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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.16 (1889) n.804, 29 settembre

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T IM A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , IN T E R E S S I P R IV A T I

Anno XVI - Voi. XX

Domenica 29 Settem bre 1819

N. 804

NUOVE ILLUSIONI

SULLA QUESTIONE MONETARIA

Dacché l’approssimarsi della scadenza della conven­ zione monetaria latina ha risollevata in lidia la discus­ sione sull’ importante argomento vediamo ila alcuni periodici sostenere che la Francia non denuncierà la convenzione p erch è ha bisogno d i m antenerla in vita.

Ahimè! questo stesso concello veniva dagli stessi periodici ripetuto a proposito del tra» lo di commercio; invano i più prudenti affermavano che non era saggio avventurare il intono per la ipotetica speranza del meglio; invano intesero dimostrare che la Francia aveva un interesse molto inferiore a quello dell’ Italia per ia rinnovazione del trattato commerciale; si in­ sistette nella illusione che la Francia avendo b sogno della nostra seta greggia e della nostra uva non po­ tesse a meno ili rinnuovare il trattato, che scadeva, ed ai patti che noi esigevamo. Se queste speranze avessero fondamento lo abbiamo veduto; alla stretta dei conti la Francia ricusò di accettare anche quelle ultime nostre condizioni che forse andarono al di là delle prime sue proposte.

Ora per la questione monetaria temiamo che si vogliano suscitare le stesse fallaci illusioni è che per far dimenticare il tempo perduto dal 1885 ad oggi senza alcun provvedimento per risolvere in Italia il problema monetario, per nascondere la assoluta de­ ficienza di idee e di indirizzo di quegli uomini italiani che avrebbero 1’ obbligo di precorrere la pubblica opi­ nione guidandola, temiamo si voglia far credere che la Francia lui bisogno di mantenere la lega monetaria latina. Non più tarili di ieri appunto il Sole uno degli organi degli illusionisti sosteneva questa lesi. Ebbene, noi crediamo che sia evidente tutto l’opposto, e cerche­ remo di dimostrare appunto che alla Francia è af­ fatto indifferente dal punto di vista monetario di mantenere o no la Ioga.

Si afferma che la Francia avendo un’ingente stock monetario d’argento, ha interesse ili veder mantenere la Unione latina , per avere un mercato più vasto che non sia il territorio della repubblica e per non provocare un nuovo ribasso sull’ argento. E questo ragiouamento sarebbe veramente giusto se i fatti non dimostrassero che la Francia, lungi dall’ aver potuto espandere nel territorio degli altri Stati della lega il proprio argento, ha invece dovuto accogliere l’ec­ cesso dell’argento degli altri contraenti.

Infatti la Francia ha accolto gli scudi italiani la cui somma alcuni si fa ascendere a 400 milioni, e quelli del Belgio che ascenderebbero secondo alcuni a 5 0 0 milioni, secondo altri a 400 milioni. La Sviz­

zera soltanto, perchè ha fatto lavorare le zecche in molto scarsa misura, assorbe per la propria cir­ colazione l’argento degli altri Stati e si calcola che abbia bisogno di circa 100 milioni di scudi stranieri. Ma anche supposto che sieno soltanto di conio fran­ cese gli scudi che circolano nella repubblica Elve­ tica, rimane sempre che la Francia per il fatto della esistenza della lega latina sopporta l’onere di circa 700 od 800 milioni di scudi esteri che ingombrano il suo mercato.

Nello stato attuale delle cose, e dopo la clausola della liquidazione inserita nella convenzione del 1885 è evidente che la Francia, ove la Unione si scio­ gliesse, cambierebbe in oro una parte notevole, quasi un quinto del suo stock d’argento, valutato in tre miliardi.

Ma ciò che vi ha di peggio si è che l’avvenire non sembra propizio a mutare lo stato di cose presente. Infatti se anche si può supporre che la Svizzera continui a mantenere in circolazione la stessa quantità di scudi francesi, nulla lascia credere che il Belgio e I’ Italia possano diminuire il contingente di loro scudi che esiste in Francia. Per il Belgio osterebbe una condizionò di fatto, quella cioè che la quantità di scudi coniati è superiore di mollo ai bisogni del paese, e quindi le vicende commerciali ed econo­ miche non potrebbero in nessun caso attirare e man­ tenere nel territorio del Belgio tutto l’ argento co ­ niato colle armi di quel paese; — per I’ Ita Ila, ora e pur troppo per molto tempo, mancano le condi­ zioni economiche le quali permettano il ritorno in paese degli scudi nòstri.

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014 L ’ E C O N O M I S T A 29 settembre 1889

quindi che la lega potrebbe essere sciolta senza pericolo che si mutasse per ora il tipo monetario di alcuno degli Stati che la compongono e quindi nessuna perturbazione durevole sarebbe giustificata.

Non sappiamo pertanto per qual motivo la Francia potrebbe avere interesse di prolungare la esistenza della Unione se lungi dal poter far circolare nel ter­ ritorio degli altri Stati il proprio argento è costretta a tenere nelle proprie casse I* argento altrui, men­ tre è evidente che essa avrebbe — sotto l’ aspetto monetario — l’ interesse, ora che la clausola di li­ quidazione è stipulata, di denunziare la Convenzione, perchè, anche mantenendo il suo attuale sistema mo­ netario a doppio tipo con rapporto fìsso, per mezzo della denuncia diminuirebbe il proprio stock d’argento. Ed è per questo la Francia aspetta forse il mo­ mento opportuno ed è per questo che ha voluto che la convenzione dopo il 1890 durasse di anno in anno.

Badiamo adunque di non illuderci con falsi ap­ prezzamenti, e di non ripetere per l’argento l’errore commesso per l’uva e per la set§. La Francia potrà per ragioni politiche o per altre considerazioni prolun­ gare la vita della Convenzione monetaria, ma il giorno in cui invece per ragioni politiche credesse di farla ca­ dere, non può esser trattenuta da alcun interesse di indole economico perchè anzi ogni calcolo ragione­ vole dovrebbe spingerla a denunciare il trattato.

Sappiamo benissimo che queste nostre osserva­ zioni suoneranno ostiche a coloro che credono ca­ rità di patria nascondere al paese la situazione im­ barazzante nella quale si trova per gli errori pas­ sati, ma noi crediamo invece necessario di dire la verità, per non fomentare illusioni che sono tanto più dannose quanto meno verosimili, mentre è invece necessario che tutti abbiano in mente Yestote p a r a t i.

LE PROSSIME ELEZIONI AMMINISTRATIVE

E I L P A R T I T O O P E R A I O

L ’ imminenza delle elezioni generali amministra­ tive fa spuntare i programmi del partito operaio, o per essere più esatti, di quella frazione della classe operaia che si agita e cerca di agitare ed ha ten­ denze più o meno apertamente socialiste. Questo movimento ha anche cominciato ad occupare e a impensierire qualche giornale, e ciò perchè nei pro­ grammi già pubblicati si domandano alcune riforme radicali che se venissero attuate darebbero certa­ mente alle amministrazioni comunali un carattere affatto diverso da quello che esse presentemente hanno, E poiché, sia nelle polemiche suscitate dai programmi, sia in questi ultimi, la materia econo­ mica abbonda e si può dire che ne è la parte prin­ cipale non possiamo esimerci dal dirne qualche cosa anche noi, sebbene rifuggiamo sempre dall’en­ trare direttamente o indirettamente nelle questioni politiche.

Il substrato delle dispute a cui accennavamo è del resto essenzialmente economico. 1 programmi testé pubblicati dal partito operaio a Milano, a Cesena, a Roma e altrove riflettono chiaramente le idee dei capi del partito in materia di imposte, di benefi­ cenza, di spese e simili e si nota generalmente la tendenza a riformare su larghe basi i comuni,

non-chè a fare di essi uno strumento di una classe sola, quella lavoratrice. Esamineremo fra poco alcune delle principali riforme domandate dal partito operaio; ma intanto non possiamo non segnalare un grave di­ fetto dei programmi dati alla luce.

Coloro, infatti, che per essere più accorti o più istruiti o per altre ragioni sono alla testa di quella frazione della classe lavoratrice che si occupa di elezioni e di politica non sanno prescindere dalle ragioni del partito stesso e pare ritengano che tutto debba essere fatto a immagine sua e per uso e con­ sumo suo esclusivo. Il Comune che pur abbraccia cittadini di ogni classe dovrebbe essere per loro uno strumento a tutto beneficio dell’operaio ; il Co­ mune deve quindi promuovere le Borse del lavoro, favorire le società cooperative e operaie in genere, conciliare il lavoro col capitale, e d’altra parte i soli operai devono amministrare le istituzioni di be­ neficenza, l’istruzione deve esser data a tutto loro vantaggio, ecc. ecc. Ammettiamo pure che questa unilateralità di vedute abbia la sua giustificazione nel fatto che talvolta i Comuni sono stati strumenti in mano a certe classi agiate, ma ciò non toglie che i programmi operai abbiano il gran difetto di rive­ lare nei loro autori un concetto assolutamente sba­ gliato del Comune.

L’amministrazione comunale non può nè deve essere in servizio di questa o quella classe. Essa può essere diretta or da un gruppo or da un altro, secondo che prevalgono nella soluzione di certe que­ stioni l’uno o l’altro criterio, ma il suo scopo è uni­ camente quello di soddisfare certi bisogni di un dato nucleo di popolazione e di tutelarne gli inte­ ressi collettivi nei rapporti con altri nuclei di popo­ lazione, nonché verso lo Stato. Il Comune non può avere le funzioni economiche che gli vogliono attri­ buire certi programmi e l’azione di un Sindaco o di un assessore nei conflitti industriali, è pura­ mente sua personale, buona o cattiva, a seconda che lo sussidia o no l’esperienza e la buona fede, il disinteresse e l’amore per la giustizia.

Voler convertire il Comune in una istituzione avente l’obbligo di intervenire in ogni atto dei cit­ tadini equivale a creare una tirannia municipale al­ trettanto odiosa, quanto dannosa. Eppure ci si arri­ verebbe indubbiamente se potessero prevalere le idee che abbiamo trovate esposte nei programmi operai di Milano, Cesena e Roma. In essi il Comune viene concepito secondo le dottrine liberticide del socia­ lismo di Stato e di quel radicalismo che bisogna combattere, non tanto perchè vuol riformare radical­ mente, quanto perchè non move dal concetto di tu­ telare la libertà, ma al contrario d’asservire l’ indi­ viduo alla collettività.

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29 settembre 1889 L ’ E C O N O M I S T A 615

di produzione fra i lavoratori del Comune di tutti i lavori del Comune, anche quelli con esonero da cauzione, l’incameramento dei beni delle Opere pie, la rappresentanza diretta nel consiglio comunale delle associazioni fra i lavoratori del Comune ; ecc. Quasi questo non bastasse, oltre l’autonomia comunale com­ pleta, vogliono l’allargamento dei comuni di città affidando ad essi la egemonia dei comuni rurali del territorio, venendo con ciò a dichiarare esplicita­ mente che intendono dare alle città la padronanza sulle campagne, asservendo così le classi rurali a quelle cittadine, con qual diritto e con qual ragione non sappiamo davvero. Ma e i socialisti di Cesena, e il Consolato operaio di Milano e il Comitato ge­ nerale elettorale operaio di Roma invocano pure al­ cune riforme che si possono discutere, esaminare e forse anche approvare, da quanti vogliono che i Co­ muni siano amministrati un poco meglio e certe istituzioni d’ altro tempo, che urtano con lo spirito dei giorni nostri, siano una buona volta soppresse o riformate.

Tra queste accenniamo al dazio consumo, che noi abbiamo sempre combattuto e combatteremo sempre trattandosi di una tassa indiretta che la scienza, l’esperienza, gli interessi generali bene intesi, con­ dannano irremissibilmente. La sua abolizione non ha nulla di sovversivo e di socialista e noi vedremmo con piacere che l’ Italia seguisse l'esempio splendido dato su questo argomento fino dal 1860 da un pic­ colo paese, dal Belgio. Ammettiamo anche che l’abo­ lizione del dazio consumo debba essere graduale per non turbarea un tratto l’equilibrio del bilancio e il si­ stema tributario del Comune, ma cominciamo almeno a preparare una riforma seria ed efficace delle imposte e tasse locali, che tolga quell'avauzo medievale che è il dazio consumo e distribuisca più equamente e ra­ zionalmente il carico delle imposte. Non possiamo estenderci ora su questo più che su altri argomenti, ma crediamo di dover aggiungere che 1’ abolizione del dazio consumo non sottrarrebbe punto la classe non p oprietaria all’obbligo di contribuire nelle spese comunali ; altre imposte indirette, e per ripercussione min poche di quelle dirette, gravano pure sulle spalle della classe più numerosa e non abbiente.

Il partito operaio nei vari manifesti che ha già dato in pascolo al pubblico si occupa, e giustamente, delle Opere pie, della cui riforma niuno può conte- testare la urgente necessità. Solo anche per esse co­ loro che parlano in nome della classe operaia mo­ strano di non saper vedere nuU’altro all’ infuori del partito. Essi devono domandare una qualche parte­ cipazione all’ ammiuistrazioue del patrimonio impie­ gato a sollevare le umane miserie, devono proporre e sostenere quelle riforme che reputano meglio adatte « a sostituire all’ elemosina che avvilisce, la previ­ denza che aiuta in ¡special modo l’attività che tende a redimersi dalla miseria »; ma hanno torto e com­ mettono un grave errore quando, con poca franchezza, fanno capire di voler sbalzare di seggio gli ammini­ stratori borghesi per metterci i rappres*entanti del partito operaio. Fautori di una riforma che metta le istituzioni di beneficenza in armonia ai bisogni dei tempi non auguriamo però ai miseri e ai bisognosi che avvenga una simile sostituzione; la beneficenza, temiamo, si sposerebbe a una nuova tirannia.

E non insistiamo a rilevare altre intemperanze e altre esigenze poco o punto ragionevoli del partito operaio. Il fatto che il consolato operaio di Milano

dopo avere pubblicato il suo programma per le pros­ sime elezioni amministrative ha sentito la necessità di aggiungervi un commento, che cerca di smussare, di attenuare il radicalismo delle riforme e l’acerbità delle critiche, dimostra che il socialismo municipale e la supremazia di un gruppo o di una classe sulle altre, non hanno incontrato quel favore che speravasi. Il male è che il commento mantiene la sostanza del programma anche in ciò che è più censurabile e ne conferma poi lo spirito giacobino; esso prova pure che se il partito operaio potesse avere la maggio­ ranza nei consigli comunali, cosa che per ora non ci pare probabile, prenderebbe a modello le opere e le gesta del consiglio comunale di Parigi. Il Conso­ lato operaio di Milano lo farebbe certo con più mo­ derazione e più abilità dei socialisti di Cesena, ma gli uni e gli altri ci condurrebbero passo a passo al più schietto socialismo municipale. Prova ne sia che i programmi concordano pienamente nei punti più essenziali.

È ad evitare questo pericolo e questo danno che i liberali faranno bene a muoversi. Essi devono mi­ rare e due fini, migliorare le amministrazioni comu­ nali e impedire che degenerino in asili di gente o in­ capace o inerte o più proclive agli onori che agli oneri. L ’Amministrazione comunale va informata al prin­ cipio della parsimonia nelle spese e del buon uso dei danari dei contribuenti. È positivamente certo che l’attuazione di molte riforme annunciate nei pro­ grammi elettorali del partilo operaio richiederebbero nuove e ingenti spese, cui, in verità, non si vede come possa provvedersi, specie se venisse attuata la graduale abolizione del dazio consumo. Anteporre a qualsiasi spesa di lusso quelle di necessità, come per l’ igiene e per l’ istruzione, tale dovrebbe essere il criterio direttivo di un programma serio; alla libera iniziativa privata il compito di soddisfare certi biso­ gni contingenti e accessori. Ma, sopratutto, il Comune deve rimanere nella sua sfera amministrativa e te­ nersi lontano da quelle ingerenze nel campo eco­ nomico, che invece sono tanto predilette dal partito operaio e da quello socialista per poter mettere le radici del collettivismo.

Se adunque i liberali non vogliono lasciar com­ promettere le finanze dei Comuni e non amano procurarsi delle sorprese poco gradite per opera del socialismo municipale, devono accettare e far proprio quanto vi è di buono e sano nei programmi eletto­ rali del partito operaio e combattere con vigore lutto ciò che si ispira ai principi più o meno ma­ scherati del collettivismo, qualunque sia l’ aggettivo che gli si possa attribuire. E lo stesso carattere di questa lotta dimostra quanto siano nel giusto e nel vero coloro che son soliti a sollevarsi contro tutte indistintamente le forme del socialismo. Quei con­ servatori che ora si commuovono pei programmi dei partiti operaio o socialista e danno l’ allarme farebbero bene a meditare sulle origini, sia palesi che latenti, di certe proposte di riforme che essi condannano, non senza ragione. Vedrebbero facil­ mente che socialismo di Stato e socialismo munici­ pale sono fratelli carnali e che gli effetti delle loro opere non differiscono affitto.

Arduo è adunque il compito che incombe ai li­ berali nelle prossime elezioni amministrative là dove un partito operaio o socialista ben organizzato cer­ cherà di far prevalere gli aderenti al proprio pro­

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L ’ E C O N O M I S T A

29 settembre 1889

La vittoria, tuttavia, potrà essere per loro, se sapran­

no svincolarsi dalle vane personalità e scegliere tra quelli che si segnalano per intelligenza, operosità e onestà e se, consci dei bisogni dei nostri giorni, vor­ ranno scendere in campo con idee chiare, sanamente e opportunamente riformatrici. Auguriamo che ciò avvenga nell’ interesse generale e per salvaguardia della iibertà.

IL COMMERCIO I T A L I A N O

nei primi otto mesi del 1889

Anche il mese di agosto presenta e forse più ac­ centuata quella stessa tendenza del nostro commer­ cio non già a mutare nella proporzione delle sue parli, come lo speravano i protezionisti ed i compi­ latori della tariffa doganale, ma a ritornare alle pro­ porzioni in cui si trovava prima della perturbazione da cui fu colpito.

Paragonando infatti i risultati del mese di agosto di quest’anno con quelli dello stesso mese del 1887 si ha : 1887 import. 120,204,374 esport. 68,124,607 1889 116,448,410 65,020,176 Differenza 3,7 5 5 ,9 6 4 3,104,431 Totale 188,328,981 181,468,586 — 6,860,395 Abbiamo quindi tra il 1889 ed il 1887 una dif­ ferenza di 6 milioni appena, di cui metà circa alla importazione e metà alla esportazione.

E giova ancora tener conto che nei sei mesi Marzo-Agosto la importazione fu di 688 milioni nel 1889 e 728 milioni nel 1887, per cui la diffe­ renza non è che di 40 milioni, mentre nello stesso periodo di tempo la esportazione fu di 447 milioni nel 1889 e di 495 milioni nel 1887 per cui la dif­ ferenza è di 48 milioni. Così per avere 40 milioni di minore impor,azione si ebbero 48 milioni di minore esportazione il che non è certo gran cosa, ma dimostra la tendenza del movimento e questa ten­ denza ò affatto opposta a tutte le previsioni e le promesse che si erano sostenute sugli effetti della nuova tariffa.

La sola cosa che si verifica è quella deU’aumento dei dazi che nel 1887 salirono a 158 milioni e nel 1889 raggiungono i 156 milioni quindi un aumento di 18 milioni.

Infine crediamo di dover rilevare anche un altro lato della questione commerciale. La nuova tariffa -andava predicando per l’ Italia il senatore Rossi ~ toglierà lo sbilancio commerciale cioè la eccedenza della importazione sulla esportazione. Ebbene ecco i risultati che, anche sotto questo aspetto ottenne il grande lavoro.

Nei sei mesi Marzo-Agosto 1887 lo sbilancio era il seguente :

Im p o rta z io n e ...mil. 728 E s p o r ta z io n e ...» 495

Sbilancio . . . mil. 237

invece nel 1889 si ebbe:

Importazione . . . mil. 688 Esportazione... » 447

Sbilancio . . . mil. 241 Il così detto sbilancio commerciale si è adunque inasprito anziché annullato come si pretendeva. Che cosa ne dicono l’ on. Rossi e la In d u s tr ia ? Forse ci risponderanno, ed in questo hanno perfettamente ragione, che se il bilancio della nazione ha perduto, il bilancio dei grandi industriali si è molto avvan­ taggiato dalla nuova tariffa. E veramente era da attendersi diversamente da certi apostolati ? Ed ora ecco le cifre delle singole categorie :

IM PO R TA ZIO N E

C A TEG O R IE secondo la tariffa doganale

I. ir. in .

i v .

v .

vi. v i i. Vili. IX . X. X I. X I I . X I I I . X IV . XV. X V I. X V II. S p iriti, bevande ed o l i i ... G eneri colon., droghe e tabacchi. P rodotti chim . gen eri m edicinali, resin e e p ro fu m erie... Colori e generi per tin ta e per

c o n c i a ... C anapa, lino, j u t a ed a ltri vege­

ta li filam entosi esci, il cotone. Cotone... L an a, crino e p e li... S e t a ... Legno e p ag lia... C arta e l i b r i ... P e lli... M inerali, m etalli e loro la v o ri..

P ie tre , te rre , vasellam i , v e tri e 119,085,070 74,392,910 164,421,710 57,046.547 12,577,389 C ereali, fa r., paste e prodotti ve-

g e t.,n o n com presi in a ltre c ate g . A nim ali,prodotti e spoglie di a n i­

m ali non com presi in a ltre cat.

T otale delle prim e 16 categ o rie 866,437,080 33,520,300 T otale g e n e ra le .. . . 899,963,380 Valore delle merci im portate n+i prim i otto mesi dell’ anno 1889 D ifferenza col 1888 19,651.765 — 1 809 791 48,175,323 ■+■ 8,583,045 30,241,332+ 229,668 14,935,659 + 415,263 16 526.632 + 126.144.905 + 54,241,988 + 64,009.586 + 31,144,953 - 7.221,455 — 26.619.856 + 2,540,241 20,228,087 7,869,992 17,518.227 250,125 49 084 1,678,216 - 3,524,416 ■ 7,031,227 - 32,184,483 + 1,010,474 - 1,013,638 ESPO R TA ZIO N E C A T E G O R IE secondo la tariffa doganale

. Valore delle merci esportate nei prim i otto mesi d e ll’ anno 1889 D ifferenza col 1888

I. S p iriti, bevande ed o lii... 95,117,513 — 120,676 I I . G en eri colon, droghe e tabacchi. 3,330,398 - 130,988 I I I . P ro d o tti chim ., g en eri m edicinali,

resin e e p ro fu m e rie ... 31,113,834 - 1,006,209 IV . Colori e generi p er tin ta e per.

concia... 5,439,096 - 389,330 V. C anapa, lino, ju ta ed a ltri vege*

ta li filam entosi, esci, il cotone. 24,746,044 — 3,523.380 V I. C otone... 17,003,042!+ 3358,904 V II. L a n a , crino e peli... 5,251,030 - 457.253 V i l i . S e ta ... 198 367,851 + 17,467,063

IX . 26,877.83! :— 2,422,582

10,023,026 + 2,588,914 X. C arta e l i b r i ...

X I. P e l l i ... 16.091,333 + 3,297.388 X II. M inerali, m etalli e loro l a v o r i.. 17,910,557 — 1,926,348 X III . P ie tre , t e r r e , v asellam i, v e tri e

c ris ta lli... 35,297,624'+ 1,739,802 X IV . C ereali, fa r., paste e prodotti ve­

g e ta li, non com pr. in a ltre cat. A nim ali, prodotti e spoglie di a n i­ m ali, non com pr. in a ltre categ. O ggetti d iv e r s i...

43,127,308 — 8,466,898 XV.

58,071,753 + 1,094,264

X V I. 4,974,232 + 632,357

T o tale delle prim e 16 c a te g o rie .. 592,742,472 + 11,735.108 X V II. M etalli p re z io s i... 28,084,500 -2 2 ,3 1 2 ,8 0 0

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29 settembre 1889

L ’ E C O N O M I S T A

617

Ed il prodotto dei dazi è il seguente

Tìtoli

d i riscossione 1889 1888 D ifferenza D azi d ’im portazione 156,692.758 113.861,260 - r 42,831,498 D azi di Esportazione 4,294,003 4,149,363 + 144,640 Sopratasse d i fabbri-cazione. . . . 1,739,499 2,187,381 - 447,882 D iritti di bollo. . . 946.687 918,604 -+- 28,083 D iritti m arittim i . . 3,622,920 3,776,341 - 153.421 P ro v en ti d iv ersi . . 908,672 738 718 4 - 169,954 T o ta le . . . 168,204,639 125,631,667 + 42,572,872

L’ ESPOSIZIONE UNIVERSALE DI PARIGI ^

v i.

Macchine idrauliche e dinamo.

Nella rivista che stiamo facendo, noi abbiamo per ¡scopo di fornire non solo ai nostri lettori un rag­ guaglio di molti dei più cospicui oggetti che abbiamo veduti all’esposizione universale, ma inoltre di ac­ cennare, fra essi, quelle produzioni naturali, indu­ striali e scientifiche che maggiormente concernono i nostri interessi economici. In questo periodo di pace europea, ogni paese si studia bensì di tenersi pronto alle possibili politiche complicazioni , ma è I sopratutto a rinforzarsi economicamente (die rivolge la propria attività. Sotto questo punto di vista ci duole di dover confessare che noi non facciamo tutto ciò che dobbiamo per resistere al crescente depau­ peramento prodotto dalle tasse enormi che ci schiac­ ciano ognor più ; e lo dimostra l’ invadente miseria che spinge all’ emigrazione torme ognor crescenti di proletari'!, la dipendenza finanziaria, versoi mercati esteri, del nostro debito consolidato, la necessità di ricorrere al capitale straniero per compiere i lavori pubblici, i fallimenti delle banche e delle società edilizie, ed altri molti sintomi che è superfluo di accennare. Questa cattiva condizione dipende in parte, è giustizia convenirne, da delle cause fisiche ohe bi­ sogna cercare perfino nella geologia. Si può dire che la penisola italiana ha poco più del suo scheletro e che gli fa difetto la carne. Le due grandi catene, le Alpi e l’ Appennino, formano la sua ossatura, ma la gioventù geologica del nostro paese è stata causa che le azioni meteorologiche e la forza di gravità non gli fornirono che scarsamente quelle grandi pianure che sono la ricchezza agricola delle nazioui, e di più la stessa cagione ha impedito che nelle sue vi­ scere si trovi raccolto il combustibile dell’epoca car­ bonifera , combustibile che viene chiamalo il pane dell’industria. All’iufuori difatti di quel ferro da ca­ vallo formato dalla cintura delle Alpi e dalla parte boreale dell’ Appennino, che formò , in epoca non remotissima, il cosi detto mare pliocenico, ora colmato, e costituente la valle del Po e di altri mi­ nori prossimi fiumi, noi non abbiamo che monti, colline e strette e poco estese pianure. Quanto alla colmata dell’ Adriatico, essa è in corso certamente e non v’ ha dubbio che questo golfo del Medi- *

*1 Vedi i numeri 799, 800, 801,802 e 803 dell’econo­ mista.

terraneo debba alla sua volta sparire, aggiungendo nuove terre alle nostre. Ma tale evoluzione, che farà dell’ Italia un aggregato della penisola dei Balca­ ni, domanderà molte centinaia di secoli per essere effettuata; e se oggigiorno ce ne avvantaggiamo pro­ sciugando, mettendo a coltivazione e popolando nuove terre dei littorali Veneto e Romagnolo, havvi per converso il danno emergente dalla protrazione delle foci dei nostri fiumi; in quelle regioni, danno che si manifesta nelle sempre più frequenti e disa­ strose inondazioni.

Questa digressione potrà sembrare ma non è, in realtà, estranea all’ argomento di cui ci occupiamo in questo numero, cioè alle macchine idrauliche. La forza idraulica che esiste in Italia, è smisurata e noi non 1’ utilizziamo sufficientemente. Essa può, in molte industrie, sostituire la forza calorifica, che non abbiamo se non in scarsi depositi di torbe e di lignite; ed è atta ad ed esimerci, in parte, dall’acquisto, oggi necessario, del litantrace. Non è scorso molto tempo dacché non si utilizzavano che le acque copiose ca­ denti da piccole e mediocri altezze. Fra le macchine idrauliche, le ruote a- cassette erano quelle che ri­ cevevano, con profitto, le più forti cadute d’ acqua, e queste cadute non oltrepassavano i 12 metri. In seguito vennero le turbine e le macchine dette a co ­ lonna. Ora sono le turbine che hanno il vanto, perchè si applicano, molto profittevolmente, a tutte le cadute, grandi e piccole, di molte e poche acque. Il vero inventore delle turbine fu l’ing. francese Fourneyron. Le sue macchine sono ruote che girano orizzontal­ mente attorno ad un albero verticale. Una di queste turbine, riceveva una piccola massa di liquido cadente da 108 m. d’altezza, là quale massa, mediante un tubo, recapitava in un recipiente chiuso, di piccolo ed ele­ gante formato così da sembrare una stufa da ap­ partamento, e rendeva ciò nonostante la forza di 40 cavalli. Ora le turbine Fourneyron sono abbando­ nate, essendosi adottate quelle dell’ingegnere Girard ed altre del Jonval; queste ultime nel caso che la macchina sia sottoposta a camminare entro l’aequa.

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fu veduta nell’esposizione regionale Toscana. Ed ora ritornando alle prime parole di questo articolo, noi pro­ poniamo ai nostri concittadini di imitare, meglio che non abbiamo fatto fin qui, l’esempio del solerte indu­ striale testé menzionalo. Noi abbiamo nelle Alpi, ed anche nell’ Appennino, acque più copiose che in Francia e denivellazioni anche maggiori. Per car­ tiere, segature di legnami, lanifici, i materiali, nei luoghi montuosi, sono sul posto o sono prossimi. Ma v’ ha ancora di più. Ora abbiamo le dinamo e sap­ piamo inviare la forza, con mediocre perdita, a grande distanza, valendoci, non più d’un tubo per acqua od aria setto pressione, ma di un semplice filo di ferro o di bronzo. Si può avere, in questo modo, più del 50 per ° L della forza sviluppata da un motore idrau­ lico a 50 kilom. di distanza da esso. A Roma dilTatti si pensa di trarre così profitto delle cadute del- 1( Amene. Abbiamo dunque tutto; cioè le forze idrau­ liche ed i conduttori metallici delle dinamo.

Queste dinamo sono, del resto, suscettibili di tra­ smettere delle grandi forze. Una ne abbiamo veduta di Crompton di Londra della forza di 2 2 5 .0 0 0 watt, che si decompongono in 2 2 5 volt e 1000 a m p è r e ; e ciò vuol dire 300 cavalli. Nelle trasmissioni della forza sono preferibili gli alti potenziali, come si fa in uu’altra dinamo di Crompton di 1300 volt e 2 5 am ­ p ère, la quale eseguisce 1200 giri al minuto. Si è, del resto, trovato modo di convertire i volt negli am père e viceversa; cosicché una dinamo che, di giorno, trasmette la forza, può, di notte, creare la iuce. Rilevammo altre dinamo inglesi, francesi, ame­ ricane, come dei Latiner Clarke, Lemonnier, Brè- guet, ec. Può dirsi infatti che ogni grande officina meccanica è oggigiorno in grado di fornire delle dinamo: e non dubitiamo che ne siano capaci anche le nostre maggiori officine meccaniche. Abbiamo men­ zionate anche le dinamo fra le macchine motrici, perchè, in sostanza, sia che ricevono la forza, se sono piccolissime, da delle pile elettriche, ovvero, se sono potenti, da motori a fuoco o ad acqua, esse pure pongono in moto, a piccola od a grande distanza, altri meccanismi.

IL MOTO CATASTO GENERALE ITALIANO

Conclusione.

Da quanto abbiamo sin’ ora alla meglio esposto in ordine al modo di formazione ed agli scopi di un catasto, possiamo concludere:

1. ° Che per quanto riguarda il catasto del com­ partimento modenese, almeno per ciò che ha tratto alla misura, si avrà un lavoro quale sino adoggi non è stato mai eseguito, nei modi che la scienza indi­ cava per conseguire i fini eminentemente civili che il progresso fatto in ogni ramo dello scibile esigeva ;

2. ° Che per ciò che riguarda la formazione del catasto generale italiano, stante la legge e regola­ mento relativo concepiti in analogia alle disposizioni legislative precedenti e riflettenti il catasto del com­ partimento modenese, e statile le spiccate individualità

») Vedi i numeri 798, 799, 800, 801, 802 e 803 del- VEconomista.

! scientifiche che furono chiamate a costuirne la Giunta 1 Superiore e delie rispettabili personalità che vennero destinate alla parta direttiva ed esecutiva delle ope­ razioni catastali del Regno, in generale assai bene avviate, è ormai certo che la grande impresa verrà attuata con splendidi risultati;

3. ° Che se nei compartimenti del Regno in cui le operazioni catastali verranno eseguite ex novo e coi procedimenti propri della moderna scuola topo­ grafica si potranno ottenere con estremo rigore e perfetta uniformità tutti i vantaggi eminentemente civili e giuridici che oggi devono assolutamente at­ tendersi da un catasto; negli altri, che in vista delle superiori considerazioni si è creduto trar partito del materiale già esistente, opportunamente correggen­ dolo, si sono prese le necessarie cautele perchè a n -he in tali compartimenti il lavoro risultante non vada privo, sebbene in grado minore, di quelle preroga­ tive d'indole civile e giuridica voluto dalla legge 1° Marzo 1886 ;

4. ° Che quindi dati i modi ed i criteri coi quali verrà eseguito il nuovo catasto italiano, gli scopi principali a cui si mira e che indubbiamente si ot­ terranno sono i seguenti :

a ) di riordinare e perequare l’ imposta fondiaria soddisfacendo ad un bisogno vivamente sentito e ad un principio di grande equità e giustizia ;

b) di fornire un’espressione grafica, della forma ed estensione di ogni singola proprietà fondiaria ;

c) di conservare nel contempo gli elementi geo­ metrici atti a ricostituire i confini di possesso di­ strutti dal tempo o dalla malizia, e quindi fornire il modo di comprovare le attività fondiarie, tenerne in evidenza tutte le successive mutazioni onde avere una base stabile a favore del credito immobiliare, effetti g iu r id ici a cui mira la nuova legge neces­ sario complemento di quella che ordinava il catasto; d) di riordinare perciò il sistema ipotecario ; Oltre ai suesposti scopi colla formazione del nuovo catasto si potranno conseguire vantaggi che quan­ tunque di un ordine secondario non sono perciò meno importanti, fra i quali :

e) di avere delle pianimetriche esatte anche per ciò che si riferisce a tutti i particolari del terreno come strade, fiumi, torrenti, canali, fossi di scolo ecc. atti quindi, atteso specialmente alle scale in cui vengono redatte (1 :2 0 0 0 od 1 :1 0 0 0 ) , per studi di progetti sia stradali che idraulici ed in generale servibili a scopi tecnici ed agrari senza bisogno di nuovi rile­ vamenti topografici. - La scala di 1 : 2 0 0 0 è ap­ punto quella in generale prescritta dalle leggi e regolamenti per i progetti di simile natura. — Per i rilevamenti eseguiti col metodo celerimetrieo, e come altrove già si disse, si può trasformare le pia­ nimetriche in altrettanti p ia n i quotati e quindi sod­ disfare anche alla parte aitim etrìca indispensabile sia per la rappresentazióne esatta e completa di una data plaga di terremo, sia sotto l’aspetto del valore del terreno stesso che delle opere che sul medesimo si vogliono eseguire. Mappe siffatte non v’ ha dubbio che costituirebbero un cespite di entrata per lo Stato sia col risparmio delle rilevanti somme che ogni anno deve esso erogare per rilevamenti consimili a scopo esclusivamente tecnico, sia colla vendita delle me­ desime alle altre amministrazioni ed ai privati ;

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dello intiero Regno riferendo le singole quote ai capi-saldi che già esistano riferiti al livello della comune alta marea. Sia poi comunque il sistema di rilevamento, ultimate le mappe potremo finalmente conoscere, con attendibile precisione la superficie di ogni singola provincia e quindi dell’ intiero Regno il che sin’ oggi non sappiamo ancora.

Riassunti così i vantaggi moltiplici, e tutti impor­ tanti, che si attendono da un catasto eseguito in base alle leggi in proposito pubblicale e dalle di­ sposizioni già fissate in armonia alle medesime dalla onorevole Giunta superiore, mi piace riportare, quan­ tunque già altrove pubblicati, taluni dati forniti dalla Giunta anzidetta atti a dare una idea della grande entità dell’ impresa di cui ora si son gettate le so­ lide basi. Eccoli :

« I punti trigonometrici da fissare sono centomila circa. Punti poligonometrici, non meno di due mi­ lioni. Sviluppo lineare delle poligonali seicentomila chilometri, cioè una volta e mezzo la distanza dalla terra alla luna.

« Numero di particelle da rilevare ex-novo, non meno di venti milioni, con uno sviluppo perimetrale non inferiore a cinque milioni e mezzo di chilometri cioè 14 volte circa la distanza dalla terra alla luna.

« Il numero delle particelle da verificare ed ag­ giornare somma a circa dieci milioni.

« Aree da calcolare, trenta milioni.

« Fogli di mappa da rilevare, circa duecentomila. « Da verificare ed aggiornare, circa centomila. « Verbali di delimitazione non meno di undici milioni.

« Articoli da importarsi nel registro dei proprie­ tari, non meno di cinque milioni.

« Articoli dei registri delle particelle, non meno di trenta milioni.

« Fogli da disegnare almeno due volte, trecen- tomila.

« I medesimi riprodotti ad almeno cento esemplari, trenta milioni corrispondenti a trecentomila zinchi da conservare ».

Quanto abbiamo alla meglio e sommariamente esposto sugli scopi a cui mira e sui benefici che ci attendiamo colla formazione del nuovo catasto generale italiano ci lusinghiamo varrà a dare almeno una pallida idea dell’opera grandiosa e colossale che si è ora iniziata con ardimento degno delle nostre gloriose tradizioni e dell’aura di libertà che ora re­ spiriamo, fidenti pure che l’opera, ripetiamo, tanto colossale tanto importante sotto l’aspetto sia econo­ mico che scientifico, civile e giuridico, e che è anche destinata a cancellare l’ultimo vestigio della ser­ vitù della patria, sarà degnamente portata a compi­ mento colla maggiore alacrità ed energia mercè la vigoria e l’abilità della plejade di distinti ingegneri addetti alle operazioni tecniche, la competenza delle personalità preposte alle Direzioni compartimentali, mercè la sapienza ed energia dell’onorevole Giunta superiore ed in ¡specie del suo presidente l’ illustre e dotto generale Ferrerò a cui meritamente e pei suoi precedenti e per la sua speciale competenza veniva affidata la suprema direzione.

Rivista Bibliografica

Alberto Errerà. — L e operazioni d i credito agrario e le cartelle ag rarie. — Studi teorico-pratici. — V e­ rona, Tedeschi, 1889, pag. LX V I-236. (Lire 5).

« Questo libro, scrive l’Autore, ha per iscopo di indi­ care l’indole economica e giuridica del Credito agra­

rio ; le difficoltà, che ha incontrate, anche all’estero, nel suo sviluppo ; i vantaggi conseguiti con la nuova legge italiana : le interpretazioni che ad esso diede il legislatore, il Comitato consultivo presso il Mini­ stero di Agricoltura e i privati. Trattandosi di una circolazione di cartelle che finora non esistevano in Italia si è creduto conveniente di darne tutti i par­ ticolari. Prevedendo che si faranno più facilmente le operazioni del titolo 1° della legge (prestiti e conti correnti agrari) con cartelle da 100 lire, di quello che le operazioni del 2" titolo (mutui ipotecari) con cartelle da 200 lire, ho soffermato l’ attenzione del lettore, specialmente sulla parte pratica del titolo 1°, senza intralasciare però di analizzare anche il se­ condo titolo. » Tale lo scopo dell’Autore e il conte­ nuto del suo libro, il quale nelle prime sessantasei pagine contiene la legge e il regolamento generale per la esecuzione delta legge sul credito italiano ; segue poi il lesto che dopo una introduzione gene­ rale si divide in quattro parti.

L’Autore ritiene che il credito agrario si potrà fare dalle grandi Banche e dai grandi istituti di previdenza e di cooperazione, e non in modo auto­ nomo dalle piccole banche; e se con ciò egli pensa che occorre una forte organizzazione del credito agrario, perchè possa essere veramente utile al paese, ha ragione; ma se crede che gli istituti di emissione possano emettere biglietti e cartelle in pari tempo si inganna e di molto; o l’ una cosa o l’altra, perchè si tratta di operazioni che si svolgono secondo leggi economiche proprie e che non pos­ sono andar congiunte.

La parte prima è dedicata ad esaminare il cre­ dito agrario in Italia e all’estero sotto l’aspetto eco­ nomico, la seconda ne studia

T

aspetto giuridico, la terza la statistica e l’ amministrazione del credito agrario e la quarta tratta di alcune questioni speciali e riassume le idee svolte.

Gli argomenti trattati dall’ Autore in questo suo libro sono molti, ma alcuni sono appena accennati o sfiorati ; inoltre la trattazione procede alquanto disor­ dinata, con digressioni più o meno utili e necessarie. Nondimeno il libro dell’Errera può essere di qual­ che giovamento, ora che si mira a dare maggiore svolgimento ai credito agrario.

Henry Dunning Macleod. — The T heory o f Credit. — Volume I. — London, Longmans and C o., 1889, pag. 336. (7 scellini e 1/2).

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p

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di nuovo. Tuttavia l’Autore pare abbia creduto ne­ cessario di darci una nuova e più ampia trattazione della Teoria del Credito, di cui è uscito ora il primo volume e il secondo è sotto i torchi.

Nel primo capitolo il Macleod definisce i termini ricchezza, valore, moneta, credito, eoe., enei secondo espone la teoria del valore, e in tre capitoli succes­ sivi si occupa della teoria del credito, delle contrad­ dizioni di G. B. S iy e di G. Stuart Mili intorno ad essa e per ultimo degli strumenti del credito.

Il Macleod, come è noto, appartiene alla schiera di quegli scrittori che ritengono il credito aggiunga qualche cosa alla ricchezza esistente , che aumenti cioè il capitale; ed egli sa sosteuere la sua tesi con molta abilità, da giurista e da economista, dotto e acu o.

Attendiamo ora il secondo volume nella fiducia che I’ egregio Autore esaurirà pienamente l'impor­ tante argomento della teoria del Credito.

John M. Bonham. - Industriai Liberty. — New York e Londra. — G-. F . Putnam’s Sons, 1888, pag. 414. Dall’America, o più esattamente dagli Stati Uniti, ci vengono da qualche tempo delle opere assai pregevoli su argomenti di scienza economica e sociale. Il ri­ sveglio in questi studi è anche attestato dalla recente istituzione di due periodici, il Q iiarterlij Jo u r n a l o f Econom ics, e il P oliticai Science Q uarterlij, che in breve tempo si sono acquistati una solida reputa­ zione fra gli studiosi di tutti i paesi. Essi sono di­ retti da due scuole universitarie ; l’ultimo dalla fa­ coltà di Scienza politica del Columbia College di New York e il primo dalla Harvard University ili Cam­ bridge (Massachusetts) scuole dove le discipline eco­ nomiche sono insegnate con una larghezza finora ignota nelle Università di Europa, dove il più spesso un solo professore insegna in pari tempo la Econo­ mia politica, la Scienza delle finanze e la Statistica. Si aggiunga che nel 4886 è stata fondata l'A m erican E con om ie A ssociation, la quale ha già pubblicato molte eccellenti monografie e ch e pochi mesi or sono è stata riorganizzata la A m erican Statistical A sso - ciation. Insomma è un movimento sotto ogni riguardo degno di studio e si può ritenere che è destinato a dare risultati d’una certa importanza.

Tra le recenti pubblicazioni americane che me­ ritano qualche menzione vi è appunto questo libro del signor Bonham sulla L ib ertà industriale. L’Au­ tore è un discepolo convinto di Herbert Spencer, un individualista che non ammette transazioni e mezzi termini, e nel suo libro combatte con molto vigore e con logica stringente per salvare la libertà dagli attacchi che le muovono i governi col loro in­ tervento e dalle lesioni provenienti dallo svolgimento delie grandi imprese industriali, particolarmente dalle coalizioni o trusts. L ’Autore prende le mosse molto da lontano esaminando anzitutto i principi politici che sono a cardine della libertà in Inghilterra e agli Stati Uniti ; e su questo argomento non è il caso di insistere, come non era necessario che I’ Autore vi si soffermasse. Egli tratta successivamente del— ]’ applicazione del vapore alla produzione e al tra­ sporto delle ricchezze e dimostra che la grande ri­ voluzione industriale, che ne è derivata, è stata in complesso contraria allo svolgimento della libertà. L ’ enorme impulso che da quella rivoluzione è stato dato alla produzione è incontestabile ; ma i migliora­ menti che essa ha effettuato nella distribuzione delle

ricchezze sarebbero, secondo il sig. Bonham, molto meno evidenti. Il risultato più dumoso secondo lui è che essa Ita avuto ed ha la tendenza a dare una supremazia pericolosa alla corporazion e in du striale, ossia alle grandi imprese anonime, — supremazia che riesce a pervertire e che può estinguere in pari tempo la libertà politica e quella industriale. Non è possi­ bile di seguire l’Autore nel processo, per così dire, che egli fa alle grandi compagnie delle strade fer­ rate e a quelle altre grandi società industriali che agli Stati Uniti hanno preso sì enorme sviluppo. Il sig. Bonham è assai severo nei suoi giudizi e forse l’amore per la sua tesi lo ha portato a qualche esage­ razione; ma certi abusi, tra cui quelli commessi dalle compagnie ferroviarie, sono del resto cosa notissima. Egli poi ritiene che il male peggiore sia nel sorgere de le coalizioni, dei trusts, da lui chiamati « corpo- razioni parassite » le quali ottennero vantaggi spe­ ciali, favori, privilegi, che dir si voglia, dalle fer­ rovie, i cui amministratori sono anche bene spesso immischiati nelle imprese che formano il sindacato, la coalizione, il trusts. Insomma compagnie ferro­ viarie e imprese industriali si aiuterebbero a vicenda per formare grandi monopoli con pericolo grave per la libertà e con danno materiale pel pubblico, facil­ mente immaginabili.

Chi vuol conoscere questi fenomeni industriali della Confederazione americana, legga nell’opera del Bon­ ham i capitoli relativi, ma soprattutto quelli in cui l’Autore dimostra quali relazioni intercedono tra il protezionismo e le odierne coalizioni dei produttori agli Stati Uniti. Egli dimostra assai bene come il T ru st si sforza di conservare ai produttori il premio loro assicurato dall’ alta tariffa protettiva, ora in pericolo per effetto della vivacissima concorrenza in­ terna. Il curioso è che i Trusts, ossia le coa'izioni dei produttori, operano in senso contrario alla pro­ tezione. Questa viene giustificata col dire che favo­ risce il sorgere o lo svilupparsi delle industrie na­ zionali, invece il trust mira appunto a soffocare lo sviluppo industriale, a impedire che l’ incremento della produzione generi il ribasso dei prezzi. Questa parte in cu' l’ Autore presenta una vera reductio a d absurdum del sistema doganale americano è la parte più interessante del libro per il lettore europeo. Dopo aver esposto i mali l’Autore ricerca il modo di porvi rimedio e gli ostacoli che bisogne­ rebbe vincere per attuare una utile riforma. Egli ha modo così di completare il quadro delle abitudini che sono andate prevalendo nel campo politico ed economico e chiunque voglia conoscere la situazione attuale degli Stati Uniti, tròverà in questo libro no­ tizie e osservazioni interessanti.

La parte ultima del libro in cui l’Autore esamina l’intervento dello Stato nel campo econnmico-sociale, che egli epiloga nella parola p atern alism , è assai meno originale, perchè ha già trovato molti scrittori che se ne sono occupati, primo tra gli altri lo Spencer. Ciò non toglie che anche questi ultimi capitoli siano istruttivi, e del resto tutto il libro per I’ argomento che tratta e le conclusioni a cui perviene è un buon contributo alla letteratura economica.

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(Rivista (Economica

L e variazioni del debito pubblico dell’Inghilterra negli ultimi cinquantanni.Il commercio e la politica

commerciale dei vari paesi.

La Tesoreria inglese ha pubblicato negli scorsi giorni un documento assai importante relativo al movimento del debito pubblico negli ultimi cinquan­ ta anni. Il 1° gennaio 1858 il debito ammontava a 852 milioni di lire sterline, il 51 marzo 1857 a 842 milioni; in venturi’ anno aveva dunque subito la diminuzione di 10 milioni di sterline. In quell’ in­ tervallo erano stati presi a prestito 20 milioni per indennizzare i proprietari di schiavi, 19 milioni per varie piccole guerre e 41 milioni per la guerra di Crimea.

Ma l’ammortamento funzionava e non ostante quei prestiti per 81 milioni di sterline il debito in capitale era scemato. Nei vent’anni successivi la riduzione è stala anche maggiore. Da 842 milioni di sterline nel 1857 il capitale del debito scese a 775 milioni nel 1877. Questa diminuzione aveva luogo nonostante alcuni prestiti e cioè di 9 milioni per lavori ili fortilì- cazione, 10 milioni pel riscatto dei telegrafi e 4 mi­ lioni per l’acquisto delle azioni del C naie di Suez più 2 milioni per anticipazione fatta alle ammini­ strazioni locali. L’ammortamento aveva adunque di­ minuito il debito capitale di 92 milioni.

Dal 1878 al 1889 la diminuzione è stata di 76 mi­ lioni il capitale del debito pubblico essendo passato da 775 a 699 milioni di sterline. Bisogna tener conto tuttavia di una modificazione dei conti per la quale i prestiti locali per 26 milioni di sterline non fanno più parte del dubito dello Stato perchè la riduzione effettiva non è che di 50 milioni. In un mezzo se­ colo f Inghilterra ha ridotto il suo debito di quasi 4 miliardi di franchi che al 3 °/0 rappresentano una economia annuale di 115 milioni di franchi. Nel 1836 il servizio del debito richiedeva quasi 29 milioni di ster­ line (7 25 milioni di franchi); nel 1889 solamente 21 milioni (5 25 milioni di franchi); la differenza è adunque molto più considerevole.

Questo dipende dalle fortunate conversioni del 1845, 1884-85 e 1888.

Il debito fluttuante del Tesoro inglese sale attual­ mente a 53 milioni di lire sterline (825 milioni di franchi); è il debito fluttuante più considerevole che esso affilia avuto dal 1836 in poi, e I’ aumento di circa 13 milioni di sterline dal principio dell’ anno a ora è dovuto al rimborso del 3 °/0 consolidato che i portatori non hanno voluto convertire in 2 3|4.

Dalle cifre surriferite si può desumere facilmente che I’ Inghilterra, senza procedere con la rapidità degli Stati Uniti nella estinzione del debito, prose­ gue tuttavia con costanza, tanto coll’ammortamento quanto colle conversioni, ad alleggerire il grave peso dei debiti e dà con ciò stesso un esempio imitabile alle altre pazioni d’ Europa.

— Si discorre spesso della politica commerciale dei vari paesi, per stabilire quali sono i paesi più o meno protezionisti e gli effetti fiscali che dalla po­ litica doganale derivano. Alcune cifre che diamo qui appresso serviranno a gettare un po’ di luce sull’ ar­ gomento.

Dalla tabella che segue si può scorgere che i paesi, i quali importano maggiori quantità di quelle che esportano, sono in prevalenza.

P A E S I

D ifferenza Im portazione E sportazione t r a la imp. e la esp rt.

Milioni di tiro Milioni di lire Milioni di lire

7,164 3,337 + 3,*27 4.572 3,360 + 1,212 3,735 3,644 + 91 3,370 2,766 + 604 1,4:5 1,337 4~ 88 1,572 1,134 + 438 755 660 + 95 779 610 + 160 461 419 + 42 456 334 + 122 454 281 + 173 201 143 + 61 211 142 + 69 136 93 + 29 3,215 3,891 677 1,966 2,216

_

250 1,616 1,753

_

137 481 637 — 156

il movimento commercia le dei di-Gran Bretagna . F rancia... Germani a. . . . O lan d a... B e l g i o ... Ita lia ... Svizzera... Spagna ... Argentina. . . . S v e z i a ... Turchia... Norvegia . . . . Portogallo . . . G r e c i a ... Stati Uniti . . . K u s s ia ... Austria-Ungheria B r a s ile ...

versi paesi soltanto seco ido le cifre asso'ute, risulta che la intensità del commercio, come quella dell’at­ tività economica in generale sta, per og fi paese, in un rapporto naturale colla quantità della popolazione. Per tenerne conto, è stato calcolato dal sig. Ramon Fernandez, il valore medio del commercio d’espor­ tazione di ogni paese per ciascun abitante. E così si ha la seguente tabella : P A E S I Importazione Esportazione Totale Olanda . . . Dire 5 9 2 . 5 0 L ire 4 5 1 5 0 L ire 1 ,0 4 4 . 5 0 Svizzera. . . 2 6 0 . — 2 2 7 . 5 0 4 5 7 . 5 0 Belgio . . . 2 3 7 . 5 0 2 2 6 . — 4 6 3 . 5 0 Argentina. . I nghilferra . 1 5 3 . — 1 3 9 . — 2 9 2 . _ 1 9 1 . 2 0 9 3 . 2 0 2 8 4 . 4 0 Francia. . . 1 2 0 . 3 0 8 3 . 3 5 2 0 1 . 6 5 Germania. . 8 8 . 9 0 8 6 . 7 5 1 7 5 . 6 5 Norvegia . . 1 0 2 . — 7 1 . — 1 7 3 — Svezia . . . 1 0 0 . — 7 0 . 2 5 1 7 0 . 2 5 Stati Uniti . 5 7 . 2 0 7 2 . — 1 2 9 . 2 0 Turchia. . . 7 5 — 4 7 . — 1 2 2 . — Grecia . . . 6 8 . — 4 6 . — 1 1 4 . — Italia. . . . 5 3 . 8 0 3 9 1 0 9 2 . 9 0 Austria-Ungheria 4 2 5 0 4 6 . 1 0 8 8 . 7 0 Brasile . . . 37. - 4 9 . - 8 6 . — Spagna . . . 4 5 . 8 0 3 7 . — 8 2 . 8 0 Portogallo. . 4 7 . - 3 0 . — 7 7 . — Russia . . . 2 3 . — 2 6 . — 4 9 . —

Non già una grande potenza è alla cima dell’ at­ tività intensiva commerciale, ma piccoli paesi come 1’ Olanda, la Svizzera, il Belgio. È specialmente im­ ponente il fenomeno dell’ Olanda, la qua'e è supe­ riore alla Svizzera di oltre il 100 per cento. Se si paragona poi l’ Olanda con la colossale Russia, ultima nella serie, si ha che in Olanda il movimento com­ merciale per rapporto alla popolazione è 50 volte più grande che nel grande impero settentrionale. I dazi protettori non sono la causa unica di ciò, e lo pro­ vano gli Stati Uniti, che, per esempio, precedono, e non di poco, l’ Austria. La Germania supera l’Austria rispetto all’ intensità commerciale di non meno del 100 per cento.

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doga-022 L ’ E C O N O M I S T A 29 settembre 1889

nati e la parte che queste hanno nel totale delle entrate di ciascuno Stato, ecco le cifre relative

P A E S I

Stati U n iti... Gran Bretagna ed Irlanda . Russia ... F r a n c i a ... Germania... B rasile... I t a l i a ... A r g e n tin a ... Spagna... Austria-Ungheria . . . . . P o rto g a llo ... Svezia ... Norvegia . . . , . . . B e lg io ... Svizzera . ; . ... Grecia . . . . Olanda... .... .

La seguente tabella mostra quante lire e frazioni di lira di dazio gravino per ogni lira di valore delle merci importate nei singoli paesi.

Milioni P er cento di delle entrate totali lire dello Stato

490 3 2 .— 498 2 1 .— 387 11. 374 IL — 289 9.60 267 6 5 .— 178 10.50 134 5 0 . — 130 1 4 .— 118 5.60 45 2 1 .— 39 32.50 28 4 9 .— 25 8 . — 20 00. _ 20 2 2 .— 10 3 . — B rasile... . 0. 55 Stati U n iti... 30 Argentina. . . . 30 P o rto g a llo ... 21 R u ssia ... 20 Spagna. . . . 17 Norvegia ... 14 I t a l i a ... 12 Germania... 09 F r a n c i a ... 08 S v e z ia ... 08 Gran Bretagna . . . . 0. 07 Austria-Ungheria . . . 0. 07 S v iz z e ra ... 04 B e lg io ... 018 Olanda... 004

Questo prospetto indica, per quanto è possibile farlo culla espressione di un’unica cifra, quanto ele­ vati siano i dazi protettori nei singoli paesi. É inte­ ressante rilevare che quegli stessi tre paesi, Olanda, Belgio e Svizzera, che secondo le precedenti tabelle primeggiano per intensità commerciale, sono pur quelli che meno sono ferite dalla politica doganale protezionista.

Commercio e navigazione di Livorno nel 1 ®

La C am era d i com m ercio d i L iv orn o ha pubbli­ cato la statistica del commercio e della navigazione di Livorno durante il 1888. Dal riassunto che precede i vari prospetti statistici rileviamo i seguenti resultati : Il movimento del commercio generale di im p o r ­ tazione e di esportazion e il quale comprende, quanto all’ importazione, tutte le merci estere che sono in­ trodotte in Livorno, senza tener conto della loro ul­ teriore destinazione, cioè se per consumo o per tran­ sito, e quanto alla esportazione, le merci nazionali o nazionalizzate che si spediscono all’estero, nonché quelle estere che si spediscono da Livorno dopo di essere introdotte in transito, ascese nell’anno 1888, a v alore, a L. 87,447,762 e fu m inore, in confronto

con quello ottenuto nell’anno 1887, di 38,931,244. Alla diminuzione contribuirono l’ im portazion e per L. 24,373,690, e esportazion e per L. 10,488,698, e il transito per L. 4,068,836.

Il resultato del movimento per qualità fu di tonn. 389,938 cifra inferiore di tonn. 116,963 a quella dei 1887. È da osservare per altro che nella cifra di tonn. 389,958 non vi è compresa quella del commercio di cabotaggio che si fa ascendere a ton> nellàte 281,535. Comulando le due cifre segnalate apparisce che nel 1888 il movimento generale di Livorno ascese a tonn. 671,493 di merce, cifra in­ feriore di tonn. 171,504 al movimento del 1887.

Il movimento del commercio speciale di im p or­ tazione che comprende- le sole merci estere sdo­ ganate in Livorno per consumo nello Stato, ascese nell’anno 1888 a L. 57,069,447 e fu inferiore di L. 24,373,690 di quello dell’anno precedente.

Le merci sdoganate a peso ascesero nell’anno 1888 ne\Y im portazion e a tonnellate 442,853 mentre nel­ l’anno 1887 erano ascese a tonn. 433,270; quindi nell’anno 1888 si ebbe una diminuzione di tonnel­ late 90,417.

Il movimento del commercio speciale di es p o rta ­ zione che comprende le sole merci nazionali, o na­ zionalizzate che si spediscono all ’estero ascese nel 1888 a L. 27,743,109 con una differenza in meno di L. 10,488,698 sul 1887.

Le merci sdoganate a peso, ascesero nel 1888 a tonn. 43,905 con una diminuzione sul 1887 per l’ importo di tonn. 15,104.

Il commercio di transito il quale comprende tutte le merci estere che non fecero che traversare Li­ vorno o direttamente o dopo di essere rimaste per qualche tempo nei depositi, è stato nell’ anno 1888 all ’ en trata del valore di L. 1,317,603. Paragonan­ dolo con quello avvenuto nell’anno 1887 che ascese a L. 3,352,051 si riscontra una differenza in meno di L. 2,034,428. Facendo poi il confronto delle merci sdoganate a peso si rileva una differenza in meno di chilogrammi 5,720,719. La medesima differenza verificasi all’uscita essendo questa eguale all’ antrata.

Gli introiti doganali quanto alla im portazion e am­ montarono a L. 9,988,976 con una diminuzione sul 1887 per l’ importo di L. 5,777,768 e quanto alla esportazione a L. 156,769 ossia L. 31,126 in più di quelli verificatisi nel 1887.

Il movimento marittimo da i seguenti resultati: Nel 1888 i bastimenti arrivati e partiti ascesero a n. 8,142 della complessiva portata di tonnellate 2,590,749, e con 636,605 tonn. di merce con una differenza in meno sul 1887, di bastimenti 183 di tonn. di stazza, e di tonn. di merci 131,237.

Dei suddetti 8,142 bastimenti n. 1,428 furono im­ piegati nella navigazione internazionale, e n. 6,714 nella navigazione di cabotaggio.

I bastimenti addetti alla navigazione internazionale sbarcarono tonn. 320.556 di merce, e ne imbarca­ rono 34,514.

1 bastimenti addetti alla navigazione di cabotaggio sbarcarono tonn. 151,961 e ne imbarcarono 129,574.

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29 settembre 1889 L ’ E C O N O M I S T A 623

late 1,378,309 di stazza e con tnnn. 206,711 di merce; quelli di bandiera estera furono 445 di tonnellate 407,394 di stazza e con tomi. 74,794 di merce.

Le costruzioni n avali eseguite nel compartimento di Livorno consisterono nell’ anuo 1888 in n. 28 bastimenti della portata di tonn. 1,273, ed al 31 di cemhre 1888 figuravano ¡sciiti n. 393 bastimenti a ve a di tomi. 23,729 e n. 11 piroscafi di lonu. 2,254 e della forza di 814 cavalli.

Il com m ercio speciale dell' isola d ell'E lba con l’este­ ro ascese ne l’ anno 1888 all’ bop .nazione a ehi!. 41,164 a litri 131 a n. 3, a ettolitri (capacità) 132 ed a paia 11, ed alla esportazione a chil. 129,079,410 (minerali di ferro).

LE BANCHE POPOLARI

La Direzione generale di statistica ha dato alla luce un volume dedicato esclusivamente alle Banche popolari, nel quale si trovano compendiate le notizie con molto studio raccolte dal Ministero d’ industria e commercio, di concerto con la presidenza della Associazione delle banche stesse.

Il volume si occupa in special modo del movi­ mento degli affari durante il 1886, e della situazione dei conti alla fine del 1887 per quel che riguarda gli istituti cooperativi a responsabilità limitata.

Questi istituti alla fine del 1887 erano 608, dei quali però 36 non avevano ancora iniziate le ope­ razioni ed altri 28 non avevano peranco comunicato la loro situazione.

Tenendo conto di ciò, il patrimonio delle banche popolari esistenti alla fine dell’ anno, costituito dal capitale e dalle riserve, ascendeva in complesso a 104,109,000 lire, i depositi fiduciari sommavano a 427,617,000, le cambiali in portaf. a 285,312,000, le anticipazioni e riporli a 3 6 ,008,000e i fondi pubblici e valori industriali di loro proprietà a 101,258,000.

Se si confrontano i dati relativi al 1887 con quelli analoghi al 1877, cioè a dieci anni di distanza, ve­ diamo che il progresso compiuto da questi istituti è stato rapido e rilevante. Alla fine del 1887 non esi­ stevano che 118 banche popolari, con 47 milioni e mezzo di patrimonio, 143 di depositi fiduciari, 107 di portafoglio, 19 di anticipazioni e riporti e 39 mi­ lioni di valori in proprietà.

Rimontando poi al 1 8 7 0 , primo anno di cui si occupa la statistica che esaminiamo, trovasi <*he il numero degli istituti è cresciuto in diciassette anni nel rapporto di 1 a 1 2 ; il patrimonio in quello di 1 a 7 ; i depositi di 1 a 1 3 ; il portafoglio di 1 a 1 1 ; le anticipazioni di 1 a 6 ed ¡. fine gli i.,Vestimenti di 1 a 19.

I 608 istituti si repartiscono nelle varie regioni d’Italia come segue: Campania 104, Puglie 74, Si­ cilia 62, Lombardia 54, Abruzzi e Molise 47, Emi­ lia 44, Veneto 43, Basilicata 38. Piemonte 34, T o ­ scana 30, Marche 27, Umbria 13, Calabria 14, La­ zio 12, Liguria 7 e Sardegna 3.

L ’ importanza assunta da questi istituti è dimo­ strata dalla loro proporzione con la popolazione, ri­ spetto agli altri istituti ordinari di credito.

Prendendo per base i dati pel 1887 apparisce che in Italia vi è una banca popolare per ogni 46,800 aiu­ tanti, una società ordinaria di credito per ogni 183,611

abitanti, e un istituto dell’ una o dell’ altra specie ogni 37,300 abitanti.

In ragione della popolazione il maggior numero delle B indie popolari trovasi in Basilicata (1 per ogni 13,803 abitanti) e nelle Puglie (1 per ogni 21,474 abitanti).

Questi sono i dati principali che resultano dalla pub­ blicazione fatta dalla Direzione di statistica sulle ban­ che popolari.

CRONACA BELLE M I R E B! COMMERCIO

Camera di Commercio di Bologna. - -

In una * delle sue ultime riunioni approvava le seguenti pro­ poste di riforma della legge sulle Camere di Com­ mercio :

1. ° Porre nella legge l’ obbligo assoluto e con sanzione penale della denunzia delle ditte.

2. ° Indicare chiaramente che il governo salvo specialissimi motivi, ha sempre l’obbligo di chiedere il parere delle Camere su tutti i progetti di legge e di regolamento, e sui provvedimenti in genere che tocchino gli interessi economici della nazione.

3. ° Confermare ad abbondanza la facoltà nelle Camere di costitnirsi in collegio d’arbitri, di istituire musei commerciali e stanze di compensazione, di accertar usi, non accordando però agli attestati com­ provanti gli usi di far prova fino a querela di falso. 4. ° Far obbligo alle autorità di richiedere alle Camere gli elenchi dei periti nelle materie com­ merciali.

5 0 Estendere e chiarire la facoltà delle Camere nel rilascio di informazioni e di attestati di idoneità ad appalti e.di prezzi di merci varie.

6. ' Ove si attui l’obbligo delle denunzie adottare per la formazione delle liste la procedura proposta dalla Camera di Torino.

7. * Iscrivere nelle liste tutti i commercianti di ambo i sessi, aventi i diritti civili di età maggiore o minori emancipati per l’esercizio del commercio anche stranieri, ed anche aventi esercizio in vari di­ stretti, nonché i capi direttori, di stabilimenti, ed opifici industriali, i direttori ed amminislratori di so­ cietà anonime, i direttori di società in accomandita per azioni, i figli e padri di l.° e 2.° grado delegati da vedove e moglie separate ed anche da genitori, o suoceri.

8. " Per le circoscrizioni elettorali adottare le disposizioni già approvate nel progetto di legge del 1870.

9. “ Accoglieva per le operazioni elettorali le norme della legge comunale elettorale non la di fife-. renza che i verbali si inviano dalle sezioui al presi­ dente della Camera, e che la Camera faccia l’ufficio che la deputazione provinciale compie per le elezioni provinciali.

10.0 Chiarire se si applichi alle elezioni com­ merciali l’articolo relativo a la rappresentanza delle minoranze.

11.0 Applicare pure le norme della legge co­ munale relative ai ricorsi elettorali sostituendo le Camere ai Consigli comunali, e così le norme sulla penalità e reati elettorali.

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