiche e competitive che dovrebbero essere ottenute alla realizzazione delle ipotesi del piano stesso: sono questi elementi che rendono possibile una valutazione di tipo quantitativo. Il grado di approfondimento dipende poi dal soggetto cui è destinato il piano, dal tipo di progetto presentato e dal fatto che sia redatto da un’impresa già operante sul mercato o in fase di start-up.

Nella pratica, nonostante l’esistenza di numerosi benefici interni, molti imprenditori cominciano a sviluppare un piano proprio per la sua funzione relazionale:

il ruolo di strumento di comunicazione con i terzi finanziatori è stato, non a caso, il fattore principale della diffusione del Business Plan in ambito internazionale.

A tal proposito si può osservare che l’ imprenditore, se vuole aumentare le probabilità di successo della sua iniziativa, dovrà selezionare il soggetto finanziatore tenendo conto delle logiche di investimento che questo segue. Nell’ambito del sistema dei finanziatori si rileva che gli investitori istituzionali concentrano l’attenzione su progetti caratterizzati da un elevato potenziale di sviluppo, cioè su iniziative nelle quali l’apporto di capitale e di competenza professionale da parte loro potrebbe accelerare il processo di creazione di valore; in altri termini, essi privilegiano imprese con valide

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prospettive di crescita dimensionale e reddituale, con un imprenditore competente, credibile e trasparente ed un management con consolidata esperienza nel settore. Per l’

imprenditore che si presenta ad un venture capitalist o a dei private equity investor alla ricerca di capitale, il Business Plan rappresenta lo strumento fondamentale per dimostrare la fattibilità e la profittabilità del progetto imprenditoriale che deve essere finanziato; è il documento attraverso cui l’investitore valuta l’opportunità di investimento ed il potenziale ritorno.

Questa affermazione acquisisce un significato particolare quando le strategie prevedono un’operazione straordinaria per la quale il piano diviene un fondamentale strumento di supporto. La predisposizione del Business Plan riveste, infatti, un ruolo cardine nell’ambito della comunicazione dei piani di sviluppo dell’azienda e delle performance attese in termini di flussi reddituali e di cassa.

Il piano economico e finanziario nel contesto delle operazioni straordinarie ha, quindi, un ruolo di fondamentale importanza come strumento a supporto del processo di valutazione, ma ha una valenza ancora più marcata nella presentazione della società o del gruppo alla comunità finanziaria.

Talvolta, le peculiarità del progetto strategico possono suggerire l’introduzione di specifici elementi di analisi con una conseguente variazione nella struttura tradizionale del piano. Per esempio, nel caso in cui il piano sia elaborato in occasione di operazioni straordinarie di M&A con altre imprese, esso deve necessariamente contenere una serie di informazioni sulle unità target, in ipotesi di acquisizione, o sui potenziali partner, in ipotesi di fusione, e indicare con sufficiente dettaglio i vantaggi e gli svantaggi che il progetto presenta in termini differenziali rispetto ad un’ipotesi di sviluppo autonomo: ciò richiede l’esame delle aree di complementarietà e sovrapposizione delle unità aziendali coinvolte e l’analisi delle leve che consentono sia la piena valorizzazione delle sinergie sia il contenimento dei costi di integrazione.

Ancora, nelle operazioni di turnaround,uno spazio rilevante sarà dedicato all’analisi delle cause che hanno portato alla crisi dell’impresa per poter poi provvedere alla pianificazione delle azioni correttive di ripristino dell’equilibrio economico- finanziario. La corretta strutturazione del Business Plan è imprescindibile per le società quotate in Borsa o che si apprestano a farlo.

In questi ultimi anni inoltre, si sono sviluppati fondi di investitori istituzionali specializzati nella partecipazione attiva nelle operazioni di finanza straordinaria, soprattutto in M&A e turnaround, che operano non soltanto fornendo i capitali necessari

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per coprire il fabbisogno finanziario di tali operazioni, ma anche, e soprattutto, fornendo le proprie competenze e conoscenze per il buon esito dell’operazione.

La realizzazione di un Business Plan da sottoporre ad investitori istituzionali nel capitale di rischio necessita, perciò, una particolare attenzione. A tale proposito, occorre precisare che la tematica inerente gli aspetti ritenuti interessanti per la valutazione del business da parte degli operatori di private equity ha sempre rappresentato un elemento conoscitivo basilare per gli attori del mercato. Data la forte componente strategica che tali aspetti rivestono per l’analista, però, molte informazioni non vengono trasmesse verso l’esterno. In considerazione di ciò, si è ritenuto importante promuovere un’indagine conoscitiva, sostanzialmente qualitativa, con l’obiettivo di poter rilevare quali siano i fattori informativi di maggior interesse per le diverse tipologie di attori. Per ciascuna delle operazioni sono stati coinvolti due professionisti di ampia esperienza nel settore, uno in ottica di investitore/ valutatore e l’altro in ottica di redattore del documento, che hanno fornito la propria esperienza sugli aspetti informativi rilevanti del Business Plan.

Dalle interviste è, dunque, possibile rilevare che il Business Plan delle operazioni di finanza straordinaria ed in particolare delle M&A può essere destinato alla circolazione interna all’azienda, ma può anche essere un documento di comunicazione con gli istituti di credito, i finanziatori in private equity o ancora con il management dell’azienda target. Le finalità per cui viene redatto ricalcano quelle viste in linea generale nel primo capitolo, ma sicuramente, come sottolineano gli operatori intervistati, la finalità prevalente è quella interna. Le finalità per cui il Business Plan viene redatto ricalcano quelle viste in linea generale nella prima parte dell’elaborato, ma sicuramente la finalità prevalente è quella interna. A tal proposito viene, infatti, sfruttato per pianificare l’operazione, per verificarne la fattibilità, la convenienza economico- finanziaria, acquisire conoscenza circa i punti di forza e debolezza dell’operazione e per la definizione del prezzo di acquisto o del rapporto di cambio (in caso di fusione).

Nel verificare la fattibilità dell’operazione, si ritiene che il documento abbia un’importanza elevata sia per la valutazione della fattibilità imprenditoriale che per la fattibilità economico-patrimoniale e finanziaria. Nel caso in cui il destinatario documento sia un investitore di private equity, ovviamente la finalità principale è verificare, attraverso il Business Plan, la possibilità di ottenere capital gain. Le altre finalità risultano accessorie. In molti casi è la stessa potenziale target a presentarsi

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all’acquirente/finanziatore attraverso un Business Plan: si pensi al caso di liti tra azionisti o manager intenzionati a MBO.

Per quanto riguarda la struttura del documento si rileva che nel caso in cui il Business Plan sia destinato ad un operatore di private equity gli argomenti che dovrebbero essere sviluppati riguardano: l’analisi qualitativa della target, l’analisi quantitativa, l’analisi del settore, le ipotesi del piano, la valutazione dell’impresa target, ipotesi motivate di way out e analisi dei ritorni potenziali. Nell’ottica del redattore, la struttura di un Business Plan legato ad un’operazione di M&A è analoga a quella vista nella prima parte dell’elaborato. A differenza di quanto rilevato per un operatore di private equity, però, non si ritiene opportuno includere la valutazione dell’impresa

target.

Per quanto attiene l’orizzonte temporale previsionale ci si assesta entro un limite massimo di cinque anni. Non c’è ovviamente una regola fissa per stabilirlo, ma varia in funzione del business in cui opera l’azienda e delle necessità legate all’analisi che si vogliono approfondire. Altri fattori che influenzano il periodo di valutazione riguardano le finalità stesse del piano, l’interlocutore a cui questo è destinato e ciò che si intende comunicargli. Invece la base temporale di riferimento per la stima dei flussi può essere annuale oppure distinguere più nel dettaglio, come richiesto dal fondo di private equity, distinguendo tra una stima mensile per il primo anno e trimestrale per i periodi successivi. Possono essere redatte diverse versioni del documento a seconda dell’interlocutore a cui deve essere sottoposto: la differenza è data dal grado di dettaglio informativo o, per esempio nel caso di una versione a cui legare gli incentivi del management, dall’aggressività nella stima di dati come EBITDA e produzione dei free cash flow.

Per la quantificazione del rischio dell’operazione il contributo del Business plan è senza dubbio importante: è il mezzo attraverso il quale si possono individuare e specificare alcuni rischi quali, rischio di progetto, rischio di mercato e il rischio finanziario. Le variabili che gli operatori ritengono rilevanti per comprendere la rischiosità di mercato dal documento in esame sono costituite dalle caratteristiche del settore e dal posizionamento competitivo. Per quanto riguarda il primo aspetto si ritiene fondamentale la struttura del mercato, riflessa implicitamente nel beta utilizzato per la valutazione e nelle proiezioni dei flussi di cassa; altri aspetti che incidono sulla rischiosità sono le barriere all’entrata del settore, il tasso di crescita dello stesso e la sua concentrazione. Un aspetto che può emergere dalla redazione e/o lettura del Business

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Plan è il grado di regolamentazione del mercato: in questo senso si misura anche l’ingerenza di stakeholders politici.

Come si è detto il secondo aspetto della valutazione del rischio di mercato riguarda il posizionamento competitivo della target sulle variabili dimensione dell’impresa, sulla quota di mercato detenuta dalla target, sui fattori di vantaggio competitivo e sulla struttura dei costi. Su queste ipotesi di base, infatti, sarà possibile quantificare l’entità e la struttura dei costi necessari all’implementazione della break even point analysis.

Il rischio finanziario può essere valutato in relazione al grado di indebitamento dell’azienda e al costo del debito; questo emerge tipicamente dall’analisi per indici, analisi inclusa, appunto, nel Business plan. Dovrà essere analizzata la struttura finanziaria post - acquisizione in quanto, nell’ottica di un’impresa acquirente ad esempio, l’eccessivo indebitamento post operazione potrebbe creare danni alla società nonostante abbia un business redditizio. I due operatori intervistati concordano per quanto riguarda gli indici: Debito/patrimonio netto, grado di leva finanziaria, FOCF/debt, tutti gli indici di rotazione del circolante, Mol/fatturato. Pareri discordi sono stati espressi, invece, in relazione agli indici di liquidità e solvibilità, il quoziente di indebitamento finanziario e il grado di leva operativa. Un’ulteriore considerazione deve essere fatta con riguardo all’EVA: l’analisi di tale risultato sarebbe molto utile, ma nella pratica viene scarsamente utilizzata come metodologia perché richiede notevoli sforzi esterni ed interni all’azienda nell’analisi e nella misurazione delle performance.

Per quanto attiene il rischio di progetto, attraverso il Business plan, si può evidenziare la relazione tra investimenti previsti e proiezioni in termini di crescita e marginalità dei flussi di cassa. Si utilizzano prevalentemente metodi di valutazione della convenienza quali IRR e Break even point. L’IRR, in particolare, è utilizzato in quanto parametro di mercato, ma si utilizzano anche, se non in prevalenza, multipli del capitale investito. L’analisi del B.E.P fornisce l’indicazione sula difficoltà dell’obiettivo da raggiungere permettendo di calibrare correttamente la struttura dei costi. La valutazione attraverso il VAN non è ritenuta necessaria in prospettiva di investimento da parte di un fondo, mentre il redattore preferisce svilupparla a parte: se viene calcolato il Van dell’operazione questo deve essere positivo e maggiore di un livello prefissato in relazione ad un adeguato tasso di attualizzazione dei flussi di cassa

Nel caso in cui il Business Plan sia legato ad operazioni di turnaround si rende necessario specificare che per la verifica della fattibilità dell’operazione il Business Plan

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è uno strumento secondario rispetto alla due diligence, così come lo è per l’acquisizione di conoscenza circa i punti di forza/debolezza dell’operazione, anche se è comunque di aiuto per approfondire gli elementi già analizzati. Lo strumento è, invece, molto più utile per verificare la convenienza economico-finanziaria del turnaround in quanto è l’unico strumento per calcolare l’IRR e il multiplo sull’investimento.

Il documento può essere redatto sia da personale interno sia da personale esterno all’impresa oggetto di turnaround. Per esempio nel turnaround supportato da un operatore di private equity un importante intervento viene anche dal management team del fondo che intende investire nell’operazione di ristrutturazione. Allo stesso modo l’intervento della società di consulenza è molto utile in quanto quest’ultima è abituata a ragionamenti strategici e perché porta un’esperienza esterna all’azienda, che altrimenti tende a perseverare in quello che già fa. Il personale interno a volte, soprattutto nelle piccole aziende, è concentrato sull’ordinarietà e non è capace di impostare un lavoro straordinario come questo.

C’è da aggiungere che normalmente dovrebbe essere la stessa azienda in crisi a presentarsi ad un potenziale investitore attraverso il Business Plan: ciò accade di rado soprattutto nelle piccole-medie realtà e in situazioni di crisi dove la gestione dell’emergenza non lascia tempo da dedicare alle operazioni straordinarie, considerando anche che spesso i migliori manager se c’erano, se ne sono già andati per cui il piano è quasi sempre sviluppato dall’operatore che è interessato ad intervenire per la ristrutturazione. In tal senso il Business plan è utile per valutare le operazioni da svolgere, la fattibilità complessiva del progetto e per presentarlo a partner finanziari.

La struttura di un Business Plan di un’operazione di turnaround, tuttavia, non si scosta molto da quanto visto per le operazioni di M&A, ma a livello di argomenti/sezioni vanno sicuramente evidenziati: i motivi della crisi e della situazione attuale, le strategie e le azioni per cambiare la situazione aziendale,gli impatti occupazionali, se ci sono, della riorganizzazione, gli eventuali costi della ristrutturazione. L’orizzonte temporale di riferimento del piano è, anche in questo caso, fino ad un limite massimo di cinque anni; limite che può variare in funzione del business sottostante e del destinatario ed obiettivi di utilizzo del piano. Se il ciclo produttivo non è lungo fare previsioni oltre i tre, ma forse anche due anni, è comunque piuttosto difficile.

La base temporale per la stima dei flussi di cassa può variare da mensile a trimestrale per il primo anno per diventare, poi, annuale nei periodi successivi.

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Si possono redigere diverse versioni del documento in relazione al destinatario dello stesso: i destinatari hanno un’ottica di lettura diversa, quindi bisogna consegnare un documento adeguato ai loro interessi. Ad esempio in un Business Plan destinato ad un finanziatore di private equity è fondamentale inserire una valutazione del capitale economico dell’impresa, inoltre si dovrà quantificare l’entità dell’investimento in equity e spiegare come sarà liquidato. Viceversa un piano destinato alle banche dovrà mirare ad illustrare la solvibilità dell’azienda e quindi porre l’accento sui flussi di cassa e sul rapporto con l’indebitamento.

Per la quantificazione del rischio di mercato risulta fondamentale, in caso di turnaround, verificare la struttura del settore/mercato in cui opera l’impresa poiché

permette di individuare le forze negoziali in gioco e dove probabilmente si possono generare i margini. Un segnale importante è dato dalle barriere all’entrata poiché, se basse, portano necessariamente ad una riduzione dei margini futuri. La concentrazione rileva, invece, più da un punto di vista strategico che sulla quantificazione del rischio:

se il settore è molto concentrato si dovranno sviluppare diversi scenari in base alle potenziali mosse dei concorrenti. Altre due variabili, la cui analisi è inclusa nel Business Plan, danno informazioni circa il rischio di mercato: la quota detenuta e la struttura dei costi. Avere una quota di leadership permette di ridurre il rischio delle proprie scelte mentre guadagnare quote di mercato come follower è particolarmente difficile e richiede l’implementazione di progetti innovativi ad incerto tasso di rientro. Per quanto riguarda la seconda variabile, un elevato grado di leva operativa amplifica i risultati economici in entrambe le direzioni. Si rileva l’importanza informativa degli indici di liquidità, solidità e solvibilità ai fini della quantificazione del rischio finanziario Gli indici di protezione del capitale sociale non sono ritenuti determinanti: è importante, invece, l’ammontare assoluto del patrimonio netto per verificarne la consistenza ai fini degli articoli 2446 e 2447 del codice civile. Gli operatori intervistati suggeriscono che l’indice riserve/mezzi propri può essere significativo nei casi di ristrutturazione poiché ,se si prevedono un paio di anni di perdite, è importante avere riserve patrimoniali da destinare a copertura. Entrambi gli operatori concordano nell’indicare il grado di leva finanziaria come indicatore importante per il rischio finanziario appunto: fornisce la misura di come l’impresa è valutata dagli istituti bancari ed, insieme all’indice posizione finanziaria netta/EBITDA, è uno degli indici che utilizzano più spesso per confermare o revocare le linee di credito.

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In relazione al rischio finanziario si sottolinea che una struttura finanziaria equilibrata è il lavoro fondamentale del private equity: calibrare in maniera errata la struttura, oltre a ridurre i rendimenti in termini di equity dell’operazione, rischia di far saltare l’azienda. Al contempo, il tir è invece il parametro fondamentale per l’investitore finanziario in capitale di rischio, infatti, sulla base di questo parametro vengono remunerati tutti gli stakeholders. Data la tipologia di investimento si richiedono ritorni piuttosto elevati. Attraverso il Break Even Point si riesce ad avere l’indicazione sul rischio di progetto in termini di difficoltà dell’obiettivo da raggiungere, inoltre permette di calibrare correttamente la struttura dei costi fissi e fare delle scelte in tal senso. Le analisi di sensitività non sempre sono svolte in ambito di business planning, ma quando sono presenti queste si implementano sui parametri che più fortemente influiscono sul conto economico: nel caso del turnaround questi possono essere la crescita del fatturato, la marginalità operativa ( EBITDA/fatturato), gli investimenti o l’andamento del capitale circolante netto. Il calcolo del Van normalmente non viene inserito nel Business Plan rivolto ad un fondo di turnaround, poiché si preferisce utilizzare l’IRR atteso e il moltiplicatore sull’investimento in equity.

In conclusione le differenze tra il Business Plan redatto in relazione alle operazioni di turnaround, rispetto a quello generico presentato nella prima parte del dell’elaborato, sono concettualmente riconducibili all’identificazione delle cause dello stato di crisi, all’identificazione del “modello” di business da ottenere a fine ristrutturazione. Particolare attenzione dovrà essere posta nella definizione delle azioni da implementare per uscire dallo stato di crisi e ottenere il business model prescelto, nel definire tempi e costi, e nel valutare le probabilità di successo.

In relazione alle operazioni di M&A si rileva, inoltre, che l’individuazione delle sinergie realizzabili e dei potenziali costi derivanti dall’operazione devono essere oggetto di un’attenta valutazione preliminare, in primis con riguardo all’omogeneità/integrabilità della cultura e dei valori aziendali dell’impresa target rispetto all’azienda acquirente. Il successo di un’operazione dipende, infatti, frequentemente dalla gestione del processo di integrazione successivo. Ai fini valutativi della convenienza di un’operazione di acquisizione e’ necessario pertanto stimare, oltre ai flussi dell’impresa target stand alone, i flussi di risultato differenziali attesi dall’acquirente per effetto delle sinergie, depurati dei costi incrementali connessi all’operazione. Occorre aggiungere che in quest’ambito il Business Plan dovrà presentare, oltre all’impatto sui valori economici, finanziari e patrimoniali prospettici,

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l’impatto che le operazioni di integrazione hanno sul profilo di rischio dell’impresa: tali operazioni possono, infatti, essere in grado di modificare il rischio di mercato (variabilità’ dei ricavi), il rischio operativo ( leva operativa ) e il rischio finanziario ( leva finanziaria) delle società coinvolte.

Dai risultati dell’intervista emerge, infine, una sostanziale convergenza tra gli elementi informativi richiesti dai fondi di investimento sia in relazione alle operazioni di M&A, che in quelle di turnaround. Questi possono essere ricollegati alle logiche di investimento proprie di tali operatori e si sostanziano nelle indicazioni circa il tempo e le modalità di way out previsti, la stima dell’entità del capital gain e l’analisi del rischio finanziario.

Dai risultati emersi dall’indagine conoscitiva è stato possibile far luce su alcuni degli aspetti informativi rilevanti al fine della redazione/valutazione di un Business Plan mirato alle due tipologie di operazioni straordinarie. L’indagine, pur non avendo rilevanza statistica, è stata utile per comprendere l’operatività dei professionisti del settore: operatività che, molto spesso, non emerge per la rilevanza strategica che alcune informazioni possono sottendere.

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