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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.16 (1889) n.811, 17 novembre

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , IN T E R E S S I P R IV A T I

Anno IVI - Voi. XX

Domenica 17 Novembre 1889

N. 811

INDUSTRIE SPONTANEE

Son già parecchie settimane che si è letto nei gior­ nali di Venezia la notizia d’una società ivi costitui­ tasi per l’esercizio della pesca in genere e special- mente dell’ ostricultura. La Società, in accomandita semplice, di cui fanno parte non meno di dodici firmatari, tutti o quasi tutti possidenti, alcuni dei quali milionari (basti citare i fratelli conti Papado-poli) è costituita per dieci anni, con un capitale... stupite, o turbe!... di lire tr e m ila ! Chi non cre­ desse all’esattezza della cifra qui indicata, può ac­ certarsene consultando il Bollettino degli Atti Uffi­ ciali della Prefettura di Venezia.

Tremila lire! Non porremo in ridicolo lo sforzo che deve essere costato il mettere assieme una tal somma in dodici. Ma ci verrebbe fatto di chiedere che cosa si spera di ricavare da uri’ impresa iniziata con sole tremila lire. E senza volerlo, ripensiamo a quei quattro capi ameni della Vie de Bohem e, che dopo avere speso tutto il loro in una cena, per caso si ritrovarono in tasca, tra tutti, qu attro lire; e domanditisi a vi­ cenda come potessero impiegarle, uno disse: Perchè non compriamo della rendita ?...

Basta, se mai si rii novasse sotto altra forma il fatto della Pesca Miracolosa, saremo i primi a bat­ tere le mani. Intanto che cosa si deve credere ? Che le persone che si sono riunite per raggranellare un così modesto capitale intendano fare, come suol dirsi, le nozze co'fichi secchi, o, non pratiche nella materia, si sieno accinte a trattarla senza mezzi adeguati, si sieno, come parimente suol dirsi, im barcate senza biscotto, ovvero che il predetto capitale, benché mo­ desto, sia sufficiente all’ uopo, causa l’ indole della industria a cui deve servire?

Pensandoci meglio la seconda ipotesi ci pare più probabilmente ragionevole. Ma allora alla malinco­ nica impressione di miseria che la prima aveva de­ terminata, succede in noi un senso di più consape­ vole sconforto. Ed ecco per qual motivo.

Se con tremila lire si può utilmente e produtti­ vamente intraprendere l’ industria della pesca e del- 1’ ostricoltura, di tali piccole associazioni dovrebbero essere gremite e la città di Venezia e tutto l’estuario veneto, e così pure tante altre parti d’ Italia in cui il mare è ricco di pesci e d’altri animali marini commestibili e il litorale è popoloso. Invece è tut- t’ altro, salvo qualche eccezione qua e là.

L’E conom ista, strenuo campione del libero scam­ bio, ha avuto incidentalmente ma mille volte occa­ sione di dimostrare, con chiara evidenza, come sia

assurda e vacua, se spinta troppo oltre, la mas­ sima che ogni paese deva bastare a sè stesso ; come sia anzi interesse comune e reciproco di tutti i paesi il poter ciascuno ottenere facilmente dagli altri quelle cose eh’ esso non produce o non ha tornaconto di produrre, in cambio di quelle altre che loro sommi­ nistra perchè ne abbonda ; come ciò dipenda dal- l’ esservi tra i diversi paesi del mondo grande di­ seguaglianza, anco se con intera equivalenza, nel numero e nella specie dei prodotti naturali, e nella capa­ cità, nella facilità, insomma nel grado di possibilità di procacciare a sè e ad altrui quelli artificiali. Senza dub­ bio, con apposite macchine si può fabbricare il ghiaccio anche al Cairo, e mediante buone e costose stufe un orticultore può far maturare gli ananassi anche a Cri­ stiania. Ma-pel consumo non scarso che l’ Egitto fa di ghiaccio, questo dovrà sempre venire di fuori, come di fuori dovranno sempre venire gli ananassi pel consumo, benché probabilmente scarso, che ne fa la Norvegia. Sarebbe poi non solo ridicolo — qualità che qui non ci interessa — ma pazzamente antieconomico da 'e opera affinchè I’ Egitto diven­ tasse paese esportatore di ghiaccio, la Norvegia paese esportatore di ananassi.

Prendiamo esempi esagerati, perchè sieno evi­ dentissimi. Servono intanto, se non per venire inte­ ramente a escludere che in un dato paese si possa anche fare qualche sforzo perchè vi attecchiscano alcune industrie esotiche, di certo a concludere che ogni paese ne ha di quelle che gli sono più natu­ rali, le quali devono essere coltivate più e prima delle altre e fino all’estremo limite della loro po­ tenzialità. E tra esse vi sono quelle che, per essere meglio connaturate alle circostanze ed ai locali bisogni, più facili a sorgere, a crescere, meno costose più immediatamente rimunerative, si potrebbero chiamare spontanee & dovrebbero tutte e sempre esser tali di fatto.

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726 L’ E C O N O M I S T A 17 novembre 1889

che in Napoli e nelle cittaduzze del Golfo sia sorta quella della lava, essendovi in prossimità il Vesuvio che la fornisce colle sue eruzioni. . . E si po­ trebbero moltiplicare gli esempi.

Ma questi fatti più che risaputi fanno deplorare la mancanza di tanti altri che dovrebbero venire determinati da circostanze affatto analoghe.

Mentre in [svizzera sono sorgente abbastanza larga di lucro pei campagnuoli le piccole industrie ma­ nuali del legno, (gingilli intagliati, utensili domestici e simili) da noi esse non sono esercitate fuorché in qualche vallata subalpina e in misura assai ristretta. Quivi servono al più al consumo locale, o di una breve zona prossima ; dalla Svizzera invece se ne fa copiosa esportazione anche lontano. Non potrebbe tentarsi di crescerne la produzione nel nostro paese, dove; a condizioni eguali, la qualità riuscirebbe migliore mercè la maggior squisitezza dell’ innato gusto artistico? E le condizioni sono eguali, giac­ ché in gran parte dell’ alla Italia, appunto come in ¡svizzera, in certi mesi dell’anno la terra resta a lungo coperta di neve, e la interruzione forzala dei lavori campestri, lascia quei contadini, quando non emigrano, in un ozio che si potrebbe utilizzare. Ecco dunque un primo desiderio insoddisfatto.

Ma eccone anche degli altri. Da alquanti anni a questa parte si è avviata in Italia l’esportazione delle frutta e dei legumi. È una sorgente di ricchezza che porta in sé il germe dei proprio aumento col determinare il tornaconto a produrre più e meglio. Eppure, riguardo al meglio, quanto poco si fa (le eccezioni non contano) in confronto di ciò che si potrebbe fare ! In molte regioni della penisola, mentre gii orti sono feraci, una vera industria orticola degna di questo nome non esiste. E sì che basterebbe un po’ di buona volontà, di solerzia, una abitudine sa­ gace dell’ imitazione di ciò che altri è riuscito a fare con profitto. E sì che lo spirito di associazione, in­ dispensabile in altre forme di attività, qui può essere utile ma non è poi necessario. E non ci vogliono mica milioni per perfezionare la produzione orticola, là dove molti coltivano per conto proprio, e i ter­ reni sono buonissimi e propizio il clima!

Si è anche iniziata qua e là, giova riconoscerlo, l’ industria dei legumi e della fratta manipolati e conservati, e se ne fa una certa esportazione. Ma che sia cosa, in complesso, di mediocre entità, questo io mostra : che le vetrine dei negozi nelle nostre città sono piene di roba consimile estera, special- mente inglese. E vogliamo citare un esempio : tutti questi particolari minuti e pedèstri alle volte sono i più utili.

A Rama, in un negozio inglese di specialità, abbiamo spesso comperato barattoli di quelle conserve scoz­ zesi rinomatissime che tutte le famiglie conoscano. Ibi, vaso abbastanza grande di maiolica bianca ordi­ naria, pieno di conserva di limoni o di aranci tra­ sparente come l’ambra e sopraffina, costa, tra con- ; tenente e contenuto, 95 centesim i. Meno d’una lira! , Or bene ! — gli aranci, alla Scozia che non ne

produce, davvero, probabilmente glieli forniamo noi. So non siamo noi soltanto, saranno anche la Spagna e il Portogallo, ma sempre un paese lontano. Dun­ que spesa d’acquisto e di trasporto della materia prima, poi zucchero, più stadi di manipolazione e quindi mano d’opera, locale, macchine, amministra­ zione, e per ultimo spesa di esportazione e di depo­ sito in Italia. E il tutto, fatto in Iscozia di roba no­

stra, viene a costare qui meno di una lira ! Sarebbe incredibile, se non fosse vero. Colla materia prima in casa e con sistemi tecnici analoghi, ma mettiamo pure assai meno perfetti, non ci sarebbe da conse­ guire risultati per lo meno quadrupli ? Ci vogliono forse immensi capitali? Io non credo.

E dove non si trattasse di esportare, si tratterebbe di produrre tanto da nutrire noi stessi discretamente intendendo per noi tutte le classi che formano i 30 milioni di italiani, ma specialmente le più po­ vere che sono le più numerose. Si è già accennato alle piccole industrie di oggetti d’ uso casalingo. Ma vi sarebbero più e prima di tutto da coltivare le piccole industrie dell’ alimentazione. Tra i paesi ci­ vili il nostro è uno di quelli dove si fa minor con­ sumo di carne. Fosse soltanto il clima !... ma è la mancanza di mezzi, nei più, per comprarsela! E chi non sa che la scarsa e cattiva alimentazione è una delle principali cause della pellagra ? Nel recente Congresso tenutosi in Padova dalle Società Italiane Federate d’igiene, fu raccomandata la piscicultura, la diffusione dell’ uso dei legumi e 1’ allevamento dei conigli per migliorare la nutrizione delle nostre classi povere. Vediamo un po’. L ’ allevamento dei conigli non costa proprio quasi nulla. È assai diffuso in Francia e tutti i nostri contadini dovrebbero prati­ carlo. I rifiuti dei campi, degli orti e dei cortili bastano per nutrire senza altra spesa quegli anima­ letti, che si riproducano poi con una fecondità pro­ verbiale, i quali dànno una carne che non è la più sostanziosa del mondo, ma che è molto meglio di niente.

Questo per le classi rurali delle regioni interne. Per le popolazioni litoranee delle nostre estesissime coste vi sarebbero la piscicultura e I’ ostricultura. Dopoché il Fusaro è rimasto abbandonato, in Italia non si fa, eh’ io sappia, allevamento artificiale di molluschi fuorché nel Mar Piccolo di Taranto. In Francia i vivai d’ostriche sono innumerevoli. Nei soli bacini di Arcachon, centro principale di tale industria, si produssero nel 1888 più di 200 mi­ lioni di ostriche, che vennero consumate parte in Francia e parte in Inghilterra, per un valore di quat­ tro milioni e mezzo di lire. È vero che ivi si tratta di impianto in grande, ma non mancano per questo anche i piccoli vivai privati. Si calcola che sulle coste oceaniche francesi 1’ ostricoltura dia mezzi di sussistenza a dugentomila persone. Di cotali piccoli vivai le nostre coste, piene di lagune, di valli, di seni, di bacini naturali, dovrebbero essere tutte guernite. — Questo autunno a Chioggia in un al­ tro Congresso (fossimo tanto pronti e disposti sem­ pre ad a ssociarci, come lo siamo ogni momento a con g reg arci!...) fu espresso il voto che il Governo istituisca là una stazione Zoologica di piscicoltura. Ma perchè sempre il Governo in ballo ? L ’esempio di una società di interessati sorta a Venezia con modestissimo capitale, mostra che si può fare qual­ cosa anche da sé, senza mendicare il perpetuo soc­ corso dell'Autorità superiore.

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lungo tirocinio, nè forti somme, e che frattanto riu­ scirebbero rimunerative a chi le iniziasse e miglio­ rerebbero in più punti del nostro paese le condizioni di vita quotidiana di migliaia di persone. Finché un complesso di circostanze anche esterne non risollevi lo stato economico generale dell’ Italia, crediamo che sia il caso di pensare, più che a grandiosi disegni, ad intraprese modeste ma molteplici da av­ viare un po’ dappertutto, secondo le diverse possi­ bilità locali.

La è tutta una propaganda da fare, per la quale non abbiamo la pretesa d’aver detto cose nuove. Ma esponendole alla buona uel nostro giornale chi sa che non le ripeta qualche foglio quotidiano dei più im­ portanti, che non se ne facciano poi eco altri fogli minori, in guisa che, parlane oggi e parlane domani, una o più idee giudicate giuste e praticate da chi abbia voglia, mezzi e capacità di applicarle, si tra­ ducano in qualche fatto utile!

LA RIFORMA DELLE STRADE FERRATEl)

li.

Le critiche che si muovono alle amministrazioni ferroviarie riguardo alle tariffe sono spesso assai vi­ vaci, ma non sono sempre fondate. Gli avversari del sistema di tariffe ora in vigore pretendono che in mancanza di una base sicura e razionale le am­ ministrazioni si sono limitate a copiare le tariffe delle diligenze, come queste sono state copiate nella costruzione dei vagoni. D’altra parte, secondo i di­ fensori del sistema vigente i prezzi dei posti sulle strade ferrate sono assolutamente in relazione alle spese che necessita il trasporto dei viaggiatori. Ed essi citano in prova un fatto innegabile ; sulla mag­ gior parte delle linee i treni viaggiatori coprono a mala pena le spese e là dove le ferrovie dànno un reddito sufficiente esso dipende unicamente dal tra­ sporto delle merci. Ma secondo alcuni recenti cri­ tici le tariffe attuali avrebbero un effetto proibitivo e riducendole si aumenterebbe notevolmente la clien­ tela delle strade ferrate. Inoltre una buona riforma delle tariffe potrebbe al dire di essi, dell’ Engel ad esempio, semplificare il servizio amministrativo e quello di vendita dei biglietti.

Riguardo anzitutto a quest’ultimo punto ossia alla vendila dei biglietti, non si può disconoscere che i biglietti sono troppo numerosi e le tariffe troppo com­ plicate. L ’ Engel insiste specialmente su questo punto che le stazioni sono obbligate a tenere pronti un numero stragrande di biglietti che non si capisce come lo spacciatore possa raccapezzarvisi. Vi sono per ogni stazione i biglietti d’andata, d’andata e di ritorno, poi biglietti per militari, i mezzi posti, i bi­ glietti circolari ecc. e tutti questi di tre o quattro specie secondo che le elassi sono tre o quattro. Per semplificare tuttociò al dire del D.r Engel basterebbe imitare il sistema della ferrovia metropolitana di Berlino, cioè sopprimere la quarta classe, poi sta­ bilire tre zone di tariffe come si praticava una volta per le lettere.

') Vedi L' Econom ista n. 807 del 20 ottobre.

Non abbiamo sott’occhio la statistica della fre ­ quenza dei viaggiatori nelle tre classi delle strade ferrate dei principali paesi d’ Europa e anche se l’avessimo, il timore di tediare il lettore con cifre ci farebbe astenere dal riprodurla. Ma ci sia permesso di citare alcune osservazioni del libro del D.r Engel. Questi constata che anche in Inghilterra, paese ari­ stocratico, avviene da qualche anno uno spostamento nelle classi, che devesi attribuire indubitatamente alle tariffe pei viaggiatori. La prima classe è sempre più disertata per la seconda e questa per la terza classe al punto che parecchie linee non hanno più che due classi. In Germania dove la prima classe non è mai stata molto in favore, perchè si distingue pochissimo dalla seconda e i diretti hanno sempre vagoni di seconda e di terza, la sproporzione tra le classi è maggiore che altrove. Sopra cento posti di prima classe offerti al pubblico, a stento ne sono occupati dieci in media ; su cento di seconda, in­ vece, ventuno sono occupati e nella terza e quarta classe questa cifra sale a venticinque e a trenta per cento.

Ma l’ Engel calcola che il pubblico userebbe lar­ gamente della prima classe, non appena le tariffe venissero ridotte nella misura enorme e diciamo pure fantastica ch’egli preconizza. Egli vorrebbe soppri­ mere la quarta classe, cioè i vagoni in cui i viag­ giatori sono obbligati di solito a restare in piedi. Egli anzi attribuisce alla istituzione di questa quarta classe il fatto che in Germania i viaggiatori, anche agiati, disertano le seconde e profittano delle terze classi perchè queste sono state sbarazzate di tutti gli elementi sgradevoli.

Tutto questo però ha una importanza secondaria rimpetto alla grossa questione della misura delle ta­ riffe, che in mente dell’ Engel dovrebbe essere ri­ soluta con criteri assai radicali. Nel suo libro, già citato, egli ritiene che le tariffe siano il più spesso proibitive e troppo elevate; le sue critiche hanno con­ dotto le amministrazioni ferroviarie tedesche a con­ trapporre dei fatti e delle cifre. Secondo esse se la maggior parte delle strade ferrate dànno un certo utile, ciò è dovuto esclusivamente alle merci; il tra­ sporto dei viaggiatori non darebbe un soldo di gua­ dagno, anzi lascerebbe un deficit. Se si diminuissero le tariffe pei viaggiatori, esse osservarono, il deficit di­ venterebbe generale e le merci non potrebbero col­ marlo.

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728 L ’ E C O N O M I S T A 17 novembre 1889 si semplificherebbe e di molto il servizio dei biglietti:

invece di sei biglietti per ogni stazione e dei biglietti speciali non se ne avrebbe che tre.

Tali sono le riforme deile tariffe che domandano alcuni scrittori temperati; ma in Germania si Va più innanzi e in materia di tariffe come in tante altre questioni sono sorte delle teorie di un radicalismo scapigliato. Queste teorie risalgono a un economista poco noto, D.r Perrot, la cui opera fece sensa­ zione circa vent’ anni fa. In breve il Perrot voleva applicare alle Strade ferrate la riforma attuata da sir Rowland Hill per la posta. Egli voleva una ta­ riffa unica ridottissima nell’interno d’un paese senza alcun riguardo alla distanza. Se nell’ epoca in cui scrisse ci fosse stata l’Unione postale universale, pro­ babilmente il Perrot avrebbe proposto di trasportare un viaggiatore da un capo all’altro dell’Europa o del mondo intero mediante il doppio della tassa interna. In appoggio della sua proposta invocava tra gli altri il fatto che il trasporto di un vagone pieno non costa più di un vagone vuoto, perchè il peso dei viaggia­ tori è insignificante rispetto a quella del veicolo. Se si adottasse il P ersonenporto i vagoni sarebbero se­ condo lui sempre pieni e si risolverebbe nello stesso

tempo un grande problema sociale permettendo agli Operai di recarsi quasi per nulla nelle località dove potrebbero utilizzare fe loro forze o la loro capacità.

L ’ Engel, quantunque in teoria divida forse queste idee, in pratica non va tant’oltre come il Perrot, è quindi meno radicale di lui. Ritiene che basterebbe ridurre le tariffe per riempire i vagoni ; ma ammette dei temperamenti alla tariffa unica. Egli consente a stabilire delle zone, come fa la posta per i pacchi postali e suddivide, certo con ragione, la prima di queste zone nell’interesse dei contadini, degli operai, degli impiegati Che dai sobborghi o dai paesi più vicini si portano alla città. Ecco la tariffa interna, cioè tedesca, ideata dall’ Engel :

Ia classe 2a classe 3* classe

1.“ zona sino a 25 chilom. fr. 2,25 0,62 0,32

2.a » » a 50 » » 5,— 1,25 0,62

3.a » oltre i 50 » » 7,50 2,50 1,25 Pei' diretti la tariffa sarebbe raddoppiata, ma senza aumentare per questo fatto il numero delle categorie dei biglietti ; se ne prenderebbero semplicemente due. L ’Engel conserverebbe inoltre i biglietti d’ abbona­ mento, perchè dispensano i viaggiatori che si muo­ vono giornalmente dall’ attesa fastidiosa allo spor­ tello e semplificano il lavoro degli offici; sopprime­ rebbe invece i biglietti di ritorno, quelli circolari, i permessi di circolazione pei militari, ecc.

Quale sarebbe l’effetto di una sì radicale riduzione che assimila i viaggiatori, se non alle lettere almeno ai pacchi postali ? Su ciò, il Dr. Engel si fa senza dubbio delle grandi illusioni. Movendo dal fatto che, in media, in Prussia il 75 per cento dei posti offerti al pubblico nei treni rimangono inoccupati, egli si figura che la sua tassa ridotta avrebbe per conse­ guenza di riempire i vagoni. Ma anzitutto quel 7o per cento è una media, forse esagerata, e in certe epoche dell’anno, e alle fèste essa è assai inferiore. E poi si può proprio dire che la riduzione proposta avrebbe per effetto di aumentare il numero dei viaggiatori in una misura cosi grande ? C’ è da dubitarne se- ' riamente.

Nel maggior numero dei viaggi le spese d’allog­ gio e di vettura, il tempo perduto, superano il prezzo del trasporto e quelle spese restano le stesse qua­ lunque siano le tariffe. Infatti il biglietto ferroviario non può essere assimilato al francobollo. Appiccicando quest’ ultimo su una lettera si chiude la lista delle spese occasionate da quella missiva ; prendendo in­ vece un biglietto ferroviario si iniziano delle spese relativamente forti e d’altra parte in un gran numero di casi si perde il tempo che si passa a viaggiare. E questo un punto che merita considerazione ri­ guardo alle classi operaie a favore delle quali prin­ cipalmente si reclama la riduzione delle tariffe. Un operaio che mediante \ fr. 25 passasse la sua gior­ nata in viaggio perderebbe non solo il prezzo della sua giornata rna anche le spese di alloggio e di vitto che gli costerebbe la sua traslocazione e pro­ babilmente ci penserebbe due volte e anche più come fa oggi, prima di mettersi in viaggio.

Le idee dell’Engel non ci paiono adunque accet­ tabili ed è ciò che ha fatto notare un uomo del me­ stiere in una serie di articoli sulla riduzione delle tariffe pubblicali nel « Giornale dell’ Unione delle strade ferrate tedesche ». L’autore non si accontenta di criticare le idee dell’ Engel, ma vi oppone un si­ stema di tariffe basato sopra un criterio alquanto razionale. Egli assimila i viaggiatori alle merci tra­ sportate a grande velocità , ammettendo per di più un aumento del 50 per cento per i diretti, il che corrisponde alla soprattassa che si preleva in Ger­ mania pei colli affidati a quei treni. Egli calcola che le spese di 100 chilogrammi di viaggiatori sono a un dipresso le stesse di quelle richieste per 100 chilogrammi di merci. Pel viaggiatore occorrono le sale d’aspetto e uno spazio maggiore nei vagoni, ma in cambio esso non esige spese di carico e scarico, di modo che il personale dei treni viaggiatori può essere sensibilmente meno numeroso di quello dei treni-merci. I treni della ferrovia metropolitana di Berlino, ad esempio, non hanno, qualunque sia la loro dimensione, che un solo conduttore e ciò pel sistema così semplice dei biglietti e del controllo ivi adottato. Inoltre al di là di 30 chilometri 1’ autore fissa la tariffa per diecine di chilometri, il che avrebbe per effetto di semplificare il servizio dei biglietti. Ve­ diamo a cagion di esempio ciò che costa in Ger­ mania un viaggio di cento chilometri, corrispondente al tragitto da Firenze a Livorno, e ciò che coste­ rebbe se il sistema del « Giornale del l’Unione delle ferrovie tedesche » avesse a prevalere :

T ren i om nibus

1 .a classe 2.a cl. 3.a cl.

— — —

Tassa attuale. . . Marchi 8, — 5,30 3,40 » proposta . . . » 4,50

T ren i d ir e i ti

2,50 1,50

Tassa attuale. . . Marchi 9,10 6,40 —

» proposta . ■ • » 7 , - 4 , - —

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ber-linese, cioè per 10 p fen n ig e (12 centesimi e l ¡i) si può fare in terza classe (ino a 8 chilometri, per l o p fen n ig e fino a l l chilometri, per 20 fino a A i chi),

e così di seguito.

La tariffa del Giornale tedesco avrebbe per effetto certo nei primi tempi un minor provento delle strade ferrate. Nondimeno l’autore crede cbe il deficit non tarderebbe a sparire per l’aumento nel numero dei viaggiatori, perchè sarebbe sufficiente un incremento compatibile con le più ragionevoli previsioni.

Tali sono gli studi recenti riguardo alla riforma delle tariffe ferroviarie. In una materia così ardua, come è certamente questa, non è agevole il pro­ nunciarsi definitivamente. L’ esperienza cbe sta fa­ cendo I’ Ungheria, di cui abbiamo parlato a suo tempo, e sulla quale avremo occasione di tornare, potrà servire dopo qualche tempo a dare alcune utili indicazioni sulla via migliore da seguirsi. Per ora è doveroso, per parte delle amministrazioni, di studiare con cura il difficile tema, specialmente con lo scopo di semplificare, anziché rendere più com­ plessa, la materia delle tariffe.

VALORI E BORSE

Dal nostro egregio ed autorevole amico M.... abbiamo ricevuta la seguente lettera che pub­ blichiamo senza commenti. L a calma e dotta parola del nostro illustre collaboratore non ha bisogno di illustrazioni e varrà, speriamo, a gettare un po’ di luce sopra una situazione che ai più riesce incomprensibile.

Egregi amici,

Non vi siete limitati agli eccitamenti ripetuti nella privata corrispondenza che solete tenere con me, ma avete voluto proprio smuovermi con una specie di invocazione pubblica, affinchè prenda la parola nel l’Econom ista a proposito dell’andamento del credito italiano. E dappoiché vi compiacete lasciarmi libertà di parola e di apprezzamenti , accedo volentieri al vostro invito ed espongo, per quel cbe vale, il pensier mio. Voi mi conoscete ormai vecchio e forse per l’età mia piagnucoloso ; non attendetevi quindi che io vi parli bene nè degli uomini, nè delle cose; e comecché queste, nell’ordine finanziario, non si muo­ vano cbe per l’ impulso degli uomini, mi concede­ rete che dal linguaggio mio trasparisca essere anche del mal governo delle cose gli uomini responsabili.

Ve ne ricordate? Il 25 Novembre dell’anno de­ corso ponevo davanti a me la questione se i ribassi subiti da certi titoli, sulla cui solidità non si discu­ teva, come quelli dell’ Immobiliare e del Mobiliare, fossero reazione contro esagerati rialzi a cui erano stati spinti, od aberrazione di speculatori che non sanno o non vogliono apprezzare quanto si meritano certi Istituti. E coi miei brevi studi, o meglio colle mie modeste osservazioni (le quali più che al pub­ blico — giova rammentarlo - a voi erano indiriz­ zate) inclinavo a concludere che fosse avvenuto per molti valori bancari ed industriali quello che per la finanza dello Stato ; si fosse cioè con soverchio ot­

timismo scambiato in permanente quello slancio di prosperità che soffiò sul nostro paese negli anni 1 882- 1883 1884. Allora alcuni economisti osservavano che l’Italia, appunto per la sua particolare costituzione eco­ nomica non risentisse della crise che flagellava Francia e Inghilterra; ma avvertivano in pari tempo non do­ versi sperare d’andare esenti dalla depressione, che ci avrebbe raggiunto più tardi, ma forse con mag­ gior violenza. E pur troppo così avvenne ; il ma­ lessere economico ci sorprese mentre credevamo dì aver afferrata l’agiatezza ed il bilancio dello Stato, aggravato anche da armamenti sproporzionati alla finanza, e dalle ingordigie del protezionismo, cadde dall’avanzo nel disavanzo. Non-diversa sorte doveva toccare ai valori cbe meglio riflettono le condizioni della economia generale; e come il Governo di fronte alle difficoltà economiche del paese mantenne gli aumenti delle spese senza aver il coraggio di aumen­ tare quanto occorreva le entrate; così, in ciò che spetta al credito, il sentimento di una vicina burra­ sca non suggerì il prudente consiglio di raccoglier le vele e mettersi in panna o fuggire arditamente col vento, ma o la leggerezza del pensare o la in­ differenza per il poi, ispirò la allegra resistenza, tanto che pareano tutti convinti di avere la prospe­ rità, solo perchè operavano come se I’ avessero.

E veramente non può parere nè severo nè ine­ satto il mio giudizio se abbiamo veduto ribassare il saggio dello sconto, quando diminuendo il prezzo della rendita, volea dire che cresceva il prezzo del danaro ; — se abbiamo veduto aumentare la quan­ tità della circolazione cartacea quando gli alti corsi del cambio avvertivano dell’ esistenza di un aggio e quindi della disparata proporzione tra le monete in circolazione ed il bisogno di esse; — se abbiamo veduto il maggior Istituto di emissione impegnare prima la riserva nel credito fondiario, poi investire nelle crisi edilizie ed agrarie e commerciati èd in­ dustriali ingente porzione del suo capitale e toccare così quell’arca santa del credito pubblico che dev’es­ sere l a B a n ca d i em issione ed il cui intervento deve 0 noti esser mai o, se avviene, decisivo, immediato, efficace, in quantochè rappresenta l’ ultima speranza.

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730 L ’ E C O N O M I S T A 17 novembre 1889 Le situazioni mensili della Società di Credito mo­

biliare accusano nella Cassa alla fine dei dieci mesi dicembre 1888 settembre 1889 le seguenti cifre, che metto di fronte a quelle dello stesso periodo dell’anno precedente. 1888-89 1887-88 Differenza 31 Decembre. . . 13. 2 milioni 3.3 9.9 31 Gennaio . . . . 10.2 » 3.0 - 7.2 28 Febbraio . . . 19.6 » 3.5 Hb 16.1 31 Marzo... 8.2 » 3.1 5.1 30 A prile... 10.3 » 3.7 6.6 31 Maggio... 11.2 » 5.1 6.1 30 Giugno... 5 .0 » 3.7 1.3 31 Luglio... 13.5 » 8.6 4.9 31 Agosto . . . . 8.8 » 10.0 1.2 30 Settembre.. . 6.2 » 2.1 4.1 Media... 10.62 » 4.61 + 6.01

Queste cifre, lo so benissimo, hanno un valore relativo, perchè la situazione della fine del mese non è prova dello stato dell’azienda durante il mese : ma a nessuno sfuggirà d’altra parte che la differenza tra 106 e 46 milioni è troppo grande per attribuirla tutta al caso e come sia evidente che gli Amministratori del Mobiliare abbiano ritenuto prudente tenere in que­ st’anno una Cassa fornita di una somma di nume­ rario più che doppia dell’anno precedente. Non è il caso ora di vedere perchè fossero indotti a ciò; se arriverete a convincermi di scrivervi sul Mobiliare, non già quando la relazione dell’esercizio 1889 sarà pubblicata, ma prima, potremmo allora studiare as­ sieme anche questo punto. Ora limitiamoci ad osser­ vare che una cassa costante di IO milioni in media invece che di 4 e mezzo, vuol dire la perdita del— l’ interesse sopra 5 milioni e mezzo. Devono essere heu forti i motivi che consigliano gli Amministra­ tori di un Istituto, per quanto grande esso sia, a tenere infruttifero un quarto circa del capitale, e tanto maggiore deve essere il loro rammarico di dovere usare tanta prudenza se negli anni prece­ denti bastava un ottavo del capitale.

Se non che divago troppo dal mio proposito, men­ tre voi mi avete formulato una specie di quesito chiedendomi se io ritenga che lo stato attuale delle Borse sia una reazione esagerata ai grandi prezzi dell’anno scorso, o se sia- invece un giusto apprez­ zamento della situazione. Quesito arduo e, direi quasi suggestivo, dappoiché tra le righe voi mi doman­ date : il Mobiliare e l’Immobiliare, la Tiberina e le costruzioni Venete ecc. ecc. valgono quello che oggi sono quotale o molto più ? — Cari amici, se sapessi rispondere in modo positivo a simile domanda mi avrebbero già bruciato vivo come sospetto di pos­ sedere il famoso segreto della pietra filosofale. Certo voi rammentate che aneli’ io ho voluto fare il pro­ feta, e che un anno fa, quando il Mobiliare era sceso tra la meraviglia generale di circa 200 lire, asserii parermi sull’800 essere il prezzo non esage­ rato del titolo. E se risero allora amici ed avver­ sari, voi lo sapete, che mi comunicaste delle let­ tere che vi pervenivano a confutazione e confusione delle mio affermazioni ; ma strano fatto; tutti quei meravigliati o colpiti dalla mia profezia, si sbrac­ ciavano, con termini più o meno cortesi, a mo­ strarmi che avevo le traveggole , dappoiché il Mo­ biliare valeva molto più.

Ma ad ogni modo, debbo confessarlo, la mia pro­ fezia peccava di troppa modestia e risultò errata;

le azioni del Mobiliare scesero da 950 a 900 poi ad 800 il prezzo vaticinato, e non vi si fermarono, ma giù giù precipitarono a 750, a 700 e infine l’ altr’ ien le vidi quotato a 5 9 2 ! ! Che caduta dal H 0 0 ! E le Immobiliari dal 1300 del 1887 che scendono a 524 ! ! E tanti altri titoli, dei quali non mi sono occupato, ma che sono essi pure non scesi, ma precipitati ?

E voi, in mezzo a questo sfacelo avete il corag­ gio di invitarmi a rispondere al formidabile vostro quesito, come se fosse la cosa più semplice del mondo ? Comprenderete facilmente che nulla intendo dirvi che somigli ad una risposta o ad una solu­ zione. Esamineremo assieme la questione e mi giu­ stificherò dello sbaglio di presunzione fatto I’ anno scorso accennando al valore di certi titoli.

Se ben ricordate allora si trattava di spiegare i ribassi che sembravano enormi da cui erano stati colpiti due titoli sopratutto : l’ Immobiliare, e per rimbalzo il Mobiliare. Ed allora pareva a me logico osservare, che non tratta vasi di ribasso propriamente detto, ma di ritorn o a p r e z z i n orm ali, cancellando enormi ed ingiustificati aumenti, ai quali artificial­ mente alcuni titoli erano stati spinti. Ora è avve­ nuto che nella scesa si sia di gran lunga oltrepassata la linea che a me sembrava indicare un normale e saggio apprezzamento, e siamo arrivati, se non presso l’abisso, almeno molto in giù nel pendio irto e sco­ sceso che all’abisso conduce. Quali le cause del pre­ cipizio? - Potrei limitarmi a dirvi che la prima parte della caduta era una salutare resipiscenza, era un sano ritorno da aberrazioni senza nome, e che la seconda parte è un prodotto della crise generale, la quale fatalmente andò a coincidere colla resipi­ scenza e col ritorno; ma voi siete troppo intelli­ genti per non ripetermi che con ciò cerco di ca­ varmela senza nulla dire.

Due aspetti, a mio avviso, ha questo punto inte­ ressante della attuale vita finanziaria del paese. Trat­ tasi di cercare per qual motivo importanti Istituti sieno oggi tanto meno apprezzati dal pubblico da quello che non lo erano un anno fa ; ed a me pare che occorra distinguere innanzi tutto da una parte l’effettivo m inor valore delle cose, dall’ altra la in­ capacità, cattiva volontà, o nequizia degli uomini a far valere le cose almeno quanto dovrebbero valere.

Sopra due punti pertanto ci converrà soffermarci il primo quello di indagare se veramente le cose valgan meno e perchè valgan meno ; il secondo perchè gli uomini, che queste cose dovrebbero far valere, o sieno indifferenti all’apprezzamento che ne fa il pubblico, o studino di farle apprezzare il meno possibile.

Su questi due punti vi intrattengo nell’altra lettera che vi scriverò domani e che voi pubblicherete, o meno, o della quale a piacer vostro vi varrete per trattare la questione. Poiché tanto più vi lascio com­ pleta libertà di servirvi come vi aggrada dei miei scritti, in quanto gli argomenti che tratto sono de­ licatissimi, e lo studio di non urtare soverchiamente le più sensibili suscettività può non sempre riuscire, a chi vive fuori del mondo e si diletta solo di me­ ditarne le convulsioni.

Vogliatemi bene.

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L’ ESPOSIZIONE UNIVERSALE DI PARISI

XIII.

Industrie artistiche. Prodotti agricoli. L ’esposizione è morta. Stanno ora sparendo quegli eleganti edilìzi che contenevano le industrie di tutte le nazioni del globo e delineavano ben anco i ca­ ratteri delle architetture che vi regnano. È così che non rimarrà traccia dei palazzi delle grandi regioni, quali la China, 1* Australia, il Messico, I’ Argentina, il Brasile, il Marocco, il Siam, l’ Egitto, ece., al pari dei padiglioni dei piccoli paesi, come Tunisi, Gua­ temala, Haiti, Costa-rica, Salvador e dei minuscoli, principato di Monaco , repubblica di S. Marino. A testimonianza della splendida esposizione, resteranno i colossi di ferro ; cioè il palazzo delle macchine, gli altri delle belle arti e delle arti liberali e quella gi­ gantesca torre Eiffel che, a nostro credere, a pre­ ferenza del primo fra questi edifìzi, meritava il premio accordato alta più pregievole costruzione. Ora dunque non rimane che T eco di questa gara mondiale, il quale, di più in più affievolendosi, ci fa avvertiti di stringere le redini, raccorciare il passo e porre ter­ mine, fra breve, alla corsa che fra tanti svariatissimi oggetti abbiamo compiuta. Quindi è che nulla di­ remo delle esposizioni di belle arti, tranne per quelle che hanno a scopo il commercio usuale, nulla della storia del lavoro, di quella dell’abitazione, nulla delle curiosità, quali i giocattoli, nè delle mode, che inte­ ressano un piccolo numero di persóne, nulla dell’an­ tropologia, dell’ etnografia , nulla delle arti militari, deN’areonautica, delle costruzioni navali, idrauliche, stradali, architettoniche, e ciò nostro malgrado, e di altre cose che, per quanto interessantissime e di cui prendemmo perciò appunto, ci condurrebbero a pubblicare un numero così rilevante di articoli, da annoiare i lettori dell’ E conom ista. Non ci crediamo tuttavia permesso di passare sotto silenzio i nostri espositori italiani. Quindi è che narreremo di taluni prodotti della sezione industriale italiana, di quelli, più numerosi, della classe alimentare, estendendoci anche fuori Italia, terminando col dare un cenno delle esposizioni che concernono la pubblica eco­ nomia.

Le nostre industrie metallurgiche sono poca cosa; ciò nonostante abbiamo veduta descritta, con grandi disegni, la coltivazione della miniera di Malfidano in Sardegna, colle sue calamine ed i suoi piombi ar­ gentiferi. Quanto alle industrie siderurgiche, non pos­ siamo citare che Gregorini di Lovere, coi suoi mi­ nerali grezzi, le sue ghise al carbone di legna, e degli acciai fusi, pudellati, laminati, martellati, però di non grandi dimensioni e, in piccole industrie, Valli di Livorno con una gran cassa forte di ferro battuto, nonché Cade! di Venezia con ferri artistici cesellali, ecc. Accenniamo ancora i lavori di amianto di Bender di Torino, perchè questo materiale va fa­ cendosi di crescente utilità nelle macchine calorifi­ che e rammentiamo inoltre i minerali d’asfalto e bi­ tume provenienti da Chieti. Qualche cosa abbiamo rilevato circa i prodotti chimici dell’Italia, esposti da Sessa di Gantù, dalla fabbrica Lombarda, coi suoi numerosi derivati dal chinino, dalla Società di olii

*) Vedi i numeri 799, 800, 801, 802, 803,804, 805, 806, 807, 808, 809 e 110 dell’-Econoroisia.

e saponi di Bari, da quella anonima di stearica di Milano, nonché dagli esercenti delle acque iodo-bro- miche di Salso-maggiore, delle acque sulfuree di Ta- binno, ecc. Per l’industria tipografica, non possiamo annoverare che una grande esposizione di Sonzogno di Milano e delle edizioni musicali del Ricordi; sic­ come però le edizioni sono inaccessibili, perchè chiuse a vetri, abbiamo dovuto limitarci ad osservare le ri­ legature del Sonzogno, che sono assai belle. In quanto a fotografie, non diremo nulla di nuovo rammentando che ne ha delle grandiose Al inari di Firenze; altre, pure pregievoli, sono di Benuatelli di Verona e di Quarelli di Torino.

Le oreficerie o, per dir meglio, gli adornamenti muliebri del nostro paese, hanno delle specialità, che consistono nei coralli, nei mosaici, nei carnei e nelle filigrane. È a Torre del Greco che fiorisce I indu­ stria dei coralli. Gli arditi marinai del golfo di Na­ poli affrontano i furori del mare in meschini trn- baccoli e, attorno alle spiagge della Sicilia e del­ l’Affrica, pescano l’industre Zoofito, non ricevendo, pei pericoli quotidiani nemmeno di che vivere suffi­ cientemente , talché li abbiamo veduti sfamarsi con foglie verdi del maiz bollite nell’ acqua, mentre gli armatori accumulano, assai sovente, grandi fortune. Per questa industria dobbiamo rammentare Mora­ bito di Napoli che ha esposto dei bei coralli color rosa formanti collane, corone, ecc. rilegate in oro, oltre ad altri coralli che sono rossi ed alcuni anche bianchi. Altri simili oggetti furono inviati da Gri- scuolo di Torre del Greco, da Agugione di Genova e da Fralicciardi di Napoli. Nei mosaici trovammo quelli, nel genere Fiorentino, di Petrelli, di Vichi, nonché di Veneziani e Coppini, e gli altri di ¡Ber­ lini e di Montelatici, tutti di Firenze. Nei lavori di conchiglie, possiamo citare i bellissimi, per merito artistico, di Morabito, nonché i carnei ed i lavori di tarturuga di Francati, Santa Maria, Labriola e Piscione tutti di Napoli, e quelli, pure artistici, di Fasoli di Roma. Nelle oreficerie di filigrane d’ ar­ gento e d’oro dobbiamo rammentare i lavori di Si- velli di Genova, che ha dei bellissimi oggetti, su­ periori a nostro credere, a quelli che vedemmo nelle esposizioni della Spagna e del Portogallo, benché non così grandiosi. Altre oreficerie dovremmo ricordare provenienti da Accarisi ed altri di Firenze, ma ce ne asteniamo per non dilungarci soverchiamente. Menzionammo in addietro i pianoforti nostrani di Brizzi e di Volpi, ora rammentiamo d’ aver osser­ vati, fra gli ¡strumenti musicali, dei violini di Pap­ pati, degli oggetti d’ ottone di nuovo genere di Brunelli di RÌmini, un mandolino perfezionato di Devenuti di Roma e perfino le ocarine di Mazzetti di Budrio.

Di qualche importanza commerciale è stata l’espo­ sizione di marmi sculturali provenienti sòpratutto da Firenze. Frilli, Romanelli, Lupini, Bazznnti di F i­

renze e Andreoni di Roma hanno spedite moltissime sculture di marmo bianco di Carrara che hanno in­ contrato gran favore, sopfatuttó quelle di piccole dimensioni. Sono principalmente i puttini in atteg­ giamenti comici che hanno piaciuto, a giudicarne dal numero di volte che sono stali venduti ; minóre facilità trovarono, all’ acquisto, le statue intere di grandi dimensioni, e ciò si spiega col maggior prezzo.

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L ’ E C O N O M I S T A 17 novembre 1889 732

elle furono celebri sotto nome di Chantilly, Valen­ ciennes, Alençon, i quali ora si fabbricano mecca­ nicamente ed a tenue prezzo, a dispetto di quelle orgogliose femminuccie che sole li possedevano, per­ chè avevano tanti denari da poter costringere ad un lavoro inutde, fatto manualmente, migliaia ili povere donne. Di alto interesse è l’ esposizione delle materie alimentari, siano Italiane o d’altre regioni. In questo genere di produzioni non fummo scarsi di invii, poiché siamo didatti, più che altro, una nazione agricola. Tranne didatti la valle del Po e la Ligtyia che hanno qualche industria manifatturiera, si può dire che tutto il resto del Regno d’ Italia non vive che sulla scarsa terra e su di poche industrie artistiche. 1 no­ stri invii consistettero in vini, liquori, paste e dol­ ciumi, salumi, olii, latticini e miele.

Circa alla produzione vinicola noi abbiamo la re­ gione Piemontese, la Toscana e la Calabro-Sicula. Rappresentanti della prima, vedemmo i Barbera ed i Barolo di Capellano di Serralunga, gli Asti di Ga- ruti, i Vermuth di Cora di Torino. Per la regione Toscana notammo i Chianti del Melici. Per la terza regione, la meridionale, rammentiamo i vini Cala­ bresi de! Giacobino fatti ad imitazione del Tokai, il Marsala della compagnia vinicola Siciliana, nonché altri vini Siciliani, e taluni Vesuviani, di Roud e Scala, il vino Etneo di Conti, e quello di Zucco, presso Palermo, del Duca di Aumale. La Romagna fece essa pure qualche invio, mercè Minguzzi e Ruffi, e perfino da Piacenza si spedirono dei vini; ma erano questi medicati alla Coca Boliviana. Per ter­ minare ciò che è di bevande alcooliehe, menzio­ niamo gli elixir spediti da vari fabbricanti, cioè Cito e Ascione di Napoli, Camini di Pavia, il celebre Branca, col suo Fernet, e perfino il Papa trasfor­ mato in liquore ed imprigionato in bottigliette dal Cavalli di Roma, che lo ha messo in gogna nel qu ai d'Orsay, così come l’abbiamo veduto sotto l’etichetta di liqu ore L eone X I I I .

Rivista (Economica

I l rinnovamento del privilegio della Banca imperiale GermanicaLa situazione del mercato dell’ ar­

gentoI l Canale di Suez ed H commercio italiano.

Il Governo tedesco ha presentato al R eichstag un progetto di legge pel rinnovamento o meglio la pro­ lungazione del privilegio che attualmente gode la Banca dell’ impero e che è stabilito dalla legge del 14 mar­ zo 1875. Questa aveva fissato la durata di lo anni, sicché il privilegio viene a scadere col 1° gennaio 1891 ; ma il Governo tedesco non ha seguito l’esem­ pio di quello italiano, che non sa risolversi a prov­ vedere al regime bancario, e ha voluto decidere fin d’ora le sorti della R eichshank.

Secondo l’articolo 41 della citata legge fondamen­ tale del 1875, il Governo imperiale si era riservata la facoltà di espropriare la Banca trascorsi i l o anni riscattando alla pari tutto il suo capitale e abbando­ nando agli azionisti la metà del fondo di riserva accumulato a quell’ epoca, sotto la condizione di pre­ venire la Banca della propria intenzione un anno prima della scadenza dei 15 anni. Il privilegio della Banca poteva essere prolungato di 10 anni in 10 anni

per tacita riconduzione, lo Stato conservando al l’espiro di ciascuno di questi termini il diritto di riscatto summenzionato, alla stessa condizione d’un anno di preavviso.

Nei « considerando » del progetto di legge testé pre­ sentato al Parlamento il Governo dichiara che giu­ dica preferibile di lasciar sussistere la Banca del­ l’Impero nella sua forma attuale di istituzione fondata con capitali privati e sottoposta alla sorveglianza del­ l’Impero ; ma giudica nel medesimo tempo che con­ venga modificare in un senso più vantaggioso al Tesoro dell’Impero, le disposizioni di legge relative alla divisione degli utili della Banca tra azionisti e Governo.

È noto che la divisione degli utili secondo la legge in vigore si fa nel seguente modo:

Un interesse statutario del 4 1/2 0/0 è anzitutto attribuito agii azionisti. Quanto all’avanzo il 20 0/0 è passato al fondo di riserva sino a che questo fondo abbia raggiunto in totale il quarto del capitale-azioni ossia 30 milioni di marchi, essendo il capitale di 170 milioni di marchi ossia di 150 milioni di franchi. L ’ eccedenza è divisa per metà tra lo Stato e gli azionisti finché il dividendo totale attribuito agli ultimi compreso I’ interesse statutario suindicato non ecceda I’ 8 0/0. Al di là di questo 8 0/0 il di più resta per tre quarti allo Stato e per un quarto agli azionisti.

Il progetto di legge stabilisce invece che l’ inte­ resse fisso assicurato alle azioni prima di qualunque altro prelevamento è del 3 1/2 0/0 e l’ interesse al di là del quale lo Stato preleverebbe i tre quarti dell’eccedenza degli utili invece della metà sarebbe abbassato dall’ 8 0/o al 6 0/0.

La relazione fa notare che la posizione degli azio nisti non ne risentirà svantaggio in quantocliè al 1° gennaio 1891, cioè nel momento della entrata in vigore della nuova legge, il fondo di riserva avrà raggiunto 26 o 27 milioni e raggiungerà per con­ seguenza il punto al di là del quale non vi sarà più prelevamenti da fare sugli utili per alimentare il detto fondo.

Queste modificazioni alla legge fondamentale della Banca sono sottoposte al Reichstag in tempo perchè una decisione possa essere presa prima della fine dell’anno e affinchè vengano poi sottoposte all’appro- zione degli azionisti della Banca. Questi avranno da scegliere tra le dette modificazioni e la liquidazione della Banca conformemente ai poteri attribuiti al Governo dall’articolo 41 della legge del 1875.

Dai prospetti annessi al progetto di legge si rileva che il dividendo medio, dato nei 15 anni alle azioni della Banca, è stato del 6,06 0/0. Secondo il modo di ripartizione adottato dal nuovo progetto di legge questa media sarebbe stata soltanto del 5,86 0/0 durante lo stesso periodo.

- Le ultime vicende del mercato dell’argento hanno richiamato l’attenzione della stampa, specie di quella inglese, la quale si è data a ricercare le cagioni dell’aumento nel prezzo dell’oncia stan d ard di ar­ gento che si è verificato nelle passate settimane. A Londra, che è sempre il primo mercato dell’argento il prezzo da 42 p en ce l’oncia sta n d a rd è salito a 44 p en ce e varie cause si citano in proposito per spie­

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ma in verità non ci pare che sia nell’ordine natu­ rale di cose questa azione di un sindacato per ria­ bilitare l'argento, Invece vi sono dei fatti positivi non trascurabili. L’aumento delle coniazioni di ar­ gento in Inghilterra per. inviarlo nell’Africa meri­ dionale dove è sorta una nuova comunità composta di minatori ed altri lavoratori; l’ azione esercitata dalla Banca di Inghilterra per dare argento invece delle mezze sovrane a chi tenta di ritirare oro in quella moneta e ciò perchè, come ebbe a notare il sig. Goschen, le mezze sovrane sono una moneta costosa nel senso che circolando soffrono un logo­ ramento piuttosto forte sicché.le coniazioni dell’ ar­ gento sono in aumento. Si devono mettere in conto anche altri fatti. L ’ espansione dei commercio e l’aumento dei salari esigono una maggior quantità di moneta e anche di quella spicciola ; il Giappone e in generai l’Oriente hanno assorbito quest’ anno molto più argento anche per la difficoltà che I’ In­ ghilterra ha avuto di saldare i suoi debiti verso quei paesi con i prodotti dell’industria cotoniera.

Tutti questi fatti o forse qualche altro hanno certo influito ad aumentare il prezzo dell’oncia stan­ d a r d d’argento; ma in verità non ci pare sia il caso di abbandonarsi a grandi speranze. Anzi quando si rifletta alla varietà e importanza delle suddette cir­ costanze che hanno agito simultaneamente a p-o- durre il tenue aumenìo è il caso di trarne la con­ clusione che la forza d’aumento dell’argento appare nelle condizioni odierne assai limitata.

intanto agli Stati Uniti quelli che sono interessati nel e vicende del metallo bianco, disperando di po­ ter indurre l’Europa a prendere l’argento americano a un rapporto fisso secondo la convenziono bimetal­ lica fra le nazioni proposta dai fautori del doppio tipo hanno rivolta la loro attenzione alla esportazione interna con lo scopo di ottenere l’aumento della quan­ tità d’argento che la zecca degli Stati Uniti deve co­ niare. Secondo il Bland Act come è noto, la somma minima mensile della coniazione in argento è di due m'Iioni di dollari o ventiquattro milioni l’ anno. Ma l’argento coniato non circola; bensì circolano i cer­ tificati (silver certificates) che ne tengono le veci. L ’argento che rimane nel Tesoro, escluso quello che è rappresentato da certificati in circolazione è in quantità consólerevole; sicché i produ tori d’argento domandano che venga aumentato il minimum fissato dal Bland Act, che sia portato da due a tre o quat­ tro milioni di dollari al mese. E per ora non si può dire nulla di preciso intorno alla politica monetaria degli Stati Uniti, perchè si ignorano le i itenzioni sia del Congrf so, sia del presidente Harrison. Ma è le­ cito dubitine che gli Stati Uniti vogliano aumentare la loro me reta d’ argento o che avvenendo anche questo finto il prezzo dell’argento possa averne gran ristoro. L ’ agitazione dei bimetallisti interessati nel- l’al o prezzo dell'argento, supposto anche che non sia del tutto infeconda, noti darà certo risultati vera­ mente decisivi. Ad ogni modo la situazione del mer- 1 cato dell’argento merita d’essere attentamente osser­ vata e s odiata.

— Uno dei sintomi della decadenza della nostra marina mercantile, è il sensibile regresso che pre- sen a, d' arno in anno, il movimento dei nostri pi­ roscafi nel canale di Suez.

Nel primo semestre di quest’ anno il n imero dei p;roseati di bandiera italiana che attraversarono il canale fu di SO, e di questi, è bene notarlo, sol­

tanto 21 sono piroscafi di commercio in transito. La bandiera italiana, che nei primi anni dell’ aper­ tura del canale occupava il terzo posto, viene ora nominalmente quinta, cioè dopo la inglese, la fran­ cese, la germanica e la olandese, ma effettivamente settima, cioè dopo I’ austro-ungarica e la norvegese. Un piccolo aumento ancora che si verifichi nella baudiera spagnuola, è la marina italiana sarà ben presto sorpassata dalle più importanti estere.

11 console italiano a Porto-Said, nel trasmettere al Governo gli stati riassuntivi del movimento di navigazione nel canale di Suez, lamenta questa in­ feriorità della bandiera ilaliana, che attribuisce alla mancanza di relazioni marittime dirette con 1’ estre­ mo Oriente e l’Austrialia. E noto che, mentre tutti, più o meno, accentuano verso quei ricchi continenti un crescente interesse per lo scambio di prodotti, da noi questo interesse va diminuendo, concentran­ dosi invece verso le Americhe.

» Nè si dica — scrive il nostro console — che mancano gli scambi. Gli scambi esistono, ma si fanno sotto bandiera estera e non so convincermi come gli armatori non si decidano ad esaminare il pro­ blema e a risolverlo con un po’ di arditezza e ma­ gari di azzardo, che è pure necessario per poter riuscire. Su un pnnto di passaggio, come questo, io non posso che vedere chi va e chi viene, ma il perchè di questo vai e vieni mi sfugge, e quindi, come mi accade di dover fare nei miei regolari rapporti semestrali, non posso fermarmi a ragionare che sulle cifre, cercando il loro significato.

« Ora è appunto stando alle cifre che mi risulta che, mentre vi furono 21 piroscafi di commercio italiani che transitarono il canale nell’ intiero seme­ stre ora scorso, i piroscafi di bandiera estera, che parimenti dal Sud con merci e passeggieri si dires­ sero a porti italiani, furono nel suddetto periodo 149. Potrò forse sbagliarmi, ma, rii fronte alla enorme differenza di queste due cifre, parmi poter dedurre che verso i nostri porti trovarono più ragione di dirigersi gli armatori stranieri che i nostri. E quindi, a mio avviso, se una piccola parte di quella merce che sui nostri mercati fu portata da piroscafi stra­ nieri, fosse stata portata da piroscafi nostri, ciò avrebbe dato incremento alla nostra navigazione, e le cifre, in questo punto di passaggio, parlerebbero un linguaggio più con"ortante ».

Chiudiamo questa breve nota con le cifre del mo­ vimento nel canale di Suez dei piroscafi, distinti per nazionalità, durante il primo semestre 1 8 8 9 :

nazionalità num.° tonnell.8 tonnell,®

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734

V

E 0 0 N 0 M I S T A 17 novembre 1889

Le Cassa dei depositi e prestiti al 30 gingilo 1889

La Direzione generale del Debito pubblico ha re­ centemente pubblicato la situazione della Cassa dei depositi e prestiti esistente al 30 giugno p. p., dalla qual situazione resulta che il movimento della Cassa, trascurati i valori inferiori a L. 1000 tanto all’ at­ tivo cho al passivo, presentava un importo di 1,186 milioni e 412 mila lire.

L ’amministrazione della Cassa al 30 giugno p. p. aveva disponibili in numerario circa 83 mila lire, e oltre questa somma aveva 4 milioni e 330 mila lire per interessi scaduti sui diversi rinvestimenti in consolidato, in obbligazioni dell’Asse Ecclesiastico, di quelle del risanamento del a città di Napoli, e del fondo di riserva.

Fra le varie partite ohe hanno corrispondenza col passivo ci fermeremo in quella che rappresenta i prestiti in conto capitale fatti agli enti morali che raggiunge la cifra di 294 milioni e 848 mila. Que­ sta cifra si ripartisce nel modo seguente :

Alta Italia...L. 42,591,000 Italia Centrale...» 91.299,000 Napolitano... » 129,153,000 Italia Insulare...» 28,895,000

Totale. .. L . 294,848,000

A questa somma assai rilevante hanno attinto più specialme de i comuni, e le provincie per far fronte più che altro a spese obbligatorie, e questa tendenza in essi a contrarre mutui si rileva anche dalla situa­ zione della suddetta Cassa che stabilisce in 278 milioni 590 mila i 4287 mutui vigenti al 1° gennaio e per 291 milioni e 848 mila, quelli in n. 4562 che esistevano al 50giugno talché, sottraendo i 6 milioni e 474mila resti­ tuiti durante il detto semestre, si ottiene un aumento di 275 mutui per un importo di 16 milioni e 257 mila.

Ma oltre i segnalati servigi che la Cassa rende ai Comuni e alle provincie olire larghi benefizi an­ che allo Stato sottraendo dal mercato un rilevante capitale di debito pubblico. Troviamo infatti che la Cassa al 3 0 giugno p. p., oltre ai 4 milioni che rappresentano il fondo di riserva aveva rivestito in consolidato 5 e 3 per cento un capitale di 164 mi­ lioni e 425 mila; 9 milioni e 610 mila in cartelle del credito fondiario, per 25 milioni e 275 mila in obbligazioni dell’Asse Ecclesiastico e 7 milioni e 864 in quella pel risanamento della città di Napoli, os­ sia un capitale di titoli di 211 milioni 174 mila tolti alla circolazione.

Fra le attività della Cassa figura anche una par­ tita di 12 milioni a debito del soppresso Monte di Pietà di Roma, ma questo credito sarebbe soltanto figurativo, inquantochè essendo un credito del T e ­ soro contro l’amministrazione pontifìcia, paro, se­ condo quello che si legge nella relazione della Cassa per l’anno 1 8 8 7 -8 8 , che dovrà essere radiato.

Passando alle altre gestioni dipendenti dalla Cassa dei depositi e prestiti si rileva che i depositi della Cassa Centrale postale di risparmio ascendevano al 30 giugno a L. 273,165,000, cifra questa che su­ pera di L. 28,000,000 quella esistente al 30 giu­ gno 1887.

Quanto poi al Monte delle pensioni per gli inse­ gnanti pubblici elementari, si trova che l’attivo netto

di esso ascendeva al 30 giugno p. p. a L. 26,829,000 cifra che si considera attualmente come sufficiente per potere l’Istituto far fronte da se ai suoi oneri, malgrado i maggiori vantaggi accordati agli inse­ gnanti con legge del decembre dell’anno scorso.

Por ultimo non possiamo a meno di notare che l’Amministrazione della Cassa dei depositi e pre­ stiti non solo non costa nulla allo Stato, ma che al contrario versa annualmente al Tesoro dello Stato una parte dei suoi profitti netti, che ha già oltre­ passata i due milioni di lire.

LE SOCIETÀ COOPERATIVE IN GERMANIA NEL 1 8 8 8

Anche nel 1888 è avvenuto un notevole aumento nel numero, quanto nelle operazioni delle Società cooperative tedesche. Infatti mentre alla fine del 1887 le lasciammo a 4821, le ritroviamo alla fine del 1888 a 5 9 5 0 che si dividono come appresso :

Società di cred ito... 2988 alla fine del 1887 erano 2220 Id. per diversi rami

d’in-dustric. . . . 2174 id. id. 1874 Id. di consumo. . . . . 760 id. id. 712 Id. di costruzione , . . 28 id. id. 35

5950 c o n t r o ... 4821 nel 1887

L’aumento considerevole che si nota per il 1888 è dovuto al fatto che nella relazione da cui sono state tratte le presenti notizie, si sono comprese tutte le Società che seguono il sistema Raiffeison, e delle quali ebbe cognizione il consorzio. La maggiore as­ sociazione di società tedesche è quella delle società agrarie. A questa associazione appartengono 1,019 società con 72,090 soci.

L ’ associazione delle società agrarie esiste fino dal 1883 e già dal 1884 il numero delle società appartenenti ad essa è salito da 278 a 1019.

Inoltre esistono gli appresso consorzi di società : 1° Consorzio delle Società di credito agricolo del Württemberg, con 213 Società;

2° Consorzio della« Cassa centrale provinciale » a Mi! ister in Westfalia con 163 Società ;

3° Consorzio del Comitato di circolo in Würz­ burg, con 117 Società;

4° Consorzio delle Società di credito polacche in Schrimm con 60 Società.

Il numero delle Società di caseificio esistenti è portato a 632 ; però questo numero deve essere di molto maggiore, dacché in esso non sono comprese molte Società che non sono registrate e che perciò non sono conosciute.

Esistono 15 Consorzi di Società di caseificio, di cui 7 nello Sohlesswig-Holstein ed uno per ciascuno nella Prussia orientale, nei distretti di Hildesheim ed Osnabrück, in Westfalia, nei granducali di Hessen, Oldenburgo e Mecklemburgo ed in Turingia.

Le società di credito e di anticipazioni (Banche popolari o industriali) alla fine del 1888 erano 2988 contro 2 2 2 0 nel 1887, ma è da notarsi che le cifre che qui appresso riproduciamo riguardano soltanto quelle istituite col sistema di Schulz-Delitzsch, le quali non servono esclusivamente ad una sola classe professionale, ma ammettono come soci persone ap­ partenenti a classi professionali diverse.

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modo sopraindicato ascese in media per ogni Società a 512 nel 1888, contro 515 alla fine del 1887, 512 alla fine del 1886, 5TI alla fine del 1885, 514 alla fine del 1881, 506 alla fine del 1883 e 509 alla fine del 1882.

La somma complessiva dei crediti accordati è in media per ogni Società diminuita di circa 41,518 marcili di fronte al 1 8 8 7 ; invece questa media pre­ senta per il 1888 un aumento per ogni Società di marchi 38,216, se si paragona a quella rilevata nel 1886.

La media del credito accordato a ogni singolo socio fu nel 1888 di marchi 3449 ; nel 1887 ascese a 3510 marchi; nel 1886 a marchi 3 3 7 2 ; nel 1885 a 3348 marchi; nel 1884 a marchi 3 3 5 8 ; nel 1883 a marchi 3244 e nel 1882 a marchi 3257.

Le operazioni delle 901 Società si riassumevano per il 1888 nelle seguenti cifre:

Anticipazioni...Marchi 489,233,057 Sconti... » 389,198,723 Obbligazioni... » 95,538,628 Ipoteche... ¡> 20,269,898 Conti correnti... » 597,329,006 Le società di consumo che nel 1887 erano 712 salivano nel 1888 a 760, e il numero dei soci alla fine dell’anno scorso era di 172,931.

Il prodotto della vendita ascese in media per ogni società a marchi 236,436 contro 242,345 nel 1887.

Il movimento nei magazzini delle Società corri­ spose nel 1888 a 7.4 volte le provviste esistenti alla fine dell’anno precedente contro 7.7 alla fine del 1887.

Le quote di partecipazione ascesero in media per ogni socio a marchi 25,4 contro 23.9 nel 1887.

Ai soci delle 198 società che fornirono le notizie, vennero distribuiti nel 1888 marchi 5,978,319 a ti­ tolo di dividendo che corrisponde al 90.4 per cento di tutte le quote di partecipazione.

La proprietà immobile ammontava , alla fine del 1888, a mar. 3,387,163, contro mar. 3,167,685 nell’ anno precedente. Su questa proprietà gravavano delle ipoteche per marchi 1,020,000, il che corri­ sponde al 30.1 ° / 0 della proorietà stessa mentre nel 1887 il rapporto fu del 53.5 per cento.

Il fondo a disposizione per scooi educativi ascese nel 1888 a mar. 46,035 e nel 1887 a mar. 38,611.

La statistica dei soci delle 184 Società che for­ nirono notizie in proposito fa ascendere per il 1888 a 138,618 il numero dei soci. Nel 1887, per 163 Società, se ne contavano 124,733,ed alla fine del 1886, per 154 Società, 115,820 soci. La media dei soci per ciascuna delle 184 Società è stata quindi: nel 1888 di 753, nel 1887 fu di 765, nel 1886 di 752, nel 1885 di 669, nel 1884 di 667 e nel 1883

di 615.

IL COMMERCIO DI MALTA NEL 1888

Prima di procedere nell’ esame delle cifre, cre­ diamo opportuno premettere che la statistica non comprende che le merci soggette a dazio come i cereali, i commestibili, il bestiame e gli spiriti. Per gli altri articoli, essendo libera l’entrata, e 1’ ufficio di dogana trascurando di prenderne nota, non è possibile dare un resoconto, anche approssimativo delle loro qualità e quantità.

Cominciando dalla Im portazion e troviamo che il valore delle merci entrate soggette a dazio ascese nel 1888 a sterline 26,663,123, della qual somma sterline 865,858 rappresentano quelle introdotte per il consumo locale e sterline 25,8s6,260 qnelle che semplicemente toccarono il porto, e proseguirono collo stesso leg o.

Le prime cifre danno il vero valore della im­ portazione, le seconde mostrando soltanto l’ impor­ tanza del movimento di trasporto, movimento che nel 1888 fu di gran lunga superiore ai precedenti, stante le felici condizioni della salute pubblica, che permisero che I’ isola fosse aperta al commercio, e alla navigazione.

La Russia occupa il primo posto per gli animali bovini ed i grani della Crimea, dei quali, sopra un valore complessivo di lire steriine 17,402,349 en­ trati, ne rimasero per lire sterline 316,557.

L ’ Italia viene in seconda linea colla cifra di lire st. 253,856 ; giova però osservare che i cereali i quali figurano per lire sterline 32,570, provengono bensì da porti nazionali, ma solo in transito, per lo più dal Danubio, o dal Mar Nero; altrettanto di­ casi dell’olio, qui trasportato in gran parte dalla costa d’Africa coi vapori italiani della linea Malta- Tunisi,

Il traffico maggiore è fatto colla vicina Sicilia, i cui innumerevoli piccoli velieri importano quotidia­ namente commestibili, ortaggi, patate, olio, carbone, frutta fresca, legna, vimini e vino.

Quest’ ultimo è tra i prodotti nazionali quello di cui si fa quasi esclusivo consumo nell’ isola. L’ importa­ zione totale fu di barili 2 6 7 ,9 0 2 ; dei quali 241,579 sono di vini siciliani, pel valore di lire steri. 121,164 pari a franchi 3,029,188.

L’ importazione dei vini siciliani in confronto del 1887 ebbe un discreto aumento, e può essere che l’aumento vada allargandosi, a condizione per altro che i vinicultori italiani si astengano da perniciose adulterazioni.

Quanto alla esportazione è da osservarsi che essa è esente da qualsiasi dazio doganale. Essa raggiunse durante il 1888 la cifra di steri. 25,955,348, cioè lire sterline 78,874 di mercanzie riesportate in seguito a trasbordo, o tolte dai depositi, e lire steri. 25,884,474, di quelle che hanno toccato solamente il porto pro­ seguendo collo stesso legno. E così questa cifra ab­ bastanza rilevante non rappresenta il valore di pro­ dotti agricoli, o manufatti dell’ isola; bensì quello di merci in transito, specialmente grani provenienti dalla Russia o dal Danubio.

L ’ Italia entra in quel movimento per lire ster­ line 222,589 ma come per la importazione occorre notare che i cereali spedili nei porti italiani vi ven­ gono soltanto per ricevere ordini, onde proseguire in altri punti del Mediierraneo.

Le 126,255 salme di grano, del valore di lire sterline 208,847, riducono il totale dell’esportazione per Italia a lire sterline 15,742, e anche queste rappresentate per la maggior parte da merci stra­ niere, quali lo spirito di vino, l’olio, la birra, ecc.

Il solo articolo del quale si faccia abbondante invio in Sicilia è la pietra di costruzione ; se ne esportarono 6,144 blocchi pari a tonnellate 2,350.

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