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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.16 (1889) n.797, 11 agosto

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L ’ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , IN T E R E S S I P R I V A T I

Anno XVI - Voi. XV Domenica

LA SITUAZIONE DEL MERCATO

Egli è con vero e profondo rammarico che ritor­ niamo sopra un argomento che qualche mese fa ab­ biamo trattato lungamente nelle colonne dell’Acono-

tnisla discutendo sia della situazione generale del

mercato finanziario, sia di quella particolare di al­ cuni dei principali Istituti di credito de,l paese. E diciamo clie è profondo il nostro rammarico, poiché le nostre osservazioni e previsioni, che allora da al­ cuno erano state giudicate di pessimismo esagerato furono sorpassate invece dai fatti, o precisamente da quei fatti che noi avevamo accennati come causa prima della crise che era incominciata e che non doveva nè poteva finire tanto facilmente.

Ricordiamo benissimo che alcuni amici nostri ci hanno rimproveralo perchè abbiamo affermato che il credilo italian o era disorgan izzato, e pareva a loro che il nostro giudizio esprimesse mollo più di quello che non domandasse la situazione in cui sul Unire dell’anno scorso si trovava il mercato.

Noi però appoggiavamo le nostre considerazioni ad argomenti che non ci parevano confutabili, ed oggi pur troppo dobbiamo riconoscere che i on era­ vamo nel torto. — Parlino pure alcuni di bande

nere, d i moretti, di g r a p p i antipatriottici, ecc., che

infestano il mercato, nessuno potrà dimostrare che queste bande nere e questi m oretti potrebbero effi­ cacemente sconvolgere senza motivo alcuno il cre­ dito italiano, se esso fosse legato, compatto, saldo, organizzato infine come deve essere il credito di una nazione civile, la quale senta di avere degli interessi collettivi da difendere ed a questi sappia sacrificare volentieri almeno una parte di quelli individuali.

Noi abbiamo detto che il credito italiano era di­ sorganizzalo, eil ora insistiamo più ohe mai nel no­ stro giudizio, perchè più che mai evidenti appaiono i motivi che lo giustificano.

Il credito italiano è disorganizzato negli uomini che si sono assunto od hanno accettato il compito di guidarlo, perchè lungi dall' essere concordi ed uniti nella azione che dovrebbero esercitare sul mer­ cato, si combattono a vicenda; e ciò che è peggio, per lo sfogo delle loro bizze od antipatie personali, si servono della forza degli istituti dei quali sono alla testa; — ¡1 credito italiano è disorganizzato nella azione del Governo, il quale, sbat uto dalle esigenze parlamentari, anche in fatto di credito non sa esercitare quell’ufficio moderatore che, negando la libertà, tutta­ via ha voluto assumersi ma che rimane lettera morta; — il credilo italiano è disorganizzato nell i stessa potenza dei suoi principali istituti di credito, i quali

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sciupano la loro attività combattendosi l’ un l’ altro, invadendo l’uno il campo dell’altro, e distruggendo quindi a brano a brano quella fiducia che dovrebbe essere il fondamento del pubblico favore.

Non ripeteremo casi speciali perchè già sono notis­ simi,ed i lettori mollo facilmente comprendono perchè, ad esempio, l’aiuto alla Società Veneta sia venuto quan­ do già aveva compiuta la parabola del ribasso ; — avranno compreso come le difficoltà della edilizia romana si siano riparate solo in parte e dopo aver lasciato che la crise producesse tutti i dolorosi suoi effetti. I lettori comprenderanno facilmente che me­ schino aiuto può avere il credito pubblico dai nostri Istituti di emissione che rivolsero fin qui la loro attività a tutti i rami del credilo, mentre avrebbero dovuto preservarsi Incolumi di fronte alla possibilità di crisi per sapere opporre ad essa la maggior possibile re­ sistenza.

La disorganizzazione quindi è completa negli uo­ mini, negli ordinamenti, nella azione. Ecco perchè noi abbiamo veduto un anno fa con vero sgomento i primi sintomi della crisi; comprendevamo che alle vicende politiche le quali inasprivano la situazione monetaria e quella del nostro credito, l’ Italia non avrebbe potuto opporre che l’azione, spesso volonte­ rosa, qualche volta' illuminata, ma sempre disorga­ nizzata dell’alta banca italiana.

Le persone ohe sono a capo dei principali Isti­ tuti di credito non hanno più o quasi più il sen­ timento di essere a quel posto per fare l’interesse degli azionisti, il quale è sempre in armonia col­ l’ interesse generale, ma dell’ Istituto si servono per rivaleggiare o lottare coi capi di un altro Istituto, per demolire quesio, innalzare quello, noncuranti se di questo spreco di forze chi uè risente il mag­ gior danno sia il paese, che rimane disorientato ve­ dendo i migliori valori perdere ¡1 20, il 50, il 40 per cento senza una plausibile giustificazione. Le

bande nere, col quale nome alcuno cerca di designare

i ribassisti, non sono, se esistono, che la prova evidente della impotenza delle bande b ia n ch e; im­ potenza voluta, impotenza cercata.

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titoli più robusti e più meritevoli di fiducia che abbia il paese.

Ed ecco un prospetto che dà la più bella prova della disorganizzazione; sono i prezzi di due anni or fa e gli odierni per alcuni titoli :

Fine luglio 1887 7 agosto 89 Perdita

Banca Nazionale . L M obiliari... ¡> Credito Merid. . . » T ib e rin e ... » Banco Scont o. . . » Banco Torino . . . » Fondiaria Italiana » Sovvenzioni. . . . » Esquilino...» 2200 L. 1770 per Oro 19 1000 » 665 2> 42 576 » 469 » 19 573 » 205 » 68 425 » 147 » 64 875 » 590 » 32 356 » 139 » 60 331 » 224 » 32 282 * 39 » 89

Forse qualche mese fa bastava la concordia dei principali stabilimenti per opporsi alla corrente e frenare la crise, oggi non basterà nemmeno quella, perchè gli uomini che dovrebbero invocare questa concordia e questa unione, memori delle recenti battaglie intestine non si portano più quella vicende­ vole fiducia che è necessaria nelle imprese dirette a dominare il mercato.

Noi rammaricandoci, lo ripetiamo, di essere stati profeti, continuiamo a temere assai che sia lontana una riorganizzazione, giacché ad impedirla più che la fatalità delle cose, concorrono la malevolenza e la inettitudine di uomini che si credono necessari.

LA POLITICA COLONIALE DELL’ ITALIA

Le notizie giunte nei passati giorni intorno a l­ l’occupazione dell’ Asmara risollevano la questione coloniale e fanno sorgere nuovamente molti e gravi timori sulle vicende avvenire dei possedimenti ita­ liani in Africa. Dopo quanto è avvenuto negli ultimi tre anni, dopo la serie non mai interrotta di notizie contraddittorie che sono più volte pervenute dal­ l’Africa, dopo la condotta del Governo sempre in­ certa e oscura non si può seguire l’avanzarsi delle truppe italiane sul suolo abissino senza nutrire qual­ che dubbio sulla utilità e opportunità delle nuove occupazioni territoriali. Gli stessi fautori dell’espan­ sione coloniale se non vogliono chiudere gli occhi e negare la luce tristissima che gettano gli avveni­ menti africani, debbono ammettere che ogni passo innanzi nella politica coloniale, rende più grave la situazione e complica il problema. Sotto 1’ aspetto politico e militare, come sotto quello economico e finanziario le incognite del problema coloniale sono infatti parecchie e temiamo che il pubblico iu ge­ nerale, come il Governo, non se ne facciano una giusta ragione.

Il movimento coloniale è divenuto un fatto ormai tanto preponderante che forse non è più possibile contrastarlo. L ’Europa è ora tutta ansiosa di acqui­ stare nuovi territori, di allargare il campo della lotta economica, di estendere i rapporti commerciali e sopratutto di trar partito dalla forte emigrazione dirigendola verso paesi nuovi appartenenti alla ma­ dre patria. Le ragioni politiche si sposano a quelle economiche per incitare i governi ad ottenere dagli indigeni dell’Africa con la forza o col danaro grandi estensioni in quel continente nero che pare dive­

nuto il campo dove in attesa di un grande conflitto europeo si esercitano le truppe. Ma pur riconoscendo questo « fatale andare » verso le imprese coloniali, pur riconoscendo che dato il moto generale verso l’Africa mal poteva l’ Italia disinteressarsene, è giuo- coforza ammettere che la via scelta per iniziare il mo­ vimento coloniale italiano non è stata nè felice, nè previdente. Non intendiamo rifare la storia di avve­ nimenti che per essere troppo recenti sono ancor freschi nella memoria di tutti, nè intendiamo fare recriminazioni sul passato; guardiamo piuttosto al­ l’avvenire ed è di esso che ci preoccupiamo. Ap­ punto per questo noi ci domandiamo quali sono gli intenti che il Governo si propone di raggiungere, quali i risultati che si possono sperare dalle ultime occupazioni di Keren e della Asinara, quali infine i danni e i vantaggi presenti che ad esse si con­ nettono. Finché l’ Italia si limitava ad occupare Massaua, il compito del Governo poteva essere re­ lativamente facile. Fare di Massaua un porto comodo e sicuro, un com ptoir pel commercio coll’Abissinia e col centro dell’Africa attrarvi gli europei con fa­ cili mezzi di comunicazione e simili parve a molti dapprincipio l’unico officio possibile pel nostro paese, dacché si era creduto, opportunamente o no, di ce­ dere alla grande tentazione coloniale. Ma è noto come e perchè le cose siansi complicate al punto da tramutare una impresa commerciale in una im­ presa militare, che dura tuttora, che può (quod

D ii avertant) da un giorno all’ altro ridiventare

guerresca. Senonchè anche nella migliore ipotesi che niuno venga a disturbarci nelle nuove sedi africane, il problema coloniale non è risoluto. Che cosa vogliamo fare a Keren e all’Asmara ? L’opera più urgente è senza dubbio quella di forti­ ficarsi per premunirsi contro sgradite sorprese ; ma è anche chiaro che tutto non può ridursi a ciò. Do­ vremo limitarci eternamente a montar la guardia ai forti di Saati, di Keren e dell’Asmara ? Non è pos­ sibile che i fautori della politica coloniale abbiano in mira soltanto la occupazione militare di territori inospitali o il blocco della costa per impedire che entrino armi in Abissinia. Nè possiamo credere che il Governo abbia per unico fine di cercare qualche residenza salubre per i soldati. Se così fosse biso­ gnerebbe pensare che esso non abbia mai avuto una chiara idea della importanza della questione coloniale e degli interessi notevoli che ad essa si collegano.

Ma ammesso anche che il Governo si proponga uno scopo commerciale, di colonizzazione agricola o d’altro genere, ma pur sempre economico, temiamo che non si facccia un giusto concetto delle enormi difficoltà che si presentano a raggiungerlo. Le colo­ nie possono essere rese fruttuose per 1’ opera dei privati o per quella dei Governi. Nel primo caso

sono le relazioni strettamente commerciali che

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Il Leroy-Beaulieu notava nella 3 a edizione della sua opera sulla « Colonisation chez les peuples mo- dernes, » che la Francia aveva sempre da lottare contro gli stessi ostacoli; la debolezza deilo spirito d’associazione fra i suoi compatrioti, e la mancanza di perseveranza tanto nello Stato che presso i pri­ vati. Questi ostacoli ci pare siano comuni anche al nostro paese, senza dire che altri numerosi non fanno diletto. I privati, ossia i capitalisti e gli emigranti, è bene rammentarselo, non porteranno per molto tempo in Africa nè i loro capitali, nè le loro braccia ; e quanto al Governo esso avrà abbastanza da fare ad ottenere i milioni occorrenti per armare i forti, per mantenere un corpo speciale di soldati, per fare le opere di stretta necessità.

E in tal modo le colonie italiane in Africa servi­ ranno forse, anzi certo, a fare gli interessi di qual­ che ricco negoziante indigeno ; costeranno diecine di milioni e buon numero di giovani vite italiane, ma non daranno alla madre patria che una misera so- disfazione di vanità.

Stuart Mill ha scritto potersi affermare che nella situazione attuale del mondo la fondazione di colo­ nie è il miglior affare, nel quale si possono impe­ gnare i capitali d 'u n vecchio e ricco p aese. Egli aveva certo in mente l’ Inghilterra, un vecchio e ricco paese, e il suo splendido impero coloniale, che non trova alcun riscontro al mondo. Ma !’ Ita­ lia non è un paese vecchio e ricco e non ha capi­ tali così abbondanti da cercare fuori di casa impie­ ghi rimuneratori. Quand’ anche gli avesse, il lungo tempo che deve necessariamente trascorrere prima che il loro impiego in paesi nuovi come quelli Afri­ cani sia fruttuoso non sarebbe l’ incentivo per farveli accorrere. E il governo, fosse anche la finanza nelle migliori condizioni, finché è costretto a mantenere il carattere militare alle colonie non può darsi a un serio lavoro per promuoverne lo svolgimento eco­ nomico.

Del resto è vano l’esaminare queste ipotesi. Siamo andati in Africa per ragioni politiche e militari ed è più che probabile che esse sole ci indurranno a rimanervi. La Francia ha impiegato 27 anni dal 1830 al 1837 a rendersi padrona dell’Algeria, e impadro­ nitasene completamente, quantunque sia un paese vecchio e ricco, ha ottenuto quei vantaggi materiali splendidi che tutti sanno. Noi non faremo forse come la Francia e ci accontenteremo di meno in fatto di conquista, ma in qualunque caso non avremo resul­ tati migliori. E ciò perchè in fatto di colonie ab­ biamo messo, per ragioni che dovevano avere ben altro peso, la conquista militare al di sopra di quella commerciale. Così abbiamo al passivo lo sperpero dei milioni per le opere di difesa e pel corpo di occupazione, e all’ attivo la dogana di Massaua che rende poco più d’ un milione l’anno.

Ora l’occupazione dell’Asmara viene ad accrescere il territorio, ma non muta la situazione di cosò, se non nel senso di rendere sempre più avventurosa l’ impresa coloniale. Le cose d’ Africa mutan figura così rapidamente che viene spontaneo l’augurio che la fortuna sorrida all’ Italia e la risparmi da nuovi imbarazzi africani. Non sarà rimediato così agli errori del passato, ma almeno ai danni che già son deri­ vati dall’aver ceduto alla seduzione coloniale non se ne aggiungeranno di nuovi, che dopo le esperienze passate non avrebbero alcuna scusa.

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Li COLilfflZIOI ALL’ INTERNO

Le parole pronunziate dal Re nell’ ultimo discorso al Parlamento promettenti degli studi o delle pro­ poste da parte del Governo circa la colonizzazione all’ interno, erano state dai più ritenute come una frase politica diretta a stornare l’ attenzione del pub­ blico alquanto preoccupato dall’ aumento dell’ emi­ grazione. A nessuno pareva che le condizioni attuali del bilancio, lo stato degli studi e l’ indirizzo della pubblica opinione permettessero di pensare seriamente ad un progetto concreto di colonizzazione all’ in­ terno.

Su tale proposito però abbiamo letto un impor­ tante articolo pubblicato dal Sig. A. Mortara nel

G iornale degli Econom isti e poi diramato in estratti.

Il lavoro mostra di essere prodotto di ingegno ro­ busto e, sebbene noi non dividiamo per nulla nè le teorie, nè le speranze dell’egregio scrittore, crediamo opportuno occuparcene appunto per farne brevemente la critica.

L ’autore prende le mosse dalle idee manifestate già dal prof. Panizza ed intende di completarle. Esami­ nando la questione degli operai agricoli, specialmente dall’aspetto sanitario, il prof. Panizza avea inalzata la bandiera della integrità fisiologica dei lavoratori del suolo ; la loro alimentazione, egli dimostra, è in­ sufficiente e per qualità e quantità, dal che deriva la necessità dell’ intervento dello Stato, che ha un ufficio etico moderatore, per impedire che questa parte della società esploda contro la convivenza ci­ vile con atti delittuosi. E l’intervento dello Stato do­ vrebbe svolgersi in una doppia sfera : « primo, nella

cura preventiva delle infermità, accompagnata dalla organizzazione della beneficenza, e in tutte quelle provvisioni di sanità pubblica, che valgono ad an­ tivenire la impotenza al lavoro ; — secondo nella somministrazione di questo stesso lavoro quando, pur nella salute del lavoratore, esso sia negato, e’ negato il salario, od anche negato nella misura strettamente necessaria ».

Le conclusioni a cui viene il prof. Panizza, che pure corrobora il suo pensiero con riflessioni di grande importanza per il positivismo, sono diametralmente opposte al principio fondamentale della lenta e con­ tinua selezione e vengono a riconoscere nello Stato il dovere, proclamato già dai socialisti utopisti della vecchia scuola, di fissare il minimo di salario, di procurare lavoro alla popolazione che non ne abbia, e ciò senza discutere dei lim iti, i quali per i positi­ visti debbono rappresentare l’ostacolo insormontàbile alla accettazione delle teorie socialiste e dell’ uffi­ cio etico dello Stato. Infatti la protezione dei de­ boli è senza dubbio un principio umanitario, ma non è una soluzione, bensì un modo per il quale il malessere sociale, a cui si pretende provvedere, si accumula e la esplosione sua viene rimandata più formidabile a quando i mezzi dello Stato risultino — come inevitabilmente devono risultare — infe­ riori alla quantità di male che si è accumulato.

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messo nome condizione He1 In prosperi!?! di nn paese. Il

Sig. Morlara vuole la limitazione del diritto di prò-

j

prielò, principio die gli pare più corretto e più franco e scrive: « poste le condizioni sociali odierne (?), I il diritto assoluto del proprietario, nel significato in- teso sino ad ora, non è mù ammissibile ; l’abuso del «liritlo di proprie!?!, applicato al suolo, di cui la patria consta materialmente, non può più essere consentito, siccome è necessariamente ammesso per le altre forme ed applicazioni della proprietà; la caratteristica essenziale della moralità del possesso dei terreni, e la condizione fondamentale dell’ eser­ cizio del diritto del proprietario su di essi, consiste in una coltivazione diligente, accurata, la quale tragga seco, per naturale conseguenza, il benessere di tutti, ed in particolare quello dei lavoratori agri­ coli, e con ciò, la loro in tegrità fisiologica e la tu­ tela della loro esistenza ».

E dando maggior vigore al proprio pensiero, il Sig. Morlara concreta « la teoria del dovere del pro­ prietario, appoggiata alla stessa dottrina evangelica, la quale considera il possessore del suolo come il custode di una ricchezza elio gli ò affiliata nell’ in­ teresse di lutti e die perciò a tutti deve profittare, e la proprietà come un istituto ammesso principal­ mente nell’ interesse generale ».

Dunque la colonizzazione deve avere per fonda­ mento una punizione che la società infiiqqe, a i p r o ­

p rieta r i i qu ali non coltivano o non coltivano ab ­ bastanza i loro fon di. E sarebbe veramente una

punizione e non una espropriazione, perchè il signor Mortara riconosce che la applicazione della legge 25 giugno 1865 sull’espropriazione per utilità pubblica sarebbe troppo costosa e dice che l’ indennità da darsi ai proprietari esproprio ti dovrebbe consistere in una « annualità commisurata ali’ importare del reddito censuario dei terreni, se inferiore al reddito netto effettivo accertato mediante contratti legalmente re­ gistrati ; ovvero commisurata alla entità ili quest’ul­ timo se esso, invece e per una ipotesi inverosimile, risultasse inferiore al reddito censuario ».

E giustifica questo criterio perciò che gli pare pienamente giustificaio dalla considerazione « che la superiorità del reddito effettivo sul reddito censito, per trattarsi di terreni incolti non sarebbe dovuto menomamente al concorso ili capitali incorporati nei terreni od a lavori accumulativi, bensì ed esclusi­ vamente a circostanze estranee all’ azione del pro­ prietario, e poste dalla società stessa, come l’ au­ mento della popolazione, la vicinanza ai mercati, la facilità del'e comunicazioni, la maggior sicurezza o simili ». L’Autore riconosce che un tale sistema di espropriazione produrrebbe ai proprietari dei danni rilevanti, ma crede che non pareggerebhero mai questi danni « la somma dei danni e dei patimenti di ogni sorta, da essi inflitti, per un lunghissimo evo, al corpo sociale, in conseguenza alla mancata coltivazione dei suoi terreni, colpa (die alla perfine, e come di ragiono, verrebbe ad incontrare la puni­ zione dovuta. »

Stabilita in tal modo l’annualità, questa dovrebbe essere pagata dallo Stato; non garantita con ipote­ che sulle terre espropriale, affinchè non avvenga (die i proprietari ne approfittino per tornare sollecita­ mente al possesso delle terre; il pagamento dovrebbe farsi con titoli di rendita al portatore se si tratti di terre libere, e con titoli nominativi e vincolali se trat­ tisi di terre ipotecate.

Lo Stato, si capisce, cederebbe le terre ai coloni, i quali pagherebbero delle annualità che verrebbero a reintegrare totalmente lo Stato degli oneri assunti per l’emissione della rendila.

L’autore si domanda quanti siano i terreni incolli in Italia ; dalle statistiche ricava la cifra di 5,600,000 ettari, ma crede che delibano considerarsi come in­ colli anche molli dei 7,500,000 ettari di prati. Tut­ tavia elimina i terreni che si possono considerare come refrattari alla coltivazione e ritiene che riman­ gano due milioni e mezzo di ettari, sui quali po­ trebbe dapprima rivolgersi lo sforzo della colonizza­ zione, estendendosi poi al rimanente delle terre in­ colte mano a mano che le bonifiche od anche gli ammendamenti le facessero atte alla coltivazione.

Nè qui si ferma l’Autore perchè crede che dopo aver esaurita la espropriazione dei terreni incolti si potrà procedere a quella dei m ale coltivati, se mai i proprietari di tali terreni non avessero dalla espe­ rienza delle precedenti espropriazioni imparato a migliorare la coltivazione delle loro terre.

Ma l’Autore riconosce che ai nuovi coloni non basta la potenzialità del lavoro, occorrono anello i capitali, e, pone per principio che la colonizzazione

debba bastare a sè s te s s a ; e quindi esclude tutte

quo'le proposte le quali domanderebbero l’intervento della beneficenza .o la gratuita prestazione di capi­ tali. Propone invece che i coloni, ipotecando la parte di valore libero delle loro terre e costituendosi in Associazione, abbiano capitali all’i iteresse del 2 1/2 o 3 per cento e che per i primi tre anni tali in­ teressi sieno pagati dallo Stato.

Questo il progetto del sig. Mortara che facciamo seguire da qualche critica.

Lasceremn da parte ogni disputa sul concetto

della proprietà. Il sig. Mortara crede di poter scon­ volgere con quattro righe i principi di diritto che do­ minano la società moderna, ma, a nostro avviso, ha dimenticato di dirci che specie di Istituto diverrebbe questa p ro p r ietà delle terre subordinata ad una data coltivazione. Oggi la proprietà è piuttosto una facoltà negativa, nel senso che dà al proprietario il diritto di escludere qualunque altro dal godimento; secondo le idee del sig. Mortara si trasformerebbe in un ob­ bligo di fare del terreno un determinato ufficio. Ad evitare confusioni il sig. Mortara avrebbe dovuto cominciare dal mutare il nome di questo istituto. Lasciamo anche stare la difficoltà di determinare quando il proprietario adempia o non adempia od adempia solo in parte 1’ obbligo; quando lo trascuri per negligenza, quando per forza maggiore. Lo Stato il quale oggi colle tariffe doganali, colle tarilfe fer­ roviarie, colla sua condotta politica rende possibili le alterazioni sensibili sui prezzi dei prodotti, ed in certi casi può anche rendere o non rendere rimu­ neratrice la coltivazione di un prodotto agricolo, po­ trà anche essere giudice della maggiore o minore di­ ligenza, capacità e altitudine.del proprietario. Ed il proprietario a cui si impone I* obbligo di una ac­ curata e diligente coltivazione, avrà diritto di essere indennizzato dallo Stato tutte le volte che questo per fatto proprio, imposte, tariffe, lavori eoe. gli di­ minuisse il reddito?

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quelle che affine di tentar nuovi metodi di cultura, i quali sieno più produttivi e quindi più vantaggiosi al proprietario ed alla generalità, ingoiano talvolta il patrimonio di molti proprietari succedutisi (ìnohè trovano quello fortunato che g.ide i benefìzi dei ten­ tativi di molti; o quegli altri metodi che rifuggenti da ogni novità seguono le norme tradizionali spesso perciò appunto irrazionali e di ogni progresso hanno spavento. Tutto questo lato debolissimo della teoria sua il sig. Murtara non esamina ; e pare veramente che non abbia sufficentemeute approfondilo il suo giudizio sui proprietari quando dice che il danno che risentirebbero dal suo metodo di espropriazione non pareggerehhe mai la som ma d e i danni e dei

patimenti, d i ogni sorta, d a essi inflitti, p e r un lunghissimo evo a l corpo sociale, in conseguenza della m an cala coltivazione dei loro terren i, colpa che. alla perfin e, e come di ragione, verrebbe a d incon­ tra re la punizione dovuta. Questo severo giudizio-

dei sig. ninnare meriterebbe una lunga serie di con­ siderazioni per dimostrarne la unilateralità ; ci li­ miteremo ad alcune interrogazioni che rivolgiamo all'egregio Autore. Coinè concilia i lunghi patimenti durante lunghissimo evo col raddoppiamento della popolazione d’ Italia negli ultimi ottanta anni? Come concilia quel suo giudizio colla relativamente scarsa importazione di granaglie, malgrado l’alimento così rapido della popolazione ? Non sarebbero questi fatti anzi una prova che i proprietari hanno seguito i bisogni della popolazione ed hanno-estesa la coltura quanto cresceva il numero della popolazione?

In verità che la cruda alì’erin-zinne del sig. Mor­ ta ra, oggi appunto quando si applica con tanto plauso dei socialisti della cattedra il dazio di cinque lire sui grani, affine di impedire la importazione dal­ l’estero; oggi appunto che l’ Italia di tutta la sua esportazione due terzi ne ha di agricola, la cruda affermazione del sig. Mortara, diciamo, avrebbe me­ ritalo qualche spiegazione di più.

Ma veniamo alla parte pratica per drne bre­ vemente. L’Autore crede che circa due milioni e mezzo siano i terrreni veramente incolti e su quelli domanda che si eserciti il suo metodo di espropria­ zione. E sia pure, ma non sarebbe stato obbligo dell’egregio autore di dirci di questi due mi ioni e mezzo di terreni quanti sieno quelli capaci p e r tutti i

ra p p o rti agricoli di rendere un modico interesse al

capitale che si impiegasse e mantenere gli uomini che vi affidassero il loro lavoro? Se ad esempio il sifr. Mortara avesse pensato che tra i terreni incolti vi sono anche quelli dell’ estuario, avrebbe saputo che i proprietari di questi terreni del Veneto dopo molti anni che non sono stati invasi dalle acque ma­ rine, li concedono gratuitamente per parecchi anni ad un tipo speciale di contadini, lasciando ad essi tulio il prodotto, e che soltanto dopo due o tre die­ cine d’ anni quei terreni diventano coltivati in modo regolare e rendono sufficentemeute solo perchè non sono soggetti alle imposte. Avrebbe anche fatto co­ noscenza con altri terreni paludosi che potenti società, per esempio le Assicurazioni Generali di Venezia, hanno prosciugato rinunciando per molti e molli anni a qualunque interesse dei capitali che impiegarono, ed oggi ne ricavano buon frutto. Ma dove trovereb­ bero i coloni del sig. Mortara i capitali a milioni per due o tre mila ettari di terreno ? E così via, che gli esempi sarebbero numerosi e nella Maremma e nella Sila e nelle valli di Coinacehio e nei monti Senesi.

Il Sig. Morlara non ha abbastanza ricordato il nesso intimo che passa tra il progresso agricolo e I’ interesse del danaro, e non ha pensato che in que­ sti venticinque anni dacché è costituita I’ Italia il saggio dell’ interesse fu al 10 per ce to e che se da qualche anno oscilla intorno al S, non sono le con­ dizioni economiche del paese tali da affidarci che questo saggio relativamente mite durerà a lungo. Ora non neghiamo noi che vi siano anche in Italia dei terreni attualmente incolli che potrebbero essere abbastanza rimuneratori; ma per la stessa ragione per la quale se domani il saggio normale dell’ in­ teresse salisse al IO per cento diminuirebbero gran­ demente i mutui ipotecari che gli istituti di credilo fondiario oggi possono stipulare, così noi riteniamo che molla parte dei terreni incolti sarebbero oggidì coltivali, suhitochè ¡1 saggio del danaro scendesse e che tali terreni si potrebbero classilie.aro appunto in ragione della possibilità di rimunerare il capitale che fosse impiegalo a dissodarli — gli infuni, quelli che non renderebbero di che mantenere i lavorato­ ri ; poi quelli che pur arrivando a mantenere i la­ voratori non rimunererebbero il capitale impiegalo; quelli (die al capitale non darebbero che il mezzo p. r e nto; quelli elle darebbero l’uno per cento e così via. Oggi che i’ inler sse è del o per ce lo, e per i mutui ipotecari è del 6 1/2 O/o e lorse più (t mie sono le spese die gravano il proprietario prima di stipulare il mutuo per perizie, certificali, documenti, avvocali, notai ece.,) terreni incolli non sono che quelli i quali se coltivali potrebbero rimunerare il lavoro e dare il 6 1/2 per cento circa al capitile impiegato. Quanti ve ne sono di questi terreni in­ colti ? Questo il Sig. Mortara doveva cercare ed al­ meno approssimativamente stabilire. Invece dopo aver proclamato che la colonizzazione deve b a sta re a s i

stessa, propone che il capitale sia fornito al 2 1/2

per cento e che per tre anni sia esente da ogni aggravio di interesse.

Noi concludiamo queste brevi note con una sola proposta, che, ci pare, contenga luna la critica al progetto del sig. Mortara: —- concedete agli attuali proprietari il capitale di cui abbisognano al 2 1/2 por cento ed esonerateli per tre anni dagli int ressi ed avrete senz’ altro diminuito in modo sensibilissimo la estensione dei terreni incolti. La cosa è semplice assai ed è il vero nodo deila questione; poiché sem­ brerà sempre assurdo che si tolga la proprietà ad un cittadino che è dichiarato colpevole di non sapere coltivare il fondo perchè non può procacciarsi il capitale che al 6 1/2 per cento, e questa proprietà la si dia poi ad un colono che farà il miracolo di coltivarla perchè ha avuto il capitale al 2 1/2 per cento da coloro stessi che hanno espropriato il cit­ tadino; — questi avrà il diritto di essere trattato almeno come il colono.

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R ivista (Economica

I I C o n g re s s o d i P a r i g i p e r l a p a r te c ip a z io n e a l p r o ­ f i t t o .I l p r o s s im o C o n g r e s s o a m e ric a n o .S t a ­

t i s t i c a d e l c o n s u m o d e l ta b a c c o in I t a l i a .

Un Congresso che ha presentato ¡1 più vivo in­ teresse è stato tenuto a Parigi dal 16 al 19 luglio u. s. ed è il Congresso per la partecipazione al profitto. I due presidenti sono stati il sig. Carlo Robert, di cui è nota l’ attività instancabile per tutte le ri­ forme che tendono ad avvicinare gli operai e i pa­ droni e il sig. E. Yansittart Neale, presidente del­ l’Ufficio centrale delle società cooperative inglesi.

Come è noto, la partecipazione al profitto ha per ¡scopo di rendere solidali gli interessi degli operai e quelli dei padroni. Essa induce questi ultimi a prelevare sul prodotto netto ottenuto dalla industria o dal commercio una parte più o meno considere­ vole, la quale viene ripartita tra i loro collaboratori sia per stimolare il loro zelo, sia per dar loro oltre il salario una frazione dell’ utile alla cui formazione hanno cooperato. I promotori del movimento in fa­ vore della partecipazione al profitto stimano con ra­ gione che in tutte le industrie nelle quali una simile ripartizione esiste sopra una base sufficientemente larga, ogni conflitto grave tra operai e padroni viene ad essere evitato. Gli uni hanno interesse a dare alla fabbrica o al negozio tutta la loro attività e la loro buona volontà ; i padroni hanno egualmente interesse a riconoscere con la partecipazione al pro­ fitto lo zelo e l’amore per 1’ opera comune di cui hanno fatto prova i loro collaboratori. La solidarietà degli interessi del lavoro manuale, del capitale e deil’ intelligenza è per tal modo ottenuta e vien fatto un passo notevole verso l’armonia economica tra i fattori essenziali della produzione.

Con ciò non s’ intende dire che la sola parteci­ pazione al profitto vera e propria possa dare questo risultato. I membri del Congresso hanno esaminato altri sistemi, forse meno perfetti, ma pure tali da dare agli operai ciò che hanno diritto di desiderare, cioè la rimunerazione più razionale del lavoro. Così ad esempio per i viaggiatori di commercio, per gii im­ piegati dei magazzini di mode e simili la determi­ nazione del salario dà loro piena soddisfazione. A una retribuzione fissa, relativamente poco elevata, si aggiungono degli emolumenti supplementari pro­ porzionati nella maggior parte dei casi ai servizi resi al padrone. L’interesse dell’ impiegato è di fare molte vendite, perchè ha un tanto per cento sulla merce e tale e pure l’interesse del padrone.

C 'è dunque armonia tra i loro interessi e il me­ todo non può produrre che ottimi risultati. Il diffi­ cile sta nella determinazione del salario fisso e del tanto per cento sulle vendite fatte dagli impiegati.

Un altro sistema consiste nell’aumentare il salario con un premio corrispondente a una economia o a una maggiore produzione, che sarà ottenuta nella produzione. Questo sistema è usato dalle Compagnie ferroviarie e da quelle di navigazione per i macchi­ nisti e i fuochisti ; essi hanno, come è noto, un premio derivante dalla economia che fanno nel consumo del carbone attribuito alle macchine. Oppure il premio varia in certe industrie secondo la quantità di prodotti che 1’ operaio ottiene oltre la quantità

ordinaria. Ma non tutte le industrie si prestano a queste combinazioni o a delle combinazioni dello stesso genere e in una industria determinata, questi diversi sistemi non potrebbero essere applicati a tutti gli operai e a tutti gli impiegali. Sicché la partecipa­ zione diretta al profitto è la forma migliore, nel senso che può essere praticata quasi ovunque.

Si è discusso se gli operai abbiano il diritto di verificare i coati del padrone che ha introdotto la partecipazione al profitto. Questo diritto non esiste e. non potrebbe esistere, inquautochè è per un atto volontario, spontaneamente, che il padrone prende sui suoi utili netti la somma da distribuire ai suoi collaboratori ; da che questi potrebbero far scaturire il diritto di controllo ? Tuttavia alcuni padroni, in Francia ad esempio, incaricano un contabile di ve­ rificare le scritture.

E anche il Congresso ha fatto voto perchè ogni anno un perito contabile sia nominato in assemblea generale dai partecipanti allo scopo di dare piena garanzia ai partecipanti come al proprietario della fabbrica sulla quota di utili da ripartirsi. Il diritto, come è chiaro, non è ammissibile, ma il patto di controllare i conti può certo essere di comune a c ­ cordo accettato.

Mercè lo zelo dei promotori della partecipazione al profitto vi sono presentemente più di ISO stabi­ limenti nei quali tutti o parte degli operai hanno una quota del prodotto netto della industria. La Fran­ cia, che è la culla di questa istituzione, ne conta una sessantina e le somme versate agli operai a questo titolo dalla creazione delle prime partecipazioni al profitto sale oggi a 46 milioni di franchi circa. È poco relativamente, ma è certo assai più delle pro­ messe o dei discorsi che i socialisti fanno alla classe operaia.

Il vantaggio che presenta la partecipazione al pro­ fitto e i sistemi analoghi di retribuzione di cui ab­ biamo fatto cenno è che da essi non ne risulta una perturbazione nelle condizioni economiche in cui vive una industria, perchè l’aumento del salario non im­ plica un aumento nel costo della mano d’opera. L ’au­ mento del salario è correlativo a un aumento di la­ voro compiuto ; è insomma la rimunerazione d’ una produzione più rapida e più perfetta. Una industria in queste condizioni non Ita più a temere le conse­ guenze di un aumento di prezzo del lavoro, aumento che la potrebbe mettere in una situazione difficile rispetto alle industrie concorrenti. Essa trova invece nelle riforme interne, in una ripartizione più logica delle somme consacrate ai salari degli elementi di vitalità e per conseguenza di ricchezza.

La partecipazione al profitto come quella che non esige un sistema industriale radicalmente nuovo può, innestandosi sul sistema in vigore, recare frutti non trascurabili e contribuire ad attenuare gli attriti tra il capitale e il lavoro.

— A Washington, il 14 del prossimo ottobre, si riu­ nirà il gran Congresso internazionale americano.

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so-.

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507

Quota per Chilogrammi Lire abitanti L.

stanze e un tribunale ti’ arbitri che deciderà delle controversie che potranno nascere fra gli Stati so­ praddetti.

Ma, non ostante che si affermi che il Congresso non avrà indole politica, molti credono che esso sia come un avviamento all’ effettuazione sempre più estesa di quel programma di politica internazionale che il generale Harrison formulò nel messaggio con cui inaugurò la sua presidenza, e il cui ultimo fine è di conferire agli Stati Uniti l’egemonia di tutto il. continente americano dalla baia d’Hudson allo stretto di Magellano. Secondo quelli che opinano in questo modo, la federazione economica, di cui si voglion gettare le fondamenta a Washington, sarebbe il pre­ ludio della trasformazione politica che stabilirebbe questa egemonia.

Ad ogni modo nel Congresso di Washington si cercherà indubbiamente di assicurare una certa in­ dipendenza economica alle Repubbliche americane rispetto all’ Europa. Questa indipendenza procurerà agli Stati Uniti nuuvi elementi di prosperità , ma sarà di grave pregiudizio al nostro continente che si vedrà chiusi gli sbocchi dell’America meridionale.

— 11 consumo del tabacco in Italia nell’ esercizio finanziario 1 8 8 7 -8 8 è stato di 16,315,217,733 chil. per un valore di L. 183,760,625 e più precisa- mente:

Tab. naz. chilog. 16,138,414,258 per L, 181,829,534

» esteri » 176,833,475 » 1,931,091

Totale. . . chilog. 16,315,247,733 per L. 183,760,625 Analizziamo brevemente queste cifre :

Primo dato,"il consumo dei tabacchi nazionali rap­ presenta il 98,91 per 100 in quantità ed il 98,91 per 100 in valore del consumo totale.

Pei 16,138,111,258 chilogrammi di tabacchi na­ zionali, erano d a fiuto chilogrammi 3,386,697,500 per un valore di L. 2 1 ,5 6 9 ,1 1 0 ; d a fu m o chilo­ grammi 12,731,056,690, che corrispondevano ad un valore di L. 160,252,117.

La differenza di 17,660,068 chilogrammi, manche­ vole al totale, rappresenta il consumo della polvere

antisettica, che produsse un introito di L. 7917.

Il consumo dei tabacchi da fumo sta a quello dei tabacchi da fiuto :

in quantità come 79,06 a 2 0 ,9 4 ; in valore come 88,14 a 11,86.

Se più specialmente distinguiamo, nelle sue varie specie, il tabacco da fumo, il maggior consumo è rappresentato dai sigari con chilog. 5,839,673,705 e lire 101,518,970; segue il trinciato con chilogrammi 6,626,045,110 e lire 5 3,781,399; vengono ultime le sigarette con chilog. 268,337,875 e lire 1,919,078.

Viceversa le spagnolette tengono il primo posto nel consumo dei tabacchi esteri con 173,257,125 chi­ logrammi ed un valore di L. 1 ,689,011; vengono poscia i sigari d’ Avana, chilogrammi 2,175,250 e lire 210,182 e, finalmente, il trinciato con chilo­ grammi 1,100,800 e lire 31,868.

In commercio mancano tabacchi da fiuto esteri. Considerato il consumo in rapporto alle diverse regioni italiane abbiamo queste cifre :

Piemonte e Liguria 2,616,248,030 29,422,116 7,17 Lombardia... 2,664,423,750 27,339,122 7,29 Veneto... 2,307,343,975 19,637,061 6,83 E m ilia ... 1,987,548,500 18,513,855 7,69 Toscana... 1,387,605,700 17,811,641 8,63 Marche e Umbria. 520,205,360 6,686,132 4,30 L a z io ... 673,765,225 10,632,381 12,29 Provincie Merid.. . 2,946,111,000 37,885,486 4,90 Sicilia... 887,098,875 12,046,691 4,15 Sardegna... 307,237,250 3,778,193 5,55 Totale...16,297,587,665 183,572,678 6,35 La differenza tra queste cifre e quelle date prima ò dovuto alla polvere antisettica, il cui consumo non è compreso nel riparto per regione.

Nell’esercizio precedente - 1886-87 - il con­ sumo generale dei tabacchi era stato di chilogrammi 546,787,847,173 per un valore di L. 187,642,286; onde la diminuzione a carico dell’esercizio 188 7 -8 8 di chilogrammi 472,599,440 per un valore di li­ re 3,851,664.

La diminuzione massima si è verificata nei ta­ bacchi da fumo: chilog. 440,426,703 e L. 3,755,883. I tabacchi da fiuto diminuirono di chil. 28,408,510 con L. 194,290.

II consumo dei tabacchi esteri subì la legge ge­ nerale e diminuirono di 2,704,295 chilogrammi; ma i proventi ne aumentarono di L. 98,989 in conse­ guenza del maggior prezzo di vendita.

Le pensioni alla fine deir esercizio 1887-88

È stata pubblicata la statistica delle pensioni alla fine dell’ esercizio 4887-88. Resulta da essa che alla chiusura di questo esercizio vi erano in Italia 89,236 pensionati, che costavano allo Stato la somma complessiva di L. 64,429,032.52, cioè in media L. 718.64 all’ anno per ciascuno di essi.

Il seguente prospetto contiene il dettaglio delle pensioni per ciascun Ministero.

Pensioni Importo

Importo medio per ogni accese totale pensione

num. lire lire

Guerra...41,563 28,577,220. 26 687. 56 Finanze...18,969 12,472,784.57 657. 53 Interno... 9,678 6,627,456. 23 684. 79 Grazia e Giustiz. 6, 715 6,877,224. 05 1,024.16 Marina... 5, 563 3,748,475. 05 673. 82 Lavori pubblici.. 4,143 3,100,886.46 747. 49 Istruzione pubbl. 1, 783 1,899,855. 23 1,0 6 5 .5 3 Agricoli, e Comm. 686 516,835.67 753. 40 E ste ri... 137 278,345. 00 2,031. 71 Totale . . . . 89,236 64,129,032. 52 718.64

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hanno per i singoli ministeri le seguenti cifre pro­ porzionali : Guerra... 46,57 F inanze... 21,26 Interno... 10,85 Grazia e giustizia... 7,53 M a r i n a ... 6 , 2 1 Lavori pubblici... 4,65 Istruzione pubblica... 1,99 Agricoltura e com m ercio .... 0,77 E s te r i... 0,17

Totale. .100,00

Le pensioni slrnonlinnrie pagale durante I’ eser­ cizio furono 5,608 per l’importo di L. 2,029,752.28, ossia una media di L. 468 93. Sommando frattanto i due totali resulta che lo Stalo ha pagato nell'eser­ cizio 4 8 8 7 -8 8 fra pensioni ordinarie e straordinarie la somma di L. 66,758,834.80 divisa fra 94,844 pensionati.

Il seguente prospetto dimostra come la somma suddetta siasi ripartila nelle diverse regioni italiane:

Regioni Piemonte e Liguria Lombardia... V eneto... Emilia... Toscana... Marche ed Umbria L azio... Provincie meridion. Sicilia... Sardegna... Estero... Partito numero 18,688 9,563 6,881 7,444 7,404 3,982 9,326 23,094 6.372 2,023 67 Importo lire 16,116,396. 7,207,949. 4,581, 346. 4, 901,151. 7,013,907 1,953,257. 5 ,5 7 ", 162. 13,5 1,760. 4,230, 637. 1,602,503. 79,910. Quote per ai'it, 96 3,93 25 1,92 83 1,59 91 2,04 70 3,40 95 1,26 72 6,44 41 1, 74 71 1,46 01 2,36 35 — Totale. ...9 4 ,8 4 4 66,758,834.80 2,31 Al 1° luglio 4887 erano accese 94,983 partite im­ portanti un onere di L. 63,544,945.46. Nel corso dell’esercizio furono :

iscritte 5061 nuove partite per un to­

tale d i...L. 5.032,923.44

cancellate 5200 partite per... » 4 ,1 6 8 ,3 1 4 .4 0

di guisa che al primo lùglio 4838 il numero delle partile iscritte era diminuito ili 139 ma I’ onere finanziario dello Stato era invece aumentato di L. 913,911.34.

Le B alie ii e n t « svinerà nel 1838

Prima di riassumere la situazione delle Banrho svizzere di emissione durante il 1888 non sarà L u ­ tile l’osservare che il governo federale alla pari della ( arnere di commercio, ed altri propugnano la riformi della legge vigente sulla emissione ilei biglietti. Si lamenta principalmente che le Banche dispongano di un incasso troppo esiguo in confronto nll’ammon- tare della circolazione, e dei depositi rimhorsahili su domanda. Non è che si dubiti della solvibilità finale ma solo della possihi'ità ili pagare tulio ili seguito alla scadenza, e si osserva che le banche non servono soltanto durante i tempi rotmali ma sapratullo durante i tempi diffien , allorché il cre­ dito si ristringe e le migliori case possono avere bi­

sogno (le'l’aiuto di una banca. Ed è appunto per questi tempi che le banche debbono essere armale. In sostanza ¡1 rimprovero principale che si fa alle Banche svizzere, è la mancanza di capitali, e l’ insuf­ ficienza di mezzi per far fronte alle esigenze degli affari.

Delle 36 banche di emissione della Svizzera che esistevano prima che entrasse in vigore la legge sui biglietti di banca, sette vi rinunziorono impegnandosi a ritirare i loro biglietti, i quali mentre complessi­ vamente ascendevano al 30 giugno 4 882 a fran­ chi 9,892,420 erano ridotti a Ir. 483,400 al 31 di­ cembre ,4 888.

Sulle 29 antiche Banche di emissione che ave­ vano domand ilo l’autorizzazione ad emeitere biglietti nel periodo previsto dalla legge, 26 dopo aver giu- siifi-ato l’ adempimento delle condizioni prescritte, hanno ricevuta l’ autorizzazione avanti il 4° lu­ glio 4882. Le altre tre Banche non l’ hanno potuta ottenere che posteriormente, una P i i luglio, le altre due il 4° settembre 4882.

A cominciare da quel giorno, esistevano nella Svizzera 29 Banche d’emissione, con un cap tale ver­ salo di franchi 403,979,846 ed uua emissione effet­ tiva di franchi 402,174,033.

Al 31 dicembre 1887, cioè a dire al principio dell’ultimo esercizio, esistevano 34 Banche d’ emis­ sione con un capitale versato di franchi 122,274,000 ed una emissione effettiva di franchi 148,800,000.

In un prospetto sono indicate la situazione delle Banche di emissione alla fine dell’ anno 1888, la ragione sociale, il domicilio, il numero delle suc­ cursali, il capitale versato, la emissione effettiva e la forma della garanzia od il modo con cui è ga­ rantita la parte della emissione non rappresentata da moneta metallica.

Da quel prospetto risulta che alla (ì*ne del 4888 esistevano 31 Banche di emissione con un capitale versato di franchi 122,384,01)0 ed uua. emissione effettiva di franchi 153,100,000.

Perciò il numero delle Banche è cresciuto di 5 dopo il 1° settembre 1882, il capitale versato di franchi 16.601,181 e l’emissione effettiva di biglietti di franchi SO,923,943. Questa ultima è dunque cre­ sciuta in ragione quasi del 50 per cento.

Nel 4888 il numero delle Banche è rimasto lo stesso. Il loro capitale versato è aumentato di fran­ chi 310,000 e l’emissione di franchi 4,300,000. La Banca cantonale di Soleure entra in quest’ ultima cifra per franchi 1,000,000, la Banca cantonale di Zurigo per fracchi 3,000,000 ed il credito agricolo e industriale dello Broye per franchi 300,000.

Delle 34 Banche di emissione 18 alla line del 1888 possedevano un capitale versalo di fr. 70,250,000 ed una emissione di franchi 74,000,000 con garan­ zia canto ale; 10 un capitale di franchi 17,334 ed una emissione di franchi 4 3,900,000 garantita con depositi di titoli, e 6 (Banche ad operazioni li­ mitate) un capitale di fra chi 33,00!),000 ed una emissione di franchi 65,200,000 garantita per mezzo del portafoglio di effetti di Banche. E la proporzione in cui partecipano alla emissione è le seguente :

Perle Banche con garanzia cantonale, del 48 ° /0

Id. con depositi di titoli . . del 9 »

Id. con operazioni limitate, del 43 »

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in ."1 località casse di rimborso per tutti i biglietti di Banca svizzere delà nuova emissione.

Secondo il taglio dei biglietti, l’ emissione totale dei biglietti alla fine del 1888 si repartiva come appresso : 12,470biglietti di Fr. 1,000 = Fr. 12,470.000 ossia 8,1 »|„ 85,*239 id. » 5 0 0 = » 17,610,500 » 11,5 » 868,197 id. 723,817 id. 1 0 0 = » 86,819,700 » 56,7 a 50 = a 36,190,800 a 23,7 1,639,723 biglietti = Fr. 153,100,000 ossia 100 «]„

Facendo il confronto col primo luglio 4883 data della prima emissione dei biglietti del nuovo tipo uniforme, i grossi tagli, cioè a dire, i biglietti da 4,000 e da 500 franidii sono diminuiti di 3651, os­ sia di fr. 2,425,500, mentre i piccoli tagli, cioè a a dire i biglietti da 100 e da 50 franchi sono numeri tali di 294,713 per un valore totale di fr. 23,025,500. Oggi i grossi tagli non rappresentano nemmeno la quinta parte dell’emissione totale. Di qui un incon­ veniente per il commercio in granile, per il quale principalmente i biglietti di Banca sono stati creati, e che si trova obbligato ad effettuare i grossi pa­ gamenti con una quantità di piccoli biglietti.

In base affari. 43 della legge, e ai regolamenti stilla materia, le Banche di emissione sono in ob­ bligo di fornire rego'armente al Consiglio federale le situazioni ebdomadarie, i bilanci mensili ed i conti annuali, i quali tutti esaminati, e raggruppati ven­ gono poi ad essere pubblicati dall’ Ispettorato. In un prospetto che si trova annesso alla pubblicazione che stiamo esaminando si trova il massimo e il minimo della situazione delle 54 Banche di emissione nel 4888, la loro riserva metallica, e lo sconto ufficiale nelle principali piazze svizzere: Ginevra e Zurigo.

Occorre fare la distinzione fra la circolazione di­ chiarata e la circolazione effettiva dei biglietti di Bmca. La prima rappresenta il totale della circola­ zione dichiarata da ciascuna Banca e perciò com­ prende i biglietti che si trovano nelle Casse delle altre Banche ili emissione. La circolazione effettiva invece comprende soltanto i biglietti che si trovano fuori delle Banche nelle mani del pubblico. Per giudicare dei servizi resi dalle Banche di emissione e dei mezzi di cui esse dispongono in relazione ai bisogni del paese, cioè a dire degli affari in gene­ rale, bisogna prendere in considerazione la circola­ zione effettiva dei biglietti.

Ecco quale è stata la circolazione effettiva nel 4888, 4887 e 4856 :

Media Massimo

1 8 8 8 .. Fr. 126,306,000 143,793,901 116,771,000 1 8 8 4.. » 122,786,000 141,496,000 114, ('85,000

1853.. » 9 1 ,J2 5 ,i 00 113,388,01)0 82,185,000 Sicché il minimo del 4887 aveva già superato il massimo del 4883, il primo anno dell’andata iu vi­ góre della legge sui biglietti di Banca.

L’ incasso metallico di emissione è stato :

Media Mass'mo Minimo

e la proporzione percentuale metallica :

Media Massimo Minimo

1 8 8 8 .. 58. 8 per cento 63. 7 per cento 51.1 per cento 1887. . 6 1 .8 » 69.6 » 53.2 »

1 8 8 6 .. 63.1 » 71.3 » 52.2

La proporzione media è dunque diminuita del 3 per cento in rapporto all’anno precedente, e del 4 . 3 per cento in rapporto al primo anno. Il mi­ nimo è rimasto presso a poco senza mutamenti.

La circolazione allo scoperto, cioè a dire non coperta dall’ incasso metallico, che costituisce la parte di cui i valori in circalazio e nel commercio si tro­ vano effettivamente aumentali, che è di una impor­ tanza capitale dal ponto di vista del valore econo­ mico dei biglietti di Banca, è stata :

Massimo Minimo

1 8 8 8 .. . F r .'5 2 ,1 4 5 ,OOO 67,946,000 42,453,000

1 8 8 7 . . . ¡> 47,1^:0,000 65,393,000 34,986,000

1 8 8 3 . . . » 33,918,000 53,488,000 23,543,0U0 Da queste cifre si scorge chiaramente lo sviluppo preso dalla istituzione dei biglietti di Banca durante gli ultimi 6 anni. L’ammoutare dei biglietti senza corrispondente incasso è cresciuto in media del 9 1/2 per anno ossia del 57 per cento circa durante gli ultimi 6 anni.

Le condizioni dell’ interesse sono state durante il 1888 alquanto sodisfacienli per le Banche. Nelle principali piazze bancarie Baie, Ginevra e Zurigo è stato il seguente :

Media Massimo Minimo

1 8 8 8 .. . Fr. 74,161,000 77,222,000 70,079,000

1 8 8 7 .. . » 75,666,600 81,184,000 67,104,000

1 8 8 3 .. . » 57,407,0^0 64,032,000 54,116,000

1 8 8 8 . . 2.1 3 per cento 4. 50 per cento 2. 50 per cento 1 8 8 7 . . 2.9 1 » 4 .0 0 » 2.50 »

1 8 8 3 .. 3.0 1 » 4.00 » 2.50 » Ei:co ad esso poche parole sulla situazione delle Banche.

La cifra totale del bilancio è salila nei 6 anni da 730 milioni a 8 7 6 ; i fonili propri (capitale versato, riserve ec.) da 427 a 4 46 ; gli impegni a lunga sca­ denza da 393 a 438 ; gli impegni a breve scadenza da 177 a 237.

Lo sviluppo che ha preso l’ attivo presenta un carattere sensibilmente diverso da quello del passivo. Gl’ impieghi (issi ed i crediti a lunga scadenza, fatta eccezione degli eff Iti di cambio, sono passali, durante il periodo che va dal 1883 al 4K88, da 398 milioni a 526 milioni, ossia un aumento di 128 mi­ lioni o del 32 per cento, cioè a dire una propor­ zione all’ incirca uguale a quella dei debiti a breve scadenza. L’.m mento maggiore concerne gli effetti (titoli pubblici) con una cifra di 60 mi ioni.

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IL COMMERCIO ESTERO DELLA GRECIA

Lo sviluppo della prosperala della Grecia è de­ gno di essere rilevato. Da cinque o sei anni a que­ sta parte, il piccolo regno lavora senza posa a equi­ librare le rendite con le spese, e nel compimento di questo compito che li ha già procurato il miglio­ ramento inatteso dei suoi fondi di stato, ha dato prova di una vera abilità finanziaria.

1 suoi sforzi peraltro sarebbero rimasti sterili, se l’allargamento del suo commercio, che annualmente doventa più proficuo, non avesse alla Grecia age­ volato la occasione che si era prefissa. Il riassunto che più sotto anderemo facendo ne dimostrerà tutta l’ importanza, quantunque per varie circostanze il 1888 non sia stata un annata commerciale molto favorevole, presentando esso un rallentamento, elio fortunatamente non deriva che da cause accidentali, che non hanno nulla di inquietante.

Se si confrontano le cifre del 1888 con quelle dell’ anno precedente si trova che le importazioni si sono elevate alla cifra di 124 milioni e mezzo con diminuzione cioè di 20 milioni sul 1887, e le espor­ tazioni a 103 milioni con diminuzione di 6 milioni sull’anno precedente. Per ciò che riguarda il com­ mercio speciale lo importazioni raggiunsero i 109 milioni con diminuzione di 22 milioni, e le espor­ tazioni a 96 con diminuzione di 7 milioni.

I paesi coi quali ha scambj più importanti sono l’ Inghilterra, la Russia, l’Anstria-Ungheria, la Tur­ chia, la Francia, l’ Italia e la Germania.

Nel corso del 1888 la Grecia ha importato ce­ reali per 31 milioni di franchi ; tessuti per 22 ; le­ gname da costruzione per 6, minerali greggi per 5; bevande preparate per 4 ; minerali lavorati per 3 e mezzo; zuccheri-per 3 e mezzo; caffè per 3 ; riso per 2; animali per 2; fili per 2; metalli greggi per 1 1j i ; pelli preparate per 1 1 / 2 ; articoli stoviglie e cri­ stallami per 4 1 / 2 ; carta per 1 ; cotone, lino e canape per 1 1/2, prodotti chimici per 1 e articoli d’ornamento e di lusso per un milione.

Nello stesso anno essa ha esportato uve di Co­ rinto per 53 milioni, minerale e piombo per 20 1/2; vini per 4 1 / 2 ; fichi per 2 1 /2 ; tabacchi per 2 1/2; oli d’olivo per più di 2 ; spugne per 2; e avelonedes per un milione e mezzo.

II totale delle mercanzie entrate nei depositi du­ rante il 1888 raggiunse la somma di 29 milioni di fr. e i diritti di ogni natura percetti dalle ammini­ strazioni delle dogane a 33 e mezzo milioni.

Il numero delle navi entrate ed uscite tanto a vela che a vapore resultante dalla navigazione estera ammonta a 11,441 di cui 4,688 di nazionalità greca con un tonnellaggio di 698,491 su di un totale di 4,703,603 tonnellate.

Sopra 11,441 navi 8,839 erano cariche con un tonnellaggio di 4,356,393.

I paesi la cui bandiera ha figurato più spesso tanto all’ entrata che all’ uscita nei porti della Gre­ cia sono per ordine d’ importanza del numero delle navi i seguenti : Turchia, Austria-Ungheria, Inghil­ terra, Italia, Francia, Egitto e Russia, e per ordine dell’ importanza del tonnellaggio : Austria-Ungheria, Francia, Inghilterra, Italia, Turchia, Egitto e.Russia.

CRONACA BELLE CAMERE D! COMMERCIO

Camera di Commercio di Firenze.

— La Ca­ mera di Commercio di Firenze si adunò nella se­ duta del 5 corr. e dopo avere approvate le Liste Elet­ torali Commerciali pervenute dai singoli Comuni della provincia sospendendo per altro l’ esecuzione di tale provvedimento sino al giorno 6 settembre prossimo, a causa del R. Decreto del dì 21 lu­ glio 1889 n. 6252, serie 3 “, e dopo avere adottate alcune risoluzioni concernenti i facchini della Do­ gana di Firenze, si occupò di una petizione presen­ tata dal sig. Pietro Franceschini Libraio in detta Città, ed accogliendo pienamente la petizione sud­ detta deliberò di esprimere al Municipio di Firenze ì propri voti perchè le Statue che sì vogliono per cura di un Comitato collocare nelle nicchie delle Loggie di Mercato Nuovo, raffigurino i più distinti tra i Fiorentini che cogli scritti e colle azioni illu­ strarono ed ampliarono i commerci e le industrie della nostra Città.

Camera di Commercio di Pavia.

— Nell’ adu­ nanza dell’ I l luglio prese le seguenti deliberazioni: 1° Approvò le liste elettorali commerciali di N. 156 Comuni facenti parte del Distretto Camerale.

2° Prese atto del Decreto Ministeriale approvante il conto consuntivo di essa Camera pel 1888.

3° Approvò la proposta della Presidenza e il relativo regolamento circa la istituzione di corrispon­ denti della Camera nei principali Comuni, ove non trovansi già rappresentanti della stessa.

4° Deliberò fare piena adesione al voto della Camera di Torino, relativamente alla partecipazione delle legali Rappresentanze commerciali nel Consiglio delle tariffe delle strade ferrate.

Camera di Commercio di Varese.

— Nella tor­ nata del 25 luglio si occupava della necessità di istituire mostra campionaria di prodotti italiani nei paesi del Piata, e prendendo per guida la memoria dell’on. Berio, in proposito, deliberava:

1° di escludere, siccome eccedente la compe­ tenza delle sue attribuzioni e non scompagnata da eventualità di gravi inconvenienti, la proposta di de­ stinare uno speciale impiegato della Camera a fungere da commesso mediatore fra i produttori italiani e le case importatrici del Piata;

2° riconoscendo invece la utilità delle mostre campionarie organizzate con pratici criteri e con mezzi sufficienti, la Camera di Commercio, mentre si assunse l’impegno di promuovere, dai principali industriali del Circondario, l’ invio di notevoli cam­ pioni, incaricandosi della spedizione, votava la somma di L. 400 sul fondo casu ali del bilancio, anno cor­ rente per la mostra campionaria di Buenos-Ayres, dove risiedono parecchie migliaia di compaesani.

Aderendo poi all’invito del Ministero di agricoltura e commercio deliberava di sottoporre al Consiglio di agicoltura e commercio i seguenti quesiti ;

— ordin am en to delle Scuole d i a rti e m estieri

e delle Scuole d i disegno ap p licate alle industrie locali, nel senso che non vengano conferiti o sop­

pressi i sussidi che lo Stato suole concedere a tali scuole, se non previo parere della Camera di Com­ mercio nella cui circoscrizione si trovano ;

— che quando s i tratti d i stabilire degli o r a r i

(11)

11 agosto 1889

L’ E C O N O M I S T A

511

o r a r i in vigore debbano subire r a d ic a li innovazioni,

debba essere richiesto il parere delle Camere di Com­ mercio le più interessate ;

— che venga nuovamente a d d ita ta la op p or­

tunità e la convenienza che le elezioni cam erali se­ guano contem poraneam ente alle elezioni am m in i­ strative.

Camera di commercio di Milano.

— Venti dei ventuno consiglieri convennero iersera , alle 8 1/2, alla Camera di commercio per l’ insediamento del nuovo consesso e per la elezione del presidente e del vice-presidente.

Il commissario regio, avv. Pirro Aporti, lesse una lunga relazione sul suo operato, diremo così, d’ in­ terregno.

I consiglieri Gondrand e Pisa proposero un voto di ringraziamento all’Aporti che adempì egregiamente al delicato ufficio affidatogli.

E i consiglieri concordemente fecero eco ai pro­ ponenti.

In fine ebbe luogo la votazione.

Risultarono eletti, a grandissima maggioranza :

P erelli P a r a d is i Antonio, presidente, e A lip ran d i Giosuè, vice-presidente.

Mercato monetario e Banche di emissione

La Banca d’Inghilterra ha portato il saggio mi­ nimo officiale dal' 2 1|2 al 5 0|o e questa misura era divenuta necessaria stante i continui ritiri di oro in monete francesi che vennero fatti nelle ultime settimane alla Banca. Il 18 aprile scorso la Banca d’ Inghilterra aveva ribassato di mezzo punto lo sconto portandolo appunto al 2 4 [2 ed è probabile che il ritorno del 3 0|0 abbia poca influenza, sì da necessitare un nuovo rialzo. Lo chèque su Parigi ha avuto molte variazioni, ma è ora in aumento, il che fa credere che l’esportazione di oro per la Francia subirà una remora.

Sul mercato libero lo sconto a tre mesi è salito gradatamente a 2 1|2 e 2 3(4; i prestiti brevi sono stati negoziati a 2 0|0; le previsioni sono per un ulteriore aumento nei saggi di sconto perchè all’av- vicinarsi dell’autunno i bisogni di danaro crescono notevolmente. Ecco le variazioni mensili nel saggio di sconto sul mercato libero nel secondo semestre degli ultimi quattro anni :

1888 1887 1886 1885 Fine luglio . . . . 2 1[4 ì ll2 i l t8 ì ll4 » agosto . . . 2 3[4 3 1[4 2 3,4 ì 1,2 » settembre . 4 »i8 3 7[8 2 5,8 ì 1,4 » ottobre . . . 5 3 1,8 3 1,4 ì 7i8 » novembre. . 5 3 1,4 3 ll2 2 1,4 » dicembre . 5 3 7i8 4 1,8 3 1,8

Alla fine di luglio di quest’anno lo sconto era al 2 1|4, e alla fine di agosto sarà certo al 2 3[4 se non più.

La Banca d’Inghilterra all’ 8 corr. aveva l’incasso di 20,917,000 in diminuzione di 631,000 sterline ; la riserva era diminuita di 6 7 4 ,0 0 0 ; i depositi privati di 599,000 e quelli del Tesoro di 929,000 sterline.

Sul mercato americano la situazione monetaria rimane buona ; i cambi sono piuttosto favorevoli al­

l’America, perchè quello su Londra è a 4.85 e-quello su Parigi è a 5.18 5|4. Il Tesoro degli Stati Uniti è in una siluazione floridissima. Il debito federale al 30 giugno ammontava a 1,076,646.64 dollari, es­ sendo solo ridotto di quasi 89 milioni durante l’eser­ cizio 1888-89.

Le Banche associate di Nuova-York al 5 agosto avevano l’ incasso di 73 milioni in aumento di 1 mi­ lione di dollari, i depositi privati erano diminuiti di 2,800,000 e il portafoglio di 3,8 0 0 ,0 0 0 ; la riserva eccedente da 7,075,000 era salita a 8,275,000 dollari.

A Parigi le operazioni di sconto sono attualmente assai facili ; i capitali disponibili essendo abbondanti. Lo sconto privato oscilla intorno al 2 1/2 0/0 e i cambi sono in generale favorevoli alla Francia. La Banca di Francia agli 8 corr. aveva 2,534 milioni di incasso in aumento di 16 milioni; è un incasso assai ingente e in aumento persistente; il portafoglio invece presentava la diminuzione di 65 milioni e la circolazione di 43 milioni.

Il cambio su Parigi è a 25,16; sull’ Italia a 1/2 °/„ di perdita. Sul mercato berlinese conserva la sua eccellente situazione e lo sconto è facile e abbon­ dante ma si prevede prossimo un aumento col R ei-

chsbanck al 31 luglio aveva l’ incasso di 899 mi­

lioni e mezzo di marchi, la diminuzione di 7 mi­ lioni, il portafoglio era aumentata di 22 milioni e la circolazione di 20 milioni.

Sui mercati italiani lo sconto libero si tratta fra 4 1/2 e 5 1/2 0/0, e i cambi sono alquanto mi­ gliorati ; quello su Parigi è a 100,70; su Londra a tre mesi-è a 2 5 ,1 8 ; su Berlino a 125,10.

La situazione degli Istituti di emissione al 20 Lu­ glio si riassumeva nelle seguenti cifre :

Differenza col 10 lugilo C assa... 43,764,360 - 7,286,232 R iserva... 472,248,005 + 1,372,101 Portafoglio... 660,624,480 — 22,6 3 4 ,4 4 5 Anticipazioni... 120,263,621 — 250,027 Circolazione legale . . . 752,261,620 — 1,845,950 ¡> coperta.. 172,440,899 -j- 6,996,384 » eccedente 136,490,063 — 3,460,536

Conti correnti e altri

debiti a viBta... 137,327,863 — 13,357,744

Diminuirono il portafoglio di 22 milioni, e mezzo la cassa di 7 milioni e i conti correnti di 15 mi­ lioni ; erano per contro aumentati la riserva di I milione e la circolazione totale di quasi 2 milioni.

Situazioni ielle Banche di emissione italiane

N ce ce ce.™ es­

ca

3 * 2= § cS g CO a ttiv o ■ 20 luglio 276.491,327 393,865,540 63,768,846 245,560,613 150,000.000 40,000.000 586,878.313 59,615,532 20 luglio Cassa e r is e r v a .. . . L. 47.608,495 /Cassa e r i s e r v a .. .L . \ P ortafoglio... 1 A nticipazioni... ( Moneta m etallica. . /Capitale v e r s a to ... Passivo)Massa di rispetto., passivo j Circolazione...

(.Conti cor. altri deb. a vista

A ttiv o

Passivo'

Portafoglio... » A n ticip a z ion i... » Oro e A rgen to... » C apitale... » Massa di rispetto.. . . » C ircolazione...»

Conti cor. altri deb. a vista»

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