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LA TABELLA INAIL PER L’ATTUALE VALUTAZIONE CIVILISTICA DEL DANNO BIOLOGICO.

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TAGETE 4-2009 Year XV

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THE MEDICO LEGAL ASSESSMENT OF THE BIOLOGICAL DAMAGE IN CIVIL LIABILITY USING THE SCALE FOR THE COMPENSATION FROM

THE WORKERS’ NATIONAL INSURANCE COMPANY (INAIL)

LA TABELLA INAIL PER L’ATTUALE VALUTAZIONE CIVILISTICA DEL DANNO BIOLOGICO.

Nota di Calogero Lo Giudice a sentenza Tribunale di Montepulciano n.149/2009.

Avv. Calogero Lo Giudice

Avvocatura INAIL-PISA ABSTRACT

The author analyzes the recent pronunciation from the court of Montepulciano which deals with the problem of the different medico legal assessment of a same lesion. In fact the use of the scale for the compensation in the workers’ national insurance company (INAIL) or different evaluation scales results in dissimilar assessment of the same lesion and this is not acceptable.

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L’autore, analizzando la recente sentenza del tribunale di Montepulciano n 149/09, affronta la questione relativa alla diversa valutazione medico legale di uno stesso danno in ambito di responsabilità civile ed in ambito INAIL

Vengono quindi analizzati i punti salienti della problematica, ovvero la non applicabilità della preannunciata Tabella unica nazionale delle menomazioni alla integrità psicofisica ex D.Lgs.

n.209/2005, la necessità di separato riconoscimento all’infortunato in ambito civilistico dei c.d.

pregiudizi complementari, l’omologarsi o meno a quanto stabilito dal recente D.P.R. 3/3/2009 n.37 (G.U. n.93 del 22/4/2009).

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676 La causa, decisa dal Tribunale di Montepulciano il 19/6/2009 con la sentenza n.149/2009, desta anzitutto interesse per la ripartizione del quantum risarcitorio tra Inail e lavoratore infortunato, in seguito all’orientamento recentemente espresso dalle SS.UU. in tema di danno non patrimoniale (nn.26972,26973,26974,26975/2008) e in applicazione delle riconsiderate Tabelle milanesi per la liquidazione del danno derivante da lesione alla integrità psico-fisica e dalla perdita del rapporto parentale (Tabelle 2009).

Nella specie, si trattava di decidere della pretesa risarcitoria di parte attrice e di quella surrogatoria dell’Inail, in relazione alle lesioni all’occhio sinistro subite dal lavoratore infortunato nell’incidente stradale avvenuto il 25/6/2002.

Per il CTU – come si legge nella sentenza – l’attore, “ in conseguenza del sinistro, ha subito lesioni consistite in una invalidità temporanea totale per 30 giorni e parziale, al 50%, per 265 giorni, con postumi permanenti costituiti da una <gravissima compromissione della funzione visiva dell’occhio sinistro, con diminuzione di volume del bulbo e strabismo>”. Ha, quindi, quantificato nel “ 25% il danno biologico, comprensivo del danno alla capacità lavorativa generica, del danno estetico e del danno alla vita di relazione”: percentuale questa inferiore rispetto al “35%, in applicazione delle tabelle INAIL, trattandosi di infortunio sul lavoro”.

Escluso il concorso di colpa dell’attore, il Tribunale di Montepulciano, passando alla determinazione del risarcimento dovuto all’infortunato, ha rilevato anzitutto, “facendo applicazione dell’insegnamento della S.C. (Cass. Sez.III, n.10035 del 2004), che la norma di cui all’art.10 D.P.R. n.1124 del 1965, commi 6 e 7, prevede che il risarcimento spettante all’infortunato sul lavoro o ai suoi aventi diritto sia dovuto solo nella misura differenziale, derivante dal raffronto tra l’ammontare complessivo del risarcimento e quello delle indennità liquidate dall’INAIL in dipendenza dell’infortunio, al fine di evitare

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677 una ingiustificata attribuzione in favore degli aventi diritto, i quali, diversamente, percepirebbero, in relazione al medesimo infortunio, sia l’intero danno, sia le indennità.

Tale danno differenziale deve essere, quindi, determinato sottraendo dall’importo del danno complessivo (liquidato dal giudice secondo i principi ed i criteri di cui agli artt.

1223 e ss, 2056 ss, c.c.) quello delle prestazioni liquidate dall’Inail, riconducendolo allo stesso momento cui si riconduce il primo, ossia tenendo conto dei rispettivi valori come attualizzati alla data della decisione”.

“Circa la quantificazione del danno -ha aggiunto il Tribunale – è noto che la S.C., con la sentenza n.26972/2008 delle SS.UU. Civili, si è recentemente pronunciata in modo innovativo sui criteri dei quali si deve fare applicazione ai fini del risarcimento del danno alla persona, ed in particolare del danno extrapatrimoniale, che <…si identifica con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica…> e che <…costituisce categoria unitaria non suscettiva di divisione in sottocategorie…>, precisando che <…il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno…>”.

Muovendo dalla percentuale del 25%, indicata dal CTU, secondo il Tribunale, “facendo applicazione della recente tabella adottata presso il Tribunale di Milano, che ha proceduto al calcolo del punto di invalidità in modo unitario, quanto al danno <non patrimoniale>, in relazione ai nuovi criteri dettati dalla citata pronuncia della S.C., l’importo totale del risarcimento dovuto all’attore per danno extrapatrimoniale deve pertanto individuarsi in quello di € 100.131,00 per invalidità permanente (punto di invalidità pari ad € 4.768,15 con demoltiplicatore 0,840) e di € 16.250,00 per invalidità temporanea (sulla base di € 100,00 per ogni giornata di invalidità totale), calcolata

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678 sempre in base ad una liquidazione equitativa del danno, ed oltre ad € 154,92 per spese riconosciute, per un totale di € 116.535,92. A tale somma deve essere aggiunta, in base al criterio di risarcimento costantemente riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, quella per interessi su tale somma, come devalutata alla data del fatto ed annualmente rivalutata, pari in totale ad € 41.683,15. Il totale dovuto per risarcimento, in base ai criteri civilistici, deve dunque essere indicato in quello di € 158.219,07.

Avendo l’Inail erogato prestazioni per complessivi € 151.092,75 , per il Tribunale

“l’importo del danno differenziale da riconoscere all’attore è dunque di € 7.126,32 , somma sulla quale saranno dovuti gli interessi legali dalla data della presente sentenza”.

(Per la nuova impostazione del problema del danno non patrimoniale e del danno differenziale cfr.in Riv. TAGETE n.2/2007 e www.Altalex.it Calogero Lo Giudice, “La svolta del codice delle assicurazioni private in tema di danno non patrimoniale” e “La surroga dell’Inail dopo il codice delle assicurazioni private”).

In sintesi, bisogna dire che la giurisprudenza, finora, (tra le tante, Tribunale di Bassano del Grappa, Sez. Lav. n.59/05 del 24/1/2006; Tribunale di Vicenza, Sez. Lav.

n.321/06 del 4/1/2007; Tribunale di Terni n.148/08 del 12/6/2008), pur escludendo che il raffronto tra l’ammontare civilistico del danno e l’importo delle prestazioni erogate dall’Inail potesse essere operato posta per posta di danno, ha ammesso il separato riconoscimento all’infortunato dei c.d. pregiudizi complementari (danno morale, danno biologico temporaneo, danno dinamico-esistenziale), perché non avrebbero trovato corrispondenza nell’indennizzo pubblico.

Per il Tribunale di Montepulciano, invece, dal momento che le SS.UU. del 2008 hanno espunto ogni possibile frammentazione, ai fini risarcitori, del danno non patrimoniale, la surroga dell’INAIL è esercitabile ed il danno differenziale è riconoscibile, raffrontando complessivamente ed unitariamente i rispettivi ristori (civilistico e previdenziale), senza la

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679 prededuzione a favore dell’infortunato di quelle che sono, non categorie diverse, ma mere componenti del danno non patrimoniale di tipo biologico.

Se interessante è questa nuova soluzione prospettata dal Tribunale di Montepulciano, meritevole di approfondimento è un altro passo della sentenza n.149/2009, per l’attualità della questione sollevata e per i conseguenti riflessi pratici: si tratta della estensibilità della Tabella INAIL delle menomazioni alla valutazione del danno alla integrità psico-fisica, in ambito civilistico.

L’attore, come risulta dalla sentenza, ha contestato la percentuale di invalidità utilizzata per il calcolo civilistico del danno: 25% indicata dal CTU, anziché 35% in applicazione della Tabella Inail.

Le conseguenze sono facilmente intuibili e non occorre, certamente, spiegarle.

Secondo il Tribunale, “quanto alla percentuale del danno, l’eccezione dell’attore appare infondata, non potendosi ritenere applicabili, ai fini della liquidazione del danno civilistico in caso di infortunio sul lavoro, parametri di calcolo diversi da quelli ordinari, sia perché una simile applicazione determinerebbe una disparità di trattamento non giustificata, sia per la mancanza di omogeneità tra le due tabelle di determinazione del danno”.

Per completare il passo fatto dalle SS.UU. del 2008, le tabelle valutative dell’onnicomprensivo danno non patrimoniale di tipo biologico vanno, certamente, riviste: in attesa, però, non è possibile non tenere conto delle differenze e delle conseguenze dell’applicazione di una piuttosto che di un’altra tabella, per cui s’impone l’esigenza di razionalizzare, uniformare e rendere più certa la valutazione del danno alla integrità psico-fisica.

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680 Nella stragrande maggioranza dei casi, se non in tutte le cause di risarcimento del danno alla persona, il CTU quando indica una determinata percentuale di danno biologico non menziona la tabella di riferimento.

Dal momento che potrebbe risultare una differente valutazione, è necessario giustificare l’utilizzo di uno rispetto ad un altro baréme medico-legale.

Nella fattispecie esaminata dal Tribunale di Montepulciano s’impone, poi, una ulteriore considerazione.

Spesso accade che la valutazione civilistica sia inferiore rispetto a quella eseguita in ambito Inail, in base al Decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 12/7/2000 (in G.U. Supplemento ordinario n.172 del 25/7/2000 – Serie Generale).

In tal caso, deve sostenersi che è palesemente illogico ritenere che la stessa menomazione, in ambito civilistico/risarcitorio venga stimata, dal punto di vista medico- legale, in misura inferiore rispetto all’ambito previdenziale/indennitario.

In altre parole, considerando il caso oggetto di causa, è assurdo ritenere che la valutazione Inail sia del 35%, mentre quella civilistica del 25%.

La stessa menomazione non può essere espressa dal medico legale in un diverso numero percentuale, a seconda del settore di riferimento (indennitario ovvero risarcitorio): quel che può comprensibilmente variare è il quantum risarcitorio ed indennitario (a seconda dell’ambito operativo), non l’accertamento e la valutazione medico-legale della medesima menomazione, anche perché il danno biologico, il danno al “valore uomo” non può che essere unico, oltre che unitario, secondo il recente insegnamento delle SS.UU.

Unitario, nel senso che è esclusa ogni frammentazione al suo interno; unico, nel senso che il danno biologico civilistico e quello ristorato dal sistema previdenziale non sono

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681 ontologicamente diversi. (Sulla omogeneità tra titoli indennitari e risarcitori cfr. in Riv.

TAGETE n.2/2007 e www.Altalex.it, Calogero Lo Giudice, “La surroga dell’Inail …”).

La verità è che la mancanza di tabelle di legge (almeno per le macropermanenti, poiché per le menomazioni comprese tra 1 e 9 punti di invalidità vale la Tabella delle Menomazioni approvata con Decreto del Ministero della Salute 3/7/2003, G.U.

11/9/2003 n.211), ha consentito finora il ricorso a parametri elaborati dalla dottrina medico-legale.

L’applicazione di questi parametri extragiuridici, anche se ritenuta legittima in attesa della preannunciata Tabella unica nazionale delle menomazioni alla integrità psicofisica ex D.Lgs. n.209/2005, deve comunque avvenire in modo non soltanto trasparente (mediante l’indicazione del metodo di valutazione seguito in concreto), ma anche e soprattutto logico.

Per meglio comprendere ciò, è sufficiente considerare che nell’infortunistica sociale (INAIL), la rendita è suscettibile di essere rivista nel tempo, per cui il danno futuro è escluso dalla valutazione del danno biologico; mentre la valutazione civilistica deve considerare la possibile fluttuazione del quadro morboso e ricomprendere nella quantificazione, in termini percentuali, del danno biologico la quota prognostica. Ne discende, per logica, che la valutazione civilistica non può mai essere inferiore a quella INAIL e, dal momento che quest’ultima consegue all’applicazione di una tabella normativa (D.M. 12/7200), le tabelle extragiuridiche di origine dottrinale, devono ritenersi superati dai vigenti parametri di legge, quanto meno ove è evidente il conflitto dal punto di vista logico e sistematico.

Di ausilio per l’opinione che si va sostenendo ed a favore della certezza che si invoca, è il recente D.P.R. 3/3/2009 n.37 (G.U. n.93 del 22/4/2009) che, dopo avere stabilito che “Fino alla data di predisposizione delle tabelle di menomazione di cui agli articoli

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682 138, c.1 e 139, c.4 del D.Lgs. n.209 del 2005, la percentuale del danno biologico è determinata in base alla tabella delle menomazioni e relativi criteri applicativi, approvata con decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 12/7/2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla G.U. n.172 del 25/7/2000 e successive modificazioni”

(Tabella INAIL), aggiunge che: “La percentuale del danno biologico, così determinata, può essere aumentata, ai sensi degli articoli 138, c.3 e 139, c.3 del D. Lgs. n.209 del 2005 …”.

Per quanto il richiamato D.P.R. n.37/2009 riguardi il riconoscimento delle infermità per il personale militare impiegato nelle missioni all’estero, dallo stesso si desume: a) che la Tabella INAIL delle menomazioni si estende e, in mancanza di tabelle normative, può legittimamente essere estesa (specie quando le tabelle extragiuridiche conducono a risultati illogici) oltre il campo dell’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali; b) che la percentuale di danno biologico determinata in ambito INAIL, costituendo il riconoscimento minimo, può solo subire variazioni in aumento e non in diminuzione.

D’altra parte, l’art.13 del D.Lgs. 23/2/2000 n.38, piuttosto che rappresentare un limite applicativo, può essere inteso nel senso che riconosce (quanto meno possibile) validità generale ai criteri da applicare ai fini della tutela indennitaria del danno biologico in infortunistica sociale, “in attesa dei criteri per la determinazione del risarcimento” in ambito civilistico, in attesa cioè della Tabella unica nazionale.

Se così non fosse, la medesima menomazione verrebbe arbitrariamente valutata, ad insindacabile scelta di parametri non normativi da parte del medico legale, andando incontro, per di più, alle rilevate conseguenze, palesemente illogiche.

Senza alcun dubbio, se solo nel caso degli infortuni lavorativi (in itinere) si applicasse la Tabella INAIL delle menomazioni, sarebbe innegabile la disparità di trattamento tra

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683 soggetti danneggiati, lavoratori e non lavoratori; mentre, se il “valore uomo” perduto venisse uniformemente valutato (come dovrebbe essere), nessuna disparità si riscontrerebbe.

Secondo il Tribunale di Montepulciano sarebbe d’ostacolo anche “la mancanza di omogeneità tra le due tabelle di determinazione del danno” (quella INAIL e quella, o per meglio dire, quelle in uso in ambito di R.C.).

Se il danno non patrimoniale di tipo biologico è unico, oltre che unitario ed onnicomprensivo, ingiustificate sarebbero due tabelle diverse, per valutare lo stesso

“valore uomo” perduto.

Inoltre, se fosse vero (ma non lo è) che la Tabella INAIL non copre l’area dei danni c.d.

complementari, a maggior ragione la valutazione civilistica/risarcitoria non potrebbe essere inferiore rispetto a quella previdenziale/indennitaria.

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